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Appunti d'un manifesto per l'azione politica
- Subject: Appunti d'un manifesto per l'azione politica
- From: "Stop War" <stop.war at libero.it>
- Date: Sun, 9 Sep 2001 22:42:00 +0200
Appunti d'un manifesto per l'azione
politica
Nel mese di maggio 2001, durante l'assemblea annuale di
un'associazione che auspica e realizza interventi di pace per l'eliminazione
della guerra, fu proposto di porre alcune condizioni discriminanti per la
permanenza d'una rappresentanza dell'associazione stessa all'interno del Genoa
Social Forum.
Si trattava, in primo luogo, di richiedere a tutte le
componenti del GSF di rinunciare previamente e necessariamente, per le
manifestazioni previste a Genova in occasione del "Vertice G-8", ad
ogni forma di violenza (fisica, verbale, comportamentale) contro persone,
organizzazioni, istituzioni e cose, tanto in funzione offensiva che
difensiva.
In secondo luogo - sempre all'interno del GSF - si sarebbero
dovute vagliare, selezionare e programmare le azioni dimostrative in modo da
escludere o limitare in misura decisiva la possibilità che in esse
confluissero - per pretesto o per supposta comunanza di scopi - soggetti e
iniziative a carattere violento. Rinunciando quindi a quelle che plausibilmente
non offrissero tale garanzia; ed eventualmente a tutte.
La proposta venne
respinta.
Le vicende di Genova testimoniano del fatto che la violenza
determina un codice comunicativo poco efficiente, almeno riguardo a casi di
interazione di masse di soggetti operanti in situazioni molteplici e sotto
circostanze talora imprevedibili. Che la violenza facilmente sfugge al controllo
di chi vi si trova, anche consapevolvente, coinvolto e ne risulta, magari
inconsapevolmente, orientato. E che essa facilmente si trasforma da mezzo
(espressione) in oggetto (sostanza) della relazione comunicativa.
Il dibattito preventivo e soprattutto quello successivo si
sono concentrati su tale evidenza. Ma mentre preventivamente si discuteva pure
se e in quale grado e modo la violenza potesse influenzare (o inficiare) la
manifestazione del pensiero e la circolazione delle idee, successivamente e
generalmente, l'attenzione si è soffermata sul grado di correità
dei diversi soggetti per la violenza dispiegata.
Quasi che un sistema, un apparato, un'ideologia convergenti
sulla violenza, potessero produrre un risultato tanto diverso dal sangue sulle
strade, dall'incendio di beni e loro rifiuti, dall'accanimento di bruti e
dall'ipocrisia dei giusti, dalla paura e dalla rabbia che tutto
ingoia.
Certamente esistono buone e cattive cause propugnate con la
violenza. E certamente chi lotta con violenza può uscirne vincitore. E
vinto: giacché ciascuno nella concezione altrui vi è nemico -
ossia nessuno - e può venir cancellato alla sua
coscienza.
Come esistono buone e cattive cause perseguite con la
nonviolenza. Perché no? Ma nel cui cimento nessuno può sparire.
Giacché in questa lotta ciascuno esiste sempre insieme all'altro, in
sensi e dignità.
In definitiva è la condizione della convivenza. Anzi
è la convivenza posta a condizione, a vincolo, dell'organizzazione
sociale umana.
Unico strumento in comune dell'umanità, e probabilmente
unica sua speranza di liberarsi dal flagello della guerra.
Abbiamo un compito, assai povero eppure immenso.
D'adottare un linguaggio comune d'azione, che fissi un limite
alla presunzione del potere umano, che segni a tutti facoltà e
prospettiva dell'umana conciliazione, dell'umana avversione.
Manifesto di poche parole, chiare e semplici, condivisibili ed
essenziali.
Che non sia carta d'un partito, d'una chiesa, d'un movimento
d'opinione, d'una scuola di pensiero.
Manifesto di poche parole, liberamente offerte a un'adesione
etica.
(Chi volesse discutere della proposta o contribuire alla
sua realizzazione e formalizzazione, può replicare sulla mailing list
-
pck-pace at peacelink.it - o scrivere
all'indirizzo del comitato "Stop war" - stop.war at libero.it )
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