Berlusconi e le cose più grandi di lui



Le cose più grandi di lui

Sabato 29 settembre
Un'ora dopo la notizia scrivevo quel che segue sulle liste di discussione.
Nelle ore successive sono insorte le voci davvero civili, sia occidentali
che musulmane. Nessuno, che io sappia, è insorto, fuori dal movimento antiG8
per la giustizia mondiale, sulla infame calunnia della prima parte del
discorso di Berlusconi.

Mercoledì 26 settembre.
Ho capito bene? Berlusconi a Berlino - GR1 delle 13 di oggi mercoledì 26 -
ha insinuato una "strana coincidenza" tra i contestatori dei G8, che
"colpevolizzano l'Occidente dall'interno" criticando il mondo ricco, e i
terroristi mondiali. Insomma, la quinta colonna del famoso Bin Laden.
Sì, ho capito bene, perché ho riascoltato le sue parole al GR3 delle 13,45.
Questo minaccioso terrorismo-anti-terrorismo dice tutta la qualità
dell'uomo, che è a livello degli "inconvenienti" (che sarebbero la fame nel
mondo e le terribili diseguaglianze tra i popoli) di cui parlò a Genova
pochi minuti dopo la morte di Carlo Giuliani.
Allora, noi diciamo a Berlusconi: la critica non è un crimine, ma un
contributo, mentre il crimine dei terroristi non è una critica, ma una
imitazione delle gravi violenze strutturali che ci sono nel mondo, causa di
ben più vaste stragi taciute e occultate, non visibili come l'attacco alle
torri di New York
Poi Berlusconi si è detto certo della "superiorità della nostra civiltà".
Quale? Quella della ricchezza e del consumo debordante come obiettivo di
vita? Oppure quella dell'umanesimo, della tolleranza positiva che stima i
valori delle altre civiltà, quella del primato della cultura e della
politica sull'economia, quella dei diritti umani di tutti, che escludono
schiavitù, sfruttamento, diseguaglianze offensive? Quale dei due volti
dell'Occidente egli vanta?
La certezza della propria superiorità e il rifiuto della critica sono una
forma di totalitarismo - noi abbiamo tutto ! - che è una dichiarazione di
guerra culturale.
Allora, noi diciamo ancora a Berlusconi: abbiamo sofferto forse più di lui
le stragi negli Usa e soffriamo certamente più di lui l'ipotesi di una
guerra che non sarà "chirurgica" ma fomentatrice di nuovo odio, dolore,
distruzione, pericolo.
Infatti, noi nonviolenti, alla scuola di Gandhi, Capitini, Luther King,
Badshah Khan (il Gandhi musulmano), e delle reali esperienze storiche
ispirate da loro, escludiamo dall'orizzonte umano tanto la violenza
diretta - come le stragi di stato (la guerra) e le stragi del terrorismo
privato - quanto la violenza strutturale (il dominio economico) e la
violenza culturale (civiltà superbe e arroganti).
Il dialogo tra tutti gli stati, i popoli, le civiltà, le religioni è l'unica
via d'uscita, per togliere pretesti e manodopera disperata ai manovratori di
terroristi, chiunque essi siano, per qualunque obiettivo.
Odiare non si deve, mai. E neppure farsi odiare.
La guerra è impotenza, incapacità politica, somma incivilltà, scimmiottatura
senza alcuna creatività, scorciatoia stolta, semplificazione assurda di nodi
molto complessi, cecità folle e disastrosa, sommo crimine. E' sempre
ingiusta, mai risolutiva.

Enrico Peyretti