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3 giorni di lotta a Taranto
- Subject: 3 giorni di lotta a Taranto
- From: antiglobalife at libero.it
- Date: Fri, 21 Dec 2001 00:14:25 +0100
TARANTO & MARINA MILITARE: UN CONNUBIO DA SMANTELLARE Spunti di riflessione su: Militarizzazione del territorio e repressione, Guerra Permanente e Autorganizzazione Sociale. Per una 3 giorni di lotta a Taranto il 27-28-29 Dicembre 2001. Storicamente, quando si parla di città come Taranto, il dato imminente che balza agli onori della cronaca è quello che la lega alla presenza diffusa e caratterizzante, di strutture di natura bellico-militare. Presenza che, da anni, lungi dall'essere presentata come una vera e propria "colonizzazione" di un territorio, viene sponsorizzata e sostenuta dagli organi di potere (dall'alto del Min. Difesa alla base istituzionale locale) in una forma "edulcorata" che tende a posizionarla nell'ottica di un connubio, di una simbiosi, di una felice e produttiva convivenza che, anzi, diviene elemento qualificante di una città intera, del suo interland, della sua struttura socio economica. Di sicuro i rapporti ormai secolari che legano al contesto urbano le esigenze di natura difensiva-logistico-militare, ne hanno condizionato pesantemente i processi di sviluppo, hanno interagito con la veemenza tipica di una gabbia istituzionale sul suo tessuto sociale e sull'ambiente, predeterminandone il percorso e stabilendone il futuro. Fin troppo ovvio. Il discorso reale si apre se si ragiona in termini di prospettiva, se si scandagliano analiticamente, interessi e strategie geopolitiche di portata sicuramente più ampia della mera con testualità cittadina, ma che proprio su quest'ultima finiscono per ricadere, col peso di un macigno, dimostrando se mai ce ne fosse bisogno, quanto questi interessi siano legati a doppio filo a esigenze di "ordine sociale", assolutamente speculari alle prime. Esigenze e interessi che hanno messo questa città in un imbuto e la hanno legata a "tristi presagi di sviluppo". L'impressione che si stia vivendo un momento cruciale, strategico, nelle impostazioni di potere è sotto gli occhi di tutti, anche se i cambiamenti che si sono fortemente accelerati con la nuova guerra globale, erano già in atto da tempo. L'accettazione passiva, anzi consapevolmente complice, del modello di crescita USA e delle organizzazioni internazionali (FMI, BM…) incalzata dalla velocità imposta dalla globalizzazione dell'economia, sta guidando le linee di intervento in materia di politica estera ed interna, seguendo una metodica di attacco a vasto raggio che sta travolgendo intere popolazioni ed intere classi sociali in posizione di subalternità, piegandole all'omologazione del gioco capitalista. L'escalation militare (oggi Afghanistan e Palestina, domani Yemen, Somalia, Iraq, Siria…) figlia del progetto a lungo termine (Enduring Freedom or Enduring Free Trade??) che mira a dare l'ulteriore giro di vite al dominio del controllo occidentale imperialista sul sud del mondo, fa il paio con la crescente distruzione del welfare (pensioni, sanità, istruzione pubblica, lavoro) e disegna per i nostri futuri scenari di guerra permanente, disastri ambientali, impoverimento economico e socio culturale, ripresa repentina della repressione poliziesca. Una chiara politica di difesa di profitti e interessi delle borghesie transnazionali e quindi di attacco alle condizioni di vita dei lavoratori/trici (precari e non, italiani e immigrati, attivi e pensionati) e dei movimenti di lotta dal basso. Non è certo solo dagli ultimi dieci anni che nel mondo si moltiplicano le guerre e che lo Stato Italiano partecipa, a vario titolo ed in varie forme, a degli interventi militari all'estero. Tuttavia a partire dagli anni novanta su entrambi i fronti, quello interno e quello internazionale, si è avuto un vero e proprio salto di qualità. Il dominio economico e militare del nuovo regime mondiale che si sta preparando si coniugherà con un dominio di valori decisi, codificati, interpretati e controllati dal mondo "ricco e civile" contro il mondo dei "poveri e incivili", attraverso lo strumento repressivo militare e la gestione politica della Nato, che vede al suo interno una trasformazione in atto da struttura difensiva generalistica a struttura professionale di intervento esterno. LA NATO & LA PUGLIA, LA MILITARIZZAZIONE DI TARANTO. L'Italia ha già dimostrato di essere un solido alleato Nato. La Nato stessa viene ufficialmente a configurarsi, a partire dall'accordo di Washington, anche sul piano dei trattati internazionali, come struttura di gendarmeria planetaria. Essa viene a sequestrare completamente il monopolio della forza e degli interventi di guerra a livello internazionale, legittimandosi, agli occhi dell'opinione pubblica, come "paladina" dei diritti dei popoli, autoriservandosi il diritto di "ingerenze umanitarie". Alcuni mesi prima dell'intervento armato contro la Rep. Fed. Jugoslava, si sono svolti diversi incontri segreti finalizzati a pianificare le operazioni militari e a coordinare il ruolo e l'impegno che ciascun paese alleato avrebbe dovuto profondere durante l'imminente conflitto. Nulla poteva essere lasciato al caso: così una folta schiera di esperti militari, psicologi, economisti, sociologi e i rappresentanti dei paesi dell'alleanza, hanno attentamente esaminato le strategie da adottare ed il ruolo che ogni singolo componente avrebbe dovuto assumere. La pianificazione risultò abbastanza agevole poiché i ruoli all'interno della Nato erano evidenti. All'America spettò il compito di fornire gran parte delle risorse belliche, al Regno Unito di rappresentare la propensione militare dell'Europa; l'Italia avrebbe dovuto fornire la totale disponibilità del proprio territorio per consentire l'effettiva attuazione di tutte le operazione belliche e le sue capacità militari dovevano essere costantemente impegnate per prevenire eventuali reazioni. Dato che il progetto politico militare mirava ad est la Puglia doveva essere la "naturale" portaerei logistica dell'occidente amato. Al recente vertice di Nizza i governi europei hanno sottoscritto l'accordo sulla difesa comune europea. L'Italia offre 18.000 uomini e un contributo navale proporzionalmente più rilevante di quello aereo . La difesa comune europea è impegnata in programmi militari congiunti ai quali partecipano alcuni paesi con le rispettive industrie nazionali, militari e civili . L'Italia imperialista è il paese che, dopo gli USA, mantiene il maggior numero di militari al di là dei propri confini, ed uno dei maggiori produttori e commercianti di armi. Nell'odierna crociata antiterrorismo (ove sono terroristi finanche i popoli che intraprendono lotte di liberazione e di resistenza civile al neoliberismo ed all'imperialismo,nel cuore dell'Europa o fuori dalla "vecchia fortezza"), l'Italia è la terza forza per impegno militare dopo USA e UK. Il governo Berlusconi & Co., gongola per la centralità che finalmente il nostro paese può assumere all'interno della Nato e nello scacchiere mondiale. IL QUINTO OCCHIO DEL PENTAGONO La città di Taranto (ancora una volta agli ultimi posti dell'annuale "classifica" del Sole 24 Ore per l'invivibilità legata all'inquinamento e alla devastazione ambientale diffusa, alla disoccupazione e alla precarietà, e conseguentemente frenata nello sviluppo economico sociale) risulta essere perfettamente funzionale dal punto di vista militare, agli interessi del governo. Una città che "offre" più del 90% della sua costa e gran parte del suo territorio ad uso e consumo della Marina Militare e delle Forze Armate, agli strumenti di controllo e repressione sociale. Una città geograficamente baciata da due mari ma tristemente cinta da entrambi i lati da mura alte più di cinque metri ed estese in lunghezza per più di 10 km che stanno a delimitare parte dello spazio riservato a interessi esclusivamente militari, a strutture di natura bellica: da una parte con l'Arsenale, dall'altra con la Base Navale di Chiapparo (sotto egida Nato). Chilometri di coste urbane ed extraurbane militarizzate e perciò vietate all'accesso pubblico, di cui una buona parte è in stato di abbandono, ne costituiscono il demanio. Per queste aree il governo ed i suoi valvassini locali hanno recentemente espresso una precisa volontà di sostegno ed espansione, in altre parole di asservimento globale. L'estrema militarizzazione del territorio si lega inevitabilmente con l'imposizione di uno stato sociale fatto di repressione e precarietà diffusa. Infatti dal momento in cui le alternative reali a Taranto per i giovani, consistono in un futuro di galere militari o nell'emigrazione, nel lavoro precario in nero, sottopagato e subordinato di fatto si reprime la possibilità di vivere, crearsi una autonomia economica e di pensiero. La militarizzazione comporta altresì dei forti condizionamenti culturali, che si rifanno all'impostazione gerarchica, di delega, patriarcale e maschilista tipica degli ambienti militari. Pensiamo a quanti giovani vengono destinati alla carriera militare per il rispetto di "una tradizione di famiglia", o attirati dal sogno di "difendere la patria" o, più semplicemente dallo "stipendio sicuro" e quanto essi vengano influenzati dal modello maschile militare.Chiudere un territorio nella morsa delle strutture militari, di fatto nega la possibilità che il territorio stesso sviluppi altre attività, in equilibrio col tessuto ambientale e sociale, come pesca, turismo, università,. Uno stato di prigionia vero e proprio, consacrato ed alimentato, da una struttura politico-affaristico-militare di ampio respiro, che passa dalle stanze dei comuni, ai vertici dei comandi militari, alle televisioni locali, alla pubblicistica e ai media in senso lato. La città, il suo sviluppo, il suo presente futuro, sono tenuti in scacco da questa "loggia" polisettoriale, continuamente bombardata dalla pseudo informazione di potere che tende ad annullare le coscienze, e a legittimare politicamente quel connubio, ritenuto vitale ed indispensabile per la città, attraverso le varie forme di ricatti (in primis ed il più effimero, quello occupazionale); ai quali i cittadini sono sottoposti da anni e sui quali si forgia, rendendo atavica quella rassegnazione che sembra contraddistinguerli, abituati a non vedere altre possibilità di emancipazione e crescita, rassegnati alla presenza ed al controllo repressivo effettuato quotidianamente e scientificamente, accettando la partenza dei propri figli per questa o quella guerra. La recente "calata in sito" di una speciale commissione della difesa ha chiuso il conto e "rasserenato gli animi": data la "normale" predisposizione logistica e socio culturale del tessuto di questa città così importante ai fini della difesa e della sicurezza,per Taranto si prevedono ulteriori fondi destinati a espansione, potenziamento, "ammodernamento" delle strutture militari persistenti sul territorio, viatico, a loro dire, al definitivo (?) sviluppo economico della città. "O così…" LA "PARENTESI NUCLEARE" A completare il triste quadro, manco a dirlo, il pericolo nucleare. Ma come sempre sulla sicurezza delle popolazioni prevale il concetto di "sicurezza nazionale", e quindi l segreto militare. Oggi chi sale da Gravina, in provincia di Bari, verso "il Bosco", in località "Difesa grande", e si guarda intorno con un po' di pazienza, trova, in mezzo agli alberi, una casetta abbandonata e tre piattaforme rotonde di cemento armato, ormai coperte di sterpi. Nessuna indicazione che si è di fronte ad una delle pagine drammatiche della guerra fredda che ha potato in Puglia 30 missili NATO con testate nucleari, ciascuna 100 volte più potente delle bombe atomiche esplose a Hiroshima. Il quartier generale dei missili Jupiter fu installato a Gioia del Colle e in altre 9 postazioni: Spinazzola, Gravina, Acquaviva delle Fonti, Altamura, Irsina, Matera, Laterza, Mottola. Porti a rischio nucleare sono Brindisi e la stessa Taranto, che ospita nella base di Chiapparo sommergibili a propulsione nucleare. All'inizio degli anni '60, per 4 volte i missili Jupiter installati in Puglia furono colpiti dai fulmini e la Puglia arrivò ad un passo dall'apocalisse atomica. Il rischio di esplosione nucleare accidentale era noto agli scienziati americani del JCAE (Comitato Congiunto per l'Energia Nucleare), ma le gerarchie militari rimanevano impassibili alle segnalazioni degli esperti . In presenza di tali pericoli, non esistono piani di evacuazione efficaci. Rischiamo inoltre, con il governo Berlusconi allineato alle scelte di Bush, di vedere rilanciata in Italia l'opzione nucleare già bocciata dalle scelte del referendum, mentre l'ENEA (Ente Nazionale Energia Atomica) di Rotondella (MT) prepara piani per nuovi siti di stoccaggio di scorie prevedendo di potenziare il ruolo del Centro della Trisaia, rimanendo ancora aperti tutti i problemi di rischi per la salute. E' così che il mezzogiorno, mente viene considerato un luogo dove assicurare risorse ai capitali con grandi opere dannose ed inutili come il ponte sullo stretto, corre il rischio di diventare la pattumiera per siti pericolosi e lavorazioni ad alto impatto ambientale, come quelle delle cave del sale a Scanzano Jonico o gli inceneritori che si propongono fra Calabria, Basilicata e Puglia. REPRIMERE MILITARIZZANDO Le nuove leggi messe in campo nell'ambito della famigerata "guerra al terrorismo" (Decreto Legge n° 18, Disposizioni Urgenti per Contrastare il Terrorismo Internazionale) sono una chiara esemplificazione del nesso militarizzazione-repressione: la struttura militare diventa ancora una volta strumento di repressione delle lotte sociali, dei movimenti contro la globalizzazione neo liberista del capitale, a livello globale, internazionale, territoriale e locale. L'attacco subdolo in termini di opinione pubblica diffusa,ed indiscriminato attraverso il nuovo procedimento legislativo è un aspetto chiaro e sintomatico di questa strategia sistematica e scientifica ai danni della sovversione e della ribellione….. Sta a tutti noi dimostrare come la nuova materia legislativa implichi tutta una serie di motivazioni a monte, identificabili nella non più celata strategia di annientamento del dissenso. Dire che le nuove leggi colpiranno tout court i movimenti antagonisti, è errato da un punto di vista analitico e di pratica politica. E' necessario che ai proletari/e, ai succubi senza voce di questa fase storica, ai precari/e e alle donne che nel nostro occidente succulento sono in continuo stato di privazione di autonomia e quindi di sottomissione, vengano chiariti i loro ruoli all'interno del dominio mondiale e in che termini anche loro saranno sottoposti a questo nuovo disegno repressivo. All'interno di questo quadro, non solo le organizzazioni politiche saranno colpite, ma anche chi concepisce l'abolizione della delega (istituzioni, chiese, leaderismi sfrenati), come la risultante necessaria per creare momenti e,in sviluppo, movimenti di autorganizzazione sociale (ad es. i nostri quartieri ghetto). Non restare isolati in questo momento appare necessario per la costruzione di dibattito, alternativa e battaglia politica. Tutto ciò, senza mai dimenticare che noi siamo il Sud del mondo, che la gente da queste parti ha bisogno di vittorie, di riferimenti politici reali, di battaglie atte a determinare autonomia soggettiva e politica, per squilibrare la società nelle sue fondamenta, nel suo cuore pulsante,all'interno della produzione capitalista, attraverso l'egemonia di comitati di quartiere, l'emancipazione delle lotte dei lavoratori/trici, la rivolta degli studenti/tesse, ecc. Alimentare, quindi, un conflitto sociale capace di segnare un progetto di vita alternativa. QUESTA TRE GIORNI, 27-28-29 DICEMBRE 2001, FATTA DI ANIMAZIONE PER BAMBINI, IN CITTÀ VECCHIA, DI DIBATTITO, VIDEOPROIEZIONI , CONCERTI, MOSTRE FOTOGRAFICHE PRESIDI E INIZIATIVE DI PIAZZA, VUOLE ESSERE UN ANELLO DI CONGIUNZIONE CON LE LOTTE E I PERCORSI POLITICI ATTUALMENTE IN CRESCITA A TARANTO: LA RIVITALIZZAZIONE E LA LOTTA AL DEGRADO SOCIALE, AMBIENTALE E CULTURALE NEI QUARTIERI , LA SENSIBILIZZAZIONE RISPETTO ALLA NECESSITÀ DI RIFIUTARE LA DELEGA E LA REPRESSIONE, DI RIAPPROPRIARSI DEGLI SPAZI VITALI E FISICI IMPRIGIONATI DAL DEMANIO, DAL DIVIETO, DALL'ABBANDONO, PER RESTITUIRLI AD UN USO PUBBLICO E DI INTERESSE SOCIALE. INOLTRE VORREMMO CHE QUESTO MOMENTO SERVISSE A FOCALIZZARE L'ATTENZIONE SU UNO DEI PROBLEMI REALI DEL TERRITORIO, COME QUELLO LEGATO AL MONDO DEL LAVORO E DELLA DISOCCUPAZIONE. E' UN PUNTO DAL QUALE RIPARTIRE, CON LA CONSAPEVOLEZZA DI CIÒ CHE SIAMO, SOGGETTI REALI, PRECARI/E, SFRUTTATI/E, MAVENDUTI/E, IN GRADO E IN DOVERE DI SCATENARE IL CONFLITTO IN UNA TERRA COME LA NOSTRA, CHE CE LO IMPONE OGNI GIORNO COME REALTÀ DA VIVERE, DA CAMBIARE, DA RIVOLUZIONARE.
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