[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 310



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 310 del 6 novembre 2023

In questo numero:
1. Benito D'Ippolito: Le bombe sulle scuole e gli ospedali
2. Sette vecchi sonetti ritrovati di oltre dieci anni fa
3. Presentato a Viterbo l'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier"
4. Esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
5. Una cosa utile per la pace: bloccare la fornitura di armi assassine, con l'azione diretta nonviolenta
6. Alcuni riferimenti utili
7. Tre tesi
8. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
9. Solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani
10. Ripetiamo ancora una volta...
11. Annamaria Rivera: Le vie dei canti di Ivan Della Mea

1. L'ORA. BENITO D'IPPOLITO: LE BOMBE SULLE SCUOLE E GLI OSPEDALI

Le bombe sulle scuole e gli ospedali
i ragazzi al concerto rapiti e trucidati

i bambini decapitati all'arma bianca
i bambini spappolati dalle esplosioni

gli uccisi nei kibbutzim
gli uccisi nella Striscia

esseri umani uccisi da esseri umani
in un diluvio di sangue e di orrore

l'odio razzista e genocida
che ovunque rialza la testa
che ovunque spalanca le fauci

*

Cessate di uccidere
ogni persona torni alla propria umanita'

cessate di uccidere
ogni persona riconosca l'altrui umanita'

cessate di uccidere
siamo una sola umana famiglia

cessate di uccidere
chi salva una vita salva il mondo

ogni vittima ha il volto di Abele
salvare le vite e' il primo dovere
sii tu l'umanita' come dovrebbe essere

2. MEMENTO. SETTE VECCHI SONETTI RITROVATI DI OLTRE DIECI ANNI FA

I. Mille cadaveri e di mosche un pugno

Un sangue nero fumigante scola
un volto nero e' come legno attorto
non esce dalla gola una parola
il vivo e' arrovesciato e fatto morto.

Qui mira la scintilla e qui la mola,
come dal cielo piovve giu' sull'orto
di bronzo e fiamma l'orrida carola,
qual bastimento giunse infine in porto.

Dall'alto della rocca catafratto
chi tesse questa trama si protende
a contemplar che resta di tal bugno

e calcolare il prezzo del misfatto
e compitar quali frutto' prebende:
mille cadaveri e di mosche un pugno.

*

II. Ed i massacri della guerra afgana?

Ed i massacri della guerra afgana?
su quelli ancora l'omerta' prevale
giacche' l'Italia in quella si' lontana
terra e' tra quanti seminano il male

e fan raccolto della disumana
messe di sangue e d'odio, un infernale
rosario di delitti che si sgrana
e che s'irradia e il mondo inonda e assale.

Non e' anche quella una guerra stragista?
Non sono le sue vittime persone?
Non alimenta l'orgia terrorista?

Non muovono quei morti a compassione
l'illustre movimento pacifista?
Nessuno a questo crimine si oppone?

*

III. Parole

Le stragi "difensive", l'ammazzare
"umanitario", il massacrare masse
"collaterale effetto", le piu' basse
imprese sa la lingua mascherare.

Se solo per un'ora si lasciasse
la finta lingua che non fa pensare
altre sarebbero da pronunciare
parole amare in gravi e tristi lasse.

Questa menzogna che corrompe tutto
questa ferocia che tutto devasta
quest'empia pira d'infinito lutto

e questo fumo che tutto sovrasta
di carni umane che la fiamma ha strutto:
cos'altro ancora occorre per dir basta?

*

IV. Eis eauton

Non frutta gran raccolto dell'ascolto
la pallida virtu', ne' il ben assolto
dovere frutta molto, e piu' lo stolto
gode la vita di chi mesto volto

tiene per abito da poi che ha colto
che niun di duolo ne' d'affanno e' sciolto
e che se bene v'e', cosi' e' sepolto
che saria meglio che gli fosse tolto

ogni desire ed ogni speme ed ogni
miraggio di belta' e di nobil sogni
sicche' del nudo vero e dei bisogni

inesauribili non si vergogni
e resti forte e giammai s'incarogni
ma solo di esser giusto per se' agogni.

*

V. Consunte sono tutte le parole

Consunte sono tutte le parole
a dire l'eruzione di quel male
e come ancora l'anima ti assale
e come ancora morda nelle gole

e laceri le carni. E ancora duole
come piaga frugata dal pugnale
inestinguibile che nulla vale
a risanare. E ne' luna ne' sole

possono illuminare questa greve
tenebra sempiterna, e questa brace
fermenta ancora, e non vi sono leve

che rompano si' crudo carapace
e possano un soccorso recar lieve
alla memoria che non trova pace.

*

VI. Il superstite

Immedicabile e' questo dolore
insuperabile questa stanchezza
e non c'e' cuore, non c'e' fiore o amore
che possa dar sollievo, ne' allegrezza.

Passano gli anni come fosser ore
e ti ritrovi qui, in questa vecchiezza
con il medesimo colore e odore
con la medesima bruna grevezza.

Ogni parola ancora ti ferisce
ogni silenzio ancora ti e' di scherno
non vi son cose per te lievi e lisce

ma tutte ti riportano all'inferno
ove nulla di umano piu' schiarisce
questo infinito nudo vuoto inverno.

*

VII. Lungo il cammino

Nel candido silenzio della luna
lenta, gravata di un dolore cupo
in lunga fila va una schiera bruna
in questa landa del drago e del lupo.

Ovunque e' notte e non s'adocchia cruna
per aguzzar di ciglia, ed un dirupo
ed un deserto e' qui ove si rauna
fiaccata la teoria del crudo strupo.

E in questo andare unico barlume
di speme e' la carezza che conforta
chi e' insieme tratto in questo triste fiume

e il vivo volto che alla cosa morta
sa fare fronte e reca il buon costume
della pieta' che lotta e che sopporta.

3. REPETITA IUVANT. PRESENTATO A VITERBO L'APPELLO "PORTIAMO A COMPIMENTO L'INIZIATIVA DI DAVID SASSOLI PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER"

La mattina di venerdi' 3 novembre 2023 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", e' stato presentato l'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier".
Nel corso dell'incontro il responsabile della storica struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, ha presentato l'appello ed ha ancora una volta ricostruito sia la figura e la vicenda di Leonard Peltier sia alcuni passaggi particolarmente significativi della campagna internazionale per la sua liberazione.
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Il testo dell'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier"
Il 23 agosto 2021 David Sassoli, l'indimenticato Presidente del Parlamento Europeo che sarebbe deceduto pochi mesi dopo nel gennaio 2022, tenne una conferenza stampa in cui annuncio' il suo personale impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da quasi mezzo secolo prigioniero innocente.
L'iniziativa di David Sassoli si ricollegava idealmente a due precedenti importanti pronunciamenti del Parlamento Europeo, del 1994 e del 1999.
E si collegava anche al movimento che in Italia in quel momento riproponeva con forza l'esigenza e l'urgenza che Leonard Peltier venisse finalmente liberato.
In un suo tweet che accompagnava e sintetizzava la conferenza stampa del 23 agosto 2021 David Sassoli dichiarava, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
Lanciamo un appello a riprendere e portare a compimento quell'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier.
Chiediamo a chi legge questo appello:
a) di aderirvi, inviandone notizia agli indirizzi e-mail: freepeltierviterbo at tiscali.it e centropacevt at gmail.com
b) di diffonderlo ulteriormente;
c) di scrivere direttamente al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier: le lettere (il cui testo puo' anche essere semplicemente "Free Leonard Peltier") possono essere inviate attraverso la pagina web dedicata del sito della Presidenza degli Stati Uniti d'America: www.whitehouse.gov/contact/
d) di promuovere ove possibile iniziative di informazione, coscientizzazione, mobilitazione democratica e nonviolenta per la liberazione di Leonard Peltier che lo scorso 12 settembre ha compiuto 79 anni di cui 47 trascorsi in prigione da vittima innocente di una scellerata persecuzione.
Per un'informazione essenziale:
- Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano. Leonard Peltier prigioniero degli Stati Uniti, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena Vt).
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002.
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
Nella rete telematica e' disponibile una notizia sintetica in italiano dal titolo "Alcune parole per Leonard Peltier".
Sempre nella rete telematica e' disponibile anche una piu' ampia ed approfondita bibliografia ragionata dal titolo "Dieci libri piu' uno che sarebbe bene aver letto per conoscere la vicenda di Leonard Peltier (e qualche altro minimo suggerimento bibliografico)".
Ulteriori materiali di documentazione possono essere richiesti scrivendo ai nostri indirizzi di posta elettronica: freepeltierviterbo at tiscali.it e centropacevt at gmail.com
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Un recente appello di membri del Congresso degli Stati Uniti d'America sia democratici che repubblicani
Nel corso dell'incontro sono stati segnalati e riassunti molti importanti documenti, del parlamento Europeo, dell'Onu, di Amnesty International, di altri soggetti sia istituzionali che della societa' civile, ed in particolare il recentissimo appello al Presidnete Biden da parte di membri del Congresso degli Stati Uniti d'America sia democratici che repubblicani che di seguito si riproduce integralmente:
October 6, 2023
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave, NW
Washington, DC 20500
Dear President Biden:
We are writing to you regarding the nearly five-decade imprisonment of Leonard Peltier. Now, more than ever, bedrock principles of justice warrant your consideration of a grant of executive clemency or support of compassionate release at the Federal Bureau of Prisons.
Leonard Peltier, a Native American activist and citizen of the Turtle Mountain Band of Chippewa Indians (ND), is now in his 48th year of incarceration. He is 79 years old and in failing health. Mr. Peltier is serving two life sentences in a maximum-security federal prison for aiding and abetting in a case where his co-defendants were found not guilty on the grounds of self-defense.
Over the course of his incarceration, particularly in recent years, key figures involved in Mr. Peltier's prosecution have stepped forward to underscore the constitutional violations and prosecutorial misconduct that took place during the investigation and trial that led to his conviction. Gerald Heaney, the judge who presided over Mr. Peltier's 1986 appeal in the Eighth Circuit, called for his release in 1991 and again in 2000 (1), and former United States AttorneyJames Reynolds, whose office handled the prosecution and appeal of Peltier's case, has called for a commute of the remainder of his sentence and observed that "his conviction and continued incarceration is a testament to a time and a system of justice that no longer has a place in our society." (2) In addition, the United Nations Working Group on Arbitrary Detention specifically noted the anti-Indigenous bias surrounding Peltier's detention, stating simply that he "continues to be detained because he is Native American." (3)
Retired FBI Special Agent Coleen Rowley, in her letter addressed to you on December 3, 2022, raised how the "long-standing horribly wrongful oppressive treatment of Indians in the U.S." played into Peltier's case and, critically, the "FBI Family vendetta" behind the agency's opposition to clemency. (4) We recognize the grief and loss that took place in both the FBI and Tribal community on that day but also recognize this opportunity for all to move forward.
As Members of Congress, we sign this letter with a deep commitment to the crucial role we play in upholding justice for all Americans - and to also hold our government accountable when we see a case of injustice, as demonstrated by the long incarceration of Leonard Peltier. We stand with the Tribal Nations of the United States, Indigenous voices worldwide, and leading voices on human rights and criminal justice around the globe in support of Mr. Peltier's release. We applaud your commitment to criminal justice reform and your administration's work to address inequities in the criminal justice system and rectify the past wrongs of our government's treatment of Native Americans. We urge you to take the next step by granting  Mr. Peltier executive clemency or compassionate release.
Sincerely,
Seguono le firme di 33 membri del Congresso degli Stati Uniti d'America
Note
1. Gerald H. Heaney, U.S. Senior Cir. Judge, 8th Cir., Letter to Senator Daniel K. Inouye, Chairman, U.S. Senate Select Comm. on Indian Affairs (Apr. 18, 1991), http://www.whoisleonardpeltier.info/download/Heaney.pdf
2. James Reynolds, Former U.S. Attorney, Letter to President Joseph R. Biden (Jul. 9, 2021), https://www.amnestyusa.org/wp-content/uploads/2023/03/From-US-Attorney-James-Reynolds.pdf.
3. United Nations Working Group on Arbitrary Detention, Opinion No. 7/2022 concerning Leonard Peltier (United States of America) (Jun. 7, 2022), https://www.ohchr.org/sites/default/files/2022-06/A-HRC-WGAD-7-2022-USA-AEV.pdf
4. Coleen Rowley, Retired FBI Special Agent, Letter to President Joseph R. Biden (Dec. 3, 2022), https://www.amnestyusa.org/wp-content/uploads/2023/04/From-Retired-FBI-Special-Agent-Coleen-Rowley.pdf
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Giustizia e liberta' per Leonard Peltier.
Giustizia e liberta' per l'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Free Leonard Peltier.
Mitakuye Oyasin.

4. REPETITA IUVANT. ESPOSTO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA

Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
e per opportuna conoscenza:
al Presidente della Repubblica
ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
alla Presidente del Consiglio dei Ministri
a tutte le ministre e i ministri, a tutti i senatori e le senatrici, a tutte le deputate e i deputati, agli ed alle europarlamentari elette ed eletti in Italia
a numerosi pubblici ufficiali cui incombe, ricevendo tale notitia criminis, di promuovere l'azione giudiziaria
ai mezzi d'informazione
a numerose persone di volonta' buona, associazioni democratiche, istituzioni fedeli alla legalita' costituzionale
*
Oggetto: esposto relativo alla violazione dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana da parte del governo italiano.
Egregi signori,
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l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana e' inequivocabile. Esso recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
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Il governo italiano ha violato l'articolo 11 della Costituzione in quanto:
a) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la fornitura di armi che la guerra alimentano;
b) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la propria aviazione militare che raccoglie informazioni e le invia all'esercito ucraino sul campo di battaglia (cfr. il servizio giornalistico apparso sul sito dell'autorevole agenzia giornalistica Ansa col titolo "La guerra dei top gun italiani", che fin dall'incipit esplicitamente afferma che "i nostri piloti, tra loro anche una donna, a bordo dei caccia catturano dati importanti che in poco tempo finiscono sui cellulari dei soldati ucraini sul campo di battaglia");
c) ostacola effettualmente ogni realistica ipotesi di "cessate il fuoco" ed ogni concreto impegno di pace sostenendo esplicitamente la tesi che la guerra deve concludersi non con un negoziato ma con la "vittoria" di una delle parti in conflitto (cfr. la dichiarazione della Presidente del Consiglio dei Ministri "scommettiamo sulla vittoria ucraina" riportata da numerosi mezzi d'informazione);
d) sostiene l'azione provocatrice ed eversiva della Nato che da decenni opera nell'Europa dell'est per destabilizzare gli equilibri regionali e suscitare conflitti (azione divenuta finanche esplicitamente terrorista e stragista durante la guerra di distruzione della Jugoslavia nel 1999).
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In flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione, il governo italiano arma e quindi alimenta la guerra, partecipa alla guerra e quindi alle stragi di cui ogni guerra sempre e solo consiste, e con cio' espone altresi' anche il nostro paese a subire le conseguenze della guerra, e - last, but not least - contribuisce all'escalation verso una guerra mondiale e nucleare che puo' metter fine all'intera civilta' umana.
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Egregi signori,
con il presente esposto si richiede il piu' tempestivo intervento per far cessare l'azione incostituzionale, folle e criminale del governo italiano.
Distinti saluti,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, primo agosto 2023

5. REPETITA IUVANT. UNA COSA UTILE PER LA PACE: BLOCCARE LA FORNITURA DI ARMI ASSASSINE, CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA

Ovviamente apprezzando e sostenendo le molte iniziative gia' in corso (e soprattutto quelle che concretamente recano aiuti umanitari e soccorrono, accolgono e assistono tutte le vittime e tutte le persone che dalla guerra fuggono e alla guerra si oppongono), vorremmo aggiungere una cosa da fare che ci sembra utile piu' di ogni altra per contribuire da qui, in Italia, a far cessare le stragi in Ucraina: bloccare la fornitura di armi assassine.
E per bloccare la fornitura di armi assassine occorre bloccare con specifiche e adeguate azioni dirette nonviolente le fabbriche di armi, i depositi di armi, i trasporti di armi, i centri decisionali e le strutture tecniche che le forniture di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Fornire armi assassine dove e' in corso una guerra significa partecipare a quella guerra, cosa esplicitamente vietata dall'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana.
Non vi e' infatti alcun dubbio che fornire armi assassine dove una guerra e' in corso e dove quindi esse vengono usate per uccidere degli esseri umani (e tutte le armi sono usate sempre e solo per uccidere) significa partecipare alla guerra e alle stragi di cui essa consiste, e il citato articolo 11 della Costituzione e' chiarissimo e inequivocabile al riguardo, aprendosi con queste precise parole: "L'Italia ripudia la guerra".
Pertanto, un governo italiano che decide di fornire armi assassine a un paese in guerra e' ipso facto in contrasto con la Costituzione cui ha giurato fedelta', ed e' quindi un governo fuorilegge, criminale, golpista. E chiunque in Italia cooperasse all'invio di armi assassine, o l'invio di armi assassine consentisse, sarebbe parimenti criminale.
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E' quindi diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi all'invio di armi assassine dove una guerra e' in corso.
Cosi' come e' diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi a un governo golpista e a chiunque coopera alla commissione di stragi.
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Come e' possibile contrastare questo crimine?
Come e' possibile fare qualcosa di concreto per salvare le vite di coloro che la guerra - che quelle armi assassine alimentano - uccide?
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi le fabbriche, i depositi, i trasporti di armi.
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi i centri decisionali e le strutture tecniche che quell'invio di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Naturalmente occorre:
a) individuare tutti i luoghi da bloccare ed organizzare adeguatamente il blocco della scellerata attivita' finalizzata all'invio di armi assassine ovvero all'uccisione di esseri umani;
b) formare adeguatamente le persone di volonta' buona disponibili a partecipare a tali azioni dirette nonviolente.
La nonviolenza infatti richiede una specifica accurata preparazione e una completa conoscenza e consapevolezza del significato e delle conseguenze delle proprie azioni, che essendo non simboliche ma concrete espongono chi le esegue alle ovvie rappresaglie da parte dei poteri la cui azione criminale si vuole impedire.
La nonviolenza infatti, nel suo impegno per salvare tutte le vite, richiede una rigorosa coerenza tra i mezzi e i fini, una piena coscienza delle personali sofferenze cui si puo' andare incontro, una nitida disponibilita' ad accettare di subire torti e persecuzioni senza reagire, a subire violenza senza opporre violenza.
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A oltre un anno dall'inizio della guerra in Ucraina scatenata dall'invasione militare per volonta' del folle e criminale autocrate russo, e' ormai chiaro ad ogni persona che tutti i governi attivamente coinvolti nella guerra, che la guerra e le stragi hanno alimentato e tuttora alimentano e che hanno impedito fin qui ogni tregua ed ogni trattativa di pace, non intendono affatto porre fine alle stragi, non intendono affatto salvare le vite umane che ogni giorno la guerra distrugge, ma anzi cooperano alla prosecuzione, all'intensificazione e all'estensione delle uccisioni di esseri umani, ed accrescono il pericolo che la guerra si faccia mondiale e nucleare e possa distruggere l'intera umana famiglia.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per contrastare questo abominevole massacro e il pericolo dell'apocalisse atomica.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per imporre ai governi la cessazione della guerra.
Hic et nunc solo l'azione diretta nonviolenta puo' concretamente contribuire a fermare le stragi e ad imporre ai governi di cessare il fuoco e avviare trattative di pace.
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Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

6. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

7. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

8. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

9. REPETITA IUVANT. SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE NELLA LOTTA NONVIOLENTA PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI

Siamo solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessi la repressione del movimento democratico e nonviolento delle donne - e degli uomini postisi alla loro sequela - che si riconosce nel motto "Donna, vita, liberta'", che siano liberate e liberati tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici, che cessi la violenza maschilista di stato, e che siano riconosciuti, rispettati e difesi tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nessuna autorita' e' legittima se non rispetta la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

10. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

11. MEMORIA. ANNAMARIA RIVERA: LE VIE DEI CANTI DI IVAN DELLA MEA
[Da "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo]

Quando capita di ricordare qualcuno, magari per caso, o anche perche' s'e' scelto di farlo, di solito ci sono percorsi facili, segnati, oppure ce ne sono di piu' impervi, pronti ad inasprirsi curva dopo curva. Ci sono, pero', anche percorsi ben piu' labirintici, visibili soltanto a certi occhi attenti che sanno andare molto oltre lo sguardo abituale, un po' come accade in uno dei libri piu' originali di Chatwin, dove si pensa che tutto il mondo possa esser visto come una mappa di canti e che esso sia nato da quelli tramandati di generazione in generazione. Annamaria Rivera racconta qui di aver ripensato a Ivan Dealla Mea con un pensiero ricco di tempo vissuto e profondita' quanto struggente. Lo fa, ci pare, con uno di quegli sguardi attenti ai percorsi meno visibili, e forse anche un po' labirintici, che scarta dall'immagine classica di Ivan tanto cara a molti di noi - "la colonna sonora delle lotte studentesche e operaie degli anni sessanta e settanta" - per entrare, subito, in un mondo felino cui lei associa un tratto certo meno noto della personalita' di Della Mea. Si tratta della conciliazione o della convivenza tra opposti "che Ivan perseguiva, o solo coltivava, caoticamente e ostinatamente: natura e cultura, dolcezza e selvatichezza, sensitivita' e razionalita', tenerezza e intransigenza, intuito e ponderatezza, affettivita' e distacco, creativita' e saggezza". Ne deriva il ritratto politico, e insieme intimo, di un cantore militante quanto poliedrico di umiliazioni, ricatti, sconfitte, umili storie quotidiane e piccole resistenze al dominio e alla violenza della merce, che tende a impossessarsi della totalita' della vita sociale. Un intellettuale "autodidatta" assai anomalo, Ivan Della Mea, che, per esempio, sa misurarsi - tratto quantomai essenziale per la sua generazione - con la nobilta' della sconfitta, senza rimuoverla ne' dissimularla ma senza farsene schiacciare. Ne "porta la croce", scrive Annamaria, come se il peso del legno potesse alleggerirsi con l'ironia, la tenerezza, la creativita', il gusto della vita... Una lezione indimenticabile perche', tra le altre cose, capace di aprire nuovi, straordinari percorsi alla memoria di tutti.
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E' ricordare il 24 aprile 2010, una sera un po' malinconica che mi fa ripensare a Ivan Della Mea. E non perche' sia la vigilia dell'anniversario della Liberazione. L'associazione d'idee e' un'altra. Mi ha messa di malumore una cena in cui per caso ero l'unica donna. Niente di grave: un paio di battute sessiste, il solito vizio maschile di parlarsi addosso. Bastano a farmi rimpiangere complicita' femminili, conversazioni autentiche, confidenze, empatia. Vere interlocutrici, penso. E mi viene in mente Ivan, interlocutore di genere maschile, femminile e neutro. Raro quanto intenso. E' un pensiero struggente, come si dice. Lo e' ancor di piu' perche' devo scrivere un articolo sulla sua figura di intellettuale autodidatta, come ho promesso. Non ho l'ispirazione. Mi avvicino al telefono. Un clic e sul display ricompare il messaggio: "Mi sei venuta in mente perche' vi voglio bene". E' ancora in memoria, unico, solitario. Nessuno mi ha piu' mandato sms al telefono fisso.
Cercando l'ispirazione, osservo la copertina della stravagante autobiografia di Ivan (Se la vita ti da' uno schiaffo, 2009, Jaca Book): il suo gatto appare in copertina, ancora piu' enigmatico, con quello straccio rosso accanto. Nero, gli occhi enormi, i baffi un po' sghembi, dacche' Ivan e' morto sembra un po' intristito. Gia' prima non tendeva all'allegria: appena nato, gia' sapeva - perche' i gatti lo sanno sempre - che chi lo aveva creato sarebbe morto poco dopo, giovanissimo. Una meteora nel panorama artistico del Novecento, dicono le biografie. Penultimo di dodici figli di una famiglia sarda, povera, un'adolescenza orfana, una vita tribolata e quella morte precoce sul fronte greco-albanese. Anni dopo il gatto di Ivan rimase stupito e contento che l'autobiografia di Ivan gli abbia ridato un pizzico di notorieta'. In qualcosa somiglia alla vita del mio creatore, pensa subito il gatto: entrambe le vite hanno un odore di orfanita' inconfondibile, almeno per il fiuto felino. Ma sa anche - non era difficile immaginarlo - che pure Ivan se ne sarebbe andato presto. Riflette: forse l'autobiografia e' il tentativo di beffare la morte imminente anticipando la resurrezione dell'uno dalle spoglie del trino.
Il gatto nero della copertina di Se la vita ti da' uno schiaffo (2009) non e' l'unico nella vita e nelle opere di Ivan. Felina e' la sua canzone piu' bella e piu' radicale, El me gatt: ha il coraggio di affermare che giustizia e ingiustizia valgono per tutte le creature, che la vita di un gatto vale quanto quella di una Ninetta. In Accadde a Tuscamelot. Cose di vita, cose di delirio (Jaca Book, Milano 2005). Tre gatti, Tatanka, Chicola e Macchiettanera, sono state le muse ispiratrici, le voci che hanno interloquito col suo flusso di coscienza, che gli hanno indicato il senso della vita e lo hanno richiamato alla saggezza. Nella vita-e-opere di Ivan della Mea i gatti non sono espedienti retorici o estetici, ne' elementi esornativi. Sono, invece, la sintesi - non solo metaforica ma anche vivente, ronfante, miagolante, graffiante - di quella conciliazione di opposti o convivenza che Ivan perseguiva, o solo coltivava, caoticamente e ostinatamente: natura e cultura, dolcezza e selvatichezza, sensitivita' e razionalita', tenerezza e intransigenza, intuito e ponderatezza, affettività e distacco, creativita' e saggezza.
La conciliazione o solo la convivenza fra opposti o divergenti, Ivan le trasferisce anche sul piano ideologico e politico. Comunista e anarchico: a sedici anni si iscrive al Pci, giusto il 1956, l'anno della rivolta ungherese duramente repressa dalle truppe sovietiche; ma libertario rimane nel profondo dell'animo.
Nondimeno riesce a restare nel Pci a lungo, forse in virtu' della capacita' d'immaginazione: d'immaginare sempre un altro possibile, al di la' della realissima ortodossia burocratica che presto si sarebbe tramutata in frettolosa liquidazione del passato.
Cristiano in versione francescana, ma panteista per sensibilita' e apprensione del mondo. Francescane potrebbero dirsi, in modo un po' banale, la noncuranza verso beni e denaro, la quasi poverta', l'altezza del senso morale, la propensione a fare cio' che si deve in modo disinteressato, talvolta fino al sacrificio.
Ma forse si potrebbe precisare: "francescano senza connotazioni confessionali", quindi panteista o anche spinoziano, perfino buddista oppure jainista, per la sensibilita' e l'inclinazione a cogliere il senso delle relazioni fra tutti i viventi e fra i viventi e il cosmo; e per la pratica della com-passione, o dell'ahimsa, si potrebbe azzardare.
Eppure intransigente e settario, come pochi nell'appassionata quanto antiquata difesa del comunismo. Che per lui significa qualcosa di netto ed essenziale: stare sempre dalla parte degli "ultimi del mondo", per citare L'internazionale di Franco Fortini; dei reietti, dei subalterni, degli sfruttati, dei ribelli. In definitiva, stare sempre dalla parte dei piu' remoti e basilari fra i tanti se': orfano d'adozione, ragazzo abbandonato e rinchiuso, operaio elettromeccanico, verniciatore, fattorino, cameriere, barista, correttore di bozze... Agli altri se', quelli del riscatto - revisore editoriale, pubblicista, cantautore, sceneggiatore, ricercatore, scrittore, poeta, saggista, presidente dell'Arci Corvetto e presidente pure dell'Istituto "Ernesto de Martino" -, egli affida il compito di raccogliere, interpretare, abbellire, restituire le voci o solo i mugugni, le imprecazioni, i lamenti dei reietti, dei subalterni, degli sfruttati, dei ribelli.
E finalmente vengo al dunque: che genere d'intellettuale e' stato Ivan Della Mea? Per cominciare: un autodidatta senza la mania dell'erudizione propria degli autodidatti, un colto che si e' fatto tale non per frequentazioni accademiche o per dura disciplina di studio, ma per esperienza e curiosita', ingordigia della vita, per ansia di trovare risposte al frullio di dubbi che lo sovrasta e lo accompagna come un'aureola di gabbiani.
Era anche un intellettuale "totale" come quelli di una volta. Quindi del tutto fuori moda dacche' si e' imposta, come sola legittima e riconosciuta, la figura dello specialista, dell'intellettuale "circoscritto", colui che sa tutto, o quasi, di un solo campo specifico del sapere. Per Ivan, sensibilita', esperienza e cultura erano tutt'uno. In lui la cultura "alta" si nutriva della cultura "bassa", e viceversa. Ed e' la prossimita' alla cultura popolare che gli favoriva ricerca e sperimentalismi di ogni genere e un'elevata capacita' di comunicare con mezzi molteplici: dalla musica al cinema, dall'editoriale al racconto, dalla poesia al romanzo, dalla satira politica all'autobiografia.        
"Saper di non sapere e' quanto c'e' di piu' prossimo alla divinita', ovvero all'ente primigenio, ovvero al vivente", scrive nell'autobiografia [1]. Era perfino sconcertante, Ivan, nell'umilta' che certe volte gli veniva dalla nudita' di chi sa di non sapere. Era capace di telefonarmi in orari assurdi per domandarmi se ça va sans dire suonasse bene nel contesto di una certa frase, se la teoria del sacrificio di Rene' Girard fosse attendibile, in che modo si possa definire il malocchio dal punto di vista antropologico, quando sia appropriato parlare di razzismo e quando di xenofobia.    
Sapendo di non sapere, Ivan e' sfuggito al rischio di diventare un semicolto, di approdare a quella mezza cultura che, per dirla con Horkheimer e Adorno, "a differenza della semplice incultura, ipostatizza a verita' il sapere limitato" [2]. Del resto, bastian contrario com'era, mai avrebbe potuto essere un orecchiante, uno di quei piazzisti che se ne vanno in giro sempre lesti a mostrare la loro mercanzia di mezze idee, frasi fatte, formulette risapute; sempre pronti a tirar fuori dal fagotto il luogo comune adatto alla circostanza e all'interlocutore.
Ivan non solo sapeva di non sapere, lo ammette anche, tanto da sembrarti ingenuo. Non maschera le sue lacune, come dicevano un tempo i nostri insegnanti, dietro qualche espediente retorico. Le sfoggiava, quasi, non per arroganza o goffaggine, ma perche', sapendo di non sapere, riconosceva gli altri e le altre e le loro competenze, purche' non fossero disgiunte dalle qualita' umane che apprezzava. Come scrive Emmanuel Levinas, e' la relazione con l'altro-nostro maestro che rende possibile la verita'. "E la verita' e' cosi' legata al rapporto sociale che e' giustizia. La giustizia consiste nel riconoscere in altri il mio maestro" [3].
E' per questa inclinazione al riconoscimento che per Ivan, poco piu' che ventenne, l'incontro con Gianni Bosio e' stato fondamentale - folgorante, si potrebbe dire - tanto da cambiargli non solo la vita, ma anche il pensiero e l'opera. Ivan ha riconosciuto Bosio come maestro, ma anche come interlocutore e amico. E cosi' e' diventato "un artigiano di canzoni", come una volta si e' definito: in realta' era un pilastro del movimento di ricerca e riproposta, reinvenzione e divulgazione della canzone popolare e politica.
In una specie di poesia per la sua resurrezione come uno, ho scritto che egli e' stato la colonna sonora che ha scandito e dato senso al fluire dei nostri anni ruggenti, ma anche degli anni piu' infelici e oscuri. In realta', Ivan non e' stato solo "la colonna sonora delle lotte studentesche e operaie degli anni sessanta e settanta", come si e' soliti scrivere, ma anche e da subito, un cantore di umiliazioni, ricatti, sconfitte, umili storie quotidiane e piccole resistenze al dominio e alla violenza della merce, che tende a impossessarsi della totalita' della vita sociale: piccole resistenze - anche fatte solo di gesti, testimonianze, comportamenti, delicatezze - intese come tracce, prefigurazioni ipotetiche, non garantite, di una societa' affrancata dal profitto.
"La cultura autentica (...) non ama esibirsi, non sbandiera rumorosamente se stessa, non si mette al centro della scena (...) Chiede anzi di sparire, di annullarsi e trasformarsi in altro: comportamento, gesti, sensibilita', esistenza" [4]. Quel che Ivan sapeva o aveva appena appreso, ingordamente, anche disordinatamente, lo restituiva alleggerito dal suo peso specifico facendolo volare sulle ali dell'ironia. E, se gli era piaciuto davvero, lo incorporava e poi lo convertiva in gesti, sensibilita', esistenza. Dopo averlo assorbito ed elaborato, lo riversava in canzoni, poesie, articoli, romanzi, racconti, narrazioni, fascicoli della rivista o solo conversazioni con amici e compagni. In cui delle volte, sanguigno com'era, si appassionava e s'inalberava, litigava ferocemente e subito chiudeva la polemica con una battuta leggera o con una dichiarazione di affetto.  
Un giorno, a Sesto Fiorentino, ci trovammo a discutere di immigrazione e razzismo. Ivan non se n'era mai occupato granche', ragion per cui inframmezza alcune osservazioni acute e non convenzionali con qualche luogo comune di genere milanese, di quelli che forse punteggiavano le conversazioni al circolo Arci Corvetto. Discutemmo a lungo e pacatamente, io senza rinunciare a smontargli le idees reçues.
Poco dopo lui mi sorprese per la capacita' di meditare sulle obiezioni altrui e di cambiare opinione. Aveva deciso che quello era un tema tanto cruciale che era urgente dedicargli un numero della rivista, e mi propose di curarlo. Cosi' nel 2000 usci' il numero monografico del "de Martino" su Stranieri e cittadini. Piu' tardi si butto' a capofitto nell'impresa di una ricerca basata su racconti di vita di migranti, nella quale coinvolse un mio allievo, Marcello Tari'. Ne conseguira', nel 2004, un altro bel fascicolo della rivista: "Qui noi viviamo". Migranti. Storie di vita, curato da Tari'. Cosi' Ivan diventò pure antirazzista abbastanza militante, peculiarita' che ando' ad aggiungersi al suo essere antifascista, libertario, comunista, ecologista, animalista, gattofilo, anche un po' femminista. E molte altre cose.
"Questo pugno che sale, questo canto che va...". Nel modo in cui egli interpretava L'Internazionale di Fortini sta tutto Ivan o almeno sta la chiave per cercare di comprendere che genere d'intellettuale engage' egli fosse. La canta nel solito modo ruvido e imperfetto, piu' sommesso del consueto, la esse scivolante che scivola piu' che mai, perfino con qualche stonatura e con qualche vena di malinconia.
E' come se il suo modo imperfetto di cantare un testo cosi' "utopico" volesse scongiurare il rischio della retorica e della fede nel sol dell'avvenir. Anche in quella maniera di cantare risiede la convivenza fra opposti o divergenti che egli coltivava: l'utopia del comunismo e lo spirito francescano piu' immanente, la disperazione del presente e l'ostinazione nel proiettarsi oltre, la coscienza acuta della sconfitta irrevocabile e la ricerca di tracce di resistenza, per quanto minute e quotidiane, perfino personali, sentimentali, gestuali.
In questo consiste la sua "lezione", come si dice. In un tempo in cui sembra avverarsi la profezia di Debord [5] - lo spettacolo che diviene l'equivalente generale astratto di tutte le merci - un uomo di spettacolo, a suo modo, canta, scrive, racconta con ostinazione le resistenze al dominio del valore di scambio. In epoca di sconfitta, egli non la rimuove ne' la dissimula dietro nostalgie patetiche, retoriche roboanti o abiure difensive. Neppure se ne fa schiacciare e non si rintana nel guscio del risentimento, dell'individualismo o del cinismo. Invece, "ne porta la croce" ma, come se il peso del legno potesse alleggerirsi con l'ironia, la tenerezza, la creativita', il gusto della vita, la vista di "un volo libero di rondini", di "uno sciame pulsante di lucciole in amore", di "un cavallo pazzo in libera uscita" [6]. Perche' infine questo conta: "scoprire la carita' che ci dobbiamo e dobbiamo a tutto il vivente", per poter continuare a lottare affinche' "niente e nessuno nell'universo mondo abbia bisogno della carita'".
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Note
1. I. Della Mea, Se la vita ti da' uno schiaffo, op. cit., p. 152.
2. M. Horkheimer, T. W. Adorno, Dialettica dell'Illuminismo (1947), Einaudi, Torino 1997, p. 210.  Vedi anche: T. W. Adorno Teoria della semicultura (1959), in  Scritti sociologici (1972), Einaudi, Torino 1976, pp. 95-114.
3. E. Levinas, Totalita' e infinito, Jaca Book, Milano 1992, p. 70.
4. F. La Porta, Basta con la letteratura!, in: "Origine. Scritture in movimento": http://www.rivistaorigine.it/basta_letteratura.html
5. G.-E. Debord, La societa' dello spettacolo (1967), Massari Editore, 2002.
6. I. Della Mea, Se la vita ti da' uno schiaffo, op. cit., p. 155.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 310 del 6 novembre 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che negli anni Ottanta ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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