MESSAGGIO DELL'UFFICIO KURDO DI ROMA (UIKI) ALL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEI FORUM SOCIALI



FIRENZE, 20-21 OTTOBRE 2001

Cari compagni, care compagne,

oggi non possiamo essere fra voi, ma sapete bene che la nostra non è
un'adesione formale. Gli esuli kurdi in Italia hanno partecipato e spesso
hanno aperto tutte le manifestazioni di questo movimento, da Napoli a
Genova, da Roma a Perugia.

Perché noi che veniamo dalla terra ricca e fertile di Mesopotamia che un
tempo era il paradiso terrestre, noi che potremmo vivere felici nel nostro
paese, conosciamo invece la rapina delle risorse, la distruzione della
natura e dei villaggi, la guerra, la tortura, l'esodo. Conosciamo bene tutti
i frutti avvelenati della globalizzazione economica che voi denunciate in
tutto il mondo.

Noi abbiamo, come voi tutti e tutte, fame e sete di libertà. Proprio per
questo la prima manifestazione davanti a un consolato italiano fu a
Istanbul, dopo i tragici fatti di Genova.

Essere con voi non è una scelta semplice. Il nostro partito, il PKK, che non
ha mai fatto ricorso al terrorismo ed ha anche rinunciato da tre anni alla
lotta armata di liberazione, è sulla lista delle organizzazioni terroriste
negli Usa ed è ancora fuorilegge in Germania e in Gran Bretagna. La stessa
geostrategia che ha negato e smembrato il nostro popolo, ci nega tuttora
ogni legittimazione internazionale. La nostra libertà d'azione è sempre sul
filo del rasoio, specialmente in questi tempi di guerra. Ma per noi la
solidarietà è più importante di ogni altra cosa.

Noi siamo gli indios d'Europa, come gli zapatisti sono i kurdi d'America:
non a caso abbiamo definito "zapatista" la nostra Marcia per la pace,
repressa nel sangue il 1. settembre in Turchia. Ma rispetto agli altri
popoli negati nel mondo, abbiamo la doppia sventura di essere vicini
all'epicentro del potere e delle tensioni mondiali, il Medio oriente.

Se la guerra in corso si estenderà, come tutto lascia pensare, i kurdi ne
saranno ancora una volta le prime vittime, come già nel '91 con la guerra
del Golfo. Ma sono già vittime della guerra gli uomini e le donne che in
questo momento affollano le carceri turche, a cominciare dal nostro
presidente Ocalan, o si affollano nelle zattere della morte verso l'Europa.
Perché all'ombra della guerra la Turchia trova nuova legittimazione per ciò
che definisce lotta al terrorismo, ed è in realtà lotta contro il nostro
popolo e contro il suo stesso popolo.

Noi lottiamo per esistere in pace e dignità.

La nostra Intifada si chiama Serhildan, ed ha lo stesso significato della
parola araba. Camminare a testa alta. Decine di milioni di kurdi lottano
contro una globalizzazione che li nega, che nega interi continenti, come
nega bisogni e soggetti anche qui in occidente. Lottiamo per esistere liberi
e uguali, non per schiacciare altri popoli.

Abbiamo ricostruito sulle macerie, in questi anni, identità nazionale e
istituzioni nazionali, ma non siamo nazionalisti. Sappiamo che la libertà è
indivisibile, che nessuno e libero se accanto a lui un altro essere umano è
oppresso.

Per questo abbiamo proposto una soluzione democratica e federativa per la
Turchia e per tutto il Medio oriente. Come voi, vogliamo globalizzare i
diritti e le libertà.

A voi, nostri amici e compagni, chiediamo di tener sempre presente, in ogni
momento della vostra lotta, che lottate anche per strappare il presidente
Apo Ocalan alla cella della morte. Per demolire le mura delle celle che
rinchiudono Leyla Zana e altri dodicimila prigionieri politici. Per
restituire il sorriso a Muyesser Gunes, la presidente delle Madri della Pace
che venne a Genova ed ha trovato la forza di tornare e parlare di pace a
Perugia dopo che la guerra le ha strappato il suo secondo figlio.

Noi, esclusi fra gli esclusi, siamo decine di milioni e siamo parte della
maggioranza dell'umanità. Voi siete minoranza nella minoranza, ma siete
l'unico punto a cui, nel Nord del mondo, possiamo guardare con speranza e
fiducia.

UIKI - Ufficio d'informazione del Kurdistan in Italia

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SOCIAL FORUM: GLI IMPEGNI SULLA QUESTIONE KURDA

(ASSUNTI DAI GRUPPI DI LAVORO E DALL'ASSEMBLEA NAZIONALE A FIRENZE)

LA QUESTIONE POLITICA DELLA PACE E DELLA GUERRA

La presenza degli esuli kurdi in tutte le ultime manifestazioni del
movimento antiglobalizzazione in Italia, e la presenza di un rappresentante
del PKK su invito della Rete No-Global al contro-vertice Nato a Napoli,
hanno già dato il segno di un forte legame fra il movimento deglie sclusi
della terra e il popolo negato per eccellenza.

Oggi la guerra rischia di aggravare la situazione di non legittimazione
della parte kurda, definita "terrorista" dalla Turchia nonostante non abbia
mai fatto ricorso al terrorismo e da due anni abbia anche rinunciato
unilateralmente alla lotta armata. In cambio dell'uso delle sue basi aeree,
la Turchia ha chiesto ai partner Nato europei di perseguire come
"terroristi" una lunga lista di dirigenti kurdi in esilio, fra cui proprio l
'ospite di Napoli, Riza Erdogan. All'interno, all'ombra della guerra
continua la repressione.

Il movimento può farsi promotore di quella "diplomazia dal basso" per la
pace, che dall'alto non decolla. In concreto:

invitare stabilmente i rappresentanti del pkk alle proprie assemblee e
mobilitazioni, a partire da quella del 10 novembre a Roma;
diffondere nei forum locali la petizione "pace in kurdistan, democrazia in
turchia" per il riconoscimento delle organizzazioni kurde, lanciata da mina'
, p. Zanotelli, conso e molti altri.
L'AIUTO ALLE VITTIME DELLA REPRESSIONE E DEL CARCERE

La recente amnistia ha liberato molti ma non i 12.000 prigionieri politici,
fra i quali continua il tragico sciopero della fame. Anche l'abrogazione
della pena di morte deliberata dal parlamento esclude i reati "contro lo
Stato", cioè quelli per i quali Ocalan e molti altri attendono l'esecuzione.
E i processi politici davanti ai tribunali speciali si moltiplicano.

Questa situazione, insieme alla guerra, ha moltiplicato l'esodo. La Grecia
stima che almeno 20.000 persone siano in questo momento in fuga dalla
Turchia, ma è solo una ristretta avanguardia dei milioni di profughi
interni.

Per sostenere la resistenza umana delle famiglie dei prigionieri politici e
dei profughi interni, il Comitato Kurdistan di Firenze, "Verso il Kurdistan"
di Alessandria e l'associazione Azad propongono ai Social Forum di:

fare propria e diffondere la campagna gia' avviata di "adozione a distanza"
delle famiglie dei detenuti politici (organizzate nella Tuad-der) e di
sostegno dell'associazione di profughi Goc-der, con quasi cento "adozioni"
gia' attuate o in via di attuazione fra Alessandria, Firenze, Trieste e
Roma, a 60.000 lire/mese;
organizzare per Natale il viaggio a Istanbul e Diyarbakir di una
delegazione, che incontri le associazioni citate e, attraverso loro,
direttamente le vittime della detenzione e dell'esodo.
LA PRESENZA DIRETTA: LA PRIMAVERA INIZIA A DIYARBAKIR!

Va raccolto ed esteso l'impegno assunto dalla Rete No-Global di Napoli, nell
'assemblea di settembre scorso con Riza Erdogan: una grande delegazione,
dell'ordine di centinaia di persone, che il prossimo 21 marzo, festa del
Newroz (della primavera e della liberta'), partecipi alle manifestazioni di
massa a Diyarbakir.

LA TUTELA DEI PROFUGHI DI GUERRA

All'interno dell'impegno generale contro il ddl segregazionista su
immigrazione ed asilo, va lanciata una campagna specifica di tutela e
garanzia dei profughi di guerra (afghani, kurdi, irakeni, kossovari e
macedoni - specie Rom).

Si propone che questa campagna sia intitolata alla memoria di MILLI GULLU,
la giovane donna e madre kurda uccisa dal proibizionismo degli ingressi e
dai trafficanti mafiosi nella stiva di una nave diretta a Crotone.

Anche raccogliendo le indicazioni provenienti dal No-Border Social Forum di
Gorizia, le proposte sono:

una presenza diretta alle frontiere (anzitutto Gorizia, Trieste, Ancona,
Bari e Brindisi) anche in forma di "interposizione umanitaria" per impedire
che i profughi siano respinti in violazione del diritto d'asilo;
la richiesta al governo di decretare la "protezione umanitaria" di chi
provenga da aree di guerra e/o di persistente violazione dei diritti umani;
la contestazione puntuale dei dinieghi di asilo e delle espulsioni (o peggio
delle illegali deportazioni di massa, gia' cominciate ad es. verso la
Turchia e lo Srilanka) da parte di una specifica rete di monitoraggio fra i
Social Forum locali e altre associazioni nazionali e locali;
la richiesta, nelle citta' a forte presenza di profughi, di specifici centri
autogestiti di accoglienza, alloggio e cultura, insieme al rifiuto netto
dell'estensione della detenzione amministrativa ai richiedenti asilo.
.............................


Nello

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