[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 673



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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 673 del 29 dicembre 2022

In questo numero:
1. Non solo gli appelli, ma l'azione nonviolenta contro la guerra e tutte le uccisioni
2. L'Associazione "Respirare" di Viterbo aderisce all'appello recante "Sette proposte per estendere ed intensificare la mobilitazione per la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier"
3. Ripetiamo ancora una volta...
4. Annamaria Rivera: Memorie ribelli. Le radici e le ali
5. Annamaria Rivera: Il sistema razzismo

1. L'ORA. NON SOLO GLi APPELLI, MA L'AZIONE NONVIOLENTA CONTRO LA GUERRA E TUTTE LE UCCISIONI

Il governo russo aggressore, quello ucraino, quelli dei paesi dell'Unione Europea e quello degli Stati Uniti d'America stanno tutti scelleratamente cooperando da dieci mesi alla guerra il cui concreto, atroce esito e' lo sterminio della popolazione ucraina inerme e innocente.
Nessuno di questi governi sembra intenzionato a far cessare le stragi.
Siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per fermare la guerra e tutte le uccisioni.
Siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per imporre ai governi folli e assassini la pace che salva le vite.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

2. APPELLI. L'ASSOCIAZIONE "RESPIRARE" DI VITERBO ADERISCE ALL'APPELLO RECANTE "SETTE PROPOSTE PER ESTENDERE ED INTENSIFICARE LA MOBILITAZIONE PER LA GRAZIA CHE RESTITUISCA LA LIBERTA' A LEONARD PELTIER"

L'associazione "Respirare" di Viterbo aderisce all'appello recante "Sette proposte per estendere ed intensificare la mobilitazione per la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier".
Leonard Peltier e' l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente che da 47 anni e' detenuto innocente, condannato per crimini che non ha commesso in un processo-farsa basato su cosiddette "prove" e su cosiddette "testimonianze" dimostratesi false, come hanno successivamente riconosciuto gli stessi accusatori e giudici.
La sua liberazione e' stata chiesta da personalita' come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama, papa Francesco.
Milioni di persone ed autorevoli istituzioni di tutto il mondo chiedono al Presidente degli Stati Uniti d'America di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Alleghiamo in calce il testo integrale dell'appello.
L'associazione "Respirare" di Viterbo
Viterbo, 18 dicembre 2022
L'associazione e' stata promossa nel 2009 a Viterbo da associazioni e movimenti ecopacifisti e nonviolenti, per il diritto alla salute e la difesa dell'ambiente.
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Allegato: testo integrale dell'appello "Sette proposte per estendere ed intensificare la mobilitazione per la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier"
Carissime e carissimi,
vi proponiamo sette iniziative per estendere ed intensificare la mobilitazione per la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Il momento e' questo: in questo torno di tempo infatti sia negli Stati Uniti che a livello internazionale sta crescendo la mobilitazione, ottenendo nuove, ampie e rilevanti adesioni che possono finalmente trovare ascolto alla Casa Bianca, nelle cui mani e' il potere di restituire la liberta' a Leonard Peltier attraverso la concessione della grazia presidenziale.
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1. Scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America
La prima: scrivere a Biden e diffondere quanto piu' possibile la proposta di scrivere a Biden.
Di seguito una proposta di testo della lettera da inviare al Presidente degli Stati Uniti d'America recante la richiesta della grazia presidenziale per Leonard Peltier, e le istruzioni per inviarla attraverso il sito della Casa Bianca.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.
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2. Scrivere al sindaco di Roma
La seconda: scrivere al sindaco di Roma affinche' affinche' unisca la sua voce alla richiesta della liberazione di Leonard Peltier. La voce del sindaco di una delle citta' piu' importanti del mondo puo' trovare favorevole ascolto sia presso la Casa Bianca che presso l'opinione pubblica non solo italiana ma internazionale.
Indirizzi di posta elettronica cui scrivere: segreteria_cg at comune.roma.it, donato.iannone at comune.roma.it, segreteriavcgv.debernardini at comune.roma.it, giorgio.piccarreta at comune.roma.it, pietropaolo.mileti at comune.roma.it, gianluca.viggiano at comune.roma.it, caterina.cordella at comune.roma.it, segreteria.direzionegac at comune.roma.it, accesso.semplice at comune.roma.it, ld.gabinetto at comune.roma.it, mariagrazia.tretola at comune.roma.it, seg.gen at comune.roma.it, laura.dimeglio at comune.roma.it, patrizia.bernardini at comune.roma.it, eufrasia.cogliandro at comune.roma.it, vicesindaco at comune.roma.it, assessorato.bilancio at comune.roma.it, assessorato.ambiente at comune.roma.it, assessorato.rifiuti at comune.roma.it, assessoratodecentramento at comune.roma.it, assessoratopersonale at comune.roma.it, assessorato.politichesociali at comune.roma.it, assessorato.cultura at comune.roma.it, assessorato.sviluppoeconomico at comune.roma.it, assessorato.pariopportunita at comune.roma.it, assessorato.sport at comune.roma.it, assessorato.turismo at comune.roma.it, assessorato.grandieventi at comune.roma.it, assessorato.mobilita at comune.roma.it, assessoratoallascuola at comune.roma.it, assessoratolavoroformazione at comune.roma.it, assessorato.infrastrutture at comune.roma.it, assessorato.urbanistica at comune.roma.it, tiziana.marrone at comune.roma.it, assessorato.patrimoniocasa at comune.roma.it, presidenza.assembleacapitolina at comune.roma.it,
Modello di lettera:
Egregio Sindaco di Roma,
sicuramente conoscera' gia' la vicenda di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni detenuto innocente.
E sicuramente sapra' anche che la sua liberazione nel corso di quasi mezzo secolo e' stata richiesta da personalita' come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Shirin Ebadi, papa Francesco, il Dalai Lama ed innumerevoli altre.
Ricordera' anche che il compianto Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa, aveva promosso un appello per la liberazione di Leonard Peltier. E del resto il Parlamento Europeo gia' negli anni Novanta del secolo scorso aveva ripetutamente richiesto la sua liberazione.
Negli ultimi mesi due nuovi autorevoli inviti sono stati rivolti al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia che liberi l'illustre attivista nativo americano: alcuni mesi fa la commissione giuridica ad hoc dell'Onu; e lo scorso settembre con voto unanime il comitato nazionale del Partito Democratico statunitense (il partito politico cui appartiene lo stesso Presidente Biden).
Gia' lo scorso anno, su nostra sollecitazione, molti sindaci italiani (tra cui quelli di citta' importanti come Aosta, Bologna, Palermo, Pesaro...) espressero il loro sostegno alla richiesta della liberazione di Leonard Peltier.
Sarebbe di grande importanza che anche il Sindaco del Comune di Roma volesse unire la sua voce all'appello promosso da prestigiosissime personalita', innumerevoli associazioni umanitarie (prima fra tutte Amnesty International), istituzioni di tutto il mondo, affinche' il Presidente statunitense conceda la grazia che restituisca la liberta' a un uomo innocente che e' ormai per l'umanita' intera testimone e simbolo della lotta per i diritti umani e dei popoli e per la difesa della Madre Terra.
Per tutto quanto precede siamo quindi a pregarla di voler anche lei richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
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3. Scrivere alle ed ai parlamentari italiani
La terza: scrivere alle ed ai parlamentari italiani affinche' uniscano la loro voce alla richiesta della liberazione di Leonard Peltier.
Gli indirizzi di posta elettronica delle e dei parlamentari sono disponibili nel sito del Senato e della Camera (www.senato.it e www.camera.it).
Modello di lettera:
Egregie senatrici, egregi senatori,
Egregie deputate, egregi deputati,
conoscete gia' la vicenda di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni detenuto innocente.
E sapete anche che la sua liberazione nel corso di quasi mezzo secolo e' stata richiesta da personalita' come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Shirin Ebadi, papa Francesco, il Dalai Lama ed innumerevoli altre.
Ricorderete anche che il compianto Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa, aveva promosso un appello per la liberazione di Leonard Peltier. E del resto il Parlamento Europeo gia' negli anni Novanta del secolo scorso aveva ripetutamente richiesto la sua liberazione.
Negli ultimi mesi due nuovi autorevoli inviti sono stati rivolti al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia che liberi l'illustre attivista nativo americano: alcuni mesi fa la commissione giuridica ad hoc dell'Onu; e lo scorso settembre con voto unanime il comitato nazionale del Partito Democratico statunitense (il partito politico cui appartiene lo stesso Presidente Biden).
Sarebbe di grande importanza che anche il Parlamento italiano volesse unire la sua voce all'appello promosso da prestigiosissime personalita', innumerevoli associazioni umanitarie (prima fra tutte Amnesty International), istituzioni di tutto il mondo, affinche' il Presidente statunitense conceda la grazia che restituisca la liberta' a un uomo innocente che e' ormai per l'umanita' intera testimone e simbolo della lotta per i diritti umani e dei popoli e per la difesa della Madre Terra.
Per tutto quanto precede siamo quindi a pregarvi di un vostro autorevole impegno a richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
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4. Scrivere alle ed ai parlamentari italiani che siedono nel Parlamento Europeo
La quarta: scrivere alle ed ai parlamentari italiani che siedono nel Parlamento Europeo affinche' uniscano la loro voce alla richiesta della liberazione di Leonard Peltier, proseguendo nell'impegno gia' espresso dal Parlamento Europeo nel 1994 e nel 1999 e rinnovato nel 2021 dal compianto Presidente David Sassoli.
Gli indirizzi di posta elettronica delle e dei parlamentari europei sono disponibili nel sito del Parlamento Europeo (www.europarl.europa.eu).
Modello di lettera:
Egregie ed egregi parlamentari europei,
conoscete gia' la vicenda di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni detenuto innocente.
E sapete anche che la sua liberazione nel corso di quasi mezzo secolo e' stata richiesta da personalita' come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Shirin Ebadi, papa Francesco, il Dalai Lama ed innumerevoli altre.
Ricorderete anche che il compianto Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa, aveva promosso un appello per la liberazione di Leonard Peltier. E del resto il Parlamento Europeo gia' negli anni Novanta del secolo scorso aveva ripetutamente richiesto la sua liberazione.
Negli ultimi mesi due nuovi autorevoli inviti sono stati rivolti al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia che liberi l'illustre attivista nativo americano: alcuni mesi fa la commissione giuridica ad hoc dell'Onu; e lo scorso settembre con voto unanime il comitato nazionale del Partito Democratico statunitense (il partito politico cui appartiene lo stesso Presidente Biden).
Sarebbe di grande importanza che anche il Parlamento Europeo volesse ancora una volta unire la sua voce all'appello promosso da prestigiosissime personalita', innumerevoli associazioni umanitarie (prima fra tutte Amnesty International), istituzioni di tutto il mondo, affinche' il Presidente statunitense conceda la grazia che restituisca la liberta' a un uomo innocente che e' ormai per l'umanita' intera testimone e simbolo della lotta per i diritti umani e dei popoli e per la difesa della Madre Terra.
Per tutto quanto precede siamo quindi a pregarvi di un vostro autorevole impegno a richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
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5. Scrivere all'"International Leonard Peltier Defense Committee"
La quinta: scrivere all'"International Leonard Peltier Defense Committee" per far sentire direttamente la nostra solidarieta' a chi e' piu' vicino a Leonard Peltier e coordina la mobilitazione per la sua liberazione
Per contatti diretti con l'"International Leonard Peltier Defense Committee": sito: wwww.whoisleonardpeltier.info, e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info, recapiti telefonici: Carol Gokee, International Leonard Peltier Defense Committee, 715-209-4453; Jean Roach, International Leonard Peltier Defense Committee, 605-415-3127; Kevin Sharp, former Federal District Court Judge & Peltier's lead attorney, 615-434-7001.
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6. Scrivere direttamente a Leonard Peltier
La sesta: scrivere direttamente a Leonard Peltier.
L'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521.
Possono essere inviate solo lettere postali.
Ovviamente le lettere devono essere adeguate alla situazione. Possono bastare anche poche parole.
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7. Costruire una rete italiana di solidarieta' con Leonard Peltier
La settima: costruire una rete italiana di solidarieta' con Leonard Peltier.
Ovviamente una rete senza gerarchie o primazie, policentrica e plurale, in cui possano impegnarsi insieme persone provenienti da tutte le culture, le esperienze e le tradizioni.
Una rete di persone e realta' che si prefigga ad esempio di:
a) partecipare a iniziative comuni;
b) promuovere iniziative proprie, locali e non solo;
c) premere nonviolentemente sui media, locali e non solo, affinche' diano notizia della vicenda di Leonard Peltier e delle iniziative per la sua liberazione;
d) premere nonviolentemente sulle rappresentanze democratiche (istituzioni, associazioni, forze politiche e sindacali, esperienze della cultura e della solidarieta'...), locali e non solo, affinche' si impegnino per la liberazione di Leonard Peltier.
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E' ovvio che tutte le iniziative che proponiamo devono essere rigorosamente nonviolente, coerentemente con il fine dell'iniziativa: ottenere la grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Se necessaria, varia documentazione utile, in inglese e in italiano, puo' essere richiesta scrivendo al nostro indirizzo di posta elettronica: centropacevt at gmail.com
Ringraziandovi fin d'ora per l'attenzione e l'impegno, un forte abbraccio dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 9 dicembre 2022
Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Piu' specificamente: dal giugno 2021 il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" ha lavorato intensamente a qualificare ed estendere la solidarieta' con Leonard Peltier in Italia (ma anche in Europa e negli Stati Uniti d'America e in Canada).
Sul piano della qualificazione della solidarieta' ha promosso molti incontri di studio e ha fatto conoscere per la prima volta in Italia molti libri il cui studio e' fondamentale per chi vuole impegnarsi per sostenere Leonard Peltier e le lotte attuali dei nativi americani.
Sul piano dell'estensione della solidarieta' ha raggiunto ripetutamente decine di migliaia di interlocutori, e raccolto migliaia di adesioni: coinvolgendo figure di grande prestigio della riflessione morale e dell'impegno civile, della scienza e delle arti, dei movimenti e delle istituzioni.
Il criterio e' stato di coinvolgere persone, associazioni ed istituzioni in grado di esercitare un'azione persuasiva nei confronti del Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
In questa iniziativa, sul versante del coinvolgimento delle istituzioni, di particolare valore e' stata l'adesione del compianto Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, quelle di molti parlamentari e parlamentari emeriti, quelle dei sindaci di vari comuni d'Italia, da Aosta a Bologna, da Palermo a Pesaro.

3. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

4. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: MEMORIE RIBELLI. LE RADICI E LE ALI
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente intervento del 27 luglio 2022]

E' arduo scrivere di "assi culturali del Sessantotto" nel caso di un movimento dal carattere alquanto magmatico e variegato; pur se, di certo, transnazionale, caratterizzato da contenuti e rivendicazioni, stili e tendenze analoghi, da una parte all'altra del mondo. Basta citare l'antifascismo e l'internazionalismo, lo spirito cosmopolita e libertario, nonche' il gusto del sovvertimento ironico: quest'ultimo, eredita' del situazionismo, implicita o forse inconsapevole.
Per questa ragione, piuttosto che azzardarmi a discettare dei suoi assi culturali, preferisco partire dalla mia esperienza, quella di un Sessantotto pendolare, svolto nell'Universita' di Bari, cui ero iscritta, e nel contempo a Taranto (la mia citta' natale, ove a quel tempo risiedevo). Qui, non essendovi allora un'universita', il movimento si sviluppo' nelle scuole medie superiori: la parte piu' attiva era costituita, non per caso, dagli studenti di un istituto tecnico-industriale, in gran parte figli di proletari.
Oggi mi chiedo come potessi sostenere un attivismo cosi' frenetico, in due citta' diverse; e con il corollario di denunce, attacchi della polizia, notti in Questura, scioperi della fame per protesta contro la repressione... Una delle risposte possibili e' che il Sessantotto ando' ben oltre la politica intesa quale sfera separata, per caratterizzarsi come attivismo collettivo permanente, che includeva la sfera quotidiana ed esistenziale, nonche' la solidarieta' reciproca e la convivialita'. Fu anche grazie a queste due pratiche che io, da pendolare dotata di scarse risorse economiche, potevo procurarmi il pane quotidiano quand'ero a Bari.
Com'e' ben risaputo, il Sessantotto fu il frutto di una lunga gestazione, sul versante giovanile, culturale e contro-culturale, nonche' su quello delle lotte della classe operaia. Nella variante italiana, rappresento' l'apice di un processo di radicalizzazione politica che esordi' almeno nel 1960, con l'ampia protesta  antifascista dei "ragazzi con le magliette a strisce", seguita due anni dopo dalla rivolta operaia di piazza Statuto, a Torino. Non fosse altro che per questi antecedenti, esso non e' riducibile a sola rivoluzione dei costumi, della mentalita', dello stile, del linguaggio.
Meno che mai e' sostenibile la tesi dei sessantottini "figli di papa'", formulata da Pasolini in versi scritti dopo gli scontri di Valle Giulia e divenuta un luogo comune tuttora in voga.  In realta', in Italia (come in Francia e altrove) buona parte degli studenti e delle studentesse che "fecero" il Sessantotto apparteneva a famiglie operaie o piccolo-borghesi: era la prima generazione ad aver accesso all'universita' o addirittura alla scuola media superiore.
Quel cliche' si diffuse quasi ovunque, se e' vero che, a proposito dell'ampia e dura rivolta statunitense contro la guerra in Vietnam, il giornalista e scrittore Marc Kurlansky dove' puntualizzare, nel suo libro sul Sessantotto, che non si trattava certo "di ragazzi viziati e privilegiati che cercavano di evitare il servizio militare, come si tentava di etichettare chi partecipava al movimento" (1968. L'anno che ha fatto saltare il mondo, Mondadori, Milano 2004: 24; ed. or. 1968).
Ho fatto cenno alla controcultura poiche', anche nel caso italiano, essa contribui' in qualche misura alla gestazione del movimento o almeno alla formazione intellettuale di non poche/i attiviste/i. Lo affermo anche per esperienza personale. Ben prima del Sessantotto - quando facevo parte di uno dei tanti comitati contro la guerra in Vietnam -, fra le mie letture v'erano Allen Ginsberg e altri poeti della beat generation, alcuni dei quali sarebbero scomparsi o usciti di scena prima o all'esordio di quell'anno fatale.
Allorche', nel 1965, la Mondadori pubblico' la raccolta di poesie di Ginsberg, Jukebox all'idrogeno, mi precipitai a comprarla. Non ero certo l'unica ammiratrice del poeta: risoluto oppositore della guerra in Vietnam e difensore dei diritti dei gay, egli era un idolo da una parte all'altra del mondo, dove veniva osannato da giovani libertari e libertarie, ma anche fermato e poi respinto dalle polizie di non pochi Paesi.
Partito per Cuba agli inizi del 1965, con molto entusiasmo e aspettative, ne fu espulso verso la Cecoslovacchia per aver pubblicamente denunciato la persecuzione degli omosessuali. Da qui si reco' a Mosca e a Varsavia, per poi tornare a Praga. In questa citta', il primo maggio di quello stesso anno, fu accolto con tutti gli onori da studenti e studentesse universitari/e e partecipo' al Festival di maggio: volutamente alternativo alla liturgia ufficiale del regime e costituito da una sfilata nonche' da un insieme di musica, performance, letture. Qui Ginsberg fu incoronato Re di maggio e, durante il discorso di ringraziamento, dedico' la sua corona a Franz Kafka. Poco dopo fu arrestato dalla polizia, tenuto in isolamento, infine espulso dal Paese. Non gli ando' molto meglio allorche' ritorno' negli Stati Uniti: come ricorda il gia' citato Kurlansky (2004: 52), fu subito inserito dall'Fbi in una lista di persone "pericolose per la sicurezza".
Mi sono soffermata su Allen Ginsberg per sottolineare quanto fossero meritate la sua notorieta' e l'ammirazione da parte della "generazione ribelle": il suo impegno politico fu limpido, costante, coerente, piu' che nel caso di Jack Kerouac e di altri della beat generation.
Poco piu' tardi avrei scoperto (al pari di tante/i) le opere della Teoria critica (Kritische Theorie) francofortese, da Dialettica dell'illuminismo di Horkheimer e Adorno (Einaudi, 1966), a Eros e civilta' e L'uomo a una dimensione di Marcuse (anch'essi pubblicati da Einaudi, rispettivamente nel 1964 e nel 1967). Per non dire di Minima Moralia dello stesso Adorno (comparso in edizione italiana gia' nel 1954), che tuttora resta il mio "libro da comodino": una sorta di bibbia laica di cui sono solita rileggere qualche aforisma prima di addormentarmi.
Per parlare di pubblicazioni meno impegnative, ricordo che nel 1965 usci' Linus, del quale sarei diventata lettrice fedele e appassionata, al pari di un buon numero fra coloro che avrebbero "fatto" il Sessantotto: il movimento amo' non poco le bandes dessinees, non solo in Francia, pure in Italia e altrove.
Conviene accennare anche al ruolo che ebbe la musica nella formazione mia e di tanti/e sessantottini/e: dal rock alla canzone folk statunitense, dai cantautori italiani impegnati fino al canto sociale, tradizionale o “rivisitato”. A tal proposito basta citare l’eredita' di Cantacronache, nato a Torino nel 1957 e finito nel 1963: oltre a sviluppare la ricerca etno-musicologica, produsse quelle canzoni "politiche" che avremmo cantato nel corso del Sessantotto e ben oltre. Sulla stessa scia nacque poi a Milano, nel 1962, il Nuovo Canzoniere Italiano, cui si deve la riscoperta, la riproposta e la diffusione di molti canti tradizionali, di lavoro e di protesta. Tutto cio' ha rappresentato per me (e non solo) una lunga passione, talche' tuttora faccio parte del Comitato scientifico dell'Istituto Ernesto de Martino ("Per la conoscenza critica e la presenza alternativa del mondo popolare e proletario").
Com'e' ben noto, nella fase di gestazione del movimento, un ruolo assai importante ebbero anche riviste alternative quali Quaderni Rossi (1961-'66), Quaderni Piacentini (1962-1984), Nuovo Impegno (1965-1977), nonche' Quindici, del Gruppo '63, che, sebbene di vita breve (1967-'69), riusci' ad avere una redazione anche a Taranto.
Per cio' che mi riguarda, tra quelle che leggevo abitualmente, dove' essere soprattutto La Sinistra a contribuire alla mia formazione politica terzomondista, guevarista, libertaria. Sicche' quando fu annunciata l'invasione di Praga da parte dei carri armati sovietici (nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1968), io e altre/i del primo nucleo del movimento studentesco tarantino abbandonammo definitivamente la sede politica che eravamo soliti frequentare: quella dello Psiup, partito che appoggio' l'invasione.
Mi sono chiesta piu' volte, nel corso del tempo, come facessi, con le scarse risorse di cui disponevo, ad acquistare libri, riviste, giornali. Una delle risposte l'ho trovata nel saggio A Sud del Sessantotto. Cronache della "contestazione" a Taranto, 1968-1978 (Samarcanda Editrice, 1988) a opera di Roberto Nistri, storico e filosofo. Egli scrive che il gruppo di giovani (lui stesso ne faceva parte, cosi' come mia sorella Paola, morta prematuramente) che avrebbero costituito il primo nucleo del movimento studentesco tarantino frequentava assiduamente l'edicola di un noto psiuppino, per leggere gratuitamente Quindici, La Sinistra, Linus e altre riviste.
Un ruolo importante rispetto alla produzione e formazione culturale di quegli anni ebbero tre case editrici baresi. Dagli esordi del 1968 (e fino al 1987) la Dedalo pubblico' l'edizione italiana della Monthly Review, la rivista internazionale, d'ispirazione marxista, fondata nel 1948 da Paul M. Sweezy e  Paul A. Baran. Piu' tardi, nel 1971, la medesima casa editrice avrebbe inaugurato una collana ch'era la versione italiana della Monthly Review Press. Nello stesso 1968 la De Donato dava alle stampe il volume Dutschke a Praga, che raccoglieva saggi e interviste di Rudi il Rosso e, ad aprile di quell'anno, la Laterza pubblicava Documenti della rivolta universitaria ("a cura del Movimento studentesco"), volume che raccoglieva materiali scaturiti dalle occupazioni universitarie di varie citta', ma non di Bari.
Com'e' ovvio, non fu solo la formazione politico-intellettuale, quella da autodidatta, a decidere del mio impegno prima, durante e dopo il Sessantotto. Per cio' che riguarda, in particolare, il mio duplice attivismo sessantottino, un ruolo di rilievo ebbe anche la mia condizione sociale liminale e l'esperienza diretta di cosa fosse la "scuola di classe", oltre che lo spirito ribelle, anticonformista, femminista.
Quanto al movimento neo-femminista (come sarebbe corretto nominarlo), alla sua nascita contribuirono, certo, anche i contenuti dirompenti espressi dal Sessantotto, ma pure le sue contraddizioni: esso sembrava promettere l'uguaglianza tra i generi e la liberazione dal patriarcato e dal sessismo, ma nelle pratiche e nelle relazioni quotidiane questi valori furono spesso traditi. Tuttavia, non si puo' affermare che il neo-femminismo sia stato una filiazione diretta dell'insorgenza studentesca; se mai, figlio dello stesso contesto storico e della medesima temperie. Basta dire che Demau (Demistificazione Autoritarismo), il primo collettivo femminista, nacque a Milano nel 1966.
Nondimeno, l'attivismo sessantottino nonche' la militanza nei gruppi della Nuova sinistra furono, in positivo, ma anche in negativo, tra le spinte che contribuirono alla nascita del femminismo quale movimento di massa (cio' accadde tra il 1973 e il 1975). E a proposito della Nuova sinistra: essa non sempre riusci' a sottrarsi a ideologismi e dogmatismi, per non dire che spesso le donne vi erano relegate nel ruolo di "angeli del ciclostile", come si disse allora. Non per caso, uno degli slogan femministi piu' gridati sarebbe diventato: "Compagni nelle piazze, fascisti nella vita / con questa ambiguita' facciamola finita".
In realta', inizialmente le tematiche femministe trovarono scarsa accoglienza (per non dire ostilita') presso la vecchia e la Nuova sinistra. Una delle ragioni teorico-politiche e' data, a mio parere, dal fatto che la lettura del marxismo in chiave tendenzialmente economicistica inducesse a considerare come irrilevante o secondario il tema della liberazione delle donne. Ma v'erano moventi ben piu' ignobili: quelli che spinsero la parte maschile di taluni gruppi "extraparlamentari" a mobilitare i propri servizi d'ordine contro il movimento delle donne.
Quanto a me, fu anche in virtu' dell'intensa esperienza nel corso del 1968 che piu' tardi partecipai attivamente al movimento femminista; e cio' mentre, nel contempo, ero impegnata - non gia' da "angelo del ciclostile" - in un gruppo della Nuova sinistra, ben radicato nell'intero contesto pugliese e non ostile al femminismo.
Ricordo, a tal proposito, che in Puglia, verso la meta' degli anni Settanta, in tutte le citta' capoluogo e perfino in piccoli centri, sorsero collettivi femministi, che poi avrebbero costituito un coordinamento regionale. A Bari io e altre fondammo il Collettivo "Donne in lotta", che piu' tardi sarebbe entrato a far parte anche di una rete nazionale di collettivi consimili. A contraddistinguerla erano non solo la rottura con l'emancipazionismo alla maniera dell'Udi nonche' la presa di distanza dal "pensiero della differenza", ma anche il tentativo di coniugare il femminismo col marxismo, con la pretesa di superarne i limiti: analogamente alle femministe materialiste francesi, quali le sociologhe Christine Delphy e Colette Guillaumin, che si richiamavano, a loro volta, a Simone de Beauvoir.
A tal proposito ricordo en passant che il suo decisivo Il secondo sesso, comparso per la prima volta in Francia nel 1949, in Italia sara' tradotto e pubblicato (dal Saggiatore) ben dodici anni piu' tardi, nel 1961, per essere poi riscoperto dalle femministe degli anni Settanta.
Al pari del Sessantotto, il neo-femminismo italiano fu in qualche misura influenzato anche dalla cultura radical statunitense. Basta dire che la pratica dell'autocoscienza (consciusness-raising), inaugurata giusto nel 1968 dalle femministe del New York Radical Women, fu poi "importata" in Italia da Serena Castaldi, che faceva parte del collettivo Anabasi. Si considerino, inoltre, le suggestioni provenienti non solo dai movimenti anticolonialisti, ma pure dal Black Power: lo stesso "Donna e' bello", slogan del movimento femminista anche italiano, sembra mutuato da "Black is beautiful".
Per non dire dell'importanza che ebbero saggi quali La mistica della femminilita' di Betty Friedan, comparso negli Stati Uniti nel 1963 e tradotto in italiano appena un anno dopo; nonche' La dialettica dei sessi di Shulamith Firestone, attivista del gia' citato New York Radical Women, pubblicato negli Stati Uniti nel 1970 (con il sottotitolo di The Case for Feminist Revolution) e in Italia l'anno seguente (con il sottotitolo di Autoritarismo maschile e societa' tardo-capitalistica).
Un'altra rapida notazione: a ripensarci ora, retrospettivamente, anche il metodo dell'inchiesta e della con-ricerca praticato nel corso degli anni Sessanta, poi fatto proprio da alcuni gruppi della Nuova sinistra (compreso quello cui appartenevo), dove' in qualche misura influenzare la mia scelta dell'antropologia: che avrei insegnato per alcuni decenni in quella stessa Facolta' di Lettere e Filosofia che era stata teatro dell'insorgenza sessantottina.
Infine: oso pensare che, pur in un tempo politico cosi' nefasto, il nostro impegno abbia lasciato delle tracce. Ne ritrovo alcune nel movimento femminista di Non una di meno. E penso che uno dei suoi meriti, fra i tanti, sia quello di aver saputo integrare generazioni diverse di femministe nonche' l'attivismo lgbtq. Un altro dei suoi pregi - una novita' rispetto al "nostro" femminismo - e' d'aver tematizzato l'intersezionalita' fra sessismo, razzismo e specismo.

5. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: IL SISTEMA RAZZISMO
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente intervento dell'11 luglio 2022]

Per definire e analizzare il razzismo e' necessario anzitutto sbarazzarsi della categoria di "razza", da cui pure deriva l'etimologia del termine. Questa categoria, con cui si pretende di descrivere e gerarchizzare i gruppi umani sulla base del biologico, e' stata criticata e ormai abbandonata sia dalle scienze sociali, sia da quelle naturali.
I biologi hanno dimostrato, fra l'altro, che la distanza genetica media fra due individui e' pressappoco pari a quella che separa due supposte razze. Tuttavia, la dimostrazione dell'infondatezza della "razza" non ha mai interdetto e tuttora non interdice che certe collettivita' siano percepite, categorizzate, trattate quasi fossero "razze".
E le "razze" s'inventano. Come insegna la lunga e tragica storia dell'antisemitismo, qualunque gruppo umano puo' essere razzizzato, indipendentemente dalle sue peculiarita' fenotipiche e perfino culturali e sociali. Lo stigma della razza e', infatti, l'esito di un processo sociale di etichettamento: in definitiva, tutte le "razze" sono inventate.
La differenza "di colore" non c'entra niente. Gli italiani emigrati negli Stati Uniti, in Germania, in Svizzera, in Francia ecc. erano considerati individui di razza diversa: disprezzati e trattati piu' o meno come oggi sono trattate le persone di origine immigrata. A New Orleans nel 1891 furono linciati undici italiani, quasi tutti siciliani, accusati di aver ucciso il capo della polizia urbana, cosa palesemente falsa. Ad Aigues-Mortes, in Francia, nell'agosto del 1893, furono uccise decine di lavoratori italiani che erano li', nelle saline, per la raccolta stagionale del sale. E il razzismo anti-italiani si e' perpetuato fino ad anni recenti.
Gli ebrei, che furono sterminati a milioni nei lager nazisti, non erano certo neri ed erano di nazionalita' e culture analoghe a quelle del resto degli europei.
A dimostrare cio' che dico, basta pensare agli albanesi. A partire dai primi anni '90 ci furono massicci esodi di albanesi verso l'Italia. E l'albanese divento' il bersaglio d'insulti e atti razzisti. Ogni volta che si verificava un fatto di cronaca nera, uno stupro, un omicidio, ecc., si additava come colpevole qualche albanese; al punto che "albanese" fini' per diventare un insulto abituale che si scambiavano perfino i bambini.
L'8 agosto 1991, approdarono nel porto di Bari, sulla nave Vlora, 20mila profughi albanesi, che dapprima furono accolti dalla popolazione con una certa solidarieta'. Ma intanto si era avviata la macchina della propaganda politica e mediatica contro di loro e l'orientamento del governo italiano si era assai indurito. Cosi' che i profughi furono rinchiusi in massa nel vecchio Stadio della Vittoria e trattati come animali in gabbia, per essere poi rimpatriati con l'inganno.
Non solo. Gli albanesi sono stati anche vittime di una strage. Ricordo che nella notte fra il 28 e il 29 marzo del 1997, una carretta del mare, carica di profughi albanesi fu speronata e affondata da una corvetta della marina militare italiana, la Sibilla. Morirono annegate piu' di cento persone, in maggioranza donne e bambini.
Cio' detto, come si potrebbe definire il razzismo? Io propongo questa definizione: e' un sistema d'idee, discorsi, rappresentazioni e pratiche sociali, che attribuisce a gruppi umani e agli individui che ne fanno parte differenze essenziali, generalizzate, definitive, allo scopo di legittimare pratiche di stigmatizzazione, discriminazione, segregazione, esclusione, perfino sterminio.
Conviene aggiungere che alle collettivita' definite come radicalmente differenti di solito e' negato il diritto di autodefinirsi.
Il razzismo, quindi, ha bersagli diversi secondo i periodi e le circostanze storiche. Per esempio, il fatto che l'Italia sia stata un paese fascista e colonialista conta molto nel razzismo attuale verso le persone immigrate o solo di origine immigrata. Si consideri, inoltre, che secondo sondaggi successivi, l'Italia s'illustra anche per antiziganismo: l'82% del campione intervistato esprime ostilita', odio o paura per la presenza di appena 180mila "zingari".
Il razzismo e' anche il risultato di un circolo vizioso. Diventa sistemico e abituale, quando e' direttamente o indirettamente incoraggiato o perfino praticato dalle istituzioni e da mezzi di comunicazione. Quando l'intolleranza verso determinati gruppi o minoranze, diffusa nella societa', e' legittimata dalle istituzioni, anche europee, e dagli apparati dello Stato, nonche' dalla propaganda e da una parte del sistema dell'informazione, e' allora che s'innesca tale circolo vizioso.
E' un circolo vizioso micidiale. Basta considerare lo stato di abbandono nel quale sono gettati numerosi richiedenti-asilo, che pure dovrebbero essere oggetto di protezione particolare: di fatto privati perfino del diritto di sfamarsi e di avere un tetto sulla testa, in molti casi vanno a raggiungere la schiera dei senza-dimora, cosa che a sua volta fa gridare allo scandalo i difensori del decoro urbano e diviene pretesto per leggi e ordinanze persecutorie e liberticide, e per campagne allarmistiche intorno al tema dell'insicurezza, uno dei piu' insistenti nel discorso pubblico.
Conviene aggiungere che il sistema-razzismo e' sempre sorretto sia da un apparato di leggi, norme, procedure, che hanno per effetto di inferiorizzare, discriminare, segregare, escludere migranti, rifugiati e minoranze; sia da dispositivi simbolici, comunicativi, linguistici, che sono in grado di agire direttamente sul sociale, producendo e riproducendo discriminazioni e ineguaglianze.
Parlare delle tante leggi che discriminano le persone immigrate e rifugiate sarebbe troppo lungo.
Percio' facciamo solo un esempio relativamente recente: la criminalizzazione da parte delle istituzioni italiane non solo delle ONG che praticano ricerca e soccorso in mare, ma pure di chiunque, anche individualmente, compia gesti di solidarieta' verso i profughi. E' indubbio che un tale luminoso esempio dall'alto non faccia che incoraggiare e legittimare intolleranza e razzismo "dal basso" (per cosi' dire).
Pensate ai tanti episodi di barricate contro l'arrivo di richiedenti-asilo, ma anche alle sempre piu' numerose rivolte nei quartieri popolari, soprattutto romani, contro l'assegnazione di case popolari a famiglie non perfettamente "bianche". In questi casi l'ingannevole formula della "guerra tra poveri" non potrebbe essere piu' assurda, visto che spesso, a istigare e guidare tali rivolte, sono militanti di Forza Nuova o CasaPound. Qui il circolo vizioso arriva fino al rafforzamento e legittimazione, pur implicita o involontaria, della destra neofascista.
La tendenza a costruire una comunita' razzista (secondo l'espressione del filosofo Etienne Balibar) si accentua quando il senso civico e' debole e le relazioni sociali basate sulla reciprocita' e sulla solidarieta' si sono inaridite, quando prevale la cultura dell'individualismo, dell'egoismo, del cinismo collettivi, quando le rivendicazioni sociali e i conflitti di classe (come si diceva un tempo) non hanno piu' lingua e forme in cui esprimersi.

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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 673 del 29 dicembre 2022
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