[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 262



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 262 del 19 settembre 2023

In questo numero:
1. Andrea Sceresini: Gli uomini contro dell'Ucraina: quasi 200.000 i "disertori"
2. Francesco Brusa: "Guerra e' violenza patriarcale". La lotta femminista in Russia
3. Esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
4. Una cosa utile per la pace: bloccare la fornitura di armi assassine, con l'azione diretta nonviolenta
5. Una proposta per le elezioni europee del 2024: una lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo
6. Alcuni riferimenti utili
7. Tre tesi
8. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
9. Solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani
10. Ripetiamo ancora una volta...
11. Franca Fortunato: Rileggere "Accabadora"
12. Olivia Guaraldo: L'inferiorita' femminile e' una costruzione epistemica
13. Nicola Villa: Laura Conti e il nostro irrisolto rapporto con gli animali e l'ambiente

1. L'ORA. ANDREA SCERESINI: GLI UOMINI CONTRO DELL'UCRAINA: QUASI 200.000 I "DISERTORI"
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Il manifesto" il 12 settembre 2023 con il titolo "Gli uomini contro dell'Ucraina: quasi 200.000 i "disertori""]

Chop e' un piccolo villaggio ucraino al confine con l'Ungheria. La prima cittadina al di la' della frontiera si chiama Zahony, e dista solo un paio di chilometri in linea d'aria. Puoi raggiungerla in due modi: o via treno, se hai tutti i documenti in regola, oppure - se non li hai - guadando a nuoto il gelido fiume Tibisco. Non abbiamo idea di quante persone abbiano compiuto l'impresa, ma le statistiche ufficiali ci informano che dal 24 febbraio 2022 a oggi almeno diciannove cittadini ucraini sono morti annegati nel tentativo di sfuggire all'arruolamento varcando queste acque. Lo scrive The Economist, in un recente reportage dal titolo piuttosto netto: Migliaia di ucraini stanno evitando il servizio militare. Nell'ultimo anno e mezzo - stando a quanto riportato dal settimanale britannico - i doganieri di Kiev avrebbero fermato 6.100 uomini con l'accusa di tentato attraversamento illegale dei posti di frontiera, mentre altri 13.600 individui sono stati acciuffati mentre cercavano di espatriare valicando fiumi e campagne.
Un fenomeno tutt'altro che trascurabile, in un Paese che ha fatto del patriottismo militarista il proprio brand - e che ha costretto a uniformarsi alla moda tutti i cittadini arruolabili di eta' compresa tra i 18 e 60 anni, ai quali, come noto, e' severamente vietato spostarsi oltreconfine. I fuggitivi - e a maggior ragione, i fuggitivi che si sono fatti beccare - sono tuttavia solo la punta dell'iceberg. Un'altra strategia utilizzata per evitare la mobilitazione sarebbe - sempre secondo The Economist - quella di registrarsi come accompagnatore di un familiare disabile. In alternativa - qualora non ci siano malati in famiglia - c'e' chi cerca di sfangarsela contraendo matrimoni di convenienza con donne portatrici di handicap. Oppure, ci si puo' iscrivere all'universita': non a caso - come rileva Dmytro Tuzhansky, direttore dell'Istituto per la strategia centroeuropea di Uzhhorod - il numero di uomini idonei alla leva che si sono fatti schedare come studenti e' ormai "enorme". Cio' nonostante, di tutto questo si continua a parlare pochissimo, e il tema della diserzione e della renitenza alla leva resta, su entrambi i lati del fronte, uno dei meno trattati dalle cronache. Quando su questo giornale abbiamo provato a colmare tale lacuna - raccontando soprattutto le defezioni politiche, di chi pensa che la guerra sia fatta col sangue dei lavoratori per arricchire oligarchi e padroni - in tanti hanno avuto da eccepire, specie sul fronte ucraino.
Che molti russi disapprovino il conflitto e' ormai pacifico: solo nel 2022, secondo il ministero degli Esteri britannico, oltre un milione e 300mila cittadini della Federazione si sarebbero rifugiati all'estero, mentre ogni settimana almeno cento soldati verrebbero processati dai tribunali di Mosca per aver gettato il fucile ed essersi rifiutati di combattere. Ma affermare che le stesse cose avvengono regolarmente anche sul versante di Kiev rimane, a quanto sembra, un autentico tabu'. Del resto, l'Ucraina ci tiene a presentare sé stessa come un Paese di tempra guerriera, i cui cittadini sono pronti a farsi scannare in massa per la gloria della patria. Se cosi' fosse, tuttavia, non si capirebbe per quale ragione, un mese fa, il presidente Zelensky avrebbe dovuto annunciare il licenziamento di tutti i funzionari regionali addetti all'arruolamento, rei di "arricchimento illegale, profitti illeciti e trasporto illegale attraverso il confine di coscritti". "Ci sono regioni - ha spiegato Zelensky - in cui il numero delle esenzioni dalla naja e' aumentato di dieci volte rispetto al febbraio del 2022". Negli scorsi giorni, come se non bastasse, il governo di Kiev ha riportato in auge la questione chiedendo alle nazioni occidentali l'immediata estradizione dei renitenti alla leva che si sono rifugiati oltreconfine.
Una pretesa che sara' suonata bizzarra alle orecchie degli abituali fruitori della propaganda ucraina, la quale ha sempre bollato il fenomeno del rifiuto della divisa come "esiguo" e "marginale". Come dire: se tutti vogliono combattere, che senso ha farsi rispedire indietro quei quattro codardi che se la sono squagliata? La risposta - non proprio esaltante, immaginiamo - e' giunta per bocca degli stessi alleati occidentali: solo in Germania - come riporta la Bild, citando i dati del ministero degli Interni tedesco - sarebbero approdati tra il febbraio 2022 e il febbraio 2023 ben "163.287 ucraini maschi e normodotati".
In Polonia l'argomento e' stato oggetto di un lungo servizio del quotidiano Rzeczpospolita, il quale scrive che almeno 80mila cittadini ucraini in eta' militare sarebbero entrati nel Paese dopo l'inizio dell'invasione e non ne sarebbero piu' usciti. Il quadro che se ne ricava e' piu' o meno sovrapponibile a quello tratteggiato da The Economist, e se si comparano queste cifre con il totale dei militari in servizio attivo nell'esercito di Kiev - che sono ormai circa 500mila - il primo aggettivo che viene in mente non e' ne' "esiguo" ne' "marginale". "Al fronte ci finiscono quasi sempre i piu' disgraziati - ci ha raccontato Ivan, un renitente di Kharkiv che oggi vive in Italia -. Per i russi e' la stessa cosa: quanti ventenni sani di mente sarebbero disposti a farsi sbudellare da un colpo di mortaio nel Donbass? E poi, per il vantaggio di chi? Con quale scopo? E perché i figli dei politici e degli oligarchi non finiscono mai in trincea?". Sono domande che in pochi osano pronunciare a voce alta, ma la cui eco getta un ponte di fratellanza al di la' delle trincee e dei reticolati. Proprio per questo, secondo noi, e' cosi' urgente parlarne.

2. L'ORA. FRANCESCO BRUSA: "GUERRA E' VIOLENZA PATRIARCALE". LA LOTTA FEMMINISTA IN RUSSIA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo e diffondiamo la seguente intervista originariamente apparsa su "Il manifesto" il 9 settembre 2023 con il titolo ""Guerra e' violenza patriarcale". La lotta femminista in Russia" e il sommario "Intervista. Parla l'attivista Vika Privalova. "Finche' esistera' il regime di Putin non ci sara' pace""]

Quello della Resistenza Femminista contro la Guerra e' certamente uno dei gruppi d'opposizione russi piu' coraggiosi. Non solo per il loro rifiuto netto nei confronti dell'aggressione militare dell'Ucraina, esplicitato fin dal primo giorno dell'invasione sia a parole che attraverso manifestazioni di piazza, ma anche perche' e' lo stesso femminismo a essere sotto attacco da parte delle elite putiniane. Lo scorso aprile per esempio e' stata presentata alla Duma una proposta di legge per riconoscere il femminismo come "ideologia estremista", mentre molte attiviste per i diritti delle donne sono state etichettate come "agente straniero".
Eppure le attivita' della Resistenza Femminista non si fermano. A fine agosto il gruppo ha anche ottenuto un riconoscimento al Premio della Pace di Aquisgrana (Germania). Abbiamo parlato con una delle attiviste, Vika Privalova, attivista e artista.
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- Diciotto mesi di guerra. Come proseguono le vostre battaglie?
- Al momento il nostro movimento e' composto da decine di "cellule" autonome e gruppi attivi in Russia e all'estero. Portiamo avanti azioni contro la guerra in Russia e altrove, distribuiamo un giornale cartaceo autopubblicato, forniamo sostegno psicologico ad altri attivisti, lottiamo per i diritti sul lavoro di cittadini e cittadine che hanno assunto posizioni di contrarieta' alla guerra, aiutiamo piccole iniziative di volontariato e prendiamo parte alle indagini sui crimini di guerra commessi dal nostro paese in Ucraina. Come movimento femminista che agisce dal basso riteniamo di estrema importanza mettere in pratica forme di collaborazione che incarnino i principi della nostra visione del futuro: orizzontalita', inclusione e capacita' di rendere possibile la partecipazione politica dei piu' vulnerabili. Percio' nelle nostre attivita' coinvolgiamo attivisti di popolazioni indigene, membri della comunita' Lgbt, soggetti con disabilita', migranti e persone che hanno fatto esperienza di diverse forme di violenza e discriminazione.
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- Quali rischi correte?
- La maggior parte del nostro lavoro si svolge in maniera sotterranea e quasi invisibile al mondo esterno. Ovviamente, in Russia, le nostre attivita' non ricevono copertura mediatica. Diamo supporto alle vittime della repressione statale, aiutiamo rifugiati e cittadini ucraini che sono stati trasferiti forzatamente dai territori occupati del loro paese alla Russia, organizziamo segretamente lezioni di antifascismo per bambini in opposizione alle lezioni promosse dallo stato che glorificano la guerra - sono solo alcuni esempi. Il Cremlino ci controlla da molto vicino: chi si oppone alle politiche statali subisce arresti, interrogatori, torture, intimidazioni e alcuni vengono uccisi. Pertanto, varie componenti del gruppo si sono viste costrette a lasciare il paese.
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- Cosa significa essere "femminista", oggi, in Russia?
- La guerra e' una prosecuzione della violenza patriarcale, una delle sue manifestazioni piu' estreme. La guerra, inoltre, si nutre del lavoro gratuito delle donne - che si prendono cura dei propri cari, i quali a loro volta possono essere usati, mobilitati con la forza e trasformati in assassini, per poi far ritorno a casa mutilati e dimenticati per sempre. In questo momento le donne russe devono affrontare il pericolo di subire violenza per mano dei soldati che rientrano dal campo di battaglia. Molti uomini sono stati arruolati nelle prigioni, dove magari scontavano pene per brutali assassinii di donne e bambini: alcuni di questi ora girano a piede libero, dopo aver ricevuto perdono e medaglie a ricompensa dei loro crimini. Intanto, in Russia si moltiplicano le proposte per abolire il diritto d'aborto e per spingere le donne a fare piu' figli. Sono state passate leggi discriminatorie che violano i diritti umani e rendono la vita della comunita' Lgbt insostenibile ed estremamente insicura. Si tratta di strategie per intimidire la popolazione e per tentare di controllare il movimento contrario alla guerra. Spesso ripetiamo che "la guerra inizia dentro le mura di casa". La violenza domestica, familiare, contro donne, bambini e anziani - incoraggiata e promossa dallo stato russo - e' da tempo fuoriuscita dalle nostre abitazioni e ha oltrepassato i confini statali. Tutti i tipi di violenza sono connessi, e tutti devono finire. Percio', il femminismo e' una parte fondamentale della resistenza alla guerra, e' resistenza allo sfruttamento, alla discriminazione e alla violenza.
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- Come vedete il futuro del vostro paese?
- Fin quando esisteranno Putin e il suo regime, non ci sara' pace. Fin quando ci saranno persone e territori sotto occupazione, non ci sara' pace - anche se magari non si sparera' e la guerra non sara' in una fase "calda". Ma non possiamo chiamare pace una situazione in cui i prigionieri politici rimangono in carcere e gli attivisti contro la guerra che hanno lasciato il paese non possono far ritorno in sicurezza a casa. Vogliamo una pace giusta, che a tanti potra' sembrare utopica: nessuna occupazione, nessuna schiavitu' o tortura, nessuno sfruttamento o prigione, nessuna dittatura e silenziamento violento dell'opposizione.
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- Domenica in Russia si vota. Avete una posizione specifica?
- E' chiaro che le elezioni saranno illegittime e truccate, ma e' importante lasciare alle persone il diritto di voto. Pensiamo dunque che la societa' civile non dovrebbe perdere questa abitudine.

3. REPETITA IUVANT. ESPOSTO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA

Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
e per opportuna conoscenza:
al Presidente della Repubblica
ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
alla Presidente del Consiglio dei Ministri
a tutte le ministre e i ministri, a tutti i senatori e le senatrici, a tutte le deputate e i deputati, agli ed alle europarlamentari elette ed eletti in Italia
a numerosi pubblici ufficiali cui incombe, ricevendo tale notitia criminis, di promuovere l'azione giudiziaria
ai mezzi d'informazione
a numerose persone di volonta' buona, associazioni democratiche, istituzioni fedeli alla legalita' costituzionale
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Oggetto: esposto relativo alla violazione dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana da parte del governo italiano.
Egregi signori,
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l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana e' inequivocabile. Esso recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
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Il governo italiano ha violato l'articolo 11 della Costituzione in quanto:
a) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la fornitura di armi che la guerra alimentano;
b) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la propria aviazione militare che raccoglie informazioni e le invia all'esercito ucraino sul campo di battaglia (cfr. il servizio giornalistico apparso sul sito dell'autorevole agenzia giornalistica Ansa col titolo "La guerra dei top gun italiani", che fin dall'incipit esplicitamente afferma che "i nostri piloti, tra loro anche una donna, a bordo dei caccia catturano dati importanti che in poco tempo finiscono sui cellulari dei soldati ucraini sul campo di battaglia");
c) ostacola effettualmente ogni realistica ipotesi di "cessate il fuoco" ed ogni concreto impegno di pace sostenendo esplicitamente la tesi che la guerra deve concludersi non con un negoziato ma con la "vittoria" di una delle parti in conflitto (cfr. la dichiarazione della Presidente del Consiglio dei Ministri "scommettiamo sulla vittoria ucraina" riportata da numerosi mezzi d'informazione);
d) sostiene l'azione provocatrice ed eversiva della Nato che da decenni opera nell'Europa dell'est per destabilizzare gli equilibri regionali e suscitare conflitti (azione divenuta finanche esplicitamente terrorista e stragista durante la guerra di distruzione della Jugoslavia nel 1999).
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In flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione, il governo italiano arma e quindi alimenta la guerra, partecipa alla guerra e quindi alle stragi di cui ogni guerra sempre e solo consiste, e con cio' espone altresi' anche il nostro paese a subire le conseguenze della guerra, e - last, but not least - contribuisce all'escalation verso una guerra mondiale e nucleare che puo' metter fine all'intera civilta' umana.
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Egregi signori,
con il presente esposto si richiede il piu' tempestivo intervento per far cessare l'azione incostituzionale, folle e criminale del governo italiano.
Distinti saluti,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, primo agosto 2023

4. REPETITA IUVANT. UNA COSA UTILE PER LA PACE: BLOCCARE LA FORNITURA DI ARMI ASSASSINE, CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA

Ovviamente apprezzando e sostenendo le molte iniziative gia' in corso (e soprattutto quelle che concretamente recano aiuti umanitari e soccorrono, accolgono e assistono tutte le vittime e tutte le persone che dalla guerra fuggono e alla guerra si oppongono), vorremmo aggiungere una cosa da fare che ci sembra utile piu' di ogni altra per contribuire da qui, in Italia, a far cessare le stragi in Ucraina: bloccare la fornitura di armi assassine.
E per bloccare la fornitura di armi assassine occorre bloccare con specifiche e adeguate azioni dirette nonviolente le fabbriche di armi, i depositi di armi, i trasporti di armi, i centri decisionali e le strutture tecniche che le forniture di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Fornire armi assassine dove e' in corso una guerra significa partecipare a quella guerra, cosa esplicitamente vietata dall'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana.
Non vi e' infatti alcun dubbio che fornire armi assassine dove una guerra e' in corso e dove quindi esse vengono usate per uccidere degli esseri umani (e tutte le armi sono usate sempre e solo per uccidere) significa partecipare alla guerra e alle stragi di cui essa consiste, e il citato articolo 11 della Costituzione e' chiarissimo e inequivocabile al riguardo, aprendosi con queste precise parole: "L'Italia ripudia la guerra".
Pertanto, un governo italiano che decide di fornire armi assassine a un paese in guerra e' ipso facto in contrasto con la Costituzione cui ha giurato fedelta', ed e' quindi un governo fuorilegge, criminale, golpista. E chiunque in Italia cooperasse all'invio di armi assassine, o l'invio di armi assassine consentisse, sarebbe parimenti criminale.
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E' quindi diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi all'invio di armi assassine dove una guerra e' in corso.
Cosi' come e' diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi a un governo golpista e a chiunque coopera alla commissione di stragi.
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Come e' possibile contrastare questo crimine?
Come e' possibile fare qualcosa di concreto per salvare le vite di coloro che la guerra - che quelle armi assassine alimentano - uccide?
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi le fabbriche, i depositi, i trasporti di armi.
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi i centri decisionali e le strutture tecniche che quell'invio di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Naturalmente occorre:
a) individuare tutti i luoghi da bloccare ed organizzare adeguatamente il blocco della scellerata attivita' finalizzata all'invio di armi assassine ovvero all'uccisione di esseri umani;
b) formare adeguatamente le persone di volonta' buona disponibili a partecipare a tali azioni dirette nonviolente.
La nonviolenza infatti richiede una specifica accurata preparazione e una completa conoscenza e consapevolezza del significato e delle conseguenze delle proprie azioni, che essendo non simboliche ma concrete espongono chi le esegue alle ovvie rappresaglie da parte dei poteri la cui azione criminale si vuole impedire.
La nonviolenza infatti, nel suo impegno per salvare tutte le vite, richiede una rigorosa coerenza tra i mezzi e i fini, una piena coscienza delle personali sofferenze cui si puo' andare incontro, una nitida disponibilita' ad accettare di subire torti e persecuzioni senza reagire, a subire violenza senza opporre violenza.
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A oltre un anno dall'inizio della guerra in Ucraina scatenata dall'invasione militare per volonta' del folle e criminale autocrate russo, e' ormai chiaro ad ogni persona che tutti i governi attivamente coinvolti nella guerra, che la guerra e le stragi hanno alimentato e tuttora alimentano e che hanno impedito fin qui ogni tregua ed ogni trattativa di pace, non intendono affatto porre fine alle stragi, non intendono affatto salvare le vite umane che ogni giorno la guerra distrugge, ma anzi cooperano alla prosecuzione, all'intensificazione e all'estensione delle uccisioni di esseri umani, ed accrescono il pericolo che la guerra si faccia mondiale e nucleare e possa distruggere l'intera umana famiglia.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per contrastare questo abominevole massacro e il pericolo dell'apocalisse atomica.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per imporre ai governi la cessazione della guerra.
Hic et nunc solo l'azione diretta nonviolenta puo' concretamente contribuire a fermare le stragi e ad imporre ai governi di cessare il fuoco e avviare trattative di pace.
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Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

5. REPETITA IUVANT. UNA PROPOSTA PER LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024: UNA LISTA NONVIOLENTA PER LA PACE E CONTRO IL RAZZISMO

Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
La politica dell'Unione Europea e' oggi caratterizzata da due orrori.
Il primo: la persecuzione dei migranti: col sostegno alle dittature che li imprigionano in condizioni disumane; con l'appalto ai poteri mafiosi in regime di monopolio della mobilita' per chi e' in fuga da guerre, dittature, fame e miseria; con la reclusione nei lager sia nei paesi di transito che in Europa; con la strage degli innocenti nel Mediterraneo; con lo schiavismo e l'apartheid in Europa. Tutti i governi dei paesi dell'Unione Europea, e con essi i vertici delle istituzioni europee, sono complici in questo flagrante crimine contro l'umanita'.
Il secondo: il sostegno alla prosecuzione della guerra in Ucraina che ogni giorno provoca altre stragi: con l'incessante fornitura di armi si alimenta la guerra e s'impedisce l'avvio di trattative di pace, e si contribuisce cosi' sia alla prosecuzione dello sterminio della popolazione ucraina vittima della guerra, sia all'escalation verso una guerra atomica che puo' mettere fine all'intera umanita'. Tutti i governi dei paesi dell'Unione Europea, e con essi i vertici delle istituzioni politiche europee, sono complici in questo flagrante crimine contro l'umanita'.
I vertici dell'Unione Europea si sono peraltro ormai completamente prostituiti alla Nato, l'organizzazione terrorista e stragista che per conto del governo razzista e imperialista degli Stati Uniti d'America opera, dalla fine della Guerra fredda e con sempre maggiore intensita' ed accelerazione, per destabilizzare, asservire o distruggere non solo singole parti del continente europeo ma l'Europa intera. Abolire la Nato e' palesemente l'urgenza delle urgenze per dare all'Europa un futuro di pace.
Il Parlamento Europeo potrebbe e dovrebbe operare per la pace e in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e per la salvaguardia della biosfera, ma attualmente e' anch'esso complice della furia razzista e della furia bellica che si e' incistata nei governi dei paesi europei e nei vertici di tutte le istituzioni politiche europee.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
E l'Italia rischia di essere rappresentata unicamente da partiti fascisti, razzisti e bellicisti.
Esplicitamente fascista, razzista, bellicista ed ecocida e' tutta l'area governativa italiana.
Razzista si e' dimostrato il partito grillino, che durante la prima esperienza di governo ha condiviso e sostenuto la scellerata politica di brutale persecuzione dei migranti da parte del capo leghista che di quel governo era vicepresidente, ministro e magna pars.
Tragicamente bellicista e' il Pd (e quindi di fatto anche coloro che ad esso subalterni con esso si alleano e che pertanto al di la' del velame dei vaniloquenti proclami portano voti al partito della guerra in cambio di qualche scranno e prebenda).
Questa la triste e trista situazione.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
Che fare, quindi?
Io credo che occorra costruire una lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo.
Nonviolenta: che cioe' faccia della scelta della nonviolenza la discriminante fondamentale. La nonviolenza essendo l'unica lotta nitida e intransigente, concreta e coerente, contro tutte le violenze e le oppressioni; la nonviolenza essendo il fondamentale strumento teorico e pratico a disposizione della lotta del movimento delle oppresse e degli oppressi per la liberazione dell'umanita' e la salvaguardia dell'intero mondo vivente.
Per la pace: e quindi per il disarmo integrale e l'integrale smilitarizzazione dei conflitti, dei territori, delle societa', delle culture.
Contro il razzismo: e quindi per il pieno riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani, poiche' siamo una sola famiglia umana in un unico mondo vivente.
E dire lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo significa dire una lista femminista ed ecologista, socialista e libertaria, delle classi sociali sfruttate e rapinate, delle oppresse e degli oppressi.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
Se vogliamo aprire una riflessione comune e autentica, democratica e partecipata, fra tutte le persone e le esperienze disposte a riconoscersi in una prospettiva nonviolenta, femminista, ecologista, socialista e libertaria, per portare nel Parlamento Europeo la voce delle oppresse e degli oppressi e la lotta per la pace, l'affermazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera, il momento e' adesso.
Prenda la parola ogni persona ed ogni esperienza interessata.
Si promuovano ovunque possibile incontri di riflessione.

6. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

7. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

8. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

9. REPETITA IUVANT. SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE NELLA LOTTA NONVIOLENTA PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI

Siamo solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessi la repressione del movimento democratico e nonviolento delle donne - e degli uomini postisi alla loro sequela - che si riconosce nel motto "Donna, vita, liberta'", che siano liberate e liberati tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici, che cessi la violenza maschilista di stato, e che siano riconosciuti, rispettati e difesi tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nessuna autorita' e' legittima se non rispetta la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

10. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

11. LIBRI. FRANCA FORTUNATO: RILEGGERE "ACCABADORA"
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Il Quotidiano del Sud" il 9 settembre 2023 con il titolo "A Michela Murgia a un mese dalla sua morte"]

Dopo la pausa estiva torno con questa rubrica onorando la scrittrice sarda Michela Murgia, a un mese dalla sua scomparsa. Lo faccio parlando del suo romanzo d'esordio "Accabadora" che ho letto per la prima volta dopo la sua morte. Io e lei non la pensavamo allo stesso modo su tutto ma questo non mi ha impedito di recensire su queste pagine alcuni dei suoi libri, l'ho fatto con rispetto delle mie e sue idee. L'ho ammirata per il coraggio e la forza che ha mostrato davanti alla morte, scrivendo e parlando fino alla fine. Il suo romanzo e' ambientato nella Sardegna degli anni '50 del secolo scorso, la cui trama ci parla di donne sapienti della civilta' della madre, la stessa che avevo conosciuto dall'esperienza di mia madre. Il libro, infatti, attraverso le protagoniste, Maria la figlia, Anna Teresa Listru la madre, Bonaria Urrai la donna a cui Maria e' fill'e anima, parla di donne che nei rapporti tra loro e davanti alla vita e alla morte non cercano la legge, non rivendicano diritti, non vanno nei tribunali, ma si rifanno all'antico sapere della madre. Un sapere sulla vita e sulla morte che sa distinguere "un atto pietoso da un delitto" come fa l'accabadora (donna della morte) che in Sardegna nei secoli passati praticava l'eutanasia ai malati senza piu' possibilita' di essere curati, su richiesta dei familiari o dell'ammalata/o. Bonaria Urrai, la sarta, e' l'accabadora.
Un sapere materno che orienta il patto tra donne, tra Anna, vedova con quattro figlie, e Bonaria, anche lei vedova e benestante, che "ando' da lei a parlare della possibilita' di prendere Maria a fill'e anima". "Fillus de anima - scrive Murgia - e' cosi' che in Sardagna li chiamano i bambini generati due volte, dalla poverta' di una donna e dalla sterilita' di un'altra". Bonaria "aveva fatto in modo di accompagnare la richiesta con un'offerta tale che alla vedova non venisse la tentazione di dirle di no. Anna accetto' senza discussione". Maria "dopo sei anni di notti passate a condividere l'aria di una sola stanza con le altre tre sorelle" accetto' di seguire Bonaria e da adulta pago' il suo debito di gratitudine. Ma, "nei tredici anni che visse con lei nemmeno una volta la chiamo' mamma" ma zia, Tzia in sardo. Sua madre Anna l'affido' a Bonaria per necessita' ma le rimase vicina e quando aveva bisogno di lei la chiamava e lei correva. La storia e' simile a quella di mia madre. La nonna, col consenso del nonno, affido' mia madre piccola alla zia, per salvaguardarla dopo che la figlia, di cui mia madre prese il nome, mori' bruciata mentre lei era a lavoro nei campi. Mia madre, come Maria, non ha mai chiamato la zia "mamma" e a noi figlie parlava di lei come la zia che l'aveva cresciuta come una figlia. Le era grata come anche a sua madre che le era stata sempre vicina, rendendola una bambina serena. La zia aveva sostituito la madre senza cancellarla. Due donne legate da un patto di gratuita' che si fidavano l'una dell'altra. Questa e' quella che chiamo civilta' della madre che oggi con la pratica medico-commerciale dell'utero in affitto, che Michela sosteneva, si e' persa, fondando il desiderio di avere un/a figlio/a sul diritto di usare e sfruttare il corpo di un'altra donna, come contenitore e incubatrice, cancellando totalmente la madre e l'esperienza materna, su cui si fonda l'umano. Maria sapeva che sua madre e le sorelle erano la sua famiglia, come lo era Bonaria con cui viveva e cresceva nell'amore. Non si crea una famiglia cancellando la madre, l'origine di tutte/i noi, di cui, prima o poi, si va alla ricerca come racconta Maria Grazia Calandrone nel suo libro autobiografico "Dove non mi hai portata", candidato al Premio Strega e di cui scrivero' la prossima volta.

12. LIBRI. OLIVIA GUARALDO: L'INFERIORITA' FEMMINILE E' UNA COSTRUZIONE EPISTEMICA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Il manifesto" del 10 settembre 2023]

Diceva Thomas Hobbes che "gli Stati sono istituiti dai padri e non dalle madri di famiglia". Pur ammettendo - unico fra i pensatori moderni - una naturale uguaglianza fra i sessi in termini di forza e intelligenza, il filosofo inglese constatava, con il suo solito realismo, che a comandare sono sempre stati gli uomini. Inutile girarci intorno, il potere ha sempre avuto e sempre avra' una connotazione essenzialmente maschile, ci ricorda Hobbes. Sarebbe percio' irrealistico pensare che il sapere che l'Occidente ha prodotto sul potere non sia maschilista o patriarcale, come si dice in un gergo ormai desueto. Si tratta di rapporti di forza, direbbe Foucault sulla scorta di Nietzsche. I maschi hanno sempre comandato, ergo i maschi hanno pure dettato le regole di trasmissione di un sapere che sistematizza i termini di quel comandare.
Da Aristotele a Rousseau, senza soluzione di continuita', si afferma in esso quanto segue: il maschio e' il soggetto adatto a decidere, comandare, governare; la femmina a obbedire. I discorsi in cui quel sapere si formulava non si presentavano come proclami ideologici o pamphlet polemici, non erano insomma libri autoprodotti. Erano, al contrario, autorevoli esiti del sapere dotto, legittimo, universale. Hanno configurato una tradizione, la cui efficacia ancora si riverbera nella nostra sgangherata contemporaneita'. Per fortuna un po' scalfita, l'efficacia di quella tradizione, dal lento mutamento dei rapporti di forza. Gli studi femministi, negli ultimi decenni, sono divenuti parte essenziale di tale mutamento, producendo un sapere che ha finalmente demistificato la pretesa di validita' universale della tradizione.
Il libro di Giulia Sissa L'errore di Aristotele - Donne potenti, donne possibili, dai Greci a noi (Carocci editore, "Sfere", pp. 375, euro 29), prosegue con grande capacita' analitica dei testi antichi e moderni, l'opera di demistificazione. Anzi, oltre a farci scoprire un Aristotele meno conosciuto - quasi divertente - ne traccia l'ininterrotta influenza nella cultura europea medievale e moderna, attraverso la sua canonizzazione da parte del cristianesimo, la sua rielaborazione da parte dei pensatori moderni, tutti - o quasi - ancora del suo parere per quanto riguarda le donne. Cio' che Aristotele disse sulle donne, ad esempio ritorna, quasi immutato, nel moderno Rousseau, il quale afferma che esse, per natura, devono obbedire al maschio, essere mogli docili e fedeli, perche' cosi' la natura vuole.
Nel percorrere analiticamente una simile continuita', il libro di Sissa fa emergere con chiarezza una cosa che a noi oggi pare davvero straordinaria, persino divertente se non fosse stata cosi' influente: le autorevoli e spassionate trattazioni della differenza fra i sessi si presentano nella storia del sapere come oggettive e scientifiche, senza che mai a nessuno dei dotti compilatori - Aristotele, Epitteto, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Rousseau, solo per fare alcuni nomi di autori che Sissa analizza con grande acume - venisse in mente di essere un po' di parte. Nessuna donna entro' mai nei dibattiti sulla "natura" femminile, sara' per questo che tale natura e' descritta sempre in termini passivi, subordinati, infidi e inaffidabili?
Come a dire, ogni produzione di sapere ha al suo interno una specifica dimensione di potere. Il libro di Sissa ci conduce in un appassionante viaggio nella costruzione del regime di verita' patriarcale, nella fase del suo stabilizzarsi scientifico. Se oggi siamo, a detta di molte autorevoli pensatrici femministe, alla fine del patriarcato - di cui i femminicidi, gli stupri sarebbero i feroci colpi di coda - l'epoca di Aristotele fu invece la fase in cui il sapere maschile sul mondo - e soprattutto sulle donne - divenne episteme, scienza. Tale episteme, inutile dirlo, deve ad Aristotele - il grande sistematizzatore del sapere greco antico - la sua fortuna. Giulia Sissa ci racconta la costruzione epistemica dell'inferiorita' femminile, e la racconta attraverso una minuziosa analisi dei testi. Del resto, nonostante Aristotele fosse, come detto, un sistematizzatore, un elencatore, egli si rivelo' anche uno straordinario fornitore di immagini, di metafore, di modi di pensare che restituiscono, attraverso una interessante "logica del concreto", che la differenza sessuale si da' nei corpi, per natura. Ci sono delle specifiche disposizioni fisiche che determinano le posizioni politiche: la passionalita', l'esuberanza, in una parola la virtu' politica antica per eccellenza, l'andreia, e' sinonimo di virilita', di cio' che per natura caratterizza gli uomini (aner). E tale natura immediatamente determina la cultura: gli uomini hanno il sangue caldo, ma proprio per questo sono coraggiosi, risoluti, adatti a governare. Le donne, invece, pur essendo intelligenti, hanno una "complessione fredda" - non sono stupide ma molli, incapaci di decidere, "superflue, inutili, pericolose. Sono un ostacolo nella lotta come nell'arena politica". Anatomia e fisiologia decidono insomma delle sorti politiche delle donne (e degli uomini). Guarda un po', la differenza sessuale! Perche' essa gode di cosi' poca stima oggi? Perche' viene accusata di essere "essenzialista", biologista, escludente? Forse perche', come si evince da questo bellissimo libro, ne abbiamo sempre avuto a disposizione una versione patriarcale, maschile, androcentrica. Una lettura dell'anatomia e della fisiologia tutta a vantaggio di chi, in effetti, ne scriveva, ovvero i maschi. Quando si dice i rapporti di forza.
Eppure, la cultura greco-antica, oltre Aristotele, nella sua straordinaria complessita' e ricchezza, ci tramanda anche dell'altro, non e' solo sistematizzazione patriarcale della "natura". Figure di donne forti e risolute, capaci di decidere e di agire, di consigliare e temperare gli eccessi passionali di maschi molto caldi, o di incitare all'azione giusta maschi indecisi, fanno da contraltare alla narrazione fisiologica di Aristotele, nel teatro, nella storiografia, nella poesia. Giocasta delle Fenicie, Etra nelle Supplici, Antigone, sono donne che divergono dagli schemi patriarcali e mostrano, agli ateniesi che andavano a teatro, come a noi oggi, le possibilita' della potenza femminile. Le narrazioni alternative, le letture possibili del femminile, i percorsi di liberta' che le donne possono compiere, oltre gli stereotipi prodotti dall'episteme fisiologico-politica, iniziano gia' all'epoca dello stabilizzarsi di quell'episteme, di quel sapere che invece vuole irrigidire la differenza sessuale in una gerarchia. Il libro di Giulia Sissa argutamente combatte, con sapienza e ironia, quell'irrigidimento, dando ampio spazio alle potenzialita' alternative di narrazioni del femminile.
Agli antipodi di Aristotele c'e', infine, come argomenta la studiosa negli ultimi due capitoli del libro, la luce della modernita', accesa innanzitutto dal pensatore seicentesco Poullain de la Barre, che per primo prende sul serio l'uguaglianza naturale di tutti gli esseri umani, insistendo sulla non naturalita' di una inferiorita' delle donne. Chi la predica e' vittima del proprio pregiudizio - di uomo - o si ferma a semplici apparenze. Dopo di lui, un altro pensatore divergente e' il marchese de Condorcet, che in epoca rivoluzionaria sostiene - isolato - la causa del diritto di cittadinanza alle donne, in virtu' del fatto che non c'e' in natura una inferiorita' femminile. Si tratta, anche qui, solo di pregiudizio. Infatti, afferma Condorcet, i diritti scaturiscono esclusivamente dal fatto che gli esseri umani sono "esseri sensibili capaci di acquisire idee morali e ragionare su di esse". E' solo frutto di pregiudizio affermare che le donne possano essere escluse da questa definizione universale, che siano incapaci di imparare, ragionare, decidere. La loro inferiorita' non e' per natura, ma e' il prodotto di una specifica cultura, che le priva di adeguata educazione, come afferma, nello stesso periodo, Mary Wollstonecraft.
Insomma, solo poche voci maschili sostengono la causa delle donne, nella lunga storia della loro universale inferiorizzazione. Eppure a esse - e all'apertura moderna che inaugurano ' Sissa affida quella che lei chiama una "nota di ottimismo". Non ci sara' pero' speranza per il genere umano se la mascolinita' non si sottoporra' a una demistificazione, uguale e contraria a quella che le donne hanno faticosamente intrapreso per sottrarsi alla presa invalidante della tradizione. E' necessario, scrive Sissa, che anche il corpo maschile di cui Aristotele ci parla, "che si vuole onnipotente, quella virilita' che crede che tutto sia permesso, quella soggettivita' per cui tutto dev'essere fattibile" venga messo in discussione. "Spostare lo sguardo critico su quel corpo vissuto al maschile non corrisponde a cio' che viene chiamato essenzialismo. Il corpo e' una sfida, la si puo' raccogliere in modi diversi".

13. LIBRI. NICOLA VILLA: LAURA CONTI E IL NOSTRO IRRISOLTO RAPPORTO CON GLI ANIMALI E L'AMBIENTE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Altreconomia", n. 262, settembre 2023]

Altreconomia ripubblica l'ultima opera di Laura Conti, partigiana e scienziata madre dell'ambientalismo italiano. Nel "Discorso sulla caccia" analizza le origini della caccia in un percorso che, partendo dalla teoria dell'evoluzione, giunge alla Rivoluzione francese e alla Resistenza, passando per l'antropogenesi e l'anatomia femminile, con una critica radicale all'agricoltura.
Scritto nel 1991, sulla scia delle politiche sul referendum contro la caccia mentre era in parlamento nelle fila del Partico comunista italiano (Pci), questo controverso pamphlet e' costato a Laura Conti l'emarginazione dalla Lega per l'ambiente, che aveva contribuito a fondare nel 1980.
Pubblicato dagli Editori Riuniti nel 1992, questo libro e' imprescindibile per affrontare il tema del nostro rapporto con l'ambiente, gli animali e l'ecosistema, per diffondere la consapevolezza sui grandi problemi ambientali e affermare l'urgenza di un'azione politica per risolverli.
Il sottotitolo scelto dall'autrice e' lungo, quasi un indice programmatico: "Dove si parla anche di evoluzione, antropogenesi, anatomia femminile, agricoltura; del diritto alla pigrizia e di coccolamenti durati milioni di anni; della dubbia compatibilita' fra uomo e Pianeta Terra; di possibili catastrofi e dei rischi di facili rimedi". In questo testo e' evidente il metodo che Conti adottava con lo studio di tutta la documentazione disponibile, intraprendendo strade inconsuete per analizzare i problemi e trovarne una soluzione.
Laura Conti - nata a Udine nel 1921 e morta a Milano nel 1993 - ha affiancato all'attivita' professionale un intenso impegno politico, prima nel Partito socialista e dal 1951 nel Partito comunista, come consigliera provinciale a Milano, dove fu anche segretaria della Casa della cultura, e poi in Regione Lombardia; nel 1987 e' stata eletta alla Camera dei deputati.
Dall'inizio degli anni Settanta si e' concentrata, soprattutto, sulle tematiche ambientali e femministe, tanto da essere considerata un'antesignana dell'ecofemminismo. E' autrice di tre romanzi ("Una lepre con la faccia da bambina", "Cecilia e le streghe" e "La condizione sperimentale") e di numerosi saggi sulla questione ambientale, sull'assistenza sociale, sull'educazione sessuale, l'aborto e sulla storia della Resistenza, oltre a varie opere di divulgazione scientifica ("Questo Pianeta", "Che cos'e' l'ecologia" e "Il tormento e lo scudo", tutti ripubblicati, come i romanzi, da Fandango). E' stata anche tra le prime a occuparsi del disastro ambientale di Seveso del 1976, denunciando le omissioni dell'amministrazione regionale sulle pagine de l'Unita' e poi in una inchiesta pubblicata da Feltrinelli, "Visto da Seveso".
Oggi ripubblichiamo "Discorso sulla caccia" con le correzioni volute direttamente dall'autrice stessa, arricchita dalla curatela di Marco Martorelli, il direttore della rivista Scienza aperta, nonche' amico di lunga data di Laura Conti e fedele custode delle sue opere, come voluto per testamento dalla stessa scrittrice. Questa nuova edizione e' impreziosita dalla prefazione di Luca Giunti, attivista No Tav e guardiaparco delle maestose Alpi Cozie, nella provincia di Torino, autore di articoli divulgativi e scientifici.
Una nuova edizione di un testo cosi' importante, che continua a suscitare interesse e riflessioni profonde sulla nostra relazione con l'ambiente, gli animali e l'ecosistema.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 262 del 19 settembre 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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