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[Nonviolenza] Non muoia in carcere Leonard Peltier. 64
- Subject: [Nonviolenza] Non muoia in carcere Leonard Peltier. 64
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Tue, 15 Oct 2024 05:53:45 +0200
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NON MUOIA IN CARCERE LEONARD PELTIER
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Foglio a sostegno dell'appello a scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier
A cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 64 del 15 ottobre 2024
Sommario di questo numero:
1. "Restituisca la liberta' a Leonard Peltier". Estremo un appello al Presidente Biden
2. Che fare adesso per la liberazione di Leonard Peltier
3. Giacomo Marchetti: "Ci sono ancora persone sobrie nella Riserva" (2018)
1. REPETITA IUVANT. "RESTITUISCA LA LIBERTA' A LEONARD PELTIER". ESTREMO UN APPELLO AL PRESIDENTE BIDEN
Presidente Biden,
prima del termine del suo mandato lei puo' compiere un gesto che tutte le persone di volonta' buona attendono ormai da molti anni da parte della presidenza degli Stati Uniti d'America: la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier, da 48 anni prigioniero innocente.
Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano difensore del suo popolo e di tutti i popoli oppressi, difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani, difensore della Madre Terra.
Leonard Peltier e' gravemente malato e dopo quasi mezzo secolo di ingiusta detenzione non gli resta molto tempo da vivere.
Leonard Peltier e' stato condannato per un delitto che non ha commesso: e' stato definitivamente dimostrato che le testimonianze contro di lui erano false e che le prove contro di lui erano altrettanto false.
Dal carcere Leonard Peltier lungo mezzo secolo ha sostenuto con la parola e con la testimonianza, con l'esempio e con la solidarieta' concreta nella misura in cui gli e' stato possibile esprimerla, innumerevoli iniziative nonviolente in difesa dei popoli e delle persone cui venivano negati i diritti piu' elementari, in difesa del mondo vivente minacciato di irreversibili devastazioni.
Personalita' come Nelson Mandela, come madre Teresa di Calcutta, come Desmond Tutu, come Rigoberta Menchu', come il Dalai Lama, come papa Francesco, hanno chiesto la sua liberazione.
Movimenti umanitari come Amnesty International e il Movimento Nonviolento hanno chiesto la sua liberazione.
Istituzioni rappresentative come l'Onu (che sulla vicenda di Leonard Peltier si e' pronunciata attraverso una commissione giuridica ad hoc) e come il Parlamento Europeo (fin dagli anni Novanta, ed ancora qualche anno fa con il compianto suo Presidente David Sassoli) hanno chiesto la sua liberazione.
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Presidente Biden,
in questo tempo attraversato da orrori indicibili, da guerre e devastazioni inaudite, in cui non solo l'intera umana famiglia ma l'intero mondo vivente - quest'unico mondo vivente che conosciamo nell'intero universo - sono minacciati di distruzione per responsabilita' di poteri folli e scellerati, la liberazione di Leonard Peltier costituirebbe un messaggio di speranza e un'epifania di bene a conforto e sostegno dell'umanita' intera.
La liberazione di Leonard Peltier sarebbe per ogni persona di volonta' buona e per ogni civile consorzio e legittimo istituto fedeli all'umanita' una viva gioia e un impulso potente a continuare ad operare per la pace che salva le vite, per il bene comune che ogni essere umano riconosce e raggiunge e soccorre e preserva, che nessuna persona abbandona al dolore e alla morte.
*
Presidente Biden,
conceda la grazia a Leonard Peltier.
Restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 11 agosto 2024
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che negli anni Ottanta ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnato nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 48 anni prigioniero innocente.
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Allegato primo. Per scrivere al Presidente Biden:
Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America e' sufficiente collegarsi al sito della Casa Bianca alla pagina web: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: scrivere un breve testo (di seguito una traccia utilizzabile):
"Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
le scriviamo per chiederle di concedere la grazia presidenziale a Leonard Peltier.
Come lei sa, Leonard Peltier ha gia' subito 48 anni di carcere per un delitto che non ha commesso.
E' vecchio, e' gravemente malato, le sue patologie non possono essere adeguatamente curate in carcere.
La sua liberazione e' stata chiesta da Nelson Mandela, da madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama, da papa Francesco, da Amnesty International, dal Parlamento Europeo, dall'Onu, da milioni di persone di tutto il mondo.
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
conceda la grazia a Leonard Peltier.
Restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Distinti saluti".
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Allegato secondo. Per saperne di piu':
Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 48 anni prigioniero innocente.
Segnaliamo alcuni materiali di documentazione in lingua italiana disponibili nella rete telematica:
https://sites.google.com/view/viterboperleonardpeltier/home-page
https://sites.google.com/view/vetralla-per-peltier-2021/home-page
https://sites.google.com/view/vetrallaperpeltier2022/home-page
https://sites.google.com/view/vetrallaperleonardpeltier2023/home-page
https://sites.google.com/view/vetralla-per-peltier-2024/home-page
Segnaliamo anche alcune pubblicazioni a stampa in italiano e in inglese particolarmente utili:
- Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano. Leonard Peltier prigioniero degli Stati Uniti, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena Vt).
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002.
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
Segnaliamo inoltre che nella rete telematica e' disponibile una notizia sintetica in italiano dal titolo "Alcune parole per Leonard Peltier":
https://lists.peacelink.it/nonviolenza/2022/03/msg00001.html
Sempre nella rete telematica e' disponibile anche una piu' ampia ed approfondita bibliografia ragionata dal titolo "Dieci libri piu' uno che sarebbe bene aver letto per conoscere la vicenda di Leonard Peltier (e qualche altro minimo suggerimento bibliografico)":
https://lists.peacelink.it/nonviolenza/2022/09/msg00064.html
Ancora nella rete telematica segnaliamo una lettera "ad adiuvandum" alla "United States Parole Commission" del 22 giugno 2024:
https://lists.peacelink.it/nonviolenza/2024/06/msg00055.html
Segnaliamo infine l'attuale sito ufficiale del Comitato di solidarieta' con Leonard Peltier, il "Free Leonard Peltier Ad Hoc Committee": www.freeleonardpeltiernow.org
2. REPETITA IUVANT. CHE FARE ADESSO PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
Come e' noto, la "United States Parole Commission" ha negato la "liberta' sulla parola" a Leonard Peltier, ed ha fissato la prossima udienza al 2026. Gli avvocati di Leonard Peltier hanno gia' annunciato che ovviamente interporranno appello avverso questa decisione.
Come e' noto Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, e' detenuto da 48 anni in un carcere di massima sicurezza per un delitto che non ha commesso; la sua condanna si baso' su "testimonianze" false e su "prove" altrettanto false. E' anziano (ha quasi 80 anni) e gravemente malato, e le sue plurime patologie non possono essere curate adeguatamente in regime carcerario. Numerosissime personalita' benemerite dell'umanita', associazioni benefiche come Amnesty International, istituzioni democratiche di tutto il mondo - in primis l'Onu e il Parlamento Europeo - chiedono la sua liberazione.
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Che fare?
Occorre perseverare lungo tutte e tre le vie che possono portare alla liberazione di Leonard Peltier:
1. la richiesta al Presidente degli Stati Uniti d'America di concedere la "grazia presidenziale";
2. la richiesta al Procuratore Generale degli Stati Uniti d'America di concedere il "rilascio compassionevole";
3. la richiesta alla "United States Parole Commission" di concedere la "liberta' sulla parola".
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Alcune indicazioni pratiche
a) Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America:
aprire la pagina ad hoc nel sito: https://www.whitehouse.gov/contact/ e seguire le indicazioni li' contenute.
Proposta di testo:
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
e' consuetudine che avvicinandosi il termine del mandato quadriennale il Presidente degli Stati Uniti d'America conceda la grazia ad alcuni detenuti.
La preghiamo di voler concedere la grazia al signor Leonard Peltier, detenuto da quasi mezzo secolo, ormai quasi ottantenne, affetto da gravissime patologie che non possono essere curate in regime carcerario, la cui liberazione e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama, papa Francesco e da istituzioni come l'Onu e il Parlamento Europeo.
Voglia gradire distinti saluti.
b) Per scrivere al Procuratore Generale degli Stati Uniti d'America:
aprire la pagina ad hoc nel sito: https://www.justice.gov/doj/webform/your-message-department-justice e seguire le indicazioni li' contenute.
Proposta di testo:
Egregio Procuratore Generale degli Stati Uniti d'America,
la preghiamo di voler concedere il "rilascio compassionevole" ("compassionate release") al signor Leonard Peltier, detenuto da quasi mezzo secolo, ormai quasi ottantenne, affetto da gravissime patologie che non possono essere curate in regime carcerario, la cui liberazione e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama, papa Francesco e da istituzioni come l'Onu e il Parlamento Europeo.
Voglia gradire distinti saluti.
c) Per scrivere alla "United States Parole Commission":
usare l'indirizzo e-mail: USParole.questions at usdoj.gov
Proposta di testo:
Egregie signore ed egregi signori della "United States Parole Commission",
pur consapevoli della vostra recente decisione, ci permettiamo di sollecitare ulteriormente una tempestiva riconsiderazione della situazione del signor Leonard Peltier, detenuto da quasi mezzo secolo, ormai quasi ottantenne, affetto da gravissime patologie che non possono essere curate in regime carcerario, la cui liberazione e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama, papa Francesco e da istituzioni come l'Onu e il Parlamento Europeo.
Vogliate gradire distinti saluti.
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d) Per informare gli avvocati che assistono Leonard Peltier:
usare gli indirizzi e-mail: ksharp at sanfordheisler.com, jenipherj at forthepeoplelegal.com
Proposta di testo:
Egregia avvocata, egregio avvocato,
vi informiamo che abbiamo scritto al Presidente degli Stati Uniti d'America, al Procuratore Generale degli Stati Uniti d'America, alla "United States Parole Commission", le lettere il cui testo alleghiamo.
Vogliate gradire distinti saluti.
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Tre consigli a chi vuole esprimere e promuovere la solidarieta'
I. La prima forma di solidarieta' e' la conoscenza
- occorre studiare adeguatamente tanto i fatti quanto il contesto;
- occorre far circolare l'informazione, avendo cura che sia un'informazione precisa ed incontrovertibile;
- occorre promuovere altre adesioni all'impegno, avendo cura che ci si attenga scrupolosamente al fine della liberazione di Leonard Peltier e che la metodologia sia rigorosamente nonviolenta;
- soprattutto: occorre far sentire la propria voce direttamente alle istanze istituzionali concretamente preposte alla decisione sulla liberazione di Leonard Peltier; e farla sentire in modo adeguato: ovvero comprensibile e persuasivo. Non serve, ed e' anzi dannosa, la retorica d'accatto, ignorante e stereotipata, che ovviamente non convince nessuno.
E' semplicemente indispensabile la lettura di tutti i seguenti testi:
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, Agents of Repression: The FBI's Secret Wars Against the Black Panther Party and the American Indian Movement, South End Press, Boulder, Colorado, 1988, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, The COINTELPRO Papers: Documents from the FBI's Secret Wars Against Dissent in the United States, South End Press, Boulder, Colorado, 1990, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Roxanne Dunbar-Ortiz, An Indigenous Peoples' History of the United States, Beacon Press, Boston 2014.
- Steve Hendricks, The Unquiet Grave: The FBI and the Struggle for the Soul of Indian Country, Thunder's Mouth Press, New York 2006.
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison Writings: My Life is my Sun Dance, St. Martin's Griffin, New York 1999.
- Michael E. Tigar, Wade H. McCree, Leonard Peltier, Petitioner, v. United States. U.S. Supreme Court transcript of record with supporting pleading, Gale MOML U.S. Supreme Court Records, 1978 e successive ristampe.
- Joseph H. Trimbach e John M. Trimbach, American Indian Mafia: An FBI Agent's True Story About Wounded Knee, Leonard Peltier, and the American Indian Movement (AIM), Outskirts Press, Denver 2009.
II. La prima forma di azione nonviolenta e' la parresia
- occorre prendere la parola e dire la verita' contrastando la violenza del potere;
- occorre prendere la parola e dire la verita' alle istituzioni per ottenere il rispetto del diritto e della morale;
- occorre prendere la parola e dire la verita' come atto politico che invera l'esercizio della democrazia.
Leonard Peltier e' innocente. Leonard Peltier e' in pericolo di morte. Leonard Peltier deve essere liberato.
Nella vicenda di Leonard Peltier si compendia e si testimonia la condizione imposta dalla violenza etnocida, genocida ed ecocida del potere colonialista, imperialista e razzista a tutti i popoli oppressi, all'umanita' intera e all'intero mondo vivente.
La liberazione di Leonard Peltier significa quindi riconoscere il diritto alla vita non solo di ogni persona innocente e di ogni popolo oppresso, ma di tutti gli esseri umani in quanto tali, dell'umanita' intera, di tutti gli esseri viventi e dell'intero mondo vivente.
III. Il tempo e' poco, agire ora
La vecchiaia e le patologie di Leonard Peltier rendono urgente l'impegno per la sua liberazione.
Occorre scrivere ora ai soggetti istituzionali che hanno il potere di restituirgli la liberta'.
Occorre promuovere ora ogni iniziativa nonviolenta adeguata a far crescere l'impegno per la sua liberazione.
Occorre attivare i mezzi d'informazione per ottenere ora la massima attenzione possibile dell'opinione pubblica.
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Free Leonard Peltier.
Non muoia in prigione un uomo innocente.
Mitakuye Oyasin.
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 7 luglio 2024
3. DOCUMENTAZIONE. GIACOMO MARCHETTI: "CI SONO ANCORA PERSONE SOBRIE NELLA RISERVA" (2018)
[Dal sito di "Carmilla" (www.carmillaonline.com) riprendiamo e diffondiamo la seguente recensione cinematografica del 15 maggio 2018]
Il silenzio, dicono, e' la voce della complicita'
Ma il silenzio e' impossibile.
Il silenzio urla.
Il silenzio e' un messaggio,
cosi' come fare nulla e' un'azione
(Leonard Peltier)
Land e' un film sulla condizione dei nativi nord-americani oggi, girato dal quarantenne regista anglo-iraniano: Bebak Jalali.
Originario di un paese al confine tra l'Iran e il Turkmenistan, dedica a questa terra periferica e di confine, uno dei suoi primi lungometraggi, "Frontier Blues", del 2009.
E la vita "di confine" e "ai margini" e' al centro anche di questa narrazione filmica.
La pellicola e' una co-produzione, anche italiana, che nasce da un progetto del Torino Film Lab, selezionata per la sezione Panorama della Berlinale di quest'anno, svoltasi alcuni mesi fa.
"La terra" nella finzione filmica e' una riserva indiana chiamata "Prairie Wolf", ma nella realta' del set e' un territorio di confine tra USA e Messico: Tijuana, a qualche km da quel muro che divide "artificialmente" gli States dal Messico.
Un confine che e' stato al centro della propaganda politica elettorale presidenziale di Orange Man, attuale inquilino della Casa Bianca.
Una cesura che non ha nulla di naturale, quella tra USA e Messico, ma e' il prodotto storico di un esproprio compiuto dagli Stati Uniti a meta' dell'Ottocento in una delle prime guerre di conquista che ne caratterizzeranno la storia, cosi' come nulla di "naturale" ha l'attuale situazione dei nativi americani in cui l'inizio del loro Olocausto coincide con l'approdo di padri pellegrini sul Mayflower nelle coste orientali del continente Nord-Americano a Cape Cod l'11 novembre del 1620.
Buona parte del territorio del sud degli Stati Uniti e' infatti il risultato di una "guerra di rapina", recentemente rievocata da un bel romanzo di Pino Cacucci: Quelli del san Patrizio in cui si narra le vicende dei disertori, per la maggior parte di origine irlandese, che passarono dalla parte dei messicani, formando un battaglione d'artiglieria nominato appunto San Patrizio al comando di John Riley, uno dei primi fulgidi esempi di "traditori di razza" della storia popolare nord-americana.
La linea di confine, "il dentro" e il "fuori", la costruzione dell'identita', sono al centro della riflessione filmica, cosi' come anche il tema del "traditore" – in questo caso traditrice – di razza, un ruolo – quest'ultimo – riservato nella pellicola ad una teenager bianca scevra dei pregiudizi della propria famiglia sui nativi americani, curiosa di conoscere la Storia, anzi le storie, di un popolo che vive ridotto alla condizione di reietto.
I nativi sono ancora odiati dai parenti della giovane che non provano alcun rispetto per "gli indiani" ma di cui hanno ancora timore.
I nativi costituiscono ancora una delle maggiori fonti di ricchezza attraverso la vendita di alcolici, business che oltre a lucrare sull'esistenza dei "pellerossa" contribuisce alla loro "anestetizzazione" sociale, rendendoli dipendenti dall'alcol (e quindi da chi lo vende) e incapaci di difendersi dai propri carnefici.
L'alcol ha svolto, e svolge, per i nativi americani la stessa funzione della diffusione massiccia di droghe nei ghetti delle citta' metropolitane nei confronti degli afro-americani: "la guerra chimica" denunciata ai suoi tempi della Pantere Nere.
Per citare una strofa di una famosa poetessa chicano-americana Gloria Anzaldua: to survive the Borderlands / you must live sin fronteras / to be a crossroads...
Il regista sembra ispirarsi proprio a questa strofa e stimolato da un servizio, apparso sul Guardian, si reca – per produrre il film – due volte in Nord America, visita una trentina di riserve e compie la selezione degli attori attraverso un casting aperto tra i nativi americani, persone che hanno quindi vissuto sulla propria pelle quella condizione che vuole far emergere, rendendo il film una sorta di docu-fiction in stile iper-realista.
Siamo in uno dei tanti territori rimasti ai margini dello sviluppo economico americano, dopo esserne stato al centro, qui si tratta di quella frontiera mobile un tempo fondamentale per l'espansionismo statunitense, ma la condizione di esistenza potrebbe essere la stessa, mutando di paesaggio e di composizione "etnica": la periferia di Detroit, un tempo Motorcity, un villaggio ex-minerario nei Monti Appalachi, un quartiere di New Orleans colpito dall'uragano Katrina, in una tante citta' della rust belt: umanita' di scarto in qualsiasi di questi contesti...
E' la storia di una famiglia di nativi americani che vive nella riserva, e che passa gran parte della sua esistenza fuori dal territorio nativo stesso: un fratello, Ray, ex alcolista e diabetico lavora con il figlio in un allevamento di bovini mentre un altro combatte nell'Air Force degli Stati Uniti in missione in Afghanistan, un altro, Wes, passa la sua giornata in uno store fuori dalla riserva a bere birra (l'alcol e' vietato nella riserva) con la madre – cattolica praticante ma tutt'altro che remissiva e perno del nucleo familiare – che lo porta in macchina quando inizia la sua giornata e lo va a prendere al calar del sole, mentre un terzo, che sembra godere di una certa agiatezza, si dedica al contrabbando di alcol nella riserva e non vive nella casa familiare.
La narrazione filmica si svolge quasi esclusivamente dentro le mura domestiche della famiglia nella riserva, dentro e nelle vicinanze del negozio che vende prevalentemente alcolici, nell'allevamento di bovini e lungo le strade polverose che collegano questi punti.
La riserva e' una specie di non-luogo, solcato raramente da chi non ci vive ed e' raro che qualcuno l'attraversi per raggiungere "un'altra meta": non e' mai un approdo, se non per chi ci vive come fosse un quartiere dormitorio in cui l'autorita' poliziesca e' svolta dalla tribe police, il cui unico compito sembra essere quello di verificare la presenza di alcolici sulle persone che ritornano alla Riserva.
Fuori dall'esercizio commerciale la telecamera si adagia sui nativi che passano il proprio tempo a bere, ridotti ad uno stato larvale, mentre sulle pareti un murale raffigurante il prigioniero nativo americano Leonard Peltier, e alcune scritte murali come "native proud" non potrebbero dare un senso di maggior contrasto tra una storia fatta di resistenza e volonta' di riscatto ed un presente di marginalita' e rassegnazione, a cui nel corso del film i protagonisti reagiscono trasformando una narrazione distopica nel suo contrario.
Gli eredi dei cowboys, non sembrano essere meno aggressivi dei loro predecessori e la tensione e' palpabile in ogni scambio verbale tra i membri della famiglia che gestisce lo store, tranne la gia' ricordata teenager (l'unica che si interessa del co-protagonista alcolizzato), e la famiglia di nativi americani: la linea di separazione tra le due comunita' deve essere netta e invalicabile, l'ostilita' reciproca il metro del loro relazionarsi, non a caso alla ragazza viene impedito di frequentare Wes.
La linea del colore, per citare W.E.Du Bois, e' ancora una discriminante e demolisce le retoriche obamiane della societa' statunitense come post-razziale.
In questo tempo, fuori e dentro la riserva, il tempo sembra essersi fermato.
Sanno che con i fumi dell'alcol Wes perde i suoi filtri, e riporta a galla la storia, anche recente, di sopraffazione che la giovane non deve ascoltare: ma e' proprio dalla comprensione di cio' che e' attraverso cio' che e' stato che la ragazza diviene complice indiretta della reazione dei nativi americani, provando probabilmente quello stesso senso di identificazione che le prime abolizioniste provavano nella condizione degli afro-americani di fronte al potere degli WASP, come ci ricorda Angela Davis in un libro recentemente ri-tradotto e ri-pubblicato: Donne, razza e classe.
L'unica attivita' di svago sembra essere il combattimento tra galli, che la crudelta' umana piega alla sua etica di scontro mortale cingendo con una lama metallica affilata ricurva una zampa del volatile.
Il combattimento tra questi animali, che e' una sequenza centrale di Land, e' una metafora di questa lotta mortale tra discendenti dei coloni e quelli dei nativi su una terra arida, sullo sfondo di uno sviluppo che concede solo le briciole in quella terra di nessuno alla componente bianca e che continua quel rapporto di dominio iniziato con la "Conquista del West".
Il motore filmico e' la notizia dell'uccisione del fratello in missione in Afghanistan, e le vicende si svolgono lungo il tempo d'attesa della possibilita' di riavere il corpo del defunto per celebrare il rito funebre.
La locandina del film riprende un frame della pellicola nella scena al confine tra il territorio degli Stati Uniti e quello della riserva, con la bara coperta dalla bandiera statunitense e cattura lo sguardo d'odio del padre verso la cassa da morto in cui vi e' il corpo senza vita del figlio.
I parenti di Floyd e gli abitanti della riserva attendono la salma, sostituendo la bandiera a stelle a strisce e il picchetto d'onore dell'aeronautica: uno dei dialoghi piu' intensi del film e' quello della nonna e del padre con l'ufficiale dell'Air force che ha il compito di occuparsi del figlio morto.
Floyd e' morto "per il proprio Paese" secondo l'ufficiale, mentre per la sua famiglia quello era solo il suo lavoro, saranno loro a seppellirlo e non i militari nonostante la prassi esiga il contrario.
I nativi americani sono tra coloro che sono destinati ad essere la "carne da cannone" per le imprese belliche dell'Impero americano, ed il mestiere delle armi e' una delle poche possibilita', insieme al crimine, di emancipazione economica per le "minoranze razziali" statunitensi.
La cerimonia funebre e' dilatata nel tempo a causa dell'inchiesta che deve rilevare i motivi del decesso, e se il militare si e' attenuto al regolamento, il che permetterebbe alla famiglia di godere di una cifra pari a 100.000 dollari di risarcimento come militare ucciso in combattimento, rispetto ad una decima parte che gli spetterebbe comunque come soldato in missione.
La voce dell'ufficiale sfuma in questa scena che si svolge nell'ufficio della base militare dell'aeronautica, mentre elenca i vari benefits di cui ha diritto comunque la famiglia a causa del decesso (tra cui l'accesso a cure mediche gratuite...).
Nel tempo dell’attesa l'aggressione fisica gratuita da parte dei figli dei gestori dello store nei confronti del fratello etilista e' l'altro motore filmico che fa schizzare la tensione tra gli eredi dei cowboys e quello dei guerrieri "indiani". L'attesa della vendetta e della possibile reazione a questa in un contesto in cui non c'e' alcuna autorita' legittima che tuteli l'incolumita' dei cittadini e ne punisca i trasgressori proiettano la vicenda in un continuum storico in cui la violenza era e rimane il rapporto sociale tra questi raggruppamenti umani che si tratti dello stupro travestito da prostituzione, o del linciaggio vero e proprio come strumento per imporre con il terrore il proprio dominio se minacciato.
Ed e' significativo che la violenza che si consuma su Wes da parte dei due giovani avviene a causa della sua insistenza nel volergli ricordare un linciaggio di due "cacciatori indiani" avvenuto in un passato recente di cui loro padre dovrebbe serbare ricordo, cioe' esserne probabilmente il responsabile e non e' difficile supporre si tratti proprio dell'uccisione del padre di Wes, di cui non si parla mai esplicitamente nel film.
L'equilibrio dato dall'impunita' della sopraffazione si rompe e se ne stabilisce un altro in cui la possibilita' di rispondere agli attacchi perpetrati nei confronti dei nativi americani non solo vendica un torto subito, ma stabilisce un precedente: ci sono ancora persone sobrie nella riserva risponde la madre zittendo la gestrice dell'attivita' commerciale che le paventa rappresaglie per la giusta punizione inflitta ai suoi figli per cio' che hanno fatto a Wes.
Ed anche il figlio etilista, puo' farcela, se aiutato a disintossicarsi...
E' in questa riaffermazione di se' e della propria storia di resistenza, che le parole dell'ex leader dell'American Indian Movement, Leonard Peltier, citate all'inizio della recensione ritrovano la loro forza vitale.
Peltier ha scontato ingiustamente 40 anni di carcere e ora settantenne e' chiuso dietro le sbarre di una prigione, per avere difeso armi in pugno la propria comunita' dagli assalti alla riserva di Pine Ridge, sfuggita alla dinamiche "interne" di perpetuazione della dominazione dello Zio Tom.
La poesia citata si conclude con queste strofe: Voi siete le vostre azioni / voi siete il risultato delle vostre azioni / diventate il vostro messaggio / Voi siete il messaggio.
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NON MUOIA IN CARCERE LEONARD PELTIER
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Foglio a sostegno dell'appello a scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier
A cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 64 del 15 ottobre 2024
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NON MUOIA IN CARCERE LEONARD PELTIER
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Foglio a sostegno dell'appello a scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier
A cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 64 del 15 ottobre 2024
Sommario di questo numero:
1. "Restituisca la liberta' a Leonard Peltier". Estremo un appello al Presidente Biden
2. Che fare adesso per la liberazione di Leonard Peltier
3. Giacomo Marchetti: "Ci sono ancora persone sobrie nella Riserva" (2018)
1. REPETITA IUVANT. "RESTITUISCA LA LIBERTA' A LEONARD PELTIER". ESTREMO UN APPELLO AL PRESIDENTE BIDEN
Presidente Biden,
prima del termine del suo mandato lei puo' compiere un gesto che tutte le persone di volonta' buona attendono ormai da molti anni da parte della presidenza degli Stati Uniti d'America: la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier, da 48 anni prigioniero innocente.
Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano difensore del suo popolo e di tutti i popoli oppressi, difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani, difensore della Madre Terra.
Leonard Peltier e' gravemente malato e dopo quasi mezzo secolo di ingiusta detenzione non gli resta molto tempo da vivere.
Leonard Peltier e' stato condannato per un delitto che non ha commesso: e' stato definitivamente dimostrato che le testimonianze contro di lui erano false e che le prove contro di lui erano altrettanto false.
Dal carcere Leonard Peltier lungo mezzo secolo ha sostenuto con la parola e con la testimonianza, con l'esempio e con la solidarieta' concreta nella misura in cui gli e' stato possibile esprimerla, innumerevoli iniziative nonviolente in difesa dei popoli e delle persone cui venivano negati i diritti piu' elementari, in difesa del mondo vivente minacciato di irreversibili devastazioni.
Personalita' come Nelson Mandela, come madre Teresa di Calcutta, come Desmond Tutu, come Rigoberta Menchu', come il Dalai Lama, come papa Francesco, hanno chiesto la sua liberazione.
Movimenti umanitari come Amnesty International e il Movimento Nonviolento hanno chiesto la sua liberazione.
Istituzioni rappresentative come l'Onu (che sulla vicenda di Leonard Peltier si e' pronunciata attraverso una commissione giuridica ad hoc) e come il Parlamento Europeo (fin dagli anni Novanta, ed ancora qualche anno fa con il compianto suo Presidente David Sassoli) hanno chiesto la sua liberazione.
*
Presidente Biden,
in questo tempo attraversato da orrori indicibili, da guerre e devastazioni inaudite, in cui non solo l'intera umana famiglia ma l'intero mondo vivente - quest'unico mondo vivente che conosciamo nell'intero universo - sono minacciati di distruzione per responsabilita' di poteri folli e scellerati, la liberazione di Leonard Peltier costituirebbe un messaggio di speranza e un'epifania di bene a conforto e sostegno dell'umanita' intera.
La liberazione di Leonard Peltier sarebbe per ogni persona di volonta' buona e per ogni civile consorzio e legittimo istituto fedeli all'umanita' una viva gioia e un impulso potente a continuare ad operare per la pace che salva le vite, per il bene comune che ogni essere umano riconosce e raggiunge e soccorre e preserva, che nessuna persona abbandona al dolore e alla morte.
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Presidente Biden,
conceda la grazia a Leonard Peltier.
Restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 11 agosto 2024
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che negli anni Ottanta ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnato nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 48 anni prigioniero innocente.
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Allegato primo. Per scrivere al Presidente Biden:
Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America e' sufficiente collegarsi al sito della Casa Bianca alla pagina web: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: scrivere un breve testo (di seguito una traccia utilizzabile):
"Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
le scriviamo per chiederle di concedere la grazia presidenziale a Leonard Peltier.
Come lei sa, Leonard Peltier ha gia' subito 48 anni di carcere per un delitto che non ha commesso.
E' vecchio, e' gravemente malato, le sue patologie non possono essere adeguatamente curate in carcere.
La sua liberazione e' stata chiesta da Nelson Mandela, da madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama, da papa Francesco, da Amnesty International, dal Parlamento Europeo, dall'Onu, da milioni di persone di tutto il mondo.
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
conceda la grazia a Leonard Peltier.
Restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Distinti saluti".
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Allegato secondo. Per saperne di piu':
Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 48 anni prigioniero innocente.
Segnaliamo alcuni materiali di documentazione in lingua italiana disponibili nella rete telematica:
https://sites.google.com/view/viterboperleonardpeltier/home-page
https://sites.google.com/view/vetralla-per-peltier-2021/home-page
https://sites.google.com/view/vetrallaperpeltier2022/home-page
https://sites.google.com/view/vetrallaperleonardpeltier2023/home-page
https://sites.google.com/view/vetralla-per-peltier-2024/home-page
Segnaliamo anche alcune pubblicazioni a stampa in italiano e in inglese particolarmente utili:
- Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano. Leonard Peltier prigioniero degli Stati Uniti, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena Vt).
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002.
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
Segnaliamo inoltre che nella rete telematica e' disponibile una notizia sintetica in italiano dal titolo "Alcune parole per Leonard Peltier":
https://lists.peacelink.it/nonviolenza/2022/03/msg00001.html
Sempre nella rete telematica e' disponibile anche una piu' ampia ed approfondita bibliografia ragionata dal titolo "Dieci libri piu' uno che sarebbe bene aver letto per conoscere la vicenda di Leonard Peltier (e qualche altro minimo suggerimento bibliografico)":
https://lists.peacelink.it/nonviolenza/2022/09/msg00064.html
Ancora nella rete telematica segnaliamo una lettera "ad adiuvandum" alla "United States Parole Commission" del 22 giugno 2024:
https://lists.peacelink.it/nonviolenza/2024/06/msg00055.html
Segnaliamo infine l'attuale sito ufficiale del Comitato di solidarieta' con Leonard Peltier, il "Free Leonard Peltier Ad Hoc Committee": www.freeleonardpeltiernow.org
2. REPETITA IUVANT. CHE FARE ADESSO PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
Come e' noto, la "United States Parole Commission" ha negato la "liberta' sulla parola" a Leonard Peltier, ed ha fissato la prossima udienza al 2026. Gli avvocati di Leonard Peltier hanno gia' annunciato che ovviamente interporranno appello avverso questa decisione.
Come e' noto Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, e' detenuto da 48 anni in un carcere di massima sicurezza per un delitto che non ha commesso; la sua condanna si baso' su "testimonianze" false e su "prove" altrettanto false. E' anziano (ha quasi 80 anni) e gravemente malato, e le sue plurime patologie non possono essere curate adeguatamente in regime carcerario. Numerosissime personalita' benemerite dell'umanita', associazioni benefiche come Amnesty International, istituzioni democratiche di tutto il mondo - in primis l'Onu e il Parlamento Europeo - chiedono la sua liberazione.
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Che fare?
Occorre perseverare lungo tutte e tre le vie che possono portare alla liberazione di Leonard Peltier:
1. la richiesta al Presidente degli Stati Uniti d'America di concedere la "grazia presidenziale";
2. la richiesta al Procuratore Generale degli Stati Uniti d'America di concedere il "rilascio compassionevole";
3. la richiesta alla "United States Parole Commission" di concedere la "liberta' sulla parola".
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Alcune indicazioni pratiche
a) Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America:
aprire la pagina ad hoc nel sito: https://www.whitehouse.gov/contact/ e seguire le indicazioni li' contenute.
Proposta di testo:
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
e' consuetudine che avvicinandosi il termine del mandato quadriennale il Presidente degli Stati Uniti d'America conceda la grazia ad alcuni detenuti.
La preghiamo di voler concedere la grazia al signor Leonard Peltier, detenuto da quasi mezzo secolo, ormai quasi ottantenne, affetto da gravissime patologie che non possono essere curate in regime carcerario, la cui liberazione e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama, papa Francesco e da istituzioni come l'Onu e il Parlamento Europeo.
Voglia gradire distinti saluti.
b) Per scrivere al Procuratore Generale degli Stati Uniti d'America:
aprire la pagina ad hoc nel sito: https://www.justice.gov/doj/webform/your-message-department-justice e seguire le indicazioni li' contenute.
Proposta di testo:
Egregio Procuratore Generale degli Stati Uniti d'America,
la preghiamo di voler concedere il "rilascio compassionevole" ("compassionate release") al signor Leonard Peltier, detenuto da quasi mezzo secolo, ormai quasi ottantenne, affetto da gravissime patologie che non possono essere curate in regime carcerario, la cui liberazione e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama, papa Francesco e da istituzioni come l'Onu e il Parlamento Europeo.
Voglia gradire distinti saluti.
c) Per scrivere alla "United States Parole Commission":
usare l'indirizzo e-mail: USParole.questions at usdoj.gov
Proposta di testo:
Egregie signore ed egregi signori della "United States Parole Commission",
pur consapevoli della vostra recente decisione, ci permettiamo di sollecitare ulteriormente una tempestiva riconsiderazione della situazione del signor Leonard Peltier, detenuto da quasi mezzo secolo, ormai quasi ottantenne, affetto da gravissime patologie che non possono essere curate in regime carcerario, la cui liberazione e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama, papa Francesco e da istituzioni come l'Onu e il Parlamento Europeo.
Vogliate gradire distinti saluti.
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d) Per informare gli avvocati che assistono Leonard Peltier:
usare gli indirizzi e-mail: ksharp at sanfordheisler.com, jenipherj at forthepeoplelegal.com
Proposta di testo:
Egregia avvocata, egregio avvocato,
vi informiamo che abbiamo scritto al Presidente degli Stati Uniti d'America, al Procuratore Generale degli Stati Uniti d'America, alla "United States Parole Commission", le lettere il cui testo alleghiamo.
Vogliate gradire distinti saluti.
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Tre consigli a chi vuole esprimere e promuovere la solidarieta'
I. La prima forma di solidarieta' e' la conoscenza
- occorre studiare adeguatamente tanto i fatti quanto il contesto;
- occorre far circolare l'informazione, avendo cura che sia un'informazione precisa ed incontrovertibile;
- occorre promuovere altre adesioni all'impegno, avendo cura che ci si attenga scrupolosamente al fine della liberazione di Leonard Peltier e che la metodologia sia rigorosamente nonviolenta;
- soprattutto: occorre far sentire la propria voce direttamente alle istanze istituzionali concretamente preposte alla decisione sulla liberazione di Leonard Peltier; e farla sentire in modo adeguato: ovvero comprensibile e persuasivo. Non serve, ed e' anzi dannosa, la retorica d'accatto, ignorante e stereotipata, che ovviamente non convince nessuno.
E' semplicemente indispensabile la lettura di tutti i seguenti testi:
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, Agents of Repression: The FBI's Secret Wars Against the Black Panther Party and the American Indian Movement, South End Press, Boulder, Colorado, 1988, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, The COINTELPRO Papers: Documents from the FBI's Secret Wars Against Dissent in the United States, South End Press, Boulder, Colorado, 1990, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Roxanne Dunbar-Ortiz, An Indigenous Peoples' History of the United States, Beacon Press, Boston 2014.
- Steve Hendricks, The Unquiet Grave: The FBI and the Struggle for the Soul of Indian Country, Thunder's Mouth Press, New York 2006.
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison Writings: My Life is my Sun Dance, St. Martin's Griffin, New York 1999.
- Michael E. Tigar, Wade H. McCree, Leonard Peltier, Petitioner, v. United States. U.S. Supreme Court transcript of record with supporting pleading, Gale MOML U.S. Supreme Court Records, 1978 e successive ristampe.
- Joseph H. Trimbach e John M. Trimbach, American Indian Mafia: An FBI Agent's True Story About Wounded Knee, Leonard Peltier, and the American Indian Movement (AIM), Outskirts Press, Denver 2009.
II. La prima forma di azione nonviolenta e' la parresia
- occorre prendere la parola e dire la verita' contrastando la violenza del potere;
- occorre prendere la parola e dire la verita' alle istituzioni per ottenere il rispetto del diritto e della morale;
- occorre prendere la parola e dire la verita' come atto politico che invera l'esercizio della democrazia.
Leonard Peltier e' innocente. Leonard Peltier e' in pericolo di morte. Leonard Peltier deve essere liberato.
Nella vicenda di Leonard Peltier si compendia e si testimonia la condizione imposta dalla violenza etnocida, genocida ed ecocida del potere colonialista, imperialista e razzista a tutti i popoli oppressi, all'umanita' intera e all'intero mondo vivente.
La liberazione di Leonard Peltier significa quindi riconoscere il diritto alla vita non solo di ogni persona innocente e di ogni popolo oppresso, ma di tutti gli esseri umani in quanto tali, dell'umanita' intera, di tutti gli esseri viventi e dell'intero mondo vivente.
III. Il tempo e' poco, agire ora
La vecchiaia e le patologie di Leonard Peltier rendono urgente l'impegno per la sua liberazione.
Occorre scrivere ora ai soggetti istituzionali che hanno il potere di restituirgli la liberta'.
Occorre promuovere ora ogni iniziativa nonviolenta adeguata a far crescere l'impegno per la sua liberazione.
Occorre attivare i mezzi d'informazione per ottenere ora la massima attenzione possibile dell'opinione pubblica.
*
Free Leonard Peltier.
Non muoia in prigione un uomo innocente.
Mitakuye Oyasin.
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 7 luglio 2024
3. DOCUMENTAZIONE. GIACOMO MARCHETTI: "CI SONO ANCORA PERSONE SOBRIE NELLA RISERVA" (2018)
[Dal sito di "Carmilla" (www.carmillaonline.com) riprendiamo e diffondiamo la seguente recensione cinematografica del 15 maggio 2018]
Il silenzio, dicono, e' la voce della complicita'
Ma il silenzio e' impossibile.
Il silenzio urla.
Il silenzio e' un messaggio,
cosi' come fare nulla e' un'azione
(Leonard Peltier)
Land e' un film sulla condizione dei nativi nord-americani oggi, girato dal quarantenne regista anglo-iraniano: Bebak Jalali.
Originario di un paese al confine tra l'Iran e il Turkmenistan, dedica a questa terra periferica e di confine, uno dei suoi primi lungometraggi, "Frontier Blues", del 2009.
E la vita "di confine" e "ai margini" e' al centro anche di questa narrazione filmica.
La pellicola e' una co-produzione, anche italiana, che nasce da un progetto del Torino Film Lab, selezionata per la sezione Panorama della Berlinale di quest'anno, svoltasi alcuni mesi fa.
"La terra" nella finzione filmica e' una riserva indiana chiamata "Prairie Wolf", ma nella realta' del set e' un territorio di confine tra USA e Messico: Tijuana, a qualche km da quel muro che divide "artificialmente" gli States dal Messico.
Un confine che e' stato al centro della propaganda politica elettorale presidenziale di Orange Man, attuale inquilino della Casa Bianca.
Una cesura che non ha nulla di naturale, quella tra USA e Messico, ma e' il prodotto storico di un esproprio compiuto dagli Stati Uniti a meta' dell'Ottocento in una delle prime guerre di conquista che ne caratterizzeranno la storia, cosi' come nulla di "naturale" ha l'attuale situazione dei nativi americani in cui l'inizio del loro Olocausto coincide con l'approdo di padri pellegrini sul Mayflower nelle coste orientali del continente Nord-Americano a Cape Cod l'11 novembre del 1620.
Buona parte del territorio del sud degli Stati Uniti e' infatti il risultato di una "guerra di rapina", recentemente rievocata da un bel romanzo di Pino Cacucci: Quelli del san Patrizio in cui si narra le vicende dei disertori, per la maggior parte di origine irlandese, che passarono dalla parte dei messicani, formando un battaglione d'artiglieria nominato appunto San Patrizio al comando di John Riley, uno dei primi fulgidi esempi di "traditori di razza" della storia popolare nord-americana.
La linea di confine, "il dentro" e il "fuori", la costruzione dell'identita', sono al centro della riflessione filmica, cosi' come anche il tema del "traditore" – in questo caso traditrice – di razza, un ruolo – quest'ultimo – riservato nella pellicola ad una teenager bianca scevra dei pregiudizi della propria famiglia sui nativi americani, curiosa di conoscere la Storia, anzi le storie, di un popolo che vive ridotto alla condizione di reietto.
I nativi sono ancora odiati dai parenti della giovane che non provano alcun rispetto per "gli indiani" ma di cui hanno ancora timore.
I nativi costituiscono ancora una delle maggiori fonti di ricchezza attraverso la vendita di alcolici, business che oltre a lucrare sull'esistenza dei "pellerossa" contribuisce alla loro "anestetizzazione" sociale, rendendoli dipendenti dall'alcol (e quindi da chi lo vende) e incapaci di difendersi dai propri carnefici.
L'alcol ha svolto, e svolge, per i nativi americani la stessa funzione della diffusione massiccia di droghe nei ghetti delle citta' metropolitane nei confronti degli afro-americani: "la guerra chimica" denunciata ai suoi tempi della Pantere Nere.
Per citare una strofa di una famosa poetessa chicano-americana Gloria Anzaldua: to survive the Borderlands / you must live sin fronteras / to be a crossroads...
Il regista sembra ispirarsi proprio a questa strofa e stimolato da un servizio, apparso sul Guardian, si reca – per produrre il film – due volte in Nord America, visita una trentina di riserve e compie la selezione degli attori attraverso un casting aperto tra i nativi americani, persone che hanno quindi vissuto sulla propria pelle quella condizione che vuole far emergere, rendendo il film una sorta di docu-fiction in stile iper-realista.
Siamo in uno dei tanti territori rimasti ai margini dello sviluppo economico americano, dopo esserne stato al centro, qui si tratta di quella frontiera mobile un tempo fondamentale per l'espansionismo statunitense, ma la condizione di esistenza potrebbe essere la stessa, mutando di paesaggio e di composizione "etnica": la periferia di Detroit, un tempo Motorcity, un villaggio ex-minerario nei Monti Appalachi, un quartiere di New Orleans colpito dall'uragano Katrina, in una tante citta' della rust belt: umanita' di scarto in qualsiasi di questi contesti...
E' la storia di una famiglia di nativi americani che vive nella riserva, e che passa gran parte della sua esistenza fuori dal territorio nativo stesso: un fratello, Ray, ex alcolista e diabetico lavora con il figlio in un allevamento di bovini mentre un altro combatte nell'Air Force degli Stati Uniti in missione in Afghanistan, un altro, Wes, passa la sua giornata in uno store fuori dalla riserva a bere birra (l'alcol e' vietato nella riserva) con la madre – cattolica praticante ma tutt'altro che remissiva e perno del nucleo familiare – che lo porta in macchina quando inizia la sua giornata e lo va a prendere al calar del sole, mentre un terzo, che sembra godere di una certa agiatezza, si dedica al contrabbando di alcol nella riserva e non vive nella casa familiare.
La narrazione filmica si svolge quasi esclusivamente dentro le mura domestiche della famiglia nella riserva, dentro e nelle vicinanze del negozio che vende prevalentemente alcolici, nell'allevamento di bovini e lungo le strade polverose che collegano questi punti.
La riserva e' una specie di non-luogo, solcato raramente da chi non ci vive ed e' raro che qualcuno l'attraversi per raggiungere "un'altra meta": non e' mai un approdo, se non per chi ci vive come fosse un quartiere dormitorio in cui l'autorita' poliziesca e' svolta dalla tribe police, il cui unico compito sembra essere quello di verificare la presenza di alcolici sulle persone che ritornano alla Riserva.
Fuori dall'esercizio commerciale la telecamera si adagia sui nativi che passano il proprio tempo a bere, ridotti ad uno stato larvale, mentre sulle pareti un murale raffigurante il prigioniero nativo americano Leonard Peltier, e alcune scritte murali come "native proud" non potrebbero dare un senso di maggior contrasto tra una storia fatta di resistenza e volonta' di riscatto ed un presente di marginalita' e rassegnazione, a cui nel corso del film i protagonisti reagiscono trasformando una narrazione distopica nel suo contrario.
Gli eredi dei cowboys, non sembrano essere meno aggressivi dei loro predecessori e la tensione e' palpabile in ogni scambio verbale tra i membri della famiglia che gestisce lo store, tranne la gia' ricordata teenager (l'unica che si interessa del co-protagonista alcolizzato), e la famiglia di nativi americani: la linea di separazione tra le due comunita' deve essere netta e invalicabile, l'ostilita' reciproca il metro del loro relazionarsi, non a caso alla ragazza viene impedito di frequentare Wes.
La linea del colore, per citare W.E.Du Bois, e' ancora una discriminante e demolisce le retoriche obamiane della societa' statunitense come post-razziale.
In questo tempo, fuori e dentro la riserva, il tempo sembra essersi fermato.
Sanno che con i fumi dell'alcol Wes perde i suoi filtri, e riporta a galla la storia, anche recente, di sopraffazione che la giovane non deve ascoltare: ma e' proprio dalla comprensione di cio' che e' attraverso cio' che e' stato che la ragazza diviene complice indiretta della reazione dei nativi americani, provando probabilmente quello stesso senso di identificazione che le prime abolizioniste provavano nella condizione degli afro-americani di fronte al potere degli WASP, come ci ricorda Angela Davis in un libro recentemente ri-tradotto e ri-pubblicato: Donne, razza e classe.
L'unica attivita' di svago sembra essere il combattimento tra galli, che la crudelta' umana piega alla sua etica di scontro mortale cingendo con una lama metallica affilata ricurva una zampa del volatile.
Il combattimento tra questi animali, che e' una sequenza centrale di Land, e' una metafora di questa lotta mortale tra discendenti dei coloni e quelli dei nativi su una terra arida, sullo sfondo di uno sviluppo che concede solo le briciole in quella terra di nessuno alla componente bianca e che continua quel rapporto di dominio iniziato con la "Conquista del West".
Il motore filmico e' la notizia dell'uccisione del fratello in missione in Afghanistan, e le vicende si svolgono lungo il tempo d'attesa della possibilita' di riavere il corpo del defunto per celebrare il rito funebre.
La locandina del film riprende un frame della pellicola nella scena al confine tra il territorio degli Stati Uniti e quello della riserva, con la bara coperta dalla bandiera statunitense e cattura lo sguardo d'odio del padre verso la cassa da morto in cui vi e' il corpo senza vita del figlio.
I parenti di Floyd e gli abitanti della riserva attendono la salma, sostituendo la bandiera a stelle a strisce e il picchetto d'onore dell'aeronautica: uno dei dialoghi piu' intensi del film e' quello della nonna e del padre con l'ufficiale dell'Air force che ha il compito di occuparsi del figlio morto.
Floyd e' morto "per il proprio Paese" secondo l'ufficiale, mentre per la sua famiglia quello era solo il suo lavoro, saranno loro a seppellirlo e non i militari nonostante la prassi esiga il contrario.
I nativi americani sono tra coloro che sono destinati ad essere la "carne da cannone" per le imprese belliche dell'Impero americano, ed il mestiere delle armi e' una delle poche possibilita', insieme al crimine, di emancipazione economica per le "minoranze razziali" statunitensi.
La cerimonia funebre e' dilatata nel tempo a causa dell'inchiesta che deve rilevare i motivi del decesso, e se il militare si e' attenuto al regolamento, il che permetterebbe alla famiglia di godere di una cifra pari a 100.000 dollari di risarcimento come militare ucciso in combattimento, rispetto ad una decima parte che gli spetterebbe comunque come soldato in missione.
La voce dell'ufficiale sfuma in questa scena che si svolge nell'ufficio della base militare dell'aeronautica, mentre elenca i vari benefits di cui ha diritto comunque la famiglia a causa del decesso (tra cui l'accesso a cure mediche gratuite...).
Nel tempo dell’attesa l'aggressione fisica gratuita da parte dei figli dei gestori dello store nei confronti del fratello etilista e' l'altro motore filmico che fa schizzare la tensione tra gli eredi dei cowboys e quello dei guerrieri "indiani". L'attesa della vendetta e della possibile reazione a questa in un contesto in cui non c'e' alcuna autorita' legittima che tuteli l'incolumita' dei cittadini e ne punisca i trasgressori proiettano la vicenda in un continuum storico in cui la violenza era e rimane il rapporto sociale tra questi raggruppamenti umani che si tratti dello stupro travestito da prostituzione, o del linciaggio vero e proprio come strumento per imporre con il terrore il proprio dominio se minacciato.
Ed e' significativo che la violenza che si consuma su Wes da parte dei due giovani avviene a causa della sua insistenza nel volergli ricordare un linciaggio di due "cacciatori indiani" avvenuto in un passato recente di cui loro padre dovrebbe serbare ricordo, cioe' esserne probabilmente il responsabile e non e' difficile supporre si tratti proprio dell'uccisione del padre di Wes, di cui non si parla mai esplicitamente nel film.
L'equilibrio dato dall'impunita' della sopraffazione si rompe e se ne stabilisce un altro in cui la possibilita' di rispondere agli attacchi perpetrati nei confronti dei nativi americani non solo vendica un torto subito, ma stabilisce un precedente: ci sono ancora persone sobrie nella riserva risponde la madre zittendo la gestrice dell'attivita' commerciale che le paventa rappresaglie per la giusta punizione inflitta ai suoi figli per cio' che hanno fatto a Wes.
Ed anche il figlio etilista, puo' farcela, se aiutato a disintossicarsi...
E' in questa riaffermazione di se' e della propria storia di resistenza, che le parole dell'ex leader dell'American Indian Movement, Leonard Peltier, citate all'inizio della recensione ritrovano la loro forza vitale.
Peltier ha scontato ingiustamente 40 anni di carcere e ora settantenne e' chiuso dietro le sbarre di una prigione, per avere difeso armi in pugno la propria comunita' dagli assalti alla riserva di Pine Ridge, sfuggita alla dinamiche "interne" di perpetuazione della dominazione dello Zio Tom.
La poesia citata si conclude con queste strofe: Voi siete le vostre azioni / voi siete il risultato delle vostre azioni / diventate il vostro messaggio / Voi siete il messaggio.
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NON MUOIA IN CARCERE LEONARD PELTIER
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Foglio a sostegno dell'appello a scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier
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Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 64 del 15 ottobre 2024
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