scontri a Bologna e a Genova



NONVIOLENZA
 
SCONTRI A BOLOGNA E A GENOVA
 
A Bologna, per rispondere a un provocatorio raduno di rappresentanti di estrema destra italiani ed europei, si è svolto sabato 13 maggio un lungo e pacifico corteo di migliaia di cittadini della sinistra bolognese.
Alcune decine di membri dei centri sociali sono venuti duramente in contatto con la polizia che giustamente proteggeva il raduno fascista.
"Il Sole 24 Ore" di domenica 14 maggio 2000 così dava la notizia:
"Scontri a Bologna tra la Polizia e il corteo dei centri sociali che protestava contro il raduno del movimento di estrema destra Forza Nuova. Feriti quattro agenti e tre manifestanti, mentre un govane è stato fermato."
Lo stesso copione si è ripetuto a Genova nella manifestazione contro Tebio
Il fatto che la sinistra, con tutte le sue buone ragioni, non abbia ancora scelto la nonviolenza come metodo di vita e di lavoro politico permette alla informazione della destra di ignorare la verità e di screditare nei lettori la realtà e la forza delle nostre idee.
In questo tipo di società e con questo tipo di informazione è fondamentale l'identificazione nonviolenta della sinistra se si vuole smascherare e battere la violenza secolare della destra.
 
Riportiamo l'ancora attuale proposta di Aldo Capitini, scritta nel 1963, che aveva come tema il necessario incontro tra nonviolenza e rivoluzione sociale in una società mondializzata retta da un potere la cui forza di repressione, di persuasione, di corruzione non ha avuto uguali nel corso della storia.
 
"PROPOSTA PER LA CREAZIONE DI UNA CORRENTE RIVOLUZIONARIA NONVIOLENTA:
 

1) La situazione politica italiana presenta un vuoto rivoluzionario: i partiti stanno o su posizioni conservatrici o su posizioni riformistiche, prive di tensione e di forza educatrice e propulsiva nelle moltitudini. Così si va perdendo anche l'esatta prospettiva che pone come finalità decisiva della lotta politica il superamento del capitalismo, dell'imperialismo, dell'autoritarismo.
Vi sono tuttavia delle minoranze che vedono chiaro, ma tali minoranze devono giungere ad un'azione organica nella situazione italiana, per cui, da una società dominata da pochi, si passi ad una società di tutti nel campo del potere, della economia, della libertà, della cultura.
2) La crisi dei movimenti operai e socialisti nell'attività politica e sindacale è dovuta principalmente al fatto che non si è saputo concordare dinamicamente la triplice finalità suddetta con la pratica quotidiana nella attuale democrazia.
3) Sarebbe un errore credere che la politica del neocapitalismo con le attrattive del benessere e la suggestione degli interventi paternalistici e provvidenziali riesca a cancellare dalle moltitudini la tendenza a possedere effettivamente il potere con tutte le sue responsabilità, a controllare tutte le decisioni pubbliche, a impedire realmente la guerra, a sviluppare la libertà e la cultura di tutti nel modo più fiorente.
La tenacia delle lotte sindacali, l'aumento dei voti dell'opposizione nelle ultime elezioni, lo sviluppo della lotta per la pace, la crescente energia delle pressioni studentesche per una riforma della scuola, provano che le moltitudini italiane non accettano gli equivoci offerti dalla classe dirigente.
4) Nello sviluppo del socialismo nel mondo è facile osservare che sono stati superati gli schemi dottrinari che attribuivano a una determinata ideologia, o ad un unico partito di ispirazione leninista la possibilità di intervento rivoluzionario, quando invece si vede che di tale possibilità ci si è valsi in altri luoghi con schemi, forme, forze e metodi del tutto diversi seppure orientati allo stesso fine.
E' opinione sempre più accettata che esiste una connessione stretta tra il metodo rivoluzionario adottato e il tipo di potere che segue alla conclusione vittoriosa della rivoluzione.
Anche in questo campo l'insufficienza del metodo leninista, e di altri metodi similmente imposti da minoranze alla maggioranza, è rivelata dalla crisi che ha contrapposto e contrappone in maniera più o meno drammatica la società civile al potere rivoluzionario e che è diventata l'elemento costante della vita politica degli stati così detti socialisti e degli altri stati sorti nel dopoguerra da moti sottoposti all'egemonia di minoranze.
La medesima crisi tra deficienza di potere civile delle masse e reale potere politico di gruppi ristretti è chiaramente visibile anche nella crescente e insolubile necessità in cui le democrazie parlamentari si trovano nel subire la pressione egemonica di gruppi di potere economici, politici, religiosi, agenti fuori dagli istituti civili e capaci di svuotarli sempre più della rappresentatività popolare, piegandoli ai loro interessi di minoranza.
Inoltre, nel nostro paese, come del resto in tutto l'occidente, la situazione è tale che tutti i vecchi metodi dell'opposizione popolare si rivelano inutilizzabili o insufficienti a mantenere una tensione rivoluzionaria che si costruisca progressivamente, nel suo sviluppo, gli adeguati strumenti pratici della sua applicazione.
5) Per queste ragioni siamo convinti che il metodo che deve essere assunto per la lotta rivoluzionaria è il metodo dell'attiva nonviolenza, nella articolazione delle sue tecniche, già attuate in altri paesi in lotte di moltitudini.
Riteniamo che questo metodo sia da accettare e da svolgere non soltanto per la sconvenienza e l'improduttività dei metodi violenti e la loro inaccettabilità da parte delle nostre moltitudini, ma sopratutto per il suo contenuto profondamente umano, all'altezza del migliore sviluppo della società civile moderna.
6) Questo metodo, che per essere visibilmente e politicamente efficace deve essere impugnato da un largo numero di persone, mostra con ciò stesso che è in grado di dare le più ampie garanzie di democraticità, di espressione delle forze dal basso, di insostituibile e mai sospendibile libertà delle più varie opinioni, di decentramento del potere nelle sue varie forme economiche, politiche, sociali, civili.
7) Con questo metodo è possibile dare inizio alla formazione di organismi e istituzioni dal basso che concretino tali garanzie, prefigurando e preparando la complessa società socialista o società di tutti.
I rivoluzionari violenti con i loro metodi non sono capaci di realizzare tali organismi e istituzioni, e ne rimandano l'attuazione a dopo la conquista del potere, con atto autoritario che ne infirma la democraticità, o vi rinunciano, vista l'impossibilità di usare la violenza, cadendo i dirigenti nell'inerzia e le moltitudini nello scetticismo.
8) Nell'attuale momento, crediamo che come prima fase un intervento nella situazione italiana che segua questo orientamento possa prendere la forma di "corrente" con "gruppi" operanti dentro e fuori le attuali associazioni politiche, sindacali, culturali, etico-religiose.
Questi gruppi potranno operare coordinatamente secondo piani che saranno stabiliti dai gruppi stessi nei loro incontri.
9) Possiamo definire così gli obiettivi finali di tutto il lavoro: la costituzione di una società socialista la cui organizzazione economica, politica, civile e culturale sia continuamente sotto il potere e il controllo di tutti, nella libertà di informazione, di associazione e di espressione, manifestazione e promovimento costante di apertura ad una società universale socialista nonviolenta.
10) Obiettivi immediati di transizione a questa finalità sono:
a) la diffusione delle tecniche della nonviolenza da applicare a tutte le lotte politiche e sindacali;
b) l'opposizione alla preparazione e alla esecuzione della guerra;
c) la convergenza sul piano rivoluzionario nonviolento dei lavoratori, degli studenti e delle loro associazioni di qualsiasi ideologia;
d) la rapida costituzione di centri di orientamento sociale aperti, in periodiche riunioni, a tutti e alla discussione di tutti i problemi della vita pubblica;
e) la formazione di consulte rionali o di villaggio elette da tutti i cittadini per il controllo e la collaborazione nei riguardi delle amministrazioni locali;
f) favorire in tutte le aziende l'organizzazione di consigli operai e contadini, eletti da tutti indipendentemente dalle organizzazioni politiche e sindacali, con il compito di seguire i problemi delle singole aziende e di portare i lavoratori al possesso delle tecniche del controllo sulla produzione e sulla pianificazione democratica, da utilizzare nella lotta per la società socialista; sulla base di questi consigli dovrà essere ricostituita l'unità sindacale, aperta a tutte le correnti;
g) impostazione di una riforma della scuola per cui tutti gli istituti scolastici a tutti i livelli siano organizzati con spirito comunitario e controllati da consigli degli studenti e dei professori;
h) sollecitare gli enti pubblici a fondare giornali quotidiani e settimanali con assoluta obiettività di informazione;
i) promuovere la costituzione di centri cooperativi culturali dal basso per l'educazione degli adulti nel campo della divulgazione dei valori artistici, scientifici, storici ecc. sottraendoli alle manipolazioni autoritarie o di parte.
11) Noi pensiamo che una corrente rivoluzionaria nonviolenta debba richiedere ai suoi aderenti un comportamento manifestamente concorde alla finalità socialista, realizzando tra l'altro il principio che ogni eletto a qualsiasi carica, sia della corrente sia di ogni altro organismo, possa essere dispensato dal suo incarico nei periodici incontri con i suoi elettori; dedicando ad iniziative pubbliche orientate in senso socialista la massima parte del proprio bilancio privato, non partecipando al possesso di beni che comportino lo sfruttamento dei lavoratori.
12) A coloro che non scorgessero differenza tra la nostra impostazione e quella democratica parlamentare teniamo a far presente quanto limitata sia la democraticità parlamentare, lontana dalla volontà attiva e quotidiana di tutti i cittadini, e quanto invece è complessa e diretta la presenza di tutti negli organismi da noi propugnati, atti a superare continuamente i privilegi e il potere dei pochi.
13) A coloro che obiettassero che la pianificazione economica sociale di uno stato moderno non può essere che centralistica e autoritaria, rispondiamo che la pianificazione può e deve essere accompagnata dall'esistenza di organi popolari che ne rendano possibile la preparazione, il controllo della esecuzione e la revisione.
Questi organi sono l'unica garanzia che l'autoritarismo della pianificazione non si trasferisca nell'autoritarismo di tutto l'apparato statale, come ha dimostrato l'esperienza sovietica.
Questi organi, infatti, continuando l'azione già svolta nella situazione di economia privatistica dai consigli dei lavoratori, dovranno svilupparsi fino a diventare i protagonisti del mondo produttivo socialista nei due settori pubblico e cooperativo di autogestione.
14) La garanzia che la società socialista nonviolenta dà alla libera funzione delle correnti ideologiche e dei partiti deve avere come unica contropartita la libera espressione, all'interno delle correnti e dei partiti stessi, dei pareri dei singoli e dei gruppi.
15) Nella politica intemazionale attuale la nostra posizione è, oltre che di lotta per la pace - primo ed urgente obiettivo, - di pieno appoggio a tutti coloro che lottano contro il capitalismo, l'imperialismo, l'autoritarismo; di aiuto incondizionato ed immediato a tutti i popoli sottosviluppati da concretarsi in grandi piani di collaborazione; e nella diffusione dei nostri metodi nonviolenti per il raggiungimento dei fini comuni.