[Nonviolenza] Donna. vita, liberta'. 26



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 26 del 26 gennaio 2023

In questo numero:
1. Per far cessare i massacri e' necessario abolire la guerra, abolire gli eserciti, abolire le armi
2. Il 27 gennaio, "Giorno della memoria", si realizzino ovunque iniziative di studio, di riflessione, di testimonianza e d'impegno
3. One Billion Rising: Iniziative 2023
4. Una lettera all'ambasciata dell'Iran in Italia
5. Premio Giornalistico "Giovanni Sarubbi" per il dialogo
6. Tre tesi
7. Scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
8. Giuliana Sgrena: "Senza le voci delle donne, Kabul e' morta" (2021)
9. Giuliana Sgrena: Contro l'ideologia talebana, l'impegno non si spenga (2021)
10. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
11. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
12. Alcuni riferimenti utili
13. Farian Sabahi: Sale a 402 il bilancio dei morti. Khamenei: "La rivolta e' debole"
14. Farian Sabahi: Molotov sulla casa di Khomeini: bruciano i simboli del regime

1. L'ORA. PER FAR CESSARE I MASSACRI E' NECESSARIO ABOLIRE LA GUERRA, ABOLIRE GLI ESERCITI, ABOLIRE LE ARMI

Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. INIZIATIVE. IL 27 GENNAIO, "GIORNO DELLA MEMORIA", SI REALIZZINO OVUNQUE INIZIATIVE DI STUDIO, DI RIFLESSIONE, DI TESTIMONIANZA E D'IMPEGNO

Il 27 gennaio, "Giorno della memoria", si realizzino ovunque iniziative di studio, di riflessione, di testimonianza e d'impegno.
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Testo della Legge 20 luglio 2000, n. 211: "Istituzione del Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti"
Art. 1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonche' coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Art. 2. In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto e' accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinche' simili eventi non possano mai piu' accadere.
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Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Opporsi alla guerra e a tutte le uccisioni, opporsi al razzismo e a tutte le persecuzioni, opporsi al maschilismo e a tutte le oppressioni.
Salvare le vite e' il primo dovere.

3. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING: INIZIATIVE 2023
[Dal Coordinamento Italia One Billion Rising (e-mail: obritalia at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]

Carissime amiche e amici di One Billion Rising, ci siamo quasi.
E' straordinario immaginare quest'anno di poter tornare nelle piazze, nelle strade, nei luoghi pubblici delle citta', insieme, per tornare a danzare in sostegno e solidarieta' e ad alta voce rivendicare la fine delle molteplici atrocita' perpetrate sulle donne e sulle bambine nel mondo. Tentano di recidere, annientare la forza vitale del pianeta, non ci riusciranno.
Parlare con ragazzi e ragazze, studenti, professori, leggere, commentare i fatti di violenza, dare i nomi alle cose, questi sono i primi passi della rivoluzione di cui tutte e tutti noi portiamo la bandiera.
Le forme di arte che accompagnano l'evento OBR nel mondo si prestano ad un gioioso coinvolgimento, ma non vogliamo far mancare anche un momento di preparazione e di formazione.
Per questo motivo chiediamo di partecipare ad OBR 2023, coinvolgendo anche i giovani e le scuole, a cui poter proporre:
- un incontro, anche on line, con una o piu' classi sul tema della violenza maschile sulle donne, della durata minima di due ore
- la preparazione della coreografia del brano musicale Break the Chain
- l'esecuzione della coreografia nella settimana dal 12 al 19 febbraio 2023
- la lettura di alcuni pensieri/ componimenti realizzati dalle ragazze e dai ragazzi delle classi coinvolte
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Per facilitare l'organizzazione dell'evento vi inviamo alcune semplici indicazioni che potrete seguire:
Iscrizione al sito per segnalare il vostro evento: cliccate su http://bit.ly/Registra_il_t uo_evento_sulla_pagina_internazionale_OBR e invitate altre associazioni, gruppi, scuole, scuole di danza, amici a partecipare... piu' siamo, meglio e'!
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Attivita' sui social: vi chiediamo di pubblicare tanti contenuti (foto, video, ecc) sui social utilizzando gli hashtag ufficiali e di invitare i propri contatti a fare lo stesso, cosi' da diffondere anche li' il nostro messaggio. Seguite e taggate anche i profili social di One Billion Rising Italia cosi' potremo condividere i vostri post, stories, ecc.
Facebook https://www.facebook. com/obritalia
Instagram https://www.instagram.com/onebillionrisingitalia/
Hashtag ufficiali: #1BillionRising  #RiseForFreedom #CreateTheNewCulture #RiseInSolidarity
A conclusione delle iniziative, vi chiediamo di inviare foto e video a: obritalia at gmail.com
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Loghi ufficiali: vi chiediamo, per le creativita' (locandine, cartelli) che realizzate, di utilizzare i loghi ufficiali che potete scaricare al seguente link
https://www.dropbox.com/scl/fo/lo9r4i06g268ow7x103sc/h?dl=0&rlkey=xfogpv7hpwlaup3vsxw5zsz1u
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Grafiche
In questa cartella abbiamo inserito le grafiche realizzate (cover facebook, grafiche per FB/IG) a cui ne aggiungeremo altre nei prossimi giorni allo stesso link.
Grafiche One Billion Rising
https://www.dropbox.com/scl/fo/mizfc1w1xl0nu1oywiups/h?dl=0&rlkey=c47347xou5ufqupm4jn90mv0w
Grafica t-shirt
https://www.dropbox.com/scl/fo/h2i75sias7o03r033pf25/h?dl=0&rlkey=ynxdi0h5jbjrgf3d20di36x0o
Grafica stickers
https://www.dropbox.com/scl/fo/4gt4ez978gne73gjwvnqx/h?dl=0&rlkey=4kbdd0091mchnaj1krvhzxoar
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Si puo' organizzare un flash mob durante l'evento One Billion Rising, seguendo la canzone Break the chain e il tutorial ufficiale che trovate qui http://youtu.be/_U5C ZfPydVA o creando una nuova coreografia. L'evento One Billion Rising puo' essere caratterizzato da performance artistiche di ogni genere e da momenti di lettura.
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Autorizzazione One Billion Rising
Al seguente link potete scaricare l'autorizzazione copyright per utilizzo materiali e brani musicali OBR
https://www.dropbox.com/s/d7ambb5ml22dvsj/OBR%20Copyright%20Authorization%202023.pdf?dl=0
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Per quanto riguarda le letture, oltre ai brani de I Monologhi della Vagina, di seguito troverete come suggerimento alcuni testi della fondatrice di One Billion Rising, Eve Ensler
"L'Ufficio della schiavitu' sessuale" http://bit.ly/ufficio_della_schiavitu_sessuale
"L'insurrezione" http://bit.ly /insurrezione
"La mia rivoluzione" http://bit.ly/la_mia_rivoluzione
"Preghiera di un uomo" http://bit.ly/preghiera_ di_un_uomo
"Fino a quando" http://bit.ly/fino_a_quando
"E poi saltavamo" http://bit.ly/e_poi_saltavamo
- la traduzione di M.G.Di Rienzo del brano musicale “Break the chain” credits Tena Clark - Musiche Tena Clark/Tim Heintz
http://bit.ly/traduzione_testo _BreakTheChain
- qui se volete potete trovare altre idee:
https://www.onebillionrising.org
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Per condividere con noi i vostri eventi e/o avere informazioni vi chiediamo di  scriverci al seguente indirizzo: obritalia at gmail.com
Ovviamente qualunque aggiunta rispetto a questo "format base" non potra' che essere gradita.
Vi chiediamo se l'idea puo' piacervi e se pensate possa avere un buon riscontro presso le scuole del vostro territorio, le vostre comunita' di riferimento.
Ringraziamo quanti di voi ci hanno anticipato gli eventi in preparazione, la prossima settimana risponderemo singolarmente a chi ci ha scritto con tutti i dettagli. Vi ricordiamo che le magliette saranno pronte non prima del 25 gennaio.
Se avete altre meravigliose idee, noi non potremo Che essere felici!
Grazie per tutto quello che potrete fare! #RiseForFreedom #RiseInSolidarity
Un abbraccio
Nicoletta Billi (333.2432777), Luisa Rizzitelli (345.4767246), Silvia Palermo (339.5028904)
Coordinamento Italia One Billion Rising

4. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA

All'ambasciatore dell'Iran in Italia: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir,
Egregio ambasciatore,
le saremmo assai grati se volesse trasmettere al suo governo il seguente appello.
Tutte le tradizioni di pensiero dell'umanita', quali che siano le loro fonti, convengono su queste semplici verita':
- che ogni vita umana deve essere rispettata, onorata e protetta;
- che uccidere e' sempre e solo un male;
- che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta';
- che rispettare e salvare le vite e' il primo dovere.
Certi del fatto che condividiate queste semplici considerazioni siamo quindi a chiedervi di impegnarvi:
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, cessino finalmente le uccisioni e le persecuzioni;
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, siano finalmente rispettati la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Vi chiediamo quindi:
- di riconoscere la dignita' e i diritti delle donne, che sono gli stessi degli uomini;
- di non piu' perseguitare, ma piuttosto ascoltare ed onorare, le donne che da mesi nel vostro paese stanno chiedendo "vita e liberta'".
Queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza, sono amiche ed amici dell'umanita' e del bene comune.
E' un crimine ed una follia perseguitare ed uccidere queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere proprio di ogni ordinamento ed istituto giuridico legittimo: rispettare e proteggere le vite, la dignita' e i diritti di tutte le persone.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere di far cessare persecuzioni ed uccisioni.
Sia pace, rispetto ed amicizia fra tutte le persone, i popoli, i paesi.
Distinti saluti dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 30 dicembre 2022

5. INIZIATIVE. PREMIO GIORNALISTICO "GIOVANNI SARUBBI" PER IL DIALOGO

E' istituito il Premio Giornalistico "Giovanni Sarubbi" per il dialogo, premio dedicato alla memoria di Giovanni Sarubbi e del suo instancabile lavoro a favore del dialogo in ogni sua forma.
Il Premio si rivolge alle e ai giovani giornalisti e a bambine bambini ragazze e ragazzi che vanno ancora a scuola con il fine di legittimare le giovani voci - spesso inascoltate - e promuovere la formazione giornalistica delle nuove generazioni, le buone pratiche e l'attenzione verso la risoluzione nonviolenta delle problematiche della societa' attuale, sempre piu' complessa.
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Categorie, tema e formato
Il premio avra' due macro-categorie: giovani e voci junior.
La categoria giovani e' aperta a tutte e tutti coloro che hanno meno di 35 anni di eta' al momento dell'emissione del bando.
La categoria voci junior si rivolge a chi va a scuola. E' suddivisa in due fasce di eta' comprendenti (1) le alunne e gli alunni degli Istituti Comprensivi o equivalenti (2) le alunne e gli alunni delle scuole secondarie di secondo grado.
Il tema da trattare e' il dialogo religioso. Si valorizzeranno gli elaborati prodotti da almeno due persone, meglio se di genere diverso.
Per la categoria giovani si richiede un articolo giornalistico di qualunque genere (inchiesta, reportage, intervista, articolo di opinione, reportage radiofonico o televisivo) sul tema del dialogo religioso; massimo numero di caratteri 15.000 per il reportage radiofonico e televisivo un massimo di 3 minuti di durata.
Per la categoria voci junior l'elaborato sul dialogo religioso puo' essere piu' libero, anche di carattere grafico e multimediale.
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Premi
Intento dei premi e' sostenere l'educazione e la formazione, nonche' la legittimazione di voci giovani.
Per la categoria giovani i premi saranno stages o brevi percorsi formativi presso enti giornalistici convenzionati col premio.
Per la categoria voci junior i premi saranno rivolti principalmente alle scuole: abbonamenti a riviste specializzate, corsi di formazione giornalistica e, per gli istituti di secondo grado, la possibilita' di formazione presso una testata giornalistica.
Le premiate e i premiati della categoria voci junior avranno la possibilita' di scrivere articoli per le testate aderenti al premio (oppure specificare quali) con il fine di garantire anche alle voci studenti sempre piu' spazio nel mondo del giornalismo.
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Informazioni tecniche
Per partecipare inviare all'indirizzo di posta elettronica premiogiornalisticogiovannisarubbi at ildialogo.org i propri elaborati o un link da dove si possano scaricare entro il 15 aprile 2023. L'iscrizione al premio e' gratuita. Ad ogni invio verra' data risposta. Se si intende inviare elaborati non digitalizzabili scrivere alla mail e verra' studiata modalita' di consegna.
Gli elaborati verranno giudicati da un'apposita giuria composta da giornaliste e giornalisti e persone di enti che si definiscono nonviolenti.
Tutti gli elaborati troveranno spazio sul sito de Il Dialogo in apposita sezione dedicata.
La premiazione si terra' durante Eirenefest - Festival del Libro per la Pace e la Nonviolenza che si svolgera' dal 26 al 28 maggio a Roma.
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Giovanni Sarubbi: pacifista militante, uomo di cultura e di pace
Nato in Lucania nel 1951, napoletano di adozione, ha vissuto in Irpinia. Giornalista, diplomato in teologia presso la Facolta' Valdese di Teologia di Roma. Fondatore e direttore del periodico on-line www.ildialogo.org, punto di riferimento nazionale di tante iniziative volte alla pace, al rispetto dei diritti umani e a una giustizia sociale. Membro della redazione di Tempi di Fraternita', di Peacelink; ha collaborato a vari giornali locali e nazionali sui temi della pace e del dialogo, fra cui Confronti, Riforma, Cem-Mondialita'.
Ha dedicato la vita alla costruzione di "ponti" tra le diverse religioni e culture, all'abbattimento di ogni barriera e pregiudizio. Infaticabile animatore e divulgatore di tante iniziative sul tema del dialogo ecumenico e interreligioso, affermava con convinzione che: "Il dialogo e' la miglior soluzione a qualsiasi discordia, poiche' il confronto genera ricchezza d'animo e conoscenza”.
Per la EMI ha scritto "Spirito" e "Avventisti Christian Science Mormoni Testimoni di Geova", ed e' coautore del libro "La rivincita del dialogo". Autore di un testo sull'Apocalisse dal titolo "L'Apocalisse, il libro sconosciuto o bistrattato" (Ed. Chiesa Libera di Avellino), e di una raccolta di poesie "Giorni belli, giorni brutti" (Ed. Multimage).
Una vita, la sua, dedicata alla costruzione di "ponti" tra le diverse religioni e culture, all'abbattimento di ogni barriera e pregiudizio.
Infaticabile animatore e divulgatore di tante iniziative sul tema del dialogo ecumenico e interreligioso. Affermava con convinzione che: "Il dialogo e' la miglior soluzione a qualsiasi discordia, poiche' il confronto genera ricchezza d'animo e conoscenza".
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Enti promotori del Premio oltre la Famiglia Sarubbi: Agenzia Dire, Azione Nonviolenta, Centro di ricerca per la pace, per i diritti umani e la difesa della biosfera, Centro Nonviolenza Attiva, Centro Gandhi, Centro Studi Sereno Regis, Fondazione Alexander Langer Stiftung, Giornalisti nell'Erba, Il Dialogo, PeaceLink, Mosaico di Pace, Pressenza, RVS, Sovranita' Popolare, Terra Nuova.
Tutte le persone e gli enti coinvolti lavoreranno gratuitamente.

6. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

7. REPETITA IUVANT. SCRIVERE AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Proponiamo di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente..
Di seguito una proposta di testo della lettera da inviare al Presidente degli Stati Uniti d'America recante la richiesta della grazia presidenziale per Leonard Peltier, e le istruzioni per inviarla attraverso il sito della Casa Bianca.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.

8. AFGHANISTAN. GIULIANA SGRENA: "SENZA LE VOCI DELLE DONNE, KABUL E' MORTA" (2021)
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 settembre 2021 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Senza le voci delle donne, Kabul e' morta" e il sommario "Afghanistan. La testimonianza di una studentessa afghana: 'Ora sono di nuovo i talebani a decidere il modo in cui ci dobbiamo di vestire, legare i capelli, ridere. La nostra attivita' politica ha valore, ma il popolo non puo' battersi con la pancia vuota'"]

Sulla terribile situazione che sta vivendo l'Afghanistan abbiamo sentito una giovane studentessa afghana in Italia per un master. Per ovvi motivi di sicurezza non possiamo indicare il suo nome. "L'intero paese e' al collasso, sia dal punto di vista istituzionale che economico".
"Banche, aziende, uffici governativi, start up locali e persino i negozi sono chiusi, l'import e l'export sono completamente bloccati, per l'Afghanistan significa fame e poverta'. Non circola denaro e anche coloro che hanno depositi in banca non possono prelevare piu' di 200 dollari al mese. Piccole attivita' come centri estetici, sale per matrimoni, ristoranti, caffe', palestre, sartorie sono bloccati. I commercianti che vendono vestiti occidentali di seconda mano, siccome uomini e donne non possono piu' indossare jeans e magliette, stanno subendo gravi perdite".
"Il tasso di disoccupazione e' molto alto: gli uffici governativi, scuole e aziende private sono stati chiusi. Anche il sistema giudiziario versa in uno stato disastroso e la gente non puo' ottenere documenti, certificati di matrimonio, passaporti o documenti catastali. La citta' e' morta, non si sentono piu' musica, rumori e la voce delle donne, pochi circolano in macchina perche' il gas e la benzina sono molto cari. L'inverno si sta avvicinando e il prezzo del gas e' quasi raddoppiato, non ci sono soldi per comprare legna o cibo da conservare per la stagione piu' rigida".
"Le strade di Kabul - continua - sono piene di merce di seconda mano venduta da chi lascia la citta' o da chi ha bisogno di soldi per mantenere i figli. Questa situazione provoca una grande disperazione. Il direttore delle prigioni ha annunciato che saranno ristabilite esecuzioni pubbliche, taglio di mani e piedi e ha dichiarato che "non abbiamo bisogno di suggerimenti dall'estero, seguiamo l'islam e il Corano che e' la sua legge". Il ministero della donna e' stato sostituito con il ministero per la propagazione della virtu' e prevenzione del vizio. Questo ha provocato timori e apprensione perche' e' questo ministero che controlla la vita quotidiana: il modo di vestire, le donne che escono senza un mahram (un maschio della famiglia), la lunghezza della barba, il modo in cui le donne legano i loro capelli, come ridono, etc. I taleban dicono che seguiranno l'esempio dell'Iran. Per quanto riguarda le donne, i taleban ripetono che potranno lavorare o studiare ma solo nell'ambito previsto dalla sharia (che e' interpretata in modi diversi). Ci sono molte divisioni all'interno degli stessi taleban, alcuni hanno aperto le scuole per ragazze fino alle superiori altri solo per le elementari, mentre nelle citta' come Kabul, Herat e Mazar-i-Sharif sono chiuse".
"Le donne non possono lavorare sia nel settore pubblico che privato e in alcuni luoghi segnalazioni indicano che devono essere vestite di nero dalla testa ai piedi. Le donne possono lavorare solo nel settore sanitario ma la sanita' si sta disintegrando per mancanza di medici e medicine. La maggior parte delle medicine sono importate ma ora le frontiere sono chiuse e la gente muore per mancanza di farmaci. I prezzi dei generi alimentari sono raddoppiati, alcuni sono scomparsi. Ci sono anche forti pressioni psicologiche, la gente e' molto depressa, preoccupata e ansiosa per l'incertezza sul futuro. I taleban dicono di aver portato la sicurezza ma il popolo non vuole una sicurezza in cui si puo' morire di fame".
- I taleban chiedono un riconoscimento internazionale e di partecipare all'assemblea dell'Onu...
- E' difficile prevedere cosa sara' loro concesso, tuttavia una cosa e' chiara: l'Afghanistan diventera' il terreno di scontro tra Usa, Cina e Russia. Vi sono gia' scontri all'interno dei taleban - tra i sostenitori di Haqqani e quelli del mullah Baradar - provocati dalle interferenze delle potenze straniere che lottano per spartirsi l'Afghanistan. Il maggiore timore per ora e' rappresentato dall'Isis che lo scorso mese ha rivendicato almeno tre attacchi. E' solo l'inizio e siamo sicuri che gli scontri si intensificheranno e aumentera' il bagno di sangue.
- I taleban stanno utilizzando la drammatica situazione per ottenere aiuti.
- E' un pesante ricatto. Comunque, nessuna circostanza giustifica un riconoscimento dei taleban. Ora si fingono moderni e aperti per essere accettati ma un loro riconoscimento sarebbe un grave tradimento del nostro popolo e specialmente delle donne. Ci sono molte pressioni internazionali per formare un governo "inclusivo", con il coinvolgimento di donne e di rappresentanti di altre etnie (i taleban sono prevalentemente pashtun). Anche se includono qualche donna con il burqa, o alcuni criminali hazara, tagiki uzbechi, la natura del governo non cambiera'. Saranno sempre fascisti, terroristi, fondamentalisti, misogini. L'assemblea Onu e gli alleati preparano il terreno per il riconoscimento ufficiale. La maggior parte dei paesi sta cercando accordi separati con i taleban, come il governo britannico che ha annunciato un risarcimento per le morti civili di cui naturalmente beneficeranno i taleban.
- Come possiamo aiutare le donne che lottano nel paese? E' possibile un compromesso con i taleban per singoli progetti? O l'unica possibilita' e' un lavoro clandestino?
- Potete aiutarci sostenendo la nostra attivita' e i nostri progetti, parlandone nelle scuole, universita', incontri e conferenze. Vorremmo che i finanziamenti alle Ong continuassero, tuttavia le politiche e le regole dei taleban rispetto a queste attivita' non sono noti. Non sappiamo se potranno ricevere finanziamenti, a chi sara' permesso operare e in quali condizioni, occorre vedere come evolvera' la situazione. Se ci saranno possibilita' di aiutare le donne e i bambini afghani, non lo consideriamo un compromesso ma una reale opportunita'. Occorre individuare chi ha piu' bisogno di aiuto e non si puo' fare con il lavoro clandestino. La nostra attivita' politica ha un valore ma crediamo che il nostro popolo sia sull'orlo della fame e della poverta' e non si possono combattere i taleban a pancia vuota.

9. AFGHANISTAN. GIULIANA SGRENA: CONTRO L'IDEOLOGIA TALEBANA, L'IMPEGNO NON SI SPENGA (2021)
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 settembre 2021 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Contro l'ideologia talebana, l'impegno non si spenga" e il sommario "Oggi a Roma. L'oppressione degli studenti coranici ha una sua specificita' insormontabile. Solo individuandola e' possibile combattere insieme alle donne afghane. Senza far spegnere i riflettori"]

Una manifestazione nazionale a favore delle afghane non solo e' necessaria per dare voce alle donne che vengono ridotte al silenzio e allontanate dalla vita pubblica da un regime totalitario che non ha eguali al mondo, ma e' dovuta, viste le responsabilita' dell'Italia nella ventennale occupazione militare dell'Afghanistan e il fallimento dell'impegno alla ricostruzione del sistema giudiziario.
I diritti delle donne (anche delle afghane) sono diritti universali e quindi non possono essere scissi dalle rivendicazioni che le donne portano avanti in tutto il mondo. Tuttavia non individuare le radici ideologiche dell'oppressione feroce che i taleban fondano su un integralismo religioso oscurantista non fa emergere la specificita' afghana.
L'appello per la manifestazione "La voce delle donne per prendersi cura del mondo" e' sicuramente molto ambizioso e anche suggestivo, ma le voci che ci arrivano dall'Afghanistan in questi giorni tragici ci parlano di una schiavizzazione delle donne che difficilmente possiamo individuare nell'immaginario suggerito dalla definizione dell'Afghanistan, contenuta nell'appello alla manifestazione, come "il tragico specchio del cinismo di tutti i poteri, dei torbidi inganni del paternalismo della cura".
Nei giorni scorsi una rappresentante di Rawa (Associazione rivoluzionaria delle donne dell'Afghanistan) e' stata ascoltata dal Comitato permanente sui diritti umani nel mondo della Camera dei deputati: le sue parole pesano come macigni, la richiesta di aiuto e' concreta - cibo, medicinali - e rivoluzionaria - liberta', uguaglianza, istruzione e lavoro anche per le donne...
"Chiedete ai vostri governi di non riconoscere il regime dei taleban". La presenza di donne nel governo, sostiene Rawa, non cambierebbe la natura del regime, le sostenitrici dei taleban le abbiamo viste in piazza coperte da diversi strati di veli neri che ne annullano non solo la visibilita' ma l'esistenza stessa.
Richiamare questi bisogni "primari" non e' per disfattismo o per ridurre l'importanza di una mobilitazione, che sicuramente avra' successo e l'ha gia' avuto nelle numerosissime adesioni sollecitate anche dalle notizie e dalle immagini che ci giungono dall'Afghanistan, ma per esplicitare un impegno che deve seguire una manifestazione.
Occorre innanzitutto evitare che si spengano i riflettori, come e' accaduto in passato, su una tragedia che gli afghani e le afghane hanno gia' vissuto, ma che non vogliono rivivere. "Le nuove generazioni non vogliono fare la fine dei loro genitori, non permetteremo ai fondamentalisti di rimanere al potere", ha detto la donna di Rawa.
Un'ipersensibilita' verso la questione afghana mi deriva forse dal fatto di aver frequentato quel paese anche al tempo del primo emirato, di essere stata costretta a portare il burqa che faceva vedere il mondo a quadretti e a inciampare sulle strade dissestate, di aver visto frustare le donne, a volte anziane, da parte di energumeni esaltati. Sono gli stessi di allora quelli tornati al potere, forse non vieteranno le fotografie perche' con i cellulari sarebbe quasi impossibile, non costringeranno le donne a mettere il burqa ma solo il niqab che ha una fessura (senza retina) all'altezza degli occhi, le donne saranno costrette in casa e potranno uscire solo se accompagnate da un guardiano (maschio di famiglia), per "problemi di sicurezza" naturalmente. Questo e' sempre stato il mantra dei taleban fin dagli anni '90.
Quindi, al di la' di queste specificita', se vogliamo parlare di cura chi meglio di queste donne recluse dentro le mura domestiche potra' occuparsi della famiglia e solo della famiglia! Un ruolo sicuramente basato sulla disuguaglianza, l'ingiustizia, lo sfruttamento di esseri umani, citati nell'appello per la manifestazione di sabato. Lo sfruttamento della terra (intesa in questo caso proprio come terreno da coltivare) e' completamente in mano ai coltivatori di oppio, di cui l'Afghanistan gode il primato nel mondo.
Certo, se cosi' non fosse gli afghani non dipenderebbero completamente dalle importazioni per gli alimenti e non rischierebbero la fame nel momento in cui le frontiere sono chiuse. Anche in questo l'intervento occidentale ha fallito, l'Occidente non era interessato allo sradicamento della coltivazione dell'oppio ma ai gasdotti.
Partecipare a una manifestazione arricchendo l'appello di contenuti non puo' che ampliare la platea e renderla piu' partecipe.

10. L'ORA. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

11. RIFERIMENTI. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

12. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

13. IRAN. FARIAN SABAHI: SALE A 402 IL BILANCIO DEI MORTI. KHAMENEI: "LA RIVOLTA E' DEBOLE"
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Sale a 402 il bilancio dei morti. Khamenei: 'La rivolta e' debole'" e il sommario "Iran. Quasi 17mila gli arrestati, tra i 16 e i 22 anni. E il leader supremo si rivolge ai giovani: 'Troppo piccoli per danneggiare il sistema'"]

La maggior parte delle persone arrestate in questi due mesi di proteste ha tra 16 e 22 anni. E' pensando a loro che il leader supremo ha dichiarato: "Sono troppo deboli e troppo piccoli per danneggiare il sistema".
Se lo slogan dei giovani e' "Donna, vita, liberta'", nulla e' piu' distante dalla leadership religiosa che e' rimasta ferma alle parole d'ordine del 1979: "Morte all'America" e velo obbligatorio. C'e' un abisso tra i dimostranti e la leadership della Repubblica islamica, in termini di valori e desideri.
Con questa dichiarazione l'ayatollah Khamenei, 83 anni, ha ribadito che non ha intenzione di cercare un compromesso. Intanto, sono almeno tre i manifestanti uccisi dalle forze governative a Divandar, nel Kurdistan iraniano, dopo che le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro i residenti.
Gli attivisti in difesa dei diritti umani aggiornano a 402 morti il bilancio delle vittime dall'inizio delle proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini. Tra queste si contano anche 58 minori. Il rapporto afferma che i morti si sono registrati in 150 citta' e 140 universita', mentre sono oltre 16.800 gli arrestati, tra cui 524 studenti.
Eppure, non tutti i quartieri e non tutte le localita' sembrano essere interessati dalle proteste. Lo storico Raffaele Mauriello vive da quindici anni a Teheran, dove insegna all'Università Allameh Tabataba'i: "La maggioranza degli iraniani ha visto le manifestazioni in tv e sui social. Girando per le strade della capitale e nelle regioni settentrionali del Gilan e Mazandaran non ho la sensazione che vi siano proteste di rilievo. Nella mia universita', la piu' importante nelle scienze umanistiche e sociali, alcuni studenti hanno manifestato rabbia contro le istituzioni, ma non brutalita', anche se vedendo i video di eventi in zone periferiche e' evidente la dimensione violenta anche tra i manifestanti, tant'e' che sono morti almeno 53 membri delle forze dell'ordine".
Residente con la famiglia nel quartiere centrale di Yousefabad - caratterizzato dalla presenza di ebrei e sinagoghe e in passato anche di armeni - Mauriello osserva che tra le cause delle proteste "vi e' la chiusura di un paese in cui i giovani chiedono invece apertura, globalizzazione e liberta' sociali".
Sull'importanza delle proteste, "per durata, portata geografica e critica contro le autorita', rappresentano un ulteriore allontanamento dai precetti della rivoluzione islamica. Per numero di partecipanti e per il sostegno di dirigenti di primo calibro, quelle del 2009 - seguite alla discussa rielezione del presidente Ahmadinejad - furono pero' piu' rilevanti, anche se concentrate soprattutto a Teheran. Anche se all'epoca le attese rimasero irrisolte, le richieste di chi protestava erano piu' chiare e realizzabili".
I punti di forza delle proteste di oggi sono "la grande ripercussione mediatica e la mobilitazione senza precedenti della diaspora, numerosa e benestante; la partecipazione attiva soprattutto di studenti universitari; la relativa debolezza del governo giacche' eletto con la minor partecipazione popolare e sottoposto a un elevato numero di sanzioni statunitensi; l'ingerenza di Arabia Saudita, Israele e Stati Uniti, ma anche Azerbaijan, Regno Unito e Francia".
In merito alle debolezze, "il potere mediatico della diaspora e dell'opposizione non si riflette in forza politica all'interno del paese, delle sue istituzioni e delle forze di sicurezza. Inoltre, gran parte di tale potere mediatico e' legato a media finanziati da stati nemici. Se gli universitari continuano a protestare e acquisiscono cosi' un'esperienza politica rilevante, altri settori non si sono uniti in modo significativo alle proteste: operai, commercianti, professori e insegnanti, persone sopra i trent'anni, grandi centri di potere e i loro politici di riferimento".
Autore di numerose pubblicazioni scientifiche sull'Islam sciita e sull'Iran, in merito alle istituzioni Mauriello precisa: "Si definiscono islamiche ma non garantiscono giustizia sociale e impongono il rispetto di norme islamiche anche in campi che in Europa corrispondono all'etica privata, in un clima caratterizzato da un alto grado di corruzione".
Viene da chiedersi di quanto sostegno popolare goda ancora la Repubblica islamica: "Una fascia importante della popolazione continua a sostenerla, anche se in maniera sempre piu' critica, un'altra altrettanto significativa vi si oppone frontalmente. Tra questi due estremi si colloca la maggioranza degli iraniani: sono critici, ma non vedono alternative credibili e potrebbero essere pronti al compromesso se le istituzioni si dimostrassero capaci di affrontare i problemi economici e volessero riaprire la partecipazione politica".
Infine, conclude Mauriello, "la quasi totalita' dell'informazione sull'Iran a cui avete accesso in Italia da' voce solo alle proteste e quindi ai dimostranti, ma la mia esperienza in Iran mi induce alla prudenza".

14. IRAN. FARIAN SABAHI: MOLOTOV SULLA CASA DI KHOMEINI: BRUCIANO I SIMBOLI DEL REGIME
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Molotov sulla casa di Khomeini: bruciano i simboli del regime" e il sommario "Iran. Le immagini dell'edificio in fiamme fanno il giro dei social media. Continuano gli scioperi nei bazar, da Teheran a Mashad e Tabriz. Studenti ancora in prima linea. In Kurdistan ucciso un colonnello dei pasdaran. Cammina con in mano una foto di Mahsa Amini: giovane curda condannata a 15 anni di prigione"]

"Basiji (miliziani), sepah (pasdaran), siete il nostro Isis" e' lo slogan scandito ai funerali dei bambini uccisi a Izeh nel Khuzestan (sud-ovest) in quello che le autorita' hanno definito un "attentato terroristico" e i manifestanti imputano invece alle forze dell'ordine.
Intanto nella localita' di Khomein, a sud di Teheran, gli attivisti hanno dato alle fiamme la casa natale dell'ayatollah Ruhollah Khomeini (1902-1989), il leader religioso che all'indomani della rivoluzione del 1979 ha preso il potere e chiamato gli iraniani alle urne per scegliere tra monarchia e repubblica islamica.
Negli ultimi trent'anni quell'abitazione e' diventata un museo. Sui social circolano immagini dell'incendio dell'edificio, che sarebbe stato preso di mira con bottiglie molotov.
Nei giorni scorsi gli attivisti hanno convocato ulteriori manifestazioni per commemorare il "novembre di sangue" del 2019, quando centinaia di persone vennero uccise nella violenta repressione. Per impedire che ci si possa organizzare, le autorita' limitano l'uso di internet.
Scioperano i mercanti del gran bazar di Teheran e ad Arak, Tabriz, Mashad, Isfahan, Najafabad, Ilam, Gorgan, Babol e Soumesara. Gli studenti restano in prima linea, ma le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella biblioteca dell'Universita' di Shiraz, arrestando un attivista.
La 26enne curda Marzieh Yousefzadeh e' stata condannata a 15 anni per aver camminato per strada da sola, il 19 settembre, mostrando la foto di Mahsa Amini. Nella provincia del Kurdistan iraniano (ovest) il colonnello dei pasdaran Nader Bairami e' stato accoltellato a morte.
Nella preghiera del venerdi' il leader religioso sunnita Molavi Abdolhamid del Sistan e Balucistan (sud-est), ha dichiarato che la popolazione locale - di etnia baluci e fede sunnita, discriminata dalle autorita' sciite - "non accettera' compromessi".
Ma in primo piano c'e' l'incendio alla casa natale di Khomeini. Non e' la prima volta che il simbolo della Repubblica islamica e' preso di mira: il 7 giugno 2017 jihadisti sunniti ne avevano attaccato il mausoleo a sud della capitale (le autorita' avevano sottovalutato la minaccia del terrorismo jihadista, l'ingresso nel mausoleo non aveva metal detector).
Un attacco di tutt'altra natura rispetto alle molotov lanciate ieri contro la sua casa, che hanno preso di mira l'infrastruttura ideologica del regime. All'opposto gli integralisti sunniti attaccarono il mausoleo perche' considerano gli sciiti eretici: venerano i dodici Imam, discendenti dal profeta Maometto attraverso sua figlia Fatima e suoi unici successori legittimi secondo lo sciismo.
Il primo febbraio 1979 l'ayatollah Khomeini era stato accolto da milioni di persone al suo ritorno in Iran. Era in esilio dal novembre 1964, dapprima in Turchia e dall'ottobre successivo in Iraq, dove il suo pensiero politico conobbe sviluppi importanti. Durante la rivoluzione del 1978-1979 si trasferi' a Parigi, dove fu intervistato dai giornalisti occidentali e divenne noto al largo pubblico.
Non fu un fondamentalista, come spesso capita di leggere, ma un rivoluzionario per almeno due motivi: rivendico' un ruolo politico per il clero sciita, storicamente quietista, e dichiaro' che la dissimulazione (taqiya) era stata usata per secoli per proteggere lo sciismo ma "quando i princìpi e il benessere dell'islam sono in pericolo non si deve tacere". E quindi aveva invitato il clero a prendere posizione contro lo scia'.
Fu Khomeini, all'indomani della rivoluzione del 1979, a obbligare le donne a indossare il velo nei luoghi pubblici e a impedire loro di ricoprire il ruolo di giudici e di andare allo stadio. Fu lui ad avallare la presa degli ostaggi americani nell'ambasciata degli Stati uniti il 4 novembre 1979, scatenando la rabbia di Washington e quindi il congelamento dei conti iraniani all'estero.
Fu lui a portare avanti la guerra contro l'Iraq, innescata da Saddam Hussein nel settembre del 1980, quando il dittatore iracheno era invece disposto al cessate il fuoco. Una decisione, questa di Khomeini, che porto' a un milione i morti iraniani in una guerra che ebbe fine soltanto nel 1988.
Fu lui a condannare a morte lo scrittore angloindiano Salman Rushdie per il romanzo Versetti satanici il 14 febbraio 1989, isolando ulteriormente l'Iran.
A distanza di 43 anni, i ritratti di Khomeini sono ovunque. Sulle pareti degli uffici governativi, accanto all'ayatollah Ali Khamenei che ricopre il ruolo di leader supremo della Repubblica islamica dal 1989.
Oggi gli iraniani devono fare i conti con un isolamento crescente e la mancanza di diritti civili e liberta', da imputare a un sistema giuridico che deve molto al padre della patria. E cosi' le immagini di Khomeini bruciano, come la sua casa.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 26 del 26 gennaio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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