[Nonviolenza] Telegrammi. 5457



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5457 del 26 gennaio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Avvicinandosi il giorno della memoria delle vittime della Shoah, intensifichiamo l'impegno contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni, contro tutte le violenze
2. Il 27 gennaio, "Giorno della memoria", si realizzino ovunque iniziative di studio, di riflessione, di testimonianza e d'impegno
3. Alcuni testi di Primo Levi
4. Erik Ortiz and Daniel Arkin: Biden commutes life sentence of Leonard Peltier, Native American activist imprisoned for almost 50 years
5. Lorenzo Poli: Dopo 50 anni in carcere l'attivista indigeno Leonard Peltier "liberato" da Biden
6. Roberto Fantini: Leonard Peltier finalmente a casa (dopo mezzo secolo di ingiusta detenzione)
7. Centro studi "Sereno Regis": Leonard Peltier: "Finalmente e' finita, torno a casa"
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. L'ORA. AVVICINANDOSI IL GIORNO DELLA MEMORIA DELLE VITTIME DELLA SHOAH, INTENSIFICHIAMO L'IMPEGNO CONTRO TUTTE LE UCCISIONI, CONTRO TUTTE LE PERSECUZIONI, CONTRO TUTTE LE VIOLENZE

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Salvare le vite e' il primo dovere.

2. INIZIATIVE. IL 27 GENNAIO, "GIORNO DELLA MEMORIA", SI REALIZZINO OVUNQUE INIZIATIVE DI STUDIO, DI RIFLESSIONE, DI TESTIMONIANZA E D'IMPEGNO

Il 27 gennaio, "Giorno della memoria", si realizzino ovunque iniziative di studio, di riflessione, di testimonianza e d'impegno.
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Testo della Legge 20 luglio 2000, n. 211: "Istituzione del Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti"
Art. 1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonche' coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Art. 2. In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto e' accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinche' simili eventi non possano mai piu' accadere.
*
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Opporsi alla guerra e a tutte le uccisioni, opporsi al razzismo e a tutte le persecuzioni, opporsi al maschilismo e a tutte le oppressioni.
Salvare le vite e' il primo dovere.

3. MAESTRI. ALCUNI TESTI DI PRIMO LEVI
[Riproponiamo ancora una volta i seguenti testi.
Primo Levi e' nato a Torino nel 1919, e qui e' tragicamente scomparso nel 1987. Chimico, partigiano, deportato nel lager di Auschwitz, sopravvissuto, fu per il resto della sua vita uno dei piu' grandi testimoni della dignita' umana ed un costante ammonitore a non dimenticare l'orrore dei campi di sterminio. Le sue opere e la sua lezione costituiscono uno dei punti piu' alti dell'impegno civile in difesa dell'umanita'. Opere di Primo Levi: fondamentali sono Se questo e' un uomo, La tregua, Il sistema periodico, La ricerca delle radici, L'altrui mestiere, I sommersi e i salvati, tutti presso Einaudi; presso Garzanti sono state pubblicate le poesie di Ad ora incerta; sempre presso Einaudi nel 1997 e' apparso un volume di Conversazioni e interviste. Altri libri: Storie naturali, Vizio di forma, La chiave a stella, Lilit, Se non ora, quando?, tutti presso Einaudi; ed Il fabbricante di specchi, edito da "La Stampa". Ora l'intera opera di Primo Levi (e una vastissima selezione di pagine sparse) e' raccolta nei due volumi delle Opere, Einaudi, Torino 1997, a cura di Marco Belpoliti, cui si e' aggiunto un terzo volume, Opere complete III, Einaudi, Torino 2018, sempre a cura di Marco Belpoliti, che raccoglie conversazioni, interviste, dichiarazioni, bibliografia e indici. Tra le opere su Primo Levi: AA. VV., Primo Levi: il presente del passato, Angeli, Milano 1991; AA. VV., Primo Levi: la dignita' dell'uomo, Cittadella, Assisi 1994; Marco Belpoliti, Primo Levi, Bruno Mondadori, Milano 1998; Massimo Dini, Stefano Jesurum, Primo Levi: le opere e i giorni, Rizzoli, Milano 1992; Ernesto Ferrero (a cura di), Primo Levi: un'antologia della critica, Einaudi, Torino 1997; Ernesto Ferrero, Primo Levi. La vita, le opere, Einaudi, Torino 2007; Giuseppe Grassano, Primo Levi, La Nuova Italia, Firenze 1981; Gabriella Poli, Giorgio Calcagno, Echi di una voce perduta, Mursia, Milano 1992; Anna Bravo, Raccontare per la storia, Einaudi, Torino 2014; Claudio Toscani, Come leggere "Se questo e' un uomo" di Primo Levi, Mursia, Milano 1990; Fiora Vincenti, Invito alla lettura di Primo Levi, Mursia, Milano 1976. Cfr. anche il sito del Centro Internazionale di Studi Primo Levi (www.primolevi.it)]

Primo Levi: Shema'
[Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre Se questo e' un uomo), ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 525]

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo e' un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un si' o per un no.
Considerate se questa e' una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza piu' forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.

Meditate che questo e' stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

10 gennaio 1946

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Primo Levi: Alzarsi
[Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre La tregua), ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 526]

Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
Tornare; mangiare; raccontare.
Finche' suonava breve sommesso
Il comando dell'alba:
"Wstawac":
E si spezzava in petto il cuore.

Ora abbiamo ritrovato la casa,
Il nostro ventre e' sazio,
Abbiamo finito di raccontare.
E' tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
"Wstawac".

11 gennaio 1946

*

Primo Levi: Si immagini ora un uomo...
[Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 21]

Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sara' un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignita' e discernimento, poiche' accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potra' a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinita' umana; nel caso piu' fortunato, in base ad un puro giudizio di utilita'. Si comprendera' allora il duplice significato del termine "Campo di annientamento"...

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Primo Levi: Che appunto perche'...
[Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 35]

Che appunto perche' il Lager e' una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare; che anche in questo luogo si puo' sopravvivere, e percio' si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza; e che per vivere e' importante sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l'impalcatura, la forma della civilta'. Che siamo schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi certa, ma che una facolta' ci e' rimasta, e dobbiamo difenderla con ogni vigore perche' e' l'ultima: la facolta' di negare il nostro consenso.

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Primo Levi: Verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945
[Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, pp. 205-206]

La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla (...).
Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi (...).
Non salutavano, non sorridevano, apparivano oppressi, oltre che da pieta', da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volonta' buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa.

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Primo Levi: Hurbinek
[Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 216]

Hurbinek, che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero; Hurbinek, che aveva combattuto come un uomo, fino all'ultimo respiro, per conquistarsi l'entrata nel mondo degli uomini, da cui una potenza bestiale lo aveva bandito; Hurbinek, il senzanome, il cui minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz; Hurbinek mori' ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie parole.

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Primo Levi: Approdo
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 542]

Felice l'uomo che ha raggiunto il porto,
Che lascia dietro se' mari e tempeste,
I cui sogni sono morti o mai nati;
E siede e beve all'osteria di Brema,
Presso al camino, ed ha buona pace.
Felice l'uomo come una fiamma spenta,
Felice l'uomo come sabbia d'estuario,
Che ha deposto il carico e si e' tersa la fronte
E riposa al margine del cammino.
Non teme ne' spera ne' aspetta,
Ma guarda fisso il sole che tramonta.

10 settembre 1964

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Primo Levi: La bambina di Pompei
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 549]

Poiche' l'angoscia di ciascuno e' la nostra
Ancora riviviamo la tua, fanciulla scarna
Che ti sei stretta convulsamente a tua madre
Quasi volessi ripenetrare in lei
Quando al meriggio il cielo si e' fatto nero.
Invano, perche' l'aria volta in veleno
E' filtrata a cercarti per le finestre serrate
Della tua casa tranquilla dalle robuste pareti
Lieta gia' del tuo canto e del tuo timido riso.
Sono passati i secoli, la cenere si e' pietrificata
A incarcerare per sempre codeste membra gentili.
Cosi' tu rimani tra noi, contorto calco di gesso,
Agonia senza fine, terribile testimonianza
Di quanto importi agli dei l'orgoglioso nostro seme.
Ma nulla rimane fra noi della tua lontana sorella,
Della fanciulla d'Olanda murata fra quattro mura
Che pure scrisse la sua giovinezza senza domani:
La sua cenere muta e' stata dispersa dal vento,
La sua breve vita rinchiusa in un quaderno sgualcito.
Nulla rimane della scolara di Hiroshima,
Ombra confitta nel muro dalla luce di mille soli,
Vittima sacrificata sull'altare della paura.
Potenti della terra padroni di nuovi veleni,
Tristi custodi segreti del tuono definitivo,
Ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo.
Prima di premere il dito, fermatevi e considerate.

20 novembre 1978

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Primo Levi: Non ci sono demoni...
[Da Primo Levi, La ricerca delle radici, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 1519]

Non ci sono demoni, gli assassini di milioni di innocenti sono gente come noi, hanno il nostro viso, ci rassomigliano. Non hanno sangue diverso dal nostro, ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa, la strada dell'ossequio e del consenso, che e' senza ritorno.

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Primo Levi: Partigia
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 561]

Dove siete, partigia di tutte le valli,
Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?
Molti dormono in tombe decorose,
Quelli che restano hanno i capelli bianchi
E raccontano ai figli dei figli
Come, al tempo remoto delle certezze,
Hanno rotto l'assedio dei tedeschi
La' dove adesso sale la seggiovia.
Alcuni comprano e vendono terreni,
Altri rosicchiano la pensione dell'Inps
O si raggrinzano negli enti locali.
In piedi, vecchi: per noi non c'e' congedo.
Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
Lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
Con molti inverni nel filo della schiena.
Il pendio del sentiero ci sara' duro,
Ci sara' duro il giaciglio, duro il pane.
Ci guarderemo senza riconoscerci,
Diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi.
Come allora, staremo di sentinella
Perche' nell'alba non ci sorprenda il nemico.
Quale nemico? Ognuno e' nemico di ognuno,
Spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
La mano destra nemica della sinistra.
In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
La nostra guerra non e' mai finita.

23 luglio 1981

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Primo Levi: Il superstite
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 576]

a B. V.

Since then, at an uncertain hour,
Dopo di allora, ad ora incerta,
Quella pena ritorna,
E se non trova chi lo ascolti
Gli brucia in petto il cuore.
Rivede i visi dei suoi compagni
Lividi nella prima luce,
Grigi di polvere di cemento,
Indistinti per nebbia,
Tinti di morte nei sonni inquieti:
A notte menano le mascelle
Sotto la mora greve dei sogni
Masticando una rapa che non c'e'.
"Indietro, via di qui, gente sommersa,
Andate. Non ho soppiantato nessuno,
Non ho usurpato il pane di nessuno,
Nessuno e' morto in vece mia. Nessuno.
Ritornate alla vostra nebbia.
Non e' mia colpa se vivo e respiro
E mangio e bevo e dormo e vesto panni".

4 febbraio 1984

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Primo Levi: Contro il dolore
[Da Primo Levi, L'altrui mestiere, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 675]

E' difficile compito di ogni uomo diminuire per quanto puo' la tremenda mole di questa "sostanza" che inquina ogni vita, il dolore in tutte le sue forme; ed e' strano, ma bello, che a questo imperativo si giunga anche a partire da presupposti radicalmente diversi.

*

Primo Levi: Canto dei morti invano
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 615]

Sedete e contrattate
A vostra voglia, vecchie volpi argentate.
Vi mureremo in un palazzo splendido
Con cibo, vino, buoni letti e buon fuoco
Purche' trattiate e contrattiate
Le vite dei vostri figli e le vostre.
Che tutta la sapienza del creato
Converga a benedire le vostre menti
E vi guidi nel labirinto.
Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi,
L'esercito dei morti invano,
Noi della Marna e di Montecassino
Di Treblinka, di Dresda e di Hiroshima:
E saranno con noi
I lebbrosi e i tracomatosi,
Gli scomparsi di Buenos Aires,
I morti di Cambogia e i morituri d'Etiopia,
I patteggiati di Praga,
Gli esangui di Calcutta,
Gl'innocenti straziati a Bologna.
Guai a voi se uscirete discordi:
Sarete stretti dal nostro abbraccio.
Siamo invincibili perche' siamo i vinti.
Invulnerabili perche' gia' spenti:
Noi ridiamo dei vostri missili.
Sedete e contrattate
Finche' la lingua vi si secchi:
Se dureranno il danno e la vergogna
Vi annegheremo nella nostra putredine.

14 gennaio 1985

*

Primo Levi: Agli amici
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 623]

Cari amici, qui dico amici
Nel senso vasto della parola:
Moglie, sorella, sodali, parenti,
Compagne e compagni di scuola,
Persone viste una volta sola
O praticate per tutta la vita:
Purche' fra noi, per almeno un momento,
Sia stato teso un segmento,
Una corda ben definita.

Dico per voi, compagni d'un cammino
Folto, non privo di fatica,
E per voi pure, che avete perduto
L'anima, l'animo, la voglia di vita.
O nessuno, o qualcuno, o forse un solo, o tu
Che mi leggi: ricorda il tempo
Prima che s'indurisse la cera,
Quando ognuno era come un sigillo.
Di noi ciascuno reca l'impronta
Dell'amico incontrato per via;
In ognuno la traccia di ognuno.
Per il bene od il male
In saggezza o in follia
Ognuno stampato da ognuno.

Ora che il tempo urge da presso,
Che le imprese sono finite,
A voi tutti l'augurio sommesso
Che l'autunno sia lungo e mite.

16 dicembre 1985

*

Primo Levi: La vergogna del mondo
[Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1157-1158]

E c'e' un'altra vergogna piu' vasta, la vergogna del mondo. E' stato detto memorabilmente da John Donne, e citato innumerevoli volte, a proposito e non, che "nessun uomo e' un'isola", e che ogni campana di morte suona per ognuno. Eppure c'e' chi davanti alla colpa altrui, o alla propria, volge le spalle, cosi' da non vederla e non sentirsene toccato: cosi' hanno fatto la maggior parte dei tedeschi nei dodici anni hitleriani, nell'illusione che il non vedere fosse un non sapere, e che il non sapere li alleviasse dalla loro quota di complicita' o di connivenza. Ma a noi lo schermo dell'ignoranza voluta, il "partial shelter" di T. S. Eliot, e' stato negato: non abbiamo potuto non vedere. Il mare di dolore, passato e presente, ci circondava, ed il suo livello e' salito di anno in anno fino quasi a sommergerci. Era inutile chiudere gli occhi o volgergli le spalle, perche' era tutto intorno, in ogni direzione fino all'orizzonte. Non ci era possibile, ne' abbiamo voluto, essere isole; i giusti fra noi, non piu' ne' meno numerosi che in qualsiasi altro gruppo umano, hanno provato rimorso, vergogna, dolore insomma, per la colpa che altri e non loro avevano commessa, ed in cui si sono sentiti coinvolti, perche' sentivano che quanto era avvenuto intorno a loro, ed in loro presenza, e in loro, era irrevocabile. Non avrebbe potuto essere lavato mai piu'; avrebbe dimostrato che l'uomo, il genere umano, noi insomma, eravamo potenzialmente capaci di costruire una mole infinita di dolore; e che il dolore e' la sola forza che si crei dal nulla, senza spesa e senza fatica. Basta non vedere, non ascoltare, non fare.

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Primo Levi: Il nocciolo di quanto abbiamo da dire
[Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1149-1150]

L'esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti e' estranea alle nuove generazioni dell'Occidente, e sempre piu' estranea si va facendo a mano a mano che passano gli anni (...).
Per noi, parlare con i giovani e' sempre piu' difficile. Lo percepiamo come un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati. Dobbiamo essere ascoltati: al di sopra delle nostre esperienze individuali, siamo stati collettivamente testimoni di un evento fondamentale ed inaspettato, fondamentale appunto perche' inaspettato, non previsto da nessuno. E' avvenuto contro ogni previsione; e' avvenuto in Europa; incredibilmente, e' avvenuto che un intero popolo civile, appena uscito dalla fervida fioritura culturale di Weimar, seguisse un istrione la cui figura oggi muove al riso; eppure Adolf Hitler e' stato obbedito ed osannato fino alla catastrofe. E' avvenuto, quindi puo' accadere di nuovo: questo e' il nocciolo di quanto abbiamo da dire.

*

Primo Levi: Al visitatore
[Da Primo Levi, testo pubblicato per l'inaugurazione del Memorial in onore degli italiani caduti nei campi di sterminio nazisti, ora in Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, pp. 1335-1336]

La storia della Deportazione e dei campi di sterminio, la storia di questo luogo, non puo' essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa: dai primi incendi delle Camere del Lavoro nell'Italia del 1921, ai roghi di libri sulle piazze della Germania del 1933, alla fiamma nefanda dei crematori di Birkenau, corre un nesso non interrotto. E' vecchia sapienza, e gia' cosi' aveva ammonito Heine, ebreo e tedesco: chi brucia libri finisce col bruciare uomini, la violenza e' un seme che non si estingue.
E' triste ma doveroso rammentarlo, agli altri ed a noi stessi: il primo esperimento europeo di soffocazione del movimento operaio e di sabotaggio della democrazia e' nato in Italia. E' il fascismo, scatenato dalla crisi del primo dopoguerra, dal mito della "vittoria mutilata", ed alimentato da antiche miserie e colpe; e dal fascismo nasce un delirio che si estendera', il culto dell'uomo provvidenziale, l'entusiasmo organizzato ed imposto, ogni decisione affidata all'arbitrio di un solo.
Ma non tutti gli italiani sono stati fascisti: lo testimoniamo noi, gli italiani che siamo morti qui. Accanto al fascismo, altro filo mai interrotto, e' nato in Italia, prima che altrove, l'antifascismo. Insieme con noi testimoniano tutti coloro che contro il fascismo hanno combattuto e che a causa del fascismo hanno sofferto, i martiri operai di Torino del 1923, i carcerati, i confinati, gli esuli, ed i nostri fratelli di tutte le fedi politiche che sono morti per resistere al fascismo restaurato dall'invasore nazionalsocialista.
E testimoniano insieme a noi altri italiani ancora, quelli che sono caduti su tutti i fronti della II Guerra Mondiale, combattendo malvolentieri e disperatamente contro un nemico che non era il loro nemico, ed accorgendosi troppo tardi dell'inganno. Sono anche loro vittime del fascismo: vittime inconsapevoli.
Noi non siamo stati inconsapevoli. Alcuni fra noi erano partigiani; combattenti politici; sono stati catturati e deportati negli ultimi mesi di guerra, e sono morti qui, mentre il Terzo Reich crollava, straziati dal pensiero della liberazione cosi' vicina.
La maggior parte fra noi erano ebrei: ebrei provenienti da tutte le citta' italiane, ed anche ebrei stranieri, polacchi, ungheresi, jugoslavi, cechi, tedeschi, che nell'Italia fascista, costretta all'antisemitismo dalle leggi di Mussolini, avevano incontrato la benevolenza e la civile ospitalita' del popolo italiano. Erano ricchi e poveri, uomini e donne, sani e malati.
C'erano bambini fra noi, molti, e c'erano vecchi alle soglie della morte, ma tutti siamo stati caricati come merci sui vagoni, e la nostra sorte, la sorte di chi varcava i cancelli di Auschwitz, e' stata la stessa per tutti. Non era mai successo, neppure nei secoli piu' oscuri, che si sterminassero esseri umani a milioni, come insetti dannosi: che si mandassero a morte i bambini e i moribondi. Noi, figli di cristiani ed ebrei (ma non amiamo queste distinzioni) di un paese che e' stato civile, e che civile e' ritornato dopo la notte del fascismo, qui lo testimoniamo.
In questo luogo, dove noi innocenti siamo stati uccisi, si e' toccato il fondo delle barbarie. Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli, le ceneri di Auschwitz valgano di ammonimento: fa che il frutto orrendo dell'odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, ne' domani ne' mai.

4. DOCUMENTAZIONE. ERIK ORTIZ AND DANIEL ARKIN: BIDEN COMMUTES LIFE SENTENCE OF LEONARD PELTIER, NATIVE AMERICAN ACTIVIST IPRISONED FOR ALMOST 50 YEARS
[Dal sito www.nbcnews.com riprendiamo e diffondiamo]

Biden commutes life sentence of Leonard Peltier, Native American activist imprisoned for almost 50 years
The commutation will allow Peltier, who has long maintained his innocence in the killing of two FBI agents, to spend his remaining days in home confinement.
*
Joe Biden, in one of his final acts as president Monday, commuted the life sentence of Native American rights activist Leonard Peltier, who was convicted of killing two FBI agents on the Pine Ridge Indian Reservation and of escaping from federal prison.
Peltier, who is 80 years old, has been imprisoned for almost five decades. He has been in declining health in recent years from diabetes, hypertension, partial blindness from a stroke and bouts of Covid.
In a statement, the White House said the commutation will enable Peltier to spend his remaining days in home confinement, "but will not pardon him for his underlying crimes."
Peltier's daughter, Kathy Peltier, said she was in shock after learning what Biden had done after past presidential requests for clemency were unsuccessful.
"I'm just thankful that he had the balls and the guts to do it," she said of Biden's decision.
The family of one of the two agents fatally shot, Jack Coler, expressed frustration on Monday, arguing that a parole board rejection of supervised release in June was based on a sincere review of the case.
"The Coler family is frustrated and very angry after years of fighting to keep Peltier incarcerated," it said. "The board decided against granting Peltier parole. This fact makes President Biden's decision for a last-minute commutation more surprising and extremely disappointing."
In a statement provided by the NDN Collective, an Indigenous-led advocacy organization, Peltier said he was ready to leave prison.
"It's finally over - I'm going home," Peltier said. "I want to show the world I'm a good person with a good heart."
The U.S. Parole Commission in July denied Peltier's latest bid for release, which left his fate in the hands of Biden. Peltier has long maintained his innocence, and his commutation has drawn fierce opposition from members of law enforcement who contend that his two consecutive life sentences are just in the fatal shootings of FBI agents Coler and Ron Williams in 1975 in South Dakota.
Christopher Wray, who became FBI director in 2017 before he retired Monday as President Donald Trump took office for his second term, had tried to persuade Biden not to commute Peltier's sentence, arguing in a letter this month that it would be "wholly unjustified and would be an affront to the rule of law."
"Mr. President, I urge you in the strongest terms possible: Do not pardon Leonard Peltier or cut his sentence short," Wray wrote.
Biden's commutation announcement came just minutes before Trump's inauguration. Trump did not act on Peltier's clemency request during his first term, and other presidents, Democrats and Republicans alike, also declined to intervene.
In a statement, the attorney who advocated for Peltier's parole praised the outgoing president.
"President Biden took an enormous step toward healing and reconciliation with the Native American people in this country," said the attorney, Kevin Sharp. "It took nearly 50 years to acknowledge the injustice of Leonard Peltier's conviction and continued incarceration, but with the President's act of mercy Leonard can finally return to his reservation and live out his remaining days."
Peltier told NBC News in 2022 that he wasn't interested in a presidential pardon because it would be granted for a crime he insists he is innocent of. Instead, he said, he wanted the opportunity to get out of prison and get a new trial.
"I would love to go home," Peltier said by phone from the Federal Correctional Complex Coleman in Florida. "My family wants to take care of me. My tribe wants to take care of me."
Over the decades, human rights and faith leaders, including Pope Francis and the Dalai Lama, and Nobel Peace Prize recipients such as Nelson Mandela and Bishop Desmond Tutu, have backed Peltier's release.
Peltier's story was exposed to MTV viewers in the 1990s in the video for Rage Against the Machine's, "Freedom," a breakout that helped the now-defunct alternative rock band become a voice for progressive causes and marginalized people.
On Monday, band cofounder Tom Morello rejoiced and rededicated the song to Peltier, saying on X, "Leonard has become a friend over the years and I am so glad at 80 years old and in poor health he will be able to spend his remaining years with family and friends."
Nick Tilsen, CEO of the NDN Collective, said Peltier's conviction was emblematic of the struggle between Native Americans and the federal government, particularly on Indigenous lands.
"Leonard Peltier's liberation is our liberation - we will honor him by bringing him back to his homelands to live out the rest of his days surrounded by loved ones, healing, and reconnecting with his land and culture," Tilsen said in a statement.
But law enforcement organizations have accused Peltier's supporters of trying to be misleading about the events that led to his arrest and conviction.
Natalie Bara, the president of the FBI Agents Association, which advocates for active and retired agents, said it is "outraged" by Biden's reprieve for Peltier.
"This last-second, disgraceful act by then-President Biden, which does not change Peltier's guilt but does release him from prison, is cowardly and lacks accountability," Bara said in a statement. "It is a cruel betrayal to the families and colleagues of these fallen Agents and is a slap in the face of law enforcement."
On June 26, 1975, Coler and Williams were on the Pine Ridge Indian Reservation in South Dakota to arrest a man on a federal warrant in connection with the theft of cowboy boots, according to the agency's investigative files.
While they were there, the agents radioed that they had come under fire in a shootout that lasted 10 minutes, the FBI said. Both men were fatally shot at close range. According to the officials, Peltier - a member of the Turtle Mountain Band of Chippewa Indians and then an activist with the American Indian Movement, a grassroots Indigenous rights group - was identified as the only person on the reservation in possession of the type of weapon that could fire the type of bullet that killed the agents.
But dozens of people had participated in the gunfight; at trial, two co-defendants were acquitted after they claimed self-defense. When Peltier was tried separately in 1977, no witnesses who could identify him as the shooter were presented, and unknown to his defense lawyers at the time, the federal government had withheld a ballistics report indicating the fatal bullets didn't come from his weapon, according to court documents Peltier filed on appeal.
The FBI, however, maintained that his conviction was "rightly and fairly obtained" and "has withstood numerous appeals to multiple courts, including the U.S. Supreme Court."
Kathy Peltier said she last saw her father in prison before the start of the Covid pandemic. She said the family is now "crying tears of joy" to know that he will be able to return to them and see his dozen great-grandchildren and all the people who supported him for decades.
"It's a relief," Kathy Peltier said. "We'll actually be able to hug him, really hug him, and sit around for hours and not have a time limit and talk. There's so much he's missed out on."

5. DOCUMENTAZIONE. LORENZO POLI: DOPO 50 ANNI IN CARCERE L'ATTIVISTA INDIGENO LEONARD PELTIER "LBERATO" DA BIDEN
[dl sito di "Left" riprendiamo e diffondiamo]

Il presidente uscente ha commutato in arresti domiciliari la pena all'ergastolo anche se non e' la executive clemency per cui da anni si battono i movimenti per i diritti umani. L'atto di clemenza per l'anziano attivista era stato chiesto anche dall'ex pubblico ministero che aveva contribuito a condannare Peltier per l'uccisione di due agenti: "Un procedimento ingiusto"
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Finalmente dopo mesi di raccolta firme, messaggi, lettere, appelli a Joe Biden per promulgare la executive clemency e pressioni sulla stampa mainstream per poter continuare a sensibilizzare sulla condizione di Leonard Peltier, ieri e' arrivata la commutazione della pena.
Quando venne arrestato, il destino di Peltier era gia' segnato. Il processo fu una farsa che ricalco' un copione gia' scritto, con prove inesistenti o costruite e testimonianze ritrattate. La giuria che condanno' Peltier era formata da soli bianchi in una citta' come Fargo, storicamente anti-indigena, e il processo venne presieduto da un giudice noto per il suo razzismo. Dopo cinque anni, accurati esami balistici riuscirono a provare che i proiettili che uccisero i due agenti non appartenevano all'arma di Leonard, e molti dei testimoni che lo accusarono ritirarono le loro dichiarazioni, confessando di essere stati minacciati dall'Fbi. Nel 2021 a chiedere la grazia per Peltier e' stato James H. Reynolds, lo stesso procuratore capo nel caso Peltier ed ex procuratore degli Stati Uniti, il quale ha scritto a Biden dicendo: "Scrivo oggi da una posizione inconsueta per un ex pubblico ministero, per supplicarvi di commutare la pena di un uomo che ho contribuito a mettere dietro le sbarre. Con il tempo e col senno di poi, mi sono reso conto che il procedimento giudiziario e la lunga incarcerazione del signor Peltier erano e sono ingiusti". Un'ammissione di colpa che ci porta a dire chiaramente che nel 1976 Peltier fu condannato a due ergastoli, dopo un processo segnato da razzismo anti-indigeno, discriminazione e pregiudizio.
Ieri, Joe Biden, al posto di dare la executive clemency a Peltier per fare pace con gli anni Settanta ed ammettere le responsabilita' degli Usa in un tale episodio di repressione, ha deciso di dare un contentino.
Non sappiamo sinceramente se possiamo cantare vittoria. Non era cio' che ci aspettavamo. Stiamo parlando di un ottantenne innocuo detenuto ingiustamente da circa cinquant'anni per motivi politici, le cui condizioni di salute sono drasticamente peggiorate negli ultimi mesi. Sicuramente, se Leonard Peltier sara' agli arresti domiciliari e non rinchiuso al buio di un carcere, e' merito di tutti coloro che in questi mesi hanno fatto pressioni costringendo il governo a prendere una decisione diversa, ma non crediamo che un contentino sia una "vittoria". Non crediamo che si possa chiamare "vita" una vita vissuta fino a trent'anni e sospesa fino agli ottanta. L'America suprematista, ancora una volta, decide di non voler fare i conti con il proprio maccarthismo, la sua repressione e la sua violazione dei diritti umani.

6. DOCUMENTAZIONE. ROBERTO FANTINI: LEONARD PELTIER FINALMENTE A CASA (DOPO MEZZO SECOLO DI INGIUSTA DETENZIONE)
[Dal sito www.flipnews.org riprendiamo e diffondiamo]

"Nel caso di Peltier si sono verificate enormi anomalie giudiziarie. Leonard Peltier e' una persona piena di umanita' e per questa ragione io saro' accanto a tutti coloro che lo sostengono finche' non lo vedremo libero"
(Rigoberta Menchu')
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Dopo innumerevoli raccolte di firme, messaggi, lettere e appelli, il presidente Biden, giunto al termine del suo mandato, ha deciso di commutare la pena di Leonard Peltier, consentendo all'anziano e malato nativo americano, difensore dei diritti umani, di uscire finalmente dal carcere e di potersi recare agli arresti domiciliari.
Di cio' hanno dato notizia i principali organi di informazione statunitensi, e l'atto di "Executive Grant of Clemency" e' visionabile sul sito www.freeleonardpeltiernow.org
Peltier, esponente di spicco del Movimento degli indiani americani, venne condannato all'ergastolo nel 1977, in relazione all'omicidio di due agenti dell'Fbi, verificatosi due anni prima, in seguito ad un processo palesemente iniquo, condizionato pesantemente da pregiudizi di ordine razzista.
Tra l'altro, dopo cinque anni, ripetuti esami balistici approdarono alla conclusione oggettiva che i proiettili che causarono la morte degli agenti non appartenevano all'arma di Leonard, e molti testimoni ammisero che le accuse avanzate nei suoi confronti erano frutto delle minacce subite da parte dell'Fbi.
Nel 2021, lo stesso procuratore capo del processo, James H. Reynolds, si rivolse a Biden con le seguenti inequivocabili dichiarazioni: "Scrivo oggi da una posizione inconsueta per un ex pubblico ministero, per supplicarvi di commutare la pena di un uomo che ho contribuito a mettere dietro le sbarre. Con il tempo e col senno di poi, mi sono reso conto che il procedimento giudiziario e la lunga incarcerazione del signor Peltier erano e sono ingiusti".
Nel corso di questo mezzo secolo di ingiusta detenzione, si sono espresse a favore della liberazione di Peltier associazioni umanitarie come Amnesty International e il Movimento Nonviolento, istituzioni internazionali come il Parlamento Europeo e l'ONU, nonche' importanti figure della cultura e del mondo religioso, da Nelson Mandela a madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama a Papa Francesco, da Desmond Tutu ad Howard Zinn. In Italia, merita di essere segnalato l'assiduo ed ammirevole impegno portato avanti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" della citta' di Viterbo.
Recentemente, il prestigioso quotidiano The Guardian ha dedicato a Leonard Peltier un ampio articolo, ricostruendo sinteticamente la sua vicenda, dichiarando in particolare quanto segue: "E' ampiamente noto che il governo federale ha incastrato Peltier in prigione trattenendo e falsificando le prove, costringendo i testimoni e forzando un cambio di giurisdizione, tra gli altri atti di cattiva condotta e malizia dell'accusa. Il procuratore degli Stati Uniti James Reynolds, il cui ufficio ha gestito l'accusa e l'appello del caso, ha rilasciato delle scuse pubbliche nel 2021, riconoscendo che il governo federale non e' riuscito a "dimostrare che il signor Peltier abbia commesso personalmente alcun reato nella riserva di Pine Ridge". Da allora Reynolds ha chiesto a Biden di rilasciare Peltier. La dichiarazione di Reynolds da sola avrebbe dovuto essere motivo per concedere a Peltier la liberta' vigilata e, in ultima analisi, la clemenza. Eppure, nonostante le molteplici suppliche nel corso di molti decenni, Peltier, che ha appena compiuto 80 anni e soffre di molteplici crisi di salute, tra cui diabete, malattie renali, problemi cardiaci e quasi cecita', continua a languire in una prigione di massima sicurezza in Florida chiamata Coleman 1".
Gli arresti domiciliari non rappresentano certamente una vittoria ne' per Leonard ne' per quanti lo hanno sostenuto in tutti questi anni. Ciononostante, immensa e' la gioia al pensiero che l'ultimo tratto di strada in questo mondo potra' risultargli piu' lieve e sicuramente piu' felice.

7. DOCUMENTAZIONE.CENTRO STUDI "SERENO REGIS": LEONARD PELTIER: "FINALMENTE E' FINITA, TORNO A CASA"
[Dal sito https://serenoregis.org/ riprendiamo e diffondiamo]

Leonard Peltier, il leader indigeno e prigioniero politico piu' a lungo detenuto negli Stati Uniti sara' rilasciato in regime di detenzione domiciliare dopo la commutazione della sua pena.
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Dopo 49 anni e 11 mesi, Leonard Peltier lascera' finalmente il carcere. Il 20 gennaio, poche ore prima del giuramento di Donald Trump, il presidente uscente Joe Biden ha commutato la sua condanna all'ergastolo. Peltier, il prigioniero politico piu' a lungo detenuto negli Stati Uniti, ha 80 anni e soffre di molteplici e gravi disturbi di salute dovuti a quasi mezzo secolo di detenzione. Peltier trascorrera' i suoi ultimi giorni di vita in regime di detenzione domiciliare, anche se non e' stato graziato per i crimini che, da oltre 50 anni, sostiene di non aver commesso.
La notizia della commutazione della pena e' stata ampiamente celebrata come una vittoria per coloro che hanno lottato per decenni per il rilascio di Peltier.
"E' finalmente finita, sto tornando a casa... Voglio mostrare al mondo che sono una brava persona con un buon cuore. Voglio aiutare la gente, proprio come mi ha insegnato mia nonna", ha dichiarato Leonard Peltier in una dichiarazione del Collettivo NDN. Negli ultimi anni, il Collettivo NDN ha svolto un'intensa attivita' di lobbying e organizzazione per chiedere il rilascio di Peltier.
Il fondatore del Collettivo NDN, Nick Tilsen, ha dichiarato oggi: "La commutazione di Leonard Peltier oggi e' il risultato di 50 anni di resistenza intergenerazionale, di organizzazione e di advocacy... La liberazione di Leonard Peltier e' la nostra liberazione - e anche se il confino in casa non e' una liberta' completa, lo onoreremo riportandolo nelle sue terre d'origine per vivere il resto dei suoi giorni circondato dai suoi cari, guarendo e ricollegandosi alla sua terra e alla sua cultura".
Tilsen ha aggiunto: "Lasciamo che la liberta' di Leonard ci ricordi che gli interi cosiddetti Stati Uniti sono costruiti sulle terre rubate ai popoli indigeni - e che i popoli indigeni hanno resistito con successo a ogni tentativo di opprimerci, metterci a tacere e colonizzarci... La commutazione concessa a Leonard Peltier e' un simbolo della nostra forza collettiva - e la nostra resistenza non si fermera' mai".
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"Leonard ha perseverato, ha resistito, e' rimasto forte nelle sue convinzioni di leader dei nativi anche in prigione", ha dichiarato a Peoples Dispatch Gloria La Riva, membro del Partito per il Socialismo e la Liberazione. "Anche molte migliaia di persone hanno dato il loro sostegno alla sua causa, da Nelson Mandela, al presidente dell'Irlanda, a Fidel Castro, e molti altri che hanno chiesto di invertire questa grande ingiustizia". La Riva, che da decenni partecipa alla lotta per la liberazione di Peltier, racconta che durante le visite che ha avuto con lui in carcere, "ogni volta chiede come stanno gli altri, come stanno i popoli del Venezuela e di Cuba. E' cosi' ansioso di tornare a casa, di occuparsi dei suoi pronipoti, dei suoi nipoti, dei suoi figli".
"Gli Stati Uniti puniscono gli attivisti politici. Gli Stati Uniti tengono prigionieri politici neri, nativi, latini e bianchi per decenni, dai 40 e 50 anni in su. Festeggiamo, salutiamo Leonard, salutiamo tutte le persone che hanno lottato per lui".
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Chi e' Leonard Peltier?
Nato nel 1944, Leonard Peltier e' un attivista indigeno della tribu' Turtle Mountain Chippewa, di etnia Anishanaabe e Dakota. Negli anni '70 ha iniziato a organizzarsi nell'American Indian Movement (AIM), che conduceva campagne militanti per chiedere al governo degli Stati Uniti di rispettare i diritti umani e i diritti alla terra delle popolazioni indigene.
Nel 1973, gli attivisti dell'AIM organizzarono l'occupazione di Wounded Knee, nella riserva indiana di Pine Ridge, nel Sud Dakota, per protestare contro la leadership corrotta del presidente degli Oglala Lakota Sioux Dick Wilson e le politiche discriminatorie del governo federale. L'occupazione duro' 71 giorni e fu seguita da un "regno del terrore" di tre anni contro gli attivisti dell'AIM e i membri della tribu' che si opponevano a Wilson. Questi violenti attacchi e omicidi, 60 secondo la campagna Free Leonard, furono compiuti da vigilantes sponsorizzati dall'FBI e guidati da Wilson, i Guardians of the Oglala Nation (GOON).
Nel 1975, nel bel mezzo del "regno del terrore", due agenti dell'FBI a bordo di auto civetta fecero irruzione nel Jumping Bull Ranch della riserva indiana di Pine Ridge, presumibilmente alla ricerca di un sospetto per una rapina. Le tensioni aumentarono e ne segui' una sparatoria, con circa 150 agenti e GOON che circondarono il ranch in cui si trovavano Peltier e altri membri dell'AIM. Due agenti dell'FBI furono uccisi e un nativo americano, Joseph Stuntz.
Peltier e molti altri membri dell'AIM furono accusati di aver ucciso gli agenti dell'FBI e, nel 1977, Peltier fu condannato a due ergastoli consecutivi per il crimine, che ancora oggi ribadisce di non aver commesso. Il movimento indigeno e il movimento per la liberta' dei prigionieri politici statunitensi hanno sostenuto che la condanna di Peltier e' stata una montatura per reprimere la leadership di Peltier nel movimento per la liberazione degli indigeni.
I documenti dell'FBI, resi noti dopo la condanna di Peltier, hanno rivelato il programma a lungo termine dell'FBI contro il movimento indigeno negli Stati Uniti, anche attraverso la repressione delle attivita' dell'AIM. Secondo Kevin Sharp, membro del team di difesa di Peltier, la strategia dell'FBI era quella di "molestare continuamente, arrestare e incriminare" i leader dell'AIM in modo che "non potessero protestare contro il loro stesso trattamento". Un memo interno dell'FBI ha anche rivelato la volonta' di concentrare tutte le risorse sulla condanna di Peltier, dopo che i suoi coimputati erano stati assolti. Lo stesso processo di Peltier e' caratterizzato da una cattiva condotta da parte delle istituzioni carcerarie.
In una dichiarazione rilasciata nel febbraio 2023 in occasione del 48mo anniversario della sua ingiusta incarcerazione, Peltier scrisse: "Quando parlo, a volte penso di poter sembrare un po' troppo sensibile, ma l'amore per la mia gente e l'amore che i sostenitori mi hanno mostrato nel corso degli anni e' cio' che mi tiene in vita. Non leggo le vostre lettere con l'intelletto. Le leggo con il cuore".
La famiglia e i sostenitori di Peltier e le persone di coscienza di tutto il mondo attendono con ansia il suo ritorno a casa.
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Fonte: Peoples Dispatch, 20 gennaio 2025
https://peoplesdispatch.org/2025/01/20/leonard-peltier-its-finally-over-im-going-home/
Traduzione di Enzo Gargano per il Centro Studi Sereno Regis

8. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Hannah Arendt, Vita activa, Bompiani, Milano 1964, 1994, pp. XXXIV + 286.
- Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, pp. XVIII + 462.
- Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996, pp. CLXXVI + 414.
- Platone, Gorgia, Rusconi, Milano 1998, pp. 384.
- Simone Weil, Quaderni, Adelphi, Milano 1982-1993, quattro volumi per complessive pp. 1846.
- Virginia Woolf, Le tre ghinee, La Tartaruga, Milano 1975, Feltrinelli, Milano 1987, pp. 256.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5457 del 26 gennaio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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