[Nonviolenza] Telegrammi. 4869



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4869 del 18 giugno 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Mauro Zanella: Migranticidio
2. "Perche' siamo qui". Un discorso tenuto a Viterbo il 14 giugno 2018
3. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
4. Nell'imminenza dell'anniversario dell'"incidente a Oglala" del 26 giugno 1975 rinnoviamo l'impegno per la liberazione di Leonard Peltier, da 47 anni prigioniero innocente
5. Un mese di iniziative per la liberazione di Leonard Peltier
6. Una minima notizia su Leonard Peltier
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. L'ORA. MAURO ZANELLA: MIGRANTICIDIO
[Riceviamo e diffondiamo]

Anche lasciar morire significa uccidere.
Il governo italiano, i governi dell'Unione Europea, della Nato, dei paesi ricchi del mondo sono responsabili delle innumerevoli stragi di migranti, che cercano salvezza nei nostri Paesi dalla guerra, dalla fame dalla dittatura, dalle persecuzioni.
L'altro ieri forse la piu' grande strage: 600 morti tra cui un centinaio di bambini, lasciati naufragare dal governo greco e volutamente soccorsi con voluto ritardo perche' l'orrore serva da monito a coloro che aspirano a varcare la frontiera della Fortezza Europa.
Sono veri e propri crimini contro l'umanita', uccisioni di persone inermi, anziani, uomini, donne e bambini, tanti bambini.
Li lasciano deliberatamente affogare violando le nostre stesse leggi, li respingono illegalmente contro il diritto d'asilo previsto dalle nostre Costituzioni.
Finanziano in diversi Paesi rivieraschi, a partire dalla Libia, i lager che delocalizzano al di la' del mare, ma che sono opera loro, dove si muore "per un si' o per un  no", dove si stupra e si tortura per dissuadere i migranti a varcare le nostre frontiere, quando non sono necessarie le loro braccia.
Sono responsabili di migranticidio, cioe' di fare stragi, grazie ai loro ascari, ai loro kapo' che dirigono i nostri lager o abbandonando nelle foreste innevate o lasciando affogare in mare i naufraghi disperati, persone che appartengono al popolo vasto e variegato dei migranti, che fuggono da situazioni insostenibili di cui i nostri governi sono causa con le loro politiche belliciste, neocoloniali e imperialiste.
Non ci raccontino di voler salvaguardare i popoli d'Europa da una ipotetica invasione, lorsignori agiscono per difendere i loro profitti e i loro privilegi.
Sono in guerra con i popoli del sud del mondo, ma anche con coloro a cui nei nostri ricchi Paesi non sono garantiti i diritti fondamentali. Sono in guerra contro lo stato sociale, la sanita' e la scuola pubblica e sono disinteressati ai fragilissimi equilibri ecologici e naturali, la cui manomissione sta creando catastrofi sempre piu' distruttive.
Hanno tradito il meglio della cultura europea: l'ospitalita', i diritti inviolabili della persona umana, la pace come bene supremo da difendere ad ogni costo.
Non agiscono in nostro nome e per questo li ripudiamo.
Tutti i giovedi', il giorno delle Madri di Plaza de Mayo, ininterrottamente dall'estate del 2018, il piccolo gruppo di Mani Rosse Antirazziste organizza una sfilata lungo via del Viminale, di fronte al Ministero dell'Interno con le mani colorate di rosso, come il sangue delle nostre sorelle e dei nostri fratelli, i nuovi desaparecidos, che continuano a morire nell'indifferenza o nella rassegnazione dei popoli d'Europa.
E' un modo per esprimere il nostro lutto e la nostra collera per le responsabilita' dei nostri governi, presenti e passati, per denunciare il nuovo fascismo.
Unisciti a noi giovedi' prossimo, o in uno dei giovedi' che ci distanziano dal ripristino della legalita' costituzionale, alle ore 18 - 18,15 davanti al Teatro dell'Opera di Roma, angolo via Torino, per sfilare, a partire dalle 18,30, silenziosamente lungo via del Viminale (della iniziativa si e' data comunicazione alla questura di Roma).

2. REPETITA IUVANT. . "PERCHE' SIAMO QUI". UN DISCORSO TENUTO A VITERBO IL 14 GIUGNO 2018
[Ricostruita a memoria, questa e' una sinossi delle cose dette dal responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani", Peppe Sini, in piazza delle erbe a Viterbo il 14 giugno 2018 parlando a braccio in occasione dell'iniziativa promossa dall'Usb in memoria di Soumaila Sacko ed in preparazione della manifestazione nazionale del 16 giugno a Roma]

Perche' siamo qui
Oggi siamo qui per testimoniare la nostra opposizione allo schiavismo e al razzismo; siamo qui per rivendicare il diritto di ogni essere umano alla vita, alla dignita' e alla solidarieta'; siamo qui per affermare l'eguaglianza di dignita' e diritti di tutti gli esseri umani.
Siamo qui per ricordare il nostro fratello, il nostro compagno Soumaila Sacko.
Siamo qui per proseguire la sua lotta.
Perche' veramente Soumaila Sacko era uno di noi, un nostro fratello in quanto essere umano, un nostro compagno in quanto persona che condivideva il suo pane con chi non ne aveva. Uno sfruttato, un bracciante, un militante sindacale, un attivista per i diritti umani di tutti gli esseri umani. Un lottatore per la liberazione dell'umanita' da ogni menzogna, da ogni violenza, da ogni oppressione.
Gli assassini credono sempre che uccidendo una persona terrorizzano tutte le altre; gli assassini credono sempre che uccidendo una persona ne distruggono tutto. Invece non e' cosi' e non sara' mai cosi': grida il sangue di ogni vittima innocente e nessuno potra' mai annichilire quel grido di liberta' che si prolunga in tutte le lotte contro tutte le oppressioni, da Spartaco alla Resistenza, e risorge nel cuore di ogni essere umano ogni volta che sente bruciare sulla sua guancia il colpo inferto al volto di ogni persona.
La sua uccisione non annienta il valore della sua persona, la sua morte non cancella il significato della sua vita. Perche' di ogni vittima innocente l'umanita' intera reca la memoria e il legato, l'impegno a proseguire la lotta comune per il bene comune. L'impegno ad abbattere il regime della violenza. L'impegno alla liberazione dell'umanita' intera.
*
Aprire gli occhi
Il suono stesso di quel nome Sacko, che e' lo stesso di Sacco, rievoca un altro nostro compagno assassinato: Nicola Sacco; Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.
Soumaila Sacko emigrato in Italia, operaio, militante del movimento operaio, perseguitato e infine assassinato; cosi' come Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti emigrati in America, operai, militanti del movimento operaio, perseguitati e infine assassinati.
E rievoca alla memoria Jerry Masslo, vittima dell'apartheid in Sudafrica, giunto in Italia e in Italia assassinato a Villa Literno nel 1989; e con lui tutti i nostri compagni assassinati nel nostro paese dal regime mafioso, schiavista, razzista.
Assistendo a cio' che accade in Italia, ed all'indifferenza dei piu' dinanzi al dolore e alla morte dei perseguitati, sovvengono le parole di un indimenticabile discorso di Martin Niemoeller, il pastore tedesco che animo' la Chiesa confessante che si opponeva a Hitler: quando i nazisti vennero ad arrestare gli ebrei, io non dissi niente: non ero ebreo; quando vennero ad arrestare gli zingari, io non dissi niente: non ero zingaro; quando vennero ad arrestare gli omosessuali, io non dissi niente: non ero omosessuale; quando vennero ad arrestare i sindacalisti, io non dissi niente: non ero sindacalista; ora vengono ad arrestare me, e non c'e' nessuno a cui io possa chiedere aiuto.
Oggi in Italia si uccide Soumaila Sacko, oggi in Italia milioni di persone subiscono persecuzioni razziste e schiavismo, oggi chi governa l'Italia rifiuta di soccorrere naufraghi in pericolo di morte, nostre sorelle e nostri fratelli.
Cos'altro si attende per aprire gli occhi?
Mi sovviene il ricordo dei miei antichi maestri sopravvissuti ai lager nazisti, Vittorio Emanuele Giuntella e Primo Levi, i cui volti e le cui parole mi accompagnano e mi fanno luce lungo la via della mia vita, ed al cui insegnamento cerco di adeguare ogni giorno il mio agire: perche' questo e' il dono che ti fanno i buoni maestri: col loro esempio ti convocano ad esserne degno, a restare fedele alla loro lotta, a non tradire la verita' che ti hanno testimoniato.
Mi chiedo cosa farebbero oggi Vittorio Emanuele Giuntella e Primo Levi: sono certo che ci chiamerebbero alla lotta, ci chiamerebbero a insorgere - con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza - per difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani, per difendere la Costituzione repubblicana, la legalita' che salva le vite, lo stato di diritto, la democrazia, la civile convivenza, la civilta' stessa, l'umanita' intera, la nostra stessa umanita'.
*
Apartheid
In anni ormai lontani coordinai per l'Italia la piu' estesa campagna di solidarieta' con Nelson Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano; sapevo e dicevo gia' allora che la lotta di Nelson Mandela e delle sue compagne e dei suoi compagni contro l'apartheid era la lotta dell'umanita' intera contro il regime della schiavitu' e della segregazione razzista che l'intera umanita' minacciava e opprimeva. Sapevo e dicevo gia' allora che l'aparthed non era un residuo di un passato obsoleto che sarebbe scomparso da se', ma uno scellerato sistema di potere politico, economico, ideologico e sociale che se non l'avessimo contrastato e sconfitto al piu' presto avrebbe fagocitato il mondo intero.
E quindi non eravamo noi, gli internazionalisti solidali, che aiutavamo le sorelle e i fratelli sudafricani nella loro lotta, ma erano loro che lottavano anche per noi, erano loro che lottavano anche per la nostra liberta', per la nostra dignita', per i nostri diritti, per l'intera umanita'. Poi la lotta di Nelson Mandela ha vinto in Sudafrica; ma l'apartheid sconfitto in Sudafrica si e' invece comunque esteso nel mondo: poiche' la globalizzazione neoliberista sta imponendo un regime di apartheid globale, in cui lo sfruttamento schiavista degli esseri umani sembra non conoscere piu' limiti, in cui l'oppressione di classe pretende di cristallizzarsi in ordine castale, in un delirio razzista analogo a quello hitleriano, erede di quello hitleriano.
E prove flagranti della vile, criminale, totalitaria accettazione sociale di questo regime di apartheid globale si trovano ovunque si guardi, anche nelle minuzie della vita quotidiana: ad esempio nel fatto che tanti italiani non trovino nulla di strano nel fatto che ogni italiano ha diritto di salire su un aereo o una nave e andare del tutto legalmente pressoche' ovunque nel mondo, mentre lo stesso banale, ovvio diritto e' negato a miliardi di altri esseri umani (e soprattutto a coloro che ne hanno bisogno per scampare alla morte), e che a negare questo diritto sia anche chi governa il nostro paese: che cosi' si dimostra parte del regime dell'apartheid globale, carceriere e aguzzino dell'immensa maggioranza dell'umanita'.
Scrisse una volta Bertolt Brecht che quando i crimini si moltiplicano diventano invisibili. Ma noi questo orrore lo vediamo, lo sentiamo, e quindi lo dobbiamo contrastare, lo dobbiamo combattere.
La pietas per le vittime deve divenire impegno a condividerne e proseguirne la lotta.
La pietas per le vittime deve divenire indignazione e lotta contro il male commesso dai carnefici.
La pietas per le vittime deve divenire impegno a far cessare la loro persecuzione.
La pietas per le vittime deve divenire impegno a salvare le vite qui e adesso.
Ogni volta che ricordo questi fatti, che svolgo questi ragionamenti, c'e' chi mi dice: "ma cosi' tu ne fai quasi un fatto personale". Certo che ne faccio un fatto personale. E' di persone che stiamo parlando, di persone che hanno subito violenze abominevoli, di persone che sono state torturate, di persone che sono state assassinate. E io, e tu, siamo anche noi persone.
Il nostro fratello, il nostro compagno Soumaila Sacko e' stato assassinato dal potere mafioso, dal potere schiavista, dal potere razzista: perche' e' lo stesso sistema di potere, insieme mafioso, schiavista e razzista, quello che oggi in Italia assassina Soumaila Sacko, schiavizza innumerevoli sorelle e fratelli, fa morire nel Mediterraneo innumerevoli innocenti.
C'e' una solo modo per non dimenticarli, i nostri fratelli e le nostre sorelle; c'e' un solo modo per salvare le vite di chi ancora non e' stato fatto morire; c'e' un solo modo per non essere complici dei loro assassini: condividere e proseguire la lotta, la loro e la nostra lotta, contro tutti i poteri oppressivi, per la vita, la dignita' e i diritti di ogni persona, per la liberazione dell'intera umanita', per abbattere il criminale dominio della violenza con la forza della nonviolenza.
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Schiavitu' e razzismo
Il modo di produzione dominante, fondato sulla massimizzazione del profitto al costo della sofferenza, dell'alienazione e della morte degli esseri umani, trova nel razzismo l'ideologia perfetta e nel regime razzista il perfetto apparato per lo sfruttamento schiavista: come imposizione totalitaria di inferiorizzazione, di disumanizzazione, di "animalizzazione" (come scrisse Frantz Fanon), come istituzionalizzazione del dominio castale, come divisione dell'umanita' in due segmenti contrapposti: una "razza padrona" al cui servizio e' destinata un'immensa plebe di schiavi cui si nega il pieno riconoscimento di esseri umani; il potere dominante "razzializza" lo sfruttamento e la poverta', pretende di cristallizzare i rapporti di oppressione e disumanizzazione per togliere alle sue vittime ogni speranza di riconoscimento di umanita', ogni speranza di liberazione.
E' dunque del tutto evidente il nesso tra il sistema economico della globalizzazione neoliberista e la violenza razzista e stragista; e' dunque del tutto evidente il nesso tra guerra, imperialismo, neocolonialismo, razzismo; e' dunque del tutto evidente il nesso tra guerra, regime del terrore e riduzione in schiavitu'; e' dunque del tutto evidente il nesso tra militarismo, razzismo e maschilismo: teorie e prassi dell'inferiorizzazione, della segregazione e della negazione dell'altro.
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Opporsi al regime delle persecuzioni razziste
Nel nostro paese e' oggi al governo l'estrema destra razzista e golpista che non fa mistero di voler instaurare un regime di persecuzioni razziste, un regime scellerato e folle, un regime criminale del tutto incompatibile con la Costituzione repubblicana, con la democrazia, con lo stato di diritto, con la civile convivenza, con la dignita' umana.
Ripetiamolo ancora una volta: i caporioni dell'estrema destra razzista e golpista hanno ripetutamente ed esplicitamente annunciato quale sia il loro programma; hanno dichiarato ripetutamente quale sia la loro volonta':
- perseguitare le donne e gli uomini giunti in Italia perche' costretti ad abbandonare i loro paesi per sfuggire alla fame e alla guerra, alle dittature e ai disastri ambientali, donne e uomini cui l'estrema destra razzista e golpista minaccia la privazione di inalienabili diritti, la detenzione in campi di concentramento e la deportazione nelle grinfie dei loro aguzzini;
- perseguitare le donne e gli uomini rom e sinti, cui l'estrema destra razzista e golpista minaccia la distruzione degli alloggi e dei beni, minaccia misure lesive dei fondamentali diritti umani;
- perseguitare le donne e gli uomini musulmani, cui l'estrema destra razzista e golpista minaccia imposizioni degradanti e trattamenti discriminatori lesivi della loro dignita' di esseri umani;
- perseguitare le donne e gli uomini che in quanto operatori umanitari si adoperano per salvare le vite, e che nella propaganda dell'estrema destra razzista e golpista vengono assurdamente pressoche' assimilati ai trafficanti mafiosi e schiavisti;
- violare fondamentali articoli della Costituzione, in merito ai quali nella sua propaganda l'estrema destra razzista e golpista ha ripetutamente espresso disprezzo e intenzione di farne strame;
- favoreggiare o addirittura obbligare a commettere il reato di omissione di soccorso, reato di cui nella sua propaganda l'estrema destra razzista e golpista ha ripetutamente fatto l'apologia.
Tutto cio' e' stato ripetutamente, esplicitamente annunciato, e nessuno puo' fingere di ignorarlo.
Sono orrori che abbiamo gia' visto del corso della storia italiana ed europea: con i due millenni di persecuzioni antiebraiche culminate nella Shoah; con le crociate, con gli autodafe', con il colonialismo, con i pogrom, con i genocidi; ricorre quest'anno l'ottantesimo anniversario delle leggi razziste del 1938, e proprio quest'anno l'estrema destra razzista e golpista torna al governo nel nostro paese.
La criminale vicenda della chiusura dei porti italiani ai naufraghi ospitati sulla nave Aquarius e' l'inizio della messa in atto delle persecuzioni razziste annunciate.
Nel Mediterraneo si continua a morire, e il governo italiano rifiuta di soccorrere i naufraghi negando loro approdo nel nostro paese.
La vicenda dell'Aquarius costituisce una flagrante violazione della Costituzione, del diritto del mare, del diritto internazionale e del diritto penale italiano.
E per occultare un crimine cosi' scellerato il governo usa la stessa retorica nazionalista tipica del fascismo: ha scritto una volta Friedrich Duerrenmatt che quando lo stato si prepara a uccidere si fa chiamare patria; e il dottor Johnson spiego' una volta per tutte che il cosiddetto "patriottismo" e' l'ultimo rifugio delle canaglie.
Lo abbiamo gia' detto: si ha buon gioco nell'accusare la Francia di aver scatenato la guerra in Libia nel 2012 (guerra alla quale peraltro anche l'Italia prese follemente e criminalmente parte); si ha buon gioco nel denunciare come la Francia respinga i migranti alla sua frontiera con una brutalita' abominevole; e si ha buon gioco ogni volta che si denuncia il razzismo dei governi di altri paesi europei. Ma questo non giustifica la violenza razzista del governo italiano; questo non giustifica la politica di persecuzione razzista del governo italiano. Perche' se assurdamente lo giustificasse, allora ogni assassino potrebbe invocare in sua difesa gli orrori commessi da altri, come faceva monsieur Verdoux quando rilevava che i suoi reiterati femminicidi erano piccola cosa dinanzi ai milioni di morti delle guerre mondiali scatenate dai governi degli stati. Invece un crimine non ne giustifica un altro; e la sordida propaganda di cui ha fatto sfoggio in parlamento il ministro dell'Interno (e reale capo e padrone del governo in carica) e' ne' piu' ne' meno che una infame, spudorata, oscena esibizione di retorica fascista.
Poiche' il punto e' il seguente: che il nuovo governo italiano chiudendo i porti a una nave che recava naufraghi salvati in mare ha commesso un crimine. Un crimine. Un crimine per il diritto internazionale. Un crimine per la legislazione italiana. Un crimine contro l'umanita'.
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Quello che e' necessario dire e fare
Le radici dell'emigrazione sono nel rapporto tra Nord e Sud del mondo: un rapporto di oppressione, di sfruttamento schiavista, di criminale rapina; il Nord produce solo il 20% delle risorse mondiali e ne consuma l'80%; mentre viceversa il Sud del mondo produce l'80% delle risorse mondiali e ne consuma soltanto il 20%. Come e' possibile questo? Solo perche' i poteri dominanti del Nord rapinano i popoli del Sud; e questa immane rapina e' la prima radice delle guerre e della fame, delle dittature e delle catastrofi ambientali, della violenza schiavista che costringe innumerevoli esseri umani ad abbandonare il luogo in cui sono nati per poter sopravvivere altrove.
E' un "modello di sviluppo" iniziato cinquecento anni fa, col saccheggio delle risorse americane, il genocidio degli indios, la riduzione in schiavitu' e la deportazione in America di forza-lavoro schiava dall'Africa per sostituire nelle miniere e nelle piantagioni gli indios sterminati: questa e' l'origine dell'"ordine mondiale" odierno: questa l'"accumulazione originaria" di capitale che ha dato avvio alla storia moderna come l'abbiamo conosciuta, una storia che gronda sangue e atrocita'.
Sono le nostre guerre, i regimi dittatoriali dei nostri compari e fantocci, la nostra produzione ed esportazione di armi, il nostro colonialismo che prosegue sotto diverse denominazioni, il regime rapinatore e schiavista globale di cui anche le classi dominanti in Italia compartecipano e godono l'usufrutto, a provocare la biblica migrazione di milioni e milioni di esseri umani innocenti, vittime di un disordine mondiale criminale che sta portando al collasso l'ecosistema e infligge sofferenze mostruose ai nove decimi dell'umanita'.
Occorre quindi impegnarsi perche' questo rapporto di dominazione cessi: e' in gioco la sopravvivenza stessa dell'intero genere umano.
Ed occorre lottare affinche' il lavoro cessi di essere schiavitu', e il diritto al lavoro sia universale, e sia anche diritto a un lavoro in condizioni degne, con adeguata retribuzione, e con finalita' condivise ed orientate al bene comune; ed affinche' la produzione dei beni e la riproduzione sociale siano dirette al benessere di ogni persona secondo criteri di giustizia e di solidarieta': affinche' da ciascuno sia dato secondo le sue capacita' ed a ciascuno sia dato secondo i suoi bisogni; di qui la necessita' della lotta delle classi sfruttate e oppresse contro la violenza delle classi rapinatrici affinche' lavoro, casa, salute, sapere, previdenza e assistenza sociale, ambiente salubre e vivibile, partecipazione comune alle decisioni che tutti riguardano e tutela dei diritti fondamentali di ogni persona, siano beni concreti effettualmente riconosciuti, sostanza del riconoscimento della dignita' di ogni persona, inveramento dell'impegno sancito nell'articolo 3 della Costituzione repubblicana, legge fondamentale del nostro paese: quell'articolo 3 dettato dal combattente antifascista ed internazionalista Lelio Basso.
Ma qui ed ora, occorre anche lottare per ottenere al piu' presto due provvedimenti legislativi indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia.
Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto alla vita, e ad una vita degna e felice; e quando questo diritto non e' riconosciuto nel luogo in cui sono nati e' indispensabile riconoscere loro il diritto di andare a vivere dove questo diritto e' rispettato.
Lo argomentava con ragionamenti ineludibili, inconfutabili e indimenticabili Immanuel Kant quando nel suo scritto "Per la pace perpetua" spiegava che per la ragione stessa che il pianeta ha un'estensione limitata non si puo' rifiutare accoglienza a chi e' stato costretto ad abbandonare il luogo in cui e' nato per salvare la propria vita.
Lo stabiliscono inequivocabilmente l'articolo 2 e l'articolo 10 della Costituzione della Repubblica Italiana.
Occorre quindi riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese, e di giungervi in modo legale e sicuro.
Riconoscendo questo diritto si annienterebbe anche, e del tutto, la mafia dei trafficanti schiavisti i cui abominevoli profitti scaturiscono proprio dal fatto che i governi europei scelleratamente proibiscono ad esseri umani che ne hanno pieno diritto di giungere qui in modo legale e sicuro, godendo della protezione delle leggi.
Ed occorre riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.
Nell'appello all'Italia civile su cui lo scorso anno raccogliemmo migliaia di firme -e  tra esse anche quelle di quasi duecento parlamentari - ricordavamo che Il fondamento della democrazia e' il principio "una persona, un voto"; l'Italia essendo una repubblica democratica non puo' continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui. Vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano.
Ed occorre suscitare un movimento di massa della societa' civile, una vera insurrezione nonviolenta, per ottenere le immediate dimissioni del governo dell'estrema destra razzista e golpista, un governo che in questi pochi giorni si e' gia' macchiato di gravi delitti, delitti dichiarati come esplicita volonta' nel suo programma, e delitti gia' eseguiti.
Ed occorre che i ministri responsabili di questi gravi delitti siano processati e condannati come stabilisce la legge, e con essi gli altri rappresentanti delle istituzioni che pur avendone il dovere non si sono opposti a quei crimini, non li hanno denunciati, li hanno anzi favoreggiati col loro silenzio, con la loro omerta', con la loro complicita'.
Questo occorre dire, questo occorre fare se vogliamo adoperarci per salvare le vite, se vogliamo adoperarci per difendere la legalita', se vogliamo difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani.
*
Il nocciolo della questione
Credo infatti che vi siano alcuni convincimenti fondamentali su cui ogni persona decente concordi. Provo ad enunciarli conclusivamente nella forma piu' breve.
Che la regola aurea dell'umano condursi sia quella attestata da tutte le grandi tradizioni di pensiero dell'umanita': "Agisci verso le altre persone come vorresti che le altre persone agissero verso di te".
Che vi sia una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera che di questo mondo vivente e' responsabile custode.
Che ogni essere umano abbia diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Che salvare le vite sia il primo dovere.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
Ogni vittima ha il volto di Abele.

3. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

4. INIZIATIVE. NELL'IMMINENZA DELL'ANNIVERSARIO DELL'"INCIDENTE A OGLALA" DEL 26 GIUGNO 1975 RINNOVIAMO L'IMPEGNO PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER, DA 47 ANNI PRIGIONIERO INNOCENTE

Si avvicina l'anniversario dell'"incidente a Oglala" del 26 giugno 1975 in cui persero la vita due agenti dell'Fbi e un giovane militante dell'American Indian Movement.
Per quanto accadde quel giorno Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, fu condannato all'ergastolo da una giuria razzista sulla base di "prove" false e di "testimonianze" altrettanto false, e da 47 anni e' detenuto in un carcere di massima sicurezza pur essendo del tutto innocente dei delitti che gli sono stati menzogneramente attribuiti.
*
Ha scritto lui stesso nella sua autobiografia: "Non ho scuse da porgere, solo tristezza. Non posso scusarmi per quello che non ho fatto. Ma posso provare dolore, e lo faccio. Ogni giorno, ogni ora, soffro per quelli che sono morti nello scontro di Oglala del 1975 e per le loro famiglie - per le famiglie degli agenti dell'Fbi Jack Coler e Ronald Williams e, si', per la famiglia di Joe Killsright Stuntz, la cui morte per una pallottola a Oglala quello stesso giorno, cosi' come le morti di centinaia di altri indiani a Pine Ridge in quel terribile periodo, non e' mai stata oggetto di inchiesta. Mi piange il cuore nel ricordare la sofferenza e la paura nella quale molta della mia gente fu costretta a vivere a quel tempo, la stessa sofferenza e paura che quel giorno spinse me e gli altri a Oglala per difendere chi era indifeso.
Provo pena e tristezza anche per la perdita subita dalla mia famiglia perche', in qualche misura, quel giorno sono morto io stesso. Sono morto per la mia famiglia, per i miei bambini, per i miei nipoti, per me stesso. Sopravvivo alla mia morte da oltre due decenni.
Quelli che mi hanno messo qui e che mi tengono qui sapendo della mia innocenza avranno una magra consolazione dalla loro indubbia rivincita, che esprime chi essi sono e cio' che sono. Ed e' la piu' terribile rivincita che potessi immaginare.
Io so chi sono e quello che sono. Sono un indiano, un indiano che ha osato lottare per difendere il suo popolo. Io sono un uomo innocente che non ha mai assassinato nessuno, ne' inteso farlo. E, si', sono uno che pratica la Danza del Sole. Anche questa e' la mia identita'. Se devo soffrire in quanto simbolo del mio popolo, allora soffro con orgoglio.
Non cedero' mai.
Se voi, parenti e amici degli agenti che morirono nella proprietà degli Jumping Bull, ricaverete qualche tipo di soddisfazione dal mio essere qui, allora posso almeno darvi questo, nonostante non mi sia mai macchiato del loro sangue. Sento la vostra perdita come mia. Come voi soffro per quella perdita ogni giorno, ogni ora. E cosi' la mia famiglia. Anche noi conosciamo quella pena inconsolabile. Noi indiani siamo nati, viviamo, e moriamo con quell'inconsolabile dolore. Sono ventitre' anni oggi che condividiamo, le vostre famiglie e la mia, questo dolore; come possiamo essere nemici? Forse e' con voi e con noi che il processo di guarigione puo' iniziare. Voi, famiglie degli agenti, certamente non avevate colpa quel giorno del 1975, come non l'aveva la mia famiglia, eppure voi avete sofferto tanto quanto, anche piu' di chiunque era li'. Sembra sia sempre l'innocente a pagare il prezzo piu' alto dell'ingiustizia. E' sempre stato cosi' nella mia vita.
Alle famiglie di Coler e Williams che ancora soffrono mando le mie preghiere, se vorrete accettarle. Spero lo farete. Sono le preghiere di un intero popolo, non solo le mie. Abbiamo molti dei nostri morti per cui pregare e uniamo la nostra amarezza alla vostra. Possa il nostro comune dolore essere il nostro legame.
Lasciate che siano quelle preghiere il balsamo per la vostra pena, non la prolungata prigionia di un uomo innocente.
Vi assicuro che se avessi potuto evitare quello che avvenne quel giorno, la vostra gente non sarebbe morta. Avrei preferito morire piuttosto che permettere consapevolmente che accadesse cio' che accadde. E certamente non sono stato io a premere il grilletto che l'ha fatto accadere. Che il Creatore mi fulmini ora se sto mentendo. Io non riesco a vedere come il mio stare qui, separato dai miei nipoti, possa riparare alla vostra perdita.
Vi giuro, sono colpevole solo di essere un indiano. E' questo il motivo per cui sono qui".
*
Ha scritto anche: "Tutti facciamo parte dell'unica famiglia dell'umanita'.
Noi condividiamo la responsabilita' per la nostra Madre Terra e per tutti quelli che ci vivono e respirano.
Credo che il nostro compito non sara' terminato fin quando anche un solo essere umano sara' affamato o maltrattato, una sola persona sara' costretta a morire in guerra, un solo innocente languira' in prigione e un solo individuo sara' perseguitato per le sue opinioni.
Credo nel bene dell'umanita'.
Credo che il bene possa prevalere, ma soltanto se vi sara' un grande impegno. Impegno da parte nostra, di ognuno di noi, tuo e mio".
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La liberazione di Leonard Peltier e' stata chiesta dalle piu' prestigiose personalita' mondiali, da Nelson Mandela a madre Teresa di Calcutta, da Mikhail Gorbaciov a papa Francesco. Amnesty International ha chiesto la sua liberazione. Una commissione giuridica ad hoc dell'Onu ha chiesto la sua liberazione. Hanno chiesto la sua liberazione milioni di persone da tutto il mondo. Innumerevoli istituzioni e rappresentanti istituzionali, tra cui in primo luogo il Parlamento Europeo ed il suo indimenticabile Presidente David Sassoli, hanno chiesto la sua liberazione.
Rinnoviamo pertanto ancora una volta la richiesta che il Presidente statunitense conceda la grazia che restituisca la liberta' a un uomo innocente, a un testimone della dignita' umana.
Chiediamo a chi legge queste righe di diffondere l'informazione su Leonard Peltier, di prendere pubblicamente posizione per la sua liberazione, di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' gli conceda la grazia presidenziale.
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I messaggi per richiedere la grazia residenziale (anche molto semplici, come ad esempio: "Free Leonard Peltier") possono essere inviati attraverso la seguente pagina web della Casa Bianca: www.whitehouse.gov/contact/
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Per contattare il Comitato internazionale di difesa di Leonard Peltier visitare il sito: www.whoisleonardpeltier.info, e scrivere alla e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Per una informazione essenziale sulla figura e la vicenda di Leonard Peltier segnaliamo due testi la cui lettura e' indispensabile:
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
Nella rete telematica e' disponibile in italiano una breve ma precisa esposizione della vicenda di Leonard Peltier con il titolo "Alcune parole per Leonard Peltier" (con una puntuale bibliografia per ulteriori approfondimenti).

5. INIZIATIVE. UN MESE DI INIZIATIVE PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Nel mese di giugno 2023 il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo promuove una serie di iniziative di riflessione, di studio, di testimonianza e di mobilitazione affinche' il Presidente degli Stati Uniti d'America conceda finalmente la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni detenuto innocente.
La storica struttura nonviolenta viterbese rinnova l'invito a scrivere al Presidente Biden per chiedere che Leonard Peltier torni libero.
I messaggi (anche molto semplici, come ad esempio: "Free Leonard Peltier") possono essere inviati attraverso la seguente pagina web della Casa Bianca: www.whitehouse.gov/contact/
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Per contattare il Comitato internazionale di difesa di Leonard Peltier: sito: www.whoisleonardpeltier.info, e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
Per una informazione essenziale sulla figura e la vicenda di Leonard Peltier segnaliamo due testi la cui lettura e' indispensabile:
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.

6. REPETITA IUVANT. UNA MINIMA NOTIZIA SU LEONARD PELTIER

Leonard Peltier nasce a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944.
Nell'infanzia, nell'adolescenza e nella prima giovinezza subisce pressoche' tutte le vessazioni, tutte le umiliazioni, tutti i traumi e l'emarginazione che il potere razzista bianco infligge ai nativi americani. Nella sua autobiografia questo processo di brutale alienazione ed inferiorizzazione e' descritto in pagine profonde e commoventi.
Nei primi anni Settanta incontra l'American Indian Movement (Aim), fondato nel 1968 proprio per difendere i diritti e restituire coscienza della propria dignita' ai nativi americani; e con l'impegno nell'Aim riscopre l'orgoglio di essere indiano - la propria identita', il valore della propria cultura, e quindi la lotta per la riconquista dei diritti del proprio popolo e di tutti i popoli oppressi.
Partecipa nel 1972 al "Sentiero dei trattati infranti", la carovana di migliaia di indiani che attraversa gli Stati Uniti e si conclude a Washington con la presentazione delle rivendicazioni contenute nel documento detto dei "Venti punti" che il governo Nixon non degna di considerazione, e con l'occupazione del Bureau of Indian Affairs.
Dopo l'occupazione nel 1973 da parte dell'Aim di Wounded Knee (il luogo del massacro del 1890 assurto a simbolo della memoria del genocidio delle popolazioni native commesso dal potere razzista e colonialista bianco)  nella riserva di Pine Ridge - in cui Wounded Knee si trova - si scatena la repressione: i nativi tradizionalisti ed i militanti dell'Aim unitisi a loro nel rivendicare l'identita', la dignita' e i diritti degli indiani, vengono perseguitati e massacrati dagli squadroni della morte del corrotto presidente del consiglio tribale Dick Wilson: uno stillicidio di assassinii in cui i sicari della polizia privata di Wilson (i famigerati "Goons") sono favoreggiati dall'Fbi che ha deciso di perseguitare l'Aim ed eliminarne i militanti con qualunque mezzo.
Nel 1975 per difendersi dalle continue aggressioni dei Goons di Wilson, alcuni residenti tradizionalisti chiedono l'aiuto dell'Aim, un cui gruppo di militanti viene ospitato nel ranch della famiglia Jumping Bull in cui organizza un campo di spiritualita'.
Proprio in quel lasso di tempo Dick Wilson sta anche trattando in segreto la cessione di una consistente parte del territorio della riserva alle compagnie minerarie.
Il 26 giugno 1975 avviene l'"incidente a Oglala", ovvero la sparatoria scatenata dall'Fbi che si conclude con la morte di due agenti dell'Fbi, Jack Coler e Ronald Williams, e di un giovane militante dell'Aim, Joe Stuntz, e la successiva fuga dei militanti dell'Aim superstiti guidati da Leonard Peltier che riescono ad eludere l'accerchiamento da parte dell'Fbi e degli squadroni della morte di Wilson.
Mentre nessuna inchiesta viene aperta sulla morte della giovane vittima indiana della sparatoria, cosi' come nessuna adeguata inchiesta era stata aperta sulle morti degli altri nativi assassinati nei mesi e negli anni precedenti da parte dei Goons, l'Fbi scatena una vasta e accanita caccia all'uomo per vendicare la morte dei suoi due agenti: in un primo momento vengono imputati dell'uccisione dei due agenti quattro persone: Jimmy Eagle, Dino Butler, Leonard Peltier e Bob Robideau.
Dino Butler e Bob Robideau vengono arrestati non molto tempo dopo, processati a Rapid City ed assolti perche' viene loro riconosciuta la legittima difesa.
A quel punto l'Fbi decide di rinunciare a perseguire Jimmy Eagle e di concentrare le accuse su Leonard Peltier, che nel frattempo e' riuscito a riparare in Canada; li' viene arrestato ed estradato negli Usa sulla base di due affidavit di una "testimone" che lo accusano menzogneramente del duplice omicidio; la cosiddetta "testimone" successivamente rivelera' di essere stata costretta dall'Fbi a dichiarare e sottoscrivere quelle flagranti falsita'.
Peltier viene processato non a Rapid City come i suoi compagni gia' assolti per legittima difesa ma a Fargo, da una giuria di soli bianchi, in un contesto razzista fomentato dall'Fbi.
Viene condannato a due ergastoli nonostante sia ormai evidente che le testimonianze contro di lui erano false, estorte ai testimoni dall'Fbi con gravi minacce, e nonostante che le cosiddette prove contro di lui fossero altrettanto false.
Successivamente infatti, grazie al Freedom of Information Act, fu possibile accedere a documenti che l'Fbi aveva tenuto nascosti e scoprire che non era affatto il cosiddetto "fucile di Peltier" ad aver ucciso i due agenti.
In carcere, si organizza un tentativo di ucciderlo, che viene sventato in modo rocambolesco; ma anche se riesce a salvarsi la vita Leonard Peltier viene sottoposto a un regime particolarmente vessatorio e le sue condizioni di salute ben presto si aggravano.
Tuttavia anche dal carcere, anche in condizioni di particolare durezza, Leonard Peltier riesce a svolgere un'intensa attivita' di testimonianza, di sensibilizzazione, di militanza, finanche di beneficenza; un'attivita' non solo di riflessione e d'impegno morale, sociale e politico, ma anche artistica e letteraria; nel corso degli anni diventa sempre piu' un punto di riferimento in tutto il mondo, come lo fu Nelson Mandela negli anni di prigionia nelle carceri del regime dell'apartheid.
La sua liberazione viene chiesta da illustri personalita', ma e' costantemente negata da parte di chi ha il potere di concederla. Analogamente la richiesta di un nuovo pronunciamento giudiziario e' sempre respinta, cosi' come gli vengono negate tutte le altre guarentigie riconosciute a tutti i detenuti.
Nel 1983 e poi in seconda edizione nel 1991 viene pubblicato il libro di Peter Matthiessen che fa piena luce sulla persecuzione subita da Leonard Peltier.
Nel 1999 viene pubblicata l'autobiografia di Leonard Peltier (presto tradotta anche in francese, italiano, spagnolo e tedesco).
Ma nei primi anni Duemila il processo per la tragica morte di un'altra militante del'Aim, Anna Mae Aquash, viene strumentalizzato dall'Fbi per orchestrare una nuova squallida e grottesca campagna diffamatoria e persecutoria nei confronti di Leonard Peltier. E nel 2009 un agente speciale che aveva avuto un ruolo fondamentale nella "guerra sporca" dell'Fbi contro l'Aim, Joseph Trimbach, da' alle stampe un libro che e' una vera e propria "summa" delle accuse contro Leonard Peltier.
Tuttavia e' ormai chiarissimo che Peltier e' innocente, e la prova definitiva dell'innocenza la da' proprio il libro di Trimbach: in quest'opera il cui scopo dichiarato e' dimostrare che l'Aim e' nient'altro che un'organizzazione criminale e terroristica, e che Leonard Peltier e' nient'altro che un efferato assassino, l'autore non solo non presenta alcuna vera prova contro Peltier, ma di fatto conferma cosi' che prove contro Peltier non ci sono.
Ma gli anni continuano a passare e la solidarieta' con Leonard Peltier non riesce ad ottenerne la liberazione. Occlusa proditoriamente la via giudiziaria, resta solo la grazia presidenziale, ma quando alcuni presidenti statunitensi lasciano intendere di essere disposti a prendere in considerazione un atto di clemenza che restituirebbe la liberta' a Leonard Peltier la reazione dell'Fbi e' minacciosa. Clinton prima e Obama poi rinunciano. Pavidita' dinanzi alla capacita' di intimidazione anche nei confronti della Casa bianca da parte dell'Fbi?
E giungiamo ad oggi: Leonard Peltier, che e' gia' affetto da gravi patologie, alcuni mesi fa e' stato anche malato di covid: nuovamente chiediamo al presidente degli Stati Uniti che sia liberato e riceva cure adeguate. Non muoia in carcere un uomo innocente, non muoia in carcere un eroico lottatore per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per la difesa del mondo vivente.
Leonard Peltier deve essere liberato non solo perche' e' anziano e malato, ma perche' e' innocente.
Una bibliografia essenziale:
- Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano. Leonard Peltier prigioniero degli Stati Uniti, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena Vt).
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002 (disponibile in edizione digitale nel sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info)-
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, Agents of Repression: The FBI's Secret Wars Against the Black Panther Party and the American Indian Movement, South End Press, Boulder, Colorado, 1988, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, The COINTELPRO Papers: Documents from the FBI's Secret Wars Against Dissent in the United States, South End Press, Boulder, Colorado, 1990, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Joseph H. Trimbach e John M. Trimbach, American Indian Mafia. An FBI Agent's True Story About Wounded Knee, Leonard Peltier, and the American Indian Movement (AIM), Outskirts Press, Denver 2009.
- Roxanne Dunbar-Ortiz, An Indigenous Peoples' History of the United States, Beacon Press, Boston 2014.
- Dick Bancroft e Laura Waterman Wittstock, We Are Still Here. A photographic history of the American Indian Movement, Minnesota Historical Society Press, 2013.
- Michael Koch e Michael Schiffmann, Ein leben fur Freiheit. Leonard Peltier und der indianische Widerstand, TraumFaenger Verlag, Hohenthann 2016.

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Gustavo Zagrebelsky, Tempi difficili per la Costituzione. Gli smarrimenti dei costituzionalisti, Laterza, Roma-Bari 2023, pp. VI + 138, euro 15.
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Riletture
- Philip J. Deloria, Indians in unexpected places, University Press of Kansas, 2004, pp. XII + 300.
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Riedizioni
- Basho, Lo stretto sentiero del profondo nord, Einaudi, Torino 2022, Gedi, Torino 2023, pp. XXVIII + 128, euro 8,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4869 del 18 giugno 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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