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Campagna Malli Gullù (1) - A tutela dei profughi di guerra
- Subject: Campagna Malli Gullù (1) - A tutela dei profughi di guerra
- From: "azad" <ass.azad at libero.it>
- Date: Mon, 5 Nov 2001 10:49:09 +0100
TUTELA DEI PROFUGHI DI GUERRA: LA " CAMPAGNA MALLI GULLU' " A CHI, PER CHI? Malli Gullù era la 27enne madre kurda, già detenuta, torturata e condannata in Turchia perchè militante del partito di opposizione Hadep, morta per asfissia nello scorso ottobre nella stiva d'una nave negriera diretta a Crotone. Alla sua memoria l'associazione Azad propose, nella recente assemblea nazionale dei Social Forum a Firenze, d'intitolare una campagna specifica di tutela e garanzia dei profughi di guerra (non solo kurdi ma afghani, irakeni, slavi, rom), all'interno dell'impegno generale contro il ddl segregazionista Bossi-Fini su immigrazione ed asilo. La proposta fu accolta dall'applauso unanime dell'assemblea. Giriamo ora la proposta alle agenzie nazionali impegnate in questo campo (Cir, Ics, settori dell'associazionismo religioso, organismi di tutela delle popolazioni rom, giuristi democratici, associazioni pacifiste e movimenti contro la guerra), oltre che ai coordinamenti locali come quelli di Bari e Trieste e il "No Border Social Forum" friulano. CON QUALI OBBIETTIVI? Le linee di azione proposte sono: - una presenza diretta alle frontiere (anzitutto Gorizia, Trieste, Ancona, Bari e Brindisi) per impedire che i profughi siano respinti in violazione del diritto d'asilo; - la richiesta di automatica "protezione umanitaria", fermo restando il diritto e la procedura di asilo, per chi provenga da aree di guerra e/o di persistente violazione dei diritti umani; - la contestazione puntuale dei dinieghi di asilo e delle espulsioni (o peggio delle illegali deportazioni di massa) da parte di una specifica rete di monitoraggio e intervento legale, facendo circolare anche i testi di ricorsi e sentenze; - la richiesta, nelle citta' a forte presenza di profughi, di specifici centri i cui utenti non siano puramente assistiti ma possano autogestire accoglienza, inserimento sociale e comunicazione culturale; - il rifiuto netto dell'estensione ai richiedenti asilo della detenzione amministrativa prevista dal ddl Bossi-Fini, e la forte denuncia dei casi in cui questa detenzione, da Lecce a Gorizia, è già oggi praticata di fatto. PROFUGHI DI GUERRA... L'articolo di Dino Frisullo che riproduciamo qui sotto, pubblicato oggi dal Manifesto, fornisce alcuni dati di partenza utili. Il nesso con la guerra in corso è evidenziato dalla pubblicazione, nella stessa pagina del quotidiano, di un articolo con cui Loris Campetti denuncia l'imminente invio sul teatro di guerra afghano di commandos turchi. La logica amico-nemico della guerra confligge inevitabilmente con il principio della tutela universale dei diritti umani: mano libera alla Turchia contro i kurdi, alla Russia in Cecenia, alla Cina in Tibet, ad Israele in Palestina - e criminalizzazione più o meno esplicita delle vittime, che nella logica degli Stati divengono "terroristi". Infatti la nuova legislazione antiterrorismo, inaugurata dalla Gran Bretagna prima dell'attacco alle Twin Towers ed ora in via di estensione all'intero Occidente, è la negazione in radice del diritto di asilo. Il ministro della Giustizia degli Usa rispondeva con ferocia, ieri, a chi contesta l'arresto indiscriminato di quasi mille persone di origine araba o religione islamica: "Arresteremo ogni straniero che sputa per terra in questo paese". La stessa logica guida i rastrellamenti "etnici" e la campagna islamofobica in corso in Italia. I profughi divengono, in questo senso, testimoni e ostaggi del dramma della guerra. Il loro riconoscimento, non solo come vittime e titolari del diritto individuale d'asilo ma come soggetti di diritti collettivi negati, è prioritario per chiunque voglia opporsi alla logica schiacciante della guerra. E' per questo che l'associazione Azad ha proposto che siano protagonisti anche del controvertice e della manifestazione di Roma, fra l'8 e il 10 novembre, e del successivo incontro nazionale sull'opposizione al ddl Bossi-Fini, domenica 11 novembre a Roma presso il Villaggio globale. CHE FARE? Anzitutto rispondere con un cenno d'assenso, individuale o collettivo, a questo messaggio, indicando se possibile la forma del proprio impegno. Un impegno che vuol essere alla portata di chiunque: dalla raccolta e diffusione di informazioni e denunce sulla violazione del diritto di asilo e dei diritti sociali e civili dei profughi (anche quelli già presenti in Italia, riconosciuti o no, come in tanti "campi nomadi"), all'organizzazione di petizioni, pressioni e manifestazioni, all'invio di delegazioni nei luoghi dell'esodo (va di fatto in questo senso la delegazione di donne e parlamentari appena partita per il Pakistan, e quella che Azad vuole organizzare in Turchia e in Kurdistan nel periodo natalizio, sulle orme di un'analoga missione della tedesca Pro-Asyl), e viceversa all'invito e all'incontro con chi tutela i diritti umani in quei luoghi (in dicembre dovrebbe essere in Italia la dirigente dell'Associazione turca per i diritti umani Eren Keskin). Il sito sull'immigrazione e l'asilo che l'associazione Senzaconfine sta per aprire nel portale Unimondo, e la relativa mailing-list, potranno essere un punto di riferimento. Per ora, l'indirizzo mail di Azad da cui ricevete questo messaggio è a disposizione della campagna. Tutti coloro che aderiranno, anche semplicemente rispondendo in bianco a questo messaggio, saranno inseriti in una specifica mailing-list. "STRETTA DI FRONTIERA" (Il Manifesto, 3.11.2001) Erano profughi di guerra quelli che il 19 ottobre la polizia indonesiana forzò a ripartire da Sumatra: afghani, kurdi, irakeni. La nave colò a picco, si salvarono solo 44 su oltre quattrocento. Al largo dell'Australia, profughi kurdo-irakeni hanno messo il salvagente ai loro bambini e li hanno gettati in mare nel vano tentativo di garantirgli un futuro. Arrivano fino all'altro emisfero i frammenti delle bombe. Ogni esplosione ne fa presagire mille, non solo in Afghanistan ma in Iraq, in Turchia, in Pakistan. Si frega le mani la mafia turca che, secondo un rapporto della polizia italiana, dal quartiere di Aksaray a Istanbul controlla un business già pari a 8-10 miliardi di dollari l'anno e paga i trafficanti albanesi e greci in eroina, quattro chili a carico umano. L'esodo di guerra si annuncia imponente. L'Iran prepara grandi campi di concentramento. La Turchia, memore dell'afflusso dei kurdo-irakeni nel '91, sigilla la frontiera orientale. Ventimila persone già premono al confine della Grecia, che ha rinunciato ad espellere in Turchia i 220 kurdi del campo di Lavrion di fronte al loro sciopero della fame.E l'Alta corte inglese decreta che è legale recludere i richiedenti asilo, come si prepara a fare il governo Berlusconi. E' stata una calda estate per i profughi, soprattutto kurdi. La Germania continua a deportarli in Turchia, nonostante la documentazione di 32 casi di tortura di rimpatriati da parte dell'organizzazione Pro-Asyl e gli scioperi della fame a Buren e in altri centri di detenzione. Non s'era ancora spenta l'eco dell'aggressione omicida al profugo Fersat Yildiz in Scozia, che a Zurigo i kurdi manifestavano contro l'abitudine di deportarli in catene. In Olanda attendono giustizia i parenti di Ali Aksoy e Savas Cicek, renitenti alla leva, rinviati in Turchia e "suicidati". Nel 2000 i richiedenti asilo turchi, irakeni e iraniani, quasi tutti kurdi, erano centomila in Europa, seguiti da jugoslavi (42mila) e afghani (29mila, raddoppiati in due anni): la fotografia di tre guerre. In Italia colpisce la quota dei rigetti, anche se dovuti spesso ad irreperibilità: appena 554 richieste d'asilo jugoslave accolte su 13.277 richieste, 150 su 5609 dall'Iraq, 216 su 3545 dalla Turchia, trenta su 345 afghani. Sempre più raramente la commissione affianca al rigetto la "protezione umanitaria", e anche dall'Italia iniziano le deportazioni. I 113 tamil rinviati in ottobre in Sri Lanka con un volo speciale da Brindisi si aggiungono ai dodici kurdi prelevati in agosto dallo stesso centro di detenzione, il Regina Pacis di Lecce, e deportati in Turchia. Halil è tornato, clandestino, via Gorizia. "Ci hanno rinchiusi due a due nelle celle dell'aeroporto di Istanbul, bendati e senza cibo", racconta. "Dieci giorni di bastonate, docce fredde, tortura con gli elettrodi. Mi chiedevano di mio cugino, membro dell'Hadep e detenuto in Turchia. Alla fine i miei parenti hanno pagato per farmi rilasciare". Il suo caso ora tornerà in commissione. Ma nell'ultima settimana sono cinque i rigetti dell'asilo a Roma per i kurdi di Turchia. Casi simili sono segnalati all'associazione Azad da Milano (un kurdo doppiamente perseguitato, perché di religione yezita), e un'intera famiglia da Venezia... "Non c'è persecuzione personale", dicono i commissari. Del resto la Turchia è un paese così normale da avere appena offerto, oltre alle basi, un contingente di "istruttori" agli angloamericani in Afghanistan. E il sottosegretario agli Interni D'Alì, già capo della lobby filoturca in Senato, il 23 ottobre ha promesso all'ambasciatore Utkan "più collaborazione contro il terrorismo". Cioè contro tutti gli Halil che approdano in Italia.
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