Re: Siamo in guerra! e noi nonviolenti che facciamo?



Sottoscrivo con la massima enfasi quanto denunciato in questo scritto circa
l'innocente o colpevole latitanza di vasti pezzi del Movimento in relazione
alla centralità assoluta della questione guerra, militarizzazione, stati di
polizia, di cui sono stati espressione colpevolmente trascurata il nuovo
modello di difesa italiano con l'esercito professionale e i Carabinieri arma
assoluta. Vanno sottolineate comunque sempre le responsabilità di coloro che
hanno ostinatamente rifiutato la tematica in questione, ignorando gli
spaventosi incendi alle porte di casa, dai Balcani alla Palestina e al Medio
Oriente. Centrare tutta l'attenzione-mobilitazione a Genova contro astratti
e ascientifici G8 o Signori del Mondo o "Potenti della Terra" e contro una
sempre più fumosa e diluita globalizzazione, ignorando la burrasca in corso,
agita in primis dal'imperialismo USA, a qualche dietrologo poteva perfino
apparire come un depistaggio. Comunque un segno di immaturità e incapacità
di analisi che pur avrebbero potute essere rettificate da buone letture E'
una carenza, questa, che nel movimento antimilitarista e antimperialista USA
non si è mai verificata e anche a Goeteborg, prima del ripiegamento su temi
sussidiari, per quanto rilevantissimi, come "l'altro mondo possibile" voluto
per Genova, era tra i manifestanti chiaro e prioritario lo scontro con
l'imperialismo USA, con Bush e con i guerrafondai. La guerra permanente ha
per corollario il fascimo globale.  Sull'orlo del baratro non è il momento
di strappare le erbacce dal ciglio. Priorità assolutamente drammatica è la
costituzione di un fortissimo movimento mondiale per la pace, fondato sulla
ricerca di collegamenti e unità con tutti i popoli, Stati, governi, forze
che condividono la consapevolezza che contrastare la guerra e fermare
l'imperialismo USA e i suoi aggregati, indipendentemente dal loro assetto
ideologico, politico, sociale, culturale, è oggi un impegno di
sopravvivenza. Prima che la globalizzazione del fascismo ci costringa ad
altre alternative.
----- Original Message -----
From: "locvr" <locvr at sis.it>
To: <pck-pace at peacelink.it>
Sent: Monday, November 05, 2001 10:30 AM
Subject: Siamo in guerra! e noi nonviolenti che facciamo?


> Carissimi,
> in allegato una proposta: prendere una posizione comune come area
> "nonviolenta e antimilitarista", sulla cui base confrontarci con il
> movimento.
> Pensate possa interessarvi?
> Credete sia opportuno coinvolgere altre realtà?
> Potreste parlarne con i gruppi ed i singoli aderenti alle vostre
associazioni?
> In attesa di una vs. risposta, vi saluto.
> Stefano Guffanti
> Lega Obiettori di Coscienza
>
>
>
>
> _______________________________________________
> Appello ai gruppi nonviolenti e antimilitaristi
>
> "Contaminiamo il movimento"
>
> Premessa
> Il movimento per una diversa / anti globalizzazione (Rete Lilliput e
Social
> Forum), è nato sulla centralità dei problemi economici ed ambientali.
> Anche nella Rete Lilliput, dove si è operata la scelta nonviolenta, il
tema
> "pace - disarmo" è stato collocato in una posizione secondaria rispetto ad
> altri aspetti e tematiche (debito del terzo mondo, impronta ecologica,
> boicottaggi vari, etc).
> Nel tavolo intercampagne non è rappresentata nessuna delle campagne
> antimilitariste e/o nonviolente.
> Durante l'assemblea della Rete, tenutasi a Marina di Massa nell'ottobre
> 2000, il tema Pace venne relegato in un gruppo di lavoro insieme al tema
> "Migranti".
> Evidentemente i più pensavano che il problema del militarismo fosse un
> problema ormai superato; i rischi di guerra, in una situazione di pace, si
> potevano scongiurare semplicemente lottando per una società (nazionale ed
> internazionale) più giusta.
> Lo specifico della lotta al militarismo rimase una questione per pochi
> addetti ai lavori.
> Poche attenzioni in più ottenne la tematica "Pace" nel corso della
> mobilitazione di Genova.
> La presenza di Bush, promotore dell'idea di Scudo stellare, richiamò la
> necessità del disarmo, principalmente per evitare che ingenti risorse
> venissero spostate da politiche di sviluppo a politiche di guerra.
> L'enormità delle spese militari è denunciata principalmente per
> sottolineare la pochezza di risorse destinate allo sviluppo, più che per
> condannare l'espansione del settore bellico.
> Anche il primo appello di convocazione per la Marcia Perugia Assisi
> (iniziativa storicamente legata al tema pace e nonviolenza), ha
focalizzato
> l'attenzione su cibo, acqua e lavoro per tutti, come se la necessità di
> disarmare il mondo e smilitarizzare le coscienze fosse ormai superata e il
> conflitto si giocasse tutto ed esclusivamente sul piano economico.
> Oggi, alla vigilia della prima entrata in guerra ufficiale dello Stato
> italiano, dalla fine della II Guerra Mondiale, diviene ancora più urgente
> hanno riportare il tema pace / disarmo al centro dell'agenda politica del
> movimento italiano, dimostratosi finora abbastanza impreparato sul piano
> della proposta.
> Da un lato il movimento non ha ancora sviluppato grandi elaborazioni su
> come avviare politiche di disarmo e di opposizione concreta alla guerra,
> rimanendo ancora legato alla logica del "corteo" contro la guerra.
> Dall'altro i gruppi dell'area nonviolenta ed antimilitarista non sono
stati
> in grado, almeno fino ad ora, di fare proposte a tutto il movimento,
> affinché le esperienze specifiche maturate in questi anni, diventino
> patrimonio comune.
>
> Antimilitaristi e nonviolenti: in ordine sparso
> La responsabilità di questo ritardo ad elaborare una strategia pacifista
> non è completamente ed esclusivamente attribuibile a chi ha dato vita al
> movimento.
> Possiamo pretendere che chi proviene da un impegno centrato su temi
> economici o ecologici ponga come centrale il tema del disarmo e le
pratiche
> di disobbedienza civile nonviolente?
> E' evidente che la responsabilità politica di rappresentare queste istanze
> spetterebbe ai "militanti" dell'area antimilitarista nonviolenta, i quali,
> in realtà, o sdegnano di impegnarsi nel movimento o, sebbene coinvolti in
> esso, partecipano a livello personale, finendo così per perdere di vista
la
> specificità di provenienza e disperdendo il loro bagaglio esperienziale.
> Altre aree del movimento hanno una propria vitalità, una propria
> elaborazione politica, una autonomia organizzativa che arricchiscono il
> movimento e che questo assume come proprie.
> Questo è possibile solo perché le associazioni presenti in queste altre
> aree (p.e. quella antirazzista) hanno sviluppato da tempo la capacità di
> dialogare in rete tra loro.
> Il ritardo dell'area pacifista, da questo punto di vista, è spaventoso:
> molte microassociazioni incapaci di relazionarsi non solo tra di loro, ma
> nemmeno al loro interno.
> Il rischio è che così facendo si disperdano anni di riflessioni, di
> esperienze e di pratiche politiche nonviolente ed antimilitariste, che il
> movimento si trovi a dover ripartire da zero, come se in tutti questi anni
> non vi fosse stato nulla, nessun tipo di elaborazione, nessuna proposta
> concreta, nessuna campagna.
> Non è così!
> Il movimento antimilitarista e nonviolento, in questi ultimi decenni, ha
> prodotto molto e, in considerazione delle piccole forze a sua
disposizione,
> ottenuto anche dei risultati interessanti (si pensi alla legge
> sull'obiezione di coscienza oppure alla legge che mette al bando delle
> mine).
> E' da questa esperienza che dobbiamo ripartire.
>
> Confrontarsi e organizzarsi
> Negli anni scorsi MIR e MN parlavano di una federazione nonviolenta S
> l'idea, per quanto interessante, non ha avuto seguito; credo che prima di
> arrivare effettivamente ad una federazione (con tutti i cavilli
burocratici
> ad essa legati) sarebbe opportuno avviare un percorso di collaborazione
> pratica su alcuni punti condivisi, per esempio un documento dell'area
> pacifista da proporre a tutto il movimento.
> Sono rimasto abbastanza stupito che non sia stato ancora tentato un
> tentativo serio di riunire intorno ad un tavolo tutta l'area
> antimilitarista e nonviolenta italiana, per cercare di produrre un
> documento di tal genere.
> Credo però che non si possa più rinviare.
> La situazione esterno ce lo impone.
>
> Cosa proporre?
> Credo che si dovrebbe riuscire a stilare una piattaforma il cui obiettivo
> sia quello di indicare una percorso pratico e comune di opposizione alla
> guerra.
> In questi anni ognuno ha sviluppato metodologie importanti, ma che sono
> sempre state praticate da un numero di persone minimo, non si è riusciti
ad
> andare al di là della pura testimonianza.
> Oggi ci troviamo in una situazione in cui (almeno sul piano teorico)
> potremmo coinvolgere decine di migliaia di persone nelle nostre
iniziative.
> La nostra piattaforma dovrebbe  raccogliere le proposte maturate grazie
> all'esperienza di ogni gruppo e presentare una quadro abbastanza ampio di
> possibilità, da cui ogni gruppo locale (dei Social Forum e/o della Rete
> Lilliput e/o altri soggetti), potrebbe trarre suggerimento per attuare
> iniziative, sulla base delle competenze, specificità, affinità di ogni
> realtà locale.
> Di seguito propongo un ipotetico testo dell'appello al movimento,
> ovviamente si tratta solo di uno spunto ed è completamente emendabile.
>  Appello al movimento - Per opporsi concretamente alla guerra
>
> Carissimi,
> la voglia di opporsi alla guerra è sempre più diffusa, i dubbi sulla
> efficacia di questo strumento assurdo si vanno sempre più diffondendo
> nell'opinione pubblica.
> Il movimento deve superare una impostazione completamente centrata sugli
> aspetti economici e accogliere il tema del disarmo e della
> smilitarizzazione delle coscienze e del territorio come uno degli elementi
> prioritari della propria esistenza.
> Sia ora, che siamo in guerra, sia domani (si spera) quando i soldati
> avranno cessato di scagliare le loro bombe suoi villaggi afgani, irakeni e
> palestinesi.
> Per questo il movimento deve proporre a tutti i propri aderenti, militanti
> e simpatizzanti di diventare operatori di pace, collaborando con le
> associazioni nonviolente ed antimilitariste nella diffusione di pratiche
> tese a contrastare la prosecuzione della guerra.
> Non vogliamo dilungarci in analisi economico / politiche / sociali; ognuno
> avrà la sua lettura dei fatti di questi mesi; ognuna con la sua parte di
> verità legittima.
> Vogliamo invece proporre al movimento di assumere una prassi, frutto
> dell'esperienza maturata in questi ultimi decenni dalle associazioni
> dell'area nonviolenta ed antimilitariste.
> Cosa proponiamo?
> Di informare e chiedere a tutti di aderire ai seguenti punti:
> - l'obiezione di coscienza al servizio militare, insistendo sulla
> consapevolezza e sul senso politico di questa scelta, quale opposizione
> alla collaborazione attiva all'apparato bellico;
> - l'obiezione di coscienza alle spese militari, quale opposizione al
> sostegno finanziario (estorto mediante le tasse), alle forze armate;
> - azioni dirette nonviolente per intralciare l'operatività delle caserme e
> delle FFAA;
> - iniziative dei Caschi bianchi, quale forma di prevenzione e risoluzione
> nonviolenta dei conflitti, la cui finalità è la costituzione di un Corpo
> civile di pace;
> - sostegno ai gruppi antimilitaristi e nonviolenti locali, nonché agli
> obiettori di coscienza e disertori degli eserciti coinvolti nel conflitto;
> - sostegno alle iniziative di solidarietà alle vittime della guerra;
> - di opporsi, nei luoghi di lavoro, alle produzioni belliche e chiedere la
> riconversione dell'industria bellica;
> - di sostenere le campagne di monitoraggio e denuncia sulla spesa bellica
> dello stato italiano;
> - di sviluppare forme creative per manifestare pubblicamente il dissenso
> diffuso alla guerra.
>
> Ovviamente questa lista è espandibile e ogni gruppo pacifista è invitato
ad
> arricchirla con le proprie esperienze e pratiche politiche.
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