[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 233



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 233 del 21 agosto 2023

In questo numero:
1. Chiara Xausa: Immaginare e raccontare la crisi climatica con le ecologie femministe
2. Fermare la guerra, femare la distruzione dell'umanita' e del mondo vivente
3. Esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
4. Una cosa utile per la pace: bloccare la fornitura di armi assassine, con l'azione diretta nonviolenta
5. Una proposta per le elezioni europee del 2024: una lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo
6. Ancora un appello per la liberazione di Leonard Peltier
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...
10. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
11. Solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani

1. RIFLESSIONE. CHIARA XAUSA: IMMAGINARE E RACCONTARE LA CRISI CLIMATICA CON LE ECOLOGIE FEMMINISTE
[Dal sito di "Articolo 21" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 29 agosto 2022]

Nota introduttiva di Adriana Chemello e Mariangela Gritta Grainer
Questo lunedi' coincide con l'avvio di una campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento. Difficile, dura perche' e' la prima volta che si vota subito dopo le ferie estive dalla nascita della Repubblica (2 giugno 1948).
Con la prima volta che, anche se non siamo in una Repubblica presidenziale ma parlamentare e l'indicazione del/della presidente del Consiglio e' una prerogativa del Presidente della Repubblica (art. 92 della Costituzione), stiamo assistendo a una insistita autocandidatura di una donna a Presidente del Consiglio, sottolineando la parola donna come la novita'. Non ci piace un uomo solo al comando. Non ci piace una donna sola al comando.
Pensiamo con Simone De Beauvoir: "Donne non si nasce lo si diventa". E non succede a tutte di diventarlo.
Con una pandemia che non e' ancora superata.
Con la guerra di aggressione della Russia di Putin nei confronti dell'Ucraina che dura da sei mesi, rischia di allargarsi pericolosamente; ha gia' prodotto migliaia di morti e con carestie e altri disastri di immane atrocita' che puo' ancora provocare. Con le disuguaglianze che sono scandalosamente aumentate.
Con una crisi climatica ambientale che incombe e che chiede la nostra attenzione: con il ghiaccio e il fuoco che contemporaneamente distruggono importanti risorse del pianeta, dobbiamo renderci conto che di tutto cio' siamo noi i veri responsabili. Per uscire dalla crisi globale e' necessario cambiare prospettiva e modificare profondamente gli attuali stili di vita.
E' necessario agire subito per una sostenibilita' ambientale e per la cura del pianeta, con audacia innovativa.
Vandana Shiva nota per il suo impegno per la liberta' e la sicurezza delle persone con la valorizzazione delle donne "custodi" della rigenerazione e della natura madre e garante del futuro, ha lanciato gia' nel 1992, al Summit di Rio de Janeiro sullo sviluppo sostenibile, il suo messaggio per la vita del pianeta: "Dall'avidita' alla cura la rivoluzione necessaria per un'economia sostenibile".
"Il femminismo ha a lungo riflettuto su questo, evidenziando come la subalternita' delle donne, il colonialismo e la degradazione ambientale siano facce della stessa medaglia, manifestazioni dello stesso approccio a dualismi gerarchici: gli uomini dominano le donne, i colonizzatori occidentali dominano i colonizzati, l'uomo domina le specie non umane... [dobbiamo] sradicare questi dualismi fatti di prevaricazione...". E' quanto sostiene Chiara Xausa in una recente intervista Disparita' di genere, colonialismo e degradazione ambientale sono le facce della stessa medaglia, in occasione del conferimento del Premio "Elena Lucrezia Cornaro Piscopia", voluto dall'Universita' di Padova per valorizzare le ricerche sugli studi di genere in Italia.
Nel contributo che oggi pubblichiamo, Chiara Xausa sostiene che e' urgente una risposta culturale al cambiamento climatico. Ricostruendo la genealogia di un pensiero femminile/femminista insiste sulla necessita' di intrecciare saperi diversi perche' la crisi planetaria che stiamo attraversando ha dimensioni etiche, culturali, filosofiche, politiche, sociali. E il pensiero delle donne, in particolare di quello che e' stato definito l'ecofemminismo, si sta facendo portavoce di un futuro possibile che investa sulla "rivoluzione della cura", dell'interdipendenza, della trasformazione radicale della societa', mettendo al bando ogni forma di oppressione, ingiustizia, discriminazione e razzismo.
Chiara Xausa ha conseguito la laurea magistrale in Filologia moderna presso l'Universita' di Padova; si e' perfezionata partecipando al Master europeo 'GEMMA' sugli Studi di Genere, ha poi seguito un Dottorato di Ricerca presso l'Universita' di Bologna e ha discusso brillantemente la sua tesi dottorale su ecofemminismo e studi di genere, nel luglio di quest'anno. Il 25 giugno di quest'anno ha ricevuto il Premio Elena Lucrezia Cornaro Piscopia dell'Universita' di Padova per le sue ricerche sugli studi di genere in una prospettiva internazionale.
AC e MGG
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In un saggio del 2016 intitolato La grande cecita': il cambiamento climatico e l'impensabile, lo scrittore anglo-indiano Amitav Ghosh afferma che la crisi climatica "e' anche una crisi della cultura e, quindi, dell'immaginazione": le sue proporzioni la rendono di difficile comprensione per l'essere umano, che deve fare uno sforzo immaginativo per riaprirsi alla natura e alla sua imprevedibilita'. Anche il linguaggio letterario fatica a farsene carico, avendo trascurato via via sempre piu' la sfera del non umano con cui la crisi climatica costringe a fare i conti. La grande cecita', scrive Ghosh, e' la mancanza di una risposta culturale al cambiamento climatico: per raccontare questo tempo caratterizzato da una crisi planetaria impensabile, la letteratura contemporanea avra' quindi bisogno di nuovi generi, nuove parole, nuove strategie discorsive.
Sembra rispondergli la scrittrice aborigena australiana Alexis Wright, quando afferma, nel corso della Fryer Lecture in Australian Literature tenuta nel 2020, che le storie di cui abbiamo bisogno "richiedono idee radicalmente diverse e un pensiero piu' ampio rispetto alle preoccupazioni individuali e alle prospettive personali". Wright aggiunge, tuttavia, che "il riscaldamento globale sta espandendo la nostra immaginazione, sta gia' eclissando ogni normalita' nelle nostre attuali preoccupazioni letterarie" (in Zanoletti 2021:24).
Cio' che questo breve articolo si propone di suggerire e' che una parte del linguaggio necessario per concettualizzare la crisi climatica e' gia' a nostra disposizione: intrecciando l'indagine scientifica sulla crisi climatica con le prospettive critiche offerte dai femminismi e con il linguaggio della letteratura e' possibile trovare nuove parole che corrispondano alla portata delle incertezze radicali del futuro.
L'intreccio di saperi diversi si inserisce nella cornice delle Environmental Humanities, o scienze umane ambientali, un'area di ricerca nata recentemente per creare ponti tra discipline apparentemente distanti, nella convinzione che la crisi che stiamo vivendo sia talmente profonda che nessuna disciplina, se presa singolarmente, puo' avere un impatto davvero efficace. Solo la compenetrazione tra saperi diversi che derivano dal dialogo tra le discipline inerenti alla "natura" e quelle inerenti alla "cultura" puo' fornire risposte all'altezza degli interrogativi del mondo contemporaneo. Un mondo che non solo e' scosso da diverse crisi che si intersecano tra loro, ma e' anche fortemente caratterizzato da oppressione, ingiustizia, discriminazione. Le scienze umane ambientali ci aiutano a comprendere che tutte queste crisi non sono separate tra loro, e che la crisi climatica e' anche una questione di giustizia sociale.
L'istituzionalizzazione delle scienze umane ambientali corre parallela a quella dell'Antropocene, termine coniato negli anni ottanta dal biologo statunitense Eugene Stoermer, e adottato nel 2000 dal chimico olandese Paul Crutzen insieme allo stesso Stoermer per denominare l'era geologica attuale, caratterizzata dall'impronta distruttiva dell'attivita' umana sull'ecosistema globale. Non spetta alle scienze umane ambientali stabilire se l'Antropocene possa essere identificato davvero come epoca geologica: il loro compito e' piuttosto quello di creare un'etica e una coscienza collettiva dell'Antro­pocene (chiedendosi, ad esempio, chi sia l'antropos - il presunto soggetto universale e depoliticizzato della nuova era geologica - in­sito nel concetto di Antropocene).
Questo invito a studiare la crisi ecologica nelle sue dimensioni etiche, culturali, filosofiche, politiche e sociali ha una genealogia femminista che e' fondamentale dichiarare. Jennifer Mae Hamilton e Astrida Neimanis, in un articolo pubblicato nel 2018 su "Environmental Humanities", invitano a riconoscere le radici antipatriarcali delle scienze umane ambientali e il contributo del femminismo per ripensare gli studi umanistici nel loro rapporto con l'ambiente.
Il soggetto delle scienze umane ambientali e' un essere umano decentrato che ripensa la sua relazione di reciprocita' con l'altro/a non-umano/a, abbandonando le pretese di universalita' su cui si e' costruita la cultura umanistica. L'uomo misura di tutte le cose si e' rivelato essere un soggetto particolare, selettivo ed escludente: maschio, bianco, occidentale, europeo. Come ricorda Rosi Braidotti nel 2014, il ripensamento piu' inclusivo del concetto di umanita' e' sempre stato centrale nella teoria femminista fin dalle sue origini: "l'Umanesimo - nella sua versione liberale come in quella socialista - e' stato messo prima sotto esame dalle femministe radicali e in seguito dalle femministe della differenza, per i suoi tratti androcentrici, escludenti, gerarchici, ed eurocentrici". L'ecofemminismo, in particolare, ci invita a riposizionare l'essere umano nell'ambiente e allo stesso tempo a riposizionare l'ambiente nello spazio della cultura, dell'etica, della giustizia. A partire dal riconoscimento di un parallelismo tra il dominio patriarcale delle donne e la subordinazione della natura, tra lo sfruttamento del corpo e della vita delle donne e lo sfruttamento distruttivo delle risorse ambientali, l'ecofemminismo sostiene che per costruire una societa' basata su valori che riconoscano la nostra interdipendenza dalla natura si rende necessario non tanto superare il legame donne-natura, ma piuttosto ristabilire una connessione tra la natura e l'intera umanita'.
Il lavoro di filosofe della scienza come Donna Haraway o Sandra Harding, a cui si devono le prime elaborazioni dell'epistemologia femminista e della non-neutralita' della scienza, e' stato inoltre centrale nella creazione di una consapevolezza ecologica. In Situated Knowledges: The Science Question in Feminism and the Privilege of Partial Perspective, pubblicato nel 1988 e tradotto in italiano nel 1995 con il titolo Saperi situati: la questione della scienza nel femminismo e il privilegio di una prospettiva parziale, Haraway introduce per la prima volta il concetto di "saperi situati", affermando che la conoscenza e' sempre parziale. Per Haraway, la visione scientifica non e' neutralita' e distacco, come si e' sempre pensato dovesse essere, ma corporeita', parzialita', coinvolgimento. E' facile comprendere come i saperi situati abbiano un'importanza fondamentale nel contesto delle scienze umane ambientali. Il dibattito sull'Antropocene e sulla crisi climatica nasconde disuguaglianze e differenze culturali e sociali sotto l'apparenza di un indifferenziato antropos, la specie umana che e' diventata una forza geologica in grado di influire sulle condizioni di abitabilita' del pianeta: sembra dunque ritornare l'approccio universalistico che il femminismo ha sempre criticato. Le riflessioni sulla neutralita' della visione sono dunque tornate a essere urgenti e le scienze umane ambientali possano aiutare a chiedersi chi sia compreso e chi sia escluso da questo antropos che tanto universale non e'.
Anche il lavoro della filosofa ed ecofemminista australiana Val Plumwood e' di fondamentale importanza per ripensare i dualismi tra natura e cultura e tra umano e non-umano, sui quali si fonda la cultura occidentale. I due elementi oppositivi, scrive Plumwood, non sono sullo stesso piano: il primo si trova in una posizione gerarchicamente superiore, ma ha bisogno dell'altro elemento per giustificare la sua superiorita'. Nelle scienze umane ambientali questi dualismi sono visti alla radice di tutte le crisi ecologiche, dal momento che consentono e giustificano la sottomissione, l'oggettivizzazione e lo sfruttamento della natura e dell'altro/a non-umano/a. Riconoscere la centralita' dei saperi di genere nel ripensamento in chiave ecologica delle discipline umanistiche, quindi, non puo' che rafforzarne il potenziale.
Uno sguardo femminista puo' inoltre aiutarci a richiamare l'attenzione sulle modalita' con cui la crisi climatica viene raccontata: l'immaginazione letteraria, infatti, puo' rivelarsi complice nel produrre narrazioni egemoniche dell'Antropocene che determinano quali tipi di storie vengono canonizzate e quali invece silenziate. La narrativa climatica (climate fiction), genere che negli ultimi vent'anni ha conosciuto un vero e proprio successo editoriale, tende spesso a proporre un'immagine dell'Europa e del Nord America come gli epicentri bianchi del discorso sul clima: in molti romanzi la vittima principale della crisi climatica e' ancora una volta l'indifferenziato Antropos, il soggetto universale della nuova era geologica, che tende pero' a escludere dalla narrazione le voci femminili (e femministe), quelle degli animali non umani, e una riflessione articolata sulla giustizia climatica e ambientale.
Per trovare racconti che affrontino l'impatto della crisi climatica sulla vita delle donne, ma anche sulle esistenze di altri gruppi oppressi e marginalizzati, basta allargare un po' lo sguardo al di fuori del canone che si sta via via definendo, e guardare alle scritture postcoloniali, afrodiasporiche, africane e indigene; per dirla diversamente, scritture che molto spesso sono escluse dal canone della narrativa climatica. Shelley Streeby le definisce narrazioni visionarie (visionary fiction), poiche' estendono lo sguardo oltre la crisi climatica in una connessione profonda con i movimenti sociali, e poiche' usano l'immaginazione speculativa non per rafforzare narrazioni dominanti ma per decolonizzare l'immaginazione dell'Antropocene e per proporre un profondo cambiamento sociale.
Accogliendo l'invito di Rachele Borghi a decolonizzare l'immaginazione creando le condizioni perche' "punti di vista diversi possano partire da punti del mondo diversi, perche' si possano moltiplicare i luoghi di enunciazione" (2020:39), propongo delle riflessioni su alcune voci letterarie femministe globali che rispondono all'esigenza di innovare dai margini l'immaginario sulla crisi climatica: la gia' citata Alexis Wright, aborigena australiana, la nigeriana-americana Nnedi Okorafor, la statunitense N. K. Jemisin, e la cinese-canadese Larissa Lai.
I loro romanzi sulla crisi climatica, prevalentemente distopici e di recente pubblicazione, entrano nel dibattito critico su quella che Robert Nixon definisce l'universalita' diseguale dell'Antropocene, raccontando la crisi climatica nel suo intreccio con altre questioni di giustizia sociale, in particolare la discriminazione di genere e l'oppressione delle persone razzializzate e marginalizzate. In questi romanzi, la mobilitazione per il clima si accompagna alla lotta per l'affermazione dei diritti degli aborigeni australiani, a Black Lives Matter, alle rivendicazioni delle popolazioni del Delta del Niger nei confronti delle multinazionali petrolifere, alla lotta antispecista e al transfemminismo. Al centro di queste narrazioni troviamo dunque la relazione tra il cambiamento climatico, il capitalismo globale e una fiducia spesso incondizionata sulle soluzioni scientifiche e tecnologiche alla crisi da un lato, e le disuguaglianze strutturali generate dal patriarcato, dal razzismo e da diversi sistemi di oppressione che si intersecano dall'altro. La gran parte dei/delle protagonisti/e vive in un presente che e' gia' distopico, in cui la crisi climatica e' legata ad altre apocalissi avvenute realmente in tempi piu' o meno lontani, come l'espropriazione coloniale di terre appartenenti a popolazioni indigene, la schiavitu', e il genocidio.
La narrativa climatica femminista e decoloniale, tuttavia, non si limita alla rappresentazione delle ingiustizie che attraversano l'Antropocene: il contributo forse piu' visionario di questi testi si trova nel loro tentativo di immaginare punti di rottura dal capitalismo fossile e dall'eccezionalismo umano: una visione utopica che questo genere di narrativa condivide con le ecologie femministe come l'ecofemminismo, le ecologie queer, il femminismo postumano e il nuovo materialismo femminista. Il genere post-apocalittico, in questo caso, non viene scelto per mettere in guardia lettori e lettrici, guardarsi indietro e rimpiangere il passato perduto: la narrativa climatica femminista e decoloniale propone una controapocalisse femminista e relazionale (Zylinska 2018), che, liberata dall'individualismo del singolo eroe, puo' immaginare forme inedite di convivenza e collaborazione fra esseri umani, animali non umani, e ambiente.
Per fare solo qualche esempio: i romanzi Carpentaria (2006) e The Swan Book (2013) di Alexis Wright raccontano l'interdipendenza tra esseri umani e natura facendo dialogare le filosofie aborigene con l'ecofemminismo; Lagoon (2014) di Nnedi Okorafor tenta di superare le dicotomie tra umano/non umano, maschile/femminile, dominante/dominato, razionalita'/animalita'; The Broken Earth Trilogy di N. K. Jemisin (2015, 2016, 2017) propone una critica femminista al concetto stesso di sostenibilita', il cui approccio epistemologico sembra garantire un senso confortante che il problema sia la' fuori, separato rispetto a noi; The Tiger Flu (2018) di Larissa Lai sembra abbracciare l'invito dell'antropologa femminista Anna Tsing a non lasciarci spaventare dall'indeterminatezza, dalla natura imprevedibile del tempo, dalla precarieta' e dall'incertezza, ma ad accettarle come requisiti del momento in cui ci troviamo, condizioni necessarie per costruire mondi diversi. Nel collegare la crisi ambientale a una pandemia, il romanzo di Larissa Lai dialoga inoltre da vicino con la pluralita' di riflessioni ecofemministe, emerse sin dai primi mesi del 2020, sull'insostenibilita' della globalizzazione neoliberista e dell'attuale modello di sviluppo. Solo alcuni di questi romanzi sono stati tradotti in italiano: Carpentaria di Alexis Wright ("I cacciatori di stelle"), Lagoon di Nnedi Okorafor ("Laguna"), e The Broken Earth Trilogy di N. K. Jemisin ("Trilogia della terra spezzata"); anche nell'ambito della letteratura italiana sono pero' sempre piu' numerosi i tentavi di dialogo tra la narrativa ambientale e le ecologie femministe (si pensi a Sirene [2007] di Laura Pugno, L'isola delle madri [2020] di Maria Rosa Cutrufelli, e Dopo la pioggia [2021] di Chiara Mezzalama.
I contributi visionari delle ecologie femministe e della narrativa sulla crisi climatica sono dunque intrecciati in una relazione di interdipendenza: abbiamo bisogno di entrambi i linguaggi per creare un'etica e una coscienza collettiva dell'Antropocene che sappia riconoscere le storie, le prospettive e le richieste di comunita' diverse. Allo stesso tempo, abbiamo bisogno del linguaggio della scienza ma anche di quello della letteratura per poter affrontare le diverse crisi che caratterizzano il momento contemporaneo. Come scrive l'autrice di fantascienza Ursula K. Le Guin nel 2017: "la scienza descrive accuratamente dall'esterno; la poesia descrive accuratamente dall'interno: la scienza esplica, la poesia implica". In altre parole, per tornare ancora una volta a Donna Haraway, la scienza propone prospettive elevate e una visione oggettiva, la poesia/letteratura insiste sul posizionamento, sui saperi parziali, sulla passione. La crisi attuale ha bisogno di entrambi i punti di vista, e, soprattutto, ha bisogno di una tecno-scienza che non sia svincolata dagli (eco)femminismi.
Mai come in questi tempi e' evidente che viviamo in tempi distopici, dalla sentenza sull'aborto della Corte Suprema degli Stati Uniti (che aumenta anche per noi le preoccupazioni per il lento declino della legge 194), all'emergenza siccita' che sta colpendo il nostro paese (ma che va inserita in una dimensione planetaria di crisi climatica), per non menzionare la pandemia che accompagna e condiziona le nostre vite da quasi tre anni. Sono anche tempi, pero', in cui a livello globale torniamo ad assistere a grandi mobilitazioni antisessiste, antirazziste, e a nuove mobilitazioni per il clima, con lotte che spesso si intrecciano tra loro: pensiamo ai movimenti MeToo e Non Una di Meno, a Black Lives Matter, ai Fridays For Future. Le protagoniste e i protagonisti di questo cambiamento si ritrovano anche nella narrativa climatica femminista e decoloniale, dove, intrecciando scienza, pratiche e immaginario, si fanno portavoce di un pensiero radicale e femminista che pensa la crisi planetaria al presente ma ci trasporta gia' nell'orizzonte di un futuro possibile; un futuro che ci mostra cosa puo' accadere quando si investe sulla cura, sull'interdipendenza, e sulla trasformazione collettiva della societa'.

2. L'ORA. FERMARE LA GUERRA. FERMARE LA DISTRUZIONE DELL'UMANITA' E DEL MONDO VIVENTE

Abolire la guerra, gli eserciti, le armi.
Salvare le vite.
Solo la nonviolenza puo' farlo.
La nonviolenza e' la sola e necessaria politica dell'umanita' del tempo presente.

3. REPETITA IUVANT. ESPOSTO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA

Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
e per opportuna conoscenza:
al Presidente della Repubblica
ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
alla Presidente del Consiglio dei Ministri
a tutte le ministre e i ministri, a tutti i senatori e le senatrici, a tutte le deputate e i deputati, agli ed alle europarlamentari elette ed eletti in Italia
a numerosi pubblici ufficiali cui incombe, ricevendo tale notitia criminis, di promuovere l'azione giudiziaria
ai mezzi d'informazione
a numerose persone di volonta' buona, associazioni democratiche, istituzioni fedeli alla legalita' costituzionale
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Oggetto: esposto relativo alla violazione dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana da parte del governo italiano.
Egregi signori,
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l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana e' inequivocabile. Esso recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
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Il governo italiano ha violato l'articolo 11 della Costituzione in quanto:
a) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la fornitura di armi che la guerra alimentano;
b) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la propria aviazione militare che raccoglie informazioni e le invia all'esercito ucraino sul campo di battaglia (cfr. il servizio giornalistico apparso sul sito dell'autorevole agenzia giornalistica Ansa col titolo "La guerra dei top gun italiani", che fin dall'incipit esplicitamente afferma che "i nostri piloti, tra loro anche una donna, a bordo dei caccia catturano dati importanti che in poco tempo finiscono sui cellulari dei soldati ucraini sul campo di battaglia");
c) ostacola effettualmente ogni realistica ipotesi di "cessate il fuoco" ed ogni concreto impegno di pace sostenendo esplicitamente la tesi che la guerra deve concludersi non con un negoziato ma con la "vittoria" di una delle parti in conflitto (cfr. la dichiarazione della Presidente del Consiglio dei Ministri "scommettiamo sulla vittoria ucraina" riportata da numerosi mezzi d'informazione);
d) sostiene l'azione provocatrice ed eversiva della Nato che da decenni opera nell'Europa dell'est per destabilizzare gli equilibri regionali e suscitare conflitti (azione divenuta finanche esplicitamente terrorista e stragista durante la guerra di distruzione della Jugoslavia nel 1999).
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In flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione, il governo italiano arma e quindi alimenta la guerra, partecipa alla guerra e quindi alle stragi di cui ogni guerra sempre e solo consiste, e con cio' espone altresi' anche il nostro paese a subire le conseguenze della guerra, e - last, but not least - contribuisce all'escalation verso una guerra mondiale e nucleare che puo' metter fine all'intera civilta' umana.
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Egregi signori,
con il presente esposto si richiede il piu' tempestivo intervento per far cessare l'azione incostituzionale, folle e criminale del governo italiano.
Distinti saluti,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, primo agosto 2023

4. REPETITA IUVANT. UNA COSA UTILE PER LA PACE: BLOCCARE LA FORNITURA DI ARMI ASSASSINE, CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA

Ovviamente apprezzando e sostenendo le molte iniziative gia' in corso (e soprattutto quelle che concretamente recano aiuti umanitari e soccorrono, accolgono e assistono tutte le vittime e tutte le persone che dalla guerra fuggono e alla guerra si oppongono), vorremmo aggiungere una cosa da fare che ci sembra utile piu' di ogni altra per contribuire da qui, in Italia, a far cessare le stragi in Ucraina: bloccare la fornitura di armi assassine.
E per bloccare la fornitura di armi assassine occorre bloccare con specifiche e adeguate azioni dirette nonviolente le fabbriche di armi, i depositi di armi, i trasporti di armi, i centri decisionali e le strutture tecniche che le forniture di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Fornire armi assassine dove e' in corso una guerra significa partecipare a quella guerra, cosa esplicitamente vietata dall'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana.
Non vi e' infatti alcun dubbio che fornire armi assassine dove una guerra e' in corso e dove quindi esse vengono usate per uccidere degli esseri umani (e tutte le armi sono usate sempre e solo per uccidere) significa partecipare alla guerra e alle stragi di cui essa consiste, e il citato articolo 11 della Costituzione e' chiarissimo e inequivocabile al riguardo, aprendosi con queste precise parole: "L'Italia ripudia la guerra".
Pertanto, un governo italiano che decide di fornire armi assassine a un paese in guerra e' ipso facto in contrasto con la Costituzione cui ha giurato fedelta', ed e' quindi un governo fuorilegge, criminale, golpista. E chiunque in Italia cooperasse all'invio di armi assassine, o l'invio di armi assassine consentisse, sarebbe parimenti criminale.
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E' quindi diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi all'invio di armi assassine dove una guerra e' in corso.
Cosi' come e' diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi a un governo golpista e a chiunque coopera alla commissione di stragi.
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Come e' possibile contrastare questo crimine?
Come e' possibile fare qualcosa di concreto per salvare le vite di coloro che la guerra - che quelle armi assassine alimentano - uccide?
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi le fabbriche, i depositi, i trasporti di armi.
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi i centri decisionali e le strutture tecniche che quell'invio di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Naturalmente occorre:
a) individuare tutti i luoghi da bloccare ed organizzare adeguatamente il blocco della scellerata attivita' finalizzata all'invio di armi assassine ovvero all'uccisione di esseri umani;
b) formare adeguatamente le persone di volonta' buona disponibili a partecipare a tali azioni dirette nonviolente.
La nonviolenza infatti richiede una specifica accurata preparazione e una completa conoscenza e consapevolezza del significato e delle conseguenze delle proprie azioni, che essendo non simboliche ma concrete espongono chi le esegue alle ovvie rappresaglie da parte dei poteri la cui azione criminale si vuole impedire.
La nonviolenza infatti, nel suo impegno per salvare tutte le vite, richiede una rigorosa coerenza tra i mezzi e i fini, una piena coscienza delle personali sofferenze cui si puo' andare incontro, una nitida disponibilita' ad accettare di subire torti e persecuzioni senza reagire, a subire violenza senza opporre violenza.
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A oltre un anno dall'inizio della guerra in Ucraina scatenata dall'invasione militare per volonta' del folle e criminale autocrate russo, e' ormai chiaro ad ogni persona che tutti i governi attivamente coinvolti nella guerra, che la guerra e le stragi hanno alimentato e tuttora alimentano e che hanno impedito fin qui ogni tregua ed ogni trattativa di pace, non intendono affatto porre fine alle stragi, non intendono affatto salvare le vite umane che ogni giorno la guerra distrugge, ma anzi cooperano alla prosecuzione, all'intensificazione e all'estensione delle uccisioni di esseri umani, ed accrescono il pericolo che la guerra si faccia mondiale e nucleare e possa distruggere l'intera umana famiglia.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per contrastare questo abominevole massacro e il pericolo dell'apocalisse atomica.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per imporre ai governi la cessazione della guerra.
Hic et nunc solo l'azione diretta nonviolenta puo' concretamente contribuire a fermare le stragi e ad imporre ai governi di cessare il fuoco e avviare trattative di pace.
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Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

5. REPETITA IUVANT. UNA PROPOSTA PER LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024: UNA LISTA NONVIOLENTA PER LA PACE E CONTRO IL RAZZISMO

Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
La politica dell'Unione Europea e' oggi caratterizzata da due orrori.
Il primo: la persecuzione dei migranti: col sostegno alle dittature che li imprigionano in condizioni disumane; con l'appalto ai poteri mafiosi in regime di monopolio della mobilita' per chi e' in fuga da guerre, dittature, fame e miseria; con la reclusione nei lager sia nei paesi di transito che in Europa; con la strage degli innocenti nel Mediterraneo; con lo schiavismo e l'apartheid in Europa. Tutti i governi dei paesi dell'Unione Europea, e con essi i vertici delle istituzioni europee, sono complici in questo flagrante crimine contro l'umanita'.
Il secondo: il sostegno alla prosecuzione della guerra in Ucraina che ogni giorno provoca altre stragi: con l'incessante fornitura di armi si alimenta la guerra e s'impedisce l'avvio di trattative di pace, e si contribuisce cosi' sia alla prosecuzione dello sterminio della popolazione ucraina vittima della guerra, sia all'escalation verso una guerra atomica che puo' mettere fine all'intera umanita'. Tutti i governi dei paesi dell'Unione Europea, e con essi i vertici delle istituzioni politiche europee, sono complici in questo flagrante crimine contro l'umanita'.
I vertici dell'Unione Europea si sono peraltro ormai completamente prostituiti alla Nato, l'organizzazione terrorista e stragista che per conto del governo razzista e imperialista degli Stati Uniti d'America opera, dalla fine della Guerra fredda e con sempre maggiore intensita' ed accelerazione, per destabilizzare, asservire o distruggere non solo singole parti del continente europeo ma l'Europa intera. Abolire la Nato e' palesemente l'urgenza delle urgenze per dare all'Europa un futuro di pace.
Il Parlamento Europeo potrebbe e dovrebbe operare per la pace e in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e per la salvaguardia della biosfera, ma attualmente e' anch'esso complice della furia razzista e della furia bellica che si e' incistata nei governi dei paesi europei e nei vertici di tutte le istituzioni politiche europee.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
E l'Italia rischia di essere rappresentata unicamente da partiti fascisti, razzisti e bellicisti.
Esplicitamente fascista, razzista, bellicista ed ecocida e' tutta l'area governativa italiana.
Razzista si e' dimostrato il partito grillino, che durante la prima esperienza di governo ha condiviso e sostenuto la scellerata politica di brutale persecuzione dei migranti da parte del capo leghista che di quel governo era vicepresidente, ministro e magna pars.
Tragicamente bellicista e' il Pd (e quindi di fatto anche coloro che ad esso subalterni con esso si alleano e che pertanto al di la' del velame dei vaniloquenti proclami portano voti al partito della guerra in cambio di qualche scranno e prebenda).
Questa la triste e trista situazione.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
Che fare, quindi?
Io credo che occorra costruire una lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo.
Nonviolenta: che cioe' faccia della scelta della nonviolenza la discriminante fondamentale. La nonviolenza essendo l'unica lotta nitida e intransigente, concreta e coerente, contro tutte le violenze e le oppressioni; la nonviolenza essendo il fondamentale strumento teorico e pratico a disposizione della lotta del movimento delle oppresse e degli oppressi per la liberazione dell'umanita' e la salvaguardia dell'intero mondo vivente.
Per la pace: e quindi per il disarmo integrale e l'integrale smilitarizzazione dei conflitti, dei territori, delle societa', delle culture.
Contro il razzismo: e quindi per il pieno riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani, poiche' siamo una sola famiglia umana in un unico mondo vivente.
E dire lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo significa dire una lista femminista ed ecologista, socialista e libertaria, delle classi sociali sfruttate e rapinate, delle oppresse e degli oppressi.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
Se vogliamo aprire una riflessione comune e autentica, democratica e partecipata, fra tutte le persone e le esperienze disposte a riconoscersi in una prospettiva nonviolenta, femminista, ecologista, socialista e libertaria, per portare nel Parlamento Europeo la voce delle oppresse e degli oppressi e la lotta per la pace, l'affermazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera, il momento e' adesso.
Prenda la parola ogni persona ed ogni esperienza interessata.
Si promuovano ovunque possibile incontri di riflessione.

6. REPETITA IUVANT. ANCORA UN APPELLO PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni e' in prigione, condannato a vita per un crimine che non ha commesso.
Che non abbia commesso il crimine per cui e' stato condannato e' da molti anni cosa notoria.
E' stato incontrovertibilmente dimostrato che le cosiddette "testimonianze" contro di lui erano del tutto false.
E' stato incontrovertibilmente dimostrato che le cosiddette "prove" contro di lui erano del tutto false.
Lo stesso pubblico ministero che lo fece condannare ha successivamente chiesto la sua liberazione.
E la sua liberazione hanno chiesto milioni di persone, tra cui personalita' come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, associazioni umanitarie come Amnesty International, istituzioni come il Parlamento Europeo, la commissione giuridica ad hoc dell'Onu.
Ma Leonard Peltier e' ancora detenuto in un carcere di massima sicurezza, anche se il mondo intero sa che e' un innocente perseguitato, sa che e' un eroe dell'umanita'.
Dal carcere Leonard Peltier ha continuato a lottare per il suo popolo, per l'umanita' intera, per la Madre Terra: con la testimonianza, con la poesia, con la pittura, con opere di bene.
Ora e' vecchio e gravemente malato. Il 12 settembre compira' 79 anni.
E' assurdo che sia ancora in carcere.
E' orribile che sia ancora in carcere.
E' uno scandalo e una vergogna per l'intera umanita' che sia ancora in carcere.
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Ancora una volta chiediamo ad ogni persona di volonta' buona, ad ogni esperienza d'impegno per il bene comune, ad ogni umano istituto che voglia essere fedele al compito di difendere la vita, la dignita' e i diritti degli esseri umani, di far sentire la propria voce, di chiedere ancora una volta che Leonard Peltier sia liberato.
Chiediamo ad ogni persona senziente e pensante, ad ogni esperienza della societa' civile, ad ogni istituzione democratica, di esprimere pubblicamente la richiesta che sia liberato Leonard Peltier.
Chiediamo di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere che conceda finalmente la grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Messaggi a tal fine possono essere inviati attraverso la pagina ad hoc del sito della Casa Bianca: www.whitehouse.gov/contact/
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Per una informazione essenziale sulla figura e la vicenda di Leonard Peltier segnaliamo ancora una volta due testi la cui lettura e' indispensabile:
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
Nella rete telematica e' disponibile in italiano una sintetica esposizione della vicenda di Leonard Peltier con il titolo "Alcune parole per Leonard Peltier".

7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

8. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

10. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

11. REPETITA IUVANT. SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE NELLA LOTTA NONVIOLENTA PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI

Siamo solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessi la repressione del movimento democratico e nonviolento delle donne - e degli uomini postisi alla loro sequela - che si riconosce nel motto "Donna, vita, liberta'", che siano liberate e liberati tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici, che cessi la violenza maschilista di stato, e che siano riconosciuti, rispettati e difesi tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nessuna autorita' e' legittima se non rispetta la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 233 del 21 agosto 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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