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[Nonviolenza] Telegrammi. 5485
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 5485
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Sat, 22 Feb 2025 15:32:32 +0100
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5485 del 23 febbraio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Opporsi a tutte le guerre, a tutte le stragi, a tutte le uccisioni
2. Gloria La Riva: Leonard Peltier e' finalmente libero!
3. Veronica Tarozzi: Liberazione di Leonard Peltier. Il suo ritorno a casa dopo 50 anni
4. Una lettera al Comune di Viterbo: invito a realizzare una serie di iniziative commemorative di Alfio Pannega nella ricorrenza del centenario della nascita
5. Giacomo Leopardi: La ginestra o il fiore del deserto
6. Ripetiamo ancora una volta...
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'
1. REPETITA IUVANT. OPPORSI A TUTTE LE GUERRE, A TUTTE LE STRAGI, A TUTTE LE UCCISIONI
Opporsi a tutte le guerre, a tutte le stragi, a tutte le uccisioni.
Salvare tutte le vite.
L'unica politica che puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe in corso e' la scelta della nonviolenza.
2. DOCUMENTAZIONE. GLORIA LA RIVA: LEONARD PELTIER E' FINALMENTE LIBERO
[Dal sito www.infoaut.org riprendiamo e diffondiamo questa traduzione di un articolo originariamente apparso sul sito https://liberationnews.org/]
"Oggi sono finalmente libero! Mi hanno imprigionato, ma non hanno mai spezzato il mio spirito!".
Cio' che sembrava impossibile e' diventato realta' il 18 febbraio, quando il prigioniero politico nativo Leonard Peltier e' uscito dal penitenziario federale di Coleman da uomo libero. Ha lasciato Coleman non piu' in uniforme carceraria, ma con orgoglio indossando una tradizionale camicia a nastri.
Con il peso di quasi 50 anni di prigionia finalmente tolto dalle sue spalle, Leonard brillava di felicita', con il pugno trionfante alzato in aria nella fotografia rilasciata da NDN Collective. Questo collettivo incentrato sulla cultura indigena ha guidato una straordinaria campagna negli ultimi anni per ottenere la liberta' di Peltier.
Dopo una cerimonia di preghiera per la guarigione e il suo primo pasto da uomo libero, Peltier ha preso un volo per il North Dakota, accompagnato dal direttore esecutivo di NDN Collective, Nick Tilsen, e da Holly Cook Macarro, responsabile degli affari governativi di NDN.
Peltier ha assaporato il calore della sua comunita' - nonostante una temperatura di -20 gradi - mentre il suo corteo veniva accolto da decine di persone a Belcourt, North Dakota, che si sono radunate lungo la strada per salutarlo. Ora Peltier e' finalmente a casa, dove vivra' in un'abitazione fornita da NDN Collective sulle terre della Turtle Mountain Band of Chippewa Indians (Ojibwe).
La mattina prima del suo rilascio, martedi', circa 30 sostenitori si erano riuniti fuori dalla prigione nel nord della Florida, ricordando gli anni di lotta per la liberta' di Leonard. Ray St. Clair, della tribu' White Earth Ojibwe, era venuto dal Minnesota.
Tenendo il suo bastone d'aquila, ha dichiarato: "Sono venuto a vedere Leonard uscire oggi. E' il culmine di tanti anni di preghiera e di tanta lotta per cercare di far uscire quest'uomo".
"Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato", ha continuato St. Clair. "Tante, tantissime persone, di ogni provenienza, credo che ogni colore su questo pianeta abbia pregato per il suo rilascio. E' un grande giorno per la nazione indiana".
I suoi dubbi sulla possibilita' che Peltier ottenesse la liberta' non erano infondati. L'FBI ha condotto una campagna implacabile di vendetta contro Peltier, accusandolo ingiustamente dell'uccisione di due agenti dell'FBI durante uno scontro a fuoco avvenuto il 26 giugno 1975, noto come l'"incidente di Oglala", nella riserva di Pine Ridge. Anche un uomo nativo, Joe Stuntz, venne ucciso, ma la sua morte non fu mai indagata.
L'FBI prese di mira Peltier dopo che i suoi due coimputati furono assolti dall'accusa di aver ucciso gli agenti dell'FBI per legittima difesa. Ma poiche' Peltier era fuggito in Canada prima del processo, non fu giudicato insieme agli altri. Era convinto che, essendo un nativo, non avrebbe mai ricevuto un processo equo. E aveva ragione.
L'FBI ora puntava tutto su Peltier, determinata a farlo "pagare", essendo l'ultimo imputato rimasto. Fu estradato dal Canada sulla base di false dichiarazioni dell'FBI. I testimoni furono minacciati e costretti a fornire false testimonianze. Le prove balistiche presentate al suo processo si rivelarono successivamente falsificate.
Kevin Sharp, avvocato ed ex giudice capo della Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Medio Distretto del Tennessee, ha rappresentato Peltier per cinque anni nella sua richiesta di clemenza a partire dal dicembre 2019.
In una dichiarazione, ha affermato: "Indubbiamente, la morte di due agenti dell'FBI e di un giovane nativo americano e' stata una tragedia, resa ancora piu' grave da quasi 50 anni di incarcerazione ingiusta per Leonard Peltier. La cattiva condotta del governo nell'indagine e nel processo contro di lui e' stata una macchia sul nostro sistema giudiziario. Il passo di Leonard oltre le mura della prigione oggi segna un passo verso la sua tanto attesa liberta' e un passo verso la riconciliazione con i nativi americani".
Un presidente dopo l'altro ha rifiutato le richieste di grazia di Peltier, nonostante il sostegno di milioni di persone in tutto il mondo nel corso degli anni.
La gente non ha mai smesso di lottare per la sua liberta'. Peltier non si e' mai arreso, non ha mai smesso di dire la sua verita'.
3. DOCUMENTAZIONE. VERONICA TAROZZI: LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER. IL SUO RITORNO A CASA DOPO 50 ANNI
[Dal sito www.buonenotizie.it riprendiamo e diffondiamo]
Dopo quasi 50 anni di detenzione, la liberazione di Leonard Peltier, attivista nativo americano e membro dell'American Indian Movement (AIM), marca un momento storico. Martedi' 18 febbraio e' stato finalmente rilasciato dal carcere di massima sicurezza di Coleman, in Florida.
Il mese scorso infatti, il presidente Joe Biden aveva colto tutti di sorpresa commutando la pena piu' controversa e lunga della storia degli USA. Una manciata di minuti prima della fine del suo mandato, ha rilasciato un ordine esecutivo in cui permetteva a Peltier di trascorrere gli ultimi anni della sua vita agli arresti domiciliari, nella sua terra natia in Nord Dakota.
Peltier, ora ottantenne e in condizioni di salute precarie, ha sempre sostenuto la sua innocenza riguardo all'uccisione di due agenti dell'FBI avvenuta nel 1975. La sua liberazione e' stata accolta con gioia dai suoi sostenitori in tutto il mondo, che hanno lottato strenuamente per 49 anni per la sua liberazione.
*
La prigionia politica piu' lunga della storia degli USA
Condannato per la presunta uccisione di due agenti durante uno scontro a fuoco nel 1975 a Pine Ridge, South Dakota, Peltier si e' sempre dichiarato innocente, sostenendo di essere stato vittima di un processo ingiusto. Il processo fu infatti aspramente criticato per omissioni di prove cruciali e testimonianze estorte. Nonostante cio', all'attivista dell'AIM - l'organizzazione che lotta dal 1968 per i diritti dei nativi americani - non fu mai concessa una revisione del processo, rimanendo in carcere per quasi mezzo secolo e diventando cosi' il simbolo piu' emblematico delle ingiustizie subite dalle popolazioni indigene degli Stati Uniti.
Nel corso dei lunghi anni di prigionia sono state innumerevoli le personalita' che si sono schierate a favore della liberazione di Leonard Peltier, tra cui Nelson Mandela e Papa Francesco. Persino l'ex procuratore degli Stati Uniti che si e' occupato del caso, James H. Reynolds, ha piu' volte chiesto ai Presidenti americani di concedere la grazia a Peltier, definendo il suo processo "ingiusto". Reynolds ha ribadito piu' volte che il clima politico dell'epoca, segnato da tensioni tra il governo federale e le comunita' native, influenzo' pesantemente il verdetto.
Nonostante tutto, l'FBI non ha mai ammesso i suoi errori e ha continuato a fare pressione su tutti i Presidenti americani che volevano concedere la clemenza all'attivista della nazione indigena, come dimostrato da una lettera che l'ex direttore della Polizia federale americana ha spedito a Biden il giorno prima della fine del mandato.
*
"Finalmente libero!". Le prime dichiarazioni di Peltier e le celebrazioni in suo onore
In una dichiarazione di Leonard Peltier dopo la sua liberazione ai membri del Collettivo NDN per i diritti dei popoli indigeni, l'attivista ottantenne ha espresso la sua gioia, dichiarando: "Finalmente libero! Mi hanno imprigionato, ma non hanno mai spezzato il mio spirito!". Ha poi ringraziato i suoi sostenitori in tutto il mondo che hanno lottato per la sua liberazione e ha affermato: "Oggi e' un buon giorno! Finalmente torno a casa e non vedo l'ora di vedere i miei amici, la mia famiglia e la mia comunita'".
Ed e' stato proprio un rientro caloroso quello che gli ha dedicato mercoledi' la sua comunita' nella riserva indiana di Turtle Mountain, nel Dakota del Nord, il giorno dopo il tanto atteso rientro a casa. Il Collettivo NDN ha infatti organizzato una grande festa in suo onore, alla quale hanno partecipato centinaia di appartenenti delle popolazioni indigene native e non. Circondato dall'affetto dei suoi cari e accolto dal potente suono dei tamburi e dei canti tradizionali, Leonard Peltier finalmente libero, ha rilasciato un discorso breve, "per evitare di commuoversi davanti all'inattesa manifestazione di affetto".
Ha raccontato i momenti letteralmente piu' bui di questa ingiusta detenzione, in cui fu a lungo rinchiuso in una cella di deprivazione sensoriale. Ha inoltre ricordato il fatto che gli sono state negate cure adeguate per le sue patologie, fino a portarlo a subire 14 giorni di coma per una cura sbagliata, da cui si e' fortunatamente risvegliato.
*
Una vittoria simbolica: la lotta per la verita' e la giustizia non e' mai vana
Sebbene Peltier non sia stato graziato e la sua condanna non sia stata annullata, la commutazione della sua pena rappresenta una vittoria simbolica, nonche' un enorme passo avanti per i diritti dei nativi americani e per tutti coloro che lottano per un sistema giudiziario piu' equo e trasparente. La sua storia, che ha attraversato quasi cinque decenni, costituisce un potente esempio delle lotte per i diritti civili, per l'autodeterminazione e il riconoscimento delle ingiustizie subite dalle popolazioni indigene nordamericane e del mondo intero.
La liberazione di Leonard Peltier, un simbolo di resistenza e amore per l'umanita', rappresenta molto piu' del suo ritorno a casa. La sua scarcerazione e' un monito: anche dopo decenni di ingiustizie, la lotta per la verita' e la giustizia non e' mai vana.
4. ANNIVERSARI. UNA LETTERA AL COMUNE DI VITERBO: INVITO A REALIZZARE UNA SERIE DI INIZIATIVE COMMEMORATIVE DI ALFIO PANNEGA NELLA RICORRENZA DEL CENTENARIO DELLA NASCITA
Alla sindaca di Viterbo
all'assessore alla cultura
e per opportuna conoscenza:
- alle assessore e agli assessori
- alle consigliere e ai consiglieri
Oggetto: invito a realizzare una serie di iniziative commemorative di Alfio Pannega nella ricorrenza del centenario della nascita.
Gentile sindaca,
gentile assessore,
gentili signore e signori tutti,
ricorre quest'anno il centenario della nascita di Alfio Pannega (21 settembre 1925 - 30 aprile 2010), persona assai amata da quanti lo conobbero (pressoche' tutti i viterbesi suoi contemporanei) e figura assai rilevante nella cultura popolare della citta'.
Sarebbe bene che il Comune di Viterbo, che gia' gli rese omaggio ripetutamente e solennemente sia nei mesi precedenti l'improvvisa scomparsa sia in occasione delle esequie, promuovesse una serie di iniziative per onorarne la memoria, ricordandolo a quanti lo conobbero e proponendone la figura ai piu' giovani come luminoso testimone della dignita' umana ed adamantino esempio di impegno culturale, morale e civile in difesa della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani cosi' come in difesa dell'intero mondo vivente.
*
Mi permetto di segnalare alcune delle molteplici risorse umane e materiali disponibili e valorizzabili per realizzare varie possibili iniziative, come convegni, spettacoli teatrali, mostre ed altro ancora.
a) la testimonianza, le ricerche e i lavori di Antonello Ricci, intellettuale viterbese benemerito quant'altri mai, che con Alfonso Prota fu curatore dell'unico libro fin qui edito di e su Alfio Pannega;
b) lo spettacolo teatrale ad Alfio Pannega dedicato (gia' molte volte rappresentato in varie parti d'Italia con viva commozione di ogni sorta di pubblico che vi ha assistito) realizzato con straordinaria empatia e potenza evocativa dal valoroso regista e finissimo interprete Pietro Benedetti;
c) per una eventuale mostra fotografica il prestigioso fotografo viterbese Francesco Galli ha un prezioso portfolio di fotografie di Alfio Pannega da lui realizzate, ed e' altresi' conservatore di altre fotografie di Alfio Pannega scattate dal compianto Mario Onofri, altro prestigioso fotografo viterbese scomparso alcuni anni fa;
d) sempre per una eventuale mostra potrebbero essere utilizzate le opere grafiche dedicate ad illustrare alcune poesie di Alfio Pannega, realizzate dalla giovane artista Giselle Dian;
e) altri materiali utili verosimilmente potrebbero essere messi a disposizione dall'editore Davide Ghaleb, che ha pubblicato il libro sopra citato ed ha ospitato nel suo sito un ampio reportage fotografico della sua presentazione.
Altro vari materiale testimoniale e documentario - cartaceo, pittorico, video, audio e di memorabilia - e' disperso tra varie altre persone ancora: la realizzazione di una serie di iniziative di commemorazione potrebbe anche essere occasione per raccoglierlo finalmente in un "Archivio Alfio Pannega" che ne tenga viva la memoria oltre la circostanza del centenario.
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Senza alcun altro titolo che quello di cittadino viterbese e di vecchio amico e compagno di lotte di Alfio Pannega, auspicherei vivamente che il Comune di Viterbo, in nome e per conto dell'intera cittadinanza ed ovviamente con l'unanime persuasa partecipazione dell'intera Giunta e dell'intero Consiglio Comunale, realizzasse nel corso di quest'anno una o piu' iniziative di ricordo da parte della citta' di Viterbo di uno dei suoi figli piu' generosi e piu' amati da ogni persona di volonta' buona e di retto sentire.
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So - e confido - che anche altri soggetti, istituzionali e non, ed in primo luogo i suoi vecchi amici e compagni di vita e di lotte, l'associazionismo democratico piu' strenuamente impegnato in difesa della Costituzione della Repubblica italiana e dei suoi principi fondamentali di pace e di solidarieta' in questi tempi terribili di guerre ed orrori in tante parti del mondo, si predispongono a realizzare iniziative commemorative, e tutte queste iniziative meritano il piu' ampio e profondo apprezzamento e sostegno; ma mi sembra evidente che naturalmente incomba innanzitutto all'Amministrazione Comunale rendere l'omaggio della citta' e del popolo viterbese al sensibile poeta e al generoso militante per la causa della preservazione della natura e della cultura, della giustizia e della liberta', della liberazione di tutti i popoli e di tutte le persone oppresse, della solidarieta' che ogni persona riconosca e raggiunga e difenda e sostenga, della pace e del bene comune dell'umanita' intera, che Alfio Pannega e' stato lungo l'intero corso della sua vita.
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Allego in calce una minima notizia biobibliografica.
Vogliate gradire distinti saluti,
Peppe Sini, cittadino viterbese
Viterbo, 21 febbraio 2025
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Una minima notizia su Alfio Pannega
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna a ridosso ed entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010, a cura di Antonello Ricci e Alfonso Prota): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti.
Molte fotografie di Alfio scattate da Mario Onofri, artista visivo profondo e generoso compagno di lotte che gli fu amico e che anche lui ci ha lasciato anni fa, sono disperse tra vari amici di entrambi, ed altre ancora restano inedite nell'immenso, prezioso archivio fotografico di Mario, che tuttora attende curatela e pubblicazione.
Negli ultimi anni il regista ed attore Pietro Benedetti, che gli fu amico, ha sovente con forte empatia rappresentato - sulle scene teatrali, ma soprattutto nelle scuole e nelle piazze, nei luoghi di aggregazione sociale e di impegno politico, di memoria resistente all'ingiuria del tempo e alla violenza dei potenti - un monologo dal titolo "Allora ero giovane pure io" dalle memorie di Alfio ricavato, personalmente interpretandone e facendone cosi' rivivere drammaturgicamente la figura.
La proposta di costituire un "Archivio Alfio Pannega" per raccogliere, preservare e mettere a disposizione della collettivita' le tracce della sua vita e delle sue lotte, e' restata fin qui disattesa.
Alcuni testi commemorativi sono stati piu' volte pubblicati sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino", ad esempio negli "Archivi della nonviolenza in cammino" nn. 56, 57, 58, 60; cfr. anche il fascicolo monografico dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 265 ed ancora i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" nn. 907-909, 1172, 1260, 1261, 1272, 1401, 1622-1624, 1763, 1971, 2108-2113, 2115, 2329, 2331, 2334-2335, 2476-2477, 2479, 2694, 2833, 3049, 3051-3052, 3369-3373, 3448, 3453, 3515-3517, 3725, 4089-4091, 4235-4236, 4452, 4455-4458, 4599-4601, 4819-4821, 4962-4965, 5184-5187, 5328, 5331, 5477, i fascicoli di "Coi piedi per terra" n. 546 e 548-552, e "Voci e volti della nonviolenza" nn. 687-691, 754-755, 881, il fascicolo di "Ogni vittima ha il volto di Abele" n. 170, i fascicoli di "Una persona, un voto" nn. 88-90, 206, 209, i fascicoli de "La domenica della nonviolenza" nn. 420 e 511, i fascicoli de "La nonviolenza contro il razzismo" nn. 202-206, 213, 437-438, 445-446, i fascicoli de "La biblioteca di Zorobabele" nn. 430-433.
5. MAESTRI. GIACOMO LEOPARDI: LA GINESTRA O IL FIORE DEL DESERTO
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce
Giovanni, III, 19
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor ne' fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
De' tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna de' mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiar di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi de' potenti
Gradito ospizio; e fur citta' famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
E' il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potra' dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e puo' con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive.
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra se. Non io
Con tal vergogna scendero' sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avro' quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'eta' propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Liberta' vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civilta', che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Cosi' ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci die'. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fe' palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che se schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama se ne' stima
Ricco d'or ne' gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma se di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io gia', ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicita', quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge si', che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura e' quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra se nel soffrir, ne' gli odii e l'ire
Fraterne, ancor piu' gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma da' la colpa a quella
Che veramente e' rea, che de' mortali
Madre e' di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome e' il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra se confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede cosi', qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul piu' vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Cosi' fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probita' del volgo
Cosi' star suole in piede
Quale star puo' quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e sulla mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo voto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo e' nulla,
Sconosciuto e' del tutto; e quando miro
Quegli ancor piu' senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o cosi' paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiu', di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Co' tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente eta', che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pieta' prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui la' nel tardo autunno
Maturita' senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; cosi' d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli,
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar la' su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e citta' nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo pie' quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom piu' stima o cura
Che alla formica: e se piu' rara in quello
Che nell'altra e' la strage,
Non avvien cio' d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcar poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta piu' mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando piu' volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pieta' rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per voti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Cosi', dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per si' lungo cammino,
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternita' s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Gia' noto, stendera' l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Ne' sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma piu' saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
6. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Jean Amery, Il nuovo antisemitismo. Interventi 1969-1978, Bollati Boringhieri, Torino 2025, pp. 128, euro 16.
- Angela Davis, Cinquant'anni di lotte. Interviste, Minimum Fax, Roma 2024, pp. 336, euro 20.
*
Riletture
- Agnes Heller, L'uomo del Rinascimento, La Nuova Italia, Firenze 1977, pp. VI + 686.
- Mario Pozzi (a cura di), Trattati d'amore del Cinquecento, Laterza, Roma-Bari 1912, 1980, pp. LXII + 360.
*
Riedizioni
- Seishu Hase, Il bambino e il cane, Marsilio, Venezia 2022, Mondadori, Milano 2025, pp. 242, euro 8,90.
- Li Kotomi, L'isola dei gigli rossi, Mondadori, Milano 2023, Rcs, Milano 2025, pp. 160, euro 9,99 (in supplemento al "Corriere della sera").
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
9. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5485 del 23 febbraio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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Numero 5485 del 23 febbraio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Opporsi a tutte le guerre, a tutte le stragi, a tutte le uccisioni
2. Gloria La Riva: Leonard Peltier e' finalmente libero!
3. Veronica Tarozzi: Liberazione di Leonard Peltier. Il suo ritorno a casa dopo 50 anni
4. Una lettera al Comune di Viterbo: invito a realizzare una serie di iniziative commemorative di Alfio Pannega nella ricorrenza del centenario della nascita
5. Giacomo Leopardi: La ginestra o il fiore del deserto
6. Ripetiamo ancora una volta...
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'
1. REPETITA IUVANT. OPPORSI A TUTTE LE GUERRE, A TUTTE LE STRAGI, A TUTTE LE UCCISIONI
Opporsi a tutte le guerre, a tutte le stragi, a tutte le uccisioni.
Salvare tutte le vite.
L'unica politica che puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe in corso e' la scelta della nonviolenza.
2. DOCUMENTAZIONE. GLORIA LA RIVA: LEONARD PELTIER E' FINALMENTE LIBERO
[Dal sito www.infoaut.org riprendiamo e diffondiamo questa traduzione di un articolo originariamente apparso sul sito https://liberationnews.org/]
"Oggi sono finalmente libero! Mi hanno imprigionato, ma non hanno mai spezzato il mio spirito!".
Cio' che sembrava impossibile e' diventato realta' il 18 febbraio, quando il prigioniero politico nativo Leonard Peltier e' uscito dal penitenziario federale di Coleman da uomo libero. Ha lasciato Coleman non piu' in uniforme carceraria, ma con orgoglio indossando una tradizionale camicia a nastri.
Con il peso di quasi 50 anni di prigionia finalmente tolto dalle sue spalle, Leonard brillava di felicita', con il pugno trionfante alzato in aria nella fotografia rilasciata da NDN Collective. Questo collettivo incentrato sulla cultura indigena ha guidato una straordinaria campagna negli ultimi anni per ottenere la liberta' di Peltier.
Dopo una cerimonia di preghiera per la guarigione e il suo primo pasto da uomo libero, Peltier ha preso un volo per il North Dakota, accompagnato dal direttore esecutivo di NDN Collective, Nick Tilsen, e da Holly Cook Macarro, responsabile degli affari governativi di NDN.
Peltier ha assaporato il calore della sua comunita' - nonostante una temperatura di -20 gradi - mentre il suo corteo veniva accolto da decine di persone a Belcourt, North Dakota, che si sono radunate lungo la strada per salutarlo. Ora Peltier e' finalmente a casa, dove vivra' in un'abitazione fornita da NDN Collective sulle terre della Turtle Mountain Band of Chippewa Indians (Ojibwe).
La mattina prima del suo rilascio, martedi', circa 30 sostenitori si erano riuniti fuori dalla prigione nel nord della Florida, ricordando gli anni di lotta per la liberta' di Leonard. Ray St. Clair, della tribu' White Earth Ojibwe, era venuto dal Minnesota.
Tenendo il suo bastone d'aquila, ha dichiarato: "Sono venuto a vedere Leonard uscire oggi. E' il culmine di tanti anni di preghiera e di tanta lotta per cercare di far uscire quest'uomo".
"Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato", ha continuato St. Clair. "Tante, tantissime persone, di ogni provenienza, credo che ogni colore su questo pianeta abbia pregato per il suo rilascio. E' un grande giorno per la nazione indiana".
I suoi dubbi sulla possibilita' che Peltier ottenesse la liberta' non erano infondati. L'FBI ha condotto una campagna implacabile di vendetta contro Peltier, accusandolo ingiustamente dell'uccisione di due agenti dell'FBI durante uno scontro a fuoco avvenuto il 26 giugno 1975, noto come l'"incidente di Oglala", nella riserva di Pine Ridge. Anche un uomo nativo, Joe Stuntz, venne ucciso, ma la sua morte non fu mai indagata.
L'FBI prese di mira Peltier dopo che i suoi due coimputati furono assolti dall'accusa di aver ucciso gli agenti dell'FBI per legittima difesa. Ma poiche' Peltier era fuggito in Canada prima del processo, non fu giudicato insieme agli altri. Era convinto che, essendo un nativo, non avrebbe mai ricevuto un processo equo. E aveva ragione.
L'FBI ora puntava tutto su Peltier, determinata a farlo "pagare", essendo l'ultimo imputato rimasto. Fu estradato dal Canada sulla base di false dichiarazioni dell'FBI. I testimoni furono minacciati e costretti a fornire false testimonianze. Le prove balistiche presentate al suo processo si rivelarono successivamente falsificate.
Kevin Sharp, avvocato ed ex giudice capo della Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Medio Distretto del Tennessee, ha rappresentato Peltier per cinque anni nella sua richiesta di clemenza a partire dal dicembre 2019.
In una dichiarazione, ha affermato: "Indubbiamente, la morte di due agenti dell'FBI e di un giovane nativo americano e' stata una tragedia, resa ancora piu' grave da quasi 50 anni di incarcerazione ingiusta per Leonard Peltier. La cattiva condotta del governo nell'indagine e nel processo contro di lui e' stata una macchia sul nostro sistema giudiziario. Il passo di Leonard oltre le mura della prigione oggi segna un passo verso la sua tanto attesa liberta' e un passo verso la riconciliazione con i nativi americani".
Un presidente dopo l'altro ha rifiutato le richieste di grazia di Peltier, nonostante il sostegno di milioni di persone in tutto il mondo nel corso degli anni.
La gente non ha mai smesso di lottare per la sua liberta'. Peltier non si e' mai arreso, non ha mai smesso di dire la sua verita'.
3. DOCUMENTAZIONE. VERONICA TAROZZI: LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER. IL SUO RITORNO A CASA DOPO 50 ANNI
[Dal sito www.buonenotizie.it riprendiamo e diffondiamo]
Dopo quasi 50 anni di detenzione, la liberazione di Leonard Peltier, attivista nativo americano e membro dell'American Indian Movement (AIM), marca un momento storico. Martedi' 18 febbraio e' stato finalmente rilasciato dal carcere di massima sicurezza di Coleman, in Florida.
Il mese scorso infatti, il presidente Joe Biden aveva colto tutti di sorpresa commutando la pena piu' controversa e lunga della storia degli USA. Una manciata di minuti prima della fine del suo mandato, ha rilasciato un ordine esecutivo in cui permetteva a Peltier di trascorrere gli ultimi anni della sua vita agli arresti domiciliari, nella sua terra natia in Nord Dakota.
Peltier, ora ottantenne e in condizioni di salute precarie, ha sempre sostenuto la sua innocenza riguardo all'uccisione di due agenti dell'FBI avvenuta nel 1975. La sua liberazione e' stata accolta con gioia dai suoi sostenitori in tutto il mondo, che hanno lottato strenuamente per 49 anni per la sua liberazione.
*
La prigionia politica piu' lunga della storia degli USA
Condannato per la presunta uccisione di due agenti durante uno scontro a fuoco nel 1975 a Pine Ridge, South Dakota, Peltier si e' sempre dichiarato innocente, sostenendo di essere stato vittima di un processo ingiusto. Il processo fu infatti aspramente criticato per omissioni di prove cruciali e testimonianze estorte. Nonostante cio', all'attivista dell'AIM - l'organizzazione che lotta dal 1968 per i diritti dei nativi americani - non fu mai concessa una revisione del processo, rimanendo in carcere per quasi mezzo secolo e diventando cosi' il simbolo piu' emblematico delle ingiustizie subite dalle popolazioni indigene degli Stati Uniti.
Nel corso dei lunghi anni di prigionia sono state innumerevoli le personalita' che si sono schierate a favore della liberazione di Leonard Peltier, tra cui Nelson Mandela e Papa Francesco. Persino l'ex procuratore degli Stati Uniti che si e' occupato del caso, James H. Reynolds, ha piu' volte chiesto ai Presidenti americani di concedere la grazia a Peltier, definendo il suo processo "ingiusto". Reynolds ha ribadito piu' volte che il clima politico dell'epoca, segnato da tensioni tra il governo federale e le comunita' native, influenzo' pesantemente il verdetto.
Nonostante tutto, l'FBI non ha mai ammesso i suoi errori e ha continuato a fare pressione su tutti i Presidenti americani che volevano concedere la clemenza all'attivista della nazione indigena, come dimostrato da una lettera che l'ex direttore della Polizia federale americana ha spedito a Biden il giorno prima della fine del mandato.
*
"Finalmente libero!". Le prime dichiarazioni di Peltier e le celebrazioni in suo onore
In una dichiarazione di Leonard Peltier dopo la sua liberazione ai membri del Collettivo NDN per i diritti dei popoli indigeni, l'attivista ottantenne ha espresso la sua gioia, dichiarando: "Finalmente libero! Mi hanno imprigionato, ma non hanno mai spezzato il mio spirito!". Ha poi ringraziato i suoi sostenitori in tutto il mondo che hanno lottato per la sua liberazione e ha affermato: "Oggi e' un buon giorno! Finalmente torno a casa e non vedo l'ora di vedere i miei amici, la mia famiglia e la mia comunita'".
Ed e' stato proprio un rientro caloroso quello che gli ha dedicato mercoledi' la sua comunita' nella riserva indiana di Turtle Mountain, nel Dakota del Nord, il giorno dopo il tanto atteso rientro a casa. Il Collettivo NDN ha infatti organizzato una grande festa in suo onore, alla quale hanno partecipato centinaia di appartenenti delle popolazioni indigene native e non. Circondato dall'affetto dei suoi cari e accolto dal potente suono dei tamburi e dei canti tradizionali, Leonard Peltier finalmente libero, ha rilasciato un discorso breve, "per evitare di commuoversi davanti all'inattesa manifestazione di affetto".
Ha raccontato i momenti letteralmente piu' bui di questa ingiusta detenzione, in cui fu a lungo rinchiuso in una cella di deprivazione sensoriale. Ha inoltre ricordato il fatto che gli sono state negate cure adeguate per le sue patologie, fino a portarlo a subire 14 giorni di coma per una cura sbagliata, da cui si e' fortunatamente risvegliato.
*
Una vittoria simbolica: la lotta per la verita' e la giustizia non e' mai vana
Sebbene Peltier non sia stato graziato e la sua condanna non sia stata annullata, la commutazione della sua pena rappresenta una vittoria simbolica, nonche' un enorme passo avanti per i diritti dei nativi americani e per tutti coloro che lottano per un sistema giudiziario piu' equo e trasparente. La sua storia, che ha attraversato quasi cinque decenni, costituisce un potente esempio delle lotte per i diritti civili, per l'autodeterminazione e il riconoscimento delle ingiustizie subite dalle popolazioni indigene nordamericane e del mondo intero.
La liberazione di Leonard Peltier, un simbolo di resistenza e amore per l'umanita', rappresenta molto piu' del suo ritorno a casa. La sua scarcerazione e' un monito: anche dopo decenni di ingiustizie, la lotta per la verita' e la giustizia non e' mai vana.
4. ANNIVERSARI. UNA LETTERA AL COMUNE DI VITERBO: INVITO A REALIZZARE UNA SERIE DI INIZIATIVE COMMEMORATIVE DI ALFIO PANNEGA NELLA RICORRENZA DEL CENTENARIO DELLA NASCITA
Alla sindaca di Viterbo
all'assessore alla cultura
e per opportuna conoscenza:
- alle assessore e agli assessori
- alle consigliere e ai consiglieri
Oggetto: invito a realizzare una serie di iniziative commemorative di Alfio Pannega nella ricorrenza del centenario della nascita.
Gentile sindaca,
gentile assessore,
gentili signore e signori tutti,
ricorre quest'anno il centenario della nascita di Alfio Pannega (21 settembre 1925 - 30 aprile 2010), persona assai amata da quanti lo conobbero (pressoche' tutti i viterbesi suoi contemporanei) e figura assai rilevante nella cultura popolare della citta'.
Sarebbe bene che il Comune di Viterbo, che gia' gli rese omaggio ripetutamente e solennemente sia nei mesi precedenti l'improvvisa scomparsa sia in occasione delle esequie, promuovesse una serie di iniziative per onorarne la memoria, ricordandolo a quanti lo conobbero e proponendone la figura ai piu' giovani come luminoso testimone della dignita' umana ed adamantino esempio di impegno culturale, morale e civile in difesa della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani cosi' come in difesa dell'intero mondo vivente.
*
Mi permetto di segnalare alcune delle molteplici risorse umane e materiali disponibili e valorizzabili per realizzare varie possibili iniziative, come convegni, spettacoli teatrali, mostre ed altro ancora.
a) la testimonianza, le ricerche e i lavori di Antonello Ricci, intellettuale viterbese benemerito quant'altri mai, che con Alfonso Prota fu curatore dell'unico libro fin qui edito di e su Alfio Pannega;
b) lo spettacolo teatrale ad Alfio Pannega dedicato (gia' molte volte rappresentato in varie parti d'Italia con viva commozione di ogni sorta di pubblico che vi ha assistito) realizzato con straordinaria empatia e potenza evocativa dal valoroso regista e finissimo interprete Pietro Benedetti;
c) per una eventuale mostra fotografica il prestigioso fotografo viterbese Francesco Galli ha un prezioso portfolio di fotografie di Alfio Pannega da lui realizzate, ed e' altresi' conservatore di altre fotografie di Alfio Pannega scattate dal compianto Mario Onofri, altro prestigioso fotografo viterbese scomparso alcuni anni fa;
d) sempre per una eventuale mostra potrebbero essere utilizzate le opere grafiche dedicate ad illustrare alcune poesie di Alfio Pannega, realizzate dalla giovane artista Giselle Dian;
e) altri materiali utili verosimilmente potrebbero essere messi a disposizione dall'editore Davide Ghaleb, che ha pubblicato il libro sopra citato ed ha ospitato nel suo sito un ampio reportage fotografico della sua presentazione.
Altro vari materiale testimoniale e documentario - cartaceo, pittorico, video, audio e di memorabilia - e' disperso tra varie altre persone ancora: la realizzazione di una serie di iniziative di commemorazione potrebbe anche essere occasione per raccoglierlo finalmente in un "Archivio Alfio Pannega" che ne tenga viva la memoria oltre la circostanza del centenario.
*
Senza alcun altro titolo che quello di cittadino viterbese e di vecchio amico e compagno di lotte di Alfio Pannega, auspicherei vivamente che il Comune di Viterbo, in nome e per conto dell'intera cittadinanza ed ovviamente con l'unanime persuasa partecipazione dell'intera Giunta e dell'intero Consiglio Comunale, realizzasse nel corso di quest'anno una o piu' iniziative di ricordo da parte della citta' di Viterbo di uno dei suoi figli piu' generosi e piu' amati da ogni persona di volonta' buona e di retto sentire.
*
So - e confido - che anche altri soggetti, istituzionali e non, ed in primo luogo i suoi vecchi amici e compagni di vita e di lotte, l'associazionismo democratico piu' strenuamente impegnato in difesa della Costituzione della Repubblica italiana e dei suoi principi fondamentali di pace e di solidarieta' in questi tempi terribili di guerre ed orrori in tante parti del mondo, si predispongono a realizzare iniziative commemorative, e tutte queste iniziative meritano il piu' ampio e profondo apprezzamento e sostegno; ma mi sembra evidente che naturalmente incomba innanzitutto all'Amministrazione Comunale rendere l'omaggio della citta' e del popolo viterbese al sensibile poeta e al generoso militante per la causa della preservazione della natura e della cultura, della giustizia e della liberta', della liberazione di tutti i popoli e di tutte le persone oppresse, della solidarieta' che ogni persona riconosca e raggiunga e difenda e sostenga, della pace e del bene comune dell'umanita' intera, che Alfio Pannega e' stato lungo l'intero corso della sua vita.
*
Allego in calce una minima notizia biobibliografica.
Vogliate gradire distinti saluti,
Peppe Sini, cittadino viterbese
Viterbo, 21 febbraio 2025
* * *
Una minima notizia su Alfio Pannega
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna a ridosso ed entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010, a cura di Antonello Ricci e Alfonso Prota): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti.
Molte fotografie di Alfio scattate da Mario Onofri, artista visivo profondo e generoso compagno di lotte che gli fu amico e che anche lui ci ha lasciato anni fa, sono disperse tra vari amici di entrambi, ed altre ancora restano inedite nell'immenso, prezioso archivio fotografico di Mario, che tuttora attende curatela e pubblicazione.
Negli ultimi anni il regista ed attore Pietro Benedetti, che gli fu amico, ha sovente con forte empatia rappresentato - sulle scene teatrali, ma soprattutto nelle scuole e nelle piazze, nei luoghi di aggregazione sociale e di impegno politico, di memoria resistente all'ingiuria del tempo e alla violenza dei potenti - un monologo dal titolo "Allora ero giovane pure io" dalle memorie di Alfio ricavato, personalmente interpretandone e facendone cosi' rivivere drammaturgicamente la figura.
La proposta di costituire un "Archivio Alfio Pannega" per raccogliere, preservare e mettere a disposizione della collettivita' le tracce della sua vita e delle sue lotte, e' restata fin qui disattesa.
Alcuni testi commemorativi sono stati piu' volte pubblicati sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino", ad esempio negli "Archivi della nonviolenza in cammino" nn. 56, 57, 58, 60; cfr. anche il fascicolo monografico dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 265 ed ancora i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" nn. 907-909, 1172, 1260, 1261, 1272, 1401, 1622-1624, 1763, 1971, 2108-2113, 2115, 2329, 2331, 2334-2335, 2476-2477, 2479, 2694, 2833, 3049, 3051-3052, 3369-3373, 3448, 3453, 3515-3517, 3725, 4089-4091, 4235-4236, 4452, 4455-4458, 4599-4601, 4819-4821, 4962-4965, 5184-5187, 5328, 5331, 5477, i fascicoli di "Coi piedi per terra" n. 546 e 548-552, e "Voci e volti della nonviolenza" nn. 687-691, 754-755, 881, il fascicolo di "Ogni vittima ha il volto di Abele" n. 170, i fascicoli di "Una persona, un voto" nn. 88-90, 206, 209, i fascicoli de "La domenica della nonviolenza" nn. 420 e 511, i fascicoli de "La nonviolenza contro il razzismo" nn. 202-206, 213, 437-438, 445-446, i fascicoli de "La biblioteca di Zorobabele" nn. 430-433.
5. MAESTRI. GIACOMO LEOPARDI: LA GINESTRA O IL FIORE DEL DESERTO
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce
Giovanni, III, 19
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor ne' fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
De' tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna de' mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiar di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi de' potenti
Gradito ospizio; e fur citta' famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
E' il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potra' dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e puo' con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive.
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra se. Non io
Con tal vergogna scendero' sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avro' quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'eta' propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Liberta' vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civilta', che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Cosi' ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci die'. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fe' palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che se schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama se ne' stima
Ricco d'or ne' gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma se di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io gia', ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicita', quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge si', che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura e' quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra se nel soffrir, ne' gli odii e l'ire
Fraterne, ancor piu' gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma da' la colpa a quella
Che veramente e' rea, che de' mortali
Madre e' di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome e' il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra se confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede cosi', qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul piu' vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Cosi' fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probita' del volgo
Cosi' star suole in piede
Quale star puo' quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e sulla mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo voto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo e' nulla,
Sconosciuto e' del tutto; e quando miro
Quegli ancor piu' senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o cosi' paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiu', di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Co' tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente eta', che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pieta' prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui la' nel tardo autunno
Maturita' senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; cosi' d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli,
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar la' su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e citta' nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo pie' quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom piu' stima o cura
Che alla formica: e se piu' rara in quello
Che nell'altra e' la strage,
Non avvien cio' d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcar poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta piu' mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando piu' volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pieta' rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per voti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Cosi', dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per si' lungo cammino,
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternita' s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Gia' noto, stendera' l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Ne' sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma piu' saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
6. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Jean Amery, Il nuovo antisemitismo. Interventi 1969-1978, Bollati Boringhieri, Torino 2025, pp. 128, euro 16.
- Angela Davis, Cinquant'anni di lotte. Interviste, Minimum Fax, Roma 2024, pp. 336, euro 20.
*
Riletture
- Agnes Heller, L'uomo del Rinascimento, La Nuova Italia, Firenze 1977, pp. VI + 686.
- Mario Pozzi (a cura di), Trattati d'amore del Cinquecento, Laterza, Roma-Bari 1912, 1980, pp. LXII + 360.
*
Riedizioni
- Seishu Hase, Il bambino e il cane, Marsilio, Venezia 2022, Mondadori, Milano 2025, pp. 242, euro 8,90.
- Li Kotomi, L'isola dei gigli rossi, Mondadori, Milano 2023, Rcs, Milano 2025, pp. 160, euro 9,99 (in supplemento al "Corriere della sera").
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
9. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5485 del 23 febbraio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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