[Nonviolenza] Telegrammi. 4699



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4699 del 30 dicembre 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Daniele Lugli: La forza mite di Rocco Pompeo
2. L'Associazione "Respirare" di Viterbo aderisce all'appello recante "Sette proposte per estendere ed intensificare la mobilitazione per la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier"
3. Annamaria Rivera: Dino e la nobilta' delle piccole storie
4. Annamaria Rivera: Che razza di nozione infondata
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. DANIELE LUGLI: LA FORZA MITE DI ROCCO POMPEO
[Dal sito di "Azione nonviolenta" riprendiamo e diffondiamo]

Giovedi' 22 dicembre la notizia "Rocco Pompeo e' morto". Lo scrive il figlio Enrico. Un malore lo coglie la settimana prima: infarto, ricovero, cure, dimissioni. Nella notte di mercoledi' riappaiono i sintomi. Muore nel suo letto la mattina di giovedi'.
Giusto una settimana prima, a Roma, Enrico lo cita, concluso lo spettacolo teatrale, di e con Fabrizio Brandi, "Corea, una questione di geometrie". Chiude la prima giornata, 14 dicembre, del Convegno per il 50° della Legge sull'obiezione di coscienza. E' la vicenda, che merita di essere largamente conosciuta, del villaggio educativo promosso da don Alfredo Nesi, compagno di banco di don Lorenzo Milani in seminario. Mi chiedo perche' non vi appaia Rocco, in quella realizzazione attivo collaboratore. "E' Rocco, lo studente universitario squattrinato, con una chitarra ammaccata!" dice Enrico. Nel racconto, e nella realta', accoglie l'invito di don Nesi a lavorare con lui in cambio di vitto e alloggio. Alle ore 6 e minuti 6 a questo link e' possibile vedere il monologo, introdotto proprio da Enrico.
Rocco mantiene la memoria della presenza a Livorno, dal 1962 al 1982, di don Alfredo Nesi, recatosi poi, fino alla morte, missionario in Brasile, per portare, come si dice nello spettacolo, sempre il meglio ai poveri. Promuove infatti la Fondazione Nesi e una volta mi chiama nella giuria. Si tratta di assegnare un premio all'iniziativa che sembri piu' ispirata al messaggio di don Nesi. I lavori si concludono convivialmente al ristorante. Mi dicono essere il preferito da Azeglio Ciampi, un presidente che mi piace. Siamo ospiti di un ex allievo di Alfredo Nesi. Ha raggiunto una buona situazione economica ed e' costante contributore della Fondazione. Ci sono vari sacerdoti a tavola, gia' collaboratori di Nesi. Rocco chiede se il Vescovo sia stato invitato. Nessuno risponde. Rocco insiste con un sorriso. Il decano risponde "Pisano!". Siamo pur sempre a Livorno. Il sorriso si allarga in una risata.
Con Rocco ho in comune l'esperienza nel partito socialista, nella medesima e migliore corrente, la "lombardiana". Ripercorriamo quello che ci pare ancora valido. Siamo a Montevaso. Mi dice degli anni in cui io non sono piu' nel partito. Me ne vado infatti con l'effimera unificazione Psi-Psdi. Lui resta fino agli anni '70 inoltrati, molto legato a Tristano Codignola e sopportando sempre meno Craxi. Gli dico della mia particolare considerazione per Codignola. Ho il piacere di conoscerlo in un suo passaggio a Ferrara. Gia' lo stimo, responsabile di Unita' Popolare, il partito che voglio votare nel '53, ma ho 12 anni. Conosco il suo rapporto con Capitini e il suo impegno per la scuola media unica, la sua attenzione alle novita' del '68. E' lui il garante di una proposta che mi viene fatta nel '64. Si tratta di assumere la responsabilita' della federazione del partito di Padova, dissanguato dalla secessione dello Psiup. Mi attrae l'idea di dedicarmi alla politica a tempo pieno. Chiedo mi siano garantite alcune condizioni, prima di decidere. Un suo telegramma, firmato Pippo, nome da partigiano, le fornisce. Io poi decido di non andare. Rocco, sorride. Siamo in uno studio con bei mobili. "E' lo studio di Codignola" mi dice.
Ho tre anni piu' di Rocco. Il mio rapporto diretto con Capitini risale al '62. Il suo e' successivo e particolarmente legato alla scuola, all'esperienza in Corea con Nesi, all'attivita' di studente universitario. Il '68 pisano e' importante e coinvolgente. Potrebbe avere altri, forse migliori, esiti se seguisse l'ispirazione del "Potere di tutti" piuttosto che di "Potere operaio". Rocco e non Adriano. Mi dice del suo pieno coinvolgimento e delle vicende che lo riguardano, con molta sobrieta'. Per me e' diverso. Ho lasciato da tempo l'universita', sono sposato, ho una figlia, piccolissima. Effettivamente per sentire un po' di '68 vado proprio a Pisa a protestare per l'incarcerazione di studenti. E' una manifestazione pacifica. Siamo inquadrati dal servizio d'ordine. Ne ripetiamo gli slogan. Altri non sono ammessi, per evitare provocazioni. Il piu' ripetuto e' "Liberate i sette o Pisa brucera'". E' la prima volta che vedo i "piesse" in assetto antisommossa: casco integrale, scudi fino a terra, lunghi manganelli.
Il rapporto di Rocco con Capitini si stringe nel '68. I due si intendono subito. E' Rocco a preparare l'introduzione al Convegno "Nonviolenza e scuola" fortemente voluto da Capitini e programmato per l'autunno del '68. Aldo muore il 19 ottobre. Il Convegno si tiene a Firenze dall'1 al 3 novembre. Azione nonviolenta del gennaio 1969 gli dedica l'intera pagina 6. In particolare rilievo sono i punti di riferimento illustrati da Rocco. Mostrano quanto abbia assorbite e fatte proprie le tesi capitiniane, sviluppate nei numeri de "Il potere e' di tutti". In Rocco - si sente l'esperienza delle lotte universitarie assieme a quella della scuola di Corea - e' l'idea del terreno decisivo dell'educazione per aprire a una societa' migliore. "La nostra strategia, che riprende i temi delle conclusioni del convegno di Perugia su "Nonviolenza e politica", e' quella di lavorare per la creazione e lo sviluppo di strutture alternative (doposcuola, centri di orientamento, associazioni, ecc.). Questo significhera' contestare la societa' borghese in modo reale e costruttivo, e nello stesso tempo fara' acquistare non solo il senso del modello di scuola e di societa' che noi proponiamo, ma anche la sua effettiva base di partenza e di collaudo".
Quando, anni dopo, trovo Rocco attivo tra gli amici della nonviolenza e' preoccupato della caratterizzazione e valorizzazione del Movimento e della sua autonomia, capace di "interferenza politica". Dice proprio cosi'. Escluso ogni collateralismo con partiti e' necessario pero' sappia intervenire criticamente, porre problemi ai quali le forze politiche siano indotte a rispondere. Deve avere iniziativa costante e percio' approfondire le ragioni della nonviolenza, dandosi uno strumento apposito: il Centro Studi, del quale si fa promotore. L'attivita' formativa e' sottolineata come essenziale sempre. Nell'iniziativa "Un'altra difesa e' possibile" l'istituendo "Dipartimento della difesa civile, non armata e nonviolenta" sarebbe caratterizzato dai Corpi Civili di Pace e dall'Istituto di ricerca sulla Pace e il Disarmo. "E' il necessario equivalente dell'Accademia militare, il luogo di formazione qualificato degli operatori di pace", insiste sempre Rocco.
In due immagini, una di cinquanta o sessanta anni fa, l'altra recente vedo Rocco attento, pronto a intervenire con la forza e mitezza che gli erano proprie e che gia' ci mancano.

2. APPELLI. L'ASSOCIAZIONE "RESPIRARE" DI VITERBO ADERISCE ALL'APPELLO RECANTE "SETTE PROPOSTE PER ESTENDERE ED INTENSIFICARE LA MOBILITAZIONE PER LA GRAZIA CHE RESTITUISCA LA LIBERTA' A LEONARD PELTIER"

L'associazione "Respirare" di Viterbo aderisce all'appello recante "Sette proposte per estendere ed intensificare la mobilitazione per la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier".
Leonard Peltier e' l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente che da 47 anni e' detenuto innocente, condannato per crimini che non ha commesso in un processo-farsa basato su cosiddette "prove" e su cosiddette "testimonianze" dimostratesi false, come hanno successivamente riconosciuto gli stessi accusatori e giudici.
La sua liberazione e' stata chiesta da personalita' come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama, papa Francesco.
Milioni di persone ed autorevoli istituzioni di tutto il mondo chiedono al Presidente degli Stati Uniti d'America di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Alleghiamo in calce il testo integrale dell'appello.
L'associazione "Respirare" di Viterbo
Viterbo, 18 dicembre 2022
L'associazione e' stata promossa nel 2009 a Viterbo da associazioni e movimenti ecopacifisti e nonviolenti, per il diritto alla salute e la difesa dell'ambiente.
* * *
Allegato: testo integrale dell'appello "Sette proposte per estendere ed intensificare la mobilitazione per la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier"
Carissime e carissimi,
vi proponiamo sette iniziative per estendere ed intensificare la mobilitazione per la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Il momento e' questo: in questo torno di tempo infatti sia negli Stati Uniti che a livello internazionale sta crescendo la mobilitazione, ottenendo nuove, ampie e rilevanti adesioni che possono finalmente trovare ascolto alla Casa Bianca, nelle cui mani e' il potere di restituire la liberta' a Leonard Peltier attraverso la concessione della grazia presidenziale.
*
1. Scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America
La prima: scrivere a Biden e diffondere quanto piu' possibile la proposta di scrivere a Biden.
Di seguito una proposta di testo della lettera da inviare al Presidente degli Stati Uniti d'America recante la richiesta della grazia presidenziale per Leonard Peltier, e le istruzioni per inviarla attraverso il sito della Casa Bianca.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.
*
2. Scrivere al sindaco di Roma
La seconda: scrivere al sindaco di Roma affinche' affinche' unisca la sua voce alla richiesta della liberazione di Leonard Peltier. La voce del sindaco di una delle citta' piu' importanti del mondo puo' trovare favorevole ascolto sia presso la Casa Bianca che presso l'opinione pubblica non solo italiana ma internazionale.
Indirizzi di posta elettronica cui scrivere: segreteria_cg at comune.roma.it, donato.iannone at comune.roma.it, segreteriavcgv.debernardini at comune.roma.it, giorgio.piccarreta at comune.roma.it, pietropaolo.mileti at comune.roma.it, gianluca.viggiano at comune.roma.it, caterina.cordella at comune.roma.it, segreteria.direzionegac at comune.roma.it, accesso.semplice at comune.roma.it, ld.gabinetto at comune.roma.it, mariagrazia.tretola at comune.roma.it, seg.gen at comune.roma.it, laura.dimeglio at comune.roma.it, patrizia.bernardini at comune.roma.it, eufrasia.cogliandro at comune.roma.it, vicesindaco at comune.roma.it, assessorato.bilancio at comune.roma.it, assessorato.ambiente at comune.roma.it, assessorato.rifiuti at comune.roma.it, assessoratodecentramento at comune.roma.it, assessoratopersonale at comune.roma.it, assessorato.politichesociali at comune.roma.it, assessorato.cultura at comune.roma.it, assessorato.sviluppoeconomico at comune.roma.it, assessorato.pariopportunita at comune.roma.it, assessorato.sport at comune.roma.it, assessorato.turismo at comune.roma.it, assessorato.grandieventi at comune.roma.it, assessorato.mobilita at comune.roma.it, assessoratoallascuola at comune.roma.it, assessoratolavoroformazione at comune.roma.it, assessorato.infrastrutture at comune.roma.it, assessorato.urbanistica at comune.roma.it, tiziana.marrone at comune.roma.it, assessorato.patrimoniocasa at comune.roma.it, presidenza.assembleacapitolina at comune.roma.it,
Modello di lettera:
Egregio Sindaco di Roma,
sicuramente conoscera' gia' la vicenda di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni detenuto innocente.
E sicuramente sapra' anche che la sua liberazione nel corso di quasi mezzo secolo e' stata richiesta da personalita' come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Shirin Ebadi, papa Francesco, il Dalai Lama ed innumerevoli altre.
Ricordera' anche che il compianto Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa, aveva promosso un appello per la liberazione di Leonard Peltier. E del resto il Parlamento Europeo gia' negli anni Novanta del secolo scorso aveva ripetutamente richiesto la sua liberazione.
Negli ultimi mesi due nuovi autorevoli inviti sono stati rivolti al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia che liberi l'illustre attivista nativo americano: alcuni mesi fa la commissione giuridica ad hoc dell'Onu; e lo scorso settembre con voto unanime il comitato nazionale del Partito Democratico statunitense (il partito politico cui appartiene lo stesso Presidente Biden).
Gia' lo scorso anno, su nostra sollecitazione, molti sindaci italiani (tra cui quelli di citta' importanti come Aosta, Bologna, Palermo, Pesaro...) espressero il loro sostegno alla richiesta della liberazione di Leonard Peltier.
Sarebbe di grande importanza che anche il Sindaco del Comune di Roma volesse unire la sua voce all'appello promosso da prestigiosissime personalita', innumerevoli associazioni umanitarie (prima fra tutte Amnesty International), istituzioni di tutto il mondo, affinche' il Presidente statunitense conceda la grazia che restituisca la liberta' a un uomo innocente che e' ormai per l'umanita' intera testimone e simbolo della lotta per i diritti umani e dei popoli e per la difesa della Madre Terra.
Per tutto quanto precede siamo quindi a pregarla di voler anche lei richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
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3. Scrivere alle ed ai parlamentari italiani
La terza: scrivere alle ed ai parlamentari italiani affinche' uniscano la loro voce alla richiesta della liberazione di Leonard Peltier.
Gli indirizzi di posta elettronica delle e dei parlamentari sono disponibili nel sito del Senato e della Camera (www.senato.it e www.camera.it).
Modello di lettera:
Egregie senatrici, egregi senatori,
Egregie deputate, egregi deputati,
conoscete gia' la vicenda di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni detenuto innocente.
E sapete anche che la sua liberazione nel corso di quasi mezzo secolo e' stata richiesta da personalita' come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Shirin Ebadi, papa Francesco, il Dalai Lama ed innumerevoli altre.
Ricorderete anche che il compianto Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa, aveva promosso un appello per la liberazione di Leonard Peltier. E del resto il Parlamento Europeo gia' negli anni Novanta del secolo scorso aveva ripetutamente richiesto la sua liberazione.
Negli ultimi mesi due nuovi autorevoli inviti sono stati rivolti al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia che liberi l'illustre attivista nativo americano: alcuni mesi fa la commissione giuridica ad hoc dell'Onu; e lo scorso settembre con voto unanime il comitato nazionale del Partito Democratico statunitense (il partito politico cui appartiene lo stesso Presidente Biden).
Sarebbe di grande importanza che anche il Parlamento italiano volesse unire la sua voce all'appello promosso da prestigiosissime personalita', innumerevoli associazioni umanitarie (prima fra tutte Amnesty International), istituzioni di tutto il mondo, affinche' il Presidente statunitense conceda la grazia che restituisca la liberta' a un uomo innocente che e' ormai per l'umanita' intera testimone e simbolo della lotta per i diritti umani e dei popoli e per la difesa della Madre Terra.
Per tutto quanto precede siamo quindi a pregarvi di un vostro autorevole impegno a richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
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4. Scrivere alle ed ai parlamentari italiani che siedono nel Parlamento Europeo
La quarta: scrivere alle ed ai parlamentari italiani che siedono nel Parlamento Europeo affinche' uniscano la loro voce alla richiesta della liberazione di Leonard Peltier, proseguendo nell'impegno gia' espresso dal Parlamento Europeo nel 1994 e nel 1999 e rinnovato nel 2021 dal compianto Presidente David Sassoli.
Gli indirizzi di posta elettronica delle e dei parlamentari europei sono disponibili nel sito del Parlamento Europeo (www.europarl.europa.eu).
Modello di lettera:
Egregie ed egregi parlamentari europei,
conoscete gia' la vicenda di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni detenuto innocente.
E sapete anche che la sua liberazione nel corso di quasi mezzo secolo e' stata richiesta da personalita' come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Shirin Ebadi, papa Francesco, il Dalai Lama ed innumerevoli altre.
Ricorderete anche che il compianto Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa, aveva promosso un appello per la liberazione di Leonard Peltier. E del resto il Parlamento Europeo gia' negli anni Novanta del secolo scorso aveva ripetutamente richiesto la sua liberazione.
Negli ultimi mesi due nuovi autorevoli inviti sono stati rivolti al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia che liberi l'illustre attivista nativo americano: alcuni mesi fa la commissione giuridica ad hoc dell'Onu; e lo scorso settembre con voto unanime il comitato nazionale del Partito Democratico statunitense (il partito politico cui appartiene lo stesso Presidente Biden).
Sarebbe di grande importanza che anche il Parlamento Europeo volesse ancora una volta unire la sua voce all'appello promosso da prestigiosissime personalita', innumerevoli associazioni umanitarie (prima fra tutte Amnesty International), istituzioni di tutto il mondo, affinche' il Presidente statunitense conceda la grazia che restituisca la liberta' a un uomo innocente che e' ormai per l'umanita' intera testimone e simbolo della lotta per i diritti umani e dei popoli e per la difesa della Madre Terra.
Per tutto quanto precede siamo quindi a pregarvi di un vostro autorevole impegno a richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
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5. Scrivere all'"International Leonard Peltier Defense Committee"
La quinta: scrivere all'"International Leonard Peltier Defense Committee" per far sentire direttamente la nostra solidarieta' a chi e' piu' vicino a Leonard Peltier e coordina la mobilitazione per la sua liberazione
Per contatti diretti con l'"International Leonard Peltier Defense Committee": sito: wwww.whoisleonardpeltier.info, e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info, recapiti telefonici: Carol Gokee, International Leonard Peltier Defense Committee, 715-209-4453; Jean Roach, International Leonard Peltier Defense Committee, 605-415-3127; Kevin Sharp, former Federal District Court Judge & Peltier's lead attorney, 615-434-7001.
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6. Scrivere direttamente a Leonard Peltier
La sesta: scrivere direttamente a Leonard Peltier.
L'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521.
Possono essere inviate solo lettere postali.
Ovviamente le lettere devono essere adeguate alla situazione. Possono bastare anche poche parole.
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7. Costruire una rete italiana di solidarieta' con Leonard Peltier
La settima: costruire una rete italiana di solidarieta' con Leonard Peltier.
Ovviamente una rete senza gerarchie o primazie, policentrica e plurale, in cui possano impegnarsi insieme persone provenienti da tutte le culture, le esperienze e le tradizioni.
Una rete di persone e realta' che si prefigga ad esempio di:
a) partecipare a iniziative comuni;
b) promuovere iniziative proprie, locali e non solo;
c) premere nonviolentemente sui media, locali e non solo, affinche' diano notizia della vicenda di Leonard Peltier e delle iniziative per la sua liberazione;
d) premere nonviolentemente sulle rappresentanze democratiche (istituzioni, associazioni, forze politiche e sindacali, esperienze della cultura e della solidarieta'...), locali e non solo, affinche' si impegnino per la liberazione di Leonard Peltier.
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E' ovvio che tutte le iniziative che proponiamo devono essere rigorosamente nonviolente, coerentemente con il fine dell'iniziativa: ottenere la grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Se necessaria, varia documentazione utile, in inglese e in italiano, puo' essere richiesta scrivendo al nostro indirizzo di posta elettronica: centropacevt at gmail.com
Ringraziandovi fin d'ora per l'attenzione e l'impegno, un forte abbraccio dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 9 dicembre 2022
Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Piu' specificamente: dal giugno 2021 il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" ha lavorato intensamente a qualificare ed estendere la solidarieta' con Leonard Peltier in Italia (ma anche in Europa e negli Stati Uniti d'America e in Canada).
Sul piano della qualificazione della solidarieta' ha promosso molti incontri di studio e ha fatto conoscere per la prima volta in Italia molti libri il cui studio e' fondamentale per chi vuole impegnarsi per sostenere Leonard Peltier e le lotte attuali dei nativi americani.
Sul piano dell'estensione della solidarieta' ha raggiunto ripetutamente decine di migliaia di interlocutori, e raccolto migliaia di adesioni: coinvolgendo figure di grande prestigio della riflessione morale e dell'impegno civile, della scienza e delle arti, dei movimenti e delle istituzioni.
Il criterio e' stato di coinvolgere persone, associazioni ed istituzioni in grado di esercitare un'azione persuasiva nei confronti del Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
In questa iniziativa, sul versante del coinvolgimento delle istituzioni, di particolare valore e' stata l'adesione del compianto Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, quelle di molti parlamentari e parlamentari emeriti, quelle dei sindaci di vari comuni d'Italia, da Aosta a Bologna, da Palermo a Pesaro.

3. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: DINO E LA NOBILTA' DELLE PICCOLE STORIE
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente intervento del 2 giugno 2022]

Uno dei tanti, grandi meriti di Dino Frisullo e' stato quello di aver colto perfettamente che il senso della "grande storia" puo' essere rintracciato nelle "piccole storie" di dominazione, oppressione, discriminazione di una popolazione, di una minoranza, di un gruppo, ma anche nell'infelicita' e nei drammi di ciascuna/o dei suoi membri, di ogni profuga/o, di ogni migrante, di ogni oppressa/o: la vicenda "minore" di un profugo morto soffocato nella stiva di una nave puo' dirci del mondo attuale piu' di un freddo saggio di geopolitica. Conferire un senso e un valore politico generale a queste "piccole storie" equivale, insomma, a cogliere il significato piu' profondo del presente e dei processi di globalizzazione.
Occuparsi, come faceva Dino, di un gruppo di migranti bangladeshi, di una collettivita' di richiedenti-asilo, di una minoranza oppressa quale quella curda, di un gruppo di rom deportati/e, assumendone per intero i bisogni esistenziali oltre che politici, leggendone la "piccole storie" come indizi ed effetti pregnanti della "grande storia": questo era per lui l'unico modo possibile per praticare sapere critico e impegno sociale e politico adeguati al presente, e scevri da politicismi e fumisterie ideologiche.
La sua propensione a guardare il mondo con gli occhi degli altri e delle altre era il frutto, razionale ma anche emotivo e sentimentale, di un impegno che non aveva espunto la pietas e che si nutriva di rigore morale, di sensibilita' e di conoscenza: un impegno totalizzante e radicale, generoso fino alla dissipazione di se', intransigente fino all'ostinazione; insomma, l'intera esistenza come impegno.
Grazie a lui, soprattutto, insieme e con molte/i altre/i fondammo la Rete antirazzista, un'esperienza breve e intensa di raccordo fra associazioni antirazziste in tutta Italia che duro' dal 1994 al 1997. Un'esperienza che lui e io (ne fummo i portavoce) ma anche altre/i compagne e compagni (ma non tutte/i, purtroppo) non avremmo mai smesso di rimpiangere. Poiche' fu un antirazzismo colto e radicale, che anticipo' di molti anni analisi, temi e rivendicazioni che oggi qualcuno crede siano inediti: le persone migranti e profughe come soggetti esemplari del nostro tempo, il tema della cittadinanza europea di residenza, la battaglia per il diritto di voto e la civilizzazione delle competenze sul soggiorno, la critica ai lager di Stato.
Si era al tempo del primo "governo amico" e la voce fuori dal coro della Rete antirazzista sara' presto messa a tacere.
Cio' che puo' dire chi lo ha frequentato e con lui ha vissuto fertili stagioni di lotta e' che la sua assenza splende oggi accecante come un inesorabile sole senza tramonto, per parafrasare una poesia di Jorge Luis Borges.
Oggi, di fronte allo stillicidio quotidiano di esodi che hanno come epilogo la morte in mare di centinaia di profughe/i o il forzato ritorno alle tragedie e alle persecuzioni da cui hanno tentato la fuga, ci sorprendiamo a pensare: certo, il frenetico attivismo di Dino non riuscirebbe, da solo, ad aver ragione della nostra debolezza politica e della rozza e feroce arroganza degli imprenditori politici del razzismo.
Eppure quanto ci mancano e quanto ci sarebbero preziosi, proprio in questa fase, i suoi dieci comunicati al giorno che arrivavano in ogni redazione e in ogni angolo d'Italia, la sua inflessibile e irritante caparbieta' cui nessuno riusciva a sfuggire, il suo ostinato lavoro da vecchia talpa che scova, porta alla luce e denuncia ingiustizie e crimini contro i dannati della terra, la sua capacita' di opporre dati, cifre, fatti alle pataccate degli specialisti della xenofobia e del razzismo.
Il 5 giugno prossimo, data che coincide con quella del suo compleanno, ma anche dell'anniversario della sua scomparsa, "Senza Confine", l'associazione che da Dino fu fondata con Eugenio Melandri, anche quest'anno lo ricordera', e con un duplice appuntamento: il primo, alle 10.30, all'ingresso del cimitero del Verano in Via dello Scalo di San Lorenzo; il secondo alle 18.30, nei Giardini di Piazza Vittorio, per confrontarsi con collettivi, associazioni e altri gruppi sui temi della pace e delle migrazioni.

4. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: CHE RAZZA DI NOZIONE INFONDATA
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente intervento del 10 febbraio 2022]

Come dovrebbe essere ben noto, la nozione di "razza" - criticata e poi abbandonata da una buona parte delle stesse scienze sociali e biologiche che avevano contribuito a elaborarla - e' una categoria tanto infondata quanto paradossale, essendo basata sul postulato che istituisce un rapporto deterministico fra caratteri somatici, fisici, genetici e caratteri psicologici, intellettivi, culturali, sociali.
Ricordo che nel 1950 il determinismo biologico fu formalmente denunciato dall'Unesco nella Dichiarazione sulla razza, considerata il primo documento ufficiale a denegare la correlazione tra le differenze biologiche e quelle culturali, psicologiche, intellettive, comportamentali.
Tuttavia, questa Dichiarazione non abbandonava la categoria di razza, ma solo il determinismo biologico. Per cio' non era, neppure per l'epoca, un documento granche' avanzato, sebbene alla sua stesura avessero contribuito studiosi del calibro di Claude Levi-Strauss e Ashley Montagu.
Ricordo che il secondo - biologo, psicologo, infine antropologo (fu uno dei primi allievi di Malinowski, poi di Boas) - gia' nel 1942 aveva demolito "il mito della razza" in un saggio (Man's Most Dangerous Myth: The Fallacy of Race), che sara' tradotto in italiano tardivamente, col titolo La razza. Analisi di un mito.
A proposito del contributo dell'antropologia culturale nella decostruzione della "razza" (spesso sottovalutato dagli stessi antropologi), basta considerare il ruolo di Franz Boas, pioniere dell'antropologia moderna. Boas, che pati' anche personalmente l'antisemitismo, divenne sempre piu', nel corso del tempo, uno strenuo avversario del razzismo detto impropriamente scientifico. E cio' in una fase storica in cui ancora prevalevano pseudo-scienze quali la fisiognomica, la frenologia, l'antropologia criminale di Cesare Lombroso.
Fu col demolire progressivamente l'innatismo e il biologismo deterministico, che Boas riusci' ad introdurre la cultura come concetto primario e poi anche il relativismo culturale.
Non per caso tra i volumi che i nazisti dettero alle fiamme a Berlino, la notte del 10 maggio 1933, cinque mesi dopo l'ascesa di Hitler al potere, v'era uno dei saggi piu' popolari di Boas: cioe' The Mind of Primitive Man, del 1911 (tre anni dopo pubblicato in tedesco col titolo piu' esplicito di Kultur und Rasse).
Ben piu' tardi, nel 1946, Fernando Ortiz, considerato il piu' importante etnologo e antropologo cubano, avrebbe pubblicato El engano de las razas. Influenzato soprattutto dall'antropologia culturale statunitense, in questo saggio Ortiz confutava radicalmente, fra le altre cose, il razzialismo scientista. Tra l'altro, ricordo che fu lui a coniare la parola e il concetto di transculturazione.
Non brilla per audacia neppure la successiva Dichiarazione sulla razza, votata all'unanimita' e per acclamazione nel 1978 dalla Conferenza Generale dell'Unesco. Basta dire che, se per l'antropologo cubano "razza" era "una mala palabra que non debiera decirse", qui gli aggettivi "razziale"/"razziali" vi ricorrono ben trentadue volte e vi si parla ripetutamente perfino di gruppi razziali come di un'evidenza.
Su questa stessa linea si porranno quasi tutte le convenzioni internazionali sui diritti umani e anche i testi-base dell'Unione Europea, compresa la Carta dei diritti fondamentali. Sicche' non c'e' da stupirsi troppo se la "razza" permanga perfino nelle Costituzioni, compresa quella italiana, di cui si sono dotate le democrazie nate dalla resistenza al nazi-fascismo.
Eppure "razza" non e' altro che una "metafora naturalistica", per dirla con la formula di Colette Guillaumin (1972), sociologa femminista, autrice di una delle opere migliori che siano state scritte sul mito della razza e sul razzismo, mai tradotta in Italia (L'ideologie raciste. Genese et langage actuel). Tale metafora e' adoperata per naturalizzare lo stesso processo di svalorizzazione, stigmatizzazione, gerarchizzazione, discriminazione ai danni di taluni gruppi, minoranze, popolazioni.
In realta', come insegna la lunga e tragica storia dell'antisemitismo, qualunque gruppo umano puo' essere razzizzato, indipendentemente dalla visibilita' fenotipica, dalle origini, perfino dalle peculiarita' culturali e sociali. Lo stigma applicato a certe categorie di persone puo' prescindere da qualsiasi differenza, essendo l'esito di un processo di costruzione sociale, simbolica, politica. Si pensi alla razzizzazione di cui furono oggetto in Italia i profughi albanesi nel corso degli anni '90.
Nondimeno v'e' ancora chi crede fermamente che il razzismo prenda di mira esclusivamente persone "negre". Un esempio recente e' quello riferito alcuni giorni fa da quotidiani, anche italiani. Riguarda un'afro-americana - attrice, conduttrice televisiva, cantante -, conosciuta con lo pseudonimo di Whoopi Goldberg. A fine gennaio di quest'anno, nel corso di un talk-show assai popolare, ella ha osato affermare che l'Olocausto "non aveva nulla a che vedere con la razza", poiche' e' stato "solo" un episodio di "disumanita' di uomini contro altri uomini". La prova risiederebbe nel fatto che i protagonisti erano "due gruppi di persone bianche". In sostanza "gente bianca contro gente bianca, e quindi voi che combattevate tra voi".
In realta', la stessa percezione dell'evidenza somatica dipende dalla storia, dalla societa', dalla cultura. Tant'e' vero che vi sono state e vi sono societa' per le quali quei caratteri fenotipici o morfologici (soprattutto il colore della pelle) che solitamente sono stati assunti come criterio di distinzione fra le "razze" non avevano (e non hanno) alcun valore tassonomico ne' valevano a istituire differenze fra individui e gruppi.
Nel razzismo odierno, che si e' convenuto di definire "neorazzismo", il determinismo biologico-genetico e' spesso sfumato, talvolta dissimulato. Al fine di giustificare ostilita' o rifiuto degli altri, di attuare e legittimare pratiche di discriminazione, segregazione ed esclusione, perlopiu' si essenzializzano differenze sociali, culturali, religiose, fino a concepirle come a-storiche, assolute, immutabili.
Nondimeno, conviene ricordare che gia' l'antisemitismo moderno era culturalista e differenzialista: ha ragione Etienne Balibar a sostenere che "il neo-razzismo puo' essere considerato, dal punto di vista formale, come antisemitismo generalizzato".
Di conseguenza, conviene non assolutizzare neppure l'assunto secondo il quale il razzismo dei nostri giorni sarebbe differenzialista, culturalista, senza "razze". In realta', gli slittamenti, il melange, i passaggi dal razzismo biologista a quello detto culturale, ma anche viceversa, ci sono sempre stati, ci sono tuttora, sono sempre possibili: al momento opportuno puo' riemergere l'immaginario sedimentato della "razza".
Non fosse altro per questo, alquanto discutibile appare l'impegno profuso da studiosi, soprattutto francesi e italiani, che si rifanno alla "Critica postcoloniale": impegno diretto a reintrodurre il termine e la nozione di razza nel lessico delle scienze sociali, in tal modo vanificando un secolo di paziente lavoro critico volto a decostruirli.
Incuranti del rischio di ri-legittimare la "razza" al livello del senso comune, studiose e studiosi dette/i "postcoloniali" la hanno collocata al centro del loro apparato concettuale, sia pur intendendola come costruzione sociale e dispositivo d'inferiorizzazione, subordinazione, esclusione degli altri. Il ragionamento di alcuni di loro e' riassumibile nei termini di un sillogismo di questo genere: la retorica dei diritti umani ha fatto della "razza" un interdetto; ma, poiche' la discriminazione e il razzismo esistono, per renderli palesi, analizzarli, contrastarli, nominarne le vittime, conviene riesumare il lemma di razza.
In verita', qualunque precauzione si prenda, il passato delle parole si sedimenta e persiste: per quanto si faccia lo sforzo di sociologizzarla, "razza" conservera' sempre il significato biologista-determinista che le e' stato attribuito nel XIX secolo.
"Non si cambia la realta' cambiando i nomi; non si elimina il razzismo abolendo la parola razza", si sostiene da molte parti. Ma noi, che proponiamo di abolirla a iniziare dalla Costituzione italiana, non siamo cosi' ingenui da pensare che cosi' sara' bandito o solo incrinato il sistema-razzismo. Intendiamo, invece, affermare che la presenza di "razza" nella Costituzione appare oggi assurda e immotivata esattamente com'era la nozione di "sangue reale" nello Statuto albertino.

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Giovanni Paolo I, Il Magistero. Testi e documenti del Pontificato, Libreria Editrice Vaticana - Edizioni San Paolo, Citta' del Vaticano - Cinisello Balsamo (Mi) 2022, pp. 472, euro 29.
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Riletture
- Abraham B. Yehoshua, Un divorzio tardivo, Einaudi, Torino 1996, 1998, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1998, pp. XIV + 386.
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Classici
- Mose' Maimonide, La guida dei perplessi, Utet, Torino 2003, De Agostini, Novara 2013, pp. 814.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4699 del 30 dicembre 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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