[Nonviolenza] Telegrammi. 5386



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5386 del 16 novembre 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Pasquale Pugliese: "Rivolta sociale" contro guerre, spese militari e pedagogia bellicista. Con la forza della nonviolenza
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa? (aprile 2023)
3. Movimento Nonviolento: Obiezione alla guerra, scriviamolo su tutti i muri
4. "Costituente Terra": Lettera agli Ebrei della Diaspora
5. Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani
8. Ripetiamo ancora una volta...
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. PASQUALE PUGLIESE: "RIVOLTA SOCIALE" CONTRO GUERRE, SPESE MILITARI E PEDAGOGIA BELLICISTA. CON LA FORZA DELLA NONVIOLENZA
[Riceviamo e diffondiamo questo articolo gia' pubblicato su I blog del Fatto Quotidiano]

L'elezione di Donald Trump non modifichera' la curvatura bellica imposta dai governi al nostro tempo. La crisi sistemica globale, innescata dalla catastrofe climatica (Trump e' anche negazionista), che si e' manifestata in tutta la sua violenza a Valencia, sviluppera' sempre maggiori conflitti, a partire da quelli per le risorse energetiche ed idriche, che - in assenza di alternative nonviolente e con la totale delegittimazione delle Nazioni Unite - sfoceranno in guerre aperte.
Contemporaneamente la lotta per il dominio globale tra la Nato e le altre potenze militari, riunite nella cornice dei BRICS, sta avvenendo manu militari attraverso conflitti armati per procura che si saldano tra i diversi scenari e che, senza la messa in campo di saperi negoziali, sfocera' prima o poi in una nuova guerra mondiale.
L'impatto che stiamo gia' subendo di questo scenario e' la trasformazione dell'economia civile in economia di guerra, con un trasferimento di enormi risorse pubbliche dagli investimenti civili alle spese militari, un impoverimento dei popoli - che favorisce la vittoria delle destre estreme in tutto il mondo - ed un arricchimento mai visto per le industrie belliche internazionali. E' il caso dell'economia italiana, come documenta il Milex, l'Osservatorio sulle spese militari italiane, in riferimento al passaggio in Parlamento della Legge di Bilancio 2025, per la quale il budget per la "Difesa" sfiorera' i 32 miliardi di euro. "Al fine di comprendere la portata di questa continua crescita, non certo episodica" - scrivono i ricercatori del Milex - "e' opportuno fare alcuni confronti in prospettiva storica: nel 2016 il budget proprio della Difesa era pari a 19.423 milioni di euro, mentre nel 2021 si attestava su 24.541 milioni di euro. L'aumento decennale in termini assoluti e' stato dunque pari a quasi 11,9 miliardi (+61% nel decennio), mentre quello quinquennale e' stato pari a 6,7 miliardi (+27,5% nel lustro)".
A che cosa serva questa esplosione delle spese militari italiane, se non fosse ancora sufficientemente chiaro, lo ha esplicitato anche il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Carmine Masiello in un recente discorso ai militari: "L'esercito e' fatto per prepararsi alla guerra. Punto. Quindi questo deve essere un messaggio molto chiaro che dovete avere tutti in testa: fino a qualche anno fa, era una parola che non potevamo utilizzare. Oggi la realta' ci ha chiamato a confrontarci con la guerra, questo non vuol dire che l'esercito vuole la guerra ma vuol dire che noi ci dobbiamo preparare e piu' saremo preparati per la guerra e maggiori probabilita' ci saranno che ci sia la pace". Un discorso coerente con la deriva dei decisori internazionali, fondata sul pensiero magico del se vis pacem para bellum - esplicitato, per esempio, anche da Charles Michel presidente uscente del Consiglio europeo - ma in netta contraddizione con la Costituzione italiana, secondo la quale per avere la pace bisogna non preparare ma "ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Il punto, dunque, non e' che la parola guerra non si poteva utilizzare, ma che la guerra non si puo' fare: e' necessario costruirne le alternative per affrontare e risolvere davvero i conflitti.
Mentre anche Mario Draghi, consulente per la Commissione europea, spinge i governi europei e quello italiano in particolare ad aumentare ancora, almeno fino al 2% del PIL, le spese militari tanto "poi i soldi si trovano", i cittadini sono molto piu' accorti, come emerge dal sondaggio che Greenpeace Italia ha commissionato a SWG, secondo il quale il 55% degli intervistati e' contrario a portare il budget della Difesa al 2% del PIL e il 65% ritiene necessaria l'introduzione di una tassa sugli utili straordinari dell'industria bellica. Anche perche', mentre si preparano nuove guerre e si alimentano con le armi quelle in corso - dal genocidio israeliano dei palestinesi alla guerra russo-ucraina - ci sono gigantesche emergenze sociali da affrontare nel nostro paese, per le quali i soldi non si trovano mai: a cominciare dalla guerra, anch'essa reale e non metaforica, in corso a Napoli tra i piu' giovani.
Di fronte a questa economia di guerra, che veicola anche una pedagogia bellicista secondo la quale le armi hanno priorita' su tutto e con esse si regolano i conti, fa bene il segretario della CGIL Maurizio Landini ad evocare il tempo di una "rivolta sociale", annunciando il prossimo sciopero generale. Ma perche' la rivolta sia efficace deve attingere alla forza della nonviolenza, nei mezzi e nei fini, come "le tecniche della nonviolenza" di Aldo Capitini che opportunamente l'editore Manni ha rimandato in libreria in questi giorni: "Nella grossa questione del rapporto tra il mezzo e il fine" - scriveva lungimirante Capitini - "la nonviolenza porta il suo contributo in quanto indica che il fine dell'amore non puo' realizzarsi che attraverso l'amore, il fine dell'onesta' con mezzi onesti, il fine della pace non attraverso la vecchia legge di effetto tanto instabile 'se vuoi la pace, prepara la guerra', ma attraverso un'altra legge: 'se vuoi la pace, prepara la pace'". Ovvero il contrario di cio' che stiamo facendo.

2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA? (APRILE 2023)

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

3. REPETITA IUVANT. MOVIMENTO NONVIOLENTO: OBIEZIONE ALLA GUERRA, SCRIVIAMOLO SU TUTTI I MURI
[Riceviamo e diffondiamo]

La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo: un poster diffuso a livello nazionale.
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La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo:
un poster diffuso a livello nazionale con il simbolo del fucile spezzato e la scritta "Con la nonviolenza: per cessare il fuoco bisogna non sparare, per fermare la guerra bisogna non farla".
Il volantone, inviato a tutti gli iscritti e ai Centri del Movimento Nonviolento, agli abbonati alla rivista Azione nonviolenta e a tutti coloro che ne faranno richiesta, rilancia la Dichiarazione di obiezione di coscienza rivolta a chi rifiuta la chiamata alle armi e contiene tutte le informazioni su quanto realizzato finora a sostegno degli obiettori di coscienza di Russia, Ucraina, Bielorussia, Israele e Palestina, e i prossimi obiettivi che la Campagna vuole raggiungere.
Sono ormai centinaia di migliaia gli obiettori, disertori, renitenti alla leva che nei luoghi di guerra, rifiutano le armi e la divisa, negandosi al reclutamento militare, ripudiando il proprio esercito senza passare a quello avverso. Alcuni affrontano processo e carcere, altri espatriano, altri ancora scappano o si nascondono. Il Movimento Nonviolento ha scelto di stare dalla loro parte, di sostenerli concretamente, di difendere il loro diritto umano alla vita e alla pace, e di chiedere all'Unione Europea e al Governo italiano di riconoscere, per loro e per chi firma la Dichiarazione, lo "status" di obiettori di coscienza.
La Campagna si sviluppa su due direttrici:
- la raccolta fondi per sostenere nelle loro attivita' i movimenti nonviolenti di Russia, Bielorussia, Ucraina, Israele e Palestina, le spese legali per i processi che obiettori e nonviolenti di quei paesi subiscono, per aiutare chi espatria per non farsi arruolare, per gli strumenti di informazione necessari a diffondere la scelta dell'obiezione;
- la diffusione della Dichiarazione di Obiezione di coscienza alla guerra e alla sua preparazione, il rifiuto della chiamata alle armi e fin da ora della futura mobilitazione militare. La procedura e' semplice: si compila e si sottoscrive la Dichiarazione (per tutti, giovani o adulti, donne e uomini ) rivolta ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio.
Sul sito del Movimento Nonviolento azionenonviolenta.it alla voce Obiezione alla guerra si trovano tutti gli aggiornamenti e la possibilita' di adesione e contribuzione.
Movimento Nonviolento
Settembre 2024
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Movimento Nonviolento
via Spagna, 8, 37123 Verona
Tel 045 8009803
Cell. 348 2863190
www.nonviolenti.org
www.azionenonviolenta.it
per sostegno e donazioni
Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455

4. APPELLI. "COSTITUENTE TERRA": LETTERA AGLI EBREI DELLA DIASPORA
[Riceviamo e diffondiamo]

Cari amici di Costituente Terra,
vi accludo, d'accordo col prof. Ferrajoli, questa "Lettera agli Ebrei della Diaspora" che vorrebbe promuovere con loro (ma anche tra noi) un dialogo fecondo, non viziato da estremismi e preconcetti, sulla tragedia che sta vivendo il popolo palestinese a Gaza come in Cisgiordania in Libano e in Iran, e sul dramma che vive la stessa popolazione di Israele, una gran parte della quale vorrebbe sottrarsi alla complicita' con le politiche genocide del proprio governo. Lo stesso popolo ebreo della Diaspora e' coinvolto in una contraddizione che lo mette a rischio nel suo rapporto con le nazioni in cui vive.
Uno dei passaggi piu' delicati della lettera e' quello in cui si considera come ormai compromessa e impossibile per la questione palestinese la soluzione a "due Stati" e si sostiene invece una soluzione unitaria e pluralista nello stesso territorio per entrambi i popoli in lotta. Si obietta che cio' non e' realizzabile data l'inimicizia tra i due, ma una riconciliazione ancora piu' profonda e duratura ci vorrebbe per fare due Stati limitrofi, indiziati l'uno di voler combattere l'altro. Se questa tragedia lasciasse dietro di se' due popoli irrimediabilmente nemici, la cui spinta vitale fosse la distruzione l'uno dell'altro, ogni altro popolo potrebbe cadere nella stessa sindrome di annientamento reciproco, in modo tale che l'unita' della famiglia umana sarebbe rotta e il mondo non potrebbe sussistere.
Anche lo Stato palestinese del resto dovrebbe accogliere insieme Israeliani e Palestinesi, perche' ci sono 700.000 Ebrei ormai stabilmente insediati in quella che essi chiamano Giudea e Samaria, su cui essi manterrebbero comunque un controllo, costringendo i Palestinesi, con una indipendenza solo apparente, a vivere tra checkpoints e fili spinati, come accade ora, cioe' sostanzialmente in bantustan e forme di apartheid. In positivo, la costruzione di un solo Stato, democratico e pluralista, per Ebrei e Palestinesi, dovrebbe passare attraverso un profondo rinnovamento della forma di Stato quale e' oggi concepito, in una interazione molto piu' avanzata con la comunita' mondiale, in una prospettiva che vale anche per noi.
Vi allego pertanto il testo della lettera (con le firme pervenute finora), non solo per conoscenza, ma anche perchr' chi la condivida e voglia firmarla associandosi ai mittenti risponda a questa e-mail, indicando nome e qualifica. La risposta sara' instradata all'indirizzo ranierolavalle at gmail.com
Con i piu' cordiali saluti,
Raniero La Valle
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LETTERA AI NOSTRI CONTEMPORANEI DEL POPOLO EBRAICO DELLA DIASPORA
Carissimi Ebrei della Diaspora,
vi scriviamo per parteciparvi una duplice angoscia che cresce in noi a partire da quel 7 ottobre del 2023, quando un'efferata azione dei palestinesi di Hamas fece scempio di un gran numero di ebrei di Israele e di molti non israeliani sui bordi della "striscia" di Gaza.
Insieme al dolore per le vittime e alla esecrazione per la brutalita' dell'aggressione, la prima di tali angosce ha tratto origine dalla percezione che le conseguenze di quella azione, con tutto il male che portava con se', sarebbero ricadute sulla intera popolazione di Gaza e sul popolo palestinese in quanto tale, ovunque situato, nei territori colonizzati della Cisgiordania come nei Paesi vicini.
L'altra angoscia e' sorta, ed e' cresciuta nel tempo, dalla considerazione che le conseguenze della spietata ritorsione intrapresa dagli Ebrei delle Israel Defence Forces, con tutto il male che porta con se', ricadranno sull'intero popolo ebraico, sia privando di ogni sicurezza, ad onta di ogni possibile difesa, i cittadini dello Stato di Israele, sia mettendo a repentaglio, con risultati imprevedibili, il popolo ebraico della Diaspora in quanto tale.
A questa duplice angoscia si aggiunge quella per cio' che puo' accadere a causa dell'allargamento del conflitto al Libano e all'Iran, e per le conseguenze che ne possono derivare per tutto il Medio Oriente e la residua pace del mondo. Cio' che ci accomuna di fronte a questi eventi, e' la nostra condizione di terzieta' che ci fa trovare con voi dalla stessa parte sia al cospetto delle attuali condotte dello Stato di Israele, che sono in odore di genocidio, sia delle reazioni violente e illegittime dei suoi antagonisti, sia della responsabilita' che tutti abbiamo in ordine alla "questione palestinese".
Il nostro coinvolgimento in questa tragedia e' determinato anche dal fatto che essa non investe direttamente solo i due popoli in lotta, ne' e' solo un evento di portata locale, ma investe tutti i popoli e gli Stati ed ha una portata di carattere mondiale. Se, non risolvendosi questo conflitto, esso lasciasse dietro di se' due popoli irrimediabilmente nemici, la cui spinta vitale fosse la distruzione l'uno dell'altro, cosi' ogni altro popolo potrebbe cadere nella stessa sindrome di annientamento reciproco, in modo tale che l'unita' della famiglia umana sarebbe rotta e il mondo non potrebbe sussistere.
Percio', e non solo per molte altre ragioni di cui si potrebbe parlare, noi sentiamo il vostro problema come nostro, e vi scriviamo non per darvi moniti e consigli che non abbiamo l'autorita' di darvi e che voi potreste non trovare alcuna ragione di accogliere, ma perche' siamo convinti che insieme dobbiamo farci carico di questa sfida e insieme immaginare e cercarne la soluzione sul piano effettuale e politico. Se siamo, come si dice, a un "cambiamento d'epoca", tutti noi contemporanei ne siamo responsabili e autori.
Un'altra ragione per farlo, senza che questo voglia dire un'interferenza in una questione che e' solo vostra, e' il fatto che come noi comprendiamo ed e' di dominio comune, alla radice di questa terribile vicenda c'e' una realta' di fatto che non e' solo dello Stato di Israele, che in oltre 70 anni non e' riuscito a dare soluzione al problema del rapporto sulla stessa terra con un gran numero di residenti che hanno altra origine, storia, lingua, religione e cultura, ma e' anche e sempre piu' potra' diventare un problema anche nostro; e cio' in ragione delle correnti migratorie, regolari e irregolari, che affluiscono nei nostri Stati e che le nostre politiche sembrano non in grado di fronteggiare. La differenza sta nel fatto che mentre gli Ebrei sono gli "altri" sopraggiunti a sostituire una popolazione gia' esistente, i nostri Stati sono la popolazione esistente a cui si aggiungono gli "altri" che arrivano sempre piu' numerosi, provocando in essa inevitabili cambiamenti. Se i nostri Stati affrontassero il problema del rapporto con i migranti nella prevalente preoccupazione di una "identita'" e invarianza da preservare, il rischio sarebbe di vivere "la questione migratoria" con la stessa ambascia con cui lo Stato di Israele fin dall'inizio ha avvertito "la questione palestinese". E sarebbe una catastrofe se noi volessimo difendere la "nazione" e i valori nazionali, ben oltre la chiusura delle frontiere e dei porti, in modo corrispondente alla perentorieta' con cui lo Stato di Israele rivendica e tutela la propria identita' nella sua Legge fondamentale. Tale Legge, adottata per iniziativa del premier Netanyahu ma con l'opposizione del Presidente di Israele Reuven Rivlin il 19 luglio 2018, com'e' noto definisce Israele come "Stato Nazione del Popolo Ebraico", la Terra di Israele (piu' volte identificata in Israele con la terra che si stende dal mare al Giordano) come "la patria storica del popolo ebraico in cui lo Stato di Israele si e' insediato" e "Gerusalemme integra e indivisa" come la capitale di Israele.
Si puo' obiettare che l'identita' che rende cosi' tipico e coeso il popolo ebraico e' ben piu' forte e storicamente sperimentata di quella che unisce i cittadini dei nostri Stati, che sono ormai inclusi in societa' per larga parte multietniche e pluraliste, legittimate da ordinamenti democratici, a differenza dello Stato di Israele in cui la citata Legge fondamentale riserva i diritti di natura politica "esclusivamente al popolo ebraico". Ma se si rifiuta di cogliere la "differenza ebraica" nella specificita' razziale, che e' stata usata a fondamento della perversione dell'antisemitismo ("razziali" si chiamavano le leggi che l'hanno promosso) si deve cercare altrove il cemento di questa unita' e specificita' del popolo cui appartenete; e noi lo troviamo nella storia di Israele, nella sua fede, nel suo riferimento alla tradizione biblica e talmudica, ("la Legge e i Profeti"!), e nella solidarieta' nel dolore determinata dall'esperienza e dalla memoria delle persecuzioni subite.
Ma allora di nuovo si scopre quanto abbiamo in comune e come sia anche nostro il problema delle politiche e della figura attuali dello Stato di Israele.
Prima di tutto ci sembra che il riferimento alla fede e alla tradizione religiosa di Israele apra uno spazio fecondo di alterita' tra voi, popolo ebraico della Diaspora, e i vostri fratelli ebrei dello Stato di Israele. Diverso infatti nei due casi ci appare questo rapporto. I cittadini anche non credenti della societa' israeliana, in larga parte secolarizzata (non diversamente dalle altre societa' dell'Occidente) vi fanno riferimento e le professano fedelta' come fondamento e garanzia dello Stato, che fin dall'origine ha scelto di stabilire in essa la propria legittimazione; infatti essa e' implicitamente riconosciuta dalla comunita' internazionale che correntemente si riferisce ad Israele come allo "Stato ebraico". Questo pero' comporta una lettura del patrimonio spirituale dell'ebraismo in termini temporali e politici, non sempre prudenti, che distorcono agli occhi degli osservatori esterni il significato della fede ebraica e che nei momenti di crisi sono accentuati dai governanti di Israele per difendere le loro scelte e ottenere una sorta di insindacabilita' delle loro politiche, mettendo in carico all'antisemitismo le riserve e le critiche che vengono loro rivolte. Il danno di questo uso strumentale dei tesori dell'ebraismo ci e' apparso ingigantito nel corso di questa crisi, per il frequente ricorso che vi ha fatto il premier Netanyahu, rivendicando una filiazione diretta delle sue scelte dai comandi di Mose' e dalle gesta di Giosue', stabilendo una continuita' di fatto tra le azioni distruttive di oggi e gli stermini di ieri dei popoli vinti da Israele nell'epica conquista della Terra promessa, interpretando settariamente l'effetto della presenza di Israele sulla "mappa" del mondo in termini di benedizione e maledizione, presentando lo Stato di Israele nella forma di un messianismo realizzato e rompendo con la comunita' delle Nazioni in una rinnovata contrapposizione tra Ebrei e "Gentili". Una linea di governo che si e' manifestata bollando l'Organizzazione che le riunisce, l'ONU, come una "palude di antisemitismo", non risparmiando la vita dei suoi operatori umanitari, attaccandone i militari in missione di pace, dichiarando persona non grata il suo massimo rappresentante e sdegnando le pronunzie i moniti e le accuse dei suoi organi istituzionali e giudiziari. Siamo particolarmente raccapricciati e appare blasfema la pratica di uccidere i nemici uno per uno e promettere di ucciderli tutti invocando il nome di Dio, avendo in premio la luce e l'entusiastico consenso di Biden.
Vogliamo rendervi atto che molto diversa e' la testimonianza dei valori dell'ebraismo e della fede di Israele che si sprigiona dal vasto mondo degli Ebrei della Diaspora. Anche tra voi ci sono credenti e non credenti, e senza dubbio e' ragione di arricchimento per tutti la presenza e l'integrazione degli Ebrei della Diaspora nelle nostre societa' laiche e nella costruzione di autentiche democrazie. Ma se teniamo conto della ricca varieta' di posizioni espresse in seno all'ebraismo, vediamo come una gran parte dei sapienti d'Israele e dell'ebraismo rabbinico ha respinto nel passato, e in notevole misura lo fa anche oggi, una interpretazione del messianismo in senso politico e mondano, professando come riservata a Dio l'attuazione delle promesse messianiche, ha giurato di "non forzare la fine", si e' dissociata da una versione del sionismo in un suo intreccio perverso con lo Stato, rivendica il valore della vita ebraica "nel differimento" della redenzione e nell'esilio, legge in modo non fondamentalista il libro sacro e ha parole di vita riguardo a molte altre cose. Grande percio', dal nostro punto di vista, sarebbe l'importanza di una crescita del dialogo e del confronto tra il mondo della Diaspora e gli Ebrei dello Stato di Israele, in vista di un cambiamento e di una rettifica degli errori commessi (denunciati perfino dagli Stati Uniti) e anche ai fini di un contenimento e di un antidoto al risorgente mostro dell'antisemitismo o, come e' stato chiamato anche da autorevoli Ebrei, al "suicidio di Israele".
La seconda realta' chiamata in causa dal riferimento alla fede e alla tradizione biblica di Israele e' quella dell'Occidente, il quale non a caso e' collocato, da un luogo comune di cui molti ignorano la vera portata, nella filiazione dalla tradizione "ebraicocristiana". Se questo e' vero, si pone un problema molto grave per noi, al di la' delle opzioni di fede di ognuno. A questa nostra tradizione appartiene una parola di Gesu' detta alla donna samaritana presso il pozzo di Giacobbe, tramandata dal Vangelo di Giovanni, che  afferma: "La salvezza viene dai Giudei". La nostra esperienza attuale e la tragedia di Gaza insinuano che ne venga invece la perdizione e la fine. Il problema consiste nel fatto che o lasciamo cadere come infondata e inattendibile la predizione di Gesu', ma allora e' tutto il Vangelo che cade, oppure la situazione presente viene rovesciata e questa profezia si traduce in lieto preannunzio di un altro futuro e in un compito da assolvere. Nella storia della cristianita' per molto tempo questa seconda ipotesi e' stata scartata ("i perfidi Giudei"!) ma nel nostro tempo il rovesciamento e' avvenuto, come dimostrano la riforma della liturgia, la fede espressa nel documento "Nostra aetate" del Concilio Vaticano II, il dialogo ecumenico e quello ebraico-cristiano, il riconoscimento degli Ebrei come "nostri fratelli maggiori" secondo la pronunzia di Paolo VI, il documento di Abu Dhabi e la "Fratres omnes" di papa Francesco, cosi' come nel mondo laico il ravvedimento e' attestato dal pentimento e dalla condanna universale della Shoa' insieme all'onore e al pregiudizio favorevole riservati agli Ebrei contro ogni antisemitismo. A cio' si aggiunge, da parte della storiografia scientifica e della ermeneutica cristiana una lettura non pedissequa della Bibbia (quella letterale sarebbe secondo i teologi cattolici "un suicidio del pensiero") che non considera "storici" i libri "storici" dell'Antico Testamento, scritti molti secoli dopo i fatti narrati, e percio' non attestanti fatti effettivamente avvenuti. Cio' significa liberare il popolo ebraico dalla pretesa origine da un delitto fondatore, e addirittura da un passato di decreti di sterminio ed eccidi di interi popoli (molti dei quali all'epoca nemmeno esistenti) su commissione di un improbabile Dio violento, a sua volta successivamente ucciso nel Figlio, e cancellare l'intero armamentario ideologico su cui e' stata storicamente fondata la persecuzione antisemita. Per contro un passato di delitti fondatori e di messianismi letali lo hanno molte realizzazioni genocide e colonizzazioni insediative dell'Occidente "civilizzatore", come nella "scoperta" e conquista dell'America, nell'America cosiddetta "latina", nell'Africa non solo del Sud, in Oceania e altrove.
Cosi' ristabilito l'orizzonte in cui operare, si apre la possibilita' di un'alleanza di tutti i soggetti fautori di pace con gli Ebrei della Diaspora per un dialogo con l'attuale Stato di Israele, la ricerca di una soluzione e la costruzione di un'alternativa riguardante non solo Israele e i palestinesi ma la pace e l'unita' stessa del mondo.
Sarebbe una presunzione e ancora il riflesso di una mentalita' egemonica stabilire i termini di tale soluzione, che possono scaturire solo da una ricerca comune e dalla inventiva della storia. Si puo' pero' affermare con un sufficiente grado di certezza che una soluzione puo' risiedere solo in una riconciliazione tra Israeliani e Palestinesi e non solo venire da artifici politici e diplomatici. Per la costruzione di un'alternativa si deve ormai abbandonare la fuorviante soluzione a due Stati, per la quale ci vorrebbe ben piu' che una riconciliazione, tra due Stati limitrofi e indiziati a combattersi, anche ove mai tale soluzione fosse stata possibile e auspicabile in passato, nonche' la finzione di negoziati in realta' ordinati a confermare e preservare la situazione qual e', come e' stato sostenuto anche in un dialogo tra due culture diverse, quale il dialogo tra Ilan Pappe' con Noam Chomsky. Resta la soluzione a uno Stato, ma allora va costruita attraverso una riforma della figura di Stato vigente, riforma che pertanto riguarda non solo lo Stato di Israele, nel quale l'identita' etnico-religiosa spinta all'estremo ha dato luogo a un regime di dominio e di guerra, ma la stessa forma di Stato moderno, quale si e' andata a fissare negli Stati esistenti, che nel loro insieme ormai globalizzato si presentano come un coacervo di sovranita' in competizione se non in lotta tra loro, che hanno eletto come ultimo (e spesso anche primo) giudice tra loro, la guerra. Lo Stato rispondente alla nuova realta' di una comunita' mondiale pluralistica e multiculturale dovra' piuttosto costruirsi in una pluralita' di ordinamenti giuridici interagenti tra loro, che insedino come sovrana la pace, assicurino l'eguaglianza, riconoscano non solo come affare individuale e "privato", ma sociale e significante per tutti, le culture le religioni e le  tradizioni diverse, e aprano le frontiere e i porti alla libera circolazione non solo delle economie e delle merci, ma delle persone e dei popoli. Si potrebbe perfino pensare che nel nuovo "villaggio globale" agli organismi che corrispondono ai tre poteri competenti nelle relazioni interne agli Stati, legislativo, esecutivo e giudiziario, possa aggiungersi un altro organo, quello della diplomazia, con poteri di consiglio e di controllo sui rapporti esterni e le scelte internazionali dello Stato, a partire dalla scelta costituzionalmente obbligante della pace, della salvaguardia del creato e della dignita' delle creature. Cosi' come si potrebbe pensare a uno sviluppo del diritto che giunga ad abrogare e sanzionare la figura del "Nemico"; e cio' non solo in Europa, quando perfino nell'Impero ottomano Ebrei e Islamici hanno vissuto insieme pacificamente per secoli, senza ombra di antisemitismo.
Questo volevamo dire agli Ebrei con noi conviventi, nostri vicini, concittadini, sorelle e fratelli in quest'epoca nuova.
Raniero La Valle e Comitati Dossetti per la Costituzione, Domenico Gallo, giurista, Roberta De Monticelli, filosofa,
Con (firme dei mittenti in ordine di apposizione): Raffaele Nogaro, vescovo cattolico, Claudio Grassi, legislatore, Felice Scalia, gesuita, Elena Basile, ambasciatrice, Luigi Ferrajoli, giurista, Giovanni Ricchiuti, vescovo cattolico, presidente di Pax Christi Italia, Stefania Tuzi, storica dell'architettura, Francesco Di Matteo, avvocato, Francesco Zanchini di Castiglionchio, canonista, Massimo Zucconi, architetto, Fulvio De Giorgi, ordinario di storia dell'educazione, Agata Cancelliere, insegnante, Giorgio Rivolta, docente di filosofia, Santino Di Dio, impiegato, Raffaele Luise, giornalista, Sergio Tanzarella, storico del cristianesimo, Vito Micunco, Comitati pugliesi per la Pace, Nicola Colaianni, gia' Magistrato di Cassazione; Nicola Costantino, ex Rettore del Politecnico di Bari; Nicola Pantaleo, gia' Presidente del Consiglio della Chiesa Evangelica Battista di Bari;, Antonio Malorni, biochimico, Paolo Cento, legislatore, Fabio Filippi, editore, Enrico Peyretti, insegnante e maestro di pace, Grazia Portoghesi Tuzi, etnomusicologa, Francesco Comina, insegnante, Paola Patuelli, insegnante, Anna Sabatini Scalmati, psicanalista, Angelo Cifatte, funzionario pubblico, Riccardo Valeriani, assistente sociale, Luca Robino, ("Persona al centro"), Don Emilio Maltagliati, Parroco emerito di Cassinetta di Lugagnano (Mi),
e con: Ottavio Di Grazia, Storico della Shoa', Tonio Dell'Olio, presidente Pro Civitate Christiana, Don Renato Sacco, Pax Christi, Mario Menin, direttore di "Missione Oggi", Franco Ferrari, Presidente "Viandanti", Giuseppe Limone, filosofo e giurista, Carlo Maria Ferraris. Redazione de "Il Gallo", Maurizio Serofilli, Emanuele Pellicano', direttore di Montedomini, Firenze, Maurizio Mazzetto, presbitero (Pax Christi), Paola Mario, insegnante, Gian Piero Saladino, assistente sociale, Paolo Farinella, biblista, Moreno Biagioni (Comitato "Fermiamo la guerra" di Firenze), Giancarlo Piccinni, Presidente Fondazione don Tonino Bello, Alfonso Gianni, saggista, Firenze, Pietro Soldini, sindacalista, Roberto Rusconi, storico del cristianesimo e delle Chiese, Giorgio Trentin, sinologo, Vincenzo Colli, storico del diritto medievale, Francesco Pistoia, gia' sindaco e legislatore, Sergio Paronetto, Pax Christi, Flavio Pajer, docente di Pedagogia comparata delle religioni, don Severo Piovanelli, ex parroco, Federico Palmonari, fisico nucleare, Fabrizio Truini, amicizia ebraico-cristiana, Anna Doria, insegnante, Maria Speranza Perna, docente, Massimo Marnetto, attivista, Carmine Miccoli, prete, Luigi Bertagnolli, libero professionista, P. Abdo Raad, missionario, Manlio Schiavo, docente, Bernardino Zanella, Servo di Maria, Vincenzo Marras, gia' direttore di "Jesus", Pier Giorgio Maiardi, pensionato bancario, Roberto Fiorini, Giovanna Monina gia' Dirigente del Servizio Sanitario Nazionale, Antonio Caputo, giurista, Leonarda Stucchi, Gianni Bacci, Cristina Giorcelli, docente americanista, Elena Berlanda, insegnante, Barbara Varelli, Paola Pecco, Luigi Consonni, preteoperaio, Lino Prenna coordinatore di "Agire Politicamente", Vito Capano, "Il Gallo" di Genova, don Mario Marchiori, parroco, Lucia Maccone Sica, insegnante, Giulio Sica, gia' magistrato di Cassazione, Bice Parodi, Fondatrice dell'associazione "senza paura" Genova, LuigiColavincenzo, dirigente pubblico,
e con: Beatrice Draghetti, già presidente della provincia di Bologna, Peppe Sini, Centro per la pace di Viterbo, Daniele Mauri, Comunidad Santo Espìritu, Lima, Peru', Francesco Domenico Capizzi, chirurgo, Giovanni Ferretti, filosofo e presbitero cattolico, gia' rettore dell'Universita' di Macerata, Francesco Antonio Romito, avvocato, Mario Agostinelli presidente Associazione Laudato Si', Laura Nanni, docente di filosofia, Art'incantiere, Eleonora Stillitani, insegnante, Piergiorgio Bortolotti, operatore sociale, Roberto Mazzotta, diplomatico, Giovanni Lamagna, docente, Marco Vincenzi, operatore sociale, Andreina Albano, addetto stampa, Eleonora Caltabiano, medico, Santo Di Nuovo, psicologo, Vito Lacirignola. Editore Stilo, Franca Maria Lorusso, avvocato ecclesiastico, Corrado De Robertis, comboniano, Pier Giorgio Taneburgo, Biblioteca Provincia Puglie, frati cappuccini, Francesca Vessia, pedagogista, Claudio Ciancio, professore di Filosofia teoretica, Loris Nobili, ex dipendente della Banca Nazionale dell'Agricoltura e presente alla strage di Piazza Fontana, Franco Meloni, direttore Aladinpensiero News, Lina Ibba, medico, Stefano Toppi, ingegnere, Alessandro Bellavite Pellegrini, cristiano semplice, Gaetano Dammacco, Docente di diritto ecclesiastico, Paolo Orsolino, architetto. Maria Teresa Cattarossi, insegnante e psicoterapeuta. Luca Ulianich, ricercatore CNR, Roberto Gelpi, ingegnere e biblista, Maria Rosa Filippone, Carolina Goretti, Maria Nella Abbassetti, Ugo Ugazio, filosofo, Susanna Braccia, segretaria. Laura Marotta, impiegata. Sr. Maria Costanza Crippa, eremita, Ilva Palchetti, attivista, Roberto Bertoli, ex giornalaio, Giuseppe Deiana, presidente Associazione Puecher di Milano, Grazia Bellini, presidente della Fondazione Balducci, Liviana Gazzetta, insegnante, Luca Kocci, insegnante
e con: Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione comunista, Pasquale La Cerra pediatra, Giuseppina Sciacca, Ufficio Approvvigionamenti Sanita', Francesca Scarpat, Pio Zanella, p. Giovanni Belloni, Elisabetta Porro, Flavo Fenici, medico, Ettore Fasciano, Carlo Bolpin e Associazione "Esodo", Pier Luigi Biamonti, avvocato, Daniela Turato, docente, Giovanni Giuffrida, ingegnere informatico, Giuliana Amadio, madre di famiglia, Paolo Bertagnolli, insegnante, Angela Mancuso, Fabio Ragaini, Gruppo Solidarieta', Franca Littarru, Piccola sorella di Gesu', Emilia Forconi Occorsio, insegnante, Raffaele (Lello) Agretti, poeta, Domenico Garozzo, chimico, dirigente di ricerca del CNR. Carmelina Loguercio, ordinaria di gastroenterologia, Livia Malorni, ricercatrice CNR, biologa computazionale e madre, Norma Naim, dirigente Regione Campania, Giacomo Meloni, segretario della Confederazione Sindacale Sarda-CSS, Gianfranco Maddoli, gia' Sindaco di Perugia, Giorgio Sartori, educatore, Maria Ricciardi Giannoni, "Pace Terra Dignita'", Nicola Sannolo, professore di medicina del lavoro, Gaetano Dammacco, Docente di diritto ecclesiastico, Pierpaolo Favia, docente. Gruppo Ecumenico di Bari, Vito Lacirignola. Editore Stilo, Franca Maria Lorusso, avvocato ecclesiastico, Corrado De Robertis, Comboniano, Pier Giorgio Taneburgo, Biblioteca Puglie frati cappuccini, Francesca Vessia, Pedagogista.
Le motivazioni di ogni mittente firmatario sono conservate in archivio. Il gran numero di quanti hanno voluto unirsi ai mittenti di questa lettera indica come essa interpreti il pensiero e possa ispirare l'azione di tanti altri tra i Gentili intesi a promuovere un mondo diverso.

5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO AL PRESIDENTE STATUNITENSE BIDEN PER CHIEDERE LA GRAZIA PER LEONARD PELTIER

Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier.
E' consuetudine dei presidenti statunitensi giunti a fine mandato di concedere la grazia ad alcuni detenuti.
Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano, difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e della Madre Terra.
Leonard Peltier, che a settembre compira' 80 anni, da 48 anni e' detenuto per un crimine che non ha commesso.
Leonard Peltier e' gravemente malato, e le sue malattie non possono essere curate adeguatamente in carcere.
Affinche' non muoia in carcere un uomo innocente, affinche' Leonard Peltier possa tornare libero e trascorrere con i suoi familiari questo poco tempo che gli resta da vivere, la cosa piu' importante ed urgente da fare adesso e' scrivere a Biden per chiedere che conceda la grazia a Leonard Peltier.
*
Per scrivere a Biden la procedura e' la seguente.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: scrivere un breve testo (di seguito una traccia utilizzabile):
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
le scriviamo per chiederle di concedere la grazia al signor Leonard Peltier.
Leonard Peltier ha quasi 80 anni ed e' affetto da plurime gravi patologie che non possono essere adeguatamente curate in carcere: gli resta poco da vivere.
Leonard Peltier ha subito gia' 48 anni di carcere per un delitto che non ha commesso: la sua liberazione e' stata chiesta da Nelson Mandela e da madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama e da papa Francesco, da Amnesty International, dal Parlamento Europeo, dall'Onu, da milioni di esseri umani.
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
restituisca la liberta' a Leonard Peltier; non lasci che muoia in carcere un uomo innocente.
Distinti saluti.
*
Sollecitiamo chi legge questo comunicato ad aderire all'iniziativa e a diffondere l'informazione.
Free Leonard Peltier.
Mitakuye Oyasin.

6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

7. REPETITA IUVANT. SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE NELLA LOTTA NONVIOLENTA PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI

Siamo solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessi la repressione del movimento democratico e nonviolento delle donne - e degli uomini postisi alla loro sequela - che si riconosce nel motto "Donna, vita, liberta'", che siano liberate e liberati tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici, che cessi la violenza maschilista di stato, e che siano riconosciuti, rispettati e difesi tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nessuna autorita' e' legittima se non rispetta la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

8. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- "il manifesto", Classe, consigli, partito, Alfani, Roma 1974, pp. 224.
- "il manifesto", Potere e opposizione nelle societa' post-rivoluzionarie. Una discussione nella sinistra, Alfani, Roma 1978, pp. 304. Atti del convegno di Venezia 11-12-13 novembre 1977.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5386 del 16 novembre 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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