i professionisti di Porto Alegre - Re: poveri noi!



*  On:           4 Feb 02,    at 19:45
*  Subject:   Re: poveri noi!
*  davide.bertok at adriacom.it <pace at peacelink.it>   wrote:

> non si capisce quindi perchè invitino parlamentari di 
> qualunque tipo basta che siano di sinistra, e invece 
> non il gruppo antimperialista di cui citava glr.
> Beninteso trovo questa mossa del Forum parecchio 
> ipocrita in quanto, se diamo per scontato che il 
> gruppo di cui sopra è tutt'altro che nonviolento, mi 
> domando come possano essere nonviolenti dei 
> parlamentari DS, Verdi o del PdCI per le azioni che 
> hanno effettuato dal loro posto.
> L'articolo in questione lo trovate sul Gazzettino di 
> Venezia
> Ciao,
> Davide
> 

Inoltro un documento inviato da anarchici brasiliani. Non occorre 
condividerne linguaggio e contenuti (anche se non è proibito) per 
cogliere il senso della presenza a Porto Alegre di oltre un migliaio di 
parlamentari, a fronte delle esclusioni di cui parlavamo. Tanta 
ipocrisia sì, ma anche tanti interessi e tanto fumo negli occhi. 

A seguire, una lettera aperta di sindacalisti brasiliani ai partecipanti 
al FSM

In ogni caso, come si evince da entrambi i documenti il dibattito è 
ben che aperto anche su liste internazionali che si rifanno al 
"movimento no-global" (caravan99, pga), senza che per questo 
nessuna si senta offeso. E dimostra che le perplessità riguardo al 
FSM non sono patrimonio dei quattro gatti cui adduceva il buon 
Trotta. Ma se uno non vuol vedere o far vedere... 

yure

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CONSIDERAZIONI CRITICHE SUL FORUM DI PORTO ALEGRE
DA PARTE DI ANARCHICI E LIBERTARI BRASILIANI

A ridosso dell¹apertura della seconda edizione del Forum Sociale 
Mondiale (FSM) di Porto Alegre ­ questa volta sul tema "Un nuovo 
mondo in costruzione" ­ si vanno moltiplicando, nel movimento 
anarchico e libertario sudamericano, le prese di posizione critiche 
nei confronti di tale iniziativa e del tipo di progettualità che con essa 
si delinea.

Organizzazioni anarchiche operanti "sul campo", quali la Federação
Anarquista Gaúcha (di Rio Grande do Sul di cui Porto Alegre è 
capitale) e collettivi libertari di São Paulo, Belo Horizonte, etc.  al 
riguardo hanno prodotto interessanti documenti critici qui riportati in 
sintesi.

Fin dal suo inizio, infatti, il FSM è stato visto dai compagni come un
evento mediatico al cui interno si costituisce e si organizza in uno 
spazio che sostanzialmente viene legittimato dal nemico di classe e 
che finisce con l¹essere operante per sviare le energie delle lotte 
anticapitaliste, preparando poi nei fatti, per esse, una disfatta 
sistematica. Il che appare ancora più pericoloso anche in ragione del 
noto rilancio mediatico di una certa stampa cosiddetta di sinistra e 
della grande partecipazione/attenzione che si sta verificando (questa 
volta si preventiva un numero di partecipanti "in loco" che potrebbe 
raggiungere le 100.000 persone).

Al FMS in fondo partecipano rappresentanti professionisti di ogni 
specie: politici e parlamentari della sinistra istituzionale, elementi del 
clero, Organizzazioni Non Governative, cattedratici, intellettuali, 
sindacalisti, aficionados del turismo rivoluzionario etc. Un arcobaleno 
dai mille colori che non si amalgamano.

I risultati di tutto questo spettacolo vengono considerati ben 
prevedibili: varie ed articolate promesse di lotta contro il dominio del 
capitale speculativo su quello finanziario; contro i modelli economici 
escludenti (ma mai contro il proprio capitale nazionale e contro il 
proprio stato); tassazione del capitale speculativo; per la 
partecipazione popolare e le autonomie locali; incremento dei diritti 
di cittadinanza per ampliare e democratizzare i programmi e le 
finalità delle istituzioni globali del credito finanziario per progetti 
sociali, obiettivo peraltro gradito a settori egemonici del capitale 
transnazionale attraverso la Banca Mondiale, la Banca 
Interamericana di sviluppo.

Il tutto mirante ad un miglior funzionamento dello stato democratico 
borghese, ad un ragionevole sviluppo dl capitalismo con miglior 
distribuzione delle rendite e della giustizia sociale ­ come se ciò 
fosse possibile sotto il dominio mondializzato del mercato e sel 
sistema statale ­ senza che però venga attaccato proprio il sistema 
di sviluppo capitalista.

I dirigenti e capi della società civile borghese che partecipano al 
FSM considerano la realtà dei lavoratori salariati essenzialmente per 
i propri interessi elettorali, sindacali e politici, e per garantire la 
legittimità delle istituzioni democratiche borghesi e dei meccanismi 
di rappresentanza e di potere che ne stanno alla base. Il FSM è un 
paradiso degli specialisti di sinistra che tentano di sedurre con i loro 
teatrini la gioventù e le forze anticapitaliste, utilizzate come massa 
manovrata o, al più, come avanguardia critica che però deve restare 
inghiottita da una supremazia ufficiale che potrebbe essere 
neutralizzata solo attraverso spazi realmente e totalmente 
antagonistici.

Concretamente attraverso il FSM si punta alla costituzione di un 
patto socialdemocratico attraverso cui gli ideologi ed i 
rappresentanti della sinistra del capitale ­ con l¹intento di mettere 
ordine nelle lotte e nei movimenti autonomi ­ egemonizzino e 
condizionino il movimento mondiale di contestazione, orientandolo 
verso l¹obiettivo concreto di gestione del sistema mediante una 
nuova razionalità amministrativa che dimostri che il sistema ha 
comunque in sé le possibilità di produrre benessere.

Per questa capacità quale migliore capacità rispetto al capitalismo 
gestito a livello locale con un programma socialdemocratico in un 
paese periferico, terzomondista, povero e latinoamericano? Anzi, in 
una città ed i uno stato governati da un fronte popolare egemonizzato 
dal Partito dei Lavoratori (PT), in consonanza con altre espressioni 
mondiali di "gestione capitalistica umanitaria"? Attuando, fin dal suo 
inizio una "razionalità propositiva" che non promuove alcuna azione 
diretta popolare contro le istituzioni economico/finanziarie, il FSM 
evita che una dinamica conflittuale possa imbarazzare le locali 
autorità statali e municipali, come accadrebbe qualora dovessero 
utilizzare l¹apparato poliziesco contro i partecipanti al Forum. E 
d¹altro canto proprio nel 2002 ci saranno le lezioni non solo in 
Brasile, ma anche a Rio Grande do Sul ed a Porto Alegre.

La sinistra riformista brasiliana in definitiva punta a realizzare il
seguente programma di governo:

*    controllo sulla volatilità dei capitali finanziari speculativi;
*    politiche capaci di favorire il capitale produttivo nazionale, i
piccoli e medi impresari;
*    mantenimento dei servizi pubblici sopravvissuti all¹ondata di
privatizzazioni;
*    recupero delle politiche di sovranità dello stato nazionale, a 
partire dal ristabilimento dell¹equilibrio fra i poteri formali ed i 
meccanismi consultivi verso la popolazione; 
*    funzionamento di un apparato repressivo più integrato nella vita 
comunitaria e maggiormente sensibile ad una politica dei diritti 
umani; 
*    incentivazione di fonti autonome di lavoro e ricchezza; 
*    cancellazione del debito interno ed estero.


In questo gioco politico si innesta l¹accettazione delle istituzioni 
capitaliste, delle relazioni di dominio e del sistema che alimenta la
miseria e la sottomissione.

Infatti non si può dire che il governo del PT abbia di molto modificato 
le modalità di gestione del potere.

Nello scenario della globalizzazione capitalista le possibilità di un 
progetto di sviluppo nazionale borghese, di un patto di 
collaborazione di classe in un dato paese, che produca spinte 
indipendentiste sulla politica dello stato, sono praticamente nulle. Gli 
interessi delle corporazioni transnazionali ­ produttive e finanziarie ­ 
creano una situazione di dipendenza senza precedenti fra le nazioni, 
particolarmente nel sud. D¹altra parte, le istituzioni multilaterali della 
politica economico/finanziaria (veri apparati amministrativi degli 
interessi corporativi e della politica imperialista di un gruppo di stati) 
costituiscono poteri di fatto con incidenza decisiva sulla politica 
nazionale. I casi più problematici provengono anche dalla minaccia 
di intervento di un complesso apparato militare comandato dagli 
USA e dai suoi alleati, col pretesto della lotta del "bene" contro il 
"male", della lotta contro la droga e per l¹aiuto "umanitario".

Questa è la situazione in cui si colloca il FSM, e che condiziona le 
sue attività. Il suo progetto socialdemocratico annulla l¹indipendenza 
delle classi oppresse e delle loro organizzazioni in funzione di piani 
di governo, con opzioni strategiche per l¹ampliamento della base 
elettorale della sinistra istituzionale, prescindendo dal livello della 
coscienza rivendicativa, che è condizione indispensabile per 
trasformare profondamente la società. 

Il FSM è quindi un momento centrale del sistema per collocare le 
ribellioni sotto il dominio istituzionale, anche in considerazione 
dell¹attuale momento di guerra e di lotta al "terrorismo" che 
richiederebbe da parte dei movimenti antiglobalizzazione una 
maggiore cautela ed accortezza.

Nel FSM non vi è spazio per relazioni dirette orizzontali. In questa 
realtà gli agenti egemonici del FSM fomentano nella vita quotidiana 
le gerarchizzazioni tipiche del mondo del mercato (lotte per il 
primato, verticalismo organizzativo etc.), e le resistenze autentiche e 
le lotte sociali perdono la capacità di svilupparsi come iniziative 
autonome, dirette e solidali, come negazione pratica del capitale. Ne 
risulta impedita un¹autentica azione collettiva contro il mercato e 
contro lo stato.

Comunque esistono settori della lotta anticapitalista, operanti 
quotidianamente ed autonomamente, che intendono approfittare 
della struttura del Forum per costituire spazi paralleli al FSM, a 
partire dai quali sia possibile interloquire fra movimenti e collettivi 
autonomi e libertari, socializzare le esperienze, materializzando in 
modo autonomo il dialogo fra le resistenze

Tuttavia, al riguardo ci si può chiedere se possa essere davvero 
autonomo uno spazio costituito all¹ombra delle realtà che 
costituiscono il FSM, dello stato e del mercato! Molti pensano di no, 
e che l¹approfittare di una struttura organizzata dalla sinistra del 
capitale può compromettere la capacità autonoma di gestire le vere 
lotte sociali, e può essere altresì una sorta di confessione della 
nostra incapacità di costruire in modo autonomo spazi di 
socializzazione nell¹antagonismo reale al capitale ed allo stato.

Non si tratta di un problema di metodo o di opzione, giacché è in 
gioco in questo momento proprio la nostra capacità di avanzare 
come resistenza autonoma. Esistono oggi le condizioni per poter 
costituire momenti e spazi permanenti di dialogo effettivo e diretto, 
antagonisti a quelli creati dal sistema senza alcuna confusione.

Questi spazi dobbiamo costruirli come qualcosa di inseparabile 
dalle nostre resistenze quotidiane contro il mercato e lo stato, 
socializzando i nostri sforzi pratici, le nostre idee, i nostri sentimenti, 
costituendo una cultura di lotta autonoma antagonista alla cultura 
politica della sfera dello stato. E¹ facile dire di essere contro il 
mercato e contro lo stato; più difficile (ma necessario) è agire 
quotidianamente per costituire embrionalmente la società senza 
stato né mercato che vogliamo per realizzare un mondo radicalmente 
nuovo.
E andare al FSM (già terreno pericoloso) su autobus finanziati dallo 
stato vuol dire negare tutto quel che diciamo. Così come approfittare 
di spazi costruiti dalla sinistra del capitale significa utilizzare la sua 
propria logica, analogamente a chi consiglia di usare le istituzioni 
per trasformarle.

Fra il 7 e il 13 marzo di quest¹anno, a Fortaleza, si terrà l¹ANTI-Banca
Interamericana di Sviluppo, prima manifestazione dell¹Azione 
Globale dei Popoli in occasione della riunione esecutiva della Banca 
Interamericana. Si deve assolutamente approfittare di questo 
momento di lotta, e dispiace che molti di coloro che vanno al FSM 
non saranno a Fortaleza.

Peraltro, la Federaciòn Anarquista Gaucha (FAG) ­ operante proprio 
nello stato di Rio Grande do Sul, di cui Porto Alegre è la capitale ­ 
organizza nei giorni 31 gennaio/5 febbraio, in autonomia e 
parallelamente rispetto al FSM le GIORNATE ANARCHICHE di 
PORTO ALEGRE 2002 - d¹intesa con la Federazione Anarchica 
Uruguayana, il Collettivo Lotta Libertaria di São Paulo, Ruptura di 
Rio de Janeiro e la Federazione Anarchica Cabocla di Parà, a cui 
saranno presenti delegazioni sudamericane ed europee. 


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Date sent:      	Fri, 01 Feb 2002 18:14:39 +0100
To:             	caravan99 at mail.nadir.org
From:           	"Dave Bleakney" 
Subject:        	<caravan99> [pga] FW: Open Letter re: Porto Alegre WSF

Interesting debates in Puerto Allegre!
Olivier

Open Letter to the Trade Unionists and Activists Participating in the
World Social Forum 2002 in Porto Alegre, Brazil:

Is it possible to put a human face on globalization and war?

Dear Brothers and Sisters,

We, the undersigned Brazilian trade unionists, want to open a dialogue
with you. We are living through a terrible situation the world over. The
U.S. government, under the cover of the United Nations, is using the
heinous terrorist attacks of September 11 to intensify a political
agenda of "full-scale, protracted war" -- as Bush himself has stated. It
is a war that started with the bombing of Afghanistan and is far from
over.

In neighboring Argentina, the people -- after years of governments that
had submitted to the dictates of the IMF and applied the politics of
privatization, destruction of workers' rights, and bleeding the nation
to pay back the foreign debt -- took to the streets and threw out the
"center-left" government of Fernando De la Rua. They made it clear they
wanted an end to policies that had plunged millions of Argentineans into
misery and hunger -- all in the name of "modernization," the "exigencies
of globalization," the "criteria" of the Mercosul regional "free trade"
pact, and the preparation of the country for the FTAA!

In this new situation, the "powers that dominate the world" -- that is,
the multinationals; the financial speculators; the international
financial institutions such as the WTO, World Bank and IMF; and all the
governments in their service -- have declared an economic and political
war against the workers, against their organizations, and against the
peoples. Their aim is to use the tragic events of September 11th to roll
back all the rights and conquests wrested through bitter struggle by
working and oppressed peoples. Their aim is to destroy any and all
barriers to their plunder of natural resources and their unbridled quest
for profit and exploitation.

The struggles of resistance against these scorched-earth policies cry
out for the unity of working people the world over -- from North to
South and from East to West. It requires the united struggle of
oppressed and exploited peoples to stop this offensive of war and
destruction, which is leading the world to the brink of barbarism. Only
through such united struggle in defense of the rights and gains of
working people will it be possible to chart a way forward for the future
of humanity.

For our part, we are certain that this quest for unity in action to
defend and advance the rights of working people is what has prompted
thousands of unionists and activists from across the globe to
participate in the second World Social Forum (WSF) in Porto Alegre,
Brazil.

But does the reality of the WSF correspond to this expectation? Does the
WSF offer a way forward for this struggle? We want to raise some
questions here about the WSF and invite you, our bothers and sisters, to
draw your own conclusions.

The Trap of Civil Society

The WSF has presented itself, since its inception, as a forum for "civil
society." The very concept of "civil society," which is so popular of
late, erases the borders between social classes that exist in society.
How, for example, is it possible to include in the same category of
"civil society" both the exploited and the exploiters, the bosses and
workers, the oppressors and oppressed -- not to mention the churches,
NGOs, and government and UN representatives?

The organizing committee of the WSF in Brazil includes organizations
such as the Brazilian Association of Employers for the Citizens (CIVES)
and the Brazilian Association of NGOs (ABONG). They are joined in the
committee by other entities, which, to be sure, are connected to the
struggles of the exploited and oppressed -- such as the CUT [Unified
Workers Federation] and the MST [Movement of Landless Peasants]. Is this
organizing committee itself not an expression of the politics of "civil
society" -- that is, of the attempt to group together in the same camp
interests that are in fact contradictory and diametrically opposed?

Let's take the example of the campaign in defense of workers' rights
contained in the Brazilian Labor Code which we in the Brazilian trade
union movement are now carrying out. The CUT has issued a call to
prepare a General Strike in March 2002 to prevent the approval of PL
4583 by Minister Dornelles. It is clear that the CUT is determined to
carry forth with this strike call should the situation require it.

What do the so-called "progressive bosses" think of these workers'
rights? What do the NGOs -- which both practice and promote
"volunteerism" and other forms of precarious and unregulated labor --
think about these workers' rights? Don't all the jobs "created" by the
NGOs, in fact, replace jobs in the public enterprises and services, in
line with the policies implemented by [Brazilian President] Fernando
Henrique Cardoso at the behest of the IMF?

The politics of "civil society" are today officially the politics of the
World Bank. What is the content of these politics? Judge for yourself.
The World Bank's World Development Report 2000/2001 puts it this way:

"It is appropriate for financial institutions to use their means ... to
develop an open and regular dialogue with the organizations of civil
society, in particular those that represent the poor. ... Social
fragmentation can be mitigated by bringing groups together in formal and
informal forums and channelling their energies into political processes
instead of open conflict."

Could it be a coincidence that among the funding sources of the WSF one
can find the Ford Foundation -- or that the World Bank's website
promotes the Porto Alegre Forum?

What is the role of NGOs?

Hundreds, if not thousands, of NGOs will be participating in the World
Economic Forum of Davos (to be held this year in New York) as well as in
the WSF in Porto Alegre. What is the role that those who control the
commanding heights of the global economy attribute to the NGOs?

In the official Word Bank document titled "The World Bank and Civil
Society" (September 2000), one can read the following: "[M]ore than 70%
of the projects supported by the World Bank that were approved in 1999
involved non-governmental organizations (NGOs) and civil society in some
manner."

There is a popular proverb that states, "He who pays the piper calls the
tune." The World Bank, as we know, is part of the holy trinity of
capitalist globalization, alongside the IMF and the WTO. Could it be
that these institutions are "neutral" and that they do not express the
interests of global capitalism? Let us look at this one concrete
example: The International Commission of the WSF met in Dacar, the
capital of Senegal, on Oct. 31-Nov. 1, 2001. ENDA-3rd World, which is an
NGO that has been actively building the WSF across Africa, hosted and
organized this WSF planning meeting. What are the politics of ENDA?

According to its own documents, ENDA believes that "to prohibit child
labor is to deprive children, as well as their families, of an important
means of subsistence." ENDA affirms that "it is necessary to take into
account the socio-economic reality and, therefore, to fight for the
rights of child laborers."

This stance by ENDA is in open contradiction to the positions of the CUT
and the international labor movement -- all of which call for the
abolition of child labor and mandatory education through age 15 of all
children. The place for children is in school! But not only does ENDA
advocate child labor, it is participating directly in the privatization
of the public water system, constructing wells and cisterns and charging
the users a fee for providing the water. (source: "ENDA: Water and Urban
Poverty")

What about the Tobin Tax and ATTAC?

In the name of James Tobin, winner of the Nobel Prize in economics and
fervent advocate of corporate "free trade," an Association for the
Taxation of Financial Transactions and for Assistance to Citizens
(ATTAC) was created -- first in France (1998) and then on an
international scale. Among its goals is the establishment of a Tobin
Tax, which would create a tax of between 0.05 percent and 0.1 percent on
international financial transactions. The money collected would serve to
create an "international fund" to help "development and the struggle
against poverty."

As is widely known, ATTAC is today one of the main founders and
organizers of the WSF of Porto Alegre. The Tobin Tax, for its part, has
won the support of people as "prominent" as the multi-billionaire and
speculator George Soros, Brazilian President Fernando Henrique Cardoso,
and others.

Now, if a tax existed to finance an international "fund" to aid the
poor, one would think that the greater the financial speculation, the
better -- because such a "fund" would have more resources. This
rationale is not far-fetched.

Be that as it may, along with the Tobin Tax, ATTAC today is dedicated to
other ventures as well. It proposes to "change the world" under the
slogan "another world is possible" through "better control over
globalization." But is it possible to change the world without
questioning the fundamental relations of production -- without
challenging the private ownership of the major means of production? Is
another world possible with a minimal Tobin Tax helping to "control
globalization"?

Bernard Cassen, president of ATTAC-France and director of Le Monde
Diplomatique, a newspaper controlled by the enterprise group of the
daily Le Monde, declared at the founding congress of ATTAC-Germany (Oct,
19-21, 2001) that, "President Bush has taken steps in the direction of
ATTAC's proposals since September 11, 2001. It is clear that we still
have a long ways to go. But it is necessary to note that ... Mr. Bush is
now against tax shelters. We register this fact. Bush has come closer to
our positions concerning the role of the state, investing US$120 billion
in the economy. ... He has embraced our position on the cancellation of
the debt, though he is doing this for his own reasons. The U.S., for
example, has just cancelled Pakistan's debt, which proves that it is
possible to cancel the debt."

Bush has just launched one of the largest-scale offensives against
working people ever, including the massive bombing of Afghanistan -- and
yet, according to the president of ATTAC-France, Bush is moving closer
to the positions of ATTAC. This is very interesting.

"A world without war is possible"

Under this title, a special session of the World Social Forum will be
devoted to a "world without war." According to the proposal from the
organizers, this session "seeks to bring social and/or institutional
representatives of the regions where wars are taking place together with
Nobel Peace Prize recipients in a joint effort to reflect on the nature
of wars and to identify the possibilities of elaborating peace plans."
The following "regions" will be discussed: Palestine, Kashmir, the
Basque Country, Colombia and Chiapas. Curiously, the bombing of
Afghanistan will not be part of the agenda. How is it possible for the
"all-out and protracted" war launched by Bush -- today in Afghanistan
and tomorrow possibly in Iraq or Somalia -- not to be part of the
discussion under this point!

Palestine -- which currently faces a dramatic situation, with the State
of Israel attacking on all fronts in open war -- will be discussed, with
the objective of "elaborating a peace plan." But what is origin of the
current situation in Palestine? It is the Oslo Accords, sponsored by the
United States (under Clinton) and then legitimized by the UN as a "peace
plan." These accords created a pseudo-Palestinian "state" (the
Palestinian Authority, whose headquarters are now being bombed), which
was but an conglomeration of miniscule so-called Palestinian territories
surrounded by the State of Israel.

Speaking of "Nobel Peace Prizes," it was the Oslo Accords that garnered
that prize for Yasir Arafat and for the Israeli chief of state at that
time: Shimon Peres. As a matter of fact, the Secretary General of the
UN, Kofi Annan, has also been graced with the Nobel Peace Prize, perhaps
in recognition for the role that the UN played in perpetrating the
genocide in Rwanda -- or was it for the embargo that the UN has imposed
on Iraq, or better yet for the cover provided by the UN to the NATO
bombers in ex-Yugoslavia?

"Participatory democracy" and the "participatory budget"

The World Bank has just created an international department charged with
overseeing the implementation of "participatory democracy" in 26
countries. It has also translated, published and distributed the book
"The Participatory Budget: The Experience of Porto Alegre," written by
Tarso Genro [former mayor of Porto Alegre] and Ubirata de Souza. Is this
simply disinterested propaganda of the World Bank? Or, on the contrary,
do the "participatory democracy and "participatory budget" processes
not, in fact, embody the above-cited strategy of "channeling energies"
to avoid "open conflict"?

All the documents which came out of the first WSF of Porto Alegre
discuss the "model" experiences of "participatory democracy" that have
existed in the capital of Rio Grande do Sul. The Second WSF continues on
the same line. Among the list of WSF workshops there is one titled
"World Participatory Budget" (nothing more nor less!), organized by the
Governor of Rio Grande do Sul "in participation with the citizens'
movements."

But how does the "participatory budget" function in reality? In the
unsuspecting voice of its coordinator in the city of Sao Paulo, it is
meant to be a "filter for popular demands"!

Only one small portion of the municipal budgets -- in the case of Porto
Alegre the sum amounts to 17% -- is earmarked for discussion and
allocation by the assemblies of representatives of popular organizations
(the council of the "participatory budget"). These assemblies define how
the priorities should be set for the disbursement of these limited
funds. (The bulk of municipal budget monies are untouchable, as they
have been earmarked to pay back the foreign debt and other expenses.) As
resources are limited, there is constant in-fighting among activist
groups over how the priorities should be set. The "participatory budget"
councilors are forced to choose which they prefer: the creation of a
school or a health clinic, pavement of the roads, or childcare centers,
etc. This is how the responsibility for NOT meeting the demands of the
population is shifted ... onto the backs of the participants in the
"participatory budget" themselves!

Now, who participates in the "participatory budgets"? The answer is
"civil society." In the case of a "participatory budget" assembly in the
municipality of Camacua, a businessperson sent "his" representatives as
delegates and won close to 70% of the votes to prioritize the pavement
of a road -- to the detriment of all the other demands!

Is this, as its supporters claim, "an innovative form of democracy"? Or,
on the contrary, isn't it a trap that seeks to co-opt the popular
movements and associations into the implementation of the city
government's austerity plans, thereby making them responsible for the
"choices" that inevitably do untold harm to the other popular movements
and associations?

And what conception of society lies behind this "participatory budget"?
It is that of a society without conflicts, without contradictions, based
on "consensus among equals." But is this not the inverse of democracy,
which demands the recognition that contradictory interests exist in
society, as well as the recognition of the right of the exploited and
oppressed to independent organization in the face of the state and the
exploiters?

What would be, for example, the participation of a union of public
service workers in the "participatory budget"? There are no lack of
voices that say that unions "should learn to function in
labor-management cooperation committees" and therefore should enter in
such "participatory" forums. It is reasonable to expect that the union
delegate would seek improvements in wages and conditions as a priority.
But the association of homeowners may want light in their neighborhood.
Instead of directing their demands for public power and mobilizing to
achieve them through collective action, they will be played against each
other in the assemblies of the "participatory budget." Many of you have
participated in such assemblies. Is what we are saying not the complete
truth?

Brothers and sisters:

We, the undersigned unionists, will participate in the Trade Union and
Popular Assembly which the CUT has called in Porto Alegre on February
1st to discuss and prepare the General Strike next March. But we will
not participate in the panels, workshops and official sessions of the
World Social Forum.

We will not be there because we are convinced that the defense of the
organizations that workers have created to fight against capitalist
exploitation is contradictory with the politics of "civil society" --
which dissolve the borders of social class. It is contradictory,
moreover, with the politics of "giving a human face to globalization" --
which, as we know, is not a phenomenon of nature, but rather the product
of global capitalism. "Globalization" by definition necessitates the
destruction of our workplaces, our jobs and our rights. Capitalist
globalization has destroyed nations, democracy, and the sovereignty of
the poor. It cannot be "humanized."

We, who affirm the need to defend the trade unions as instruments of
working class struggle, deny any legitimacy or authority to the NGOs to
speak in the name of the exploited and oppressed. We do not claim to be
the sole possessors of the truth. We simply want to put forward our
point of view -- which is part of the democratic process. We
respectfully submit these views for the consideration of all our
brothers and sisters in struggle.

You can count on us as fighters in the struggle against war and
exploitation; in defense of social and labor rights, against
deregulation; in defense of trade union independence and democracy! You
can count on us in the struggle against the FTAA, and for the withdrawal
of Brazil from the negotiations to implement it! You can count on us in
the struggle against privatization and in defense of public services!
You can count on us in the preparation of the General Strike to stop the
destruction of our labor rights and to impose a defeat on the
governments of FHC - IMF!

Militant greetings,

January 2, 2002

Signatories, unions & titles:

- Julio Turra, National Executive Committee, CUT trade union federation
- Hélcia de Oliveira, Vice President, CUT-DF
- Josenildo Vieira, Executive Committee, CUT-PE
- Maurício Rosa, Executive Committee, CUT-SC
- Mônica Giovanetti, Executive Committee, CUT-PR
- Gardênia Baima, Executive Committee, CUT-CE
- Walter Matos, Executive Committee, CUT-AM
- Marília Penna, Executive Committee, CUT-SP
- Luiz Gomes, Executive Committee, CUT-AL
- Gilmar Gonçalves, Executive Committee, CUT-MS
- Cláudio Santana, Executive Committee, CONDSEF
- Jesualdo Campos, Executive Committee, CONTEE
- Cely Taffarel, Executive Committee, ANDES-SN 
- Roque Ferreira, Executive Committee, FNITST (ferroviários)
- Jaqueline Albuquerque, Executive Committee, FENAJUFE
- João Batista Gomes, Executive Committee, SINDSEP (municipais SP)
- Luis Bicalho, Executive Committee, SINDSEP-DF (federais)
- Verivaldo Mota, Executive Committee, Sindicato dos Vidreiros-SP
- Nilton de Martins, Executive Committee, Sindicato dos Radialistas-SP
- Roberto Luque, Executive Committee, SINTSEF-CE (federais)

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