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No justice, no peace. Parole sulla guerra.
- Subject: No justice, no peace. Parole sulla guerra.
- From: Francesco <franxe at katamail.com>
- Date: Sun, 23 Sep 2001 11:50:17 +0200
No justice, no peace. Parole sulla guerra. <<E' stato un atto di guerra, non solo di terrorismo. Un nuovo tipo di guerra, per la quale noi chiameremo gli altri paesi ad unirsi a noi: ci e' stata dichiarata guerra e noi guideremo il mondo alla vittoria>> <<Sara' una battaglia lunga. Ma non abbiate dubbi: la vinceremo. Questa sara' una gigantesca lotta del bene contro il male, ma il bene prevarra'>> <<Non ci sara' nessuna distinzione fra i terroristi che hanno compiuto l'attacco e gli Stati che li fiancheggiano>> George W. Bush, Presidente degli Stati Uniti ---------------------------- <<Abbiamo bisogno di giustizia, non di guerra. [...] Dobbiamo proteggere la nostra sicurezza, ma non distruggere Kabul: che vuol dire la politica di Bush? Vogliamo cancellare l'Afghanistan dalla carta geografica? Le risposte che sono necessarie sono politiche, chiudere il gap tra ricchi e poveri, tra bianchi e neri, tra nord e sud del mondo>> Cora Weiss, presidente dell'International Peace Bureau ---------------------------- <<E' certo l'inizio di una guerra globale, diversa da tutte quelle che abbiamo conosciuto, e con la particolarita' che non ci sono soluzioni militari a questo conflitto. Eppure i leader occidentali hanno reagito subito in termini militari e il rischio e' che questa finisca per essere davvero una guerra tra civilta', con conseguenze ben ancora piu' gravi e drammatiche di quelle che hanno avuto gli attacchi a New York e Washington. Ci potrebbe essere un dilagare della violenza a scala planetaria che non ha precedenti>> <<I nuovi movimenti globali devono continuare a chiedere che che siano affrontati i problemi del pianeta, le sofferenze degli oppressi, le diseguaglianze, che le decisioni a scala globale siano prese in modo piu' democratico e rappresentativo. Se no la violenza, in un modo o nell'altro, sara' destinata a restare con noi>> Richard Falk, docente universitario a Princeton ---------------------------- <<spiacevoli ma accettabili eventuali vittime civili in atti di rappresaglia, visto le perdite subite dai nostri>>. Bill Bennett, senatore Usa ---------------------------- <<Non si possono sacrificare vittime innocenti per soddisfare la sete di potere dei governi imperiali e dei conflitti di coloro che si considerano padroni del mondo e pretendono di ripartire il pianeta come se fossero fette di una torta appetitosa. Gli attentati dell'11 settembre dimostrano che non c'e' scienza e tecnologia capace di proteggere persone o nazioni. Inutile che gli Usa abbiano speso 400 miliardi di dollari quest'anno per la difesa. Sarebbe stato meglio che questa fortuna fosse stata destinata alla pace mondiale, che solo arrivera' il giorno in cui sara' figlia della giustizia.>> Frei Betto, sociologo e scrittore brasiliano ---------------------------- <<questo dibattito e' importante perche' siamo di fronte a un attacco di proporzioni epocali. Non solo contro gli Stati uniti, ma anche contro i valore democratici in cui noi tutti crediamo cosi' appassionatamente. E' un attacco contro il mondo civilizzato>> Tony Blair, primo ministro inglese ---------------------------- [dissento da chi] <<pensa che mostrare i muscoli e andare a colpire donne, bambini, vittime innocenti, cioe' gli stessi obiettivi dei terroristi, sia la soluzione a questo problema. Il pericolo e' quello di una generazione in Irak e Medio oriente che sta crescendo nell'odio piu' assoluto degli Stati uniti. Questo e' il problema da affrontare e non con i bombardamenti visti nel passato>> Tam Dalylell, deputato piu' anziano della Camera dei Comuni inglese ---------------------------- <<Questi attentati richiedono una lotta senza quartiere contro il terrorismo. Sappiamo di difendere in questo modo i valori che sono alla base della civilita' e della pacifica convivenza fra i popoli. I popoli liberi debbono essere uniti e compatti nella risposta a questo atto di guerra contro il mondo civile>> Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica Italiana ---------------------------- <<C'e dietro l'idea che la civilta' sia unica, con la 'c' maiuscola, e tutto quello che e' diverso da noi, sia alieno e barbarico. Questo ragionamento e' antropologicamente inaccettabile; trovo gli stereotipi di questo genere dal punto di vista culturale e politico, molto pericolosi. Nessuno pensa che i terroristi siano delle brave persone, ma sta di fatto che il terrorismo e' sempre un fatto politico, viene da una crisi, una mancanza, un fallimento della politica. La civilta' non c'entra>> Fabrizio Tonello, docente all'universita' di Padova ---------------------------- <<Questo e' il copione dello scontro di civilta', l'idea sviluppata qualche anno fa da Samuel Huntington, secondo cui gli Stati uniti devono scontrarsi con le civilta' del pianeta che hanno valori e orizzonti diversi da quelli occidentali, soprattutto con il mondo islamico. Una visione pericolosa che aggrava i problemi e le tensioni esistenti, a partire da quelli in Medio oriente, dove la politica degli Stati uniti ha aggravato il conflitto, con il sostegno incondizionato a Israele e nessun attenzione per i diritti e le sofferenze dei palestinesi>> Marcus Raskin, politologo, docente alla George Washington University, un tempo consigliere di John Kennedy alla Casa Bianca, fondatore dell'Institute for policy studies di Washington ---------------------------- <<Il risultato di questi attacchi e' che Israele si ritrova un mandato in bianco per trattare a modo suo con i palestinesi, crea una situazione in cui tutti i governi repressivi hanno via libera nei confronti di qualunque sfida possano subire, aumenta insomma la legittimita' di politiche di repressione. Il governo Usa e' ora piu' forte nei confronti della propria societa' civile, i cittadini saranno pronti ad accettare limitazioni della liberta', a dare piu' poteri discrezionali alla polizia nei confronti dell'opposizione. Tutto questo rafforza quello che abbiamo visto con le maniere usate dal governo italiano nei confronti della protesta contro il G8 di Genova del luglio scorso>> Cora Weiss, presidente dell'International Peace Bureau ---------------------------- <<Ci stanno uccidendo lentamente giorno dopo giorno - sostiene Abed, palestinese, venti anni occhialetti da intellettuale in un buon inglese - e ormai il numero di giovani senza speranza cresce sempre di piu'>>. <<Tutti sono in bilico tra l'emigrazione, se ci riescono e se si hanno i soldi per farlo - sostiene dopo averci invitato nella sua casa dalle pareti e dal soffitto ammuffiti dove in due stanze vive con i suoi sei fratelli e sorelle e la madre malata - e il sacrificare la propria vita per il nostro paese. Non e' fanatismo ma disperazione. Loro hanno armi potentissime, noi i nostri corpi. La politica degli Usa e di Israele, non sta lasciando a milioni di palestinesi, di arabi e di musulmani altra alternativa che una lotta senza quartiere. Di fare, in parte e su scala assai piu' ridotta, quel che loro in realta' hanno sempre fatto>> <<Quello che ha buttato l'aereo contro le torri gemelle - sostiene poco dopo uno dei suoi fratelli, laureato in ingegneria ma costretto a vendere polli in un girarrosto ambulante - non e' certo piu' colpevole dei piloti americani che hanno sganciato le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki o di Sharon che e' arrivato a bruciare vivi con le bombe al fosforo tanti abitanti dei campi o di Beirut. Purtroppo il giudizio morale sulle bombe sembra dipendere solo dal fatto se uno ci sta sotto o sopra. Non se debbano essere usate o meno come dovrebbe essere. Questo e' il mondo che hanno voluto gli Usa e che hanno ottenuto. E per capirlo bisogna guardarlo anche dalla parte dei poveri polli, non solo da quella dell'oste>> (da: Il Manifesto, servizio da Beirut) ---------------------------- <<Ogni attacco armato sul territorio di alleati, proveniente da qualsiasi direzione, dara' luogo all'applicazione degli articoli 5 e 6 del trattato di Washington. La sicurezza dell'alleanza deve comunque tener conto anche del contesto globale. L'interesse alla sicurezza dell'alleanza puo' essere toccato da altri rischi di piu' ampia natura, compresi atti di terrorismo, sabotaggio, crimine organizzato, e dalla interruzione del flusso di risorse vitali. Anche il movimento incontrollato di un grande numero di persone, in particolare quale conseguenza di conflitti armati, puo' porre problemi per la sicurezza e la stabilita' dell'alleanza. All'interno dell'alleanza esistono intese finalizzate alla consultazione fra gli alleati e al coordinamento dei loro sforzi, incluse le loro risposte a rischi di questo tipo>> Dal "Nuovo concetto strategico della Nato", sottoscritto dai paesi membri nell'aprile '99 durante la guerra del Kosovo, firmato per l'Italia da Massimo D'Alema e mai sottoposto a ratifica del Parlamento Italiano ---------------------------- <<Noi siamo pronti a pagare qualsiasi prezzo per difenderci, e a utilizzare tutti i mezzi per prenderci la rivincita>> Mohammad Omar, guida spirituale dei taleban, mullah della moschea Kandahar, Afghanistan <<musulmani di tutto il mondo, dobbiamo unirci se gli Usa ci attaccano>> un imam della moschea di Kabul ---------------------------- <<I mujahedin che proteggono Osama bin Laden e fanno attentati per suo conto? Li abbiamo addestrati noi in Scozia>> <<I mujahedin erao buoni soldati ma non avevano grandi abilita' tattiche e di progettazione. [...] il risultato piu' grande che abbiamo ottenuto e' stato quello di trasformare un gruppo di buoni soldati, ma disorganizzati, in una organizzatissima unita' combattente>> Ken Connor, ex membro delle SAS, le teste di cuoio inglesi ---------------------------- <<E' questo il risultato di una politica perseguita dagli Stati uniti da Reagan, George Bush Senior, Clinton. Il contesto cambia, ma di poco. Gli americani, in Afganistan, in Algeria, in Arabia saudita, Egitto hanno negli ultimi dieci o quindici anni reclutato, addestrato e finanziato le persone sbagliate: la Cia, in Afganistan, ha condotto una operazione in funzione antisovietica, finanziando i Mujahiddin con 6 milioni di dollari. Venne considerata dai servizi segreti un vero successo. Mezze figure del fanatismo islamico vennero incoraggiate e 'appaltate'>> Gabriel Kolko, Professor Emeritus alla York University di Toronto ---------------------------- <<Il dominio sul mondo ha come prezzo il venire in conflitto con tipi come bin Laden i quali, lungi dall'essere "fuori della civilta'" sono un puro prodotto della politica estera americana di appena 15 anni or sono. Era di Reagan e di Bush padre, per quelli che hanno memoria>> Fabrizio Tonello, docente all'universita' di Padova ---------------------------- <<Il fondamentalismo islamico [...] ha i sui inconfutabili alibi: mezzo secolo di guerre americane in Medio-oriente e no (talune con l'avvallo dei governi italiani, oltre a quello di tutte le altre nazioni del Patto, e sul quale ho trovato inutile sia dissentire che consentire) sono un alibi sacrosanto.>> <<[Noi che] proviamo sconcerto e pena e solidarieta' per le vittime dei terroristi kamikaze e che tuttavia non dimentichiamo lo sconcerto e la pena, e un senso di solidarieta' per quanto frustrata dal sistema, per i popoli affamati, calpesatati, sfruttati (e dai loro stessi capi e dall'accidente tutto) del Medio Oriente e dell' Africa e del Sud America: soltanto ci permettiamo, e non ci stancheremo di permetterci, di dire che il nostro non e' il Regno del Bene e il loro non e' l'Impero del Male.>> Aldo Busi, scrittore ---------------------------- <<Su come reagire abbiamo la possibilita' di una scelta. Possiamo esprimere un orrore giustificato; possiamo tentare di capire cosa puo' aver portato al gesto criminale, e cio' significa fare uno sforzo per entrare nella mente dei possibili autori dell'attentato. Se scegliamo questa seconda strada, non possiamo fare di meglio, credo, che ascoltare le parole di Robert Fisk, la cui diretta conoscenza e familiarita' con gli affari interni della regione e' incomparabile dopo tanti anni di studio. Descrivendo la "malvagita' e la spaventosa crudelta' di un popolo oppresso e umiliato", egli scrive che "non e' la guerra della democrazia contro il terrore che al mondo verra' chiesta di combattere nei giorni a venire. Ma si tratta anche dei missili americani che distruggono le case dei palestinesi, degli elicotteri Usa che centrano un'ambulanza libanese, e di bombe americane che esplodono su un paese di nome Qana, e ancora della milizia libanese - pagata e attrezzata dall'alleato israeliano dell'America - che rapisce, stupra e uccide nei campi profughi". E ancora molto di piu'. Di nuovo, abbiamo la scelta: possiamo tentare di capire, o rifiutarci di farlo, contribuendo al concretizzarsi dell'ipotesi che il peggio sia ancora davanti a noi.>> Noam Chomsky, linguista, docente al MIT di Boston, nonche' autorevole intellettuale radical americano ---------------------------- <<Le politiche economiche che gli Stati uniti e gli altri paesi ricchi hanno imposto al mondo hanno provocato disastri sociali. Negli USA e in molti paesi europei c'e' prosperita', mentre nel resto del mondo e' solo poverta', guerra, fame, malattie. Quando gli Stati uniti si sono interessati a qualche problema nel mondo, hanno seguito due strade: o hanno puntato ad un controllo militare dell'area interessata dalla loro azione, o hanno imposto misure economiche che hanno spesso fatto aumentare la miseria e la poverta'>> <<Pensiamo ai biglietti lasciati a Manhattan dove si puo' leggere “peace, not war”, “no more killing”. Oppure al senso di solidarieta' comune che c'e' nelle vegli di preghiera. Sono semplici messaggi e pratiche che sono contro l'escalation della guerra. [...] Sono messaggi scritti da giovani e meno giovani, persone che vogliono immaginare una vita buona da vivere. Sono uomini donne che non vogliono la guerra. Posso sbagliare, ma spero di no, ma questi sono sentimenti fortemente presenti nell'opinione pubblica americani e che possono diventare il germe di un nuovo movimento contro l'escalation militare>> Saskia Sassen, economista, autrice del libro “Global City” ---------------------------- <<Dallo stesso senso di vulnerabilita' di questi giorni puo' nascere un altro percorso. Se il mondo e' entrato in casa nostra con gli squarci nelle torri gemelle di New York, possiamo iniziare a vedere i problemi che ci sono nel mondo, possiamo metterci nei panni degli altri, smettere con l'amnesia per le conseguenze delle nostre azioni, pensare a un sistema commerciale piu' equo, ad uno sviluppo sostenibile, a un disarmo radicale, al divario crescente tra ricchi e poveri del pianeta. Ma per questo occorre un cambiamento profondo del nostro modo di pensare. Dovremmo abbandonare un modo di vivere basato sul principio che noi sappiamo fare meglio di chiunque altro, che dobbiamo essere i primi per forza. Dovremmo smetterla di imporre al resto del mondo le nostre idee e le nostre politiche. E' un percorso che si deve fare fuori dalla politica, dalle strategie del governo, ma che deve svilupparsi nella societa' civile, nelle reti transnazionali, per arrivare in sedi come le Nazioni unite e da qui fare pressione sulla politica americana>> Marcus Raskin, politologo, docente alla George Washington University, un tempo consigliere di John Kennedy alla Casa Bianca, fondatore dell'Institute for policy studies di Washington
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