Re: poveri noi!



Federico Fiandro ha scritto tra l'altro in commento ad uno scritto di Enrico
Peyretti: "Molti a sinistra credono che rinunciare alla violenza contro i
violenti sia una mossa suicida perché pensano al nonviolento come ad un
candidato al martirio".

Premettendo che condivido in pieno i ragionamenti, sulla risposta
nonviolenta, che hanno scritto Enrico Peyretti e Federico Fiandro. Non
capisco, però, questo attacco alla sinistra. Se vogliamo discutere dei
contenuti della nonviolenza, forse è meglio evitare di farne una questione
di trincea. Faremmo molto male a noi stessi; perché la lotta nonviolenta è
una lotta culturale e non ideologica. Ad ogni caso anche se volessimo essere
concreti e pragmatici, dovremmo constatare che nella sinistra sicuramente ci
sono molto più nonviolenti che nei ranghi della destra.
Sono un uomo di sinistra, vicino alla lotta per l'indipendenza del popolo
palestinese e sono per la nonviolenza. E se qualche parlamentare di sinistra
ha votato per la partecipazione italiana alla guerra, lo critico ma non gli
sputo in faccia, come ha fatto qualcuno. Non possiamo limitare il dibattito
solo alla critica alla sinistra. Così ci pestiamo i piedi. Noi dobbiamo
portare dalla nostra parte il maggior numero possibile di persone; dobbiamo
diventare una maggioranza politica tra la gente, al di là del voto che
esprime. Questo significa poi che non dobbiamo fare della fede nonviolenta
il discrimine per il confronto. Altrimenti parliamo solo tra di noi,
escludendoci. Non voglio fare l'eremita, voglio vivere in questa società e
cercare di cambiarla verso il meglio. Se non vedessimo anche la violenza
originaria (del colonialismo, dell'imperialismo, delle multinazionali
capitalistiche...) che ha provocato la violenza palese (dei palestinesi,
degli africani, dei diseredati...) non avremmo capito nulla della storia e
non lavoreremmo per l'instaurazione della Pace e della nonviolenza. Se ai
palestinesi non prospettassimo la possibilità di una via d'uscita verso la
loro indipendenza, tramite l'intervento dell'ONU e l'affermazione della
legalità internazionale, come potremmo dirci nonviolenti? Se evitassimo di
parlare con i cattolici irlandesi oppure con i baschi, lavoreremmo per
superare il terrorismo in Europa? Sono questioni che non possiamo liquidare
solo con un diniego, dobbiamo confrontarci e confutare ed aiutare
materialmente chi è oppresso perché possa uscire dalla condizione di
oppressione per poter vivere una vita dignitosa.
Cordialmente.
Farid Adly
direttore "ANBAMED, notizie dal Mediterraneo"




----- Original Message -----
From: "Verde Canavese" <verdecanavese at supereva.it>
To: "Peacelink - Pace" <pck-pace at peacelink.it>
Sent: Sunday, February 03, 2002 1:39 PM
Subject: poveri noi!


Ieri due febbraio 2002 Enrico Peyretti ha scritto: "Cari compagni
antimperialisti, che il movimento no-global "respinga chiunque faccia
ricorso alle armi" è una sua ottima
e necessaria qualità. L'imperatore Bush in questo non c'entra niente, anzi.
Lui vorrebbe che i suoi avversari fossero tutti violenti, perché ciò gli
darebbe ragione e gli faciliterebbe la vittoria.
La lotta alla violenza o è positivamente, attivamente, nonviolenta, oppure
non fa altro che riprodurre la violenza.
Non c'è violenza giusta. Ogni violenza offende tutti."

Invidiando Enrico per come sa esprimere pacatamente ma con grande fermezza
le sue opinioni, che condivido pienamente, aggiungo un mio pensierino.
Molti a sinistra credono che inunciare alla violenza contro i violenti sia
una mossa suicida perchè pensano al nonviolento come ad un candidato al
martirio.
Per questo a volte qualcuno utilizza l'esempio "se mi sparano io rispondo"!
o "se ti ammazzano la famiglia.." eccetera.
Io sto camminando sulla strada della nonviolenza, ma certamente non
accetterei il martirio, né mi illudo di trattenere un uso emotivo della
violenza vedendo un bandito
sparare a mio figlio. Ma ragazzi, sono certo che non chiederei la forca per
un assassino, in quanto pena inutile e neppure educativa verso gli altri,
ne' andrei a compiere
violenza ad un altro ESSERE VIVENTE per un ideale.
Io solitamente propongo ai miei compagni in politica il metodo della
concertazione e della condivisione.
Percio', non condividendo l'uso della violenza, escludo ed invito ad
escludere - qualsiasi partecipazione ad iniziative o forum in cui vi siano
componenti che assumono
la violenza come un mezzo di lotta.
Rifiutare di utilizzare le "armi"  che usano i violenti del mondo - da Bush
al rapinatore di strada - significa possedere altre armi. Migliori.
Federico Fiandro