[Nonviolenza] Telegrammi. 5041



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5041 del 7 dicembre 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Luisa Moglia
2. Martin Luther King: "Io ho un sogno". Il discorso del 28 agosto 1963 a Washington
3. Cessare di uccidere, salvare le vite, riconoscersi umani
4. Peppe Sini: Cinque tesi sul golpe in corso in Italia
5. L'associazione "Respirare" di Viterbo scrive alla Presidente del Parlamento Europeo: "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier"
6. Emergency e altri: Per un cessate il fuoco permanente e una soluzione politica
7. Adesione popolare alla denuncia sulla presenza di armi nucleari in Italia
8. Sosteniamo Narges Mohammadi e la lotta delle donne in Iran. Chiediamo la liberazione dell'attivista Premio Nobel per la Pace e che siano accolte le sue richieste di rispetto dei diritti umani
9. Il 10 dicembre Marcia della pace ad Assisi
10. Mimmo Cortese: La parte di una parte delle vittime
16. Segnalazioni librarie
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'

1. LUTTI. LUISA MOGLIA

E' deceduta la nostra amica e compagna di lotte nonviolente Luisa Moglia.
Constantemente impegnata a Nepi e nell'Alto Lazio per la pace, i diritti umani di tutti gli esseri umani, la salvaguardia dell'intero mondo vivente, la ricordiamo come un luminoso esempio dell'umanita' come dovrebbe essere.

2. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: "IO HO UN SOGNO". IL DISCORSO DEL 28 AGOSTO 1963 A WASHINGTON
[Riproponiamo ancora una volta il seguente discorso estratto dall'antologia di scritti e discorsi di Martin Luther King curata da Fulvio Cesare Manara, Memoria di un volto: Martin Luther King, Dipartimento per l'educazione alla nonviolenza delle Acli di Bergamo, Bergamo 2002, che reca traduzioni di discorsi e scritti del grande maestro della nonviolenza. Il testo seguente e' quello dell'indimenticabile discorso tenuto alla marcia a Washington per l'occupazione e la liberta', Washington, 28 agosto 1963; la traduzione (di Tania Gargiulo) e' ripresa da Martin Luther King, "I have a dream", Mondadori, Milano 2000, 2001, pp. 226-230. Cosi' Martin Luther King descrisse la circostanza: "Cominciai a parlare leggendo il mio discorso, e fino a un certo punto continuai a leggere. Quel giorno sentivo nell'uditorio una rispondenza straordinaria, e tutt'a un tratto mi venne in mente questa cosa. Nel giugno precedente, dopo essermi unito a un tranquillo raduno di migliaia di persone nelle strade del centro di Detroit, nel Michigan, avevo tenuto un discorso nella Cobo Hall, in cui mi ero servito dell'espressione 'io ho un sogno'. L'avevo gia' usata piu' volte nel passato, e semplicemente mi venne fatto di usarla anche a Washington. Non so perche': prima di pronunciare il discorso non ci avevo pensato affatto. Dissi la frase, e da quel momento in poi lasciai del tutto da parte il manoscritto e non lo ripresi piu'".
Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama. Dal 1955 (e' il primo dicembre quando Rosa Parks da' inizio alla lotta contro la segregazione sui mezzi di trasporto) guida la lotta nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994 (edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona 1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; Il sogno della nonviolenza. Pensieri, Feltrinelli, Milano 2006; cfr. anche: Marcia verso la liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza 1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamo aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o la comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press e' in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono usciti sinora sei volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve (January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 - November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4. Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New Decade (January 1959 - December 1960); 6. Advocate of the Social Gospel (September 1948 - March 1963); ulteriori informazioni nel sito: www.stanford.edu/group/King/ Tra le opere su Martin Luther King: Lerone Bennett, Martin Luter King. L'uomo di Atlanta, Claudiana, Torino 1969, 1998, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2008; Gabriella Lavina, Serpente e colomba. La ricerca religiosa di Martin Luther King, Edizioni Citta' del Sole, Napoli 1994; Arnulf Zitelmann, Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996; Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004; Paolo Naso (a cura di), Il sogno e la storia. Il pensiero e l'attualita' di Martin Luther King (1929-1968), Claudiana, Torino 2008; Paolo Naso, Martin Luther King. Una storia americana, Laterza, Roma-Bari 2021; cfr. anche Paolo Naso, Come una citta' sulla collina. La tradizione puritana e il movimento per i diritti civili negli Usa, Claudiana, Torino 2008. Esistono vari altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King, Cittadella, Assisi 1973). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile 1998 (alle pp. 3-9), con una bibliografia essenziale]
 
Oggi sono felice di essere con voi in quella che nella storia sara' ricordata come la piu' grande manifestazione per la liberta' nella storia del nostro paese.
Un secolo fa, un grande americano, che oggi getta su di noi la sua ombra simbolica, firmo' il Proclama dell'emancipazione. Si trattava di una legge epocale, che accese un grande faro di speranza per milioni di schiavi neri, marchiati dal fuoco di una bruciante ingiustizia. Il proclama giunse come un'aurora di gioia, che metteva fine alla lunga notte della loro cattivita'.
Ma oggi, e sono passati cento anni, i neri non sono ancora liberi. Sono passati cento anni, e la vita dei neri e' ancora paralizzata dalle pastoie della segregazione e dalle catene della discriminazione. Sono passati cento anni, e i neri vivono in un'isola solitaria di poverta', in mezzo a un immenso oceano di benessere materiale. Sono passati cento anni, e i neri ancora languiscono negli angoli della societa' americana, si ritrovano esuli nella propria terra.
Quindi oggi siamo venuti qui per tratteggiare a tinte forti una situazione vergognosa. In un certo senso, siamo venuti nella capitale del nostro paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della nostra repubblica hanno scritto le magnifiche parole della Costituzione e della Dichiarazione d'indipendenza, hanno firmato un "paghero'" di cui ciascun americano era destinato a ereditare la titolarita'. Il "paghero'" conteneva la promessa che a tutti gli uomini, si', ai neri come ai bianchi, sarebbero stati garantiti questi diritti inalienabili: "vita, liberta' e ricerca della felicita'".
Oggi appare evidente che per quanto riguarda i cittadini americani di colore, l'America ha mancato di onorare il suo impegno debitorio. Invece di adempiere a questo sacro dovere, l'America ha dato al popolo nero un assegno a vuoto, un assegno che e' tornato indietro, con la scritta "copertura insufficiente". Ma noi ci rifiutiamo di credere che la banca della giustizia sia in fallimento. Ci rifiutiamo di credere che nei grandi caveau di opportunita' di questo paese non vi siano fondi sufficienti. E quindi siamo venuti a incassarlo, questo assegno, l'assegno che offre, a chi le richiede, la ricchezza della liberta' e la garanzia della giustizia.
Siamo venuti in questo luogo consacrato anche per ricordare all'America l'infuocata urgenza dell'oggi. Quest'ora non e' fatta per abbandonarsi al lusso di prendersela calma o di assumere la droga tranquillante del gradualismo. Adesso ' il momento di tradurre in realta' le promesse della democrazia. Adesso e' il momento di risollevarci dalla valle buia e desolata della segregazione fino al sentiero soleggiato della giustizia razziale. Adesso e' il momento di sollevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell'ingiustizia razziale per collocarla sulla roccia compatta della fraternita'. Adesso e' il momento di tradurre la giustizia in una realta' per tutti i figli di Dio.
Se la nazione non cogliesse l'urgenza del presente, le conseguenze sarebbero funeste. L'afosa estate della legittima insoddisfazione dei negri non finira' finche' non saremo entrati nel frizzante autunno della liberta' e dell'uguaglianza. Il 1963 non e' una fine, e' un principio. Se la nazione tornera' all'ordinaria amministrazione come se niente fosse accaduto, chi sperava che i neri avessero solo bisogno di sfogarsi un po' e poi se ne sarebbero rimasti tranquilli rischia di avere una brutta sorpresa.
In America non ci sara' ne' riposo ne' pace finche' i neri non vedranno garantiti i loro diritti di cittadinanza. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione finche' non spuntera' il giorno luminoso della giustizia.
*
Ma c'e' qualcosa che devo dire al mio popolo, fermo su una soglia rischiosa, alle porte del palazzo della giustizia: durante il processo che ci portera' a ottenere il posto che ci spetta di diritto, non dobbiamo commettere torti. Non cerchiamo di placare la sete di liberta' bevendo alla coppa del rancore e dell'odio. Dobbiamo sempre condurre la nostra lotta su un piano elevato di dignita' e disciplina. Non dobbiamo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Sempre, e ancora e ancora, dobbiamo innalzarci fino alle vette maestose in cui la forza fisica s'incontra con la forza dell'anima.
Il nuovo e meraviglioso clima di combattivita' di cui oggi e' impregnata l'intera comunita' nera non deve indurci a diffidare di tutti i bianchi, perche' molti nostri fratelli bianchi, come attesta oggi la loro presenza qui, hanno capito che il loro destino e' legato al nostro. Hanno capito che la loro liberta' si lega con un nodo inestricabile alla nostra. Non possiamo camminare da soli. E mentre camminiamo, dobbiamo impegnarci con un giuramento: di proseguire sempre avanti. Non possiamo voltarci indietro.
C'e' chi domanda ai seguaci dei diritti civili: "Quando sarete soddisfatti?". Non potremo mai essere soddisfatti, finche' i neri continueranno a subire gli indescrivibili orrori della brutalita' poliziesca. Non potremo mai essere soddisfatti, finche' non riusciremo a trovare alloggio nei motel delle autostrade e negli alberghi delle citta', per dare riposo al nostro corpo affaticato dal viaggio. Non potremo mai essere soddisfatti, finche' tutta la facolta' di movimento dei neri restera' limitata alla possibilita' di trasferirsi da un piccolo ghetto a uno piu' grande. Non potremo mai essere soddisfatti, finche' i nostri figli continueranno a essere spogliati dell'identita' e derubati della dignita' dai cartelli su cui sta scritto "Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti, finche' i neri del Mississippi non potranno votare e i neri di New York crederanno di non avere niente per cui votare. No, no, non siamo soddisfatti e non saremo mai soddisfatti, finche' la giustizia non scorrera' come l'acqua, e la rettitudine come un fiume in piena.
Io non dimentico che alcuni fra voi sono venuti qui dopo grandi prove e tribolazioni. Alcuni di voi hanno lasciato da poco anguste celle di prigione. Alcuni di voi sono venuti da zone dove ricercando la liberta' sono stati colpiti dalle tempeste della persecuzione e travolti dai venti della brutalita' poliziesca. Siete i reduci della sofferenza creativa. Continuate il vostro lavoro, nella fede che la sofferenza immeritata ha per frutto la redenzione.
Tornate nel Mississippi, tornate nell'Alabama, tornate nella Carolina del Sud, tornate in Georgia, tornate in Louisiana, tornate alle baraccopoli e ai ghetti delle nostre citta' del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione puo' cambiare e cambiera'.
*
Non indugiamo nella valle della disperazione. Oggi, amici miei, vi dico: anche se dobbiamo affrontare le difficolta' di oggi e di domani, io continuo ad avere un sogno. E un sogno che ha radici profonde nel sogno americano.
Ho un sogno, che un giorno questa nazione sorgera' e vivra' il significato vero del suo credo: noi riteniamo queste verita' evidenti di per se', che tutti gli uomini sono creati uguali.
Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne della Georgia i figli degli ex schiavi e i figli degli ex padroni di schiavi potranno sedersi insieme alla tavola della fraternita'.
Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, dove si patisce il caldo afoso dell'ingiustizia, il caldo afoso dell'oppressione, si trasformera' in un'oasi di liberta' e di giustizia.
Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in cui non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per l'essenza della loro personalita'.
Oggi ho un sogno.
Ho un sogno, che un giorno, laggiu' nell'Alabama, dove i razzisti sono piu' che mai accaniti, dove il governatore non parla d'altro che di potere di compromesso interlocutorio e di nullification delle leggi federali, un giorno, proprio la' nell'Alabama, i bambini neri e le bambine nere potranno prendere per mano bambini bianchi e bambine bianche, come fratelli e sorelle.
Oggi ho un sogno.
Ho un sogno, che un giorno ogni valle sara' innalzata, ogni monte e ogni collina saranno abbassati, i luoghi scoscesi diventeranno piani, e i luoghi tortuosi diventeranno diritti, e la gloria del Signore sara' rivelata, e tutte le creature la vedranno insieme.
Questa e' la nostra speranza. Questa e' la fede che portero' con me tornando nel Sud. Con questa fede potremo cavare dalla montagna della disperazione una pietra di speranza.
Con questa fede potremo trasformare le stridenti discordanze della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fraternita'.
Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme, lottare insieme, andare in prigione insieme, schierarci insieme per la liberta', sapendo che un giorno saremo liberi.
Quel giorno verra', quel giorno verra' quando tutti i figli di Dio potranno cantare con un significato nuovo: "Patria mia, e' di te, dolce terra di liberta', e' di te che io canto. Terra dove sono morti i miei padri, terra dell'orgoglio dei Pellegrini, da ogni vetta riecheggi liberta'". E se l'America vuol essere una grande nazione, bisogna che questo diventi vero.
E dunque, che la liberta' riecheggi dalle straordinarie colline del New Hampshire.
Che la liberta' riecheggi dalle possenti montagne di New York.
Che la liberta' riecheggi dagli elevati Allegheny della Pennsylvania.
Che la liberta' riecheggi dalle innevate Montagne Rocciose del Colorado.
Che la liberta' riecheggi dai pendii sinuosi della California.
Ma non soltanto.
Che la liberta' riecheggi dalla Stone Mountain della Georgia.
Che la liberta' riecheggi dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Che la liberta' riecheggi da ogni collina e da ogni formicaio del Mississippi, da ogni vetta, che riecheggi la liberta'.
E quando questo avverra', quando faremo riecheggiare la liberta', quando la lasceremo riecheggiare da ogni villaggio e da ogni paese, da ogni stato e da ogni citta', saremo riusciti ad avvicinare quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, protestanti e cattolici, potranno prendersi per mano e cantare le parole dell'antico inno: "Liberi finalmente, liberi finalmente. Grazie a Dio onnipotente, siamo liberi finalmente".

3. L'ORA. CESSARE DI UCCIDERE, SALVARE LE VITE, RICONOSCERSI UMANI

Ogni vittima ha il volto di Abele.
Chi salva una vita salva il mondo.

4. REPETITA IUVANT. PEPPE SINI: CINQUE TESI SUL GOLPE IN CORSO IN ITALIA

"Al fascista e' difficile rivolgersi.
Che un altro prenda la parola, gli appare gia' come un'interruzione sfrontata.
E' inaccessibile alla ragione, poiche' la vede solo nella capitolazione dell'altro"
(Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo,
nell'Aggiunta a "Contro quelli che se ne intendono")

1. La cosiddetta "riforma costituzionale del premierato" e' in realta' un effettuale stravolgimento della Costituzione repubblicana, una profonda ferita inferta al Parlamento, un'aggressione esplicita alla separazione dei poteri e quindi allo stato di diritto, un brutale attacco alla democrazia, un ripugnante tentativo di imporre un regime autoritario.
C'e' un nome per tutto cio': si chiama colpo di stato.
*
2. L'uso sistematico della menzogna nella retorica propagandistica con cui il governo, la minoranza organizzata che lo sostiene, i suoi piu' o meno occulti ispiratori e compari e i variopinti suoi caudatari cercano di spacciare il golpe come una quisquilia o come una panacea (nell'imbonimento dei ciarlatani tutto e il contrario di tutto si equivalgono) e' esso stesso sintomatico della deriva autoritaria: la negazione della verita', quand'anche fosse solo frutto di crassa ignoranza, e' gia' una negazione della democrazia, dell'argomentazione logica e verificabile e del confronto razionale nelle procedure decisionali in cui la democrazia s'invera.
L'ostentato disprezzo per la verita' e' l'equivalente dei roghi dei libri di nazista memoria: e come diceva gia' Heine, dove si bruciano i libri, poi si bruceranno le persone.
*
3. Al disprezzo per la verita', e all'uso del linguaggio per mistificare la realta', si unisce l'apologia della violenza: il sostegno al riarmo, alla crescente militarizzazione delle relazioni internazionali, alla guerra; la compressione delle liberta' democratiche a colpi di "decreti sicurezza" e con i provvedimenti che ledono finanche il diritto di sciopero; la violenza razzista sui migranti, all'infamia dei campi di concentramento aggiungendo ora anche l'infamia delle deportazioni.
Dove si pratica e si esalta la violenza, il fascismo e' gia' al potere.
*
4. Una politica internazionale caratterizzata da profonda indifferenza per le violazioni dei diritti umani; una politica sociale caratterizzata da profonda indifferenza per le sofferenze delle classi sociali piu' oppresse e i soggetti sociali piu' bisognosi di sostegno; una politica ambientale caratterizzata da profonda indifferenza per la catastrofe ecologica che minaccia l'intera umanita' e l'intero mondo vivente; una politica dell'amministrazione della giustizia caratterizzata dall'aggressione alla magistratura e allo stato di diritto; l'ideologia - ovvero il delirio - nazionalista e populista, sciovinista e razzista, militarista e patriarcale; la nostalgia plebiscitaria, l'esaltazione della gerarchia e l'odio per l'eguaglianza di dignita' e diritti: sono tutti elementi che definiscono inequivocabilmente il "brodo di coltura" del golpe in corso.
All'abuso come modo privilegiato di esercizio del potere si unisce il degrado dei costumi che tutto perverte, si unisce la barbarie che soffoca ed annichilisce la nozione stessa di bene comune, la coscienza stessa della responsabilita' morale e del dovere civile, il fondamentale sentimento e riconoscimento di umanita'.
*
5. Al colpo di stato in corso e' compito dell'intero popolo italiano opporsi: con gli strumenti della democrazia, con l'uso della ragione, con la forza della verita', con la scelta della lotta nonviolenta per il bene comune dell'umanita' intera.
Difendere la Costituzione repubblicana. Difendere lo stato di diritto. Difendere la democrazia. Difendere la pace e la biosfera. Difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani.

5. APPELLI. L'ASSOCIAZIONE "RESPIRARE" Di VITERBO SCRIVE ALLA PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO: "PORTIAMO A COMPIMENTO L'INIZIATIVA DI DAVID SASSOLI PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER"

Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo, on. Roberta Metsola,
numerose personalita' della societa' civile e varie associazioni democratiche italiane hanno promosso alcune settimane fa l'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier".
Avendo aderito a tale appello, aderiamo anche alla lettera aperta che le e' stata inviata alcuni giorni fa, e ci associamo quindi alla richiesta che lei voglia proseguire nell'impegno del suo illustre e non dimenticato predecessore.
*
Qui di seguito il testo dell'appello.
Il 23 agosto 2021 David Sassoli, l'indimenticato Presidente del Parlamento Europeo che sarebbe deceduto pochi mesi dopo nel gennaio 2022, tenne una conferenza stampa in cui annuncio' il suo personale impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da quasi mezzo secolo prigioniero innocente.
L'iniziativa di David Sassoli si ricollegava idealmente a due precedenti importanti pronunciamenti del Parlamento Europeo, del 1994 e del 1999.
E si collegava anche al movimento che in Italia in quel momento riproponeva con forza l'esigenza e l'urgenza che Leonard Peltier venisse finalmente liberato.
In un suo tweet che accompagnava e sintetizzava la conferenza stampa del 23 agosto 2021 David Sassoli dichiarava, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
Lanciamo un appello a riprendere e portare a compimento quell'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier.
*
Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
le saremmo assai grati se lei, che ha assunto l'incarico di Presidente del Parlamento Europeo succedendo all'on. Sassoli, volesse porsi a capo di questa iniziativa volta a richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
*
Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
sicuramente lei ricorda che il Parlamento Europeo gia' in passato ripetutamente si espresse in tal senso nel 1994 e nel 1999.
E sicuramente lei sa che una Commissione giuridica ad hoc dell'ONU, dopo aver accuratamente riesaminato tutti gli atti processuali, lo scorso anno ha concluso i suoi lavori chiedendo la liberazione di Leonard Peltier.
E sicuramente lei sa anche che nel corso del tempo la liberazione di Leonard Peltier e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, da prestigiose organizzazioni umanitarie come Amnesty International, da innumerevoli istituzioni democratiche, da milioni - letteralmente milioni - di esseri umani di ogni parte del mondo, tra cui anche il magistrato che nel 1976 sostenne l'accusa contro di lui e che da anni e' impegnato per la sua liberazione (da allora ad oggi peraltro e' stato definitivamente dimostrato che le cosiddette "testimonianze" e le cosiddette "prove" contro Leonard Peltier erano false).
Come ha scritto nel suo appello l'indimenticato Presidente Sassoli, "I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
*
Ringraziandola fin d'ora per l'attenzione ed auspicando un suo intervento, voglia gradire distinti saluti.
L'Associazione "Respirare" di Viterbo
Viterbo, 2 dicembre 2023
L'associazione e' stata promossa nel 2009 a Viterbo da associazioni e movimenti ecopacifisti e nonviolenti, per il diritto alla salute e la difesa dell'ambiente.

6. REPETITA IUVANT. EMERGENCY E ALTRI: PER UN CESSATE IL FUOCO PERMANENTE E UNA SOLUZIONE POLITICA
[Riceviamo e diffondiamo]

La fragile tregua ottenuta per Gaza e' il frutto di una lunga mediazione internazionale, ma servono un cessate il fuoco permanente e una vera soluzione politica per una prospettiva concreta di pace e giustizia.
Il 7 ottobre Hamas ha ucciso e rapito civili inermi nelle loro case, per strada, a un festival sottraendoli alle loro famiglie. E' stato un attacco che ha colpito prevalentemente civili ebrei israeliani, tra cui bambini, anziani, attivisti storici per la pace e contro l'occupazione ma anche lavoratori migranti, palestinesi con passaporto israeliano o residenti in Israele. Sono seguite settimane di bombardamenti indiscriminati da parte del governo israeliano contro la popolazione di Gaza, con scuole ed ospedali divenuti cimiteri. Piu' di un milione di palestinesi e' stato costretto a lasciare le proprie case per dirigersi nel sud di Gaza, che non e' piu' un luogo sicuro.
Non ci sono corridoi umanitari adeguati, acqua, cibo, energia. In Cisgiordania e' cresciuta esponenzialmente la violenza da parte di coloni armati contro la popolazione civile palestinese.
Davanti a questi orrori, l'opinione pubblica internazionale in Europa si e' polarizzata, con il ritorno di gravissimi episodi di antisemitismo e islamofobia, riportandoci alla retorica dello scontro di civilta' che ha fatto danni enormi negli ultimi decenni.
La lotta contro l'antisemitismo non puo' essere ne' una mossa ipocrita per cancellare il retaggio del fascismo, ne' un'arma in piu' per reprimere il dissenso e alimentare xenofobia e pregiudizio antiarabo. Deve invece essere parte integrante della lotta contro ogni forma di razzismo.
Questa logica binaria - da una parte o dall'altra - e' la trappola a cui e' necessario sottrarsi in questo momento. Non si puo' cancellare l'orrore del 7 ottobre, ma si puo' fermare la strage a Gaza. Un crimine di guerra non ne cancella un altro: alimenta solo l'ingiustizia che prepara il terreno ad altra violenza.
Rivendichiamo il diritto e il dovere di guardare la guerra sempre dal punto di vista delle vittime, perche' sono loro l'unica certezza di ogni conflitto.
La protezione dei civili, senza distinzione di nazionalita', residenza o religione, e degli ospedali, deve essere il primo obiettivo di un'azione diplomatica della comunita' internazionale e delle forze della societa' civile.
Chiediamo la fine definitiva del massacro a Gaza, l'avvio di corridoi umanitari adeguati e la liberazione di tutti gli ostaggi. In Israele oltre mille palestinesi sono trattenuti in detenzione amministrativa, tra cui centinaia di minori, di cui chiediamo il rilascio. E' necessaria una soluzione politica a partire dalla fine del regime di apartheid e delle politiche di colonizzazione e di occupazione militare israeliane. Non potra' mai esserci sicurezza - per i palestinesi, per gli israeliani, per nessuno di noi - senza eguaglianza, diritti e liberta'.
Promotori: Emergency, Laboratorio ebraico antirazzista – LeA, Mediterranea e Assopace Palestina
Sottoscritto da tante altre associazioni, tra cui Amnesty International Italia, Arci, Libera, Gruppo Abele, AOI, Un Ponte per, Beati i costruttori di pace, Lunaria, Associazione SenzaConfine, Articolo 21... e per ora sono circa 4.000 quelli che hanno sottoscritto, tra questi 400 personalita' del mondo accademico, del mondo dello spettacolo, giornalisti e diplomatici, tra cui:
don Luigi Ciotti, Miguel Benasayag, Goffredo Fofi, Marco Damilano, Michele Serra, Pier Francesco Favino, Alessandro Bergonzoni, Carlo Ginzburg, Fiorella Mannoia, don Albino Bizzotto, Lisa Clark, Toni Servillo, Ferzan Ozpetek, Luca Zingaretti, Elio Germano, Ascanio Celestini, Greta Scarano, Fabrizio Gifuni, Sonia Bergamasco, Vittoria Puccini, Giorgio Diritti, Mario Martone, Alba Rohrwacher, Alice Rohrwacher, Saverio Costanzo, Caterina Guzzanti, Paola Cortellesi, Edoardo Winspeare, Enzo Traverso, Carlo Rovelli, Tommaso Di Francesco, Alessandro Gilioli, Francesca Fornario, Stefano Nazzi, Alberto Negri, Nico Piro, Andrea Capocci, Alessandro Calascibetta, Ali Rashid, Alessandro Robecchi, Giulia Blasi, Donald Sassoon, Loredana Lipperini, Annamaria Testa, Raffaele Alberto Ventura, Luciana Castellina, Nicola Lagioia, Sandro Veronesi, Christian Raimo, Maurizio Braucci, Teresa Ciabatti, Mario Ricciardi, Giorgia Serughetti, Marco Revelli, Alessandro Portelli e tantissimi altri...
Per l'elenco completo dei firmatari, individuali e collettivi, e per sottoscrivere al seguente sito: https://cessateilfuoco.org/

7. REPETITA IUVANT. ADESIONE POPOLARE ALLA DENUNCIA SULLA PRESENZA DI ARMI NUCLEARI IN ITALIA
[Riceviamo e diffondiamo. Andando sul sito www.peacelink.it o sul sito www.pressenza.com e' possibile attivare i link per accedere a ulteriori materiali e per sottoscrivere l'iniziativa]

Il prossimo passo della denuncia trasmessa alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma lo scorso 2 ottobre, riguardante la presenza delle armi nucleari in Italia e in attesa che si attivi la corrispondente inchiesta, riguarda l'adesione popolare a tale denuncia: parte oggi con una sottoscrizione popolare che si puo' realizzare online grazie alla piattaforma predisposta all'interno del sito di PeaceLink, storico portale telematico del pacifismo italiano.
Andando a questo indirizzo sara' possibile firmare la petizione di adesione di cui riportiamo il testo:
Ho appreso che in data 2 ottobre 2023 e' stata depositata alla Procura presso il Tribunale di Roma una denuncia per accertare la presenza di armi nucleari in Italia, verificarne la illegittimita' ed individuare i responsabili. Ho letto il testo e lo condivido. Approvo l'iniziativa alla quale vorrei partecipare. Non potendo piu' sottoscrivere la denuncia, ormai depositata, chiedo che questa mia lettera venga allegata agli atti del procedimento come segno di sostegno all'iniziativa.
In particolare mi sembrano significative le seguenti norme riportate nel testo della denuncia.
"In data 24 aprile 1975 l'Italia ha sottoscritto il Trattato di non Proliferazione Nucleare (TNP), trattato internazionale incentrato, in particolare su:
a) la c.d. "non proliferazione" del nucleare, in base alla quale gli Stati in possesso di armi nucleari (c.d. "Paesi nucleari") si impegnano a non trasferire armi di tale natura a quelli che ne sono privi (c.d. "Paesi non nucleari"), mentre questi ultimi si obbligano a non ricevere e/o acquisire il controllo diretto o indiretto di ordigni nucleari (artt. I, II, III);
b) il disarmo nucleare, che impone il ricorso a trattative finalizzate alla definitiva cessazione della prassi di armamento nucleare (art. VI).
Il diritto bellico internazionale vieta l'uso e la minaccia dell'uso delle armi nucleari in qualsiasi circostanza.
La L. 185/1990 vieta la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione di materiale di armamento senza l'autorizzazione dell'autorita' e, in ogni caso, di armi nucleari.
Ciononostante, la presenza di armi nucleari sul suolo nazionale puo' ormai considerarsi certa".
Sono consapevole della rilevanza politica dell'iniziativa giudiziaria. Credo, pero', fermamente nello Stato di diritto, nella ripartizione dei poteri e, soprattutto, nell'indipendenza della magistratura.
Sono certo che anche questa denuncia sara' valutata senza timori per le implicazioni politiche sottese.
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Informazioni sulla denuncia
La denuncia e' sottoscritta a livello individuale da 22 esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste: Abbasso la guerra, Donne e uomini contro la guerra, Associazione Papa Giovanni XXIII, Centro di documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, Tavola della Pace Friuli Venezia Giulia, Rete Diritti Accoglienza Solidarieta' Internazionale, Pax Christi, Pressenza, WILPF, Centro sociale 28 maggio, Coordinamento No Triv, e singoli cittadini. Alcune di queste associazioni condividono collettivamente i contenuti di questa iniziativa.
Il testo della denuncia e' visionabile cliccando su questo link.
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Come associazione

8. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO NARGES MOHAMMADI E LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN. CHIEDIAMO LA LIBERAZIONE DELL'ATTIVISTA PREMIO NOBEL PER LA PACE E CHE SIANO ACCOLTE LE SUE RICHIESTE DI RISPETTO DEI DIRITTI UMANI

Sosteniamo Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, detenuta in Iran per la sua lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani e per l'abolizione della pena di morte.
Sosteniamo la lotta nonviolenta delle donne in Iran per la dignita' umana di tutti gli esseri umani.
Sia liberata Narges Mohammadi e tutte le prigioniere e tutti i prigionieri di coscienza, tutte le detenute e tutti i detenuti politici, tutte le persone innocenti perseguitate e sequestrate, in Iran come ovunque.
Cessi l'oppressione delle donne in Iran come ovunque nel mondo, siano rispettati i diritti umani di tutti gli esseri umani.
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Chiediamo al Parlamento e al governo italiano di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e alla Commissione Europea di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Segretario Generale e all'Assemblea Generale dell'Onu di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
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Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona, a tutti i movimenti democratici, a tutte le istituzioni sollecite del bene comune e della dignita' umana, a tutti i mezzi d'informazione impegnati per la verita' e la giustizia, d'impegnarsi a sostegno di Narges Mohammadi e delle donne iraniane.
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Donna, vita, liberta'.

9. INIZIATIVE. IL 10 DICEMBRE MARCIA DELLA PACE AD ASSISI
[Dal sito perugiassisi.org riprendiamo e diffondiamo]

Cessate il fuoco!
Marcia della pace e della fraternita'
Assisi, domenica 10 dicembre 2023
Nella Giornata Internazionale dei Diritti Umani, in occasione del 75mo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (10 dicembre 1948-2023) organizziamo assieme una nuova marcia della pace e della fraternita' per fermare le stragi. Riprendiamo in mano la bussola dei diritti umani!
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Programma
Ore 10.00 Incontro di riflessione e proposta (Domus Pacis, Assisi, Santa Maria degli Angeli)
Ore 14.30 Marcia della Pace e della Fraternita' da Santa Maria degli Angeli
Ore 16.50 Conclusione in Piazza San Francesco
Ore 17.00 Messa nella Basilica Inferiore di San Francesco
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"In nome di Dio: cessate il fuoco!
Si abbia la forza di dire basta!"
Papa Francesco (5 novembre 2023)
"Gaza sta diventando un cimitero di bambini.
E' una crisi di umanita'!"
Antonio Guterres, Segretario Generale dell'Onu (6 novembre 2023)
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Israele e Palestina. Due Stati per due Popoli.
Stessa dignita', stessi diritti, stessa sicurezza.
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Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace
Coalizione AssisiPaceGiusta

10. RIFLESSIONE. MIMMO CORTESE: LA PARTE DI UNA PARTE DELLE VITTIME
[Da "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo]

Fiammetta Martegani, corrispondente di Avvenire da Tel Aviv, ha postato su Facebook, alcuni giorni fa, un testo lucido e appassionato sulla situazione in quel paese. L'ho condiviso sulla mia bacheca non perche' ne sottoscriva ogni passaggio, tutt'altro. Il motivo e' che Fiammetta ci fa vedere - ci fa proprio entrare nei loro panni - un altro punto di vista. Occhi che hanno a cuore altre vittime, altre persone sofferenti.
Vivo dall'inizio di questa guerra un dolore profondo - oltre all'impotenza, che in questa fase mi avvilisce come non mai - nel vedere che la spinta giusta e sacrosanta che ci muove contro gli orrori che sta compiendo l'IDF nella striscia di Gaza mette in secondo piano, spesso addirittura oscura, il destino brutale, le violenze terribili, decise e inferte da Hamas il 7 ottobre a migliaia di uomini e donne israeliane (tra cui molti pacifisti e pacifiste) e la sorte, altro abominio, degli ostaggi.
Le bandiere nazionali sono il primo strumento di guerra e di violenza, di divisione e di separazione. Non casualmente in tutta l'iconografia bellica e' impossibile che non siano rappresentate. Ogni bandiera - lo sa pure un bambino -  definisce un'appartenenza (qualcuno puo' starci, qualcuno no), delimita una cerchia (i miei), cambia - spesso stravolge! - pesi e misure, picchetta confini, segna ed erige frontiere. Tende ad oscurare, a mettere in ombra, il fuori, quale esso sia, immaginando sia il modo migliore di prendere luce, non accorgendosi di costruirsi un sarcofago asfittico e mortifero, di scivolare nella tenebra - sbiadita o dai colori accesi poco importa. Nella mia immaginazione il giorno in cui vessilli e stendardi si potessero osservare solo dietro la teca di qualche museo o nei libri di storia vorrebbe quasi certamente dire che qualche passo avanti l'umanita' l'ha fatto... E tuttavia vedere manifestazioni nelle quali sventolano solo quelle palestinesi o, dall'altro lato, esclusivamente quelle israeliane, mi mette molta tristezza. Vederle assieme immagino sarebbe, per i sostenitori dell'una o dell'altra identita' nazionale, un doppio, scandaloso, sacrilegio.
Diciamo di stare sempre dalla parte delle vittime, di chi soffre. Ma prendere solo la parte di una parte delle vittime, poiche' sono 10 volte di piu' - o al contrario, perche' "questi sono i miei" - non solo e' un grave errore (vittime di serie A e serie B), un'arteria ghiacciata incuneata nel nostro respiro, ma asseconda simbolicamente quella divisione, fatta con la spada, tra buoni e cattivi (sempre inchiodando alla stessa tavola governanti e governati), che abbiamo gia' visto in Ucraina  e che ha contraddistinto tutte le guerre di questo millennio. Divisione che fa solo il gioco dei potenti, dei nazionalisti, dei fanatici piu' o meno filoreligiosi o filoetnici, e soprattutto scava solchi sempre piu' profondi tra chi davvero dovrebbe essere unito nel percorso indirizzato a costruire condizioni di pace, di fratellanza, di uguaglianza, di condivisione, di cooperazione, di liberta' e di dignita' per tutti e tutte.
Non ho mai creduto ai due popoli e due Stati, come pure pensava una donna che ha segnato il pensiero piu' fecondo del novecento, Hannah Arendt. Se accadra', forse per un po' si fermera' la furia assassina, e questo sarebbe certamente un bene, ma nel medio e lungo periodo i tizzoni ardenti delle patrie nazionali troveranno nuovi soffiatori pronti a infiammarli, con rinnovato vigore e strumenti decisamente piu' distruttivi.
L'idea di nazione, e tutta la sua storia nell'epoca contemporanea, si fonda per definizione sull'esistenza di un nemico da cui difendersi. Anche nelle visioni piu' aperte e liberali, il corollario fatto di eserciti e frontiere, di terra e di sangue e' pressoche' inscindibile dalla sua formazione. Per non parlare dell'inestirpabile virus endemico di ogni stato nazionale, il nazionalismo. La calamita' della nazione e' forse l'unico elemento che oggi mefistofelicamente "unisce" popoli e paesi di tutto il globo. Divisi su tutto tranne che sulla preminenza della propria sciagurata "patria", indissolubilmente connessa, fino nella radice, a quella cultura patriarcale che infetta ogni relazione umana, scaricando in primo luogo sulle donne le sue pulsioni peggiori e, successivamente, scatenandosi con repressioni, catene e guerre, contro chiunque s'incammini sulla strada della dignita', dell'uguaglianza e della liberta'.
La storia bisogna conoscerla, certo, tenerne debito conto, ma e' proprio attraverso la sua distorsione in "tribunale" - dove assegnare senza appello torti e ragioni, condanne e assoluzioni - che si compie il primo passo verso l'abisso. Per questa via ognuno indichera' sempre il suo punto d'origine da cui fare discendere un'onta da lavare, un'offesa da cancellare, delle volte andando a ritroso per decenni, per secoli, pur di trovarla. Abbiamo gia' visto tutto nei Balcani, prossima polveriera che si sta preparando da decenni a riesplodere. Se vogliamo ripetere, riverberare sine die quelle disastrose gesta, possiamo accomodarci.
Fiammetta nel suo accorato articolo parla di Israele come luogo di democrazia e multiculturalita'. Ma se i governi del suo paese producono e tollerano, da decenni, ingiustizie e discriminazioni (dall'arbitrio del migliaio di arresti  amministrativi, alle vessazioni violente e crudeli dei coloni nei confronti di uomini e donne inermi, solo per fermarmi alle prime che mi vengono in mente) quelle due parole si rinsecchiscono, drammaticamente, fino a diventare avvilenti gusci vuoti.
In un altro passaggio critica aspramente lo sciagurato appello di oltre 4000 accademici italiani (un altro ottuso deja vu che abbiamo visto, con gli attori cambiati di lato, nella guerra in Ucraina) che chiede l'interruzione delle collaborazioni tra il nostro paese e le universita' e i centri di ricerca israeliani. Fiammetta prosegue, riferita ai firmatari dell'appello, "stanno ponendo una sentenza di morte nei confronti dei colleghi israeliani", aggiungendo che per questa via si ammazzera'"quello spiraglio di luce in mezzo alle tenebre". Ammettendo, nemmeno velatamente, che pure nel suo paese (anche volendo mettere tra parentesi i rapporti con i palestinesi) la situazione e' vicina al disastro.
Motivi in piu' per considerare che solo una lotta unitaria tra tutte le genti di quel lembo di Medio Oriente, coordinata, senz'armi, senza confini, con l'obiettivo di raggiungere uguaglianza, diritti, dignita' e liberta' per ogni uomo e ogni donna che vive "from the river to the sea", potrebbe dare una speranza di futuro, indicando una via d'uscita da questo vicolo cieco.
Non esiste una violenza buona, giusta, positiva, liberatrice, men che meno levatrice di alcunche', se non di orrori, sia sul piano politico che su quello personale.
Se vogliamo per davvero uscire dal buio della guerra, della cultura patriarcale, dobbiamo incamminarci sulla strada impegnativa, difficile, e sempre in costruzione, della nonviolenza. Cogliere appieno la sua grande forza, l'enorme capacita' di lotta e di trasformazione, di rigenerazione, che puo' crescere praticando le sue modalita' di relazione e di conflitto.
Una lunga storia di successi, nelle situazioni tra le piu' terribili della storia dell'ultimo secolo, dal coraggio indomito e vincente delle donne di Rosenstrasse, alla lotte birmane di Aung San Suu Kyi, alla vittoriosa liberazione del Sudafrica di Desmond Tutu e Nelson Mandela ce lo racconta.
I popoli, quella stratificazione osmotica e infinita di storie, riti, tradizioni, narrazioni, relazioni, in continua e incessante trasformazione, rinnovata ad ogni generazione, ad ogni nuova vita, non sono quelle gabbie armate e fameliche che chiamiamo Stati, nazioni, non hanno caratteri e segni marchiati col fuoco, torsioni e invenzioni di poteri e potenti indirizzate al dominio, al controllo, alla sottomissione. Sta, come sempre, ad ognuna ed ognuno di noi decidere che strada prendere, per cosa vale la pena vivere, lottare.
Ritorno sempre piu' spesso alle pagine ormai consunte dei diari e delle lettere di Etty Hillesum, che pure nella temperie piu' terribile che si trovo' ad attraversare, e che gli costo' la vita, assieme ad altri 6 milioni di persone, ha tenuto fino all'ultimo presente l'autentica materia di cui e' fatta ogni donna ed ogni uomo.
C'e' un lungo passo che piu' volte ho riletto e proposto in questi giorni, che voglio riprendere, integralmente, qui. Una nota del 15 marzo 1941, Etty sta parlando dell'incontro avuto con un amico.
"Ieri pomeriggio abbiamo scorso insieme le note che mi aveva dato. Quando siamo arrivati alla frase: basta che esista una sola persona degna di esser chiamata tale per poter credere negli uomini, nell'umanita', m'e' venuto spontaneo di buttargli le braccia al collo. E' un problema attuale: il grande odio per i tedeschi che ci avvelena l'animo. Espressioni come: "che anneghino tutti, canaglie, che muoiano col gas", fanno ormai parte della nostra conversazione quotidiana; a volte fanno si' che uno non se la senta piu' di vivere, di questi tempi. Ed ecco che improvvisamente, qualche settimana fa, e' spuntato il pensiero liberatore, simile a un esitante e giovanissimo stelo in un deserto d'erbacce: se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest'unico tedesco meriterebbe di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui non si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero. Questo non significa che uno sia indulgente nei confronti di determinate tendenze, si deve ben prendere posizione, sdegnarsi per certe cose in certi momenti, provare a capire, ma quell'odio indifferenziato e' la cosa peggiore che ci sia. E' una malattia dell'anima".

11. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- In viaggio con Philippe Daverio, Borghesia ebraica: cosmopolitismo, arte, eleganza e gusto, Rcs, Milano 2023, pp. 64, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- In viaggio con Philippe Daverio, Fra eterno ed effimero, il fascino dell'arte e della memoria, Rcs, Milano 2023, pp. 64, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Riletture
- Eva Cantarella, Il ritorno della vendetta. Pena di morte: giustizia o assassinio?, Rcs, Milano 2007, pp. 192.
- Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanita', Adelphi, Milano 1980, 1996, pp. VI + 786.
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Riedizioni
- Javier Marias, Il secolo, Einaudi, Torino, 2013, Rcs, Milano 2023, pp. IV + 300, euro 9,90.
- Madeline Miller, Circe, Sonzogno, 2019, Gedi, Torino 2023, pp. 478, euro 10,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5041 del 7 dicembre 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com