[Nonviolenza] Telegrammi. 5548



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5548 del 27 aprile 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Aldo Capitini: La mia opposizione al fascismo
2. Domenica 27 aprile: Viterbo ricorda Alfio Pannega. Il messaggio dell'associazione "Erinna" ed altri ricordi
3. Ripetiamo ancora una volta...
4. Segnalazioni librarie
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. MAESTRI. ALDO CAPITINI: LA MIA OPPOSIZIONE AL FASCISMO
[Nuovamente riproponiamo il seguente articolo di Aldo Capitini originariamente apparso su "Il ponte", anno XVI, n. 1, gennaio 1960, disponibile anche nel sito www.nonviolenti.org]

Non e' facile elevarsi su quel patriottismo scolastico che ci coglie proprio nel momento, dai dieci ai quindici anni, in cui cerchiamo un impiego esaltante delle nostre energie, una tensione attiva e appoggiata a miti ed eroi.
Quaranta anni successivi di esperienza in mezzo ad una storia movimentatissima ci hanno ben insegnato due cose: che la devozione alla patria deve essere messa in rapporto e mediata con ideali piu' alti e universali; che la nazione e' una vera societa' solo in quanto risolve i problemi delle moltitudini lavoratrici nei diritti e nei doveri, nel potere, nella cultura, in tutte le liberta' concretamente e responsabilmente utilizzabili.
Quella "patria" che la scuola ci insegno', che era del Foscolo e del Carducci, e diventava del D'Annunzio e del Marinetti, non poteva essere il centro di tutti gli interessi; e percio' potei essere nazionalista tra i dieci e i quindici anni, ma non poi restarlo quando vidi la guerra in rapporto, meno con la nazione, e piu' con l'umanita' sofferente e divisa; quando dalla letteratura vociana e di avaguardia salii (da autodidatta e piu' tardi che i coetanei) alla piu' strenua, vigorosa, e anche filologica classicita', vista nei testi latini, greci e biblici, come valori originali; quando portai la riflessione politica, precoce ma intorbidata dall'attivismo nazionalistico, ad apprezzare i diritti della liberta' e l'apertura al socialismo come cose fondamentali, insopprimibili per qualsiasi motivo.
Umanitario e moralista, tutto preso dalla ricostruzione della mia cultura (eseguita tardi ma con consapevolezza) e anche dal dolore fisico, il dopoguerra 1918-'22 mi trovo' del tutto estraneo al fascismo, anche se avevo coetanei che vi erano attivissimi: non sentii affatto l'impulso ad accompagnarmi con loro. Anzi, mi permettevo nella mia indipendenza, di leggere la "Rivoluzione liberale", di offrire lieto il mio letto ad un assessore socialista cercato dagli squadristi, e la mattina della "Marcia su Roma" sentii bene che non dovevo andarci, perche' era contro la liberta'.
Certo, per chi e' stato, purtroppo (e purtroppo dura ancora), educato a quel tal patriottismo scolastico, per chi non ha potuto nell'adolescenza non assorbire del dannunzianesimo e del marinettismo, qualche volta il fascismo poteva sembrare un qualche cosa di energico, di impegnato a far qualche cosa; e comprendo percio' le esitazioni e le cadute di tanti miei coetanei, che hanno come me press'a poco gli anni del secolo.
Se io fui preservato e salvato per opera di quell'evangelismo umanitario-moralistico e indipendente, per cui non ero diventato ne' cattolico (pur essendo teista) ne' fascista, e preferii rinunciare alla politica attiva, a cui pur da ragazzo tendevo, scegliendo un lavoro di studio, di poesia, di filosofia, di ricerca religiosa; tanti altri, anche per il fatto di essere stati in guerra (io ero stato escluso perche' riformato), lungo il binario del patriottismo, del combattentismo, dello squadrismo, videro nel fascismo la realizzazione di tutto.
Queste mie parole sono percio' un invito a diffidare del patriottismo scolastico, che puo' portare a tanto e a giustificare tanti delitti, e un proposito di lavorare per un'educazione ben diversa. Questa e' dunque la prima esperienza che ho vissuto in pieno: ho potuto contrastare al fascismo fin dal principio perche' mi ero venuto liberando (se non perfettamente) dal patriottismo scolastico; esso fu uno degli elementi principalmente responsabili dell'adesione di tanti al fascismo.
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Ed ora vengo alla seconda esperienza fondamentale. Si capisce che mentre il fascismo si svolgeva, quasi insensibile com'ero alla soddisfazione "patriottica", mi trovavo contrario alla politica estera ed interna. Per l'estero io ero press'a poco un federalista, e mi pareva che un'unione dell'Italia, Francia, Germania (circa centocinquanta milioni di persone) avrebbe costituito una forza viva e civile, anche se l'Inghilterra fosse voluta rimanere per suo conto; ma ci voleva uno spirito comune, che, invece, il nazionalismo fece rovinare. Ebbi sempre un certo rispetto per la Societa' delle Nazioni; e mi pareva che l'Italia avesse avuto molto col Trattato di Versailles, malgrado le strida dei nazionalisti. Approvavo il lavoro di Amendola e degli altri per un patto con gli Jugoslavi, che ci avrebbe risparmiato tante tragedie e tante vergogne.
Per la politica interna la Milizia in mano a Mussolini, il delitto Matteotti, la dittatura e il fastidio, a me lettore e raccoglitore di vari giornali, che dava la lettura di giornali eguali, l'avversione che sentivo per il saccheggio e la distruzione e l'abolizione di tutto cio' che era stata la vita politica di una volta, le Camere del lavoro, le varie sedi dei partiti, le logge massoniche; mi tenevano staccato dal fascismo.
Sapevo degli arresti, delle persecuzioni. Dov'era piu' quel bel fermento di idee, quella vivacita' di spirito di riforme che avevo vissuto dal '18 al '24? Quanti libri liberi, riviste ("Conscientia" per esempio, che conservavo come preziosa), erano finiti! L'Italia che avrebbe dovuto riformarsi in tutto, era ora affidata ad un governo reazionario e militarista! E io ricordavo il mio entusiasmo per le amministrazioni socialiste: come seguivo quella di Milano, quella di Perugia, mia citta'!
Non ero iscritto a nessun partito, non partecipavo nemmeno, preso da altro, alla dialettica politica, ma le amministrazioni socialiste mi parevano una cosa preziosa, con quegli uomini presi da un ideale, umili di condizione, e "diversi", la' impegnati ad amministrare per tutti.
Sicche' ero contrario al regime, e la seconda esperienza fondamentale lo confermo': fu la Conciliazione del febbraio del '29.
Non ero piu' cattolico dall'eta' di tredici anni, ma ero tornato ad un sentimento religioso sul finire della guerra, e lo studio successivo, anche filosofico e storico sulle origini del cristianesimo, di la' dalle leggende e dai dogmi mi aveva concretato un teismo di tipo morale.
Guardando il fascismo, vedevo che lo avevano sostenuto in modo decisivo due forze: la monarchia che aveva portato con se' (piu' o meno) l'esercito e la burocrazia; l'alta cultura (quella parte vittima del patriottismo scolastico) che aveva portato con se' molto della scuola. C'era una terza forza: la Chiesa di Roma. Se essa avesse voluto, avrebbe fatto cadere, dispiegando una ferma non collaborazione, il fascismo in una settimana. Invece aveva dato aiuti continui. Si venne alla Conciliazione tra il governo fascista e il Vaticano.
La religione tradizionale istituzionale cattolica, che aveva educato gli italiani per secoli, non li aveva affatto preparati a capire, dal '19 al '24, quanto male fosse nel fascismo; ed ora si alleava in un modo profondo, visibile, perfino con frasi grottesche, con prestazione di favori disgustose, con reciproci omaggi di potenti, che deridevano alla " scuola liberale " e ai "conati socialisti", come cose oramai vinte! Se c'e' una cosa che noi dobbiamo al periodo fascista, e' di aver chiarito per sempre che la religione e' una cosa diversa dall'istituzione romana.
Perche' noi abbiamo avuto da fanciulli un certo imbevimento di idee e di riti cattolici, che sono rimasti la', nel fondo nostro; ed anche se si e' studiato, e si sanno bene le ragioni storiche, filosofiche, sociali, anche religiose, per cui non si puo' essere cattolici, tuttavia ascoltando suonare le campane, vedendo l'edificio chiesa, incontrando il sacerdote, uno potrebbe sempre sentire un certo fascino.
Ebbene, se si pensa che quelle campane, quell'edificio, quell'uomo possono significare una cerimonia, un'espressione di adesione al fascismo, basta questo per insegnare che bisogna controllare le proprie emozioni, non farsi prendere da quei fatti che sono "esteriori" rispetto alla doverosita' e purezza della coscienza.
La Chiesa romana credette di ottenere cose positive nel sostenere il fascismo, realmente le ottenne. Ma per me quello fu un insegnamento intimo che vale piu' di ogni altra cosa. Non aver visto il male che c'era nel fascismo, non aver capito a quale tragedia conduceva l'Italia e l'Europa, aver ottenuto da un potere brigantesco sorto uccidendo la liberta', la giustizia, il controllo civico, la correttezza internazionale; non sono errori che ad individui si possono perdonare, come si deve perdonare tutto, ma sono segni precisi di inadeguatezza di un'istituzione, ancora una volta alleata di tiranni.
Fu li', su questa esperienza che l'opposizione al fascismo si fece piu' profonda, e divenne in me religiosa; sia nel senso che cercai piu' radicale forza per l'opposizione negli spiriti religiosi-puri, in Cristo, Buddha, S. Francesco, Gandhi, di la' dall'istituzionalismo tradizionale che tradiva quell'autenticita'; sia nel senso che mi apparve chiarissimo che la liberazione vera dal fascismo stesse in una riforma religiosa, riprendendo e portando al culmine i tentativi che erano stati spenti dall'autoritarismo ecclesiastico congiunto con l'indifferenza generale italiana per tali cose.
Vidi chiaro che tutto era collegato nel negativo, e tutto poteva essere collegato nel positivo. Mi approfondii nella nonviolenza. Imparai il valore della noncollaborazione (anzi lo acquistai pagandolo, perche' rifiutai l'iscrizione al partito, e persi il posto che avevo); feci il sogno che gli italiani si liberassero dal fascismo noncollaborando, senza odio e strage dei fascisti, secondo il metodo di Gandhi, rivoluzione di sacrificio che li avrebbe purificati di tante scorie, e li avrebbe rinnovati, resi degni d'essere, cosi' si', tra i primi popoli nel nuovo orizzonte del secolo ventesimo.
Divenni vegetariano, perche' vedevo che Mussolini portava gli italiani alla guerra, e pensai che se si imparava a non uccidere nemmeno gli animali, si sarebbe sentita maggiore avversione nell'uccidere gli uomini.
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Nel lavoro di suscitamento e collegamento antifascista, svolto da me dal 1932 al 1942, sta la terza esperienza fondamentale: il ritrovamento del popolo e la saldatura con lui per la lotta contro il fascismo. Figlio di persone del popolo, vissuto in poverta' e in disagi, con parenti tutti operai o contadini, i miei studi (vincendo un posto gratuito universitario nella Scuola normale superiore di Pisa) ed anche i primi amici non mi avevano veramente messo a contatto con la classe lavoratrice nella sua qualita' sociale e politica.
Anche se da ragazzo ascoltavo con commozione le musiche di campagna che il primo maggio sonavano di lontano l'Inno dei lavoratori, di la' dal velo della pioggia primaverile, non conoscevo bene il socialismo. Avevo visto dal mio libraio le edizione delle opere di Marx e di Engels annerite dagli incendi devastatori dei fascisti milanesi alla redazione dell'"Avanti!", ma, preso da altro lavoro, non le avevo studiate.
Accertai veramente la profondita' e l'ampiezza del mondo socialista nel periodo fascista, quando le possibilita' di trovare documentazioni e libri (lo sappiano i giovani di ora, che se vogliono possono andare da un libraio e acquistare cio' che cercano) erano di tanto diminuite, ma c'era, insieme, il modo di ritrovare i vecchi socialisti e comunisti, che erano rimasti saldi nella loro fede, veramente "fede" "sostanza di cose sperate ed argomento delle non parventi", malgrado le botte, gli sfregi, la poverta', le prigioni, le derisioni degli ideali e dei loro rappresentanti uccisi ("con Matteotti faremo i salsicciotti") e sebbene vedessero che le persone "dotte" erano per Mussolini e il regime.
Ritrovare queste persone, unirsi con loro di la' dalle differenze su un punto o l'altro dell'ideologia, festeggiare insieme il primo maggio magari in una soffitta o in un magazzino di legname, andare insieme in campagna una domenica (che per il popolo e' sempre qualche cosa di bello), e talvolta anche in prigione: nella lotta contro il fascismo si formo' questa unione, che non fu soltanto di persone e di aiuto reciproco, ma fu studio, approfondimento, constatazione degli interessi comuni dei lavoratori e degli intellettuali contro i padroni del denaro e del potere: si apriva cosi l'orizzonte del mondo, l'incontro di Occidente e Oriente in nome di una civilta' nuova, non piu' individualistica ne' totalitaria.
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Questo io debbo al fascismo, ma in quanto ebbi, direi la Grazia, o interni scrupoli o ideali che mi portarono all'opposizione. Opponendomi al fascismo, non per cose di superficie o di persone o di barzellette, ma pensando seriamente nelle sue ragioni, nella sua sostanza, nel suo esperimento e impegno, non solo me ne purificavo completamente per cio' che potesse essercene in me, ma accertavo le direzioni di un lavoro positivo e di una persuasione interiore che dovevo continuare a svolgere anche dopo.
Il fascismo aveva unito in un insieme tutto cio' contro cui dovevo lottare per profonda convinzione, e non per caso, per un un male che mi avesse fatto, per un'avversione o invidia verso persone, o perche' avessi trovato in casa o presso maestri autorevoli un impulso antifascista. Nulla di questo ebbi, ed anche percio' ad un'attiva opposizione con propaganda non passai che lentamente e dopo circa un decennio.
Posso assicurare i giovani di oggi che il mio rifiuto fu dopo aver sentito le premesse del fascismo proprio nell'animo adolescente, e dopo averle consumate; sicche' i fascisti mi apparvero dei ritardatari. Ero arrivato al punto in cui non potevo accettare:
1, il nazionalismo che esasperava un riferimento nazionale e guerriero a tutti i valori, proprio quando ero convinto che la guerra avrebbe indebolito l'Europa, e che la nazione dovesse trovare precisi nessi con le altre;
2, l'imperialismo colonialistico, che, oltre a portare l'Italia fuori dalla sua influenza in Europa, nei Balcani e a freno della Germania, era un metodo arretrato, per la fine del colonialismo nel mondo;
3, il centralismo assolutistico e burocratico con quel far discendere tutto dall'alto (per giunta corrotto), mentre io ero decentralista, regionalista, per l'educazione democratica di tutti all'amministrazione e al controllo;
4, il totalitarismo, con la soppressione di ogni apporto di idee e di correnti diverse, si' che quando parlavo ai giovanissimi della vecchia possibilita' di scegliersi a vent'anni un partito, che aveva sue sedi e sua stampa, sembrava che parlassi di un sogno, di un regno felice sconosciuto;
5, il prepotere poliziesco, per cui uno doveva sempre temere parlando ad alta voce, conversando con ignoti, scrivendo una lettera, facendo un telefonata;
6, quel gusto dannunziano e quell'esaltazione della violenza, del manganello come argomento, dello spaccare le teste, del pugnale, delle bombe a mano, e, infine, l'orribile persecuzione contro gli ebrei;
7, quel finto rivoluzionarismo attivista e irrazionale sopra un sostanziale conservatorismo, difesa dei proprietari, di cio' che era vecchio e perfino anteriore alla rivoluzione francese;
8, quell'alleanza con il conservatorismo della chiesa, della parrocchia, delle gerarchie ecclesiastiche, prendendo della religione i riti e il lato reazionario, affratellandosi con i gesuiti, perseguitando gli ex-sacerdoti;
9, quel corporativismo con una insostenibile parita' tra capitale e lavoro che si risolveva in una prigione per moltitudini lavoratrici alla merce' dei padroni in gambali ed orbace;
10, quel rilievo forzato e malsano di un solo tipo di cultura e di educazione, quella fascista, e il traviamento degli adolescenti, mentre ero convinto che della libera produzione e circolazione delle varie forme di cultura una societa' nazionale ha bisogno come del pane;
11, quell'ostentazione di Littoria e altre poche cose fatte, dilapidando immensi capitali, invece di affrontare il rinnovamento del Mezzogiorno e delle Isole;
12, l'onnipotenza di un uomo, di cui era facile vedere quotidianamente la grossolanita', la mutevolezza, l'egotismo, l'iniziativa brigantesca, la leggerezza nell'affrontare cose serie, gli errori e la irragionevolezza impersuadibile, mentre ero convinto che il governo di un paese deve il piu' possibile lasciare operare le altre forze e trarne consigli e collaborazione, ed essere anonimo, grigio anche, perche' lo splendore stia nei valori puri della liberta', della giustizia, dell'onesta', della produzione culturale e religiosa, non nelle persone, che in uniforme o no, nel governo o a capo dello Stato, sono semplicemente al servizio di quei valori.
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Percio' il fascismo, nel problema dell'Italia di educarsi a popolo onesto, libero, competente, corretto, collaborante, mi parve un potenziamento del peggio e del fondo della nostra storia infelice, una malattia latente nell'organismo e venuta fuori, l'ostacolo che doveva, per il bene comune, essere rimosso, non in un modo semplicemente materiale, ma prendendo precisa e attiva coscienza delle ragioni per cui era sbagliato, e trasformando in questo lavoro se' e persuadendo gli altri italiani.

2. MEMORIA. DOMENICA 27 APRILE: VITERBO RICORDA ALFIO PANNEGA. IL MESSAGGIO DELL'ASSOCIAZIONE "ERINNA" ED ALTRI RICORDI

Domenica 27 aprile, con inizio alle ore 9,30, al cimitero di Viterbo si svolgera' una commemorazione pubblica di Alfio Pannega.
Interverranno tra gli altri Pietro Benedetti, Sergio Insogna, Antonella Litta, Enrico Mezzetti, Antonello Ricci, i rappresentanti di varie associazioni culturali e d'impegno civile, amiche ed amici di Alfio che porteranno le loro testimonianze su lui e su sua madre Giovanna detta Caterina.
Saranno anche letti messaggi scritti di altre amiche ed altri amici di Alfio Pannega impossibilitati ad essere presenti (tra gli altri, messaggi provenienti dall'Olanda e dalla Scozia).
Si confida altresi' nella personale partecipazione di rappresentanti delle istituzioni democratiche cittadine e provinciali.
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Anticipiamo il messaggio dell'associazione di donne contro la violenza sulle donne "Erinna" ed alcuni dei molti altri ricordi gia' pervenuti per iscritto; aggiungiamo anche alcuni altri ricordi degli scorsi anni.
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Il messaggio dell'associazione "Erinna"
Oggi, due parole in ricordo di Alfio, della sua liberta', della sua levita' nell'attraversare le cose del mondo, della sua quotidianita' nonviolenta.
Della sua mancanza di attaccamento, della sua poesia diffusa, della sua condivisione senza paure.
Oggi, due parole piu' oltre, in ricordo della sua genealogia, nel nome della madre.
Trama di leggerezza, la madre.
Senza vincoli, Giovanna, detta Caterina; di fiori e di spelonche, con il diritto di scegliere come essere ricordata, di essere chiamata come voleva e non come altri l'avevano nominata.
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Un ricordo di Andrea A. estratto da una lettera personale
Sono felice di aver letto queste luminose testimonianze su Alfio.
Le parole di Lucianino sono corse come luci, bagliori di anni importanti, vivaci, puri e contraddittori, appassionati.
Mi fanno sentire con le lacrime agli occhi la forza di una famiglia elettiva... quella vita di lotta impastata di esistenza che era il Valle Faul. Un'esperienza unica per la nostra citta'.
... la grazia della poesia che Alfio rappresenta. Alfio capace di dormire sul bastone, Alfio capace di sostare nel freddo degli inverni al centro sociale, tra i frastuoni dei concerti... Le lezioni su Dante. Ho una registrazione di Alfio che recita il canto del conte Ugolino...
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Un ricordo di Sergio G. estratto da una lettera personale
... me lo ricordo sempre presente tutte le sere a Prato Giardino alle feste de l'Unita', e mi rimase impresso l'episodio di una serata quando sali' sul palco chiamato da Roberto Benigni che lo coinvolse in un pezzetto dello spettacolo...
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Un ricordo anonimo del 2024: Alfio Pannega era un uomo buono come il pane

Alfio Pannega era un uomo buono come il pane.
Visse una vita di estrema poverta' e di duro lavoro manuale.
Sapeva a memoria la Divina Commedia e sempre era stato antifascista.

Non conosceva limiti la sua generosita'.
Condivideva tutto cio' che aveva con chiunque un aiuto gli chiedesse.
Conosceva tutti i segreti della natura e sapeva parlare con le piante e gli animali.

Con l'esempio educo' alla nonviolenza i giovani che nei suoi tardi anni si posero alla sua scuola.
Li educo' alla lotta contro tutte le ingiustizie e le violenze contro tutte le oppressioni e le menzogne.
Fu il migliore dei militanti comunisti, fu il migliore dei compagni libertari.

Non gli vidi mai fare del male ad alcuno.
Non lo vidi mai arrendersi al male.
sempre lotto' per la giustizia la liberta' la misericordia.

Sempre si oppose alla guerra e alle armi.
Sempre si oppose al razzismo e al fascismo.
Sempre si oppose al potere che sfrutta e rapina e devasta ed uccide.

Amo' l'intera umanita' e l'intero mondo vivente.
Volle essere un giusto e lo fu.
Averlo conosciuto significa sapere che l'umanita' puo' essere umana.

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Un ricordo anonimo del 2022: Il nostro Alfio, la nostra lotta. Per la pace, i diritti umani di tutti gli esseri umani, la difesa dell'intero mondo vivente

"Ma l'uomo intero accoglie nel suo animo
l'interessamento per tutte le forme della vita,
e per tutte batte il suo cuore"
(Benedetto Croce, La mia filosofia, p. 243)

Qualche giorno fa alla stazione ferroviaria incontro un vecchio compagno di lotte del secolo scorso, saranno venti o trent'anni che non ci vediamo, vive lontano, e' qui di passaggio.
Mi chiede dei vecchi compagni, dei comuni amici di allora. Mi accorgo di quanti siano ormai morti. Mi chiede anche di Alfio. E' morto anche lui, gli dico, dodici anni fa.
Non resta nessuno dei migliori, dice lui. Non resta nessuno, dico io. E i giovani? dice lui. Non so, dico io. E' proprio passato un secolo, dice. Un secolo, rispondo.
Lui deve fare qualcosa in citta', io devo salire sul treno che parte, ci accomiatiamo dicendoci le solite cose che si dicono sapendo che non ci si rivedra'.
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Il 30 aprile 2010, dodici anni fa, ci lasciava Alfio Pannega, ma il suo ricordo e' ancora vivo non solo nelle persone che lo hanno conosciuto e gli hanno voluto bene, ma anche nella memoria collettiva del popolo viterbese tutto.
Perche' Alfio Pannega e' stato della citta' di Viterbo una delle figure piu' rappresentative, un testimone e un simbolo. Simbolo di una condizione sociale ed esistenziale che parlava al cuore di tutte le classi popolari, ma simbolo anche di una persuasa scelta di liberta' e di solidarieta', di appassionato impegno morale e politico per la liberazione dell'umanita', per la condivisione fra tutte e tutti di tutto il bene e tutti i beni, esempio di una generosita' incondizionata, maestro di poesia e di empatia. Un militante comunista e libertario. Una persona amica della nonviolenza. Un antifascista, un resistente alla guerra e alla violenza. Un amorevole accuditore del mondo vivente.
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A dodici anni dalla morte e' cresciuta ormai anche una generazione di giovani che non lo ha conosciuto personalmente, ma che puo' accostarne la testimonianza attraverso i racconti (una memoria orale prevalentemente aneddotica) di chi gli fu amico, attraverso i lavori di Antonello Ricci e dei suoi collaboratori, e soprattutto attraverso lo spettacolo teatrale di Pietro Benedetti, che Alfio fa rivivere con profonda, felice, commovente immedesimazione.
Sarebbe bene raccogliere - e registrare, e trascrivere - anche le testimonianze dei tanti suoi amici, da quelli piu' antichi, ed in particolare i vecchi compagni comunisti che sono stati la sua comunita' d'ideali, di riconoscimento e di appartenenza; a quelli piu' giovani, ed in particolare i ragazzi che dagli anni Novanta condivisero con lui lungo due decadi l'esperienza del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul".
E sarebbe bene raccogliere anche le testimonianze dei tanti altri viterbesi che lo conobbero forse in modo piu' episodico ma con sincero affetto, e rispetto, e vicinanza vera.
Cosi' come sarebbe necessario ricercare e preservare le disperse tracce della sua testimonianza, delle sue riflessioni e del suo operato conservate forse ancora da varie persone amiche, prima che vadano irrimediabilmente perse (registrazioni audio e video, fotografie e manoscritti, manufatti artistici e testi pubblicistici, che metterebbe conto di raccogliere e preservare in un "Archivio Alfio Pannega" che potrebbe costituire un lascito prezioso di storia e memoria della citta', del suo popolo, delle lotte sociali e politiche del movimento delle oppresse e degli oppressi).
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Ricordando Alfio oggi, in questo 30 aprile 2022, due cose vorremmo particolarmente evidenziare del suo impegno: l'opposizione alla guerra, l'opposizione allo sfruttamento.
L'opposizione alla guerra, l'impegno per la pace e il disarmo, la difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, la difesa del mondo vivente, la scelta della nonviolenza: sono stati per l'intera sua vita un impegno costante di Alfio.
Ed oggi chi vuole ricordarlo deve proseguire quell'impegno. Soccorrendo ogni persona bisognosa di aiuto; opponendosi a tutte le guerre, a tutti gli eserciti, a tutte le armi; contrastando la violenza con la forza della verita', con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
L'opposizione al modo di produzione e al sistema di potere fondato sulla rapina, sullo sfruttamento e l'alienazione degli esseri umani, sulla devastazione e desertificazione della natura; e quindi l'impegno nel movimento delle oppresse e degli oppressi che si batte per una societa' di persone libere ed eguali in diritti, in cui da ciascuno sia dato secondo le sue capacita' ed a ciascuno sia dato secondo i suoi bisogni; l'impegno del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori, del movimento operaio e contadino, che lotta ad un tempo per la dignita' di ogni essere umano, per la liberazione dell'umanita' intera e per la difesa dell'intero mondo vivente.
Chi vuole ricordare Alfio Pannega deve proseguire in questo impegno, allo stesso tempo contro la dittatura del capitale astratto sulle concrete vite umane, contro la logica della massimizzazione del profitto incompatibile con i limiti della biosfera, contro il consumismo che divora il mondo derubando di una vita degna l'umanita' presente e le generazioni future; deve proseguire in questo impegno che e' insieme anche antimperialista ed anticolonialista, antifascista ed antimilitarista, antirazzista ed antispecista; deve proseguire in questo impegno socialista e libertario, ecologista e femminista, nonviolento.
*
Affiorano alla memoria di chi scrive queste righe tante vicende condivise: la lotta contro la centrale nucleare a Montalto di Castro; la lotta contro i manicomi criminali; la nascita dei "comitati per la pace" contro i missili a Comiso; la lotta contro il regime della corruzione, la penetrazione dei poteri criminali e il "modello di sviluppo di servitu'" nell'Alto Lazio; l'esperienza di solidarieta' del centro sociale "Valle Faul"; l'organizzazione dell'azione diretta nonviolenta delle "mongolfiere della pace" ad Aviano nel 1999 per cercar di fermare i bombardamenti stragisti della Nato contro la popolazione civile in Jugoslavia; l'iniziativa vittoriosa contro il mega-aeroporto che avrebbe distrutto irreversibilmente l'area naturalistica, archeologica e termale del Bulicame; le iniziative antirazziste che per prime denunciarono il costituirsi di un regime di apartheid in Italia; l'iniziativa per il diritto di tutte le persone alla casa, e tante altre esperienze di lotta e di solidarieta'.
Con Alfio condividemmo la persuasione che devi cominciare tu a fare la cosa giusta, che devi essere tu il cambiamento che vorresti vedere nel mondo, che devi essere tu l'umanita' come dovrebbe essere.
Con Alfio condividemmo la persuasione che la nonviolenza deve cominciare adesso; che la societa' solidale, della giustizia e della misericordia, deve cominciare adesso; che l'internazionale futura umanita' deve cominciare adesso.
Con Alfio condividemmo la persuasione che ogni essere umano, ogni essere vivente, l'intero mondo vivente ha diritto alla vita.
Con Alfio condividemmo la persuasione che salvare le vite e' il primo dovere.
*
E' scomparso dodici anni fa.
E' ancora vivo ogni volta che una persona resiste all'ingiustizia, ogni volta che una persona ne aiuta un'altra, ogni volta che una persona insorge contro la violenza.
E' ancora vivo ogni volta che tu ti ricordi di essere un essere umano.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
***
Una minima notizia su Alfio Pannega
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna a ridosso ed entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010, a cura di Antonello Ricci e Alfonso Prota): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti.
Molte fotografie di Alfio scattate da Mario Onofri, artista visivo profondo e generoso compagno di lotte che gli fu amico e che anche lui ci ha lasciato anni fa, sono disperse tra vari amici di entrambi, ed altre ancora restano inedite nell'immenso, prezioso archivio fotografico di Mario, che tuttora attende curatela e pubblicazione.
Negli ultimi anni il regista ed attore Pietro Benedetti, che gli fu amico, ha sovente con forte empatia rappresentato - sulle scene teatrali, ma soprattutto nelle scuole e nelle piazze, nei luoghi di aggregazione sociale e di impegno politico, di memoria resistente all'ingiuria del tempo e alla violenza dei potenti - un monologo dal titolo "Allora ero giovane pure io" dalle memorie di Alfio ricavato, personalmente interpretandone e facendone cosi' rivivere drammaturgicamente la figura.
La proposta di costituire un "Archivio Alfio Pannega" per raccogliere, preservare e mettere a disposizione della collettivita' le tracce della sua vita e delle sue lotte, e' restata fin qui disattesa.
Alcuni testi commemorativi sono stati piu' volte pubblicati sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino", ad esempio negli "Archivi della nonviolenza in cammino" nn. 56, 57, 58, 60; cfr. anche il fascicolo monografico dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 265 ed ancora i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" nn. 907-909, 1172, 1260, 1261, 1272, 1401, 1622-1624, 1763, 1971, 2108-2113, 2115, 2329, 2331, 2334-2335, 2476-2477, 2479, 2694, 2833, 3049, 3051-3052, 3369-3373, 3448, 3453, 3515-3517, 3725, 4089-4091, 4235-4236, 4452, 4455-4458, 4599-4601, 4819-4821, 4962-4965, 5184-5187, 5328, 5331, 5470, 5477, 5485, 5487, 5489, 5501-5503, 5505, 5507, 5513-5514, 5516-5518, 5523, 5526, 5528, 5530-5531, 5534, 5538, 5540-5543, 5545-5547, i fascicoli di "Coi piedi per terra" n. 546 e 548-552, e "Voci e volti della nonviolenza" nn. 687-691, 754-755, 881, il fascicolo di "Ogni vittima ha il volto di Abele" n. 170, i fascicoli di "Una persona, un voto" nn. 88-90, 206, 209, i fascicoli de "La domenica della nonviolenza" nn. 420 e 511, i fascicoli de "La nonviolenza contro il razzismo" nn. 202-206, 213, 437-438, 445-446, i fascicoli de "La biblioteca di Zorobabele" nn. 430-433.

3. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

4. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Maestri e compagni
- Gerard Lutte, Quando gli adolescenti sono adulti... I giovani in Nicaragua, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984, pp. 192.
- Gerard Lutte, Sopprimere l'adolescenza? I giovani nella societa' post-industriale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984, pp. 160
- Gerard Lutte, Psicologia degli adolescenti e dei giovani, Il Mulino, Bologna 1987, pp. 424.
- Gerard Lutte, Dalla religione al vangelo. Giovani rivoluzionari in Nicaragua, Kappa, Roma 1989, pp. 160
- Cinquantanove ragazze e ragazzi di strada con Gerard Lutte, Principesse e sognatori nelle strade in Guatemala, Kappa, Roma 1994, pp. 232.

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5548 del 27 aprile 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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