Zanotelli, "Passati diversi, un solo futuro" (Nigrizia di Luglio)



da www.giovaniemissione.it
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Passati diversi,
       un solo futuro
Alex Zanotelli
(tratto da Nigrizia di Luglio)

 Anche Dio sogna.. nella Genova dei G8! E nessuno può proibirci di sognare
un mondo che sia altro da quello che i grandi “sognano” per noi. Almeno
lasciateci il diritto e la libertà di sognare, in questa Genova mondiale.
Forse nessuna città italiana come l’antica repubblica marinare può contare
titoli storici per una tale incontro.Per gli otto grandi dell’impero del
denaro, Genova è un tuffo alle origini dell’attuale sistema
economico-finanziario mondiale.. Almeno  secondo sofisticata teoria
elaborata da Giovanni Arrighi nel suo “the long Twentieh Century: Money,
Power ad Origins of our Temies (1994), il quale sostiene il punto di
partenza dell’attuale economia mondiale è nelle città –stato italiane del
rinascimento (Venezia, Firenze, Milano Genova).Fu proprio l’alta finanza di
Genova che creò la Spagna-nazione  con la conquista dell’America “Latina”.
Per due secoli la Spagna fu la grande potenza imperiale, sostituita dall’
Olanda che venne poi soppiantata dall’Inghilterra, assorbita a sua volta
dalla superpotenza Usa, il cuore dell’impero del denaro.
Contro questa globalizzazione Se questa teoria è vera, pone interrogativi
seri a noi italiani, alla chiesa cattolica e ai cristiani (avevamo sempre
pensato che l’attuale economia capitalista è frutto del protestantesimo,
soprattutto calvinista!)Questo processo storico è avvenuto come se non ci
fosse una chiesa detentrice di un sogno di Dio sovversivo di ogni impero.
Ignorando perfino il più fedele interprete di Gesù in occidente, Francesco d
’Assisi (visse agli inizi delle città-stato italiane) che ha nuovamente
proposto la scelta: la vita sobria e semplice ma felice, o la vita degli
imperi (le Bestie dell’Apocalisse).Abbiamo messo sugli altari Francesco ma
abbiamo scelto la strada delle Bestie.
Eppure Francesco non aveva fatto altro che rilanciare il sogno di Gesù, che
in quella sua Galilea riproponeva l’antivo sogno di Mosè e dei profeti. (Dio
sogna che il suo popolo, liberato dall’egitto, possa vivere come società
alternativa alle città-stato e all’impero, con un’economia di uguaglianza
che domanda una politica di giustizia, che a sua volta esige la fede in un
Dio che è il Dio degli oppressi, degli schiavi, dei marginalizzati…)E’
questo il Sogno che ci perseguita. Continuiamo a credere in un Dio che sogna
un mondo altro da quello che abbiamo fra le mani. Non abbiamo nulla contro
la globalizzazione ma contro questo tipo di onnimericficazione, dove tutto
diventa denaro. Siamo contro una globalizzazione che distrugge culture,
religioni, ambienti, togliendo l’anima ai popoli e riducendoli a cose (l’
Africa è oggi il continente più devastato). Siamo contrari al villaggio
economico dove il 20% della popolazione mondiale si pappa l’83& delle
risorse del mondo. Mentre l’80% del mondo vive sulla soglia delle povertà,
o almeno per un miliardo e mezzo di persone, nella miseria più nera.Per di
più questa immensa ricchezza è concentrata in poche mani: tre famiglie negli
Usa hanno l’equivalente del prodotto annuale lordo di 48 stati africani con
600 milioni di abitanti.E l’assurdo è che per difendere chi vive da nababbi
(20%) spendiamo 900 miliardi di dollari in armi all’anno. (Con 23 miliardi
potremmo risolvere i problemi della fame e della sanità al mondo in un
anno). A questo dobbiamo aggiungere (grazie a Bush!) il rilancio dello scudo
stellare, che costerà una fortuna.    La nostra è follia collettiva.
Potremmo trasformare oggi il mondo in una paradiso terrestre, invece lo
abbiamo reso un inferno terrestre. I ricchi del mondo (20%) consumando
energie e materie prime in maniera forsennata stanno minacciando il futuro
del pianeta (vedi buco dell’ozono, effetto serra). Molti scienziati ci
ammoniscono che abbiamo solo 50 anni per cambiare. Dopo sarà tardi, avremo
minato i gangli vitali del pianeta.E’ questo il sistema entro cui viviamo,
un sistema che ammazza e uccide. Ammazza per fame (40 milioni di persone all
’anno), uccide con le armi (il continente africano ne è una riprova), e
uccide l’ambiente. E un sistema di morte, è un sistema di violenza inaudita
ben camuffata. Il padre di un tale sistema è il dia­volo, il Drago. «Egli è
stato omicida fin dal principio e non ha perseverato nella verità perché non
c’è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero
e padre della menzogna», afferma Gesù in uno dei passi più densi del Nuovo
Testamento.Il Drago con agnello  Ecco perché chi resiste a questo sistema di
morte lo fa rifiutando la via della violenza, altrimenti ripeteremmo lo
stesso sistema. Abbiamo fatto nostra la scelta radicale di Gesù, l’unica
nostra difesa è l’amore, la nonviolenza attiva, scoperta non da Gandhi  ma
da Gesù di Nazaret. Tra il logos del sistema (violenza, odio, omicidio) e il
logos di Gesù (amore), abbiamo scelto quest’ultimo.  «O ci orienteremo
sempre più verso la nonviolenza,oppure scompariremo», af­ferma uno dei
grandi pensatori del nostro tempo, René Girard. Non vogliamo distruggere
Babilonia, ma trasformarla dal di dentro perché diventi la città di Dio.Non
abbiamo imperi da abbattere, non abbiamo nemici da uccidere, ma solo persone
come noi da cambia­re. Sentiamo l’immenso compito di cambiare un mondo che
ci sta inesorabilmente portando alla morte. Ci impegniamo per­ché crediamo
che il Drago può diventare agnello, come ha fatto Francesco con il lupo di
Gubbio.E siamo in molti! In Italia abbiamo una notevole società civile
(minoranza, ma forte e organizzata). Credo di poter affermare che è la
migliore società civile d’Europa. Sarà questa società civile presen­te a
Genova, a dire no a questo sistema “con la forza sovversiva dei valori
maledetti”, come suonano le forti parole del teologo cattolico camerunese
Jean-Marc Ela.Questi valori ci spingono più che mai a trasgredire l’ordine
delle cose che si vuole imporre all’umanità come una fatalità. Per
ricostruire il legame sociale e “invertire il corso della sto­ria” dobbiamo
ritrovare tut­te le nostre capacità di dissidenza davanti all’arroganza del
modello trionfante.In un mondo dove tutto è merce, compresi gli esseri
umani, questo significa, come reclama già l’economista Karl Polany,
«risituare l’economia nella società».Tale è, all’alba del nuovo secolo, la
sfida maggiore che obbliga le nuove generazioni a ridefinirsi, ricordando il
celebre motto di Cheikh Hamidou Kane (l’autore senegalese dell’Ambigua
avventura): «Ogni ora che passa apporta un supplemento di fuoco al crogiuolo
dove fonde il mondo. Non abbiamo lo stesso passato, voi e noi, ma avremo lo
stesso avvenire, rigorosa­mente. L’era dei destini singolari è tramontata».