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[Nonviolenza] Telegrammi. 5033
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 5033
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Tue, 28 Nov 2023 14:44:39 +0100
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5033 del 29 novembre 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Alessandra Algostino: Sovranita' popolare non e' votare un capo (o una capa)
2. Il giorno dopo
3. Pasquale Pugliese: Se vuoi la pace prepara la pace, con l'educazione alla nonviolenza
4. Adesione popolare alla denuncia sulla presenza di armi nucleari in Italia
5. Sosteniamo Narges Mohammadi e la lotta delle donne in Iran
6. Severino Vardacampi: A costo di sembrare il solito grillo parlante...
7. Perche' occorre scrivere ora a Biden per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
8. Una lettera aperta alla Presidente del Parlamento Europeo: "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier"
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. L'ORA. ALESSANDRA ALGOSTINO: SOVRANITA' POPOLARE NON E' VOTARE UN CAPO (O UNA CAPA)
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 novembre 2023 riprendiamo e diffondiamo]
"Volete scegliere voi chi vi governera' o volete che siano i partiti?", cosi' Giorgia Meloni, evocando il referendum, semplifica quanto si legge nella Relazione che accompagna il disegno di legge costituzionale numero 935: "La proposta di legge mira a consolidare il principio democratico, valorizzando il ruolo del corpo elettorale nella determinazione dell'indirizzo politico della Nazione...".
Questo sara' uno dei fronti caldi della battaglia sulla riforma: nell'elezione diretta del premier convergono il sostrato identitario della destra e il fascino di un capo che decide, a cui affidarsi, quale buon pastore che cura ( e sorveglia), esorcizzando nella delega il disagio del presente e le paure del futuro. E' la weberiana "democrazia plebiscitaria", una democrazia "subordinata a un capo", dove la concentrazione istituzionale del potere si unisce al potere carismatico (che, come osserva Gramsci, esiste anche senza una grande personalita') e "si cela sotto la forma di una legittimita' derivante dalla volonta' dei sudditi", sudditi non cittadini.
Allora, occorre insistere sin d'ora sul senso della sovranita' popolare.
Il cuore della sovranita' popolare sta nella partecipazione "effettiva", che si pone ad un tempo come strumento e come obiettivo; e' una partecipazione che si intreccia con l'emancipazione, con l'autodeterminazione personale e collettiva, nel suo esistere plurale e conflittuale.
La sovranita' popolare non emana dal popolo ma "appartiene" al popolo: l'appartenenza rinvia ad un esercizio continuo e permanente.
Quando il voto e' finalizzato alla scelta del decisore e della sua maggioranza, la sovranita' popolare e' depotenziata, non rafforzata. E' il popolo di Rousseau che esaurisce la sua liberta' il giorno del voto e quindi e' schiavo per cinque anni; mentre, in un sistema a centralita' del Parlamento il rapporto rappresentati-rappresentanti, attraverso l'intermediazione dei partiti, mantiene vitale la partecipazione. Certo, perche' la rappresentanza non si riduca a finzione, partiti e parlamentari devono assumere una dose massiccia di ricostituenti, ma questa, insieme ad una societa' vivace, e' la via per una democrazia effettiva e plurale. La logica dell'elezione diretta, come del premio al 55% (senza soglie minime e sbarramento), neutralizza l'uguaglianza del voto, esclude i perdenti, in assonanza con l'esclusione sociale veicolata da competitivita' e meritocrazia, asfissia nella sua morsa il pluralismo; allargando lo sguardo, compare l'espulsione come cifra di lettura del mondo (Sassen).
La sovranita' popolare, ancora, si esercita "nelle forme e nei limiti della Costituzione", nell'orizzonte della limitazione del potere, attraverso equilibri e contropoteri, come piu' volte ricordato in queste pagine. Innestare maldestramente elementi parlamentari, come semplicemente nominare ruoli presidenziali svuotati, intorbidisce e confonde ma non smorza l'idea della scelta del capo che da' veste e potere al premierato di fatto.
Nella realta' sociale, e nel favore di molti, ci sono "il dominio, l'esistenza di capi" mentre "nella democrazia ideale non c'e' posto per una natura di capo" (Kelsen): nella terra di mezzo c'e' il conflitto, manifestazione dell'eterna lotta tra dominio ed emancipazione.
Ripartiamo, dunque, dalla sostanza della sovranita' popolare come partecipazione permanente e sostanziale: prepariamoci al referendum (oppositivo, non confermativo), alla resistenza costituzionale che ha animato le campagne referendarie nel 2006 e nel 2016 e vive, quotidianamente, nelle tante lotte e isole di insorgenza sociale disseminate sul territorio.
All'espropriazione della partecipazione attraverso la mistificazione dell'investitura del decisore, occorre opporre una partecipazione dal basso, antidoto contro ogni degenerazione autoritaria e imprescindibile terreno nel quale radicare una rappresentanza che non scada in rappresentazione e un Parlamento forte.
Non solo, nella scia delle riflessioni di Polanyi sulla corrispondenza fra capitalismo e autoritarismo, ricordiamo che le "criticita'... in campo economico e sociale" non sono - come si legge nella Relazione che precede il disegno di riforma costituzionale - imputabili a instabilita' dei governi e volatilita' delle maggioranze, ma alla stabilita' trasversale intorno all'agenda neoliberista.
E' ora di pensare ad attuare la Costituzione, tutta, perche' salvarne il disegno istituzionale non e' sufficiente senza concretizzarne il presupposto e l'obiettivo, la democrazia sociale, in coerenza con una sovranita' popolare che esige una partecipazione effettiva sul piano politico, sociale ed economico.
2. MEMENTO. IL GIORNO DOPO
I.
Il giorno dopo e' come il giorno prima
finita la festa si torna al lavoro
frusta tenaglie mazze chiodate
telefonini cingolati pasticche
altri stupri altre guerre altro sangue versato
il giorno dopo e' come il giorno prima
Torna all'usata vita il carnefice solerte
torna alla vita di sempre la vittima inerme
tutto e' un eterno ciclo di corsi e ricorsi
inclusa la conflagrazione che fa da cesura
incluso lo spargere sabbia sulle macchie di sangue
l'orco conosce la via del ritorno
II.
E invece tu non devi permettere
che tutto sia stato invano che nulla cambi
che torni lo scarpone a marcare la guancia
che tornino le bombe ad abbattere le case e i casigliani
che torni il fascista ad uccidere ancora
e ancora e ancora
Tu devi resistere ancora
e ancora e ancora e ancora una volta di piu'
ricordando i nomi di tutte le vittime
dicendo forte la verita' nascosta
ricostruendo i ponti e seminando ancora
e ancora e ancora e ancora tu devi resistere
III.
In questa lunga marcia tra deserti e abissi
tu salva le vite
in questo ghiacciato silenzio nel lago oscuro del cuore
tu salva le vite
in questo accampamento che domani il vento spazzera' via
tu salva le vite
Quante persone prima di te lo hanno fatto
e quante persone dopo di te lo faranno ancora
non vincera' il fascismo finche' tu resti fermo
non vincera' il fascismo finche' tu non ti arrendi
IV.
Tutto sara' dimenticato
e tutto sara' distrutto
lo abbiamo sempre saputo
Ma tu opponiti a ogni violenza
ma tu resisti ancora un'ora al male
ma tu non cedere al soffio della morte
Ogni vittime ha il volto di Abele
accudisci chi ha bisogno di aiuto
opponi il tuo braccio a tutti gli uccisori
salvare le vite e' il primo dovere
Agisci affinche' possano vivere tutte le persone
non vi e' sventura piu' grande della morte
reca il tuo soccorso a chiunque geme
questo tempo sara' comunque breve
3. RIFLESSIONE. PASQUALE PUGLIESE: SE VUOI LA PACE PREPARA LA PACE, CON L'EDUCAZIONE ALLA NONVIOLENZA
[Riceviamo e diffondiamo la seguente relazione al webinar del Movimento di Cooperazione Educativa su Il diritto alla pace per l'infanzia e l'adolescenza del 20 novembre 2023, pubblicato su Territori educativi]
Le guerre che da due anni irrompono nei mezzi di informazione, entrando nelle nostre case e sui dispositivi mobili di ragazzi e adolescenti, non sono solo una tragedia in se', ma hanno un portato di esplosione bellicista - "isteria di guerra", la chiama Edgar Morin - che sta dilagando sui media e nel discorso pubblico come non accadeva da almeno vent'anni, ossia dalle famigerate aggressioni militari in Afghanistan ed in Iraq seguite all'attacco terrorista alle Torri gemelle di New York. E il bellicismo - a sua volta - rilancia l'immaginario della guerra come unico strumento di "risoluzione delle controversie internazionali" che e' esattamente il ripudio di quanto prevede la Costituzione italiana, oltre che la Carta delle Nazioni Unite.
La guerra, cioe' la violenza agita nei conflitti internazionali e' al vertice di un sistema di violenza - come insegna Johan Galtung - alla cui base stanno dimensioni piu' profonde, senza le quali sarebbe impossibile esercitarla:
- la violenza strutturale, ossia i mezzi e gli strumenti che rendono possibile la guerra, come le enormi spese militari (SIPRI: 2240 miliardi di euro nel solo 2022, sottratti agli investimenti civili, educativi, sociali), gli eserciti e le armi sempre piu' potenti, fino alle armi atomiche, rispetto alle quali gli scienziati nucleari ci dicono che siamo metaforicamente a soli 90'' dalla mezzanotte nucleare nell'orologio dell'Apocalisse;
- la violenza culturale, cioe' i dispositivi mediatici e culturali che legittimano e rendono accettabile tanto la preparazione della guerra quanto la guerra stessa. Si tratta sostanzialmente dell'apparato che possiamo definire - in senso lato - di "propaganda di guerra", rispetto all'alimentazione del quale i contesti formativi hanno una importante responsabilita' (non a caso c'e' un interesse crescente delle forze armate ad entrare nelle scuole).
La propaganda di guerra e' un dispositivo che si sviluppa attraverso due fasi: la prima in servizio permanente effettivo, la seconda scatta in prossimita' e durante le guerre nelle quali c'e' un coinvolgimento diretto o indiretto:
Prima fase e' la manutenzione ideologica dell'antico adagio Si vis pacem para bellum (se vuoi la pace prepara la guerra): il compito della propaganda di guerra e' ammantare di credibilita' questo principio fondato sul pensiero magico e irrazionale. Magico perche' contraddetto da tutte le verifiche storiche (nessuna guerra risolve i conflitti, ma prepara i successivi con armi piu' potenti); irrazionale perche' con tutto quello che si spende per preparare le guerre, esse dovrebbero essere estinte da un pezzo, invece dilagano ovunque (170 conflitti armati in corso: Conflict data programm dell'Universita' di Uppsala; Terza guerra mondiale a pezzetti: papa Francesco; Guerra Grande in Terrasanta: Limes, novembre 2023). Eppure e' un principio ancora ribadito ossessivamente, esplicitamente o implicitamente, che drena crescenti risorse per la preparazione della guerra.
Quando poi alla violenza diretta della guerra si arriva davvero scatta la seconda fase della propaganda di guerra, che si somma alla precedente, attraverso veri e propri principi ormai consolidati in un dispositivo propagandistico propriamente detto, antico quanto la guerra stessa, codificato da Arthur Ponsonby, politico pacifista inglese, dopo la prima guerra mondiale, analizzando gli inganni messi in atto dalla propaganda di tutte del parti in conflitto e confermato dalla storica Anne Morelli che ne ha fatto una verifica alla luce delle guerre successive, fino all'aggressione militare Usa dell'Iraq del 2003 (Principi elementari della propaganda di guerra, 2005).
La violenza culturale, per un verso, apre una contraddizione etica tra la risoluzione dei conflitti interpersonali e quella dei conflitti internazionali e, per altro verso, mette in gioco il ruolo dei contesti formativi, che possono rafforzare o sanare la contraddizione tra il modo di affrontare le due tipologie di conflitto. Ossia possono riprodurre il dispositivo ideologico della violenza culturale oppure de-costruirlo e costruire, in alternativa, una cultura di pace fondata sulla nonviolenza e sul principio piu' razionale: se vuoi la pace prepara la pace. Vediamo.
Nonostante il dolore e l'indignazione per l'ennesimo femminicidio che si e' consumato in questo giorni, non possiamo non riconoscere che il fatto che i conflitti interpersonali non si risolvano con la violenza, ossia con la soppressione dell'altro, sul piano delle relazioni tra le persone appare - tutto sommato, nonostante le apparenze sembrano dire il contrario - un apprendimento in via di progressiva e consolidata acquisizione, almeno nel nostro Paese. E' il dato evidenziato dal calo costante degli omicidi (che comprendono i femminicidi) dagli anni '90 del '900 ai giorni nostri, registrato anno dopo anno dal Ministero degli Interni: nel 1991 gli omicidi volontari in Italia hanno raggiunto il picco di quasi 2.000 in un anno, mentre trent'anni dopo, nel 2022 se ne sono registrati circa 300; analogo calo hanno subito tutti i reati violenti. Nonostante le periodiche campagne politico-mediatiche sui cosiddetti "allarmi sicurezza", i dati sostanzialmente dicono che i sistemi educativo, giudiziario e culturale che, complessivamente e concordemente, mirano ad estirpare la violenza dai rapporti interpersonali - pur in assenza di intenzionali percorsi di educazione alla nonviolenza - stanno, pian piano, raggiungendo progressivamente il loro effetto, facendo del nostro Paese uno dei piu' sicuri al mondo.
Al contrario c'e' una censura culturale rispetto alla possibilita' della soluzione nonviolenta anche dei conflitti internazionali, come da indicazioni costituzionali, rispetto ai quali la violenza della guerra - pur diversamente aggettivata - rimane invece sostanzialmente l'unica opzione in campo, sempre piu' promossa, propagandata e finanziata. Con un effetto di grave dissociazione culturale tra ciò che e' interdetto, censurato e punito nelle relazioni interpersonali e cio' che, invece, e' ammesso ed anzi costantemente preparato e giustificato nelle relazioni internazionali. Si tratta del meccanismo, ampiamente studiato, di "etificazione della violenza" quando e' lo Stato, non a sanzionarla, ma a volerla e promuoverla. La "violenza etica" - come la definisce la filosofa Judith Butlter - consiste nella capacita' di convincere i cittadini, ai quali viene spiegato fin da bambini che la violenza e' una modalita' sbagliata di rapportarsi all'altro che - al contrario - in certe condizioni, e' legittimo uccidere l'Altro, per perseguire la difesa di un bene superiore, di volta in volta indicato dai governi. La "violenza etica" ribalta, dunque, i principi fondamentali di convivenza civile dei quali, in caso di guerra, si pretende l'immediato dis-apprendimento e i cittadini sono spinti ad esercitare (o sostenere a distanza) una violenza, cosi' legittimata, nei confronti del nemico designato. Il loro rifiuto a combattere e' sanzionato, come avviene, per esempio agli obiettori di coscienza in Russia, in Ucraina, in Israele. Ma anche il solo dirsi pacifisti e' considerato simpatia per il nemico, come accade in Italia. Dice Charlie Chaplin in Monsieur Verdoux "Un omicidio e' delinquenza, un milione e' eroismo. Il numero legalizza, mio caro amico".
Qual e' dunque il ruolo della scuola, in quanto principale contesto educativo e palestra di convivenza civile, per costruire intenzionalmente e continuativamente una solida cultura di pace, anche all'interno del processo contrario di "etificazione" della violenza? E' un ruolo duplice, che puo' essere svolto sia nell'immediato rispetto ai conflitti bellici in corso, per aiutare gli studenti a decodificare e contestualizzare le informazioni nello spazio e nel tempo, che sul lungo periodo per promuovere l'apprendimento di elementi di teoria e pratica della nonviolenza in modalita' transdisciplinare, ossia trasversale ai diversi insegnamenti.
Di fronte alla narrazione mediatica delle guerre in corso, il principale ruolo della scuola e' quello di fornire chiavi di lettura per interpretare la massa di informazioni che vengono quotidianamente rovesciate addosso a tutti, anche ai piu' giovani. Si tratta di fare esercizio di "ecologia della mente" per consentire la visione piu' ampia e prospettica possibile della realta', a supporto della capacita' di contestualizzare ed esercitare pensiero critico. Ossia pensiero non militarizzato che possa esercitarsi nella ricerca delle cause e delle soluzioni non catastrofiche sia rispetto ai conflitti armati tra Russia e Ucraina e tra Israele e Palestina, sia rispetto a tutti gli altri nel resto del mondo, rimossi dai radar dell'informazione. Per poterne comprendere la portata, le implicazioni e, quindi, le possibili vie d'uscita non sono sufficienti le istantanee - ossia la cronaca giornalistica di cio' che avviene giorno per giorno sul terreno - ma e' necessario andare in profondita' nel tempo e allargare lo sguardo nello spazio. Non si puo' comprendere nessun conflitto se non se ne conoscono la storia e i meccanismi di escalation, al di sotto della soglia di visibilita', che lo hanno portato fino all'esplosione manifesta, oggi visibile a tutti.
Un secondo ruolo della scuola, piu' essenziale del precedente sul lungo periodo, riguarda l'impegno consapevole per realizzare quel necessario salto di civilta' volto a mettere la violenza e la guerra tra i ferrivecchi, inutilizzabili, della storia. E' una impresa culturale radicale, che va alle radici degli habitus mentali consolidati, che, ormai, non puo' piu' attendere, perche' - come scriveva don Lorenzo Milani ai giudici del suo processo per apologia di reato (proprio per aver difeso gli obiettori di coscienza al servizio militare in galera) - "la scuola siede tra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. E' l'arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare il loro senso della legalita', dall'altro la volonta' di leggi migliori cioe' il senso politico". Per fare questo, e' necessario, per un verso, coltivare solidi anticorpi capaci di resistere alla propaganda di guerra e, per altro verso, coltivare l'immaginazione, cioe' la capacita' di prefigurare un'altra storia possibile, senza guerre e strumenti che la preparino.
Ecco, solo per titoli, alcuni degli elementi costitutivi, trasversali ai diversi insegnamenti, di una possibile educazione nonviolenta:
1) Educare alla complessita'
2) Educare al pensiero critico, uscire dal pensiero magico
3) Educare alla responsabilita'
4) Educare all'empowerment
5) Educare a considerare e trattare l'altro sempre come un fine e mai come un mezzo
6) Educare al disarmo
7) Educare all'umanizzazione dell'avversario
8) Educare alla trasformazione nonviolenta dei conflitti
9) Rileggere gli insegnamenti curricolari anche in ottica nonviolenta, a cominciare dalla storia
10) Formare personalita' nonviolente che possano prendersi cura del mondo e dell'umanita'
Si tratta, complessivamente, di prendere sul serio l'incipit dell'Atto costitutivo dell'Unesco: "Poiche' le guerre hanno inizio nella mente degli uomini e' nella mente degli uomini che bisogna costruire le difese della pace". Naturalmente, bisognerebbe analizzare questi elementi uno per uno per comprenderne fino in fondo le implicazioni, la generativita', l'applicabilita', ma qui si aprirebbe un'altra relazione (intanto ne segnalo un primo approfondimento all'interno del volume Disarmare il virus della violenza).
4. REPETITA IUVANT. ADESIONE POPOLARE ALLA DENUNCIA SULLA PRESENZA DI ARMI NUCLEARI IN ITALIA
[Riceviamo e diffondiamo. Andando sul sito www.peacelink.it o sul sito www.pressenza.com e' possibile attivare i link per accedere a ulteriori materiali e per sottoscrivere l'iniziativa]
Il prossimo passo della denuncia trasmessa alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma lo scorso 2 ottobre, riguardante la presenza delle armi nucleari in Italia e in attesa che si attivi la corrispondente inchiesta, riguarda l'adesione popolare a tale denuncia: parte oggi con una sottoscrizione popolare che si puo' realizzare online grazie alla piattaforma predisposta all'interno del sito di PeaceLink, storico portale telematico del pacifismo italiano.
Andando a questo indirizzo sara' possibile firmare la petizione di adesione di cui riportiamo il testo:
Ho appreso che in data 2 ottobre 2023 e' stata depositata alla Procura presso il Tribunale di Roma una denuncia per accertare la presenza di armi nucleari in Italia, verificarne la illegittimita' ed individuare i responsabili. Ho letto il testo e lo condivido. Approvo l'iniziativa alla quale vorrei partecipare. Non potendo piu' sottoscrivere la denuncia, ormai depositata, chiedo che questa mia lettera venga allegata agli atti del procedimento come segno di sostegno all'iniziativa.
In particolare mi sembrano significative le seguenti norme riportate nel testo della denuncia.
"In data 24 aprile 1975 l'Italia ha sottoscritto il Trattato di non Proliferazione Nucleare (TNP), trattato internazionale incentrato, in particolare su:
a) la c.d. "non proliferazione" del nucleare, in base alla quale gli Stati in possesso di armi nucleari (c.d. "Paesi nucleari") si impegnano a non trasferire armi di tale natura a quelli che ne sono privi (c.d. "Paesi non nucleari"), mentre questi ultimi si obbligano a non ricevere e/o acquisire il controllo diretto o indiretto di ordigni nucleari (artt. I, II, III);
b) il disarmo nucleare, che impone il ricorso a trattative finalizzate alla definitiva cessazione della prassi di armamento nucleare (art. VI).
Il diritto bellico internazionale vieta l'uso e la minaccia dell'uso delle armi nucleari in qualsiasi circostanza.
La L. 185/1990 vieta la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione di materiale di armamento senza l'autorizzazione dell'autorita' e, in ogni caso, di armi nucleari.
Ciononostante, la presenza di armi nucleari sul suolo nazionale puo' ormai considerarsi certa".
Sono consapevole della rilevanza politica dell'iniziativa giudiziaria. Credo, pero', fermamente nello Stato di diritto, nella ripartizione dei poteri e, soprattutto, nell'indipendenza della magistratura.
Sono certo che anche questa denuncia sara' valutata senza timori per le implicazioni politiche sottese.
*
Informazioni sulla denuncia
La denuncia e' sottoscritta a livello individuale da 22 esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste: Abbasso la guerra, Donne e uomini contro la guerra, Associazione Papa Giovanni XXIII, Centro di documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, Tavola della Pace Friuli Venezia Giulia, Rete Diritti Accoglienza Solidarieta' Internazionale, Pax Christi, Pressenza, WILPF, Centro sociale 28 maggio, Coordinamento No Triv, e singoli cittadini. Alcune di queste associazioni condividono collettivamente i contenuti di questa iniziativa.
Il testo della denuncia e' visionabile cliccando su questo link.
*
Aderisci:
Come persona
Come associazione
5. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO NARGES MOHAMMADI E LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN
Donna, vita, liberta'.
Sosteniamo Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, detenuta in Iran per la sua lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani.
Sosteniamo la lotta nonviolenta delle donne in Iran per la dignita' umana di tutti gli esseri umani.
Donna, vita, liberta'.
Sia liberata Narges Mohammadi e tutte le prigioniere e tutti i prigionieri di coscienza, tutte le detenute e tutti i detenuti politici, tutte le persone innocenti perseguitate e sequestrate, in Iran come ovunque.
Cessi l'oppressione delle donne in Iran come ovunque nel mondo, siano rispettati i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Donna, vita, liberta'.
6. REPETITA IUVANT. SEVERINO VARDACAMPI: A COSTO DI SEMBRARE IL SOLITO GRILLO PARLANTE...
Ci sono alcune cose che vanno pur dette, e allora diciamole.
*
Ogni manifestazione a favore dell'esistenza dello stato di Israele che non s'impegni anche per la nascita dello stato di Palestina rischia di essere inutile.
Ogni manifestazione a sostegno del popolo palestinese che non s'impegni anche a sostegno del popolo ebraico rischia di essere inutile.
Ogni manifestazione che condanni le stragi commesse da un'organizzazione terrorista e non quelle commesse da uno stato e' peggio che inutile.
Ogni manifestazione che condanni le stragi commesse da uno stato e non quelle commesse da un'organizzazione terrorista e' peggio che inutile.
*
Sia il popolo palestinese che il popolo ebraico sono realmente minacciati di genocidio.
E' compito dell'umanita' intera impedire questi genocidi, tutti i genocidi.
Per impedire il genocidio del popolo ebraico e' indispensabile l'esistenza dello stato di Israele.
Per immpedire il genocidio del popolo palestinese e' indispensabile l'esistenza dello stato di Palestina.
*
Allo stato di Israele chiediamo:
1. di cessare la guerra a Gaza e il sostegno alle violenze dei coloni in Cisgiordania.
2. di cessare di occupare i territori palestinesi e di riconoscere l'esistenza dello stato di Palestina nei territori della Cisgiordania e di Gaza devolvendo immediatamente tutte le funzioni giurisdizionali ed amministrative e le risorse relative all'Autorita' Nazionale Palestinese - intesa come governo provvisorio dello stato di Palestina fino alle elezioni democratiche -.
3. di sgomberare immediatamente le illegali colonie nei territori occupati, restituendo quelle aree al popolo palestinese.
4. di concordare con l'Autorita' Nazionale Palestinese l'avvio di tutti i negoziati necessari per risolvere le molte questioni da affrontare come due stati sovrani in condizioni di parita'.
5. di essere una piena democrazia abrogando ogni misura legislativa ed amministrativa di discriminazione razzista.
*
All'Autorita' Nazionale Palestinese chiediamo:
1. di assumere immediatamente il governo della Striscia di Gaza.
2. di adoperarsi ivi per l'immediata liberazione di tutte le persone rapite da Hamas.
3. di organizzare lo stato di Palestina indipendente e democratico.
4. di concordare con lo stato di Israele l'avvio di tutti i negoziati necessari per risolvere le molte questioni da affrontare come due stati sovrani in condizioni di parita'.
5. di adoperarsi affinche' nessuno stato arabo o musulmano possa piu' proseguire in una politica antisraeliana ed antiebraica prendendo abusivamente a pretesto la causa palestinese.
*
All'Onu chiediamo:
1. un piano straordinario di aiuti per la Palestina.
2. una deliberazione dell'Assemblea Generale che riconoscendo i due stati di Israele e di Palestina vincoli tutti gli stati membri delle Nazioni Unite a cessare ogni politica di negazione dello stato di Israele, ogni politica di persecuzione antiebraica.
*
Agli stati ed agli organismi politici sovranazionali d'Europa (l'Europa che e' il continente in cui si sono realizzati la bimillenaria persecuzione antiebraica e l'orrore assoluto della Shoah; l'Europa che e' il continente i cui principali stati hanno oppresso i popoli del resto del mondo con il razzismo, il colonialismo, l'imperialismo fin genocida) chiediamo:
1. di risarcire adeguatamente sia lo stato di Israele che lo stato di Palestina per le sofferenze inflitte ai loro popoli sia direttamente che indirettamente.
2. di contrastare il fascismo e il razzismo, l'antisemitismo e l'islamofobia, tutte le ideologie di odio e le organizzazioni che le praticano e le diffondono, e tutti i crimini conseguenti.
*
Fermare la guerra.
Fermare le stragi.
Restituire la liberta' a tutte le persone che ne sono state private.
Riconoscere e proteggere tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Salvare le vite e' il primo dovere.
7. APPELLI. PERCHE' OCCORRE SCRIVERE ORA A BIDEN PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
Perche' tra un anno negli Stati Uniti d'America ci saranno le elezioni presidenziali.
Ed e' abitudine dei presidenti al termine del mandato di concedere la grazia ad alcune persone detenute.
Quindi e' in questi mesi che Biden decidera' in merito.
E quindi e' adesso che occorre persuaderlo a restituire la liberta' a Leonard Peltier.
*
Di seguito le indicazioni dettagliate per scrivere alla Casa Bianca e una proposta di testo in inglese
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.
8. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO: "PORTIAMO A COMPIMENTO L'INIZIATIVA DI DAVID SASSOLI PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER"
Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo, on. Roberta Metsola,
numerose personalita' della societa' civile e varie associazioni democratiche italiane hanno promosso l'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier".
*
Qui di seguito il testo dell'appello.
Il 23 agosto 2021 David Sassoli, l'indimenticato Presidente del Parlamento Europeo che sarebbe deceduto pochi mesi dopo nel gennaio 2022, tenne una conferenza stampa in cui annuncio' il suo personale impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da quasi mezzo secolo prigioniero innocente.
L'iniziativa di David Sassoli si ricollegava idealmente a due precedenti importanti pronunciamenti del Parlamento Europeo, del 1994 e del 1999.
E si collegava anche al movimento che in Italia in quel momento riproponeva con forza l'esigenza e l'urgenza che Leonard Peltier venisse finalmente liberato.
In un suo tweet che accompagnava e sintetizzava la conferenza stampa del 23 agosto 2021 David Sassoli dichiarava, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
Lanciamo un appello a riprendere e portare a compimento quell'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier.
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Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
le saremmo assai grati se lei, che ha assunto l'incarico di Presidente del Parlamento Europeo succedendo all'on. Sassoli, volesse porsi a capo di questa iniziativa volta a richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
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Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
sicuramente lei ricorda che il Parlamento Europeo gia' in passato ripetutamente si espresse in tal senso nel 1994 e nel 1999.
E sicuramente lei sa che una Commissione giuridica ad hoc dell'ONU, dopo aver accuratamente riesaminato tutti gli atti processuali, lo scorso anno ha concluso i suoi lavori chiedendo la liberazione di Leonard Peltier.
E sicuramente lei sa anche che nel corso del tempo la liberazione di Leonard Peltier e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, da prestigiose organizzazioni umanitarie come Amnesty International, da innumerevoli istituzioni democratiche, da milioni - letteralmente milioni - di esseri umani di ogni parte del mondo, tra cui anche il magistrato che nel 1976 sostenne l'accusa contro di lui e che da anni e' impegnato per la sua liberazione (da allora ad oggi peraltro e' stato definitivamente dimostrato che le cosiddette "testimonianze" e le cosiddette "prove" contro Leonard Peltier erano false).
Come ha scritto nel suo appello l'indimenticato Presidente Sassoli, "I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
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Ringraziandola fin d'ora per l'attenzione ed auspicando un suo intervento, voglia gradire distinti saluti.
9. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Aaron Pettinari, La 'ndrangheta stragista, Rcs, Milano 2023, pp. 160, euro 5,99.
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Riletture
- Arundhati Roy, Il dio delle piccole cose, Guanda, Parma 1997, Superpocket, Milano 2000, pp. 362.
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Riedizioni
- Albert Einstein, Leopold Infeld, L'evoluzione della fisica, Bollati Boringhieri, Torino 1965, 2011, Rcs, Milano 2023, pp. 288, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5033 del 29 novembre 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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Numero 5033 del 29 novembre 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Alessandra Algostino: Sovranita' popolare non e' votare un capo (o una capa)
2. Il giorno dopo
3. Pasquale Pugliese: Se vuoi la pace prepara la pace, con l'educazione alla nonviolenza
4. Adesione popolare alla denuncia sulla presenza di armi nucleari in Italia
5. Sosteniamo Narges Mohammadi e la lotta delle donne in Iran
6. Severino Vardacampi: A costo di sembrare il solito grillo parlante...
7. Perche' occorre scrivere ora a Biden per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
8. Una lettera aperta alla Presidente del Parlamento Europeo: "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier"
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. L'ORA. ALESSANDRA ALGOSTINO: SOVRANITA' POPOLARE NON E' VOTARE UN CAPO (O UNA CAPA)
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 novembre 2023 riprendiamo e diffondiamo]
"Volete scegliere voi chi vi governera' o volete che siano i partiti?", cosi' Giorgia Meloni, evocando il referendum, semplifica quanto si legge nella Relazione che accompagna il disegno di legge costituzionale numero 935: "La proposta di legge mira a consolidare il principio democratico, valorizzando il ruolo del corpo elettorale nella determinazione dell'indirizzo politico della Nazione...".
Questo sara' uno dei fronti caldi della battaglia sulla riforma: nell'elezione diretta del premier convergono il sostrato identitario della destra e il fascino di un capo che decide, a cui affidarsi, quale buon pastore che cura ( e sorveglia), esorcizzando nella delega il disagio del presente e le paure del futuro. E' la weberiana "democrazia plebiscitaria", una democrazia "subordinata a un capo", dove la concentrazione istituzionale del potere si unisce al potere carismatico (che, come osserva Gramsci, esiste anche senza una grande personalita') e "si cela sotto la forma di una legittimita' derivante dalla volonta' dei sudditi", sudditi non cittadini.
Allora, occorre insistere sin d'ora sul senso della sovranita' popolare.
Il cuore della sovranita' popolare sta nella partecipazione "effettiva", che si pone ad un tempo come strumento e come obiettivo; e' una partecipazione che si intreccia con l'emancipazione, con l'autodeterminazione personale e collettiva, nel suo esistere plurale e conflittuale.
La sovranita' popolare non emana dal popolo ma "appartiene" al popolo: l'appartenenza rinvia ad un esercizio continuo e permanente.
Quando il voto e' finalizzato alla scelta del decisore e della sua maggioranza, la sovranita' popolare e' depotenziata, non rafforzata. E' il popolo di Rousseau che esaurisce la sua liberta' il giorno del voto e quindi e' schiavo per cinque anni; mentre, in un sistema a centralita' del Parlamento il rapporto rappresentati-rappresentanti, attraverso l'intermediazione dei partiti, mantiene vitale la partecipazione. Certo, perche' la rappresentanza non si riduca a finzione, partiti e parlamentari devono assumere una dose massiccia di ricostituenti, ma questa, insieme ad una societa' vivace, e' la via per una democrazia effettiva e plurale. La logica dell'elezione diretta, come del premio al 55% (senza soglie minime e sbarramento), neutralizza l'uguaglianza del voto, esclude i perdenti, in assonanza con l'esclusione sociale veicolata da competitivita' e meritocrazia, asfissia nella sua morsa il pluralismo; allargando lo sguardo, compare l'espulsione come cifra di lettura del mondo (Sassen).
La sovranita' popolare, ancora, si esercita "nelle forme e nei limiti della Costituzione", nell'orizzonte della limitazione del potere, attraverso equilibri e contropoteri, come piu' volte ricordato in queste pagine. Innestare maldestramente elementi parlamentari, come semplicemente nominare ruoli presidenziali svuotati, intorbidisce e confonde ma non smorza l'idea della scelta del capo che da' veste e potere al premierato di fatto.
Nella realta' sociale, e nel favore di molti, ci sono "il dominio, l'esistenza di capi" mentre "nella democrazia ideale non c'e' posto per una natura di capo" (Kelsen): nella terra di mezzo c'e' il conflitto, manifestazione dell'eterna lotta tra dominio ed emancipazione.
Ripartiamo, dunque, dalla sostanza della sovranita' popolare come partecipazione permanente e sostanziale: prepariamoci al referendum (oppositivo, non confermativo), alla resistenza costituzionale che ha animato le campagne referendarie nel 2006 e nel 2016 e vive, quotidianamente, nelle tante lotte e isole di insorgenza sociale disseminate sul territorio.
All'espropriazione della partecipazione attraverso la mistificazione dell'investitura del decisore, occorre opporre una partecipazione dal basso, antidoto contro ogni degenerazione autoritaria e imprescindibile terreno nel quale radicare una rappresentanza che non scada in rappresentazione e un Parlamento forte.
Non solo, nella scia delle riflessioni di Polanyi sulla corrispondenza fra capitalismo e autoritarismo, ricordiamo che le "criticita'... in campo economico e sociale" non sono - come si legge nella Relazione che precede il disegno di riforma costituzionale - imputabili a instabilita' dei governi e volatilita' delle maggioranze, ma alla stabilita' trasversale intorno all'agenda neoliberista.
E' ora di pensare ad attuare la Costituzione, tutta, perche' salvarne il disegno istituzionale non e' sufficiente senza concretizzarne il presupposto e l'obiettivo, la democrazia sociale, in coerenza con una sovranita' popolare che esige una partecipazione effettiva sul piano politico, sociale ed economico.
2. MEMENTO. IL GIORNO DOPO
I.
Il giorno dopo e' come il giorno prima
finita la festa si torna al lavoro
frusta tenaglie mazze chiodate
telefonini cingolati pasticche
altri stupri altre guerre altro sangue versato
il giorno dopo e' come il giorno prima
Torna all'usata vita il carnefice solerte
torna alla vita di sempre la vittima inerme
tutto e' un eterno ciclo di corsi e ricorsi
inclusa la conflagrazione che fa da cesura
incluso lo spargere sabbia sulle macchie di sangue
l'orco conosce la via del ritorno
II.
E invece tu non devi permettere
che tutto sia stato invano che nulla cambi
che torni lo scarpone a marcare la guancia
che tornino le bombe ad abbattere le case e i casigliani
che torni il fascista ad uccidere ancora
e ancora e ancora
Tu devi resistere ancora
e ancora e ancora e ancora una volta di piu'
ricordando i nomi di tutte le vittime
dicendo forte la verita' nascosta
ricostruendo i ponti e seminando ancora
e ancora e ancora e ancora tu devi resistere
III.
In questa lunga marcia tra deserti e abissi
tu salva le vite
in questo ghiacciato silenzio nel lago oscuro del cuore
tu salva le vite
in questo accampamento che domani il vento spazzera' via
tu salva le vite
Quante persone prima di te lo hanno fatto
e quante persone dopo di te lo faranno ancora
non vincera' il fascismo finche' tu resti fermo
non vincera' il fascismo finche' tu non ti arrendi
IV.
Tutto sara' dimenticato
e tutto sara' distrutto
lo abbiamo sempre saputo
Ma tu opponiti a ogni violenza
ma tu resisti ancora un'ora al male
ma tu non cedere al soffio della morte
Ogni vittime ha il volto di Abele
accudisci chi ha bisogno di aiuto
opponi il tuo braccio a tutti gli uccisori
salvare le vite e' il primo dovere
Agisci affinche' possano vivere tutte le persone
non vi e' sventura piu' grande della morte
reca il tuo soccorso a chiunque geme
questo tempo sara' comunque breve
3. RIFLESSIONE. PASQUALE PUGLIESE: SE VUOI LA PACE PREPARA LA PACE, CON L'EDUCAZIONE ALLA NONVIOLENZA
[Riceviamo e diffondiamo la seguente relazione al webinar del Movimento di Cooperazione Educativa su Il diritto alla pace per l'infanzia e l'adolescenza del 20 novembre 2023, pubblicato su Territori educativi]
Le guerre che da due anni irrompono nei mezzi di informazione, entrando nelle nostre case e sui dispositivi mobili di ragazzi e adolescenti, non sono solo una tragedia in se', ma hanno un portato di esplosione bellicista - "isteria di guerra", la chiama Edgar Morin - che sta dilagando sui media e nel discorso pubblico come non accadeva da almeno vent'anni, ossia dalle famigerate aggressioni militari in Afghanistan ed in Iraq seguite all'attacco terrorista alle Torri gemelle di New York. E il bellicismo - a sua volta - rilancia l'immaginario della guerra come unico strumento di "risoluzione delle controversie internazionali" che e' esattamente il ripudio di quanto prevede la Costituzione italiana, oltre che la Carta delle Nazioni Unite.
La guerra, cioe' la violenza agita nei conflitti internazionali e' al vertice di un sistema di violenza - come insegna Johan Galtung - alla cui base stanno dimensioni piu' profonde, senza le quali sarebbe impossibile esercitarla:
- la violenza strutturale, ossia i mezzi e gli strumenti che rendono possibile la guerra, come le enormi spese militari (SIPRI: 2240 miliardi di euro nel solo 2022, sottratti agli investimenti civili, educativi, sociali), gli eserciti e le armi sempre piu' potenti, fino alle armi atomiche, rispetto alle quali gli scienziati nucleari ci dicono che siamo metaforicamente a soli 90'' dalla mezzanotte nucleare nell'orologio dell'Apocalisse;
- la violenza culturale, cioe' i dispositivi mediatici e culturali che legittimano e rendono accettabile tanto la preparazione della guerra quanto la guerra stessa. Si tratta sostanzialmente dell'apparato che possiamo definire - in senso lato - di "propaganda di guerra", rispetto all'alimentazione del quale i contesti formativi hanno una importante responsabilita' (non a caso c'e' un interesse crescente delle forze armate ad entrare nelle scuole).
La propaganda di guerra e' un dispositivo che si sviluppa attraverso due fasi: la prima in servizio permanente effettivo, la seconda scatta in prossimita' e durante le guerre nelle quali c'e' un coinvolgimento diretto o indiretto:
Prima fase e' la manutenzione ideologica dell'antico adagio Si vis pacem para bellum (se vuoi la pace prepara la guerra): il compito della propaganda di guerra e' ammantare di credibilita' questo principio fondato sul pensiero magico e irrazionale. Magico perche' contraddetto da tutte le verifiche storiche (nessuna guerra risolve i conflitti, ma prepara i successivi con armi piu' potenti); irrazionale perche' con tutto quello che si spende per preparare le guerre, esse dovrebbero essere estinte da un pezzo, invece dilagano ovunque (170 conflitti armati in corso: Conflict data programm dell'Universita' di Uppsala; Terza guerra mondiale a pezzetti: papa Francesco; Guerra Grande in Terrasanta: Limes, novembre 2023). Eppure e' un principio ancora ribadito ossessivamente, esplicitamente o implicitamente, che drena crescenti risorse per la preparazione della guerra.
Quando poi alla violenza diretta della guerra si arriva davvero scatta la seconda fase della propaganda di guerra, che si somma alla precedente, attraverso veri e propri principi ormai consolidati in un dispositivo propagandistico propriamente detto, antico quanto la guerra stessa, codificato da Arthur Ponsonby, politico pacifista inglese, dopo la prima guerra mondiale, analizzando gli inganni messi in atto dalla propaganda di tutte del parti in conflitto e confermato dalla storica Anne Morelli che ne ha fatto una verifica alla luce delle guerre successive, fino all'aggressione militare Usa dell'Iraq del 2003 (Principi elementari della propaganda di guerra, 2005).
La violenza culturale, per un verso, apre una contraddizione etica tra la risoluzione dei conflitti interpersonali e quella dei conflitti internazionali e, per altro verso, mette in gioco il ruolo dei contesti formativi, che possono rafforzare o sanare la contraddizione tra il modo di affrontare le due tipologie di conflitto. Ossia possono riprodurre il dispositivo ideologico della violenza culturale oppure de-costruirlo e costruire, in alternativa, una cultura di pace fondata sulla nonviolenza e sul principio piu' razionale: se vuoi la pace prepara la pace. Vediamo.
Nonostante il dolore e l'indignazione per l'ennesimo femminicidio che si e' consumato in questo giorni, non possiamo non riconoscere che il fatto che i conflitti interpersonali non si risolvano con la violenza, ossia con la soppressione dell'altro, sul piano delle relazioni tra le persone appare - tutto sommato, nonostante le apparenze sembrano dire il contrario - un apprendimento in via di progressiva e consolidata acquisizione, almeno nel nostro Paese. E' il dato evidenziato dal calo costante degli omicidi (che comprendono i femminicidi) dagli anni '90 del '900 ai giorni nostri, registrato anno dopo anno dal Ministero degli Interni: nel 1991 gli omicidi volontari in Italia hanno raggiunto il picco di quasi 2.000 in un anno, mentre trent'anni dopo, nel 2022 se ne sono registrati circa 300; analogo calo hanno subito tutti i reati violenti. Nonostante le periodiche campagne politico-mediatiche sui cosiddetti "allarmi sicurezza", i dati sostanzialmente dicono che i sistemi educativo, giudiziario e culturale che, complessivamente e concordemente, mirano ad estirpare la violenza dai rapporti interpersonali - pur in assenza di intenzionali percorsi di educazione alla nonviolenza - stanno, pian piano, raggiungendo progressivamente il loro effetto, facendo del nostro Paese uno dei piu' sicuri al mondo.
Al contrario c'e' una censura culturale rispetto alla possibilita' della soluzione nonviolenta anche dei conflitti internazionali, come da indicazioni costituzionali, rispetto ai quali la violenza della guerra - pur diversamente aggettivata - rimane invece sostanzialmente l'unica opzione in campo, sempre piu' promossa, propagandata e finanziata. Con un effetto di grave dissociazione culturale tra ciò che e' interdetto, censurato e punito nelle relazioni interpersonali e cio' che, invece, e' ammesso ed anzi costantemente preparato e giustificato nelle relazioni internazionali. Si tratta del meccanismo, ampiamente studiato, di "etificazione della violenza" quando e' lo Stato, non a sanzionarla, ma a volerla e promuoverla. La "violenza etica" - come la definisce la filosofa Judith Butlter - consiste nella capacita' di convincere i cittadini, ai quali viene spiegato fin da bambini che la violenza e' una modalita' sbagliata di rapportarsi all'altro che - al contrario - in certe condizioni, e' legittimo uccidere l'Altro, per perseguire la difesa di un bene superiore, di volta in volta indicato dai governi. La "violenza etica" ribalta, dunque, i principi fondamentali di convivenza civile dei quali, in caso di guerra, si pretende l'immediato dis-apprendimento e i cittadini sono spinti ad esercitare (o sostenere a distanza) una violenza, cosi' legittimata, nei confronti del nemico designato. Il loro rifiuto a combattere e' sanzionato, come avviene, per esempio agli obiettori di coscienza in Russia, in Ucraina, in Israele. Ma anche il solo dirsi pacifisti e' considerato simpatia per il nemico, come accade in Italia. Dice Charlie Chaplin in Monsieur Verdoux "Un omicidio e' delinquenza, un milione e' eroismo. Il numero legalizza, mio caro amico".
Qual e' dunque il ruolo della scuola, in quanto principale contesto educativo e palestra di convivenza civile, per costruire intenzionalmente e continuativamente una solida cultura di pace, anche all'interno del processo contrario di "etificazione" della violenza? E' un ruolo duplice, che puo' essere svolto sia nell'immediato rispetto ai conflitti bellici in corso, per aiutare gli studenti a decodificare e contestualizzare le informazioni nello spazio e nel tempo, che sul lungo periodo per promuovere l'apprendimento di elementi di teoria e pratica della nonviolenza in modalita' transdisciplinare, ossia trasversale ai diversi insegnamenti.
Di fronte alla narrazione mediatica delle guerre in corso, il principale ruolo della scuola e' quello di fornire chiavi di lettura per interpretare la massa di informazioni che vengono quotidianamente rovesciate addosso a tutti, anche ai piu' giovani. Si tratta di fare esercizio di "ecologia della mente" per consentire la visione piu' ampia e prospettica possibile della realta', a supporto della capacita' di contestualizzare ed esercitare pensiero critico. Ossia pensiero non militarizzato che possa esercitarsi nella ricerca delle cause e delle soluzioni non catastrofiche sia rispetto ai conflitti armati tra Russia e Ucraina e tra Israele e Palestina, sia rispetto a tutti gli altri nel resto del mondo, rimossi dai radar dell'informazione. Per poterne comprendere la portata, le implicazioni e, quindi, le possibili vie d'uscita non sono sufficienti le istantanee - ossia la cronaca giornalistica di cio' che avviene giorno per giorno sul terreno - ma e' necessario andare in profondita' nel tempo e allargare lo sguardo nello spazio. Non si puo' comprendere nessun conflitto se non se ne conoscono la storia e i meccanismi di escalation, al di sotto della soglia di visibilita', che lo hanno portato fino all'esplosione manifesta, oggi visibile a tutti.
Un secondo ruolo della scuola, piu' essenziale del precedente sul lungo periodo, riguarda l'impegno consapevole per realizzare quel necessario salto di civilta' volto a mettere la violenza e la guerra tra i ferrivecchi, inutilizzabili, della storia. E' una impresa culturale radicale, che va alle radici degli habitus mentali consolidati, che, ormai, non puo' piu' attendere, perche' - come scriveva don Lorenzo Milani ai giudici del suo processo per apologia di reato (proprio per aver difeso gli obiettori di coscienza al servizio militare in galera) - "la scuola siede tra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. E' l'arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare il loro senso della legalita', dall'altro la volonta' di leggi migliori cioe' il senso politico". Per fare questo, e' necessario, per un verso, coltivare solidi anticorpi capaci di resistere alla propaganda di guerra e, per altro verso, coltivare l'immaginazione, cioe' la capacita' di prefigurare un'altra storia possibile, senza guerre e strumenti che la preparino.
Ecco, solo per titoli, alcuni degli elementi costitutivi, trasversali ai diversi insegnamenti, di una possibile educazione nonviolenta:
1) Educare alla complessita'
2) Educare al pensiero critico, uscire dal pensiero magico
3) Educare alla responsabilita'
4) Educare all'empowerment
5) Educare a considerare e trattare l'altro sempre come un fine e mai come un mezzo
6) Educare al disarmo
7) Educare all'umanizzazione dell'avversario
8) Educare alla trasformazione nonviolenta dei conflitti
9) Rileggere gli insegnamenti curricolari anche in ottica nonviolenta, a cominciare dalla storia
10) Formare personalita' nonviolente che possano prendersi cura del mondo e dell'umanita'
Si tratta, complessivamente, di prendere sul serio l'incipit dell'Atto costitutivo dell'Unesco: "Poiche' le guerre hanno inizio nella mente degli uomini e' nella mente degli uomini che bisogna costruire le difese della pace". Naturalmente, bisognerebbe analizzare questi elementi uno per uno per comprenderne fino in fondo le implicazioni, la generativita', l'applicabilita', ma qui si aprirebbe un'altra relazione (intanto ne segnalo un primo approfondimento all'interno del volume Disarmare il virus della violenza).
4. REPETITA IUVANT. ADESIONE POPOLARE ALLA DENUNCIA SULLA PRESENZA DI ARMI NUCLEARI IN ITALIA
[Riceviamo e diffondiamo. Andando sul sito www.peacelink.it o sul sito www.pressenza.com e' possibile attivare i link per accedere a ulteriori materiali e per sottoscrivere l'iniziativa]
Il prossimo passo della denuncia trasmessa alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma lo scorso 2 ottobre, riguardante la presenza delle armi nucleari in Italia e in attesa che si attivi la corrispondente inchiesta, riguarda l'adesione popolare a tale denuncia: parte oggi con una sottoscrizione popolare che si puo' realizzare online grazie alla piattaforma predisposta all'interno del sito di PeaceLink, storico portale telematico del pacifismo italiano.
Andando a questo indirizzo sara' possibile firmare la petizione di adesione di cui riportiamo il testo:
Ho appreso che in data 2 ottobre 2023 e' stata depositata alla Procura presso il Tribunale di Roma una denuncia per accertare la presenza di armi nucleari in Italia, verificarne la illegittimita' ed individuare i responsabili. Ho letto il testo e lo condivido. Approvo l'iniziativa alla quale vorrei partecipare. Non potendo piu' sottoscrivere la denuncia, ormai depositata, chiedo che questa mia lettera venga allegata agli atti del procedimento come segno di sostegno all'iniziativa.
In particolare mi sembrano significative le seguenti norme riportate nel testo della denuncia.
"In data 24 aprile 1975 l'Italia ha sottoscritto il Trattato di non Proliferazione Nucleare (TNP), trattato internazionale incentrato, in particolare su:
a) la c.d. "non proliferazione" del nucleare, in base alla quale gli Stati in possesso di armi nucleari (c.d. "Paesi nucleari") si impegnano a non trasferire armi di tale natura a quelli che ne sono privi (c.d. "Paesi non nucleari"), mentre questi ultimi si obbligano a non ricevere e/o acquisire il controllo diretto o indiretto di ordigni nucleari (artt. I, II, III);
b) il disarmo nucleare, che impone il ricorso a trattative finalizzate alla definitiva cessazione della prassi di armamento nucleare (art. VI).
Il diritto bellico internazionale vieta l'uso e la minaccia dell'uso delle armi nucleari in qualsiasi circostanza.
La L. 185/1990 vieta la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione di materiale di armamento senza l'autorizzazione dell'autorita' e, in ogni caso, di armi nucleari.
Ciononostante, la presenza di armi nucleari sul suolo nazionale puo' ormai considerarsi certa".
Sono consapevole della rilevanza politica dell'iniziativa giudiziaria. Credo, pero', fermamente nello Stato di diritto, nella ripartizione dei poteri e, soprattutto, nell'indipendenza della magistratura.
Sono certo che anche questa denuncia sara' valutata senza timori per le implicazioni politiche sottese.
*
Informazioni sulla denuncia
La denuncia e' sottoscritta a livello individuale da 22 esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste: Abbasso la guerra, Donne e uomini contro la guerra, Associazione Papa Giovanni XXIII, Centro di documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, Tavola della Pace Friuli Venezia Giulia, Rete Diritti Accoglienza Solidarieta' Internazionale, Pax Christi, Pressenza, WILPF, Centro sociale 28 maggio, Coordinamento No Triv, e singoli cittadini. Alcune di queste associazioni condividono collettivamente i contenuti di questa iniziativa.
Il testo della denuncia e' visionabile cliccando su questo link.
*
Aderisci:
Come persona
Come associazione
5. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO NARGES MOHAMMADI E LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN
Donna, vita, liberta'.
Sosteniamo Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, detenuta in Iran per la sua lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani.
Sosteniamo la lotta nonviolenta delle donne in Iran per la dignita' umana di tutti gli esseri umani.
Donna, vita, liberta'.
Sia liberata Narges Mohammadi e tutte le prigioniere e tutti i prigionieri di coscienza, tutte le detenute e tutti i detenuti politici, tutte le persone innocenti perseguitate e sequestrate, in Iran come ovunque.
Cessi l'oppressione delle donne in Iran come ovunque nel mondo, siano rispettati i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Donna, vita, liberta'.
6. REPETITA IUVANT. SEVERINO VARDACAMPI: A COSTO DI SEMBRARE IL SOLITO GRILLO PARLANTE...
Ci sono alcune cose che vanno pur dette, e allora diciamole.
*
Ogni manifestazione a favore dell'esistenza dello stato di Israele che non s'impegni anche per la nascita dello stato di Palestina rischia di essere inutile.
Ogni manifestazione a sostegno del popolo palestinese che non s'impegni anche a sostegno del popolo ebraico rischia di essere inutile.
Ogni manifestazione che condanni le stragi commesse da un'organizzazione terrorista e non quelle commesse da uno stato e' peggio che inutile.
Ogni manifestazione che condanni le stragi commesse da uno stato e non quelle commesse da un'organizzazione terrorista e' peggio che inutile.
*
Sia il popolo palestinese che il popolo ebraico sono realmente minacciati di genocidio.
E' compito dell'umanita' intera impedire questi genocidi, tutti i genocidi.
Per impedire il genocidio del popolo ebraico e' indispensabile l'esistenza dello stato di Israele.
Per immpedire il genocidio del popolo palestinese e' indispensabile l'esistenza dello stato di Palestina.
*
Allo stato di Israele chiediamo:
1. di cessare la guerra a Gaza e il sostegno alle violenze dei coloni in Cisgiordania.
2. di cessare di occupare i territori palestinesi e di riconoscere l'esistenza dello stato di Palestina nei territori della Cisgiordania e di Gaza devolvendo immediatamente tutte le funzioni giurisdizionali ed amministrative e le risorse relative all'Autorita' Nazionale Palestinese - intesa come governo provvisorio dello stato di Palestina fino alle elezioni democratiche -.
3. di sgomberare immediatamente le illegali colonie nei territori occupati, restituendo quelle aree al popolo palestinese.
4. di concordare con l'Autorita' Nazionale Palestinese l'avvio di tutti i negoziati necessari per risolvere le molte questioni da affrontare come due stati sovrani in condizioni di parita'.
5. di essere una piena democrazia abrogando ogni misura legislativa ed amministrativa di discriminazione razzista.
*
All'Autorita' Nazionale Palestinese chiediamo:
1. di assumere immediatamente il governo della Striscia di Gaza.
2. di adoperarsi ivi per l'immediata liberazione di tutte le persone rapite da Hamas.
3. di organizzare lo stato di Palestina indipendente e democratico.
4. di concordare con lo stato di Israele l'avvio di tutti i negoziati necessari per risolvere le molte questioni da affrontare come due stati sovrani in condizioni di parita'.
5. di adoperarsi affinche' nessuno stato arabo o musulmano possa piu' proseguire in una politica antisraeliana ed antiebraica prendendo abusivamente a pretesto la causa palestinese.
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All'Onu chiediamo:
1. un piano straordinario di aiuti per la Palestina.
2. una deliberazione dell'Assemblea Generale che riconoscendo i due stati di Israele e di Palestina vincoli tutti gli stati membri delle Nazioni Unite a cessare ogni politica di negazione dello stato di Israele, ogni politica di persecuzione antiebraica.
*
Agli stati ed agli organismi politici sovranazionali d'Europa (l'Europa che e' il continente in cui si sono realizzati la bimillenaria persecuzione antiebraica e l'orrore assoluto della Shoah; l'Europa che e' il continente i cui principali stati hanno oppresso i popoli del resto del mondo con il razzismo, il colonialismo, l'imperialismo fin genocida) chiediamo:
1. di risarcire adeguatamente sia lo stato di Israele che lo stato di Palestina per le sofferenze inflitte ai loro popoli sia direttamente che indirettamente.
2. di contrastare il fascismo e il razzismo, l'antisemitismo e l'islamofobia, tutte le ideologie di odio e le organizzazioni che le praticano e le diffondono, e tutti i crimini conseguenti.
*
Fermare la guerra.
Fermare le stragi.
Restituire la liberta' a tutte le persone che ne sono state private.
Riconoscere e proteggere tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Salvare le vite e' il primo dovere.
7. APPELLI. PERCHE' OCCORRE SCRIVERE ORA A BIDEN PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
Perche' tra un anno negli Stati Uniti d'America ci saranno le elezioni presidenziali.
Ed e' abitudine dei presidenti al termine del mandato di concedere la grazia ad alcune persone detenute.
Quindi e' in questi mesi che Biden decidera' in merito.
E quindi e' adesso che occorre persuaderlo a restituire la liberta' a Leonard Peltier.
*
Di seguito le indicazioni dettagliate per scrivere alla Casa Bianca e una proposta di testo in inglese
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.
8. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO: "PORTIAMO A COMPIMENTO L'INIZIATIVA DI DAVID SASSOLI PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER"
Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo, on. Roberta Metsola,
numerose personalita' della societa' civile e varie associazioni democratiche italiane hanno promosso l'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier".
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Qui di seguito il testo dell'appello.
Il 23 agosto 2021 David Sassoli, l'indimenticato Presidente del Parlamento Europeo che sarebbe deceduto pochi mesi dopo nel gennaio 2022, tenne una conferenza stampa in cui annuncio' il suo personale impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da quasi mezzo secolo prigioniero innocente.
L'iniziativa di David Sassoli si ricollegava idealmente a due precedenti importanti pronunciamenti del Parlamento Europeo, del 1994 e del 1999.
E si collegava anche al movimento che in Italia in quel momento riproponeva con forza l'esigenza e l'urgenza che Leonard Peltier venisse finalmente liberato.
In un suo tweet che accompagnava e sintetizzava la conferenza stampa del 23 agosto 2021 David Sassoli dichiarava, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
Lanciamo un appello a riprendere e portare a compimento quell'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier.
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Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
le saremmo assai grati se lei, che ha assunto l'incarico di Presidente del Parlamento Europeo succedendo all'on. Sassoli, volesse porsi a capo di questa iniziativa volta a richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
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Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
sicuramente lei ricorda che il Parlamento Europeo gia' in passato ripetutamente si espresse in tal senso nel 1994 e nel 1999.
E sicuramente lei sa che una Commissione giuridica ad hoc dell'ONU, dopo aver accuratamente riesaminato tutti gli atti processuali, lo scorso anno ha concluso i suoi lavori chiedendo la liberazione di Leonard Peltier.
E sicuramente lei sa anche che nel corso del tempo la liberazione di Leonard Peltier e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, da prestigiose organizzazioni umanitarie come Amnesty International, da innumerevoli istituzioni democratiche, da milioni - letteralmente milioni - di esseri umani di ogni parte del mondo, tra cui anche il magistrato che nel 1976 sostenne l'accusa contro di lui e che da anni e' impegnato per la sua liberazione (da allora ad oggi peraltro e' stato definitivamente dimostrato che le cosiddette "testimonianze" e le cosiddette "prove" contro Leonard Peltier erano false).
Come ha scritto nel suo appello l'indimenticato Presidente Sassoli, "I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
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Ringraziandola fin d'ora per l'attenzione ed auspicando un suo intervento, voglia gradire distinti saluti.
9. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Aaron Pettinari, La 'ndrangheta stragista, Rcs, Milano 2023, pp. 160, euro 5,99.
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Riletture
- Arundhati Roy, Il dio delle piccole cose, Guanda, Parma 1997, Superpocket, Milano 2000, pp. 362.
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Riedizioni
- Albert Einstein, Leopold Infeld, L'evoluzione della fisica, Bollati Boringhieri, Torino 1965, 2011, Rcs, Milano 2023, pp. 288, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5033 del 29 novembre 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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