[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 311



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 311 del 7 novembre 2023

In questo numero:
1. Sosteniamo Narges Mohammadi e la lotta delle donne in Iran
2. Fermare le guerre e le stragi. Salvare le vite. E' l'ora della nonviolenza
3. Presentato a Viterbo l'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier"
4. Esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
5. Una cosa utile per la pace: bloccare la fornitura di armi assassine, con l'azione diretta nonviolenta
6. Alcuni riferimenti utili
7. Tre tesi
8. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
9. Solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani
10. Ripetiamo ancora una volta...
11. Silvia Motta: Autocoscienza... ancora?
12. Roberta Cordaro: Esserci richiede la stessa fatica che nascere. La mia esperienza dell'autocoscienza
13. Cecilia Alagna: L'autocoscienza e' l'altra, la mia avventura sono io... e viceversa

1. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO NARGES MOHAMMADI E LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN

Donna, vita, liberta'.
Sosteniamo Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, detenuta in Iran per la sua lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani, in sciopero della fame per i diritti di tutte e tutti.
Sosteniamo la lotta nonviolenta delle donne in Iran per la dignita' umana di tutti gli esseri umani.
Donna, vita, liberta'.
Sia liberata Narges Mohammadi e tutte le prigioniere e tutti i prigionieri di coscienza, tutte le detenute e tutti i detenuti politici, tutte le persone innocenti perseguitate e sequestrate, in Iran come ovunque.
Cessi l'oppressione delle donne in Iran come ovunque nel mondo, siano rispettati i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Donna, vita, liberta'.

2. L'ORA. FERMARE LE GUERRE E LE STRAGI. SALVARE LE VITE. E' L'ORA DELLA NONVIOLENZA

Cessare di uccidere occorre.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto occorre.
Riconoscere che siamo una sola umana famiglia occorre.
Accorgersi che ogni vittima ha il volto di Abele occorre.
Capire che solo la nonviolenza puo' salvarci dalla catastrofe occorre.
Scegliere la nonviolenza occorre.
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Salvare le vite e' il primo dovere.

3. REPETITA IUVANT. PRESENTATO A VITERBO L'APPELLO "PORTIAMO A COMPIMENTO L'INIZIATIVA DI DAVID SASSOLI PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER"

La mattina di venerdi' 3 novembre 2023 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", e' stato presentato l'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier".
Nel corso dell'incontro il responsabile della storica struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, ha presentato l'appello ed ha ancora una volta ricostruito sia la figura e la vicenda di Leonard Peltier sia alcuni passaggi particolarmente significativi della campagna internazionale per la sua liberazione.
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Il testo dell'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier"
Il 23 agosto 2021 David Sassoli, l'indimenticato Presidente del Parlamento Europeo che sarebbe deceduto pochi mesi dopo nel gennaio 2022, tenne una conferenza stampa in cui annuncio' il suo personale impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da quasi mezzo secolo prigioniero innocente.
L'iniziativa di David Sassoli si ricollegava idealmente a due precedenti importanti pronunciamenti del Parlamento Europeo, del 1994 e del 1999.
E si collegava anche al movimento che in Italia in quel momento riproponeva con forza l'esigenza e l'urgenza che Leonard Peltier venisse finalmente liberato.
In un suo tweet che accompagnava e sintetizzava la conferenza stampa del 23 agosto 2021 David Sassoli dichiarava, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
Lanciamo un appello a riprendere e portare a compimento quell'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier.
Chiediamo a chi legge questo appello:
a) di aderirvi, inviandone notizia agli indirizzi e-mail: freepeltierviterbo at tiscali.it e centropacevt at gmail.com
b) di diffonderlo ulteriormente;
c) di scrivere direttamente al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier: le lettere (il cui testo puo' anche essere semplicemente "Free Leonard Peltier") possono essere inviate attraverso la pagina web dedicata del sito della Presidenza degli Stati Uniti d'America: www.whitehouse.gov/contact/
d) di promuovere ove possibile iniziative di informazione, coscientizzazione, mobilitazione democratica e nonviolenta per la liberazione di Leonard Peltier che lo scorso 12 settembre ha compiuto 79 anni di cui 47 trascorsi in prigione da vittima innocente di una scellerata persecuzione.
Per un'informazione essenziale:
- Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano. Leonard Peltier prigioniero degli Stati Uniti, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena Vt).
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002.
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
Nella rete telematica e' disponibile una notizia sintetica in italiano dal titolo "Alcune parole per Leonard Peltier".
Sempre nella rete telematica e' disponibile anche una piu' ampia ed approfondita bibliografia ragionata dal titolo "Dieci libri piu' uno che sarebbe bene aver letto per conoscere la vicenda di Leonard Peltier (e qualche altro minimo suggerimento bibliografico)".
Ulteriori materiali di documentazione possono essere richiesti scrivendo ai nostri indirizzi di posta elettronica: freepeltierviterbo at tiscali.it e centropacevt at gmail.com
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Un recente appello di membri del Congresso degli Stati Uniti d'America sia democratici che repubblicani
Nel corso dell'incontro sono stati segnalati e riassunti molti importanti documenti, del parlamento Europeo, dell'Onu, di Amnesty International, di altri soggetti sia istituzionali che della societa' civile, ed in particolare il recentissimo appello al Presidnete Biden da parte di membri del Congresso degli Stati Uniti d'America sia democratici che repubblicani che di seguito si riproduce integralmente:
October 6, 2023
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave, NW
Washington, DC 20500
Dear President Biden:
We are writing to you regarding the nearly five-decade imprisonment of Leonard Peltier. Now, more than ever, bedrock principles of justice warrant your consideration of a grant of executive clemency or support of compassionate release at the Federal Bureau of Prisons.
Leonard Peltier, a Native American activist and citizen of the Turtle Mountain Band of Chippewa Indians (ND), is now in his 48th year of incarceration. He is 79 years old and in failing health. Mr. Peltier is serving two life sentences in a maximum-security federal prison for aiding and abetting in a case where his co-defendants were found not guilty on the grounds of self-defense.
Over the course of his incarceration, particularly in recent years, key figures involved in Mr. Peltier's prosecution have stepped forward to underscore the constitutional violations and prosecutorial misconduct that took place during the investigation and trial that led to his conviction. Gerald Heaney, the judge who presided over Mr. Peltier's 1986 appeal in the Eighth Circuit, called for his release in 1991 and again in 2000 (1), and former United States AttorneyJames Reynolds, whose office handled the prosecution and appeal of Peltier's case, has called for a commute of the remainder of his sentence and observed that "his conviction and continued incarceration is a testament to a time and a system of justice that no longer has a place in our society." (2) In addition, the United Nations Working Group on Arbitrary Detention specifically noted the anti-Indigenous bias surrounding Peltier's detention, stating simply that he "continues to be detained because he is Native American." (3)
Retired FBI Special Agent Coleen Rowley, in her letter addressed to you on December 3, 2022, raised how the "long-standing horribly wrongful oppressive treatment of Indians in the U.S." played into Peltier's case and, critically, the "FBI Family vendetta" behind the agency's opposition to clemency. (4) We recognize the grief and loss that took place in both the FBI and Tribal community on that day but also recognize this opportunity for all to move forward.
As Members of Congress, we sign this letter with a deep commitment to the crucial role we play in upholding justice for all Americans - and to also hold our government accountable when we see a case of injustice, as demonstrated by the long incarceration of Leonard Peltier. We stand with the Tribal Nations of the United States, Indigenous voices worldwide, and leading voices on human rights and criminal justice around the globe in support of Mr. Peltier's release. We applaud your commitment to criminal justice reform and your administration's work to address inequities in the criminal justice system and rectify the past wrongs of our government's treatment of Native Americans. We urge you to take the next step by granting  Mr. Peltier executive clemency or compassionate release.
Sincerely,
Seguono le firme di 33 membri del Congresso degli Stati Uniti d'America
Note
1. Gerald H. Heaney, U.S. Senior Cir. Judge, 8th Cir., Letter to Senator Daniel K. Inouye, Chairman, U.S. Senate Select Comm. on Indian Affairs (Apr. 18, 1991), http://www.whoisleonardpeltier.info/download/Heaney.pdf
2. James Reynolds, Former U.S. Attorney, Letter to President Joseph R. Biden (Jul. 9, 2021), https://www.amnestyusa.org/wp-content/uploads/2023/03/From-US-Attorney-James-Reynolds.pdf.
3. United Nations Working Group on Arbitrary Detention, Opinion No. 7/2022 concerning Leonard Peltier (United States of America) (Jun. 7, 2022), https://www.ohchr.org/sites/default/files/2022-06/A-HRC-WGAD-7-2022-USA-AEV.pdf
4. Coleen Rowley, Retired FBI Special Agent, Letter to President Joseph R. Biden (Dec. 3, 2022), https://www.amnestyusa.org/wp-content/uploads/2023/04/From-Retired-FBI-Special-Agent-Coleen-Rowley.pdf
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Giustizia e liberta' per Leonard Peltier.
Giustizia e liberta' per l'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Free Leonard Peltier.
Mitakuye Oyasin.

4. REPETITA IUVANT. ESPOSTO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA

Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
e per opportuna conoscenza:
al Presidente della Repubblica
ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
alla Presidente del Consiglio dei Ministri
a tutte le ministre e i ministri, a tutti i senatori e le senatrici, a tutte le deputate e i deputati, agli ed alle europarlamentari elette ed eletti in Italia
a numerosi pubblici ufficiali cui incombe, ricevendo tale notitia criminis, di promuovere l'azione giudiziaria
ai mezzi d'informazione
a numerose persone di volonta' buona, associazioni democratiche, istituzioni fedeli alla legalita' costituzionale
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Oggetto: esposto relativo alla violazione dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana da parte del governo italiano.
Egregi signori,
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l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana e' inequivocabile. Esso recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
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Il governo italiano ha violato l'articolo 11 della Costituzione in quanto:
a) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la fornitura di armi che la guerra alimentano;
b) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la propria aviazione militare che raccoglie informazioni e le invia all'esercito ucraino sul campo di battaglia (cfr. il servizio giornalistico apparso sul sito dell'autorevole agenzia giornalistica Ansa col titolo "La guerra dei top gun italiani", che fin dall'incipit esplicitamente afferma che "i nostri piloti, tra loro anche una donna, a bordo dei caccia catturano dati importanti che in poco tempo finiscono sui cellulari dei soldati ucraini sul campo di battaglia");
c) ostacola effettualmente ogni realistica ipotesi di "cessate il fuoco" ed ogni concreto impegno di pace sostenendo esplicitamente la tesi che la guerra deve concludersi non con un negoziato ma con la "vittoria" di una delle parti in conflitto (cfr. la dichiarazione della Presidente del Consiglio dei Ministri "scommettiamo sulla vittoria ucraina" riportata da numerosi mezzi d'informazione);
d) sostiene l'azione provocatrice ed eversiva della Nato che da decenni opera nell'Europa dell'est per destabilizzare gli equilibri regionali e suscitare conflitti (azione divenuta finanche esplicitamente terrorista e stragista durante la guerra di distruzione della Jugoslavia nel 1999).
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In flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione, il governo italiano arma e quindi alimenta la guerra, partecipa alla guerra e quindi alle stragi di cui ogni guerra sempre e solo consiste, e con cio' espone altresi' anche il nostro paese a subire le conseguenze della guerra, e - last, but not least - contribuisce all'escalation verso una guerra mondiale e nucleare che puo' metter fine all'intera civilta' umana.
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Egregi signori,
con il presente esposto si richiede il piu' tempestivo intervento per far cessare l'azione incostituzionale, folle e criminale del governo italiano.
Distinti saluti,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, primo agosto 2023

5. REPETITA IUVANT. UNA COSA UTILE PER LA PACE: BLOCCARE LA FORNITURA DI ARMI ASSASSINE, CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA

Ovviamente apprezzando e sostenendo le molte iniziative gia' in corso (e soprattutto quelle che concretamente recano aiuti umanitari e soccorrono, accolgono e assistono tutte le vittime e tutte le persone che dalla guerra fuggono e alla guerra si oppongono), vorremmo aggiungere una cosa da fare che ci sembra utile piu' di ogni altra per contribuire da qui, in Italia, a far cessare le stragi in Ucraina: bloccare la fornitura di armi assassine.
E per bloccare la fornitura di armi assassine occorre bloccare con specifiche e adeguate azioni dirette nonviolente le fabbriche di armi, i depositi di armi, i trasporti di armi, i centri decisionali e le strutture tecniche che le forniture di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Fornire armi assassine dove e' in corso una guerra significa partecipare a quella guerra, cosa esplicitamente vietata dall'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana.
Non vi e' infatti alcun dubbio che fornire armi assassine dove una guerra e' in corso e dove quindi esse vengono usate per uccidere degli esseri umani (e tutte le armi sono usate sempre e solo per uccidere) significa partecipare alla guerra e alle stragi di cui essa consiste, e il citato articolo 11 della Costituzione e' chiarissimo e inequivocabile al riguardo, aprendosi con queste precise parole: "L'Italia ripudia la guerra".
Pertanto, un governo italiano che decide di fornire armi assassine a un paese in guerra e' ipso facto in contrasto con la Costituzione cui ha giurato fedelta', ed e' quindi un governo fuorilegge, criminale, golpista. E chiunque in Italia cooperasse all'invio di armi assassine, o l'invio di armi assassine consentisse, sarebbe parimenti criminale.
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E' quindi diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi all'invio di armi assassine dove una guerra e' in corso.
Cosi' come e' diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi a un governo golpista e a chiunque coopera alla commissione di stragi.
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Come e' possibile contrastare questo crimine?
Come e' possibile fare qualcosa di concreto per salvare le vite di coloro che la guerra - che quelle armi assassine alimentano - uccide?
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi le fabbriche, i depositi, i trasporti di armi.
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi i centri decisionali e le strutture tecniche che quell'invio di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Naturalmente occorre:
a) individuare tutti i luoghi da bloccare ed organizzare adeguatamente il blocco della scellerata attivita' finalizzata all'invio di armi assassine ovvero all'uccisione di esseri umani;
b) formare adeguatamente le persone di volonta' buona disponibili a partecipare a tali azioni dirette nonviolente.
La nonviolenza infatti richiede una specifica accurata preparazione e una completa conoscenza e consapevolezza del significato e delle conseguenze delle proprie azioni, che essendo non simboliche ma concrete espongono chi le esegue alle ovvie rappresaglie da parte dei poteri la cui azione criminale si vuole impedire.
La nonviolenza infatti, nel suo impegno per salvare tutte le vite, richiede una rigorosa coerenza tra i mezzi e i fini, una piena coscienza delle personali sofferenze cui si puo' andare incontro, una nitida disponibilita' ad accettare di subire torti e persecuzioni senza reagire, a subire violenza senza opporre violenza.
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A oltre un anno dall'inizio della guerra in Ucraina scatenata dall'invasione militare per volonta' del folle e criminale autocrate russo, e' ormai chiaro ad ogni persona che tutti i governi attivamente coinvolti nella guerra, che la guerra e le stragi hanno alimentato e tuttora alimentano e che hanno impedito fin qui ogni tregua ed ogni trattativa di pace, non intendono affatto porre fine alle stragi, non intendono affatto salvare le vite umane che ogni giorno la guerra distrugge, ma anzi cooperano alla prosecuzione, all'intensificazione e all'estensione delle uccisioni di esseri umani, ed accrescono il pericolo che la guerra si faccia mondiale e nucleare e possa distruggere l'intera umana famiglia.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per contrastare questo abominevole massacro e il pericolo dell'apocalisse atomica.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per imporre ai governi la cessazione della guerra.
Hic et nunc solo l'azione diretta nonviolenta puo' concretamente contribuire a fermare le stragi e ad imporre ai governi di cessare il fuoco e avviare trattative di pace.
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Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

6. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

7. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

8. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

9. REPETITA IUVANT. SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE NELLA LOTTA NONVIOLENTA PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI

Siamo solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessi la repressione del movimento democratico e nonviolento delle donne - e degli uomini postisi alla loro sequela - che si riconosce nel motto "Donna, vita, liberta'", che siano liberate e liberati tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici, che cessi la violenza maschilista di stato, e che siano riconosciuti, rispettati e difesi tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nessuna autorita' e' legittima se non rispetta la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

10. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

11. RIFLESSIONE. SILVIA MOTTA: AUTOCOSCIENZA... ANCORA?
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo e diffondiamo]

E' possibile oggi, ancora, riproporre e praticare l'autocoscienza, cioe' quella potente invenzione politica che come una formula magica e' stata alla base della miriade di gruppi che con la loro esistenza hanno dato vita al movimento femminista degli anni '70?
Questa domanda, in maniera diretta o implicita, ha attraversato tutta la discussione che si e' svolta nell'incontro della redazione aperta di Via Dogana 3 il primo di ottobre.
Mentre ascoltavo gli interventi continuavo a fare dentro di me il confronto tra "allora" e "oggi" e a cercare di capire perche' in quegli anni l'autocoscienza si e' imposta con tanta velocita' e facilita', mentre oggi, pur riconoscendone l'importanza e il valore, se ne constata anche la difficolta'.
Le giovani chiedono a noi piu' anziane: come si fa a fare l'autocoscienza? In questa domanda c'e' secondo me la grande differenza tra la situazione degli anni '70 e quella di adesso.
Allora godevamo di un contesto molto favorevole: c'era/c'era stato il '68.
Gli studenti e le studentesse del '68, da pochissimo presenti in massa nelle universita', si sono trovate/i nella condizione di poter esprimere tutto il loro disagio e la loro avversita' verso un mondo dove la famiglia e la societa' erano un concentrato di autoritarismo e di divieti. Per le studentesse in particolare questo ha significato, insieme alla presa di coscienza rispetto alle disuguaglianze sociali, l'avvio di un processo di consapevolezza su di se' in quanto donne.
Questo "in quanto donne" e' stata la chiave che ha aperto alla nascita del movimento. Mettere al centro il proprio essere donne e' stato un gesto di profonda rottura rispetto al millenario oscuramento ed emarginazione che avevamo ereditato e noi stesse interiorizzato. Si e' concretizzato nel riunirsi solo tra donne, cosa che oggi puo' apparire un po' scontata perche' le donne si sono fatte piu' spazio nella societa' e nel mondo. Allora invece suscitavamo riprovazione, sospetto, incomprensione o ilarita'.
Per i "compagni" dell'Universita' di Sociologia di Trento dove allora ero andata a studiare, l'allontanamento di quasi tutte le donne dalla politica del movimento studentesco e' stato un trauma, una cosa incomprensibile perche' le relazioni erano amichevoli, piacevoli, improntate prevalentemente al rispetto e alla stima. Ma noi ragazze, senza ripensamenti, avevamo bisogno di "una stanza tutta per noi".
La forza di questo gesto di separazione ha reso spontaneo/privo di artificiosita' quello che avveniva nel gruppo di autocoscienza e il metodo degli incontri. Chi voleva si metteva in gioco parlando di un problema legato all'essere studentessa - cioe' di sesso femminile - e questo apriva lo scambio e il confronto fra tutte per rielaborare, oltre le proprie percezioni e proiezioni, la specificita' di una condizione di sottomissione che ci accomunava e che volevamo smantellare. A questo proposito, i documenti delle donne americane e quelli di gruppi di donne italiane preesistenti al movimento delle studentesse (DEMAU, Rivolta Femminile) ci hanno fornito contenuti fondamentali.
Questo ha avviato un processo di cambiamento che ha avuto grandi conseguenze sul piano personale e sociale.
Oggi non e' piu' cosi'.Tante, troppe cose sono cambiate perche' si possa riprodurre tout court questa onda spontanea e gioiosa che portava a riunirsi, aggregarsi, prendere la parola, agire. E produrre vistosi cambiamenti nella societa'.
Il contesto adesso, per un insieme di ragioni, e' molto piu' complesso. Non c'e' piu' quel clima sociale favorevole, quell'energia che ha caratterizzato gli anni '70, che ha funzionato da motore del cambiamento, favorendo cosi' "il nuovo" e anche la nascita di quel movimento di donne.
Inoltre, non c'e' piu' la necessita' e l'urgenza che sentivamo allora e che ci aveva cosi' motivato,proprio perche' le conquiste fatte hanno aperto spazi (o sprazzi) di liberta' femminile prima inesistenti. D'altra parte quelle che per noi "vecchie" sono state grandi conquiste, per chi allora non era neppure nata sono qualcosa di "naturale", scontato. E' il mondo (migliore) che hanno trovato.
Questo non vuol dire che non ci sia piu' presenza attiva, visibile e politica delle donne nella societa'. Basti pensare al Metoo, dove la presa di coscienza delle donne che hanno denunciato e la dinamica di contagio mondiale che ne e' derivata ricorda moltissimo quel che e' avvenuto negli anni '70. E ancora, la denuncia e la lotta contro la violenza dei maschi (molestie e femminicidi) e' una bandiera intorno alla quale si riempiono le piazze in tutto il mondo. E' di pochi giorni fa l'ondata di riprovazione che ha suscitato, non solo in Spagna, il "bacio rubato" alla calciatrice della nazionale femminile dal presidente della Federcalcio.
Purtroppo queste azioni tendono a risolversi in leggi contingenti, deboli, spesso inutili e fatte male da maschi e anche da donne che non amano riconoscersi come donne. Sono leggi incapaci, per loro natura, di operare una reale modificazione della cultura e dei comportamenti diffusi. Anzi, il panorama attuale ci restituisce una situazione davvero critica dove addirittura si tenta di portare indietro le cose e smantellare le preziosissime conquiste fatte dal movimento delle donne.
Se quanto detto puo' mettere a fuoco alcuni aspetti delle difficolta' soggettive che complicano oggi il "risorgere" dei gruppi di autocoscienza nella forma esatta di com'era agli esordi del femminismo degli anni '70, che dire del fatto che questo dovrebbe realizzarsi in una societa' grandemente diversa da quella di cinquant'anni fa? Una societa' dove la rivoluzione tecnologica - questa si' - ha cambiato modalita' di comunicazione, di relazione, di lavoro e di organizzazione? Un mondo dove altri problemi che in quegli anni poco ci sfioravano, come il cambiamento climatico e lo spostamento di grandi masse di persone sul pianeta, oggi si impongono come una realta' quotidiana e urgente?
Quindi, in questo contesto cosa puo' voler dire riproporre o continuare a fare l'autocoscienza?
Quello che ho capito con la discussione avvenuta nella riunione del Via Dogana 3 si sintetizza per me in questi punti:
– l'autocoscienza, cioe' il partire da se' per andare oltre se' come metodo e forma di pensiero, e' cio' che intendiamo/continuiamo a intendere come base del "fare politica", tutta la politica, non solo quella che riguarda le donne;
– oggi gli strumenti a disposizione per fare politica si sono moltiplicati, per tutti e anche per noi donne. Questa e' una meravigliosa opportunita' e un vantaggio, ma anche un possibile ostacolo. E' un vantaggio perche' ci permette una capillarita' prima sconosciuta di realizzare forme nuove di organizzazione e di scambio attraverso i social, i siti, le reti, le piattaforme, le riunioni a distanza. Ne parlavano le piu' giovani nell'incontro, che infatti hanno realizzato dei podcast, hanno aperto siti e sono attive sui social. E' invece un ostacolo se l'incontro in presenza, in carne e ossa, viene relativizzato o del tutto scavalcato.
Parliamone ancora per andare avanti.

12. RIFLESSIONE. ROBERTA CORDARO: ESSERCI RICHIEDE LA STESSA FATICA CHE NASCERE. LA MIA ESPERIENZA DELL'AUTOCOSCIENZA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo e diffondiamo]

Sono arrivata alla storia delle donne tramite la storia degli uomini, non posso negarlo, perche' io sono una donna e questa e' la storia di come sono tornata a me stessa. Quando alla facolta' di Filosofia - dopo tanto parlare di Platone, Cartesio ed Hegel - arrivai finalmente al corpo, mi accorsi che del mio corpo non c'era traccia! Cosi', dopo aver scoperto che ogni re era sempre stato nudo, trovai le filosofe. De Beauvoir, Irigaray, Butler, Brownmiller, Young, Martin Alcoff e le altre mi aprirono le "porte della percezione", quelle che mi portarono a chiedermi - fuori dal fatto solo mentale, ancorche' morale - chi fossi. Come una donna che per la prima volta si scopre del patriarcato mi chiedevo: chi sono io se non quel (poco e male) che hanno detto e dicono loro? Ma la risposta non e' mai stata li' pronta per me (anche se lo avrei tanto voluto e talvolta, probabilmente, lo vorrei ancora). Ogni passo che facevo presentava timori ed esitamenti. Ad esempio, per tanto tempo mi era bastato leggere dei gruppi di Autocoscienza (Cavarero, Le filosofie femministe) senza indagare oltre, verosimilmente perche' cio' mi consegnava a un approccio politico a me noto (quello maschile, dei compagni e delle lotte appassionate!), tenendomi contemporaneamente li', dov'ero, sulla sedia di un'aula universitaria, in un luogo certo non rischioso. Cosi' decisi di spingermi oltre e finalmente, sotto impulso di una donna concreta, Rita, mi decisi a formare un collettivo. La mia intenzione ufficiale e nobile (!) era quella di recuperare insieme ad altre donne la storia delle donne per combattere le storture del presente. Tuttavia il movente personale, quella pulsione corporea che mi invischiava nel rapporto con le donne, era capire perche' in fondo non sentissi di avere con loro un rapporto concreto, solido e reale. D'altra parte, piu' stavo con loro per loro (le donne) piu' sentivo di non potermene staccare neanche un momento, che di me non sarebbe rimasto piu' nulla. Chi sarei stata altrimenti? Se non fossi stata quella che si prendeva cura delle donne e del mondo, sarei stata ancora? Stavo per scoprire che i miei strumenti prima intellettuali e poi morali erano per me una bella arma di difesa: donandomi alle donne mi sarei permessa di rimanere integra emotivamente. E anche se la mia soggettivita' sarebbe stata al cieco giogo della dipendenza da loro, mi sarei sempre potuta dire che dovevo fidarmi delle donne! Realisticamente nessuna/o - mi confortavo - potra' mettere in pericolo questo mio cantuccio morale.
Poi e' arrivata Daniela Pellegrini con la sua Autocoscienza e io me ne innamorai: risuonava forte in me cio' che aveva scritto e che diceva. E pensavo: "Sono in contatto diretto con piu' di mezzo secolo di storia del femminismo italiano; mi portera' in dono il suo bagaglio". Sarebbe stato perfetto per me se fosse semplicemente stato cosi'. Lei sarebbe stata distante da me, nelle sfere celesti della sua storia cosi' piena di materiale, e io in posizione di ascolto, libera di - o, come direbbe Cecilia, piuttosto "abbandonata" ad - agire le mie elaborazioni mentali senza toccare me stessa. L'incontro fu invece per me uno scandalo (!): l'aspettativa di senso alla base della mia intera esistenza di donna era stata disattesa. Daniela non si rivolgeva a me come ad una madre-bambina: ne' come Crista, la bambina che salvera' il mondo e rappresentante di una fantomatica nuova generazione che avrebbe soddisfatto dei bisogni (i suoi?); ne' come risorsa-oggetto che, convenientemente ridotta alla postura naif di bambina, le avrebbe concesso di riaffermare i propri convincimenti da capo, ancora e ancora. Non mi arrivo' nulla di tutto questo: ne' sovradeterminazione, ne' alienazione, ne' affidamento. Ero libera di esser-ci e questo mi faceva anche un po' paura (talvolta forse persino rabbia o frustrazione). Era forse questo essere "solo" una donna? Iniziai ad andare all'Autocoscienza con lei e con Valentina, Annamaria, Irene, Tommasina, Antonella, Erica e le altre. Con loro, non senza difficolta', ho scoperto anzitutto che il rapporto con mia madre che avevo sempre amato, il conflitto con le sorelle che avevo sempre sofferto, l'ambiguita' nel rapporto con le amiche che avevo sempre evitato erano il senso stesso del movimento politico che ora toccava anche me. Fuori dalle definizioni date in terza persona, infatti, anche la "(as)senza (di) azione" - di cui scrive Antonella Ortelli - smise di essere il significato opposto di movimento e riprese a vivere la lunghezza del suo significato nella mia prima persona: attraverso il corpo vivo che sono, come una sapiente cassa di risonanza, prassi (politica) e sentimento di me stessa cominciarono ad agi(ta)re un jazz intricato di note e silenzi. Tuttavia, tornava come un mantra una domanda: una (o ogni) volta che avessi ritrovato questa politica me stessa, cosa me ne sarei fatta?
Epilogo: quando torni a respirare, non fai che ricercare ossigeno
Dopo circa un anno con quel primo Gruppo di Autocoscienza ne desiderai anche un altro e venne fuori molto presto "Autocoscienza 2.0". In cosa differisse dal primo o perche' farne un altro non furono mai domande che mi feci o che mi fecero. Imparai infatti che questo era il senso del separatismo, di quel luogo senza direzioni puntuali o assertive, quandanche spazialmente disponibili e significativamente corpose: non solo lo spazio delle donne (me compresa) non era limitato, non era neppure limitante. Al momento, quindi, so che non c'e' una risposta a quella domanda, di me non voglio farmene nulla! E proprio questo e' nella mia esperienza il famoso "luogo terzo" di cui dice e scrive Daniela: essere indipendente insieme alle altre, in uno spazio differenziale che non stringe mai le vie del senso e della sensatezza, per il solo fatto che ognuna e' se' stessa e nessun'altra, mentre ogni altra risuona facendo spazio a se' stessa. Questo e' quanto sperimento ogni settimana, con Claudia, Valentina, Alessandra, Francesca, Brenda, Maria, Tommasina, Silvia, Daniela e tutte le donne che fanno autocoscienza con me. Questo e' quello che mi porto anche fuori dal Gruppo dell'Autocoscienza: nell'incontro con le donne che di teoria non sanno proprio nulla e con quelle che invece percorrono strade parallele. Ci si chiede se l'Autocoscienza sia morta e in quale forma possa rivivere, ma nella mia esperienza questa domanda e' priva di senso! Suona come "Dio e' morto, viva Dio!" L'Autocoscienza non puo' morire, basta che qualcuna la faccia. Parliamo, purche' siamo, perche' la nostra esistenza non consiste in un atto mentale e non e' neanche chiusa in una crisalide di senso, come una bella teoria! Il fatto e' che esserci, in questo si' Cartesio ci ha azzeccato, richiede la stessa fatica che nascere.
Un ultimo appunto vorrei sottolineare prima di dover chiudere questo testo: se la storia delle donne e' pur sempre una genealogia del dolore che consiste nella profonda discrepanza tra l'esserci e il fare, tra una politica autocoscienziale e una politica della coscienza collettiva, a maggior ragione credo che sia necessario rimetterci a rischio. Ci sara' sempre un "fantasma che si aggira per la politica delle donne" finche' ci aspettiamo di essere tutte una sola parte.

13. RIFLESSIONE. CECILIA ALAGNA: L'AUTOCOSCIENZA E' L'ALTRA, LA MIA AVVENTURA SONO IO... E VICEVERSA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo e diffondiamo]

Ho scelto come titolo di questa breve riflessione due passaggi del secondo manifesto di Rivolta Femminile, li ho ricombinati fra loro perche' questo rimescolare discorsivo restituisce quello che l'autocoscienza e' diventato per me nell'arco di tre anni. E' per me un'impresa rischiosa parlare dell'autocoscienza, provo il senso della vertigine, perche' essa e' una pratica connessa al nostro essere donne-persone-soggetto nel nostro divenire consapevole e proprio per questo mi sfuggono sempre i termini del discorso, i confini, le forme. Tutto e' iniziato nel 2018, alle soglie dei miei trentacinque anni, quando l'idea della pratica dell'autocoscienza e' diventata qualcosa di ricorrente nel panorama dei miei pensieri e allora, pur non avendo minimamente idea di che cosa aspettarmi, ne coltivai da sola il desiderio; poi, fra il 2019 e il 2020, quando il mio essere donna-madre-moglie era diventato una dimensione di solitudine e alienazione si imposero le parole di mia madre "Sii piu' femminista nella tua vita personale e non solo a livello politico": per la prima volta nella mia vita le avevo sentito pronunciare delle parole che avevano al centro me e che mi richiamavano a farmi soggetto pensato di me stessa. Quelle sono state le ultime parole di amore che le ho sentito pronunciare: non c'era rimprovero nella sua voce ne' giudizio, erano le parole di una donna verso un'altra donna; lei donna clitoridea, io donna vaginale. L'autocoscienza e' iniziata in quello scambio.
Nei mesi che seguirono iniziai una guerra, per usare un'espressione cara ad Angela Putino, con me stessa e per mesi volteggiarono nella mia mente le parole del filosofo Seneca "Vindica te tibi" (affrancati, liberati), un'espressione che con stupore incontrai poi alle soglie del 2021 fra le parole di Carla Lonzi che mi invitavano, come aveva fatto per tre anni la mia amata professoressa di filosofia del liceo - suor Clotilde Milinci - a fronteggiare i meccanismi di autodifesa in cui ci crogioliamo per permanere cullate dalla nostra falsa coscienza; oggi probabilmente qualcuna direbbe che suor Clotilde ci invitava ad essere out of the comfort zone, lei la chiamava "vita autentica", "essere persone e non individue". Se per una parte considerevole della vita la mia coscienza era sempre stata punzecchiata e richiamata da donne piu' grandi di me alle quali ero legata da una relazione gerarchica affettuosa, mi sentivo finalmente pronta a fare lo stesso in relazioni simmetriche e prive di gerarchia.
Oggi l'autocoscienza, oltre che pratica di incontro, e' diventata postura, matrice. Durante l'incontro di Via Dogana sono risuonate, quasi che fosse la mia bocca a pronunciarle, le parole di tre donne: Maria Castiglioni, che ha parlato del suo gruppo di autocoscienza, Roberta Cordaro, che e' legata ai luoghi terzi di una delle madri dell'autocoscienza italiana, Daniela Pellegrini, e Claudia M., una delle donne con cui la pratico settimanalmente; mi e' sembrato, nell'ascoltarle, che ricorresse un termine a me caro: domande. Se l'autocoscienza e' iniziata in un dialogo da donna a donna fra me e mia madre, essa e' continuata nelle altre donne, prima fra tutte Alessandra Lanivi, per me amatissima, alla quale devo le domande piu' difficili, quelle che hanno ipotizzato e svelato le mie contraddizioni. Le domande dall'altra che ti ascolta in autocoscienza sono una mano tesa, un appiglio e al tempo stesso l'epicentro di scuotimento, l'epicentro di quel terremoto che fa emergere trasformativamente questa me incarnata; l'autocoscienza e' l'altra, appunto, e questa soggetta che ti e' simile e divergente al tempo stesso e' spinta, sostegno, scialle che ti avvolge, energia che ti contiene in un legame simmetrico di rispondenze. Sebbene ritenga che questa pratica sia possibile in una prospettiva di relazione duale fra donne, penso che la dimensione del "piccolo gruppo", del luogo terzo - come giustamente lo definisce Daniela Pellegrini - variamente ma stabilmente abitato, sia quella ottimale, poiche' il fatto che le donne si facciano presenza e coscienza costante delle altre rende possibile il cogliere delle contraddizioni: ciascuna donna in autocoscienza e' soggetto che si pensa narrandosi e al tempo stesso soggetto contraddicente, uno specchio vivente e pensante, che non riflette in modo deformato ma che richiama a uno sguardo piu' attento quando l'altra si adagia nelle autodifese. E' proprio da una pratica separatista stabilmente abitata e vissuta che e' possibile rendere politico cio' che emerge nel farsi dell'autocoscienza; e' la stabilita' dello scegliersi come soggette pensanti a rendere possibile, poi, la resa scritta, poiche' la scrittura e' per me la foce naturale di questa pratica e fa aderire il pensato al vissuto una volta che le contraddizioni hanno trovato una risoluzione discorsiva e con essa la politica. L'autocoscienza e' l'altra, ma la mia avventura sono io. Non posso che concludere questa brevissima riflessione con un pensiero per le amiche divergenti con le quali condivido e/o ho condiviso questa pratica: Alessandra, Angelica, Anita, Caterina, Claudia, Daniela P, Donatella, Elisa, Francesca M, Francesca S, Letizia, Maria, Roberta, Susanna, Valeria B., Valeria Q.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 311 del 7 novembre 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che negli anni Ottanta ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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