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[Nonviolenza] Telegrammi. 5037
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 5037
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Sat, 2 Dec 2023 14:34:17 +0100
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5037 del 3 dicembre 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Elliott Erwitt
2. "Donne in nero" di Alba: Siamo vicine alle donne e agli uomini che stanno soffrendo e morendo in terra di Israele e Palestina
3. Emergency e altri: Per un cessate il fuoco permanente e una soluzione politica
4. Adesione popolare alla denuncia sulla presenza di armi nucleari in Italia
5. Sosteniamo Narges Mohammadi e la lotta delle donne in Iran. Chiediamo la liberazione dell'attivista Premio Nobel per la Pace e che siano accolte le sue richieste di rispetto dei diritti umani
6. Una lettera aperta alla Presidente del Parlamento Europeo: "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier"
7. Due ricordi di Primo Levi (1987 e 1998)
8. Una lettera a un amico
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. LUTTI. ELLIOTT ERWITT
E' deceduto Elliott Erwitt, fotografo.
Con gratitudine lo ricordiamo.
2. APPELLI. "DONNE IN NERO" DI ALBA: SIAMO VICINE ALLE DONNE E AGLI UOMINI CHE STANNO SOFFRENDO E MORENDO IN TERRA DI ISRAELE E PALESTINA
[Dalla mailing list delle "Donne in nero" riprendiamo e diffondiamo]
Siamo vicine alle donne e agli uomini che stanno soffrendo e morendo in terra di Israele e Palestina.
L'attacco brutale e indiscriminato di Hamas, forza fondamentalista, patriarcale e profondamente misogina, ha scatenato la vendetta brutale e disumana del governo israeliano.
Hamas ha colpito anche uomini e donne che in questi anni si stavano impegnando per una convivenza pacifica tra i due popoli.
Nonostante le enormi sofferenze, ancora oggi in Israele c'e' chi continua a credere nella nonviolenza, si dissocia dalla politica bellicista delle forze al potere e confida nella forza del dialogo e della conoscenza reciproca. Un esempio e' l'appello che riportiamo qui sotto.
Ci uniamo a tutte le donne e gli uomini che in Israele protestano contro la politica di occupazione e violenza del loro governo nei confronti del popolo palestinese. Facciamo nostro il grido lanciato in questi giorni da una delle prime "donne in nero" di Israele: "Dal fiume Giordano al mare, insieme, tutte le persone libere!".
Da parte nostra continuiamo a denunciare e contrastare la politica del Governo italiano
- che non ha intrapreso alcuna iniziativa per un cessate il fuoco, astenendosi perfino nell'Assemblea ONU sulla mozione per una pausa umanitaria nella guerra contro Gaza.
- che e' schierato esclusivamente con il Governo israeliano e continua ad ignorare l'escalation di soprusi e aggressioni da parte dei coloni e dell'esercito israeliano a danno dei palestinesi in Cisgiordania.
Donne in nero contro la guerra - gruppo di Alba - dinalba13 at gmail.com
*
Appello della società civile israeliana per fermare la distruzione di Gaza e per la liberazione degli ostaggi civili. https://www.gaza.refuser.org/
Noi, membri delle sottoscritte organizzazioni per i diritti umani in Israele, siamo scioccati e inorriditi in questi giorni terribili.
Gli orribili crimini di Hamas contro civili innocenti - tra cui bambini, donne e anziani - hanno scosso tutti noi, e stiamo lottando per riprenderci dai suoni e dagli sguardi insopportabili. Alcuni di noi si trovavano nelle comunita' israeliane al confine con Gaza durante l'assalto; molti di noi hanno parenti, amici e colleghi che hanno sopportato e stanno ancora sopportando gli eventi strazianti; e tutti conosciamo persone che sono state uccise, ferite o rapite. Ci vorra' tempo per comprendere appieno le implicazioni e le conseguenze dell'atroce attacco di Hamas, che non puo' essere giustificato.
La maggior parte dei nostri team comprende israeliani e palestinesi; pertanto, alcuni di noi hanno parenti e colleghi a Gaza che attualmente vivono sotto l'assalto continuo dell'esercito israeliano. Bambini, donne e anziani vengono attaccati indiscriminatamente senza potersi nascondere.
Anche ora - soprattutto ora - dobbiamo mantenere la nostra posizione morale e umana e rifiutare di cedere alla disperazione o alla voglia di vendetta. Mantenere la nostra fede nello spirito umano e nella sua intrinseca bonta' e' piu' che mai vitale. Una cosa e' chiara: non rinunceremo mai alla nostra fiducia nell'umanita', anche ora che farlo e' piu' impegnativo che mai.
Essendoci sempre opposti al ferimento e all'uccisione di civili innocenti, e' nostro dovere in questi tempi terribili - mentre contiamo i nostri morti da parte israeliana e ci preoccupiamo dei feriti, dei dispersi e dei rapiti, e mentre le bombe vengono sganciate sui quartieri residenziali di Gaza, spazzando via intere famiglie senza possibilita' di seppellire i morti - alzare la nostra voce forte e chiara contro il ferimento e l'uccisione di tutti i civili innocenti, sia in Israele che a Gaza.
Chiediamo il rilascio immediato di tutti gli ostaggi e la fine dei bombardamenti sui civili in Israele e a Gaza.
Gli aiuti umanitari devono poter raggiungere le popolazioni civili, le strutture mediche e i luoghi di rifugio non devono essere danneggiati e le risorse vitali come l'acqua e l'elettricita' non devono essere tagliate.
L'uccisione di altri civili non riportera' indietro quelli persi. La distruzione indiscriminata e l'assedio a danno di innocenti non porteranno sollievo, giustizia o calma.
Come persone che lavorano per promuovere i diritti umani e che credono nella sacralita' della vita, chiediamo con urgenza di porre fine a tutti i danni indiscriminati alle vite e alle infrastrutture civili.
Chiediamo che vengano intrapresi negoziati e tutte le azioni possibili per ottenere il rilascio degli ostaggi, dando la priorita' ai civili detenuti da Hamas. E' l'unica cosa umana e razionale da fare, e deve essere fatta ora.
Mothers Against Violence, Itach Ma'aki, Women Lawyers for Social Justice, Amnesty International Israel, BIMKOM, Planners for Planning Rights, B'Tselem, Gisha, The Association for Civil Rights in Israel, Public Committee Against Torture in Israel, Parents Against Child Detention, Hamoked - Center for the Defence of the Individual, Zazim - Community Action, Haqel - In Defense of Human Rights, Yesh Din, Yesh Gvul, Combatants for Peace, Mehazkim, Machsom Watch, Women Wage Peace, Akevot Institute for Israeli-Palestinian Conflict Research, Standing Together, Ir Amim, Emek Shaveh, The Parents Circle-Families Forum, Rabbis for Human Rights, Physicians for Human Rights–Israel, Breaking the Silence, Torat Tzedek
3. APPELLI. EMERGENCY E ALTRI: PER UN CESSATE IL FUOCO PERMANENTE E UNA SOLUZIONE POLITICA
[Riceviamo e diffondiamo]
La fragile tregua ottenuta per Gaza e' il frutto di una lunga mediazione internazionale, ma servono un cessate il fuoco permanente e una vera soluzione politica per una prospettiva concreta di pace e giustizia.
Il 7 ottobre Hamas ha ucciso e rapito civili inermi nelle loro case, per strada, a un festival sottraendoli alle loro famiglie. E' stato un attacco che ha colpito prevalentemente civili ebrei israeliani, tra cui bambini, anziani, attivisti storici per la pace e contro l'occupazione ma anche lavoratori migranti, palestinesi con passaporto israeliano o residenti in Israele. Sono seguite settimane di bombardamenti indiscriminati da parte del governo israeliano contro la popolazione di Gaza, con scuole ed ospedali divenuti cimiteri. Piu' di un milione di palestinesi e' stato costretto a lasciare le proprie case per dirigersi nel sud di Gaza, che non e' piu' un luogo sicuro.
Non ci sono corridoi umanitari adeguati, acqua, cibo, energia. In Cisgiordania e' cresciuta esponenzialmente la violenza da parte di coloni armati contro la popolazione civile palestinese.
Davanti a questi orrori, l'opinione pubblica internazionale in Europa si e' polarizzata, con il ritorno di gravissimi episodi di antisemitismo e islamofobia, riportandoci alla retorica dello scontro di civilta' che ha fatto danni enormi negli ultimi decenni.
La lotta contro l'antisemitismo non puo' essere ne' una mossa ipocrita per cancellare il retaggio del fascismo, ne' un'arma in piu' per reprimere il dissenso e alimentare xenofobia e pregiudizio antiarabo. Deve invece essere parte integrante della lotta contro ogni forma di razzismo.
Questa logica binaria - da una parte o dall'altra - e' la trappola a cui e' necessario sottrarsi in questo momento. Non si puo' cancellare l'orrore del 7 ottobre, ma si puo' fermare la strage a Gaza. Un crimine di guerra non ne cancella un altro: alimenta solo l'ingiustizia che prepara il terreno ad altra violenza.
Rivendichiamo il diritto e il dovere di guardare la guerra sempre dal punto di vista delle vittime, perche' sono loro l'unica certezza di ogni conflitto.
La protezione dei civili, senza distinzione di nazionalita', residenza o religione, e degli ospedali, deve essere il primo obiettivo di un'azione diplomatica della comunita' internazionale e delle forze della societa' civile.
Chiediamo la fine definitiva del massacro a Gaza, l'avvio di corridoi umanitari adeguati e la liberazione di tutti gli ostaggi. In Israele oltre mille palestinesi sono trattenuti in detenzione amministrativa, tra cui centinaia di minori, di cui chiediamo il rilascio. E' necessaria una soluzione politica a partire dalla fine del regime di apartheid e delle politiche di colonizzazione e di occupazione militare israeliane. Non potra' mai esserci sicurezza - per i palestinesi, per gli israeliani, per nessuno di noi - senza eguaglianza, diritti e liberta'.
Promotori: Emergency, Laboratorio ebraico antirazzista – LeA, Mediterranea e Assopace Palestina
Sottoscritto da tante altre associazioni, tra cui Amnesty International Italia, Arci, Libera, Gruppo Abele, AOI, Un Ponte per, Beati i costruttori di pace, Lunaria, Associazione SenzaConfine, Articolo 21... e per ora sono circa 4.000 quelli che hanno sottoscritto, tra questi 400 personalita' del mondo accademico, del mondo dello spettacolo, giornalisti e diplomatici, tra cui:
don Luigi Ciotti, Miguel Benasayag, Goffredo Fofi, Marco Damilano, Michele Serra, Pier Francesco Favino, Alessandro Bergonzoni, Carlo Ginzburg, Fiorella Mannoia, don Albino Bizzotto, Lisa Clark, Toni Servillo, Ferzan Ozpetek, Luca Zingaretti, Elio Germano, Ascanio Celestini, Greta Scarano, Fabrizio Gifuni, Sonia Bergamasco, Vittoria Puccini, Giorgio Diritti, Mario Martone, Alba Rohrwacher, Alice Rohrwacher, Saverio Costanzo, Caterina Guzzanti, Paola Cortellesi, Edoardo Winspeare, Enzo Traverso, Carlo Rovelli, Tommaso Di Francesco, Alessandro Gilioli, Francesca Fornario, Stefano Nazzi, Alberto Negri, Nico Piro, Andrea Capocci, Alessandro Calascibetta, Ali Rashid, Alessandro Robecchi, Giulia Blasi, Donald Sassoon, Loredana Lipperini, Annamaria Testa, Raffaele Alberto Ventura, Luciana Castellina, Nicola Lagioia, Sandro Veronesi, Christian Raimo, Maurizio Braucci, Teresa Ciabatti, Mario Ricciardi, Giorgia Serughetti, Marco Revelli, Alessandro Portelli e tantissimi altri...
Per l'elenco completo dei firmatari, individuali e collettivi, e per sottoscrivere al seguente sito: https://cessateilfuoco.org/
4. REPETITA IUVANT. ADESIONE POPOLARE ALLA DENUNCIA SULLA PRESENZA DI ARMI NUCLEARI IN ITALIA
[Riceviamo e diffondiamo. Andando sul sito www.peacelink.it o sul sito www.pressenza.com e' possibile attivare i link per accedere a ulteriori materiali e per sottoscrivere l'iniziativa]
Il prossimo passo della denuncia trasmessa alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma lo scorso 2 ottobre, riguardante la presenza delle armi nucleari in Italia e in attesa che si attivi la corrispondente inchiesta, riguarda l'adesione popolare a tale denuncia: parte oggi con una sottoscrizione popolare che si puo' realizzare online grazie alla piattaforma predisposta all'interno del sito di PeaceLink, storico portale telematico del pacifismo italiano.
Andando a questo indirizzo sara' possibile firmare la petizione di adesione di cui riportiamo il testo:
Ho appreso che in data 2 ottobre 2023 e' stata depositata alla Procura presso il Tribunale di Roma una denuncia per accertare la presenza di armi nucleari in Italia, verificarne la illegittimita' ed individuare i responsabili. Ho letto il testo e lo condivido. Approvo l'iniziativa alla quale vorrei partecipare. Non potendo piu' sottoscrivere la denuncia, ormai depositata, chiedo che questa mia lettera venga allegata agli atti del procedimento come segno di sostegno all'iniziativa.
In particolare mi sembrano significative le seguenti norme riportate nel testo della denuncia.
"In data 24 aprile 1975 l'Italia ha sottoscritto il Trattato di non Proliferazione Nucleare (TNP), trattato internazionale incentrato, in particolare su:
a) la c.d. "non proliferazione" del nucleare, in base alla quale gli Stati in possesso di armi nucleari (c.d. "Paesi nucleari") si impegnano a non trasferire armi di tale natura a quelli che ne sono privi (c.d. "Paesi non nucleari"), mentre questi ultimi si obbligano a non ricevere e/o acquisire il controllo diretto o indiretto di ordigni nucleari (artt. I, II, III);
b) il disarmo nucleare, che impone il ricorso a trattative finalizzate alla definitiva cessazione della prassi di armamento nucleare (art. VI).
Il diritto bellico internazionale vieta l'uso e la minaccia dell'uso delle armi nucleari in qualsiasi circostanza.
La L. 185/1990 vieta la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione di materiale di armamento senza l'autorizzazione dell'autorita' e, in ogni caso, di armi nucleari.
Ciononostante, la presenza di armi nucleari sul suolo nazionale puo' ormai considerarsi certa".
Sono consapevole della rilevanza politica dell'iniziativa giudiziaria. Credo, pero', fermamente nello Stato di diritto, nella ripartizione dei poteri e, soprattutto, nell'indipendenza della magistratura.
Sono certo che anche questa denuncia sara' valutata senza timori per le implicazioni politiche sottese.
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Informazioni sulla denuncia
La denuncia e' sottoscritta a livello individuale da 22 esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste: Abbasso la guerra, Donne e uomini contro la guerra, Associazione Papa Giovanni XXIII, Centro di documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, Tavola della Pace Friuli Venezia Giulia, Rete Diritti Accoglienza Solidarieta' Internazionale, Pax Christi, Pressenza, WILPF, Centro sociale 28 maggio, Coordinamento No Triv, e singoli cittadini. Alcune di queste associazioni condividono collettivamente i contenuti di questa iniziativa.
Il testo della denuncia e' visionabile cliccando su questo link.
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Aderisci:
Come persona
Come associazione
5. APPELLI. SOSTENIAMO NARGES MOHAMMADI E LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN. CHIEDIAMO LA LIBERAZIONE DELL'ATTIVISTA PREMIO NOBEL PER LA PACE E CHE SIANO ACCOLTE LE SUE RICHIESTE DI RISPETTO DEI DIRITTI UMANI
Sosteniamo Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, detenuta in Iran per la sua lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani e per l'abolizione della pena di morte.
Sosteniamo la lotta nonviolenta delle donne in Iran per la dignita' umana di tutti gli esseri umani.
Sia liberata Narges Mohammadi e tutte le prigioniere e tutti i prigionieri di coscienza, tutte le detenute e tutti i detenuti politici, tutte le persone innocenti perseguitate e sequestrate, in Iran come ovunque.
Cessi l'oppressione delle donne in Iran come ovunque nel mondo, siano rispettati i diritti umani di tutti gli esseri umani.
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Chiediamo al Parlamento e al governo italiano di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e alla Commissione Europea di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Segretario Generale e all'Assemblea Generale dell'Onu di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
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Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona, a tutti i movimenti democratici, a tutte le istituzioni sollecite del bene comune e della dignita' umana, a tutti i mezzi d'informazione impegnati per la verita' e la giustizia, d'impegnarsi a sostegno di Narges Mohammadi e delle donne iraniane.
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Donna, vita, liberta'.
6. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO: "PORTIAMO A COMPIMENTO L'INIZIATIVA DI DAVID SASSOLI PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER"
Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo, on. Roberta Metsola,
numerose personalita' della societa' civile e varie associazioni democratiche italiane hanno promosso l'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier".
*
Qui di seguito il testo dell'appello.
Il 23 agosto 2021 David Sassoli, l'indimenticato Presidente del Parlamento Europeo che sarebbe deceduto pochi mesi dopo nel gennaio 2022, tenne una conferenza stampa in cui annuncio' il suo personale impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da quasi mezzo secolo prigioniero innocente.
L'iniziativa di David Sassoli si ricollegava idealmente a due precedenti importanti pronunciamenti del Parlamento Europeo, del 1994 e del 1999.
E si collegava anche al movimento che in Italia in quel momento riproponeva con forza l'esigenza e l'urgenza che Leonard Peltier venisse finalmente liberato.
In un suo tweet che accompagnava e sintetizzava la conferenza stampa del 23 agosto 2021 David Sassoli dichiarava, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
Lanciamo un appello a riprendere e portare a compimento quell'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier.
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Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
le saremmo assai grati se lei, che ha assunto l'incarico di Presidente del Parlamento Europeo succedendo all'on. Sassoli, volesse porsi a capo di questa iniziativa volta a richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
*
Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
sicuramente lei ricorda che il Parlamento Europeo gia' in passato ripetutamente si espresse in tal senso nel 1994 e nel 1999.
E sicuramente lei sa che una Commissione giuridica ad hoc dell'ONU, dopo aver accuratamente riesaminato tutti gli atti processuali, lo scorso anno ha concluso i suoi lavori chiedendo la liberazione di Leonard Peltier.
E sicuramente lei sa anche che nel corso del tempo la liberazione di Leonard Peltier e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, da prestigiose organizzazioni umanitarie come Amnesty International, da innumerevoli istituzioni democratiche, da milioni - letteralmente milioni - di esseri umani di ogni parte del mondo, tra cui anche il magistrato che nel 1976 sostenne l'accusa contro di lui e che da anni e' impegnato per la sua liberazione (da allora ad oggi peraltro e' stato definitivamente dimostrato che le cosiddette "testimonianze" e le cosiddette "prove" contro Leonard Peltier erano false).
Come ha scritto nel suo appello l'indimenticato Presidente Sassoli, "I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
*
Ringraziandola fin d'ora per l'attenzione ed auspicando un suo intervento, voglia gradire distinti saluti.
7. MAESTRI. DUE RICORDI DI PRIMO LEVI (1987 E 1998)
1. Primo, ricordare (1987)
[L'articolo seguente apparve originariamente su "A. Rivista anarchica" dell'agosto-settembre 1987]
E' mia profonda convinzione che tanta parte dei nuovi movimenti di liberazione, e particolarmente alcune esperienze che si sono contraddistinte per consapevolezza e impegno (come il movimento di psichiatria democratica) debbano molto a Primo Levi, e che in un confronto serrato con la sua opera possano e debbano trovare motivo, occasione e strumenti di ulteriore approfondimento della propria riflessione, di ulteriore radicalizzazione della propria prassi.
Perche' Primo Levi e' il militante e il testimone, il resistente, il disvelatore, l'uomo con cui tutti ci siamo identificati e nel profondo, e con dolore, e con orgoglio; il Primo Levi della deportazione e del lager, della memoria e della riflessione sul lager e la violenza che non finiscono; il Primo Levi di Se questo e' un uomo, La tregua, di alcuni racconti del Sistema periodico e di Lilit, di alcune poesie del magro e acuto canzoniere; il Primo Levi, infine, de I sommersi e i salvati. E' l'autore indimenticabile di opere ineludibili: sa poco del nostro tempo e della nostra condizione chi non le ha lette.
Ma vi sono anche altri aspetti dell'opera di Primo Levi di cui vogliamo parlare: del maestro cordiale, del pensatore rigoroso e onesto, dell'uomo "a cui molte cose vengono raccontate"; le varie sfaccettature, insomma, che contribuiscono a rendercene la pienezza, la dignita', la statura umana.
*
Contro il dolore
La lotta contro il dolore, contro la violenza, e' uno dei punti focali dell'opera di Levi, e la sua visione del mondo ne e' la scaturigine al pari della sua vissuta esperienza.
Una visione del mondo laica, razionale e fraterna, materialistica; e' caratteristico di questa limpidezza di sguardo, un breve articolo, incluso ne L'altrui mestiere ed intitolato appunto "Contro il dolore", in cui Levi svolge alcune semplici e serene considerazioni in fraterna discussione con Enrico Chiavacci (teologo prestigioso ed uomo di pace, impegnato nei movimenti pacifisti e nonviolenti, autore di un libro come Teologia morale e vita economica, Cittadella, Assisi '86, che anch'io - materialista rigoroso - ho molto apprezzato) concludendo che "e' difficile compito di ogni uomo diminuire per quanto puo' la tremenda mole di questa 'sostanza' che inquina ogni vita, il dolore in tutte le sue forme; ed e' strano, ma bello, che a questo imperativo si giunga a partire da presupposti radicalmente diversi".
La laica tolleranza di Levi, e la maturita' del suo materialismo, emergono nitidi nell'intera sua opera, come emerge una visione del mondo che ripudia le illusioni e le mistificazioni, che lotta contro il male e fonda questa lotta su presupposti saldissimi perche' veritieri, non alienati, senza maschere e senza utopismi, ma anche senza disperazioni di maniera, con serena consapevolezza e con strazio profondo - tanto costa la dignita' umana -; sono memorabili quelle parole de La tregua (riprese anche nell'ultimo grande libro) sulla vergogna "che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volonta' buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa"; e ancora ne I sommersi e i salvati troviamo, ad esempio, che "e' compito dell'uomo giusto fare guerra ad ogni privilegio non meritato, ma non si deve dimenticare che questa e' una guerra senza fine".
Contro il dolore, contro l'inganno, contro l'oppressione, lungo una linea di resistenza che si snoda da Lucrezio (il grande poeta-filosofo, poeta-scienziato, "considerato pericoloso - scrive Levi - perche' cercava un'interpretazione puramente razionale della natura, perche' voleva liberare l'uomo dalla sofferenza e dalla paura, perche' si ribellava contro ogni superstizione, e descriveva con lucida poesia l'amore terrestre") all'illuminismo radicale, a Leopardi, a Marx; una linea di resistenza che propone agli uomini anche la ricerca di un parco edonismo, la sobrieta' di Epicuro: nell'"antologia personale" La ricerca delle radici (da cui abbiamo citato il giudizio su Lucrezio) Levi esemplifica questa posizione riportando con caldo consentimento un passo di Bertrand Russell.
E ancora, a definire questa visione del mondo, la weltanschauung materialista di Levi, concorrono appieno i quattro filoni di ricerca, i quattro itinerari che egli delinea con le sue letture nello schema che apre La ricerca delle radici: la salvazione del riso, l'uomo soffre ingiustamente, statura dell'uomo, la salvazione del capire.
La dialettica del raccontare e' un elemento saliente della consapevolezza di scrittore di Primo Levi.
Perche' raccontare e' in primo luogo testimonianza e comunicazione: comunicazione, che significa riconoscimento di umanita', dignita' dell'io e del tu, ascoltarti ed essere ascoltato, riconoscerti ed essere riconosciuto, e cosi' - in questo atto, in questa relazione - riconoscermi; e' un capitolo fortissimo de I sommersi e i salvati quello intitolato "Comunicare", e appunto dedicato a questo nodo estremo dell'esperienza del lager ("abbiamo avuto modo di capire bene, allora, che del grande continente della liberta' la liberta' di comunicare e' una provincia importante"). Ma si veda anche quello stupendo racconto che e' "Decodificazione", nel libro Lilit. Comunicazione, ma anche testimonianza; testimoniare cio' che non deve essere dimenticato, cio' che deve essere capito, cio' che deve essere riscattato dalla morte ulteriore dell'oblio, del misconoscimento, del disconoscimento; raccontare per dire la verita', per combattere la morte: per salvare, per quanto e' possibile, l'esistenza di Hurbinek "che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero", "Hurbinek, il senza-nome, il cui minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz; Hurbinek mori' ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie pagine" (La tregua, capitolo secondo).
Vi e' quindi un raccontare come dovere in Levi, ma anche un raccontare come passione, e come impulso; e' quello che definisce muovendo dalla figura dell'Ancient Mariner di Coleridge (non casualmente in epigrafe a I sommersi e i salvati), e nella bellissima poesia dedottane, "Il superstite" (raccolta in Ad ora incerta, libro che gia' nel titolo riprende questo decisivo motivo) dal memorabile incipit: "Since then, at an uncertain hour, / Dopo di allora, ad ora incerta, / Quella pena ritorna, / E se non trova chi lo ascolti / Gli brucia in petto il cuore". Raccontare anche per liberarsi del carico intollerabile d'angoscia, per sforzarsi di comunicare l'incomunicabile, cio' che fa gorgo nell'intimo, sapendo che al fondo il segreto orrore - l'orrido segreto -, l'enigma indicibile, resta insormontabile, eppure bisogna dire, bisogna che gli uomini sappiano; ed e' non solo missione civile ma anche disperata passione cio' che compulsa l'ultimo libro di Levi, e la sua intera opera (ed en passant vogliamo segnalare quell'incunabolo de I sommersi e i salvati che e' l'appendice del '76 all'edizione scolastica di Se questo e' un uomo).
Ma vi e' anche il piacere del raccontare: la vena fantastica e fantascientifica (sui generis), morale e umorale, di Levi, sgorga anche qui, nel gusto della fabulazione, nel piacere del conversare per cui si chiede agli amici "raccontami una storia" (e Levi lo fa esplicitamente ad esempio nel racconto "Argento" del Sistema periodico, ad esempio ne "L'anima e gli ingegneri" nella raccolta di Lilit; ed esemplare e' l'intero libro di duplice affabulazione orale La chiave a stella); vi e' nel raccontare un'amista', un rasserenamento, un dar forma umana - dar lingua - alla vita che sovente umana non e', che forma e armonia non ha; sintomatico di questo atteggiamento, tenero, ironico, e' ad esempio il capoverso in quarta di copertina dell'ultimo libro di racconti (Lilit), in cui presentando in breve le storie raccolte nel volume si conclude: "non ci sono, che io sappia, ne' messaggi ne' profezie fondamentali; se il lettore ce li trova, e' bonta' sua": e quel "bonta' sua" non e' forse proprio anche il cordiale invito al lettore a cooperare alla storia? A proseguire la conversazione? Raccontare e ascoltare e' un atto di amicizia, e' amicizia in atto.
*
L'eredita' del lager
Noi siamo ad un tempo umani e non ancora umani, umani e gia' non piu' umani; cosi' ci lacera questo tempo di devastazioni. Di questa condizione degli uomini scissa, anfibia, Levi e' testimone e poeta grandissimo. Perche' in se' l'ha vissuta intensamente e per molteplici scomposizioni e crisi, infinite catene di contraddizioni e dialettiche; perche' tecnico e poeta, scienziato e scrittore, manipolatore di elementi chimici e di elementi linguistici, perche' testimone di una condizione di totale alterita' dall'umano, testimone del lager ("non uno degli eventi, ma l'evento mostruoso, forse irripetibile, della storia umana", parole di Bobbio che Levi cita nell'ultimo libro), perche' perseguitato.
Creatura ancipite in molti campi della sua attivita' e in molte situazioni della sua identita', e quindi testimone veritiero e profondo di situazioni scisse, nonche' felice - se il termine e' lecito - creatore di figure poetiche lacerate (si pensi ad esempio ai due racconti speculari di "Recuenco", in Vizio di forma), Levi ha elaborato anche efficaci, illuminanti metafore di questa condizione, riprendendo ad esempio la figura di Tiresia (ne La chiave a stella), o creando quel magnifico racconto che e' "Quaestio de Centauris" (in Storie naturali), o anche - a un livello gia' diverso, e ben addentro a una riflessione sulla letteratura che muove forse dal secondo Chisciotte - nel pur poco riuscito racconto "La ragazza del libro" (in Lilit).
Noi non siamo ancora nel regno della liberta', ed energie sempre piu' massicce ed alacri lavorano ad impedire che mai l'uomo possa realizzarsi, ne' si possa raggiungere la liberazione delle persone e dei popoli: l'eredita' del lager, Levi lo segnalava con forza incomparabile nell'ultimo e fondamentale libro, e' ancor oggi ben viva e operante. La testimonianza, la resistenza, la lotta sono l'eredita' che Primo Levi ci ha lasciato e che dobbiamo portare avanti. Non dobbiamo, non possiamo sottrarci a questo compito.
***
2. Primo Levi, undici anni dopo (1998)
[Il testo seguente e' quello della relazione del responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo al convegno su "Primo Levi, testimone della dignita' umana" tenutosi a Bolsena il 15-16 maggio 1998]
"Ma la guerra e' finita, obiettai: e la pensavo finita, come molti in quei mesi di tregua, in un senso molto piu' universale di quanto si osi pensare oggi.
Guerra e' sempre, rispose memorabilmente Mordo Nahum".
(La tregua)
Undici anni sono trascorsi dalla scomparsa di Primo Levi.
Quando ci raggiunse la notizia della sua scomparsa, noi eravamo impegnati in una campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano, campagna alla quale Primo Levi aveva dato la sua adesione, la piu' autorevole fra tutte; ed in particolare eravamo impegnati nella preparazione di una manifestazione nazionale contro l'apartheid che poi si svolse il primo maggio a Viterbo con la partecipazione di illustri relatori, manifestazione alla quale avevamo chiesto a Primo Levi di intervenire.
Pochi giorni prima della sua scomparsa Primo Levi ci aveva comunicato telefonicamente che i suoi doveri familiari ed una non buona condizione di salute gli impedivano di spostarsi da Torino.
E' uno dei miei turbamenti, forse sciocchi, forse presuntuosi, da quando mi raggiunse la notizia della sua scomparsa, il rammarico di non avergli saputo dire in quell'ultima occasione quanto lui fosse importante per me e per noi, e quanta affezione - e lasciatemi dire la parola buffa: quanto amore, amore, si' - anch'io sentissi per lui, come tanti, come tutti quelli che nel corso del tempo lo avevano conosciuto uomo giusto, uomo buono.
Quel primo maggio aprimmo la manifestazione nazionale contro l'apartheid nel suo nome e nel suo ricordo, a farci scudo di lui ancora una volta, ad usare del suo nome e della sua opera ancora una volta come di una bandiera, di un grido di battaglia, di un giuramento di fedelta'.
E quasi ad adempiere un voto realizzammo il 25 luglio di quello stesso anno 1987 a Viterbo un convegno nazionale, il primo, intitolato a "Primo Levi, testimone della dignita' umana", convegno di cui, undici anni dopo, quello odierno che qui ci riunisce riprende il nome, il discorso, l'impegno.
A quel convegno presero parte tante persone a noi molto care, che vollero attestare il loro affetto per Primo Levi, lo sbigottito strazio per la sua morte, la fedelta' a quanto aveva insegnato.
Proprio in questi giorni riandando le stinte carte di undici anni fa constatavo tra quei nomi la presenza di alcune delle persone migliori che abbiamo avuto la fortuna di conoscere, e tra essi tanti che non sono piu' in vita.
Vorrei qui ricordare il professor Vittorio Emanuele Giuntella, che quel giorno a Viterbo ricordo' in Primo Levi non solo il testimone, lo studioso, il poeta, ma anche l'amico e il compagno. Il professor Vittorio Emanuele Giuntella, mio maestro di nonviolenza, scomparso anche lui qualche anno fa.
E vorrei ricordare padre Ernesto Balducci, che quel giorno a Viterbo lesse e interpreto' con tensione indicibile, con voce e movimento di profeta, una poesia di Primo Levi e quel gesto suo estremo, facendo rompere in singhiozzi e calde lacrime i presenti, come dicono accadesse agli ateniesi assistendo alla rappresentazione dei Persiani. Ed anche padre Balducci ci ha frattanto lasciato.
E' ancora tra noi invece Lello Perugia, compagno di Primo Levi ad Auschwitz e nel lungo ritorno, uno degli eroi omerici e primigeni de La tregua, che anche lui fu a Viterbo quel giorno, e che salutiamo augurandogli ogni bene ed una ancor lunga vita.
E per ricordare in un solo nome tutti gli altri che nel 1987 a quel convegno di omaggio a Primo Levi vollero associare la loro voce, diro' adesso di Rosanna Benzi, che di Primo Levi era stata teneramente amica, che dal polmone d'acciaio dell'ospedale di Genova in cui viveva volle dettarmi anche un suo contributo che tra le lacrime trascrissi. Anche Rosanna e' nel frattempo scomparsa. Anche di lei noi serbiamo memoria.
E dovrei dire di Giovanni Michelucci, dovrei dire di Alexander Langer, di Tullio Vinay, di Natalia Ginzburg, di Giuliano Naria, di Elio Filippo Accrocca, di tanti altri che vollero unirsi a quell'omaggio a Primo Levi, e che non sono piu' tra noi.
Oggi nuovamente tornando a ricordare Primo Levi, e con Primo Levi tutte le vittime del Lager e tutti coloro che lottarono e testimoniarono contro il fascismo e il genocidio, in questo ricordo vogliamo associare anche tutti coloro che Primo Levi amarono, che nel loro concreto agire vollero essere fedeli a quanto lui scrisse e opero', alla sua lotta per l'umana dignita'.
E non voglio dimenticare un affettuoso saluto e un vivo ringraziamento a Lucia Levi, che a nome della famiglia autorizzo' quel convegno del 1987 cosi' come questo che adesso si sta svolgendo.
E voglio dire altresi' la mia gratitudine per Giulio Vittorangeli che con tanta e tanto alacre tenacia ha voluto ed ha organizzato l'iniziativa che oggi ci riunisce qui a Bolsena.
*
Su due argomenti vorrei ora richiamare la vostra attenzione.
Il primo consiste nel proporvi di leggere l'opera di Primo Levi anche come un classico del pensiero politico, di un pensiero politico all'altezza degli sconvolgimenti abissali e dei radicali interrogativi di questo secolo, in grado di indicarci criteri ed obiettivi per i nostri compiti nell'ora presente.
Il secondo consiste nel considerare ancora una volta alcune scaturigini ed implicazioni del raccontare, del pensiero poetante (oltre che indagatore, oltre che testimone) di Primo Levi, nelle sue molteplici dimensioni e valenze.
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Un classico del pensiero politico
Proponendo di leggere l'opera di Primo Levi non solo come un classico, cosa ormai ovvia per tutti gli studiosi, ma anche specificamente come un classico del pensiero politico, non mi nascondo di prestare il fianco al rischio di essere frainteso: quasi volessi piegarla, quell'opera grande, ad un uso improprio, o impoverirla a una sola delle sue dimensioni. Massime oggi che l'ideologia dominante percuote le menti con lo slogan ossessivo secondo cui la politica e' una cosa sporca e che tra persone dabbene non si fa politica (slogan che mi pare arieggi un punto di vista che era in gran voga nel ventennio, quando ogni pensiero era riprovevole, e la filosofia si faceva col manganello).
Io credo che l'opera di Primo Levi sia di straordinaria ricchezza, si presti a molte letture, apporti molteplici strumenti di conoscenza, e costituisca uno sguardo nel cuore degli uomini e del mondo di grande vivezza e penetrazione; e proprio per questo mi sono formato il convincimento della possibilita', della legittimita' di una lettura anche precisamente politica: che l'uso dell'opera di Primo Levi come chiave di lettura e guida per l'azione specificamente politica sia appunto un uso possibile e ammesso, e non un abuso; e che evidenziare questo ambito e questa interpretazione non solo non significhi sminuire, rendere "unidimensionale" quell'opera, ma precisamente evidenziare di essa un aspetto di grande fecondita'.
In particolare penso che cosi' come Se questo e' un uomo e' "un libro che reincontreremo al Giudizio Universale" (come ha scritto Claudio Magris) e costituisca una lettura obbligata per la conoscenza della storia di questo secolo, altresi' I sommersi e i salvati sia un'opera indispensabile per la formazione politica in senso forte (quindi morale e civile) di ogni persona che voglia lottare per la verita' e la giustizia.
In una ideale biblioteca minima del pensiero politico da salvare dal diluvio, credo che questi due libri di Primo Levi debbano esserci insieme a poco altro: La ginestra di Leopardi, l'Elogio della follia di Erasmo, Lucrezio, Qohelet, l'Antigone. Ma certo anche Cervantes, La vita e' sogno, Kafka...
E' l'opera di Levi un classico del pensiero politico, poiche' pone in termini da nessun altro indagati con tanta limpidezza e profondita', temi fondanti dell'essere e dell'agire, di etica e politica, come la verita', la memoria, la comunicazione, la responsabilita': con un nitore di linguaggio che quasi abbaglia, con una lucidita' di pensiero che toglie il fiato, con un rigore morale che non si placa giammai.
E' un'opera politica: ci pone di fronte al volto dell'altro, che ci interroga muto e chiama la nostra responsabilita' (qui penso, lo capite, alla capitale riflessione di Emmanuel Levinas); e' un'opera politica: pone al centro il "principio responsabilita'" (che cosi' efficacemente ha tematizzato Hans Jonas). E' quella di Primo Levi un'opera di riflessione politica di cui abbiamo assoluto bisogno per affrontare le questioni cruciali ed inaudite della torbida ora presente, dell'enigmatico e spaventoso futuro che ci si scaraventa addosso.
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La scrittura contro la morte
Primo Levi e' un grande scrittore, un grande narratore, un grande poeta. Il suo raccontare, la sua scrittura, assolve a funzioni molteplici, molti doni reca. Non e' mio compito oggi dar conto compiutamente di questo inesauribile tema, altri dira' piu' e meglio; io mi limito a proporvi un catalogo di argomenti su cui meditare: il racconto come terapia, come paradossale riduzione al dicibile, quindi all'umano, di cio' che e' inumano e quindi indicibile; il racconto come spazio dell'amicizia, come luogo dell'io e del tu, come reciproco riconoscersi nell'atto del dire e dell'ascoltare, riconoscersi eguali, fraterni; il racconto come sospensione ed insieme come reintegrazione del tempo (ergo il racconto come sconfitta di quel tempo vuoto e quell'ora apocalittica che fu il Lager); la scrittura come testimonianza, come comprensione, come memoria; la scrittura come compresenza dei vivi e dei morti (questo tema della compresenza lo desumiamo, e' ovvio, da Capitini); la scrittura come appello ed interrogazione, come affiorare del "volto dell'altro"; la lingua agita come legame e come ragionamento, come tradizione e progetto, come opera di chiarificazione e ricerca; la scrittura contro la morte (tema questo su cui lungamente medito' anche Elias Canetti).
Nell'opera di Primo Levi infiniti sono i luoghi in cui si riflette con luminosa profondita' sul parlare, il comunicare, il raccontare, lo scrivere; infinite sarebbero le citazioni possibili: ma una fra tutte, una per tutte qui diamo: quel passo de La tregua che evoca la figurina di Hurbinek "che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero", "Hurbinek, il senza-nome, il cui minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz; Hurbinek mori' ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie pagine".
*
Undici anni fa Primo Levi ci ha lasciato.
Quando seppi che era scomparso, affiorò in me il ricordo di un episodio di Se questo e' un uomo, quello dell'impiccagione dell'Ultimo.
Narra Levi che il mese prima uno dei crematori di Birkenau era stato fatto saltare, e "l'uomo che morra' oggi davanti a noi ha preso parte in qualche modo alla rivolta". I nazisti lo traggono al patibolo; dinanzi ai deportati schierati, gli occhi a terra, rassegnati, l'uomo viene ucciso, ma trova ancora la forza di un grido: "tutti udirono il grido del morente - scrive Primo Levi -, esso penetro' le grosse antiche barriere di inerzia e di remissione, percosse il centro vivo dell'uomo in ciascuno di noi: 'Kameraden, ich bin der Letzte!' (Compagni, io sono l'ultimo!)".
Ma quell'ultimo non era l'ultimo in senso assoluto, perche' per fortuna nostra e del mondo altri continuarono la lotta, e il nazismo annientatore fu infine annientato; e proprio tra gli uomini muti a capo chino sul piazzale dell'appello dinanzi al patibolo anche uno ve n'era, lo Haeftling che recava tatuato sul braccio il numero 174517, che si era chiamato e che tornera' a chiamarsi Primo Levi, che sara' poi e per sempre finche' vi sara' una civilta' umana, finche' vi sara' una storia umana, il simbolo stesso della Resistenza contro l'inumano.
Ebbene, sia detto qui in tono solenne: Primo Levi certo conobbe e reco' dentro se' una sofferenza che neppure l'affetto grande dei familiari e degli amici poteva lenire; la sua benignita', la sua lucidita', il suo calore umano, la sua esattezza, finanche il suo humour, erano eretti su abissi di strazio indicibili. Ma Primo Levi non e' stato annichilito, non e' stato sconfitto. E il suo messaggio non e' restato inascoltato.
Dal Sud Africa al Chiapas altri uomini si sono levati; e se l'eredita' del nazismo appesta oggi ancora e di nuovo il mondo, contro di essa si erge l'eredita' di Primo Levi che chiama a resistere e a lottare; di questa eredita' di Primo Levi anche questo convegno - se le cose piccole e' lecito comparare alle grandi - e' un frutto e una testimonianza.
Vorrei concludere ora con le parole con le quali lo ricordai undici anni fa, all'indomani della scomparsa.
Nei momenti di smarrimento, di sfinimento, quando sembra che il male ingigantisca e prevalga, e le nostre forze inani, o schiantate, allora tutti noi ci siamo rifugiati tra le braccia di Primo Levi; dalla sua esistenza abbiamo tratto la coscienza e la forza di resistere, di lottare. Dinanzi al dolore del mondo, dinanzi all'eredita' malefica del nazismo, alla logica sterminista, ebbene, nella necessaria resistenza in lui abbiamo avuto una guida ed un sostegno; perche' per l'intera vita Primo Levi ha combattuto contro il male, contro la sopraffazione e la menzogna: ne restano testimonianza sconvolgente ed indimenticabile le sue opere.
Ora che non e' piu', vorremmo, e speriamo, che abbia conosciuto, a lenire l'immedicabile dolore del giusto, i sentimenti descritti nelle parole conclusive di quel memorabile dialogo leopardiano: "e anche in quell'ultimo tempo gli amici e i compagni ci conforteranno: e ci rallegrera' il pensiero che, poi che saremo spenti, essi molte volte ci ricorderanno, e ci ameranno ancora".
8. INIZIATIVE. UNA LETTERA A UN AMICO
Carissimo Giancarlo,
purtroppo mi e' impossibile essere presente all'iniziativa promossa a Viterbo da "L'altro circolo" in occasione della Giornata mondiale per la lotta contro l'aids.
Mi dispiace molto di non esserci, ma come sai ho un impegno che da anni ormai assorbe la quasi totalita' del mio tempo.
Ma almeno queste righe valgano a dirti il mio pieno apprezzamento e il mio pieno sostegno a questa iniziativa e all'intera attivita' de "L'altro circolo", la mia piena condivisione dell'impegno che ci accomuna in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto state facendo, oggi come ogni giorno.
Ti prego di estendere questo mio ringraziamento anche a Lukusa e a tutte le altre persone che insieme a te e a voi hanno promosso questa fondamentale iniziativa di coscientizzazione e di solidarieta'.
Un forte abbraccio,
Peppe
Vetralla, primo dicembre 2023
9. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Piergiorgio Odifreddi, Antonio Rocca, Carlo Toffalori, Giotto e la visione intuitiva, Le Scienze, Roma 2023, pp. 144, euro 12,90 (in supplemento a "Le Scienze").
*
Riletture
- Agnes Heller, L'uomo del Rinascimento, La Nuova Italia, Firenze 1977, pp. VI + 686.
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Riedizioni
- Paolo Grillo, La falsa inimicizia. Guelfi e ghibellini nell'Italia del Duecento, Salerno, Roma 2018, Rcs, Milano 2023, pp. 176, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
*
Classici
- Karl Marx, Il capitale, Utet, Torino 1974-1987, Mondadori, Milano 2009, 3 voll. per pp. 1116 + 682 + 1232. A cura di Aurelio Macchioro e Bruno Maffi.
- Karl Marx, Il capitale, Newton Compton, Roma 1970, 1996, pp. 1536. A cura di Eugenio Sbardella.
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5037 del 3 dicembre 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com
Numero 5037 del 3 dicembre 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Elliott Erwitt
2. "Donne in nero" di Alba: Siamo vicine alle donne e agli uomini che stanno soffrendo e morendo in terra di Israele e Palestina
3. Emergency e altri: Per un cessate il fuoco permanente e una soluzione politica
4. Adesione popolare alla denuncia sulla presenza di armi nucleari in Italia
5. Sosteniamo Narges Mohammadi e la lotta delle donne in Iran. Chiediamo la liberazione dell'attivista Premio Nobel per la Pace e che siano accolte le sue richieste di rispetto dei diritti umani
6. Una lettera aperta alla Presidente del Parlamento Europeo: "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier"
7. Due ricordi di Primo Levi (1987 e 1998)
8. Una lettera a un amico
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. LUTTI. ELLIOTT ERWITT
E' deceduto Elliott Erwitt, fotografo.
Con gratitudine lo ricordiamo.
2. APPELLI. "DONNE IN NERO" DI ALBA: SIAMO VICINE ALLE DONNE E AGLI UOMINI CHE STANNO SOFFRENDO E MORENDO IN TERRA DI ISRAELE E PALESTINA
[Dalla mailing list delle "Donne in nero" riprendiamo e diffondiamo]
Siamo vicine alle donne e agli uomini che stanno soffrendo e morendo in terra di Israele e Palestina.
L'attacco brutale e indiscriminato di Hamas, forza fondamentalista, patriarcale e profondamente misogina, ha scatenato la vendetta brutale e disumana del governo israeliano.
Hamas ha colpito anche uomini e donne che in questi anni si stavano impegnando per una convivenza pacifica tra i due popoli.
Nonostante le enormi sofferenze, ancora oggi in Israele c'e' chi continua a credere nella nonviolenza, si dissocia dalla politica bellicista delle forze al potere e confida nella forza del dialogo e della conoscenza reciproca. Un esempio e' l'appello che riportiamo qui sotto.
Ci uniamo a tutte le donne e gli uomini che in Israele protestano contro la politica di occupazione e violenza del loro governo nei confronti del popolo palestinese. Facciamo nostro il grido lanciato in questi giorni da una delle prime "donne in nero" di Israele: "Dal fiume Giordano al mare, insieme, tutte le persone libere!".
Da parte nostra continuiamo a denunciare e contrastare la politica del Governo italiano
- che non ha intrapreso alcuna iniziativa per un cessate il fuoco, astenendosi perfino nell'Assemblea ONU sulla mozione per una pausa umanitaria nella guerra contro Gaza.
- che e' schierato esclusivamente con il Governo israeliano e continua ad ignorare l'escalation di soprusi e aggressioni da parte dei coloni e dell'esercito israeliano a danno dei palestinesi in Cisgiordania.
Donne in nero contro la guerra - gruppo di Alba - dinalba13 at gmail.com
*
Appello della società civile israeliana per fermare la distruzione di Gaza e per la liberazione degli ostaggi civili. https://www.gaza.refuser.org/
Noi, membri delle sottoscritte organizzazioni per i diritti umani in Israele, siamo scioccati e inorriditi in questi giorni terribili.
Gli orribili crimini di Hamas contro civili innocenti - tra cui bambini, donne e anziani - hanno scosso tutti noi, e stiamo lottando per riprenderci dai suoni e dagli sguardi insopportabili. Alcuni di noi si trovavano nelle comunita' israeliane al confine con Gaza durante l'assalto; molti di noi hanno parenti, amici e colleghi che hanno sopportato e stanno ancora sopportando gli eventi strazianti; e tutti conosciamo persone che sono state uccise, ferite o rapite. Ci vorra' tempo per comprendere appieno le implicazioni e le conseguenze dell'atroce attacco di Hamas, che non puo' essere giustificato.
La maggior parte dei nostri team comprende israeliani e palestinesi; pertanto, alcuni di noi hanno parenti e colleghi a Gaza che attualmente vivono sotto l'assalto continuo dell'esercito israeliano. Bambini, donne e anziani vengono attaccati indiscriminatamente senza potersi nascondere.
Anche ora - soprattutto ora - dobbiamo mantenere la nostra posizione morale e umana e rifiutare di cedere alla disperazione o alla voglia di vendetta. Mantenere la nostra fede nello spirito umano e nella sua intrinseca bonta' e' piu' che mai vitale. Una cosa e' chiara: non rinunceremo mai alla nostra fiducia nell'umanita', anche ora che farlo e' piu' impegnativo che mai.
Essendoci sempre opposti al ferimento e all'uccisione di civili innocenti, e' nostro dovere in questi tempi terribili - mentre contiamo i nostri morti da parte israeliana e ci preoccupiamo dei feriti, dei dispersi e dei rapiti, e mentre le bombe vengono sganciate sui quartieri residenziali di Gaza, spazzando via intere famiglie senza possibilita' di seppellire i morti - alzare la nostra voce forte e chiara contro il ferimento e l'uccisione di tutti i civili innocenti, sia in Israele che a Gaza.
Chiediamo il rilascio immediato di tutti gli ostaggi e la fine dei bombardamenti sui civili in Israele e a Gaza.
Gli aiuti umanitari devono poter raggiungere le popolazioni civili, le strutture mediche e i luoghi di rifugio non devono essere danneggiati e le risorse vitali come l'acqua e l'elettricita' non devono essere tagliate.
L'uccisione di altri civili non riportera' indietro quelli persi. La distruzione indiscriminata e l'assedio a danno di innocenti non porteranno sollievo, giustizia o calma.
Come persone che lavorano per promuovere i diritti umani e che credono nella sacralita' della vita, chiediamo con urgenza di porre fine a tutti i danni indiscriminati alle vite e alle infrastrutture civili.
Chiediamo che vengano intrapresi negoziati e tutte le azioni possibili per ottenere il rilascio degli ostaggi, dando la priorita' ai civili detenuti da Hamas. E' l'unica cosa umana e razionale da fare, e deve essere fatta ora.
Mothers Against Violence, Itach Ma'aki, Women Lawyers for Social Justice, Amnesty International Israel, BIMKOM, Planners for Planning Rights, B'Tselem, Gisha, The Association for Civil Rights in Israel, Public Committee Against Torture in Israel, Parents Against Child Detention, Hamoked - Center for the Defence of the Individual, Zazim - Community Action, Haqel - In Defense of Human Rights, Yesh Din, Yesh Gvul, Combatants for Peace, Mehazkim, Machsom Watch, Women Wage Peace, Akevot Institute for Israeli-Palestinian Conflict Research, Standing Together, Ir Amim, Emek Shaveh, The Parents Circle-Families Forum, Rabbis for Human Rights, Physicians for Human Rights–Israel, Breaking the Silence, Torat Tzedek
3. APPELLI. EMERGENCY E ALTRI: PER UN CESSATE IL FUOCO PERMANENTE E UNA SOLUZIONE POLITICA
[Riceviamo e diffondiamo]
La fragile tregua ottenuta per Gaza e' il frutto di una lunga mediazione internazionale, ma servono un cessate il fuoco permanente e una vera soluzione politica per una prospettiva concreta di pace e giustizia.
Il 7 ottobre Hamas ha ucciso e rapito civili inermi nelle loro case, per strada, a un festival sottraendoli alle loro famiglie. E' stato un attacco che ha colpito prevalentemente civili ebrei israeliani, tra cui bambini, anziani, attivisti storici per la pace e contro l'occupazione ma anche lavoratori migranti, palestinesi con passaporto israeliano o residenti in Israele. Sono seguite settimane di bombardamenti indiscriminati da parte del governo israeliano contro la popolazione di Gaza, con scuole ed ospedali divenuti cimiteri. Piu' di un milione di palestinesi e' stato costretto a lasciare le proprie case per dirigersi nel sud di Gaza, che non e' piu' un luogo sicuro.
Non ci sono corridoi umanitari adeguati, acqua, cibo, energia. In Cisgiordania e' cresciuta esponenzialmente la violenza da parte di coloni armati contro la popolazione civile palestinese.
Davanti a questi orrori, l'opinione pubblica internazionale in Europa si e' polarizzata, con il ritorno di gravissimi episodi di antisemitismo e islamofobia, riportandoci alla retorica dello scontro di civilta' che ha fatto danni enormi negli ultimi decenni.
La lotta contro l'antisemitismo non puo' essere ne' una mossa ipocrita per cancellare il retaggio del fascismo, ne' un'arma in piu' per reprimere il dissenso e alimentare xenofobia e pregiudizio antiarabo. Deve invece essere parte integrante della lotta contro ogni forma di razzismo.
Questa logica binaria - da una parte o dall'altra - e' la trappola a cui e' necessario sottrarsi in questo momento. Non si puo' cancellare l'orrore del 7 ottobre, ma si puo' fermare la strage a Gaza. Un crimine di guerra non ne cancella un altro: alimenta solo l'ingiustizia che prepara il terreno ad altra violenza.
Rivendichiamo il diritto e il dovere di guardare la guerra sempre dal punto di vista delle vittime, perche' sono loro l'unica certezza di ogni conflitto.
La protezione dei civili, senza distinzione di nazionalita', residenza o religione, e degli ospedali, deve essere il primo obiettivo di un'azione diplomatica della comunita' internazionale e delle forze della societa' civile.
Chiediamo la fine definitiva del massacro a Gaza, l'avvio di corridoi umanitari adeguati e la liberazione di tutti gli ostaggi. In Israele oltre mille palestinesi sono trattenuti in detenzione amministrativa, tra cui centinaia di minori, di cui chiediamo il rilascio. E' necessaria una soluzione politica a partire dalla fine del regime di apartheid e delle politiche di colonizzazione e di occupazione militare israeliane. Non potra' mai esserci sicurezza - per i palestinesi, per gli israeliani, per nessuno di noi - senza eguaglianza, diritti e liberta'.
Promotori: Emergency, Laboratorio ebraico antirazzista – LeA, Mediterranea e Assopace Palestina
Sottoscritto da tante altre associazioni, tra cui Amnesty International Italia, Arci, Libera, Gruppo Abele, AOI, Un Ponte per, Beati i costruttori di pace, Lunaria, Associazione SenzaConfine, Articolo 21... e per ora sono circa 4.000 quelli che hanno sottoscritto, tra questi 400 personalita' del mondo accademico, del mondo dello spettacolo, giornalisti e diplomatici, tra cui:
don Luigi Ciotti, Miguel Benasayag, Goffredo Fofi, Marco Damilano, Michele Serra, Pier Francesco Favino, Alessandro Bergonzoni, Carlo Ginzburg, Fiorella Mannoia, don Albino Bizzotto, Lisa Clark, Toni Servillo, Ferzan Ozpetek, Luca Zingaretti, Elio Germano, Ascanio Celestini, Greta Scarano, Fabrizio Gifuni, Sonia Bergamasco, Vittoria Puccini, Giorgio Diritti, Mario Martone, Alba Rohrwacher, Alice Rohrwacher, Saverio Costanzo, Caterina Guzzanti, Paola Cortellesi, Edoardo Winspeare, Enzo Traverso, Carlo Rovelli, Tommaso Di Francesco, Alessandro Gilioli, Francesca Fornario, Stefano Nazzi, Alberto Negri, Nico Piro, Andrea Capocci, Alessandro Calascibetta, Ali Rashid, Alessandro Robecchi, Giulia Blasi, Donald Sassoon, Loredana Lipperini, Annamaria Testa, Raffaele Alberto Ventura, Luciana Castellina, Nicola Lagioia, Sandro Veronesi, Christian Raimo, Maurizio Braucci, Teresa Ciabatti, Mario Ricciardi, Giorgia Serughetti, Marco Revelli, Alessandro Portelli e tantissimi altri...
Per l'elenco completo dei firmatari, individuali e collettivi, e per sottoscrivere al seguente sito: https://cessateilfuoco.org/
4. REPETITA IUVANT. ADESIONE POPOLARE ALLA DENUNCIA SULLA PRESENZA DI ARMI NUCLEARI IN ITALIA
[Riceviamo e diffondiamo. Andando sul sito www.peacelink.it o sul sito www.pressenza.com e' possibile attivare i link per accedere a ulteriori materiali e per sottoscrivere l'iniziativa]
Il prossimo passo della denuncia trasmessa alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma lo scorso 2 ottobre, riguardante la presenza delle armi nucleari in Italia e in attesa che si attivi la corrispondente inchiesta, riguarda l'adesione popolare a tale denuncia: parte oggi con una sottoscrizione popolare che si puo' realizzare online grazie alla piattaforma predisposta all'interno del sito di PeaceLink, storico portale telematico del pacifismo italiano.
Andando a questo indirizzo sara' possibile firmare la petizione di adesione di cui riportiamo il testo:
Ho appreso che in data 2 ottobre 2023 e' stata depositata alla Procura presso il Tribunale di Roma una denuncia per accertare la presenza di armi nucleari in Italia, verificarne la illegittimita' ed individuare i responsabili. Ho letto il testo e lo condivido. Approvo l'iniziativa alla quale vorrei partecipare. Non potendo piu' sottoscrivere la denuncia, ormai depositata, chiedo che questa mia lettera venga allegata agli atti del procedimento come segno di sostegno all'iniziativa.
In particolare mi sembrano significative le seguenti norme riportate nel testo della denuncia.
"In data 24 aprile 1975 l'Italia ha sottoscritto il Trattato di non Proliferazione Nucleare (TNP), trattato internazionale incentrato, in particolare su:
a) la c.d. "non proliferazione" del nucleare, in base alla quale gli Stati in possesso di armi nucleari (c.d. "Paesi nucleari") si impegnano a non trasferire armi di tale natura a quelli che ne sono privi (c.d. "Paesi non nucleari"), mentre questi ultimi si obbligano a non ricevere e/o acquisire il controllo diretto o indiretto di ordigni nucleari (artt. I, II, III);
b) il disarmo nucleare, che impone il ricorso a trattative finalizzate alla definitiva cessazione della prassi di armamento nucleare (art. VI).
Il diritto bellico internazionale vieta l'uso e la minaccia dell'uso delle armi nucleari in qualsiasi circostanza.
La L. 185/1990 vieta la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione di materiale di armamento senza l'autorizzazione dell'autorita' e, in ogni caso, di armi nucleari.
Ciononostante, la presenza di armi nucleari sul suolo nazionale puo' ormai considerarsi certa".
Sono consapevole della rilevanza politica dell'iniziativa giudiziaria. Credo, pero', fermamente nello Stato di diritto, nella ripartizione dei poteri e, soprattutto, nell'indipendenza della magistratura.
Sono certo che anche questa denuncia sara' valutata senza timori per le implicazioni politiche sottese.
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Informazioni sulla denuncia
La denuncia e' sottoscritta a livello individuale da 22 esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste: Abbasso la guerra, Donne e uomini contro la guerra, Associazione Papa Giovanni XXIII, Centro di documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, Tavola della Pace Friuli Venezia Giulia, Rete Diritti Accoglienza Solidarieta' Internazionale, Pax Christi, Pressenza, WILPF, Centro sociale 28 maggio, Coordinamento No Triv, e singoli cittadini. Alcune di queste associazioni condividono collettivamente i contenuti di questa iniziativa.
Il testo della denuncia e' visionabile cliccando su questo link.
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Aderisci:
Come persona
Come associazione
5. APPELLI. SOSTENIAMO NARGES MOHAMMADI E LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN. CHIEDIAMO LA LIBERAZIONE DELL'ATTIVISTA PREMIO NOBEL PER LA PACE E CHE SIANO ACCOLTE LE SUE RICHIESTE DI RISPETTO DEI DIRITTI UMANI
Sosteniamo Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, detenuta in Iran per la sua lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani e per l'abolizione della pena di morte.
Sosteniamo la lotta nonviolenta delle donne in Iran per la dignita' umana di tutti gli esseri umani.
Sia liberata Narges Mohammadi e tutte le prigioniere e tutti i prigionieri di coscienza, tutte le detenute e tutti i detenuti politici, tutte le persone innocenti perseguitate e sequestrate, in Iran come ovunque.
Cessi l'oppressione delle donne in Iran come ovunque nel mondo, siano rispettati i diritti umani di tutti gli esseri umani.
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Chiediamo al Parlamento e al governo italiano di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e alla Commissione Europea di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Segretario Generale e all'Assemblea Generale dell'Onu di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
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Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona, a tutti i movimenti democratici, a tutte le istituzioni sollecite del bene comune e della dignita' umana, a tutti i mezzi d'informazione impegnati per la verita' e la giustizia, d'impegnarsi a sostegno di Narges Mohammadi e delle donne iraniane.
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Donna, vita, liberta'.
6. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO: "PORTIAMO A COMPIMENTO L'INIZIATIVA DI DAVID SASSOLI PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER"
Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo, on. Roberta Metsola,
numerose personalita' della societa' civile e varie associazioni democratiche italiane hanno promosso l'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier".
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Qui di seguito il testo dell'appello.
Il 23 agosto 2021 David Sassoli, l'indimenticato Presidente del Parlamento Europeo che sarebbe deceduto pochi mesi dopo nel gennaio 2022, tenne una conferenza stampa in cui annuncio' il suo personale impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da quasi mezzo secolo prigioniero innocente.
L'iniziativa di David Sassoli si ricollegava idealmente a due precedenti importanti pronunciamenti del Parlamento Europeo, del 1994 e del 1999.
E si collegava anche al movimento che in Italia in quel momento riproponeva con forza l'esigenza e l'urgenza che Leonard Peltier venisse finalmente liberato.
In un suo tweet che accompagnava e sintetizzava la conferenza stampa del 23 agosto 2021 David Sassoli dichiarava, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
Lanciamo un appello a riprendere e portare a compimento quell'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier.
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Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
le saremmo assai grati se lei, che ha assunto l'incarico di Presidente del Parlamento Europeo succedendo all'on. Sassoli, volesse porsi a capo di questa iniziativa volta a richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
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Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
sicuramente lei ricorda che il Parlamento Europeo gia' in passato ripetutamente si espresse in tal senso nel 1994 e nel 1999.
E sicuramente lei sa che una Commissione giuridica ad hoc dell'ONU, dopo aver accuratamente riesaminato tutti gli atti processuali, lo scorso anno ha concluso i suoi lavori chiedendo la liberazione di Leonard Peltier.
E sicuramente lei sa anche che nel corso del tempo la liberazione di Leonard Peltier e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, da prestigiose organizzazioni umanitarie come Amnesty International, da innumerevoli istituzioni democratiche, da milioni - letteralmente milioni - di esseri umani di ogni parte del mondo, tra cui anche il magistrato che nel 1976 sostenne l'accusa contro di lui e che da anni e' impegnato per la sua liberazione (da allora ad oggi peraltro e' stato definitivamente dimostrato che le cosiddette "testimonianze" e le cosiddette "prove" contro Leonard Peltier erano false).
Come ha scritto nel suo appello l'indimenticato Presidente Sassoli, "I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
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Ringraziandola fin d'ora per l'attenzione ed auspicando un suo intervento, voglia gradire distinti saluti.
7. MAESTRI. DUE RICORDI DI PRIMO LEVI (1987 E 1998)
1. Primo, ricordare (1987)
[L'articolo seguente apparve originariamente su "A. Rivista anarchica" dell'agosto-settembre 1987]
E' mia profonda convinzione che tanta parte dei nuovi movimenti di liberazione, e particolarmente alcune esperienze che si sono contraddistinte per consapevolezza e impegno (come il movimento di psichiatria democratica) debbano molto a Primo Levi, e che in un confronto serrato con la sua opera possano e debbano trovare motivo, occasione e strumenti di ulteriore approfondimento della propria riflessione, di ulteriore radicalizzazione della propria prassi.
Perche' Primo Levi e' il militante e il testimone, il resistente, il disvelatore, l'uomo con cui tutti ci siamo identificati e nel profondo, e con dolore, e con orgoglio; il Primo Levi della deportazione e del lager, della memoria e della riflessione sul lager e la violenza che non finiscono; il Primo Levi di Se questo e' un uomo, La tregua, di alcuni racconti del Sistema periodico e di Lilit, di alcune poesie del magro e acuto canzoniere; il Primo Levi, infine, de I sommersi e i salvati. E' l'autore indimenticabile di opere ineludibili: sa poco del nostro tempo e della nostra condizione chi non le ha lette.
Ma vi sono anche altri aspetti dell'opera di Primo Levi di cui vogliamo parlare: del maestro cordiale, del pensatore rigoroso e onesto, dell'uomo "a cui molte cose vengono raccontate"; le varie sfaccettature, insomma, che contribuiscono a rendercene la pienezza, la dignita', la statura umana.
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Contro il dolore
La lotta contro il dolore, contro la violenza, e' uno dei punti focali dell'opera di Levi, e la sua visione del mondo ne e' la scaturigine al pari della sua vissuta esperienza.
Una visione del mondo laica, razionale e fraterna, materialistica; e' caratteristico di questa limpidezza di sguardo, un breve articolo, incluso ne L'altrui mestiere ed intitolato appunto "Contro il dolore", in cui Levi svolge alcune semplici e serene considerazioni in fraterna discussione con Enrico Chiavacci (teologo prestigioso ed uomo di pace, impegnato nei movimenti pacifisti e nonviolenti, autore di un libro come Teologia morale e vita economica, Cittadella, Assisi '86, che anch'io - materialista rigoroso - ho molto apprezzato) concludendo che "e' difficile compito di ogni uomo diminuire per quanto puo' la tremenda mole di questa 'sostanza' che inquina ogni vita, il dolore in tutte le sue forme; ed e' strano, ma bello, che a questo imperativo si giunga a partire da presupposti radicalmente diversi".
La laica tolleranza di Levi, e la maturita' del suo materialismo, emergono nitidi nell'intera sua opera, come emerge una visione del mondo che ripudia le illusioni e le mistificazioni, che lotta contro il male e fonda questa lotta su presupposti saldissimi perche' veritieri, non alienati, senza maschere e senza utopismi, ma anche senza disperazioni di maniera, con serena consapevolezza e con strazio profondo - tanto costa la dignita' umana -; sono memorabili quelle parole de La tregua (riprese anche nell'ultimo grande libro) sulla vergogna "che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volonta' buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa"; e ancora ne I sommersi e i salvati troviamo, ad esempio, che "e' compito dell'uomo giusto fare guerra ad ogni privilegio non meritato, ma non si deve dimenticare che questa e' una guerra senza fine".
Contro il dolore, contro l'inganno, contro l'oppressione, lungo una linea di resistenza che si snoda da Lucrezio (il grande poeta-filosofo, poeta-scienziato, "considerato pericoloso - scrive Levi - perche' cercava un'interpretazione puramente razionale della natura, perche' voleva liberare l'uomo dalla sofferenza e dalla paura, perche' si ribellava contro ogni superstizione, e descriveva con lucida poesia l'amore terrestre") all'illuminismo radicale, a Leopardi, a Marx; una linea di resistenza che propone agli uomini anche la ricerca di un parco edonismo, la sobrieta' di Epicuro: nell'"antologia personale" La ricerca delle radici (da cui abbiamo citato il giudizio su Lucrezio) Levi esemplifica questa posizione riportando con caldo consentimento un passo di Bertrand Russell.
E ancora, a definire questa visione del mondo, la weltanschauung materialista di Levi, concorrono appieno i quattro filoni di ricerca, i quattro itinerari che egli delinea con le sue letture nello schema che apre La ricerca delle radici: la salvazione del riso, l'uomo soffre ingiustamente, statura dell'uomo, la salvazione del capire.
La dialettica del raccontare e' un elemento saliente della consapevolezza di scrittore di Primo Levi.
Perche' raccontare e' in primo luogo testimonianza e comunicazione: comunicazione, che significa riconoscimento di umanita', dignita' dell'io e del tu, ascoltarti ed essere ascoltato, riconoscerti ed essere riconosciuto, e cosi' - in questo atto, in questa relazione - riconoscermi; e' un capitolo fortissimo de I sommersi e i salvati quello intitolato "Comunicare", e appunto dedicato a questo nodo estremo dell'esperienza del lager ("abbiamo avuto modo di capire bene, allora, che del grande continente della liberta' la liberta' di comunicare e' una provincia importante"). Ma si veda anche quello stupendo racconto che e' "Decodificazione", nel libro Lilit. Comunicazione, ma anche testimonianza; testimoniare cio' che non deve essere dimenticato, cio' che deve essere capito, cio' che deve essere riscattato dalla morte ulteriore dell'oblio, del misconoscimento, del disconoscimento; raccontare per dire la verita', per combattere la morte: per salvare, per quanto e' possibile, l'esistenza di Hurbinek "che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero", "Hurbinek, il senza-nome, il cui minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz; Hurbinek mori' ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie pagine" (La tregua, capitolo secondo).
Vi e' quindi un raccontare come dovere in Levi, ma anche un raccontare come passione, e come impulso; e' quello che definisce muovendo dalla figura dell'Ancient Mariner di Coleridge (non casualmente in epigrafe a I sommersi e i salvati), e nella bellissima poesia dedottane, "Il superstite" (raccolta in Ad ora incerta, libro che gia' nel titolo riprende questo decisivo motivo) dal memorabile incipit: "Since then, at an uncertain hour, / Dopo di allora, ad ora incerta, / Quella pena ritorna, / E se non trova chi lo ascolti / Gli brucia in petto il cuore". Raccontare anche per liberarsi del carico intollerabile d'angoscia, per sforzarsi di comunicare l'incomunicabile, cio' che fa gorgo nell'intimo, sapendo che al fondo il segreto orrore - l'orrido segreto -, l'enigma indicibile, resta insormontabile, eppure bisogna dire, bisogna che gli uomini sappiano; ed e' non solo missione civile ma anche disperata passione cio' che compulsa l'ultimo libro di Levi, e la sua intera opera (ed en passant vogliamo segnalare quell'incunabolo de I sommersi e i salvati che e' l'appendice del '76 all'edizione scolastica di Se questo e' un uomo).
Ma vi e' anche il piacere del raccontare: la vena fantastica e fantascientifica (sui generis), morale e umorale, di Levi, sgorga anche qui, nel gusto della fabulazione, nel piacere del conversare per cui si chiede agli amici "raccontami una storia" (e Levi lo fa esplicitamente ad esempio nel racconto "Argento" del Sistema periodico, ad esempio ne "L'anima e gli ingegneri" nella raccolta di Lilit; ed esemplare e' l'intero libro di duplice affabulazione orale La chiave a stella); vi e' nel raccontare un'amista', un rasserenamento, un dar forma umana - dar lingua - alla vita che sovente umana non e', che forma e armonia non ha; sintomatico di questo atteggiamento, tenero, ironico, e' ad esempio il capoverso in quarta di copertina dell'ultimo libro di racconti (Lilit), in cui presentando in breve le storie raccolte nel volume si conclude: "non ci sono, che io sappia, ne' messaggi ne' profezie fondamentali; se il lettore ce li trova, e' bonta' sua": e quel "bonta' sua" non e' forse proprio anche il cordiale invito al lettore a cooperare alla storia? A proseguire la conversazione? Raccontare e ascoltare e' un atto di amicizia, e' amicizia in atto.
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L'eredita' del lager
Noi siamo ad un tempo umani e non ancora umani, umani e gia' non piu' umani; cosi' ci lacera questo tempo di devastazioni. Di questa condizione degli uomini scissa, anfibia, Levi e' testimone e poeta grandissimo. Perche' in se' l'ha vissuta intensamente e per molteplici scomposizioni e crisi, infinite catene di contraddizioni e dialettiche; perche' tecnico e poeta, scienziato e scrittore, manipolatore di elementi chimici e di elementi linguistici, perche' testimone di una condizione di totale alterita' dall'umano, testimone del lager ("non uno degli eventi, ma l'evento mostruoso, forse irripetibile, della storia umana", parole di Bobbio che Levi cita nell'ultimo libro), perche' perseguitato.
Creatura ancipite in molti campi della sua attivita' e in molte situazioni della sua identita', e quindi testimone veritiero e profondo di situazioni scisse, nonche' felice - se il termine e' lecito - creatore di figure poetiche lacerate (si pensi ad esempio ai due racconti speculari di "Recuenco", in Vizio di forma), Levi ha elaborato anche efficaci, illuminanti metafore di questa condizione, riprendendo ad esempio la figura di Tiresia (ne La chiave a stella), o creando quel magnifico racconto che e' "Quaestio de Centauris" (in Storie naturali), o anche - a un livello gia' diverso, e ben addentro a una riflessione sulla letteratura che muove forse dal secondo Chisciotte - nel pur poco riuscito racconto "La ragazza del libro" (in Lilit).
Noi non siamo ancora nel regno della liberta', ed energie sempre piu' massicce ed alacri lavorano ad impedire che mai l'uomo possa realizzarsi, ne' si possa raggiungere la liberazione delle persone e dei popoli: l'eredita' del lager, Levi lo segnalava con forza incomparabile nell'ultimo e fondamentale libro, e' ancor oggi ben viva e operante. La testimonianza, la resistenza, la lotta sono l'eredita' che Primo Levi ci ha lasciato e che dobbiamo portare avanti. Non dobbiamo, non possiamo sottrarci a questo compito.
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2. Primo Levi, undici anni dopo (1998)
[Il testo seguente e' quello della relazione del responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo al convegno su "Primo Levi, testimone della dignita' umana" tenutosi a Bolsena il 15-16 maggio 1998]
"Ma la guerra e' finita, obiettai: e la pensavo finita, come molti in quei mesi di tregua, in un senso molto piu' universale di quanto si osi pensare oggi.
Guerra e' sempre, rispose memorabilmente Mordo Nahum".
(La tregua)
Undici anni sono trascorsi dalla scomparsa di Primo Levi.
Quando ci raggiunse la notizia della sua scomparsa, noi eravamo impegnati in una campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano, campagna alla quale Primo Levi aveva dato la sua adesione, la piu' autorevole fra tutte; ed in particolare eravamo impegnati nella preparazione di una manifestazione nazionale contro l'apartheid che poi si svolse il primo maggio a Viterbo con la partecipazione di illustri relatori, manifestazione alla quale avevamo chiesto a Primo Levi di intervenire.
Pochi giorni prima della sua scomparsa Primo Levi ci aveva comunicato telefonicamente che i suoi doveri familiari ed una non buona condizione di salute gli impedivano di spostarsi da Torino.
E' uno dei miei turbamenti, forse sciocchi, forse presuntuosi, da quando mi raggiunse la notizia della sua scomparsa, il rammarico di non avergli saputo dire in quell'ultima occasione quanto lui fosse importante per me e per noi, e quanta affezione - e lasciatemi dire la parola buffa: quanto amore, amore, si' - anch'io sentissi per lui, come tanti, come tutti quelli che nel corso del tempo lo avevano conosciuto uomo giusto, uomo buono.
Quel primo maggio aprimmo la manifestazione nazionale contro l'apartheid nel suo nome e nel suo ricordo, a farci scudo di lui ancora una volta, ad usare del suo nome e della sua opera ancora una volta come di una bandiera, di un grido di battaglia, di un giuramento di fedelta'.
E quasi ad adempiere un voto realizzammo il 25 luglio di quello stesso anno 1987 a Viterbo un convegno nazionale, il primo, intitolato a "Primo Levi, testimone della dignita' umana", convegno di cui, undici anni dopo, quello odierno che qui ci riunisce riprende il nome, il discorso, l'impegno.
A quel convegno presero parte tante persone a noi molto care, che vollero attestare il loro affetto per Primo Levi, lo sbigottito strazio per la sua morte, la fedelta' a quanto aveva insegnato.
Proprio in questi giorni riandando le stinte carte di undici anni fa constatavo tra quei nomi la presenza di alcune delle persone migliori che abbiamo avuto la fortuna di conoscere, e tra essi tanti che non sono piu' in vita.
Vorrei qui ricordare il professor Vittorio Emanuele Giuntella, che quel giorno a Viterbo ricordo' in Primo Levi non solo il testimone, lo studioso, il poeta, ma anche l'amico e il compagno. Il professor Vittorio Emanuele Giuntella, mio maestro di nonviolenza, scomparso anche lui qualche anno fa.
E vorrei ricordare padre Ernesto Balducci, che quel giorno a Viterbo lesse e interpreto' con tensione indicibile, con voce e movimento di profeta, una poesia di Primo Levi e quel gesto suo estremo, facendo rompere in singhiozzi e calde lacrime i presenti, come dicono accadesse agli ateniesi assistendo alla rappresentazione dei Persiani. Ed anche padre Balducci ci ha frattanto lasciato.
E' ancora tra noi invece Lello Perugia, compagno di Primo Levi ad Auschwitz e nel lungo ritorno, uno degli eroi omerici e primigeni de La tregua, che anche lui fu a Viterbo quel giorno, e che salutiamo augurandogli ogni bene ed una ancor lunga vita.
E per ricordare in un solo nome tutti gli altri che nel 1987 a quel convegno di omaggio a Primo Levi vollero associare la loro voce, diro' adesso di Rosanna Benzi, che di Primo Levi era stata teneramente amica, che dal polmone d'acciaio dell'ospedale di Genova in cui viveva volle dettarmi anche un suo contributo che tra le lacrime trascrissi. Anche Rosanna e' nel frattempo scomparsa. Anche di lei noi serbiamo memoria.
E dovrei dire di Giovanni Michelucci, dovrei dire di Alexander Langer, di Tullio Vinay, di Natalia Ginzburg, di Giuliano Naria, di Elio Filippo Accrocca, di tanti altri che vollero unirsi a quell'omaggio a Primo Levi, e che non sono piu' tra noi.
Oggi nuovamente tornando a ricordare Primo Levi, e con Primo Levi tutte le vittime del Lager e tutti coloro che lottarono e testimoniarono contro il fascismo e il genocidio, in questo ricordo vogliamo associare anche tutti coloro che Primo Levi amarono, che nel loro concreto agire vollero essere fedeli a quanto lui scrisse e opero', alla sua lotta per l'umana dignita'.
E non voglio dimenticare un affettuoso saluto e un vivo ringraziamento a Lucia Levi, che a nome della famiglia autorizzo' quel convegno del 1987 cosi' come questo che adesso si sta svolgendo.
E voglio dire altresi' la mia gratitudine per Giulio Vittorangeli che con tanta e tanto alacre tenacia ha voluto ed ha organizzato l'iniziativa che oggi ci riunisce qui a Bolsena.
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Su due argomenti vorrei ora richiamare la vostra attenzione.
Il primo consiste nel proporvi di leggere l'opera di Primo Levi anche come un classico del pensiero politico, di un pensiero politico all'altezza degli sconvolgimenti abissali e dei radicali interrogativi di questo secolo, in grado di indicarci criteri ed obiettivi per i nostri compiti nell'ora presente.
Il secondo consiste nel considerare ancora una volta alcune scaturigini ed implicazioni del raccontare, del pensiero poetante (oltre che indagatore, oltre che testimone) di Primo Levi, nelle sue molteplici dimensioni e valenze.
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Un classico del pensiero politico
Proponendo di leggere l'opera di Primo Levi non solo come un classico, cosa ormai ovvia per tutti gli studiosi, ma anche specificamente come un classico del pensiero politico, non mi nascondo di prestare il fianco al rischio di essere frainteso: quasi volessi piegarla, quell'opera grande, ad un uso improprio, o impoverirla a una sola delle sue dimensioni. Massime oggi che l'ideologia dominante percuote le menti con lo slogan ossessivo secondo cui la politica e' una cosa sporca e che tra persone dabbene non si fa politica (slogan che mi pare arieggi un punto di vista che era in gran voga nel ventennio, quando ogni pensiero era riprovevole, e la filosofia si faceva col manganello).
Io credo che l'opera di Primo Levi sia di straordinaria ricchezza, si presti a molte letture, apporti molteplici strumenti di conoscenza, e costituisca uno sguardo nel cuore degli uomini e del mondo di grande vivezza e penetrazione; e proprio per questo mi sono formato il convincimento della possibilita', della legittimita' di una lettura anche precisamente politica: che l'uso dell'opera di Primo Levi come chiave di lettura e guida per l'azione specificamente politica sia appunto un uso possibile e ammesso, e non un abuso; e che evidenziare questo ambito e questa interpretazione non solo non significhi sminuire, rendere "unidimensionale" quell'opera, ma precisamente evidenziare di essa un aspetto di grande fecondita'.
In particolare penso che cosi' come Se questo e' un uomo e' "un libro che reincontreremo al Giudizio Universale" (come ha scritto Claudio Magris) e costituisca una lettura obbligata per la conoscenza della storia di questo secolo, altresi' I sommersi e i salvati sia un'opera indispensabile per la formazione politica in senso forte (quindi morale e civile) di ogni persona che voglia lottare per la verita' e la giustizia.
In una ideale biblioteca minima del pensiero politico da salvare dal diluvio, credo che questi due libri di Primo Levi debbano esserci insieme a poco altro: La ginestra di Leopardi, l'Elogio della follia di Erasmo, Lucrezio, Qohelet, l'Antigone. Ma certo anche Cervantes, La vita e' sogno, Kafka...
E' l'opera di Levi un classico del pensiero politico, poiche' pone in termini da nessun altro indagati con tanta limpidezza e profondita', temi fondanti dell'essere e dell'agire, di etica e politica, come la verita', la memoria, la comunicazione, la responsabilita': con un nitore di linguaggio che quasi abbaglia, con una lucidita' di pensiero che toglie il fiato, con un rigore morale che non si placa giammai.
E' un'opera politica: ci pone di fronte al volto dell'altro, che ci interroga muto e chiama la nostra responsabilita' (qui penso, lo capite, alla capitale riflessione di Emmanuel Levinas); e' un'opera politica: pone al centro il "principio responsabilita'" (che cosi' efficacemente ha tematizzato Hans Jonas). E' quella di Primo Levi un'opera di riflessione politica di cui abbiamo assoluto bisogno per affrontare le questioni cruciali ed inaudite della torbida ora presente, dell'enigmatico e spaventoso futuro che ci si scaraventa addosso.
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La scrittura contro la morte
Primo Levi e' un grande scrittore, un grande narratore, un grande poeta. Il suo raccontare, la sua scrittura, assolve a funzioni molteplici, molti doni reca. Non e' mio compito oggi dar conto compiutamente di questo inesauribile tema, altri dira' piu' e meglio; io mi limito a proporvi un catalogo di argomenti su cui meditare: il racconto come terapia, come paradossale riduzione al dicibile, quindi all'umano, di cio' che e' inumano e quindi indicibile; il racconto come spazio dell'amicizia, come luogo dell'io e del tu, come reciproco riconoscersi nell'atto del dire e dell'ascoltare, riconoscersi eguali, fraterni; il racconto come sospensione ed insieme come reintegrazione del tempo (ergo il racconto come sconfitta di quel tempo vuoto e quell'ora apocalittica che fu il Lager); la scrittura come testimonianza, come comprensione, come memoria; la scrittura come compresenza dei vivi e dei morti (questo tema della compresenza lo desumiamo, e' ovvio, da Capitini); la scrittura come appello ed interrogazione, come affiorare del "volto dell'altro"; la lingua agita come legame e come ragionamento, come tradizione e progetto, come opera di chiarificazione e ricerca; la scrittura contro la morte (tema questo su cui lungamente medito' anche Elias Canetti).
Nell'opera di Primo Levi infiniti sono i luoghi in cui si riflette con luminosa profondita' sul parlare, il comunicare, il raccontare, lo scrivere; infinite sarebbero le citazioni possibili: ma una fra tutte, una per tutte qui diamo: quel passo de La tregua che evoca la figurina di Hurbinek "che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero", "Hurbinek, il senza-nome, il cui minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz; Hurbinek mori' ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie pagine".
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Undici anni fa Primo Levi ci ha lasciato.
Quando seppi che era scomparso, affiorò in me il ricordo di un episodio di Se questo e' un uomo, quello dell'impiccagione dell'Ultimo.
Narra Levi che il mese prima uno dei crematori di Birkenau era stato fatto saltare, e "l'uomo che morra' oggi davanti a noi ha preso parte in qualche modo alla rivolta". I nazisti lo traggono al patibolo; dinanzi ai deportati schierati, gli occhi a terra, rassegnati, l'uomo viene ucciso, ma trova ancora la forza di un grido: "tutti udirono il grido del morente - scrive Primo Levi -, esso penetro' le grosse antiche barriere di inerzia e di remissione, percosse il centro vivo dell'uomo in ciascuno di noi: 'Kameraden, ich bin der Letzte!' (Compagni, io sono l'ultimo!)".
Ma quell'ultimo non era l'ultimo in senso assoluto, perche' per fortuna nostra e del mondo altri continuarono la lotta, e il nazismo annientatore fu infine annientato; e proprio tra gli uomini muti a capo chino sul piazzale dell'appello dinanzi al patibolo anche uno ve n'era, lo Haeftling che recava tatuato sul braccio il numero 174517, che si era chiamato e che tornera' a chiamarsi Primo Levi, che sara' poi e per sempre finche' vi sara' una civilta' umana, finche' vi sara' una storia umana, il simbolo stesso della Resistenza contro l'inumano.
Ebbene, sia detto qui in tono solenne: Primo Levi certo conobbe e reco' dentro se' una sofferenza che neppure l'affetto grande dei familiari e degli amici poteva lenire; la sua benignita', la sua lucidita', il suo calore umano, la sua esattezza, finanche il suo humour, erano eretti su abissi di strazio indicibili. Ma Primo Levi non e' stato annichilito, non e' stato sconfitto. E il suo messaggio non e' restato inascoltato.
Dal Sud Africa al Chiapas altri uomini si sono levati; e se l'eredita' del nazismo appesta oggi ancora e di nuovo il mondo, contro di essa si erge l'eredita' di Primo Levi che chiama a resistere e a lottare; di questa eredita' di Primo Levi anche questo convegno - se le cose piccole e' lecito comparare alle grandi - e' un frutto e una testimonianza.
Vorrei concludere ora con le parole con le quali lo ricordai undici anni fa, all'indomani della scomparsa.
Nei momenti di smarrimento, di sfinimento, quando sembra che il male ingigantisca e prevalga, e le nostre forze inani, o schiantate, allora tutti noi ci siamo rifugiati tra le braccia di Primo Levi; dalla sua esistenza abbiamo tratto la coscienza e la forza di resistere, di lottare. Dinanzi al dolore del mondo, dinanzi all'eredita' malefica del nazismo, alla logica sterminista, ebbene, nella necessaria resistenza in lui abbiamo avuto una guida ed un sostegno; perche' per l'intera vita Primo Levi ha combattuto contro il male, contro la sopraffazione e la menzogna: ne restano testimonianza sconvolgente ed indimenticabile le sue opere.
Ora che non e' piu', vorremmo, e speriamo, che abbia conosciuto, a lenire l'immedicabile dolore del giusto, i sentimenti descritti nelle parole conclusive di quel memorabile dialogo leopardiano: "e anche in quell'ultimo tempo gli amici e i compagni ci conforteranno: e ci rallegrera' il pensiero che, poi che saremo spenti, essi molte volte ci ricorderanno, e ci ameranno ancora".
8. INIZIATIVE. UNA LETTERA A UN AMICO
Carissimo Giancarlo,
purtroppo mi e' impossibile essere presente all'iniziativa promossa a Viterbo da "L'altro circolo" in occasione della Giornata mondiale per la lotta contro l'aids.
Mi dispiace molto di non esserci, ma come sai ho un impegno che da anni ormai assorbe la quasi totalita' del mio tempo.
Ma almeno queste righe valgano a dirti il mio pieno apprezzamento e il mio pieno sostegno a questa iniziativa e all'intera attivita' de "L'altro circolo", la mia piena condivisione dell'impegno che ci accomuna in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto state facendo, oggi come ogni giorno.
Ti prego di estendere questo mio ringraziamento anche a Lukusa e a tutte le altre persone che insieme a te e a voi hanno promosso questa fondamentale iniziativa di coscientizzazione e di solidarieta'.
Un forte abbraccio,
Peppe
Vetralla, primo dicembre 2023
9. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Piergiorgio Odifreddi, Antonio Rocca, Carlo Toffalori, Giotto e la visione intuitiva, Le Scienze, Roma 2023, pp. 144, euro 12,90 (in supplemento a "Le Scienze").
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Riletture
- Agnes Heller, L'uomo del Rinascimento, La Nuova Italia, Firenze 1977, pp. VI + 686.
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Riedizioni
- Paolo Grillo, La falsa inimicizia. Guelfi e ghibellini nell'Italia del Duecento, Salerno, Roma 2018, Rcs, Milano 2023, pp. 176, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Classici
- Karl Marx, Il capitale, Utet, Torino 1974-1987, Mondadori, Milano 2009, 3 voll. per pp. 1116 + 682 + 1232. A cura di Aurelio Macchioro e Bruno Maffi.
- Karl Marx, Il capitale, Newton Compton, Roma 1970, 1996, pp. 1536. A cura di Eugenio Sbardella.
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5037 del 3 dicembre 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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