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[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 114
- Subject: [Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 114
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Mon, 24 Apr 2023 05:34:33 +0200
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 114 del 24 aprile 2023
In questo numero:
1. Fermare le uccisioni, salvare le vite, salvare il mondo
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...
10. "Gariwo": Helena Bonner
11. "Gariwo": Evgenija Ginzburg
12. "Gariwo": Natal'ja Gorbanevskaja
13. "Gariwo": Lidija Cukovskaja
14. "Gariwo": Nadezda Jakovlevna Mandel'stam
15. "Gariwo": Majja Ulanovskaja
1. L'ORA. FERMARE LE UCCISIONI, SALVARE LE VITE, SALVARE IL MONDO
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
*
Abolire le guerre, gli eserciti, le armi.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la liberazione comune e la salvezza dell'umanita' intera e dell'intero mondo vivente.
*
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
*
Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
*
E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA
Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara
4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
8. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
10. TESTIMONI. "GARIWO": HELENA BONNER
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Helena Georgievna Bonner Sacharova (1923-2011) la dottoressa dei diritti dell'uomo.
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Figlia di un armeno e di una ebrea, Helena Bonner dovette trasferirsi quattordicenne a Leningrado dai nonni, in seguito all'arresto dei genitori e la fucilazione del patrigno (Gevork Sarkisovic Alichanov, capo dell'ufficio personale del Comintern). Dopo aver fatto l'infermiera durante la guerra, ed essere stata ferita gravemente, studio' e si laureo' in medicina a Leningrado. Nel 1972 sposo', in seconde nozze, il fisico Andrej Dmitrievic Sacharov (celebre per aver messo a punto la Bomba all'Idrogeno e per le sue attivita' per i diritti civili), che aveva conosciuto due anni prima a Kaluga nel corso di un processo contro dissidenti. Lo sostitui' nel 1975 alla cerimonia dell'assegnazione del Premio Nobel per la pace a Oslo. Insieme a Sacharov fu confinata nella citta' di Gor'kij.
Fondamentale fu l'apporto di Elena Bonnėr alle attivita' del dissenso sovietico e nell'attivita' della difesa dei diritti dell'uomo, l'appoggio e la sua presenza fisica nei vari processi, il costante sostegno alle battaglie del marito. Fu soggetta a repressioni e sabotaggi, perquisizioni illegali e furti di documenti. I figli del primo matrimonio furono costretti ad emigrare. Alla fidanzata del figlio (Liza Alekseeva) fu negato il permesso di emigrare per raggiungere il fidanzato. Per fare in modo che le discriminazioni nei confronti della futura nuora finissero, i coniugi Sacharov (gia' relegati) si sottoposero ad uno clamoroso sciopero della fame a a Gor'kij (22 novembre - 9 dicembre 1981) che si concluse col permesso di emigrazione per Alekseeva. Infine, dopo la scomparsa del marito nel 1989, anche lei si traferi' all'estero per curarsi ed e' morta a Boston di un arresto cardiaco.
Libri:
- H. Bonner, Soli insieme, Garzanti, Milano 1986.
- H. Bonner, Madri e figlie, Spirali, Milano 2003.
11. TESTIMONI. "GARIWO": EVGENIJA GINZBURG
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Evgenija Solomonovna Ginzburg (1904-1977) il viaggio nella vertigine del Gulag.
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Evgenija Ginzburg nasce a Mosca nel 1904 da una famiglia ebraica benestante, che nel 1909 si trasferisce a Kazan', dove Evgenija si laurea all'Istituto psicopedagogico con la specializzazione in Storia. Nel 1932 si iscrive al partito, lavora all'universita' come ricercatrice e scrive nella redazione locale del giornale Tatarija Rossa. Sposatasi con Pavel Vasiljevic Aksenov, membro della segreteria del Comitato Centrale del partito della Tatarija, entra a far parte della prima generazione dell'intelligencija sovietica. Nei primi anni Trenta le elites del partito godono di molti benefici, ma a partire dal primo dicembre 1934 la loro sorte cambiera' per sempre: l'assassinio di Sergej Mironovic Kirov (uno dei massimi dirigenti del partito) diventa l'occasione cercata da Stalin per dar vita al "grande terrore" e reprimere ogni tipo di opposizione. All'omicidio di Kirov fanno seguito i primi arresti di comunisti considerati fino allora di provata fede, tra cui il professor El'vov, collega della Ginzburg all'Istituto pedagogico. Accusata di non aver denunciato l'amico "trockista", Evgenija rifiuta di ammettere una colpa inesistente e viene quindi espulsa dal partito. Il 15 febbraio 1937 e' arrestata a sua volta con l'accusa di aver preso parte a un'organizzazione terroristica all'interno della redazione del "Tatarija Rossa" e di essere trockista; gli uomini dell'NKVD cercano poi di costringere il marito a ripudiarla e, di fronte a un suo rifiuto, lo arrestano pochi mesi dopo insieme a Vasilij, il figlioletto di cinque anni, che viene trasferito nell'orfanotrofio di Kostroma e potra' rivedere la madre solo molti anni dopo.
Per la Ginzburg inizia la terribile fase dell'istruttoria: reclusa in una cella sotterranea del carcere di Kazan' rifiuta di confessarsi colpevole e di fornire prove false contro degli innocenti per salvarsi. Viene allora sottoposta a un interrogatorio ininterrotto di sette giorni consecutivi senza mangiare ne' dormire, e quando risponde ai suoi inquirenti che non deporra' il falso perche' non sarebbe onesto, il maggiore El'sin le ribatte che nell'etica marxista-leninista: "e' onesto cio' che e' utile al partito e allo Stato". Di fronte alla strenua resistenza della Ginzburg a prestarsi alla delazione, i carcerieri ricorrono alla tattica consolidata di raccogliere testimonianze false contro di lei, ricattando alcuni suoi amici, che cedono per paura di finire nello stesso "tritacarne". Dopo un processo durato sette minuti, viene condannata a dieci anni di reclusione e isolamento (il marito fu condannato a quindici anni di prigione).
Trasferita a Mosca nel carcere di Butyrka, sotto shock per essere scampata alla fucilazione prevista per i reati di cui e' accusata, Evgenija stringe amicizia con le persone piu' diverse, tutte detenute senza ragione, e sperimenta un livello piu' profondo di relazione tra gli esseri umani, che va oltre la semplice coscienza di partito e coinvolge sentimenti e valori universali; scossa dall'incontro con la tortura e il dolore prende consapevolezza del tremendo conflitto interiore che le detenute comuniste debbono affrontare: cio' che grida la coscienza individuale e quello che la fedelta' al partito impone sono divenuti termini antitetici e inconciliabili.
Dopo due anni trascorsi in cella di isolamento a Jaroslavl', in uno spazio di cinque passi per tre, con quindici minuti d'aria al giorno, la Ginzburg viene trasferita ai campi di lavoro correzionale. Iniziano gli anni terribili della Kolyma, dove viene assegnata a diverse mansioni, con alterne fortune. La pesantezza del lavoro, la crudelta' dei capi del lager, la violenza dei delinquenti comuni, ridurranno piu' volte Evgenija in fin di vita, ma ogni volta, con l'aiuto di circostanze favorevoli e inaspettate, la sua tempra e il suo spirito avranno il sopravvento, fino a farle commentare: "a prima vista sembrava accidentale, ma in effetti era una manifestazione normale di quel Bene che, nonostante tutto, regna sul mondo".
Scontata la condanna, nel 1947 la Ginzburg viene rilasciata e, dopo la morte di Stalin, ottiene la riabilitazione per "mancanza di reato". Per sopravvivere redige articoli e saggi per la stampa periodica, mentre di notte scrive il romanzo che la rendera' celebre, Viaggio nella vertigine, che termina nel 1962 e che presto viene diffuso con grande successo attraverso la stampa clandestina, riscuotendo l'apprezzamento di giovani lettori e di noti scrittori. Nel 1966 si trasferisce a Mosca, dove incontra Solzenicyn che, in Arcipelago Gulag, fara' piu' volte riferimento al romanzo nel descrivere la mentalita' della "leva del '37": i detenuti provenienti dal partito. Il manoscritto, testimonianza della brutale esperienza del Gulag, viene rimaneggiato piu' volte da Evgenija, che paventa la censura e soprattutto teme il pericolo, sempre in agguato, dell'arresto e di una nuova persecuzione, fino a decidere di liberarsi della prima stesura, che lei stessa brucera'. Nel frattempo il libro, a sua insaputa, viene pubblicato in Italia da Mondadori nel 1967 e poi in tutta Europa. Quando il KGB riesce a impossessarsi dell'archivio di Solzenicyn e il ministro della sicurezza definisce diffamatoria l'opera della Ginzburg, in Evgenija si risvegliano le vecchie paure. E' lei stessa ad ammetterlo in una pagina del romanzo: "Del resto anch'io, a volte, ripiombo nella paura quando suonano o bussano di notte, oppure quando sento girare la chiave dall'esterno...".
Il suo unico viaggio in Occidente avviene pochi mesi prima della morte. Accompagnata dal figlio, lo scrittore Vasilij Pavlovic Aksenov, si reca in Francia e in Germania, dove incontra Heinrich Boell. Rientrata a Mosca, malata di tumore, muore il 25 maggio 1977 e viene sepolta nel cimitero di Kuzminki accanto al secondo marito Anton Walter, medico ebreo anch'egli detenuto, incontrato nel lager e suo fedele compagno durante e dopo la detenzione.
Nell'ambiente della dissidenza sovietica, in particolare degli scrittori, il lavoro della Ginzburg e' stato accolto in modo controverso e una parte dei grandi autori della letteratura del dissenso ha espresso su di lei giudizi a volte ingenerosi. Varlam Šalamov accuso' Viaggio nella vertigine di "romanticismo a buon mercato e di smaccato sentimentalismo", mentre il direttore della rivista "Novyj mir" Tvardovskij disse che la Ginzburg "si era accorta che c'era qualcosa che non andava solo quando hanno cominciato a mettere in galera i comunisti. Quando invece sterminavano i contadini russi considerava il fatto del tutto naturale!".
Rimane inalterato, in ogni caso, il valore della lunga resistenza della Ginzburg nell'inferno dello stalinismo, la sua coraggiosa opposizione alla logica distruttrice del totalitarismo nei confronti della dignita' umana, il suo sforzo per liberarsi dalla gabbia ideologica che aveva condizionato le scelte della sua giovinezza e per rielaborare la propria esperienza nella ricerca della verita'; rimane, con Viaggio nella vertigine, la testimonianza drammaticamente straordinaria di una protagonista del '900.
Bibliografia: Evgenija S. Ginzburg, Viaggio nella vertigine, trad. D. Ferri, Baldini & Castoldi, Milano 2013.
Da Viaggio nella vertigine, sono stati tratti due film: E comincio' il viaggio nella vertigine (1974) e Viaggio nella vertigine (2009), con Emily Watson che interpreta Evgenija Ginzburg.
Giardini che onorano Evgenija Solomonovna Ginzburg: Milano - Monte Stella, Pioltello, Rezzato.
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12. TESTIMONI. "GARIWO": NATAL'JA GORBANEVSKAJA
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Natal'ja Evgen'evna Gorbanevskaja (1936-2013) la poetessa dissidente che manifesto' contro l'invasione della Cecoslovacchia.
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Nacque a Mosca e si laureo' all'Universita' di Leningrado nel 1964. Scriveva poesie e campava facendo la traduttrice. Fu una delle fondatrici e la prima direttrice della rivista clandestina "Chronika tekuscich sobytij" (Cronaca degli avvenimenti correnti), che riportava e raccontava le violazioni dei diritti umani in Unione Sovietica. Gorbanevskaja compilava e redigeva i resoconti e batteva a macchina le prime sei copie in carta carbone per la successiva divulgazione.
Il 25 agosto del 1968, appena quattro giorni dopo l'invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia, Natalja Gorbanevskaja fu protagonista di un episodio che, con quello che le fecero scontare, la rese famosa in tutto il mondo (nel 1976, Joan Baez le dedico' la canzone Natalia e dichiaro': "E' per gente come Natal'ja Gorbanevskaja, ne sono convinta, che voi e io siamo ancora vivi e possiamo rimanere sulla faccia della terra"). Come Gorbanevskaja stessa racconto': "A mezzogiorno la Piazza Rossa era piena di gente della provincia. Polizia, soldati in ferie, escursioni. Faceva caldo. La zona recintata era deserta, tranne che per la coda al mausoleo di Lenin. Alle 12 c'era il cambio della guardia". Era passato da poco mezzogiorno quando Natalja, assieme ad altri sei cittadini sovietici (Kostantin Babizkij, Vadim Delon, Vadim Dremljug, Pavel Litvinov, Viktor Fajnberg), srotolarono uno striscione contro l'invasione sovietica che recitava: "Per la vostra e la nostra liberta'". La dimostrazione dei dissidenti duro' pochi minuti. Un'auto del KGB raggiunse presto i dimostranti, che vennero arrestati. L'ex generale dissidente Petr Grigor'evic Grigorenko defini', nelle sue Memorie (1980), i sette dissidenti "degli eroi". Non era una esagerazione: a Fajnberg, in commissariato, vennero fatti saltare a calci e pugni alcuni denti e in seguito fu inviato in un ospedale psichiatrico a Leningrado dove passo' oltre quattro anni della sua vita. Gli altri manifestanti vennero condannati a tre anni di prigione. Solo Gorbanevskaja, che era in fase di allattamento, venne considerata "schizofrenica" e rispedita a casa. Ma nel 1970, dopo che l'anno prima aveva sottoscritto un appello al Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, un tribunale la condanno' all'internamento nell'ospedale psichiatrico di Kazan'.
Venne dimessa nel 1972 e nel 1975 lascio' l'Unione Sovietica e si stabili' a Parigi, dove psichiatri francesi la visitarono, su sua richiesta, e la trovarono sana di mente. I medici conclusero che fra il 1969 e il 1972 la Gorbanevskaja era stata trattenuta in un ospedale psichiatrico per motivi politici e non clinici. Per trent'anni, tuttavia, la Gorbanevskaja rimase apolide, finche' la Polonia non le concesse la cittadinanza nel 2005.
Nell'agosto del 2013 partecipo' a una manifestazione a Mosca per commemorare il 45mo anniversario dell'invasione della Cecoslovacchia. La manifestazione fu rapidamente dispersa dalla polizia, e dieci dimostranti (ma non la Gorbanevskaja) furono arrestati e rilasciati in seguito a proteste internazionali, in particolare da parte della Repubblica Ceca.
Giardini che onorano Natal'ja Evgen'evna Gorbanevskaja: Natal'ja Evgen'evna Gorbanevskaja e' onorata nel Giardino di Varsavia.
13. TESTIMONI. "GARIWO": LIDIJA CUKOVSKAJA
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Lidija Korneevna Cukovskaja (1907-1996) scrittrice e testimone degli anni del terrore staliniano.
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Lidija Korneevna Cukovskaja, figlia dello scrittore e storico della letteratura Kornej Ivanovich Cukovskij, nacque a Helsinki nel 1907 e si traferi' a Leningrado, dove lavoro' in una casa editrice per bambini. Nell'agosto del 1937, durante le grandi purghe staliniane, fu arrestato il suo secondo marito, il fisico Matvej Petrovic Bronstejn (1906-1938), e condannato a dieci anni di reclusione "senza diritto di corrispondenza". Cukovskaja dovette fuggire a Mosca per evitare la deportazione, che spesso colpiva anche le mogli dei condannati. Tornata a Leningrado, cerco' in ogni modo di ottenere informazioni sulla sorte del marito (solo nel 1957, quando lui venne riabilitato, ebbe la conferma ufficiale che era stato condannato e giustiziato nello stesso giorno, il 18 febbraio 1938). In quel periodo, alla fine del 1938, incontro' e fece amicizia con la poetessa Anna Andreevna Achmatova (il cui figlio Lev Gumilev era stato anche arrestato): entrambe facevano le file davanti alle prigioni, insieme con molte altre mogli e madri di arrestati, per cercare di avere qualche notizia.
Tra il febbraio 1939 e quello del 1940 scrisse di quelle dolorose vicende nel romanzo Sof'ja Petrovna (che, dopo un primo tentativo infruttuoso di pubblicazione nel 1962 all'epoca della destalinizzazione di Chruscev, pote' essere legalmente letto in Unione Sovietica solo nel febbraio 1988, con l'avvento di Gorbacev, sul periodico leningradese "Neva"). Cukovskaja, scrisse altri due romanzi sullo stalinismo: La casa deserta (1965) e Indietro nell'acqua scura (1972), anch'essi rifiutati dalla censura, che furono diffusi tramite le edizioni clandestine (samizdat) e pubblicati all'estero. Gli interventi in difesa di Sinjavskij e Daniel', la protezione offerta dalla sua famiglia a Solzenicyn, l'appassionata difesa pubblica di Sacharov, le procurano nel 1974 l'espulsione dall'Unione degli scrittori. Alle due piu' grandi poetesse russe, Marina Ivanovna Cvetaeva e Anna Andreevna Achmatova, Cukovskaja dedico' due importanti libri: Incontri con Anna Achmatova: 1938-1941 (1988) e Prima della sua morte: un ritratto di Marina Cvetaeva (1991).
Libri:
- La casa deserta, a cura di Giovanni Bensi, Jaca Book, Milano 1977, 2019.
- Indietro nell'acqua scura, trad. Sergio Rapetti, Vallecchi, Firenze 1979.
- Il processo: memoria sul costume letterario, trad. Carla Degli Ippoliti, Jaca Book, Milano 1982.
- Incontri con Anna Achmatova: 1938-1941 trad. Giovanna Moracci, Adelphi, Milano 1990.
- Prima della morte: ritratto di Marina Cvetaeva, a cura di Luciana Montagnani, Archinto Editore, Milano 1992.
- Sof'ja Petrovna, a cura di Antonella Cristiani, Alfredo Guida Editore, Napoli 1999.
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14. TESTIMONI. "GARIWO": NADEZDA JAKOVLEVNA MANDEL'STAM
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Nadezda Jakovlevna Mandel'stam (1899-1980) scrittrice che ha salvato le opere del marito poeta, condividendone il destino di deportazioni e arresti.
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Nadezda Jakovlevna Mandel'stam, nata Khazina, e' stata una scrittrice russa, figlia di una famiglia benestante di origini ebree convertita al cristianesimo ortodosso. Il padre era il famoso avvocato Iakov Arkad'evich Khazin e la madre, Vera Iakovlevna Khazina, fu tra le prime donne medico in Russia. Dal 1922 fu moglie del poeta Osip Emil'evic Mandel'stam (1891–1938), incontrato due anni prima in un night club a Kiev. Assieme a lui fu vittima delle Grandi Purghe staliniane. Condivise con il marito la vita precaria e continuamente minacciata, e gli e' stata vicino nei luoghi di confino, dall'arresto fino alla morte nel Gulag (1938).
Gran parte delle poesie del marito si sono salvate perche' Nadezda, quando andava a fargli vista, le imparava a memoria e le trascriveva una volta tornata a casa. Gli e' sopravvissuta per oltre quarant'anni, costretta all'esilio dall'Unione Sovietica tra il 1938 e il 1958. Ha consacrato la sua vita alla conservazione dell'opera e della memoria del poeta e adoperandosi per la sua riabilitazione. Anche con questi intenti scrisse le Memorie, di notevole interesse storico-letterario, pubblicate in russo tra il 1970 e il 1987 in tre volumi.
Libri:
- L'epoca e i lupi, trad. di Serena Vitale, Garzanti, Milano 1971.
- Le mie memorie con poesie e altri scritti di Osip Mandel'stam, trad. di Serena Vitale, Milano: Garzanti, Milano 1972.
Nel Box approfondimenti del sito del Gariwo un saggio di Alberto Frisia su Osip e Nadezda Mandel'stam.
Segnalata da Gariwo e da Alberto Frisia. Candidatura proposta per il Monte Stella nel 2013.
Giardini che onorano Nadezda Jakovlevna Mandel'stam: Nadezda Jakovlevna Mandel'stam e' onorata nel Giardino di Trani - Liceo Scientifico Valdemaro Vecchi.
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15. TESTIMONI. "GARIWO": MAJJA ULANOVSKAJA
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Majja Aleksandrovna Ulanovskaja (1932-2020) dal Gulag, giovanissima, alla lotta per emigrare in Israele.
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Majja Ulanovskaja nacque a New York, dove i suoi genitori ebrei russi Aleksander (Izrail) Kajkelevic Ulanovskij (1891-1971) e Nadezda Markova Ulanovskaja (Esther Markovna Fridgant) (1903-1986), si trovavano in missione come agenti del servizio segreto dell'Armata Rossa (GRU), e trascorse la sua infanzia a Mosca. In seguito all'arresto per spionaggio della madre nel 1948 (condannata a 15 anni di Gulag a Dubravlag), e successivamente del padre (condannato a 10 anni di Gulag con l'accusa di essere un anarchico), Majja rimase sola a sedici anni, mentre la sorella minore venne affidata alla nonna. Nel corso del primo anno di universita', con alcuni amici costituisce un'organizzazione studentesca antistalinista clandestina, l'"Unione di lotta per la causa della rivoluzione" che ebbe vita brevissima, in quanto dopo poche riunioni, nel febbraio del 1951, tutti i suoi membri, Majja compresa, vennero arrestati. Malgrado la sua giovanissima eta', prima di essere processata, Majja rimase in cella di isolamento per quasi un anno, conoscendo anche, piu' volte, la cella di rigore. Il processo si chiuse un anno piu' tardi, nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1952, con condanne severissime, se si considera che i giovani non avevano fatto altro che parlare tra di loro, senza compiere alcuna azione: tre condanne a morte eseguite (gli organizzatori Boris Slutskij, Jevgenij Gurevic e Vladilen Furman), dieci a venticinque anni di lager e tre a dieci anni.
Majja ebbe una condanna a venticinque anni di lavori forzati per aver collaborato, come recitava l'atto d’accusa, con "un'organizzazione antisovietica terroristica ebraica", e inizio' a scontare la sua lunghissima pena nei campi dell'Ozerlag, situato nella regione dell'Irkutsk, fiume della Siberia meridionale. Dopo il processo, la giovane viene a contatto con altre detenute e con i problemi legati alla convivenza. E' qui che, per la prima volta, assiste a manifestazioni di antisemitismo, che si rinnoveranno in piu' occasioni durante i cinque anni di lager che effettivamente sconto'. L'esperienza del lager spinge, dunque, Majja Ulanovskaja a riflettere sulle proprie origini e sul problema della nazionalita'. E' qui che comincia il percorso che la portera' alla riscoperta della propria identita' ebraica.
Solo grazie alla morte di Stalin e al processo di destalinizzazione iniziato da Nikita Sergeevic Chruscev, nella primavera del 1956 riconquisto' la liberta'. Majja trascorse gli anni successivi alla liberazione a Mosca, dove si sposo' con il critico letterario e traduttore dissidente Anatolij Aleksandrovic Jakobson (1935-1978), col quale avra' un figlio (Aleksander, che diventera' professore di Storia antica all'Universita' di Gerusalemme, pacifista e attivista dei diritti umani). Jakobson fu uno dei primi firmatari, nel 1969, del Gruppo di Iniziativa per i Diritti Umani in URSS e, assieme alla moglie, si occupo' della redazione del samizdat "Cronaca degli avvenimenti correnti", dopo l'arresto di Natal'ja Evgen'evna Gorbanevskaja. Oltre a frequentare i piu' importanti protagonisti del movimento dissidente, Majja si avvicino' all'ambiente ebraico e ai gruppi sionisti. Nel 1973, emigrera' in Israele con la madre, il figlio e il marito, che rischiava di essere nuovamente arrestato (e che si suicido' nel settembre 1978). Lavoro' alla Biblioteca Nazionale di Gerusalemme e fece la traduttrice. E' morta ed e' seppellita a Gerusalemme.
Libri: Nadezhda Ulanovskaya and Maya Ulanovskaya, The Family Story, trad. Stefani Hoffman, Seven Arts, Hannover 2016.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 114 del 24 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 114 del 24 aprile 2023
In questo numero:
1. Fermare le uccisioni, salvare le vite, salvare il mondo
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...
10. "Gariwo": Helena Bonner
11. "Gariwo": Evgenija Ginzburg
12. "Gariwo": Natal'ja Gorbanevskaja
13. "Gariwo": Lidija Cukovskaja
14. "Gariwo": Nadezda Jakovlevna Mandel'stam
15. "Gariwo": Majja Ulanovskaja
1. L'ORA. FERMARE LE UCCISIONI, SALVARE LE VITE, SALVARE IL MONDO
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
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Abolire le guerre, gli eserciti, le armi.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la liberazione comune e la salvezza dell'umanita' intera e dell'intero mondo vivente.
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Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
*
Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA
Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
*
Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
*
Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara
4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
8. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
10. TESTIMONI. "GARIWO": HELENA BONNER
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Helena Georgievna Bonner Sacharova (1923-2011) la dottoressa dei diritti dell'uomo.
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Figlia di un armeno e di una ebrea, Helena Bonner dovette trasferirsi quattordicenne a Leningrado dai nonni, in seguito all'arresto dei genitori e la fucilazione del patrigno (Gevork Sarkisovic Alichanov, capo dell'ufficio personale del Comintern). Dopo aver fatto l'infermiera durante la guerra, ed essere stata ferita gravemente, studio' e si laureo' in medicina a Leningrado. Nel 1972 sposo', in seconde nozze, il fisico Andrej Dmitrievic Sacharov (celebre per aver messo a punto la Bomba all'Idrogeno e per le sue attivita' per i diritti civili), che aveva conosciuto due anni prima a Kaluga nel corso di un processo contro dissidenti. Lo sostitui' nel 1975 alla cerimonia dell'assegnazione del Premio Nobel per la pace a Oslo. Insieme a Sacharov fu confinata nella citta' di Gor'kij.
Fondamentale fu l'apporto di Elena Bonnėr alle attivita' del dissenso sovietico e nell'attivita' della difesa dei diritti dell'uomo, l'appoggio e la sua presenza fisica nei vari processi, il costante sostegno alle battaglie del marito. Fu soggetta a repressioni e sabotaggi, perquisizioni illegali e furti di documenti. I figli del primo matrimonio furono costretti ad emigrare. Alla fidanzata del figlio (Liza Alekseeva) fu negato il permesso di emigrare per raggiungere il fidanzato. Per fare in modo che le discriminazioni nei confronti della futura nuora finissero, i coniugi Sacharov (gia' relegati) si sottoposero ad uno clamoroso sciopero della fame a a Gor'kij (22 novembre - 9 dicembre 1981) che si concluse col permesso di emigrazione per Alekseeva. Infine, dopo la scomparsa del marito nel 1989, anche lei si traferi' all'estero per curarsi ed e' morta a Boston di un arresto cardiaco.
Libri:
- H. Bonner, Soli insieme, Garzanti, Milano 1986.
- H. Bonner, Madri e figlie, Spirali, Milano 2003.
11. TESTIMONI. "GARIWO": EVGENIJA GINZBURG
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Evgenija Solomonovna Ginzburg (1904-1977) il viaggio nella vertigine del Gulag.
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Evgenija Ginzburg nasce a Mosca nel 1904 da una famiglia ebraica benestante, che nel 1909 si trasferisce a Kazan', dove Evgenija si laurea all'Istituto psicopedagogico con la specializzazione in Storia. Nel 1932 si iscrive al partito, lavora all'universita' come ricercatrice e scrive nella redazione locale del giornale Tatarija Rossa. Sposatasi con Pavel Vasiljevic Aksenov, membro della segreteria del Comitato Centrale del partito della Tatarija, entra a far parte della prima generazione dell'intelligencija sovietica. Nei primi anni Trenta le elites del partito godono di molti benefici, ma a partire dal primo dicembre 1934 la loro sorte cambiera' per sempre: l'assassinio di Sergej Mironovic Kirov (uno dei massimi dirigenti del partito) diventa l'occasione cercata da Stalin per dar vita al "grande terrore" e reprimere ogni tipo di opposizione. All'omicidio di Kirov fanno seguito i primi arresti di comunisti considerati fino allora di provata fede, tra cui il professor El'vov, collega della Ginzburg all'Istituto pedagogico. Accusata di non aver denunciato l'amico "trockista", Evgenija rifiuta di ammettere una colpa inesistente e viene quindi espulsa dal partito. Il 15 febbraio 1937 e' arrestata a sua volta con l'accusa di aver preso parte a un'organizzazione terroristica all'interno della redazione del "Tatarija Rossa" e di essere trockista; gli uomini dell'NKVD cercano poi di costringere il marito a ripudiarla e, di fronte a un suo rifiuto, lo arrestano pochi mesi dopo insieme a Vasilij, il figlioletto di cinque anni, che viene trasferito nell'orfanotrofio di Kostroma e potra' rivedere la madre solo molti anni dopo.
Per la Ginzburg inizia la terribile fase dell'istruttoria: reclusa in una cella sotterranea del carcere di Kazan' rifiuta di confessarsi colpevole e di fornire prove false contro degli innocenti per salvarsi. Viene allora sottoposta a un interrogatorio ininterrotto di sette giorni consecutivi senza mangiare ne' dormire, e quando risponde ai suoi inquirenti che non deporra' il falso perche' non sarebbe onesto, il maggiore El'sin le ribatte che nell'etica marxista-leninista: "e' onesto cio' che e' utile al partito e allo Stato". Di fronte alla strenua resistenza della Ginzburg a prestarsi alla delazione, i carcerieri ricorrono alla tattica consolidata di raccogliere testimonianze false contro di lei, ricattando alcuni suoi amici, che cedono per paura di finire nello stesso "tritacarne". Dopo un processo durato sette minuti, viene condannata a dieci anni di reclusione e isolamento (il marito fu condannato a quindici anni di prigione).
Trasferita a Mosca nel carcere di Butyrka, sotto shock per essere scampata alla fucilazione prevista per i reati di cui e' accusata, Evgenija stringe amicizia con le persone piu' diverse, tutte detenute senza ragione, e sperimenta un livello piu' profondo di relazione tra gli esseri umani, che va oltre la semplice coscienza di partito e coinvolge sentimenti e valori universali; scossa dall'incontro con la tortura e il dolore prende consapevolezza del tremendo conflitto interiore che le detenute comuniste debbono affrontare: cio' che grida la coscienza individuale e quello che la fedelta' al partito impone sono divenuti termini antitetici e inconciliabili.
Dopo due anni trascorsi in cella di isolamento a Jaroslavl', in uno spazio di cinque passi per tre, con quindici minuti d'aria al giorno, la Ginzburg viene trasferita ai campi di lavoro correzionale. Iniziano gli anni terribili della Kolyma, dove viene assegnata a diverse mansioni, con alterne fortune. La pesantezza del lavoro, la crudelta' dei capi del lager, la violenza dei delinquenti comuni, ridurranno piu' volte Evgenija in fin di vita, ma ogni volta, con l'aiuto di circostanze favorevoli e inaspettate, la sua tempra e il suo spirito avranno il sopravvento, fino a farle commentare: "a prima vista sembrava accidentale, ma in effetti era una manifestazione normale di quel Bene che, nonostante tutto, regna sul mondo".
Scontata la condanna, nel 1947 la Ginzburg viene rilasciata e, dopo la morte di Stalin, ottiene la riabilitazione per "mancanza di reato". Per sopravvivere redige articoli e saggi per la stampa periodica, mentre di notte scrive il romanzo che la rendera' celebre, Viaggio nella vertigine, che termina nel 1962 e che presto viene diffuso con grande successo attraverso la stampa clandestina, riscuotendo l'apprezzamento di giovani lettori e di noti scrittori. Nel 1966 si trasferisce a Mosca, dove incontra Solzenicyn che, in Arcipelago Gulag, fara' piu' volte riferimento al romanzo nel descrivere la mentalita' della "leva del '37": i detenuti provenienti dal partito. Il manoscritto, testimonianza della brutale esperienza del Gulag, viene rimaneggiato piu' volte da Evgenija, che paventa la censura e soprattutto teme il pericolo, sempre in agguato, dell'arresto e di una nuova persecuzione, fino a decidere di liberarsi della prima stesura, che lei stessa brucera'. Nel frattempo il libro, a sua insaputa, viene pubblicato in Italia da Mondadori nel 1967 e poi in tutta Europa. Quando il KGB riesce a impossessarsi dell'archivio di Solzenicyn e il ministro della sicurezza definisce diffamatoria l'opera della Ginzburg, in Evgenija si risvegliano le vecchie paure. E' lei stessa ad ammetterlo in una pagina del romanzo: "Del resto anch'io, a volte, ripiombo nella paura quando suonano o bussano di notte, oppure quando sento girare la chiave dall'esterno...".
Il suo unico viaggio in Occidente avviene pochi mesi prima della morte. Accompagnata dal figlio, lo scrittore Vasilij Pavlovic Aksenov, si reca in Francia e in Germania, dove incontra Heinrich Boell. Rientrata a Mosca, malata di tumore, muore il 25 maggio 1977 e viene sepolta nel cimitero di Kuzminki accanto al secondo marito Anton Walter, medico ebreo anch'egli detenuto, incontrato nel lager e suo fedele compagno durante e dopo la detenzione.
Nell'ambiente della dissidenza sovietica, in particolare degli scrittori, il lavoro della Ginzburg e' stato accolto in modo controverso e una parte dei grandi autori della letteratura del dissenso ha espresso su di lei giudizi a volte ingenerosi. Varlam Šalamov accuso' Viaggio nella vertigine di "romanticismo a buon mercato e di smaccato sentimentalismo", mentre il direttore della rivista "Novyj mir" Tvardovskij disse che la Ginzburg "si era accorta che c'era qualcosa che non andava solo quando hanno cominciato a mettere in galera i comunisti. Quando invece sterminavano i contadini russi considerava il fatto del tutto naturale!".
Rimane inalterato, in ogni caso, il valore della lunga resistenza della Ginzburg nell'inferno dello stalinismo, la sua coraggiosa opposizione alla logica distruttrice del totalitarismo nei confronti della dignita' umana, il suo sforzo per liberarsi dalla gabbia ideologica che aveva condizionato le scelte della sua giovinezza e per rielaborare la propria esperienza nella ricerca della verita'; rimane, con Viaggio nella vertigine, la testimonianza drammaticamente straordinaria di una protagonista del '900.
Bibliografia: Evgenija S. Ginzburg, Viaggio nella vertigine, trad. D. Ferri, Baldini & Castoldi, Milano 2013.
Da Viaggio nella vertigine, sono stati tratti due film: E comincio' il viaggio nella vertigine (1974) e Viaggio nella vertigine (2009), con Emily Watson che interpreta Evgenija Ginzburg.
Giardini che onorano Evgenija Solomonovna Ginzburg: Milano - Monte Stella, Pioltello, Rezzato.
Trovi un albero anche nel Giardino Virtuale Storie Gariwo.
12. TESTIMONI. "GARIWO": NATAL'JA GORBANEVSKAJA
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Natal'ja Evgen'evna Gorbanevskaja (1936-2013) la poetessa dissidente che manifesto' contro l'invasione della Cecoslovacchia.
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Nacque a Mosca e si laureo' all'Universita' di Leningrado nel 1964. Scriveva poesie e campava facendo la traduttrice. Fu una delle fondatrici e la prima direttrice della rivista clandestina "Chronika tekuscich sobytij" (Cronaca degli avvenimenti correnti), che riportava e raccontava le violazioni dei diritti umani in Unione Sovietica. Gorbanevskaja compilava e redigeva i resoconti e batteva a macchina le prime sei copie in carta carbone per la successiva divulgazione.
Il 25 agosto del 1968, appena quattro giorni dopo l'invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia, Natalja Gorbanevskaja fu protagonista di un episodio che, con quello che le fecero scontare, la rese famosa in tutto il mondo (nel 1976, Joan Baez le dedico' la canzone Natalia e dichiaro': "E' per gente come Natal'ja Gorbanevskaja, ne sono convinta, che voi e io siamo ancora vivi e possiamo rimanere sulla faccia della terra"). Come Gorbanevskaja stessa racconto': "A mezzogiorno la Piazza Rossa era piena di gente della provincia. Polizia, soldati in ferie, escursioni. Faceva caldo. La zona recintata era deserta, tranne che per la coda al mausoleo di Lenin. Alle 12 c'era il cambio della guardia". Era passato da poco mezzogiorno quando Natalja, assieme ad altri sei cittadini sovietici (Kostantin Babizkij, Vadim Delon, Vadim Dremljug, Pavel Litvinov, Viktor Fajnberg), srotolarono uno striscione contro l'invasione sovietica che recitava: "Per la vostra e la nostra liberta'". La dimostrazione dei dissidenti duro' pochi minuti. Un'auto del KGB raggiunse presto i dimostranti, che vennero arrestati. L'ex generale dissidente Petr Grigor'evic Grigorenko defini', nelle sue Memorie (1980), i sette dissidenti "degli eroi". Non era una esagerazione: a Fajnberg, in commissariato, vennero fatti saltare a calci e pugni alcuni denti e in seguito fu inviato in un ospedale psichiatrico a Leningrado dove passo' oltre quattro anni della sua vita. Gli altri manifestanti vennero condannati a tre anni di prigione. Solo Gorbanevskaja, che era in fase di allattamento, venne considerata "schizofrenica" e rispedita a casa. Ma nel 1970, dopo che l'anno prima aveva sottoscritto un appello al Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, un tribunale la condanno' all'internamento nell'ospedale psichiatrico di Kazan'.
Venne dimessa nel 1972 e nel 1975 lascio' l'Unione Sovietica e si stabili' a Parigi, dove psichiatri francesi la visitarono, su sua richiesta, e la trovarono sana di mente. I medici conclusero che fra il 1969 e il 1972 la Gorbanevskaja era stata trattenuta in un ospedale psichiatrico per motivi politici e non clinici. Per trent'anni, tuttavia, la Gorbanevskaja rimase apolide, finche' la Polonia non le concesse la cittadinanza nel 2005.
Nell'agosto del 2013 partecipo' a una manifestazione a Mosca per commemorare il 45mo anniversario dell'invasione della Cecoslovacchia. La manifestazione fu rapidamente dispersa dalla polizia, e dieci dimostranti (ma non la Gorbanevskaja) furono arrestati e rilasciati in seguito a proteste internazionali, in particolare da parte della Repubblica Ceca.
Giardini che onorano Natal'ja Evgen'evna Gorbanevskaja: Natal'ja Evgen'evna Gorbanevskaja e' onorata nel Giardino di Varsavia.
13. TESTIMONI. "GARIWO": LIDIJA CUKOVSKAJA
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Lidija Korneevna Cukovskaja (1907-1996) scrittrice e testimone degli anni del terrore staliniano.
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Lidija Korneevna Cukovskaja, figlia dello scrittore e storico della letteratura Kornej Ivanovich Cukovskij, nacque a Helsinki nel 1907 e si traferi' a Leningrado, dove lavoro' in una casa editrice per bambini. Nell'agosto del 1937, durante le grandi purghe staliniane, fu arrestato il suo secondo marito, il fisico Matvej Petrovic Bronstejn (1906-1938), e condannato a dieci anni di reclusione "senza diritto di corrispondenza". Cukovskaja dovette fuggire a Mosca per evitare la deportazione, che spesso colpiva anche le mogli dei condannati. Tornata a Leningrado, cerco' in ogni modo di ottenere informazioni sulla sorte del marito (solo nel 1957, quando lui venne riabilitato, ebbe la conferma ufficiale che era stato condannato e giustiziato nello stesso giorno, il 18 febbraio 1938). In quel periodo, alla fine del 1938, incontro' e fece amicizia con la poetessa Anna Andreevna Achmatova (il cui figlio Lev Gumilev era stato anche arrestato): entrambe facevano le file davanti alle prigioni, insieme con molte altre mogli e madri di arrestati, per cercare di avere qualche notizia.
Tra il febbraio 1939 e quello del 1940 scrisse di quelle dolorose vicende nel romanzo Sof'ja Petrovna (che, dopo un primo tentativo infruttuoso di pubblicazione nel 1962 all'epoca della destalinizzazione di Chruscev, pote' essere legalmente letto in Unione Sovietica solo nel febbraio 1988, con l'avvento di Gorbacev, sul periodico leningradese "Neva"). Cukovskaja, scrisse altri due romanzi sullo stalinismo: La casa deserta (1965) e Indietro nell'acqua scura (1972), anch'essi rifiutati dalla censura, che furono diffusi tramite le edizioni clandestine (samizdat) e pubblicati all'estero. Gli interventi in difesa di Sinjavskij e Daniel', la protezione offerta dalla sua famiglia a Solzenicyn, l'appassionata difesa pubblica di Sacharov, le procurano nel 1974 l'espulsione dall'Unione degli scrittori. Alle due piu' grandi poetesse russe, Marina Ivanovna Cvetaeva e Anna Andreevna Achmatova, Cukovskaja dedico' due importanti libri: Incontri con Anna Achmatova: 1938-1941 (1988) e Prima della sua morte: un ritratto di Marina Cvetaeva (1991).
Libri:
- La casa deserta, a cura di Giovanni Bensi, Jaca Book, Milano 1977, 2019.
- Indietro nell'acqua scura, trad. Sergio Rapetti, Vallecchi, Firenze 1979.
- Il processo: memoria sul costume letterario, trad. Carla Degli Ippoliti, Jaca Book, Milano 1982.
- Incontri con Anna Achmatova: 1938-1941 trad. Giovanna Moracci, Adelphi, Milano 1990.
- Prima della morte: ritratto di Marina Cvetaeva, a cura di Luciana Montagnani, Archinto Editore, Milano 1992.
- Sof'ja Petrovna, a cura di Antonella Cristiani, Alfredo Guida Editore, Napoli 1999.
Giardini che onorano Lidija Korneevna Cukovskaja: Trovi un albero nel Giardino Virtuale Storie Gariwo.
14. TESTIMONI. "GARIWO": NADEZDA JAKOVLEVNA MANDEL'STAM
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Nadezda Jakovlevna Mandel'stam (1899-1980) scrittrice che ha salvato le opere del marito poeta, condividendone il destino di deportazioni e arresti.
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Nadezda Jakovlevna Mandel'stam, nata Khazina, e' stata una scrittrice russa, figlia di una famiglia benestante di origini ebree convertita al cristianesimo ortodosso. Il padre era il famoso avvocato Iakov Arkad'evich Khazin e la madre, Vera Iakovlevna Khazina, fu tra le prime donne medico in Russia. Dal 1922 fu moglie del poeta Osip Emil'evic Mandel'stam (1891–1938), incontrato due anni prima in un night club a Kiev. Assieme a lui fu vittima delle Grandi Purghe staliniane. Condivise con il marito la vita precaria e continuamente minacciata, e gli e' stata vicino nei luoghi di confino, dall'arresto fino alla morte nel Gulag (1938).
Gran parte delle poesie del marito si sono salvate perche' Nadezda, quando andava a fargli vista, le imparava a memoria e le trascriveva una volta tornata a casa. Gli e' sopravvissuta per oltre quarant'anni, costretta all'esilio dall'Unione Sovietica tra il 1938 e il 1958. Ha consacrato la sua vita alla conservazione dell'opera e della memoria del poeta e adoperandosi per la sua riabilitazione. Anche con questi intenti scrisse le Memorie, di notevole interesse storico-letterario, pubblicate in russo tra il 1970 e il 1987 in tre volumi.
Libri:
- L'epoca e i lupi, trad. di Serena Vitale, Garzanti, Milano 1971.
- Le mie memorie con poesie e altri scritti di Osip Mandel'stam, trad. di Serena Vitale, Milano: Garzanti, Milano 1972.
Nel Box approfondimenti del sito del Gariwo un saggio di Alberto Frisia su Osip e Nadezda Mandel'stam.
Segnalata da Gariwo e da Alberto Frisia. Candidatura proposta per il Monte Stella nel 2013.
Giardini che onorano Nadezda Jakovlevna Mandel'stam: Nadezda Jakovlevna Mandel'stam e' onorata nel Giardino di Trani - Liceo Scientifico Valdemaro Vecchi.
Trovi un albero anche nel Giardino Virtuale Storie del Monte Stella.
15. TESTIMONI. "GARIWO": MAJJA ULANOVSKAJA
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Majja Aleksandrovna Ulanovskaja (1932-2020) dal Gulag, giovanissima, alla lotta per emigrare in Israele.
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Majja Ulanovskaja nacque a New York, dove i suoi genitori ebrei russi Aleksander (Izrail) Kajkelevic Ulanovskij (1891-1971) e Nadezda Markova Ulanovskaja (Esther Markovna Fridgant) (1903-1986), si trovavano in missione come agenti del servizio segreto dell'Armata Rossa (GRU), e trascorse la sua infanzia a Mosca. In seguito all'arresto per spionaggio della madre nel 1948 (condannata a 15 anni di Gulag a Dubravlag), e successivamente del padre (condannato a 10 anni di Gulag con l'accusa di essere un anarchico), Majja rimase sola a sedici anni, mentre la sorella minore venne affidata alla nonna. Nel corso del primo anno di universita', con alcuni amici costituisce un'organizzazione studentesca antistalinista clandestina, l'"Unione di lotta per la causa della rivoluzione" che ebbe vita brevissima, in quanto dopo poche riunioni, nel febbraio del 1951, tutti i suoi membri, Majja compresa, vennero arrestati. Malgrado la sua giovanissima eta', prima di essere processata, Majja rimase in cella di isolamento per quasi un anno, conoscendo anche, piu' volte, la cella di rigore. Il processo si chiuse un anno piu' tardi, nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1952, con condanne severissime, se si considera che i giovani non avevano fatto altro che parlare tra di loro, senza compiere alcuna azione: tre condanne a morte eseguite (gli organizzatori Boris Slutskij, Jevgenij Gurevic e Vladilen Furman), dieci a venticinque anni di lager e tre a dieci anni.
Majja ebbe una condanna a venticinque anni di lavori forzati per aver collaborato, come recitava l'atto d’accusa, con "un'organizzazione antisovietica terroristica ebraica", e inizio' a scontare la sua lunghissima pena nei campi dell'Ozerlag, situato nella regione dell'Irkutsk, fiume della Siberia meridionale. Dopo il processo, la giovane viene a contatto con altre detenute e con i problemi legati alla convivenza. E' qui che, per la prima volta, assiste a manifestazioni di antisemitismo, che si rinnoveranno in piu' occasioni durante i cinque anni di lager che effettivamente sconto'. L'esperienza del lager spinge, dunque, Majja Ulanovskaja a riflettere sulle proprie origini e sul problema della nazionalita'. E' qui che comincia il percorso che la portera' alla riscoperta della propria identita' ebraica.
Solo grazie alla morte di Stalin e al processo di destalinizzazione iniziato da Nikita Sergeevic Chruscev, nella primavera del 1956 riconquisto' la liberta'. Majja trascorse gli anni successivi alla liberazione a Mosca, dove si sposo' con il critico letterario e traduttore dissidente Anatolij Aleksandrovic Jakobson (1935-1978), col quale avra' un figlio (Aleksander, che diventera' professore di Storia antica all'Universita' di Gerusalemme, pacifista e attivista dei diritti umani). Jakobson fu uno dei primi firmatari, nel 1969, del Gruppo di Iniziativa per i Diritti Umani in URSS e, assieme alla moglie, si occupo' della redazione del samizdat "Cronaca degli avvenimenti correnti", dopo l'arresto di Natal'ja Evgen'evna Gorbanevskaja. Oltre a frequentare i piu' importanti protagonisti del movimento dissidente, Majja si avvicino' all'ambiente ebraico e ai gruppi sionisti. Nel 1973, emigrera' in Israele con la madre, il figlio e il marito, che rischiava di essere nuovamente arrestato (e che si suicido' nel settembre 1978). Lavoro' alla Biblioteca Nazionale di Gerusalemme e fece la traduttrice. E' morta ed e' seppellita a Gerusalemme.
Libri: Nadezhda Ulanovskaya and Maya Ulanovskaya, The Family Story, trad. Stefani Hoffman, Seven Arts, Hannover 2016.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 114 del 24 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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