[Nonviolenza] Il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio Enrico Panunzi ricorda Alfio Pannega. E lo ricordano anche Luciano Bernabei, Luisa Ciambella, Antonella Litta, Stefano Polacchi, Sergio Insogna



IL VICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL LAZIO ENRICO PANUNZI RICORDA ALFIO PANNEGA. E LO RICORDANO ANCHE LUCIANO BERNABEI, LUISA CIAMBELLA, ANTONELLA LITTA, STEFANO POLACCHI, SERGIO INSOGNA

Sempre nuove testimonianze si aggiungono al ricordo di Alfio Pannega (Viterbo, 21 settembre 1925 - 30 aprile 2010), il poeta viterbese antifascista nonviolento di cui ricorre quest'anno il centenario della nascita.
Di seguito riportiamo quelle del vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio Enrico Panunzi; di Luciano Bernabei che con Alfio e' stato fondamentale animatore dell'esperienza del "Centro sociale occupato autogestito Valle Faul"; della consigliera comunale di Viterbo Luisa Ciambella; della dottoressa Antonella Litta dell'"Associazione medici per l'ambiente"; di Stefano Polacchi caporedattore della prestigiosa rivista "Il gambero Rosso"; del pubblico amministratore emerito ed attualmente volontario di "Viterbo con amore" Sergio Insogna.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega opponiamoci a tutte le guerre e tutte le uccisioni.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega difendiamo i diritti umani di tutti gli esseri umani, e soccorriamo, accogliamo, assistiamo ogni persona bisognosa di aiuto.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega rispettiamo e salvaguardiamo quest'unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera, quest'unico mondo vivente di cui tutte e tutti siamo parte e custodi.

Le amiche e gli amici di Alfio Pannega impegnati nelle commemorazioni in occasione del centenario della nascita

Viterbo, 12 maggio 2025

Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com

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Enrico Panunzi ricorda Alfio Pannega

Quindici anni fa ci lasciava Alfio Pannega.
Ma la verità è che figure come la sua non se ne vanno mai davvero. Restano nella memoria collettiva, nei vicoli della città che ha amato, nelle battaglie che ha combattuto con fermezza e gentilezza, nella poesia che sapeva intrecciare con la vita quotidiana, nei gesti semplici e nei grandi ideali.
Alfio è stato un simbolo della Viterbo popolare, solidale, resistente. Un uomo buono. Di quella bontà rara e coraggiosa che non fa rumore, ma che incide, che lascia il segno. Una bontà fatta di ascolto, di attenzione agli ultimi, di presenza costante e sincera. Si è speso, ogni giorno, per la pace, per i diritti di tutti gli esseri umani, per la giustizia sociale, per la difesa del mondo vivente. Senza mai cercare visibilità. Antifascista, nonviolento, poeta, militante, ma prima di tutto umano. Nel senso più profondo, più alto e più semplice della parola.
In un mondo che spesso corre senza fermarsi, Alfio rappresentava un punto fermo. Un argine alla disumanità, un richiamo alla responsabilità, alla partecipazione, al rispetto della dignità altrui.
Ho avuto modo di conoscerlo, anche se non c'è mai stata una frequentazione assidua. Eppure la sua figura era talmente presente, riconoscibile, viva nella comunità cittadina che in fondo, per molti di noi, è sempre stato un volto familiare.
Quest'anno ricorrono anche i cento anni dalla sua nascita. Un secolo da quando è venuto al mondo, e già allora - ne sono certo - portava con sé quella luce che lo avrebbe reso una figura diversa, scomoda, ma indispensabile. E oggi più che mai, in un tempo che ha bisogno di memoria e di futuro insieme, il suo esempio continua a parlarci. E a chiedere di non essere dimenticato.

Enrico Panunzi, vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio

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Luciano Bernabei: Due ricordi straordinari del nostro Alfio
 
Oltre le cose che ho scritto nel mio ricordo che e' stato letto in occasione della commemorazione del 27 aprile scorso, mi sono poi tornati in mente due ricordi straordinari del nostro Alfio, che lui stesso mi racconto'.
Un ricordo del tempo di guerra: Alfio andava col carretto a prendere il travertino al Bullicame per poi portarlo al nonno di Gigi che lo cuoceva nella fornace e ne ricavava la calce spenta. Durante la guerra bombardarono le terme e l'aeroporto militare, ed alcuni suoi amici si ripararono in un ricovero di fortuna: sotto il bombardamento morirono in tredici, ma uno pur gravemente ferito sopravvisse, ed Alfio lo prese e lo portò con il carretto all'ospedale salvandogli la vita.
Un altro dei tanti episodi: era quando "non facendosi gli affari suoi" e padroneggiando gli anfratti più disparati di valle Faul trovò dei libri di inestimabile valore, e sapendo che erano stati rubati, sprezzante del pericolo cui si esponeva, li restituì immediatamente.

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Luisa Ciambella ricorda Alfio Pannega

In una città come Viterbo, dove la storia si respira nelle pietre e nei silenzi, alcuni nomi restano scolpiti nella memoria collettiva non per titoli o incarichi, ma per la forza della loro presenza. Alfio Pannega è uno di questi.
Uomo fuori dagli schemi, voce autentica del popolo, Pannega è stato molto più di un poeta, un attivista, un militante: è stato un simbolo della nostra comunità, un volto familiare per intere generazioni, un'anima libera che ha scelto di vivere senza filtri, con dignità e spirito critico.
La sua figura, talvolta ruvida, sempre sincera, ha saputo rappresenta un punto di riferimento per la cultura popolare viterbese. Un punto di riferimento umano per chi cercava una Viterbo diversa: più consapevole, più attenta agli ultimi, più viva. Il suo impegno, la sua poesia e le sue battaglie continuano a parlarci, a ricordarci quanto sia importante custodire la memoria di chi ha saputo lasciare un segno, anche senza indossare medaglie.
Ricordare Alfio Pannega oggi significa tenere accesa una luce di autenticità in un tempo che troppo spesso dimentica.

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Antonella Litta ricorda Alfio Pannega

Ho fatto la conoscenza del Centro sociale autogestito Valle Faul, mi pare nell'ormai lontano 2003.
Questa conoscenza e frequentazione nacque dal fatto che il centro sociale fu il luogo dove si tennero le prime riunioni di quello che poi sarebbe diventato il comitato di opposizione alla realizzazione del mega-aeroporto a Viterbo, comitato che assunse il nome Coipiediperterra e del quale poi divenni anche portavoce.
Il centro sociale per come  e dove ubicato, per le persone che lo frequentavano, per le caratteristiche anche di quelli che erano gli spazi interni ed esterni mi incuriosì subito e quindi cominciai a frequentarlo non soltanto per le riunioni periodiche e relative alle attività del comitato Coipiediperterra ma anche per tante altre iniziative di tipo culturale che vi si svolgevano,  tra cui momenti conviviali, concerti, spazi di approfondimento e di lettura politica degli accadimenti cittadini, nazionali e mondiali.
Le esperienze che ho più condiviso sono state appunto queste di studio e di realizzazione di iniziative in opposizione sempre a questo progetto che avrebbe sacrificato la città, distrutto l'ambiente (con la preziosa area del Bulicame) e reso ancora più vulnerabile la salute degli abitanti dell'Alto Lazio.
Ho condiviso anche tante iniziative tra cui l'impegno del CSA nella realizzazione di un  grande concerto a sostegno, e in collaborazione con l'associazione La loKomotiva di Rieti, per la raccolta di fondi da destinare alla realizzazione di pozzi per l'acqua, con accesso gratuito, in tante aree poverissime dell'Africa e anche dell'America Latina.
Conoscere il centro sociale le sue attività è stato un tutt'uno con il conoscere e venire in contatto con Alfio Pannega.
Mi incuriosì questa presenza di una persona tanto avanti negli anni in un centro che pullulava di ragazzi giovani e anche giovanissimi. La prima impressione, guardando Alfio in mezzo a tutti questi giovani, fu quasi quella di trovarmi di fronte a un quadro di Van Gogh e questo soprattutto per i colori dei capi che indossava: il cappello, la sciarpa, i guanti, il cappotto.
Colori estremamente intensi e accesi che andavano a ravvivare il suo viso di uomo con la barba bianca, le rughe profonde, quindi un contrasto tra tutto ciò che intorno al suo volto esprimeva esplosioni di colori e questo bel volto di vecchio. Un volto attento, riflessivo, pensante, un volto che era illuminato da due occhi azzurri e scintillanti e sempre da un tenue e timido sorriso appena accennato.
Del rapporto di Alfio con la città ovviamente allora ne sapevo poco vivendo in un'altra cittadina viterbese.
Imparai con il tempo a conoscere, intuire il rapporto che aveva Alfio con la sua città.
Compresi un po' alla volta, e con un senso di borghese sorpresa, come Alfio esprimesse proprio la Viterbo migliore, quella più attenta ai giovani, quella più attenta alla cura e allo stupore nei confronti della natura, quella più attenta a tutti e ciascuno.
Alfio aveva l'attenzione dell'osservatore ed ascoltatore, curioso, attento, paziente e non giudicante.
Di quello che non rivendica la parte di protagonista sulla scena.
Quella attenzione che dovrebbe essere la cifra di un governo sano di ogni città.
L'attenzione ai più giovani, agli anziani, ai più fragili, alla cura della bellezza di una città che sta anche nel mantenerla pulita e bella, nel conservarne ed ampliarne il patrimonio boschivo, le aree verdi cittadine che sono così importanti nel dare dignità, bellezza e salute a tutti, anche agli animali che in queste aree vivono e trovano ancora rifugio.
Cose per Alfio semplici da realizzare perché già realizzate nel suo modello di vita.
Sarebbe stato in verità un ottimo sindaco per la città e per  tutti.
Del rapporto di Alfio con le persone che incontrava, e quindi in questo caso con i giovani, mi colpiva la sua instancabile voglia di partecipare, anche quando le sue condizioni fisiche non erano proprio al massimo.
Grande era la sua voglia di stare insieme, non come una persona che in qualche modo vuole dirigere, dà consigli e quant'altro, ma come persona che vuole stare in mezzo, partecipare del problema e della soluzione corale, della gioia della convivialità, di condividere con scherzosa leggerezza qualche pezzo di quella giovinezza che gli era stata tolta brutalmente e ora sembrava che non gli appartenesse più, ma solo per via dell'anagrafe.
Il suo essere giovane con i giovani era la sua  estrema capacità di rimanere sempre curioso e anche capace di scherzo ed ironia, a cominciare da quella che poteva essere esercitata sulla sua persona.
La sua curiosità si manifestava in tante espressioni: quelle teatrali, quelle musicali, quelle di studio, quelle politiche, che hanno caratterizzato la vita del centro sociale anche come un momento di grande aggregazione.
Il centro sociale era diventato il punto di riferimento anche per tante persone fragili e in difficoltà economiche, e spesso, di conseguenza, anche dal punto di vista relazionale, sociale, e culturale. Quelli che Papa Francesco ha definito molto bene come scarti, come le pietre di scarto ma che poi, invece, diventano pietre d'angolo.
Ripensando all'esperienza del CSA la vedo ora come una fornace di pietre d'angolo di cui Alfio era mantice.
Poi con il passare degli anni il suo atteggiamento mite è diventato ancora più mite.
Ricordo che era molto felice di accogliere consigli per la sua salute, consigli per migliorare un pochino la sua situazione fisica in generale.
Accoglieva questa attenzione con grande gioia e questo l'ho sperimentato anche da un punto di vista medico quando ho avuto l'occasione di visitarlo e di accompagnarlo in qualche visita specialistica.
Lui era veramente felice, come un bambino, per questa attenzione e cura che gli si dedicava.
Rispetto poi al rapporto che aveva, oltre che con le persone, anche coi suoi amati e tanti animali, c'era questo grande sentimento di responsabilità, del prendersene cura.
Prima di tutto, mattino e sera, si doveva provvedeva a far mangiare cani e gatti, e poi pensava alla sua persona.
Ecco, questo mi ha sempre molto colpito e quando alla mattina anche a me capita di mettere da mangiare a qualche gatto che passa nomade nel mio piccolo giardino, penso sempre a lui, a questa grande responsabilità di dover prendersi prima di tutto, cura di questi esseri viventi che dipendono in parte dalla nostra responsabilità e dal nostro affetto.
La stessa cosa era vera per le piante di cui era un grande conoscitore e vero botanico da laurea Honoris Causa. Una conoscenza del mondo vegetale che gli veniva fin dall'infanzia e coltivata sino alla tarda età. Conosceva anche tante erbe medicali che potevano essere di aiuto nel prevenire e trattare tante malattie.
Alfio era un portatore di questo sapere antico che si va perdendo e in parte si sta riscoprendo ma senza il carattere della trasmissione gratuita da una generazione all'altra, in un mondo medicalizzato quasi totalmente dalla chimica.
Subito dopo la preoccupazione del dar mangiare agli animali c'era quella di dare l'acqua, di innaffiare le piante. In queste sue incombenze mattutine e serali c'era tutto il suo atteggiamento di relazione e al tempo stesso di custodia.
In quest'anno che celebra Il centenario della sua nascita, mi capita sovente, nelle scuole dove tengo incontri in tema di ambiente e salute, di presentarlo come una persona di riferimento per quanto riguarda amore, conoscenza e difesa della natura, come esempio di pioniere e intuitore di un'ecologia pratica ed amorevole.
Rispetto al suo essere poeta, al suo fare della poesia uno strumento di conoscenza di quelle che sono le caratteristiche più profonde dell'animo umano, ricordo che era un profondo conoscitore della Divina Commedia, un'opera che svela gli abissi più profondi come quelli più alti dell'umanità tutta.
L'amore per lo studio della letteratura e della poesia lo caratterizzava, di quello studio che troppo presto gli era stato negato quando dovette abbandonare giovanissimo la scuola per cominciare a lavorare.
Il suo scrivere poesie, il suo cantare a braccio, il suo senso del possesso ma solo ed esclusivamente per i suoi amati libri, il suo continuo esortare i giovani a studiare con amore, ci rimandano ad un'immagine di Alfio protagonista del processo di crescita dell'umanità, del suo affrancarsi dai soli istinti animali.
Una sola umanità che dovrebbe crescere cercando la convivialità, cercando la cooperazione invece che la competizione, con una costante apertura all'altro, fatta non per dovere e per legge ma perché quella apertura ci torna indietro come arricchimento, tenerezza, gentilezza e  generosità, svelandoci così il volto più bello dell'essere umano.
Sicuramente nella sua grande semplicità ed umiltà Alfio non sapeva di essere e rappresentare tutto questo, ma in verità questo era.
Mi sono trovata molte volte a ricordare la figura di Alfio.
Questo è capitato anche parlando con don Dante Bernini che l'aveva conosciuto all'epoca della sua giovinezza e aveva intessuto un rapporto di amicizia e sostegno con Alfio e sua madre. Un rapporto di reciproco arricchimento, come diceva il vescovo don Dante.
Una speciale relazione di amicizia tra pari, seppure provenienti da mondi diversi e a prima vista molto lontani, dalla quale entrambi avevano imparato a camminare ancor di più e con passo saldo sulla via dell'umanizzazione per sé e per gli altri. Don Dante mi parlava di Alfio con grande affetto e sincera simpatia e ne apprezzava le doti di poeta insieme alle sue ironiche, giocose ed eroiche imprese divenute poi quasi leggenda nella città di Viterbo.
Quello che ci lascia in eredità Alfio, come don Dante Bernini e altre persone che ho avuto l'onore e la gioia di incontrare e frequentare, e che ora non ci sono più, come Osvaldo Ercoli, Maria Virgini, Teresa Blasi, Delfino Santaniello, è il loro essere stati in modo positivo e costruttivo dentro le pieghe più fragili, dolorose ma anche gioiose della città di Viterbo. Persone come loro e come tante altre, che non ho conosciuto e non conosco, costituiscono e rinnovano costantemente quello che si può definire il tessuto connettivo cittadino. Una struttura forte che fa da impalcatura, dà sostegno e vita buona e solidale a tutta la città anche se questa non se ne accorge, anche se spesso la nega e silenzia, ma che nonostante tutto esiste e permette alla città che sostiene di continuare a vivere e ad elevarsi in dignità umana.
Grazie Alfio per la tua vita.

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Stefano Polacchi: Alfio ci saluta e ci sorride sul suo cartone volante

Come in un quadro di Chagall, Alfio Pannega e la Caterina, sua mamma, viaggiano su un cartone volante sopra i cieli della città, passano sopra alle mura, Alfio indica quella che era la sua casetta a ridosso di Porta Faul e insieme fluttuando tra le nuvole si avviano verso il campanile del Duomo e la loggia del Palazzo Papale...
Il primitivismo onirico dell'artista russo riesce a dare corpo al ricordo di Alfio di cui riesco a rivedere il viso, la barbetta incolta, le rughe, i cartoni che si trascinava dietro, il suo barcollare a sera di stanchezza e forse un po' anche di vino. La Caterina, invece, resta nella memoria solo come un racconto ascoltato in luoghi e da voci e sensibilità differenti, ma sempre con la calata viterbese.
Alfio "il clochard" e sua mamma, Caterina "la zingara", sono due pilastri della metafisica sentimentale della mia Viterbo. Lui lo si incontrava ogni tanto a sera, sempre sorridente, a volte un incazzato tra sé e sé. Era una figura rassicurante, lontano da "noi" ma fatto della stessa pasta umana. Con lui ci si sentiva vicini pur essendo assolutamente distanti. Sua madre appartiene per me invece al mito. Il racconto che torna spesso nel ricordo è di lei sul Corso, davanti al Caffè Schenardi, quando si fermava a vendere le sue violette all'ora dell'aperitivo, quando i borghesi e "l'elite" benpensante cittadina all'ora dell'aperitivo, dopo la messa. Caterina chiede alla moglie del Prefetto se desidera una violetta, gliela porge dal suo paniere in vimini. La signora si chiude sulle sue, si gira verso il marito e fa: "Ma che puzza!". La Caterina le guarda e con un sorriso le risponde ad alta voce: "Il culo te puzza!". Ecco, una eroina popolare e ruvida che fa quasi da controcanto alla Santa Rosa del culto popolare: la giovinetta malandata che viene rappresentata sul culmine di Porta Romana "co' le palle mal grembo", le palle dei cannoni di Federico II da cui avrebbe difeso la città papalina, versus la matura popolana che non le manda a dire e raddrizza l'arroganza della benpensante in pelliccia. Un confronto che porta quasi a pensare quale delle due abbia fatto di più per Viterbo.
Ma lasciamoci con un sorriso queste storie alle spalle. Resta l'immagine di mamma e figlio sul loro cartone volante, un sogno, una favola che rende più solare questa cittadina di pietra grigia e chiusa nelle sue mura.

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Sergio Insogna: Un piccolo pensiero per Alfio

Ho conosciuto Alfio da ragazzo quando andavo dal Pilastro a Pianoscarano per allenarmi con la squadra di calcio di quel quartiere.
Ricordo ancora oggi con simpatia il giorno che lo vidi arrampicato sulle mura cittadine e gli chiesi: Alfio che fai pulisci le mura dalle erbacce? Lui si girò e con veemenza ed in maniera decisa mi disse: Ma che erba ed erba! questi sono capperi. Mi venne spontaneo chiedergli che cosa fossero i capperi, e lui di rimando mi disse una frase di questo tipo: non sai cosa sono i capperi, voi giovani studiate studiate e non capite niente! e poi iniziò a sciorinare tutta una serie di benefici alimentari e sanitari di questi suoi preziosi capperi.
Rimasi un po' interdetto da quello che mi aveva detto: era passato dalla veemenza iniziale ad una amorevole e circostanziata descrizione di questo suo tesoro che le mura cittadine gli fornivano.
Però rimasi affascinato da quel suo modo di fare schietto, sincero ma amorevole, nei giorni e nei mesi successivi percorrendo sempre la stessa strada per andare a Pianoscarano non vedevo l'ora di incontrare e salutare Alfio, qualche volta parlava un po' con me e mi raccontava della sua adorata madre, della sua indigenza, del suo amore per gli animali e la natura, della guerra, dei libri e delle poesie, di quanto avesse sofferto, di quanto lui amasse Viterbo ed anche i giovani.
Mi ricordo tra le altre cose che un giorno mi disse: ricordati che la vita è la vera insegnante, è da lei che impari tanto e non ci sono scuole che tengano.
A me Alfio appariva un personaggio tenero, non ho mai pensato che fosse un debole, lo consideravo forte, volitivo e coraggioso.
Io l'ho sempre visto come un personaggio  a colori, ecco perché l'ho riportato a colori nella mia piccola mostra grafica dedicata a lui il giorno 8 maggio. Ho avuto anche il piacere di realizzare il nuovo logo dell'Emporio Solidale di Santa Barbara a lui intitolato.
Secondo me lui ha vissuto a colori, passando dai colori più scuri e bui, a quelli più luminosi ed accesi, e questa cosa per me è fantastica e quasi unica.
Ricordare Alfio Pannega significa anche ricordare una città che non c'è più, i luoghi che lui frequentava ormai sono cambiati del tutto, ricordo quando veniva alle giostre a piazzale Gramsci, la Valle Faul era il suo regno, lo vedevi in tutte le piazze e le vie del centro storico e la gente lo riconosceva come un interlocutore affabile, educato ed acculturato, ora il centro storico è in uno stato di coma speriamo non irreversibile.
Dal giorno 8 maggio 2025 si può affermare che abbiamo dato ad Alfio una nuova casa presso l'Emporio Solidale, presso lo Spazio Giovani, grazie all'associazione  Viterbo con Amore, al Comune ed ai suoi amici storici, e penso anche che da questa nostra iniziativa e dalle altre successive, fatte insieme ai suoi amici di sempre, speriamo che ci sia anche il Comune di Viterbo, sia iniziata una rinascita civica, umana e culturale che gli rende giustizia e faccia capire tutto il valore e l'importanza di questo personaggio ormai storico della città di Viterbo.
Un abbraccio fraterno a tutti voi e sempre W Alfio.

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Alcune prossime iniziative pubbliche in ricordo di Alfio Pannega a Viterbo nel mese di maggio

- Il 16 maggio per iniziative del "Tavolo per la pace" si svolgera' a Viterbo un convegno nazionale per la pace con la partecipazione di autorevolissime personalita'; nel corso del convegno e' previsto un ricordo di Alfio Pannega a cura di Pietro Benedetti.
- Il 25 maggio nel corso del festival del volontariato "Viterbo citta' a colori" per iniziativa di "Viterbo con amore" sara' allestito uno stand dedicato, esposta una mostra fotografica e realizzata un'iniziativa in memoria di Alfio Pannega.
- Il 31 maggio nel corso del consueto incontro settimanale dell'Afesopsit sara' ricordato Alfio Pannega.
- In maggio inizia anche la raccolta di fondi per la pubblicazione della seconda edizione ampliata del libro di e su Alfio Pannega "Allora ero giovane pure io".
Su tutte queste iniziative saranno diffuse prossimamente informazioni piu' dettagliate; fin d'ora s'invita ogni persona interessata a partecipare.

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Altre altre iniziative commemorative di Alfio Pannega in programma nei prossimi mesi

Tra le molte altre iniziative proposte, da realizzare nei prossimi mesi, segnaliamo in particolare le seguenti:
- Rappresentazione, particolarmente nelle scuole, dello spettacolo teatrale "Allora ero giovane pure io", ad Alfio Pannega dedicato.
- Raccolta e catalogazione della documentazione di e su Alfio Pannega (fotografie, registrazioni audio e video, manoscritti e memorabilia, testimonianze e omaggi) attualmente dispersa tra varie persone, associazioni ed istituzioni per costituire un "Archivio Alfio Pannega" di pubblica consultazione.
- Realizzazione di una mostra multimediale da esporre dapprima a Viterbo e poi anche altrove.
- Realizzazione di un concerto e/o di una festa popolare.
- Realizzazione di una pubblicazione che riprenda, consistentemente ampliandolo ed arricchendolo, il volume di e su Alfio Pannega gia' edito nel 2010.
- Realizzazione di iniziative commemorative nelle scuole, all'universita', nelle biblioteche e nei centri culturali, di aggregazione sociale e d'impegno civile.
- Realizzazione di un sito internet ad Alfio Pannega dedicato, e realizzazione altresi' di pagine web ad Alfio Pannega dedicate nei siti di varie associazioni ed istituzioni che siano interessate e disponibili ad ospitarne la memoria.
- Per l'11 luglio (anniversario della nascita nel 1993 del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul") realizzazione di una giornata d'iniziative commemorative di Alfio, che del centro sociale e delle sue attivita' solidali e nonviolente fu cuore pulsante e luminoso testimone.
- Per il 21 settembre (centenario della nascita) realizzazione di una commemorazione pubblica preferenzialmente a Palazzo dei Priori (nella cui Sala Regia Alfio Pannega su invito del Comune tenne una indimenticabile "lectio magistralis" nel 2010).
- Collocazione di una lapide commemorativa sulla facciata della casa a ridosso di Porta Faul in cui Alfio visse a lungo.
- Intitolazione di un luogo pubblico ad Alfio Pannega (ad esempio in uno spazio ancora privo di denominazione specifica nell'area di Valle Faul).
- Realizzazione di una "Casa-museo Alfio Pannega" (in cui eventualmente potrebbe essere conservato anche l'"Archivio Alfio Pannega"), preferenzialmente nella casa a ridosso di Porta Faul in cui Alfio visse a lungo (o in uno degli altri edifici recentemente recuperati e ristrutturati siti in Valle Faul).

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Una minima notizia su Alfio Pannega

Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna a ridosso ed entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010, a cura di Antonello Ricci e Alfonso Prota): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti.
Molte fotografie di Alfio scattate da Mario Onofri, artista visivo profondo e generoso compagno di lotte che gli fu amico e che anche lui ci ha lasciato anni fa, sono disperse tra vari amici di entrambi, ed altre ancora restano inedite nell'immenso, prezioso archivio fotografico di Mario, che tuttora attende curatela e pubblicazione.
Negli ultimi anni il regista ed attore Pietro Benedetti, che gli fu amico, ha sovente con forte empatia rappresentato - sulle scene teatrali, ma soprattutto nelle scuole e nelle piazze, nei luoghi di aggregazione sociale e di impegno politico, di memoria resistente all'ingiuria del tempo e alla violenza dei potenti - un monologo dal titolo "Allora ero giovane pure io" dalle memorie di Alfio ricavato, personalmente interpretandone e facendone cosi' rivivere drammaturgicamente la figura.
La proposta di costituire un "Archivio Alfio Pannega" per raccogliere, preservare e mettere a disposizione della collettivita' le tracce della sua vita e delle sue lotte, e' restata fin qui disattesa.
Alcuni testi commemorativi sono stati piu' volte pubblicati sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino", ad esempio negli "Archivi della nonviolenza in cammino" nn. 56, 57, 58, 60; cfr. anche il fascicolo monografico dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 265 ed ancora i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" nn. 907-909, 1172, 1260, 1261, 1272, 1401, 1622-1624, 1763, 1971, 2108-2113, 2115, 2329, 2331, 2334-2335, 2476-2477, 2479, 2694, 2833, 3049, 3051-3052, 3369-3373, 3448, 3453, 3515-3517, 3725, 4089-4091, 4235-4236, 4452, 4455-4458, 4599-4601, 4819-4821, 4962-4965, 5184-5187, 5328, 5331, 5470, 5477, 5485, 5487, 5489, 5501-5503, 5505, 5507, 5513-5514, 5516-5518, 5523, 5526, 5528, 5530-5531, 5534, 5538, 5540-5543, 5545-5563, i fascicoli di "Coi piedi per terra" n. 546 e 548-552, e "Voci e volti della nonviolenza" nn. 687-691, 754-755, 881, il fascicolo di "Ogni vittima ha il volto di Abele" n. 170, i fascicoli di "Una persona, un voto" nn. 88-90, 206, 209, i fascicoli de "La domenica della nonviolenza" nn. 420 e 511, i fascicoli de "La nonviolenza contro il razzismo" nn. 202-206, 213, 437-438, 445-446, i fascicoli de "La biblioteca di Zorobabele" nn. 430-433.

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