3 giorni di lotta a Taranto



TARANTO & MARINA MILITARE: UN CONNUBIO DA SMANTELLARE

Spunti di riflessione su: Militarizzazione del territorio e
repressione, Guerra Permanente e Autorganizzazione Sociale. Per una 3
giorni di lotta a Taranto il 27-28-29 Dicembre 2001.

Storicamente, quando si parla di città come Taranto, il dato imminente
che balza agli onori della cronaca è quello che la lega alla presenza
diffusa e caratterizzante, di strutture di natura bellico-militare.
Presenza che, da anni, lungi dall'essere presentata come una vera e
propria "colonizzazione" di un territorio, viene sponsorizzata e
sostenuta dagli organi di potere (dall'alto del Min. Difesa alla base
istituzionale locale) in una forma "edulcorata" che tende a
posizionarla nell'ottica di un connubio, di una simbiosi, di una felice
e produttiva convivenza che, anzi, diviene elemento qualificante di una
città intera, del suo interland, della sua struttura socio economica.
Di sicuro i rapporti ormai secolari che legano al contesto urbano le
esigenze di natura difensiva-logistico-militare, ne hanno condizionato
pesantemente i processi di sviluppo, hanno interagito con la veemenza
tipica di una gabbia istituzionale sul suo tessuto sociale e
sull'ambiente, predeterminandone il percorso e stabilendone il futuro.
Fin troppo ovvio. Il discorso reale si apre se si ragiona in termini di
prospettiva, se si scandagliano analiticamente, interessi e strategie
geopolitiche di portata sicuramente più ampia della mera con testualità
cittadina, ma che proprio su quest'ultima finiscono per ricadere, col
peso di un macigno, dimostrando se mai ce ne fosse bisogno, quanto
questi interessi siano legati a doppio filo a esigenze di "ordine
sociale", assolutamente speculari alle prime.  Esigenze e interessi che
hanno messo questa città in un imbuto e la hanno legata a "tristi
presagi di sviluppo".
L'impressione che si stia vivendo un momento cruciale, strategico,
nelle impostazioni di potere è sotto gli occhi di tutti, anche se i
cambiamenti che si sono fortemente accelerati con la nuova guerra
globale, erano già in atto da tempo. L'accettazione passiva, anzi
consapevolmente complice, del modello di crescita USA e delle
organizzazioni internazionali (FMI, BM…) incalzata dalla velocità
imposta dalla globalizzazione dell'economia, sta guidando le linee di
intervento in materia di politica estera ed interna, seguendo una
metodica di attacco a vasto raggio che sta travolgendo intere
popolazioni ed intere classi sociali in posizione di subalternità,
piegandole all'omologazione del gioco capitalista. L'escalation
militare (oggi Afghanistan e Palestina, domani Yemen, Somalia, Iraq,
Siria…) figlia del progetto a lungo termine (Enduring Freedom or
Enduring Free Trade??) che mira a dare l'ulteriore giro di vite al
dominio del controllo occidentale imperialista sul sud del mondo, fa il
paio con la crescente distruzione del welfare (pensioni, sanità,
istruzione pubblica, lavoro) e disegna per i nostri futuri scenari di
guerra permanente, disastri ambientali, impoverimento economico e socio
culturale, ripresa repentina della repressione poliziesca. Una chiara
politica di difesa di profitti e interessi delle borghesie
transnazionali e quindi di attacco alle condizioni di vita dei
lavoratori/trici (precari e non, italiani e immigrati, attivi e
pensionati) e dei movimenti di lotta dal basso.

Non è certo solo dagli ultimi dieci anni che nel mondo si moltiplicano
le guerre e che lo Stato Italiano partecipa, a vario titolo ed in varie
forme, a degli interventi militari all'estero. Tuttavia a partire dagli
anni novanta su entrambi i fronti, quello interno e quello
internazionale, si è avuto un vero e proprio salto di qualità. Il
dominio economico e militare del nuovo regime mondiale che si sta
preparando si coniugherà con un dominio di valori decisi, codificati,
interpretati e controllati dal mondo "ricco e civile" contro il mondo
dei "poveri e incivili", attraverso lo strumento repressivo militare e
la gestione politica della Nato, che vede al suo interno una
trasformazione in atto da struttura difensiva generalistica a struttura
professionale di intervento esterno.

LA NATO & LA PUGLIA, LA MILITARIZZAZIONE DI TARANTO.

L'Italia ha già dimostrato di essere un solido alleato Nato. La Nato
stessa viene ufficialmente a configurarsi, a partire dall'accordo di
Washington, anche sul piano dei trattati internazionali,  come
struttura di gendarmeria planetaria. Essa viene a sequestrare
completamente il monopolio della forza e degli interventi di guerra a
livello internazionale, legittimandosi, agli occhi dell'opinione
pubblica, come "paladina"  dei diritti dei popoli, autoriservandosi il
diritto di "ingerenze umanitarie".
Alcuni mesi prima dell'intervento armato contro la Rep. Fed. Jugoslava,
si sono svolti diversi incontri segreti finalizzati a pianificare le
operazioni militari e a coordinare il ruolo e l'impegno che ciascun
paese alleato avrebbe dovuto profondere durante l'imminente conflitto.
Nulla poteva essere lasciato al caso: così una folta schiera di esperti
militari, psicologi, economisti, sociologi e i rappresentanti dei paesi
dell'alleanza, hanno attentamente esaminato le strategie da adottare ed
il ruolo che ogni singolo componente avrebbe dovuto assumere.
La pianificazione risultò abbastanza agevole poiché i ruoli all'interno
della Nato erano evidenti. All'America spettò il compito di fornire
gran parte delle risorse belliche, al Regno Unito di rappresentare la
propensione militare dell'Europa; l'Italia avrebbe dovuto fornire la
totale disponibilità del proprio territorio per consentire l'effettiva
attuazione di tutte le operazione belliche e le sue capacità militari
dovevano essere costantemente impegnate per prevenire eventuali
reazioni. Dato che il progetto politico militare mirava ad est la
Puglia doveva essere la "naturale" portaerei logistica dell'occidente
amato.

Al recente vertice di Nizza i governi europei hanno sottoscritto
l'accordo sulla difesa comune europea. L'Italia offre 18.000 uomini e
un contributo navale proporzionalmente più rilevante di quello aereo .
La difesa comune europea è impegnata in programmi militari congiunti ai
quali partecipano alcuni paesi con le rispettive industrie nazionali,
militari e civili . L'Italia imperialista è il paese che, dopo gli USA,
mantiene il maggior numero di militari al di là dei propri confini, ed
uno dei maggiori produttori e commercianti di armi.
Nell'odierna crociata antiterrorismo (ove sono terroristi finanche i
popoli che intraprendono lotte di liberazione e di resistenza civile al
neoliberismo ed all'imperialismo,nel cuore dell'Europa o fuori
dalla "vecchia fortezza"), l'Italia è la terza forza per impegno
militare dopo USA e UK. Il governo Berlusconi
& Co., gongola per la centralità che finalmente il nostro paese può
assumere all'interno della Nato e nello scacchiere mondiale.

IL QUINTO OCCHIO DEL PENTAGONO

La città di Taranto (ancora una volta agli ultimi posti
dell'annuale "classifica" del Sole 24 Ore per l'invivibilità legata
all'inquinamento e alla devastazione ambientale diffusa, alla
disoccupazione e alla precarietà, e conseguentemente frenata nello
sviluppo economico sociale) risulta essere perfettamente funzionale dal
punto di vista militare, agli interessi del governo. Una città
che "offre" più del 90% della sua costa e gran parte del suo territorio
ad uso e consumo della Marina Militare e delle Forze Armate, agli
strumenti di controllo e repressione sociale. Una città geograficamente
baciata da due mari ma tristemente cinta da entrambi i lati da mura
alte più di cinque metri ed estese in lunghezza per più di 10 km che
stanno a delimitare parte dello spazio riservato a interessi
esclusivamente militari, a strutture di natura bellica: da una parte
con l'Arsenale, dall'altra con la Base Navale di Chiapparo (sotto egida
Nato). Chilometri di coste urbane ed extraurbane militarizzate e perciò
vietate all'accesso pubblico, di cui una buona parte è in stato di
abbandono, ne costituiscono il demanio.
Per queste aree il governo ed i suoi valvassini locali hanno
recentemente espresso una precisa volontà di sostegno ed espansione, in
altre parole di asservimento globale. L'estrema militarizzazione del
territorio si lega inevitabilmente con l'imposizione di uno stato
sociale fatto di repressione e precarietà diffusa. Infatti dal momento
in cui le alternative reali a Taranto per i giovani, consistono in un
futuro di galere militari o nell'emigrazione, nel lavoro precario in
nero, sottopagato e subordinato di fatto si reprime la possibilità di
vivere, crearsi una autonomia economica e di pensiero. La
militarizzazione comporta altresì dei forti condizionamenti culturali,
che si rifanno all'impostazione gerarchica, di delega, patriarcale e
maschilista tipica degli ambienti militari. Pensiamo a quanti giovani
vengono destinati alla carriera militare per il rispetto di "una
tradizione di famiglia", o attirati dal sogno di "difendere la patria"
o, più semplicemente dallo "stipendio sicuro" e quanto essi vengano
influenzati dal modello maschile militare.Chiudere un territorio nella
morsa delle strutture militari, di fatto nega la possibilità che il
territorio stesso sviluppi altre attività, in equilibrio col tessuto
ambientale e sociale, come pesca, turismo, università,.
Uno stato di prigionia vero e proprio, consacrato ed alimentato, da una
struttura politico-affaristico-militare di ampio respiro, che passa
dalle stanze dei comuni, ai vertici dei comandi militari, alle
televisioni locali, alla pubblicistica e ai media in senso lato.
La città, il suo sviluppo, il suo presente futuro, sono tenuti in
scacco da questa "loggia" polisettoriale, continuamente bombardata
dalla pseudo informazione di potere che tende ad annullare le
coscienze, e a legittimare politicamente quel connubio, ritenuto vitale
ed indispensabile per la città, attraverso le varie forme di ricatti
(in primis ed il più effimero, quello occupazionale); ai quali i
cittadini sono sottoposti da anni e sui quali si forgia, rendendo
atavica quella rassegnazione che sembra contraddistinguerli, abituati a
non vedere altre possibilità di emancipazione e crescita, rassegnati
alla presenza ed al controllo repressivo effettuato quotidianamente e
scientificamente, accettando la partenza dei propri figli per questa o
quella guerra. La recente "calata in sito" di una speciale commissione
della difesa ha chiuso il conto e "rasserenato gli animi": data
la "normale" predisposizione logistica e socio culturale del tessuto di
questa città così importante ai fini della difesa e della sicurezza,per
Taranto si prevedono ulteriori fondi destinati a espansione,
potenziamento, "ammodernamento" delle strutture militari persistenti
sul territorio, viatico, a loro dire, al definitivo (?) sviluppo
economico della città. "O così…"

LA "PARENTESI NUCLEARE"

A completare il triste quadro, manco  a dirlo, il pericolo nucleare. Ma
come sempre sulla sicurezza delle popolazioni prevale il concetto
di "sicurezza nazionale", e quindi l segreto militare.
Oggi chi sale da Gravina, in provincia di Bari, verso "il Bosco", in
località "Difesa grande", e si guarda intorno con un po' di pazienza,
trova, in mezzo agli alberi, una casetta abbandonata e tre piattaforme
rotonde di cemento armato, ormai coperte di sterpi. Nessuna indicazione
che si è di fronte ad una delle pagine drammatiche della guerra fredda
che ha potato in Puglia 30 missili NATO con testate nucleari, ciascuna
100 volte più potente delle bombe atomiche esplose a Hiroshima. Il
quartier generale dei missili Jupiter fu installato a Gioia del Colle e
in altre 9 postazioni: Spinazzola, Gravina, Acquaviva delle Fonti,
Altamura, Irsina, Matera, Laterza, Mottola. Porti a rischio nucleare
sono Brindisi e la stessa Taranto, che ospita nella base di Chiapparo
sommergibili a propulsione nucleare.
All'inizio degli anni '60, per 4 volte i missili Jupiter installati in
Puglia furono colpiti dai fulmini e la Puglia arrivò ad un passo
dall'apocalisse atomica.
Il rischio di esplosione nucleare accidentale era noto agli scienziati
americani del JCAE (Comitato Congiunto per l'Energia Nucleare), ma le
gerarchie militari rimanevano impassibili alle segnalazioni degli
esperti .
In presenza di tali  pericoli, non esistono piani di evacuazione
efficaci.
Rischiamo inoltre, con il governo Berlusconi allineato alle scelte di
Bush, di  vedere rilanciata in Italia l'opzione nucleare già bocciata
dalle scelte del  referendum, mentre l'ENEA (Ente Nazionale Energia
Atomica) di Rotondella (MT) prepara piani per nuovi siti di stoccaggio
di scorie prevedendo di potenziare il ruolo del Centro della Trisaia,
rimanendo ancora aperti tutti i problemi di rischi per la salute. E'
così che il mezzogiorno, mente viene considerato un luogo dove
assicurare risorse ai capitali con grandi opere dannose ed inutili come
il ponte sullo stretto, corre il rischio di diventare la pattumiera per
siti pericolosi e lavorazioni ad alto impatto ambientale, come quelle
delle cave del sale a Scanzano Jonico o gli inceneritori che si
propongono fra Calabria, Basilicata e Puglia.


REPRIMERE MILITARIZZANDO

Le nuove leggi messe in campo nell'ambito della famigerata "guerra al
terrorismo" (Decreto Legge n° 18, Disposizioni Urgenti per Contrastare
il Terrorismo Internazionale) sono una chiara esemplificazione del
nesso militarizzazione-repressione: la struttura militare diventa
ancora una volta strumento di repressione delle lotte sociali, dei
movimenti contro la globalizzazione neo liberista del capitale, a
livello globale, internazionale, territoriale e locale.
L'attacco subdolo in termini di opinione pubblica diffusa,ed
indiscriminato attraverso il nuovo procedimento legislativo è un
aspetto chiaro e sintomatico di questa strategia sistematica e
scientifica ai danni della sovversione e della ribellione…..
Sta a tutti noi dimostrare come la nuova materia legislativa implichi
tutta una serie di motivazioni a monte, identificabili nella non più
celata strategia di annientamento del dissenso.
Dire che le nuove leggi colpiranno tout court i movimenti antagonisti,
è errato da un punto di vista analitico e di pratica politica. E'
necessario che ai proletari/e, ai succubi senza voce di questa fase
storica, ai precari/e e alle donne che nel nostro occidente succulento
sono in continuo stato di privazione di autonomia e quindi di
sottomissione, vengano chiariti i loro ruoli all'interno del dominio
mondiale e in che termini anche loro saranno sottoposti a questo nuovo
disegno repressivo. All'interno di questo quadro, non solo le
organizzazioni politiche saranno colpite, ma anche chi concepisce
l'abolizione della delega (istituzioni, chiese, leaderismi sfrenati),
come la risultante necessaria per creare momenti e,in sviluppo,
movimenti di autorganizzazione sociale (ad es. i nostri quartieri
ghetto). Non restare isolati in questo momento appare necessario per la
costruzione di dibattito, alternativa e battaglia politica. Tutto ciò,
senza mai dimenticare che noi siamo il Sud del mondo, che la gente da
queste parti ha bisogno di vittorie, di riferimenti politici reali, di
battaglie atte a determinare autonomia soggettiva e politica, per
squilibrare la società nelle sue fondamenta, nel suo cuore
pulsante,all'interno della produzione capitalista, attraverso
l'egemonia di comitati di quartiere, l'emancipazione delle lotte dei
lavoratori/trici, la rivolta degli studenti/tesse, ecc.
Alimentare, quindi, un conflitto sociale capace di segnare un progetto
di vita alternativa.


QUESTA TRE GIORNI, 27-28-29 DICEMBRE 2001, FATTA DI ANIMAZIONE PER
BAMBINI, IN CITTÀ VECCHIA, DI DIBATTITO, VIDEOPROIEZIONI , CONCERTI,
MOSTRE FOTOGRAFICHE PRESIDI E INIZIATIVE DI PIAZZA, VUOLE ESSERE UN
ANELLO DI CONGIUNZIONE CON LE LOTTE E I PERCORSI POLITICI ATTUALMENTE
IN CRESCITA A TARANTO: LA RIVITALIZZAZIONE E LA LOTTA AL DEGRADO
SOCIALE, AMBIENTALE E CULTURALE NEI QUARTIERI , LA SENSIBILIZZAZIONE
RISPETTO ALLA NECESSITÀ DI RIFIUTARE LA DELEGA E LA REPRESSIONE, DI
RIAPPROPRIARSI DEGLI SPAZI VITALI E FISICI IMPRIGIONATI DAL DEMANIO,
DAL DIVIETO, DALL'ABBANDONO, PER RESTITUIRLI AD UN USO PUBBLICO E DI
INTERESSE SOCIALE.
INOLTRE VORREMMO CHE QUESTO MOMENTO SERVISSE A FOCALIZZARE L'ATTENZIONE
SU UNO DEI PROBLEMI REALI DEL TERRITORIO, COME QUELLO LEGATO AL MONDO
DEL LAVORO E DELLA DISOCCUPAZIONE. E' UN PUNTO DAL QUALE RIPARTIRE, CON
LA CONSAPEVOLEZZA DI CIÒ CHE SIAMO, SOGGETTI REALI, PRECARI/E,
SFRUTTATI/E, MAVENDUTI/E, IN GRADO E IN DOVERE DI SCATENARE IL
CONFLITTO IN UNA TERRA COME LA NOSTRA, CHE CE LO IMPONE OGNI GIORNO
COME REALTÀ DA VIVERE, DA CAMBIARE, DA RIVOLUZIONARE.