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[Nonviolenza] Telegrammi. 4550
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 4550
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Mon, 1 Aug 2022 17:09:25 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4550 del 2 agosto 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Una lettera alle compagne e ai compagni dell'Usb, nell'impossibilita' di partecipare il primo agosto a Viterbo alla commemorazione delle persone uccise dallo sfruttamento
2. Guenther Anders: Tesi sull'eta' atomica
3. Tre tesi
4. Ripetiamo ancora una volta...
5. James Lovelock
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
1. MEMORIA. UNA LETTERA ALLE COMPAGNE E AI COMPAGNI DELL'USB, NELL'IMPOSSIBILITA' DI PARTECIPARE IL PRIMO AGOSTO A VITERBO ALLA COMMEMORAZIONE DELLE PERSONE UCCISE DALLO SFRUTTAMENTO
Carissimo Luca,
carissime compagne e carissimi compagni dell'Usb di Viterbo,
mi e' impossibile questo primo agosto partecipare alla commemorazione delle persone uccise dallo sfruttamento che come ogni anno organizzate a Viterbo ed alla quale negli scorsi anni ho sempre preso parte.
Purtroppo un impegno che non posso disattendere mi impedisce di essere presente.
Ma anche se saro' fisicamente assente, con queste poche righe vorrei esprimervi la mia solidarieta'.
*
L'ecatombe dei morti sul lavoro in questi anni, in questi mesi, in queste settimane, in questi giorni, e' tale che soltanto la feroce cecita' e la criminale complicita' dei potenti impedisce che si prendano i provvedimenti necessari ed urgenti per proteggere tante vite umane: sono i provvedimenti per cui il movimento operaio e contadino lotta da secoli, e che la Costituzione della Repubblica italiala nata dalla Resistenza antifascista enuncia con chiarezza: ogni essere umano ha diritto alla vita e alla salute, alla dignita' e alla solidarieta', al rispetto e all'assistenza.
Se la strage continua e' perche' ancora domina il regime della violenza, dell'ingiustizia e della sopraffazione che al fine di massimizzare il profitto dei rapinatori sacrifica innumerevoli vite umane con glaciale brutalita'.
E alle vittime del regime dello sfruttamento si aggiungono le vittime del razzismo: la morte di Alika Ogochukwu a Civitanova Marche e' l'ennesimo orrore che sia giunge a tanti altri orrori; e si aggiunge alla strage degli innocenti nel Mediterraneo, all'apartheid e allo schiavismo in Italia.
E alle vittime del regime dello sfruttamento e a quelle del razzismo, si aggiungono le vittime dei femminicidi: la violenza maschilista sbrana esseri umani con un ritmo infernale.
E a tutte queste vittime si aggiungono quelle delle guerre in corso; quelle delle dittature; quelle della catastrofe ambientale frutto di un modo di produzione che accumula capitale distruggendo vite umane e biosfera.
Tutto si tiene: lo sfruttamento schiavista della forza-lavoro, la riduzione a "scarti" di tanta parte dell'umanita' (e' la formulazione e l'analisi di Zygmunt Bauman costantemente ripresa anche da papa Bergoglio), il razzismo, il maschilismo, la guerra, la devastazione del mondo vivente: a tutto questo orrore occorre resistere. Resistere per difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani; resistere per difendere quest'unico mondo vivente unica casa comune dell'umanita' intera.
Occorre che le oppresse e gli oppressi resistano e costruiscano solidarieta'.
Occorre che le oppresse e gli oppressi resistano e contrastino questa immensa mole di male, questo abisso di ingiustizia e violenza.
Occorre che le oppresse e gli oppressi resistano e con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza si oppongano alla logica e alla prassi onnidivoratrice ed onnidistruttiva dei poteri dominanti.
Occorre resistere allo sfruttamento e alla rapina dei beni comuni.
Occorre resistere all'ideologia, alla prassi e al dominio della massimizzazione del profitto, della primazia del capitale astratto sulla nuda vita degli esseri umani, all'allucinazione ed intossicazione consumista che funge da ideologia di ricambio attraverso cui i poteri dominanti acquisiscono l'asservito consenso della parte meno schiavizzata ma piu' abbrutita delle classi subalterne; occorre resistere all'imperialismo politico, economico e culturale ed alla colonizzazione materiale e mentale (e mai come oggi le analisi di Frantz Fanon, di Franco Basaglia e di Franca Ongaro Basaglia soccorrono a chiarire lo stato del mondo ed i compiti dell'ora del movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la difesa, la liberazione e la salvezza dell'umanita').
Occorre resistere al razzismo, allo schiavismo, all'apartheid ferocemente imposti anche in Italia.
Occorre resistere al militarismo, al riarmo e alla guerra che non solo stanno sterminando popoli interi, ma minacciano ormai di distruggere l'intera umanita'.
Occorre resistere alla devastazione del mondo vivente prima che sia troppo tardi.
Occorre resistere al maschilismo, che e' la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze.
La catastrofe ambientale e la catastrofe sociale sono una stessa cosa: e nessuno meglio di Vandana Shiva, l'illustre scienziata e militante indiana, ha saputo argomentarlo in modo inconfutabile.
Mai come adesso e' l'ora di resistere.
Occorre una Resistenza morale e civile delle persone coscienti come delle classi sfruttate e dei popoli oppressi, una Resistenza nonviolenta come nelle grandi lotte di liberazione dell'umanita' guidate da Mohandas Gandhi e da Martin Luther King, da Rosa Luxemburg e da Nelson Mandela, dal movimento di liberazione delle donne che ovunque nel mondo e' alla testa e alla guida di tutte le lotte necessarie.
Occorre una Resistenza che sia insieme sindacale, sociale, culturale e politica.
Sindacale, che organizzi le classi sfruttate in difesa di tutti i diritti fondamentali.
Sociale, che contrasti ogni ingiustizia ed ogni oppressione e costruisca nel vivo della lotta l'eguaglianza di diritti di tutti gli esseri umani.
Culturale, che contrasti le menzogne del potere oppressivo e alienante e lotti per la verita', che e' il fondamento di ogni pratica di solidarieta', di responsabilita' e di liberazione.
Politica, che abbia a cuore il bene comune dell'umanita' intera e si adoperi a costruire la societa' in cui a ciascuna persona sia dato a seconda dei suoi bisogni e da ciascuna persona sia dato a seconda delle sue capacita', nella condivisione di tutto il bene e di tutti i beni.
Questa Resistenza necessaria, che e' l'antifascismo vivente, ha nome nonviolenza.
Come e' nella tradizione delle grandi lotte del movimento operaio che tutte furono eminentemente nonviolente.
Come e' nella tradizione delle grandi lotte del movimento di liberazione delle donne, che e' la corrente calda e il massimo inveramento storico della nonviolenza in cammino.
Come e' nella tradizione di Mohandas Gandhi e di Martin Luther King, di Patrice Lumumba e di Thomas Sankara, di Rosa Luxemburg e di Marinella Garcia, di Chico Mendes e di Marielle Franco, di Giacomo Matteotti e di Soumaila Sacko.
Come e' nella tradizione di Virginia Woolf e di Simone Weil, di Albert Camus e di Nelson Mandela.
L'antifascismo nitido e intransigente di Aldo Capitini, le lotte antimafia ed antifasciste ancora aggettanti verso il futuro di Danilo Dolci.
*
Carissimo Luca,
carissime compagne e carissimi compagni dell'Usb di Viterbo,
credo che l'iniziativa di oggi a Viterbo sia parte di questa doverosa lotta, di questa necessaria Resistenza; sia insieme memoria e azione, principio speranza e utopia concreta. E vi sono quindi grato di averla promossa.
Anche se non potro' essere con voi in piazza, sono con voi con tutto il cuore.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Un forte abbraccio,
Peppe
Vetralla (Vt), primo agosto 2022
2. TESTI. GUENTHER ANDERS: TESI SULL'ETA' ATOMICA
[Ancora una volta ripubblichiamo questo breve ma capitale testo di Guenther Anders. Riprendiamo il testo dall'appendice all'edizione italiana del libro di Guenther Anders, Der Mann auf der Brueke. Tagebuch aus Hiroshima und Nagasaki, apparso col titolo Essere o non essere, presso Einaudi, Torino 1961, nella traduzione di Renato Solmi (questo maestro grande e generoso che cogliamo l'occasione per salutare e ringraziare ancora una volta). Come li' si specifica, queste Tesi sull'eta' atomica sono "un testo improvvisato dall'autore dopo un dibattito sui problemi morali dell'eta' atomica organizzato da un gruppo di studenti dell'Universita' di Berlino-Ovest, e uscito nell'ottobre 1960 nella rivista 'Das Argument - Berliner Hefte fuer Politik und Kultur' - nota del traduttore".
Guenther Anders (pseudonimo di Guenther Stern, "anders" significa "altro" e fu lo pseudonimo assunto quando le riviste su cui scriveva gli chiesero di non comparire col suo vero cognome) e' nato a Breslavia nel 1902, figlio dell'illustre psicologo Wilhelm Stern, fu allievo di Husserl e si laureo' in filosofia nel 1925. Costretto all'esilio dall'avvento del nazismo, trasferitosi negli Stati Uniti d'America, visse di disparati mestieri. Tornato in Europa nel 1950, si stabili' a Vienna. E' scomparso nel 1992. Strenuamente impegnato contro la violenza del potere e particolarmente contro il riarmo atomico, e' uno dei maggiori filosofi contemporanei; e' stato il pensatore che con piu' rigore e concentrazione e tenacia ha pensato la condizione dell'umanita' nell'epoca delle armi che mettono in pericolo la sopravvivenza stessa della civilta' umana; insieme a Hannah Arendt (di cui fu coniuge), ad Hans Jonas (e ad altre e altri, certo) e' tra gli ineludibili punti di riferimento del nostro riflettere e del nostro agire. Opere di Guenther Anders: Amare, ieri. Appunti sulla storia della sensibilita', Bollati Boringhieri, Torino 2004; Brevi scritti sulla fine dell'uomo, Asterios, Trieste 2016; Discesa all'Ade, Bollati Boringhieri, Torino 2008; Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra, Milano 1990; Dopo Holocaust, 1979, Bollati Boringhieri, Torino 2014; Essere o non essere. Dario di Hiroshima e Nagasaki, Einaudi, Torino 1961; Kafka. Pro e contro, Corbo, Ferrara 1989; Il mondo dopo l'uomo. Tecnica e violenza, Mimesis, Milano-Udine 2008 (nuova edizione in diversa traduzione di Stato di necessita' e legittima difesa); La battaglia delle ciliegie. La mia storia d'amore con Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2012; La catacomba molussica, Lupetti, Milano 2008; L'odio e' antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 2006; Lo sguardo dalla torre, Mimesis, Milano-Udine 2012; L'uomo e' antiquato. I. Considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale, Il Saggiatore, Milano 1963; L'uomo e' antiquato. II. Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Noi figli di Eichmann, La Giuntina, Firenze 1995; Opinioni di un eretico, Theoria, Roma-Napoli 1991; Patologia della liberta', Palomar, Bari 1993; Stato di necessita' e legittima difesa. Violenza si' o no: una critica del pacifismo, Edizioni cultura della pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1997; Tesi sull'eta' atomica, Edizioni del Centro di ricerca per la pace, Viterbo 1991; Uomo senza mondo. Scritti sull'arte e la letteratura, Spazio Libri Editori, Ferrara 1991; Guenther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, Linea d'ombra, Milano 1992; Hannah Arendt, Guenther Stern-Anders, Le Elegie duinesi di R. M. Rilke, Asterios, Trieste 2014, 2019; Hannah Arendt - Guenther Anders, Scrivimi qualcosa di te. Lettere e documenti, Carocci, Roma 2017. In rivista testi di Anders sono stati pubblicati negli ultimi anni su "Comunita'", "Linea d'ombra", "Micromega". Opere su Guenther Anders: cfr. la bella monografia di Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther Anders, Bollati Boringhieri, Torino 2003; singoli saggi su Anders hanno scritto, tra altri, Norberto Bobbio, Goffredo Fofi, Umberto Galimberti; tra gli intellettuali italiani che sono stati in corrispondenza con lui ricordiamo Cesare Cases e Renato Solmi.
Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta, e' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]
Hiroshima come stato del mondo. Il 6 agosto 1945, giorno di Hiroshima, e' cominciata un nuova era: l'era in cui possiamo trasformare in qualunque momento ogni luogo, anzi la terra intera, in un'altra Hiroshima. Da quel giorno siamo onnipotenti modo negativo; ma potendo essere distrutti ad ogni momento, cio' significa anche che da quel giorno siamo totalmente impotenti. Indipendentemente dalla sua lunghezza e dalla sua durata, quest'epoca e' l'ultima: poiche' la sua differenza specifica, la possibilita' dell'autodistruzione del genere umano, non puo' aver fine - che con la fine stessa.
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Eta' finale e fine dei tempi. La nostra vita si definisce quindi come "dilazione"; siamo quelli-che-esistono-ancora. Questo fatto ha trasformato il problema morale fondamentale: alla domanda "Come dobbiamo vivere?" si e' sostituita quella: "Vivremo ancora?". Alla domanda del "come" c'e' - per noi che viviamo in questa proroga - una sola risposta: "Dobbiamo fare in modo che l'eta' finale, che potrebbe rovesciarsi ad ogni momento in fine dei tempi, non abbia mai fine; o che questo rovesciamento non abbia mai luogo". Poiche' crediamo alla possibilita' di una "fine dei tempi", possiamo dirci apocalittici; ma poiche' lottiamo contro l"apocalissi da noi stessi creata, siamo (e' un tipo che non c'e' mai stato finora) "nemici dell'apocalissi".
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Non armi atomiche nella situazione politica, ma azioni politiche nella situazione atomica. La tesi apparentemente plausibile che nell'attuale situazione politica ci sarebbero (fra l'altro) anche "armi atomiche", e' un inganno. Poiche' la situazione attuale e' determinata esclusivamente dall'esistenza di "armi atomiche", e' vero il contrario: che le cosiddette azioni politiche hanno luogo entro la situazione atomica.
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Non arma ma nemico. Cio' contro cui lottiamo, non e' questo o quell'avversario che potrebbe essere attaccato o liquidato con mezzi atomici, ma la situazione atomica in se'. Poiche' questo nemico e' nemico di tutti gli uomini, quelli che si sono considerati finora come nemici dovrebbero allearsi contro la minaccia comune. Organizzazioni e manifestazioni pacifiche da cui sono esclusi proprio quelli con cui si tratta di creare la pace, si risolvono in ipocrisia, presunzione compiaciuta e spreco di tempo.
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Carattere totalitario della minaccia atomica. La tesi prediletta da Jaspers fino a Strauss suona: "La minaccia totalitaria puo' essere neutralizzata solo con la minaccia della distruzione totale". E' un argomento che non regge. 1) La bomba atomica e' stata impiegata, e in una situazione in cui non c'era affatto il pericolo, per chi la impiego', di soccombere a un potere totalitario. 2) L'argomento e' un relitto dell'epoca del monopolio atomico; oggi e' un argomento suicida. 3) Lo slogan "totalitario" e' desunto da una situazione politica, che non solo e' gia' essenzialmente mutata, ma continuera' a cambiare; mentre la guerra atomica esclude ogni possibilita' di trasformazione. 4) La minaccia della guerra atomica, della distruzione totale, e' totalitaria per sua natura: poiche' vive del ricatto e trasforma la terra in un solo Lager senza uscita. Adoperare, nel preteso interesse della liberta', l'assoluta privazione della stessa, e' il non plus ultra dell'ipocrisia.
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Cio' che puo' colpire chiunque riguarda chiunque. Le nubi radioattive non badano alle pietre miliari, ai confini nazionali o alle "cortine". Cosi', nell'eta' finale, non ci sono piu' distanze. Ognuno puo' colpire chiunque ed essere colpito da chiunque. Se non vogliamo restare moralmente indietro agli effetti dei nostri prodotti (che non ci procurerebbe solo ignominia mortale, ma morte ignominiosa), dobbiamo fare in modo che l'orizzonte di cio' che ci riguarda, e cioe' l'orizzonte della nostra responsabilita', coincida con l'orizzonte entro il quale possiamo colpire o essere colpiti; e cioe' che diventi anch'esso globale. Non ci sono piu' che "vicini".
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Internazionale delle generazioni. Cio' che si tratta di ampliare, non e' solo l'orizzonte spaziale della responsabilita' per i nostri vicini, ma anche quello temporale. Poiche' le nostre azioni odierne, per esempio le esplosioni sperimentali, toccano le generazioni venture, anch'esse rientrano nell'ambito del nostro presente. Tutto cio' che e' "venturo" e' gia' qui, presso di noi, poiche' dipende da noi. C'e', oggi, un'"internazionale delle generazioni", a cui appartengono gia' anche i nostri nipoti. Sono i nostri vicini nel tempo. Se diamo fuoco alla nostra casa odierna, il fuoco si appicca anche al futuro, e con la nostra cadono anche le case non ancora costruite di quelli che non sono ancora nati. E anche i nostri antenati appartengono a questa "internazionale": poiche' con la nostra fine perirebbero anch'essi, per la seconda volta (se cosi' si puo' dire) e definitivamente. Anche adesso sono "solo stati"; ma con questa seconda morte sarebbero stati solo come se non fossero mai stati.
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Il nulla non concepito. Cio' che conferisce il massimo di pericolosita' al pericolo apocalittico in cui viviamo, e' il fatto che non siamo attrezzati alla sua stregua, che siamo incapaci di rappresentarci la catastrofe. Raffigurarci il non-essere (la morte, ad esempio, di una persona cara) e' gia' di per se' abbastanza difficile; ma e' un gioco da bambini rispetto al compito che dobbiamo assolvere come apocalittici consapevoli. Poiche' questo nostro compito non consiste solo nel rappresentarci l'inesistenza di qualcosa di particolare, in un contesto universale supposto stabile e permanente, ma nel supporre inesistente questo contesto, e cioe' il mondo stesso, o almeno il nostro mondo umano. Questa "astrazione totale" (che corrisponderebbe, sul piano del pensiero e dell'immaginazione, alla nostra capacita' di distruzione totale) trascende le forze della nostra immaginazione naturale. "Trascendenza del negativo". Ma poiche', come homines fabri, siamo capaci di tanto (siamo in grado di produrre il nulla totale), la capacita' limitata della nostra immaginazione (la nostra "ottusita'") non deve imbarazzarci. Dobbiamo (almeno) tentare di rappresentarci anche il nulla.
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Utopisti a rovescio. Ecco quindi il dilemma fondamentale della nostra epoca: "Noi siamo inferiori a noi stessi", siamo incapaci di farci un'immagine di cio' che noi stessi abbiamo fatto. In questo senso siamo "utopisti a rovescio": mentre gli utopisti non sanno produrre cio' che concepiscono, noi non sappiamo immaginare cio' che abbiamo prodotto.
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Lo "scarto prometeico". Non e' questo un fatto fra gli altri; esso definisce, invece, la situazione morale dell'uomo odierno: la frattura che divide l'uomo (o l'umanita') non passa, oggi, fra lo spirito e la carne, fra il dovere e l'inclinazione, ma fra la nostra capacita' produttiva e la nostra capacita' immaginativa. Lo "scarto prometeico".
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Il "sopraliminare". Questo "scarto" non divide solo immaginazione e produzione, ma anche sentimento e produzione, responsabilita' e produzione. Si puo' forse immaginare, sentire, o ci si puo' assumere la responsabilita', dell'uccisione di una persona singola; ma non di quella di centomila. Quanto piu' grande e' l'effetto possibile dell'agire, e tanto piu' e' difficile concepirlo, sentirlo e poterne rispondere; quanto piu' grande lo "scarto", tanto piu' debole il meccanismo inibitorio. Liquidare centomila persone premendo un tasto, e' infinitamente piu' facile che ammazzare una sola persona. Al "subliminare", noto dalla psicologia (lo stimolo troppo piccolo per provocare gia' una reazione), corrisponde il "sopraliminare": cio' che e' troppo grande per provocare ancora una reazione (per esempio un meccanismo inibitorio).
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La sensibilita' deforma, la fantasia e' realistica. Poiche' il nostro orizzonte vitale (l'orizzonte entro cui possiamo colpire ed essere colpiti) e l'orizzonte dei nostri effetti e' ormai illimitato, siamo tenuti, anche se questo tentativo contraddice alla "naturale ottusita'" della nostra immaginazione, a immaginare questo orizzonte illimitato. Nonostante la sua naturale insufficienza, e' solo l'immaginazione che puo' fungere da organo della verita'. In ogni caso, non e' certo la percezione. Che e' una "falsa testimone": molto, ma molto piu' falsa di quanto avesse inteso ammonire la filosofia greca. Poiche' la sensibilita' e' - per principio - miope e limitata e il suo orizzonte assurdamente ristretto. La terra promessa degli "escapisti" di oggi non e' la fantasia, ma la percezione.
Di qui il nostro (legittimo) disagio e la nostra diffidenza verso i quadri normali (dipinti, cioe', secondo la prospettiva normale): benche' realistici in senso tradizionale, sono (proprio loro) irrealistici, perche' sono in contrasto con la realta' del nostro mondo dagli orizzonti infinitamente dilatati.
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Il coraggio di aver paura. La viva "rappresentazione del nulla" non si identifica con cio' che si intende in psicologia per "rappresentazione"; ma si realizza in concreto come angoscia. Ad essere troppo piccolo, e a non corrispondere alla realta' e al grado della minaccia, e' quindi il grado della nostra angoscia. - Nulla di piu' falso della frase cara alle persone di mezza cultura, per cui vivremmo gia' nell'"epoca dell'angoscia". Questa tesi ci e' inculcata dagli agenti ideologici di coloro che temono solo che noi si possa realizzare sul serio la vera paura, adeguata al pericolo. Noi viviamo piuttosto nell'epoca della minimizzazione e dell'inettitudine all'angoscia. L'imperativo di allargare la nostra immaginazione significa quindi in concreto che dobbiamo estendere e allargare la nostra paura. Postulato: "Non aver paura della paura, abbi coraggio di aver paura. E anche quello di far paura. Fa' paura al tuo vicino come a te stesso". Va da se' che questa nostra angoscia deve essere di un tipo affatto speciale: 1) Un'angoscia senza timore, poiche' esclude la paura di quelli che potrebbero schernirci come paurosi. 2) Un'angoscia vivificante, poiche' invece di rinchiuderci nelle nostre stanze ci fa uscire sulle piazze. 3) Un'angoscia amante, che ha paura per il mondo, e non solo di cio' che potrebbe capitarci.
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Fallimento produttivo. L'imperativo di allargare la portata della nostra immaginazione e della nostra angoscia finche' corrispondano a quella di cio' che possiamo produrre e provocare, si rivelera' continuamente irrealizzabile. Non e' nemmeno detto che questi tentativi ci consentano di fare qualche passo in avanti. Ma anche in questo caso non dobbiamo lasciarci spaventare; il fallimento ripetuto non depone contro la ripetizione del tentativo. Anzi, ogni nuovo insuccesso e' salutare, poiche' ci mette in guardia contro il pericolo di continuare a produrre cio' che non possiamo immaginare.
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Trasferimento della distanza. Riassumendo cio' che si e' detto sulla "fine delle distanze" e sullo "scarto" tra le varie facolta' (e solo cosi' ci si puo' fare un'idea completa della situazione), risulta che le distanze spaziali e temporali sono state bensi' "soppresse"; ma questa soppressione e' stata pagata a caro prezzo con una nuova specie di "distanza": quella, che diventa ogni giorno piu' grande, fra la produzione e la capacita' di immaginare cio' che si produce.
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Fine del comparativo. I nostri prodotti e i loro effetti non sono solo diventati maggiori di cio' che possiamo concepire (sentire, o di cui possiamo assumerci la responsabilita'), ma anche maggiori di cio' che possiamo utilizzare sensatamente. E' noto che la nostra produzione e la nostra offerta superano spesso la nostra domanda (e ci costringono a produrre appositamente nuovi bisogni e richieste); ma la nostra offerta trascende addirittura il nostro bisogno, consiste di cose di cui non possiamo avere bisogno: cose troppo grandi in senso assoluto. Cosi' ci siamo messi nella situazione paradossale di dover addomesticare i nostri stessi prodotti; di doverli addomesticare come abbiamo addomesticato finora le forze della natura. I nostri tentativi di produrre armi cosiddette "pulite", sono senza precedenti nel loro genere: poiche' con essi cerchiamo di migliorare certi prodotti peggiorandoli, e cioe' diminuendo i loro effetti.
L'aumento dei prodotti non ha quindi piu' senso. Se il numero e gli effetti delle armi gia' oggi esistenti bastano a raggiungere il fine assurdo della distruzione del genere umano, l'aumento e miglioramento della produzione, che continuano ancora su larghissima scala, sono ancora piu' assurdi; e dimostrano che i produttori non si rendono conto, in definitiva, di che cosa hanno prodotto. Il comparativo - principio del progresso e della concorrenza - ha perduto ogni senso. Piu' morto che morto non e' possibile diventare. Distruggere meglio di quanto gia' si possa, non sara' possibile neppure in seguito.
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Richiamarsi alla competenza e' prova d'incompetenza morale. Sarebbe una leggerezza pensare (come fa, per esempio, Jaspers) che i "signori dell'apocalissi", quelli che sono responsabili delle decisioni, grazie a posizioni di potere politico o militare comunque acquisite, siano piu' di noi all'altezza di queste esigenze schiaccianti, o che sappiano immaginare l'inaudito meglio di noi, semplici "morituri"; o anche solo che siano consapevoli di doverlo fare. Assai piu' legittimo e' il sospetto: che ne siano affatto inconsapevoli. Ed essi lo provano dicendo che noi siamo incompetenti nel "campo dei problemi atomici e del riarmo", e invitandoci a non "immischiarci". L'uso di questi termini e' addirittura la prova della loro incompetenza morale: poiche' in tal modo essi mostrano di credere che la loro posizione dia loro il monopolio e la competenza per decidere del "to be or not to be" dell'umanita'; e di considerare l'apocalissi come un "ramo specifico". E' vero che molti di loro si appellano alla "competenza" solo per mascherare il carattere antidemocratico del loro monopolio. Se la parola "democrazia" ha un senso, e' proprio quello che abbiamo il diritto e il dovere di partecipare alle decisioni che concernono la "res publica", che vanno, cioe', al di la' della nostra competenza professionale e non ci riguardano come professionisti, ma come cittadini o come uomini. E non si puo' dire che cosi' facendo ci "immischiamo" di nulla, poiche' come cittadini e come uomini siamo "immischiati" da sempre, perche' anche noi siamo la "res publica". E un problema piu' "pubblico" dell'attuale decisione sulla nostra sopravvivenza non c'e' mai stato e non ci sara' mai. Rinunciando a "immischiarci", mancheremmo anche al nostro dovere democratico.
*
Liquidazione dell'"agire". La distruzione possibile dell'umanita' appare come un'"azione"; e chi collabora ad essa come un individuo che agisce. E' giusto? Si' e no. Perche' no?
Perche' l'"agire"" in senso behavioristico non esiste pressoche' piu'. E cioe': poiche' cio' che un tempo accadeva come agire, ed era inteso come tale dall'agente, e' stato sostituito da processi di altro tipo: 1) dal lavorare; 2) dall'azionare.
1) Lavoro come surrogato dell'azione. Gia' quelli che erano impiegati negli impianti di liquidazione hitleriani non avevano "fatto nulla", credevano di non aver fatto nulla perche' si erano limitati a "lavorare". Per questo "lavorare" intendo quel tipo di prestazione (naturale e dominante, nella fase attuale della rivoluzione industriale) in cui l'eidos del lavoro rimane invisibile per chi lo esegue, anzi, non lo riguarda piu', e non puo' ne' deve piu' riguardarlo. Caratteristica del lavoro odierno e' che esso resta moralmente neutrale: "non olet", nessuno scopo (per quanto cattivo) del suo lavoro puo' macchiare chi lo esegue. A questo tipo dominante di prestazione sono oggi assimilate quasi tutte le azioni affidate agli uomini. Lavoro come mimetizzamento. Questo mimetizzamento evita all'autore di un eccidio di sentirsi colpevole, poiche' non solo non occorre rispondere del lavoro che si fa, ma esso - in teoria - non puo' rendere colpevoli. Stando cosi' le cose, dobbiamo rovesciare l'equazione attuale ("ogni agire e' lavorare") nell'altra: "ogni lavorare e' un agire".
2) Azionare come surrogato del lavoro. Cio' che vale per il lavoro, vale a maggior ragione per l'azionare, poiche' l'azionare e' il lavoro in cui e' abolito anche il carattere specifico del lavoro: lo sforzo e il senso dello sforzo. Azionare come mimetizzamento. Oggi, in realta', si puo' fare in tal modo pressoche' tutto, si puo' avviare una serie di azionamenti successivi schiacciando un solo bottone; compreso, quindi, il massacro di milioni. In questo caso (dal punto di vista behavioristico) questo intervento non e' piu' un lavoro (per non parlare di un'azione). Propriamente parlando non si fa nulla (anche se l'effetto di questo non-far-nulla e' il nulla e l'annientamento). L'uomo che schiaccia il tasto (ammesso che sia ancora necessario) non si accorge piu' nemmeno di fare qualcosa; e poiche' il luogo dell'azione e quello che la subisce non coincidono piu', poiche' la causa e l'effetto sono dissociati, non puo' vedere che cosa fa. "Schizotopia", in analogia a "schizofrenia". E' chiaro che solo chi arriva a immaginare l'effetto ha la possibilita' della verita'; la percezione non serve a nulla. Questo genere di mimetizzamento e' senza precedenti: mentre prima i mimetizzamenti miravano a impedire alla vittima designata dell'azione, e cioe' al nemico, di scorgere il pericolo imminente (o a proteggere gli autori dal nemico), oggi il mimetizzamento mira solo a impedire all'autore di sapere quello che fa. In questo senso anche l'autore e' una vittima; in questo senso Eatherly e' una delle vittime della sua azione.
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Le forme menzognere della menzogna attuale. Gli esempi di mascheramento ci istruiscono sul carattere della menzogna attuale. Poiche' oggi le menzogne non hanno piu' bisogno di figurare come asserzioni ("fine delle ideologie"). La loro astuzia consiste proprio nello scegliere forme di travestimento davanti a cui non puo' piu' sorgere il sospetto che possa trattarsi di menzogne; e cio' perche' questi travestimenti non sono piu' asserzioni. Mentre le menzogne, finora, si erano camuffate ingenuamente da verita', ora si camuffano in altre guise:
1) Al posto di false asserzioni subentrano parole singole, che danno l'impressione di non affermare ancora nulla, anche se, in realta', hanno gia' in se' il loro (bugiardo) predicato. Cosi', per esempio, l'espressione "armi atomiche" e' gia' un'asserzione menzognera, poiche' sottintende, poiche' da' per scontato, che si tratta di armi.
2) Al posto di false asserzioni sulla realta' subentrano (e siamo al punto che abbiamo appena trattato) realta' falsificate. Cosi' determinate azioni, presentandosi come "lavori", sono rese diverse e irriconoscibili; cose' irriconoscibili, e diverse da un'azione, che non rivelano piu' (neppure all'agente) quello che sono (e cioe' azioni); e gli permettono, purche' lavori "coscienziosamente', di essere un criminale con la miglior coscienza del mondo.
3) Al posto di false asserzioni subentrano cose. Finche' l'agire si traveste ancora da "lavorare", e' pur sempre l'uomo ad essere attivo; anche se non sa che cosa fa lavorando, e cioe' che agisce. La menzogna celebra il suo trionfo solo quando liquida anche quest'ultimo residuo: il che e' gia' accaduto. Poiche' l'agire si e' trasferito (naturalmente in seguito all'agire degli uomini) dalle mani dell'uomo in tutt'altra sfera: in quella dei prodotti. Essi sono, per cosi' dire, "azioni incarnate". La bomba atomica (per il semplice fatto di esistere) e' un ricatto costante: e nessuno potra' negare che il ricatto e' un'azione. Qui la menzogna ha trovato la sua forma piu' menzognera: non ne sappiamo nulla, abbiamo le mani pulite, non c'entriamo. Assurdita' della situazione: nell'atto stesso in cui siamo capaci dell'azione piu' enorme - la distruzione del mondo - l'"agire", in apparenza, e' completamente scomparso. Poiche' la semplice esistenza dei nostri prodotti e' gia' un "agire", la domanda consueta: che cosa dobbiamo "fare" dei nostri prodotti (se, ad esempio, dobbiamo usarli solo come "deterrent"), e' una questione secondaria, anzi fallace, in quanto omette che le cose, per il fatto stesso di esistere, hanno sempre agito.
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Non reificazione, ma pseudopersonalizzazione. Con l'espressione "reificazione" non si coglie il fatto che i prodotti sono, per cosi' dire, "agire incarnato", poiche' essa indica esclusivamente il fatto che l'uomo e' ridotto qui alla funzione di cosa; ma si tratta invece dell'altro lato (trascurato, finora, dalla filosofia) dello stesso processo: e cioe' del fatto che cio' che e' sottratto all'uomo dalla reificazione, si aggiunge ai prodotti: i quali, facendo qualcosa gia' per il semplice fatto di esistere, diventano pseudopersone.
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Le massime delle pseudopersone. Queste pseudopersone hanno i loro rigidi principii. Cosi', per esempio, il principio delle "armi atomiche" e' affatto nichilistico, poiche' per esse "tutto e' uguale". In esse il nichilismo ha toccato il suo culmine, dando luogo all'"annichilismo" piu' totale.
Poiche' il nostro agire si e' trasferito nel lavoro e nei prodotti, un esame di coscienza non puo' consistere oggi soltanto nell'ascoltare la voce nel nostro petto, ma anche nel captare i principii e le massime mute dei nostri lavori e dei nostri prodotti; e nel revocare e rendere inoperante quel trasferimento: e cioe' nel compiere solo quei lavori dei cui effetti potremmo rispondere anche se fossero effetti del nostro agire diretto; e nell'avere solo quei prodotti la cui presenza "incarna" un agire che potremmo assumerci come agire personale.
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Macabra liquidazione dell'ostilita'. Se il luogo dell'azione e quello che la subisce sono, come si e' detto, dissociati, e non si soffre piu' nel luogo dell'azione, l'agire diventa agire senza effetto visibile, e il subire subire senza causa riconoscibile. Si determina cosi' un'assenza d'ostilita', peraltro affatto fallace.
La guerra atomica possibile sara' la piu' priva d'odio che si sia mai vista. Chi colpisce non odiera' il nemico, poiche' non potra' vederlo; e la vittima non odiera' chi lo colpisce, poiche' questi non sara' reperibile. Nulla di piu' macabro di questa mitezza (che non ha nulla a che fare con l'amore positivo). Cio' che piu' sorprende nei racconti delle vittime di Hiroshima, e' quanto poco (e con che poco odio) vi siano ricordati gli autori del colpo.
Certo l'odio sara' ritenuto indispensabile anche in questa guerra, e sara' quindi prodotto come articolo a se'. Per alimentarlo, si indicheranno (e, al caso, s'inventeranno) oggetti d'odio ben visibili e identificabili, "ebrei" di ogni tipo; in ogni caso nemici interni: poiche' per poter odiare veramente occorre qualcosa che possa cadere in mano. Ma quest'odio non potra' entrare minimamente in rapporto con le azioni di guerra vere e proprie: e la schizofrenia della situazione si rivelera' anche in cio', che odiare e colpire saranno rivolti a oggetti completamente diversi.
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Non solo per quest'ultima tesi, ma per tutte quelle qui formulate, bisogna aggiungere che sono state scritte perche' non risultino vere. Poiche' esse potranno non avverarsi solo se terremo continuamente presente la loro alta probabilita', e se agiremo in conseguenza. Nulla di piu' terribile che aver ragione. Ma a quelli che, paralizzati dalla fosca probabilita' della catastrofe, si perdono di coraggio, non resta altro che seguire, per amore degli uomini, la massima cinica: "Se siamo disperati, che ce ne importa? Continuiamo come se non lo fossimo!".
3. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
4. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
5. LUTTI- JAMES LOVELOCK
E' deceduto James Lovelock, scienzato e saggista.
Con gratitudine lo ricordiamo.
6. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Pietro Citati, Kafka, Rizzoli, Milano 1987, 1992, pp. 304.
- Pietro Citati, Tolstoj, Longanesi, Milano 1983, Adelphi, Milano 1996, 2007, pp. 332.
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Riedizioni
- Emmanuel Carrere, Yoga, Adelphi, Milano 2021, Gedi, Torino 2022, pp. 316, euro 10,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
- James Nestor, L'arte di respirare, Aboca, Sansepocro (Ar) 2021, Gedi, Torino 2022, pp. 346, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
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Maestre
- Gilbert Badia, Clara Zetkin, Erre Emme, Roma 1994, pp. 320.
- Lelio Basso (a cura di), Per conoscere Rosa Luxemburg, Mondadori, Milano 1977, pp. LXXII + 352.
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Classici
- Albert Memmi, Il razzismo, Costa & Nolan, Genova 1989, pp. 176.
- Albert Memmi, La statua di sale, Costa & Nolan, Genova 1991, pp. 320.
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Voci
- Giuliana Morandini, ... e allora mi hanno rinchiusa, Bompiani, Milano 1977, 1985, pp. XVIII + 242.
- Giuliana Morandini, La voce che e' in lei. Antologia della narrativa femminile italiana tra '800 e '900, Bompiani, Milano 1980, pp. 402.
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
8. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4550 del 2 agosto 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Numero 4550 del 2 agosto 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Una lettera alle compagne e ai compagni dell'Usb, nell'impossibilita' di partecipare il primo agosto a Viterbo alla commemorazione delle persone uccise dallo sfruttamento
2. Guenther Anders: Tesi sull'eta' atomica
3. Tre tesi
4. Ripetiamo ancora una volta...
5. James Lovelock
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
1. MEMORIA. UNA LETTERA ALLE COMPAGNE E AI COMPAGNI DELL'USB, NELL'IMPOSSIBILITA' DI PARTECIPARE IL PRIMO AGOSTO A VITERBO ALLA COMMEMORAZIONE DELLE PERSONE UCCISE DALLO SFRUTTAMENTO
Carissimo Luca,
carissime compagne e carissimi compagni dell'Usb di Viterbo,
mi e' impossibile questo primo agosto partecipare alla commemorazione delle persone uccise dallo sfruttamento che come ogni anno organizzate a Viterbo ed alla quale negli scorsi anni ho sempre preso parte.
Purtroppo un impegno che non posso disattendere mi impedisce di essere presente.
Ma anche se saro' fisicamente assente, con queste poche righe vorrei esprimervi la mia solidarieta'.
*
L'ecatombe dei morti sul lavoro in questi anni, in questi mesi, in queste settimane, in questi giorni, e' tale che soltanto la feroce cecita' e la criminale complicita' dei potenti impedisce che si prendano i provvedimenti necessari ed urgenti per proteggere tante vite umane: sono i provvedimenti per cui il movimento operaio e contadino lotta da secoli, e che la Costituzione della Repubblica italiala nata dalla Resistenza antifascista enuncia con chiarezza: ogni essere umano ha diritto alla vita e alla salute, alla dignita' e alla solidarieta', al rispetto e all'assistenza.
Se la strage continua e' perche' ancora domina il regime della violenza, dell'ingiustizia e della sopraffazione che al fine di massimizzare il profitto dei rapinatori sacrifica innumerevoli vite umane con glaciale brutalita'.
E alle vittime del regime dello sfruttamento si aggiungono le vittime del razzismo: la morte di Alika Ogochukwu a Civitanova Marche e' l'ennesimo orrore che sia giunge a tanti altri orrori; e si aggiunge alla strage degli innocenti nel Mediterraneo, all'apartheid e allo schiavismo in Italia.
E alle vittime del regime dello sfruttamento e a quelle del razzismo, si aggiungono le vittime dei femminicidi: la violenza maschilista sbrana esseri umani con un ritmo infernale.
E a tutte queste vittime si aggiungono quelle delle guerre in corso; quelle delle dittature; quelle della catastrofe ambientale frutto di un modo di produzione che accumula capitale distruggendo vite umane e biosfera.
Tutto si tiene: lo sfruttamento schiavista della forza-lavoro, la riduzione a "scarti" di tanta parte dell'umanita' (e' la formulazione e l'analisi di Zygmunt Bauman costantemente ripresa anche da papa Bergoglio), il razzismo, il maschilismo, la guerra, la devastazione del mondo vivente: a tutto questo orrore occorre resistere. Resistere per difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani; resistere per difendere quest'unico mondo vivente unica casa comune dell'umanita' intera.
Occorre che le oppresse e gli oppressi resistano e costruiscano solidarieta'.
Occorre che le oppresse e gli oppressi resistano e contrastino questa immensa mole di male, questo abisso di ingiustizia e violenza.
Occorre che le oppresse e gli oppressi resistano e con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza si oppongano alla logica e alla prassi onnidivoratrice ed onnidistruttiva dei poteri dominanti.
Occorre resistere allo sfruttamento e alla rapina dei beni comuni.
Occorre resistere all'ideologia, alla prassi e al dominio della massimizzazione del profitto, della primazia del capitale astratto sulla nuda vita degli esseri umani, all'allucinazione ed intossicazione consumista che funge da ideologia di ricambio attraverso cui i poteri dominanti acquisiscono l'asservito consenso della parte meno schiavizzata ma piu' abbrutita delle classi subalterne; occorre resistere all'imperialismo politico, economico e culturale ed alla colonizzazione materiale e mentale (e mai come oggi le analisi di Frantz Fanon, di Franco Basaglia e di Franca Ongaro Basaglia soccorrono a chiarire lo stato del mondo ed i compiti dell'ora del movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la difesa, la liberazione e la salvezza dell'umanita').
Occorre resistere al razzismo, allo schiavismo, all'apartheid ferocemente imposti anche in Italia.
Occorre resistere al militarismo, al riarmo e alla guerra che non solo stanno sterminando popoli interi, ma minacciano ormai di distruggere l'intera umanita'.
Occorre resistere alla devastazione del mondo vivente prima che sia troppo tardi.
Occorre resistere al maschilismo, che e' la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze.
La catastrofe ambientale e la catastrofe sociale sono una stessa cosa: e nessuno meglio di Vandana Shiva, l'illustre scienziata e militante indiana, ha saputo argomentarlo in modo inconfutabile.
Mai come adesso e' l'ora di resistere.
Occorre una Resistenza morale e civile delle persone coscienti come delle classi sfruttate e dei popoli oppressi, una Resistenza nonviolenta come nelle grandi lotte di liberazione dell'umanita' guidate da Mohandas Gandhi e da Martin Luther King, da Rosa Luxemburg e da Nelson Mandela, dal movimento di liberazione delle donne che ovunque nel mondo e' alla testa e alla guida di tutte le lotte necessarie.
Occorre una Resistenza che sia insieme sindacale, sociale, culturale e politica.
Sindacale, che organizzi le classi sfruttate in difesa di tutti i diritti fondamentali.
Sociale, che contrasti ogni ingiustizia ed ogni oppressione e costruisca nel vivo della lotta l'eguaglianza di diritti di tutti gli esseri umani.
Culturale, che contrasti le menzogne del potere oppressivo e alienante e lotti per la verita', che e' il fondamento di ogni pratica di solidarieta', di responsabilita' e di liberazione.
Politica, che abbia a cuore il bene comune dell'umanita' intera e si adoperi a costruire la societa' in cui a ciascuna persona sia dato a seconda dei suoi bisogni e da ciascuna persona sia dato a seconda delle sue capacita', nella condivisione di tutto il bene e di tutti i beni.
Questa Resistenza necessaria, che e' l'antifascismo vivente, ha nome nonviolenza.
Come e' nella tradizione delle grandi lotte del movimento operaio che tutte furono eminentemente nonviolente.
Come e' nella tradizione delle grandi lotte del movimento di liberazione delle donne, che e' la corrente calda e il massimo inveramento storico della nonviolenza in cammino.
Come e' nella tradizione di Mohandas Gandhi e di Martin Luther King, di Patrice Lumumba e di Thomas Sankara, di Rosa Luxemburg e di Marinella Garcia, di Chico Mendes e di Marielle Franco, di Giacomo Matteotti e di Soumaila Sacko.
Come e' nella tradizione di Virginia Woolf e di Simone Weil, di Albert Camus e di Nelson Mandela.
L'antifascismo nitido e intransigente di Aldo Capitini, le lotte antimafia ed antifasciste ancora aggettanti verso il futuro di Danilo Dolci.
*
Carissimo Luca,
carissime compagne e carissimi compagni dell'Usb di Viterbo,
credo che l'iniziativa di oggi a Viterbo sia parte di questa doverosa lotta, di questa necessaria Resistenza; sia insieme memoria e azione, principio speranza e utopia concreta. E vi sono quindi grato di averla promossa.
Anche se non potro' essere con voi in piazza, sono con voi con tutto il cuore.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Un forte abbraccio,
Peppe
Vetralla (Vt), primo agosto 2022
2. TESTI. GUENTHER ANDERS: TESI SULL'ETA' ATOMICA
[Ancora una volta ripubblichiamo questo breve ma capitale testo di Guenther Anders. Riprendiamo il testo dall'appendice all'edizione italiana del libro di Guenther Anders, Der Mann auf der Brueke. Tagebuch aus Hiroshima und Nagasaki, apparso col titolo Essere o non essere, presso Einaudi, Torino 1961, nella traduzione di Renato Solmi (questo maestro grande e generoso che cogliamo l'occasione per salutare e ringraziare ancora una volta). Come li' si specifica, queste Tesi sull'eta' atomica sono "un testo improvvisato dall'autore dopo un dibattito sui problemi morali dell'eta' atomica organizzato da un gruppo di studenti dell'Universita' di Berlino-Ovest, e uscito nell'ottobre 1960 nella rivista 'Das Argument - Berliner Hefte fuer Politik und Kultur' - nota del traduttore".
Guenther Anders (pseudonimo di Guenther Stern, "anders" significa "altro" e fu lo pseudonimo assunto quando le riviste su cui scriveva gli chiesero di non comparire col suo vero cognome) e' nato a Breslavia nel 1902, figlio dell'illustre psicologo Wilhelm Stern, fu allievo di Husserl e si laureo' in filosofia nel 1925. Costretto all'esilio dall'avvento del nazismo, trasferitosi negli Stati Uniti d'America, visse di disparati mestieri. Tornato in Europa nel 1950, si stabili' a Vienna. E' scomparso nel 1992. Strenuamente impegnato contro la violenza del potere e particolarmente contro il riarmo atomico, e' uno dei maggiori filosofi contemporanei; e' stato il pensatore che con piu' rigore e concentrazione e tenacia ha pensato la condizione dell'umanita' nell'epoca delle armi che mettono in pericolo la sopravvivenza stessa della civilta' umana; insieme a Hannah Arendt (di cui fu coniuge), ad Hans Jonas (e ad altre e altri, certo) e' tra gli ineludibili punti di riferimento del nostro riflettere e del nostro agire. Opere di Guenther Anders: Amare, ieri. Appunti sulla storia della sensibilita', Bollati Boringhieri, Torino 2004; Brevi scritti sulla fine dell'uomo, Asterios, Trieste 2016; Discesa all'Ade, Bollati Boringhieri, Torino 2008; Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra, Milano 1990; Dopo Holocaust, 1979, Bollati Boringhieri, Torino 2014; Essere o non essere. Dario di Hiroshima e Nagasaki, Einaudi, Torino 1961; Kafka. Pro e contro, Corbo, Ferrara 1989; Il mondo dopo l'uomo. Tecnica e violenza, Mimesis, Milano-Udine 2008 (nuova edizione in diversa traduzione di Stato di necessita' e legittima difesa); La battaglia delle ciliegie. La mia storia d'amore con Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2012; La catacomba molussica, Lupetti, Milano 2008; L'odio e' antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 2006; Lo sguardo dalla torre, Mimesis, Milano-Udine 2012; L'uomo e' antiquato. I. Considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale, Il Saggiatore, Milano 1963; L'uomo e' antiquato. II. Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Noi figli di Eichmann, La Giuntina, Firenze 1995; Opinioni di un eretico, Theoria, Roma-Napoli 1991; Patologia della liberta', Palomar, Bari 1993; Stato di necessita' e legittima difesa. Violenza si' o no: una critica del pacifismo, Edizioni cultura della pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1997; Tesi sull'eta' atomica, Edizioni del Centro di ricerca per la pace, Viterbo 1991; Uomo senza mondo. Scritti sull'arte e la letteratura, Spazio Libri Editori, Ferrara 1991; Guenther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, Linea d'ombra, Milano 1992; Hannah Arendt, Guenther Stern-Anders, Le Elegie duinesi di R. M. Rilke, Asterios, Trieste 2014, 2019; Hannah Arendt - Guenther Anders, Scrivimi qualcosa di te. Lettere e documenti, Carocci, Roma 2017. In rivista testi di Anders sono stati pubblicati negli ultimi anni su "Comunita'", "Linea d'ombra", "Micromega". Opere su Guenther Anders: cfr. la bella monografia di Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther Anders, Bollati Boringhieri, Torino 2003; singoli saggi su Anders hanno scritto, tra altri, Norberto Bobbio, Goffredo Fofi, Umberto Galimberti; tra gli intellettuali italiani che sono stati in corrispondenza con lui ricordiamo Cesare Cases e Renato Solmi.
Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta, e' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]
Hiroshima come stato del mondo. Il 6 agosto 1945, giorno di Hiroshima, e' cominciata un nuova era: l'era in cui possiamo trasformare in qualunque momento ogni luogo, anzi la terra intera, in un'altra Hiroshima. Da quel giorno siamo onnipotenti modo negativo; ma potendo essere distrutti ad ogni momento, cio' significa anche che da quel giorno siamo totalmente impotenti. Indipendentemente dalla sua lunghezza e dalla sua durata, quest'epoca e' l'ultima: poiche' la sua differenza specifica, la possibilita' dell'autodistruzione del genere umano, non puo' aver fine - che con la fine stessa.
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Eta' finale e fine dei tempi. La nostra vita si definisce quindi come "dilazione"; siamo quelli-che-esistono-ancora. Questo fatto ha trasformato il problema morale fondamentale: alla domanda "Come dobbiamo vivere?" si e' sostituita quella: "Vivremo ancora?". Alla domanda del "come" c'e' - per noi che viviamo in questa proroga - una sola risposta: "Dobbiamo fare in modo che l'eta' finale, che potrebbe rovesciarsi ad ogni momento in fine dei tempi, non abbia mai fine; o che questo rovesciamento non abbia mai luogo". Poiche' crediamo alla possibilita' di una "fine dei tempi", possiamo dirci apocalittici; ma poiche' lottiamo contro l"apocalissi da noi stessi creata, siamo (e' un tipo che non c'e' mai stato finora) "nemici dell'apocalissi".
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Non armi atomiche nella situazione politica, ma azioni politiche nella situazione atomica. La tesi apparentemente plausibile che nell'attuale situazione politica ci sarebbero (fra l'altro) anche "armi atomiche", e' un inganno. Poiche' la situazione attuale e' determinata esclusivamente dall'esistenza di "armi atomiche", e' vero il contrario: che le cosiddette azioni politiche hanno luogo entro la situazione atomica.
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Non arma ma nemico. Cio' contro cui lottiamo, non e' questo o quell'avversario che potrebbe essere attaccato o liquidato con mezzi atomici, ma la situazione atomica in se'. Poiche' questo nemico e' nemico di tutti gli uomini, quelli che si sono considerati finora come nemici dovrebbero allearsi contro la minaccia comune. Organizzazioni e manifestazioni pacifiche da cui sono esclusi proprio quelli con cui si tratta di creare la pace, si risolvono in ipocrisia, presunzione compiaciuta e spreco di tempo.
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Carattere totalitario della minaccia atomica. La tesi prediletta da Jaspers fino a Strauss suona: "La minaccia totalitaria puo' essere neutralizzata solo con la minaccia della distruzione totale". E' un argomento che non regge. 1) La bomba atomica e' stata impiegata, e in una situazione in cui non c'era affatto il pericolo, per chi la impiego', di soccombere a un potere totalitario. 2) L'argomento e' un relitto dell'epoca del monopolio atomico; oggi e' un argomento suicida. 3) Lo slogan "totalitario" e' desunto da una situazione politica, che non solo e' gia' essenzialmente mutata, ma continuera' a cambiare; mentre la guerra atomica esclude ogni possibilita' di trasformazione. 4) La minaccia della guerra atomica, della distruzione totale, e' totalitaria per sua natura: poiche' vive del ricatto e trasforma la terra in un solo Lager senza uscita. Adoperare, nel preteso interesse della liberta', l'assoluta privazione della stessa, e' il non plus ultra dell'ipocrisia.
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Cio' che puo' colpire chiunque riguarda chiunque. Le nubi radioattive non badano alle pietre miliari, ai confini nazionali o alle "cortine". Cosi', nell'eta' finale, non ci sono piu' distanze. Ognuno puo' colpire chiunque ed essere colpito da chiunque. Se non vogliamo restare moralmente indietro agli effetti dei nostri prodotti (che non ci procurerebbe solo ignominia mortale, ma morte ignominiosa), dobbiamo fare in modo che l'orizzonte di cio' che ci riguarda, e cioe' l'orizzonte della nostra responsabilita', coincida con l'orizzonte entro il quale possiamo colpire o essere colpiti; e cioe' che diventi anch'esso globale. Non ci sono piu' che "vicini".
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Internazionale delle generazioni. Cio' che si tratta di ampliare, non e' solo l'orizzonte spaziale della responsabilita' per i nostri vicini, ma anche quello temporale. Poiche' le nostre azioni odierne, per esempio le esplosioni sperimentali, toccano le generazioni venture, anch'esse rientrano nell'ambito del nostro presente. Tutto cio' che e' "venturo" e' gia' qui, presso di noi, poiche' dipende da noi. C'e', oggi, un'"internazionale delle generazioni", a cui appartengono gia' anche i nostri nipoti. Sono i nostri vicini nel tempo. Se diamo fuoco alla nostra casa odierna, il fuoco si appicca anche al futuro, e con la nostra cadono anche le case non ancora costruite di quelli che non sono ancora nati. E anche i nostri antenati appartengono a questa "internazionale": poiche' con la nostra fine perirebbero anch'essi, per la seconda volta (se cosi' si puo' dire) e definitivamente. Anche adesso sono "solo stati"; ma con questa seconda morte sarebbero stati solo come se non fossero mai stati.
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Il nulla non concepito. Cio' che conferisce il massimo di pericolosita' al pericolo apocalittico in cui viviamo, e' il fatto che non siamo attrezzati alla sua stregua, che siamo incapaci di rappresentarci la catastrofe. Raffigurarci il non-essere (la morte, ad esempio, di una persona cara) e' gia' di per se' abbastanza difficile; ma e' un gioco da bambini rispetto al compito che dobbiamo assolvere come apocalittici consapevoli. Poiche' questo nostro compito non consiste solo nel rappresentarci l'inesistenza di qualcosa di particolare, in un contesto universale supposto stabile e permanente, ma nel supporre inesistente questo contesto, e cioe' il mondo stesso, o almeno il nostro mondo umano. Questa "astrazione totale" (che corrisponderebbe, sul piano del pensiero e dell'immaginazione, alla nostra capacita' di distruzione totale) trascende le forze della nostra immaginazione naturale. "Trascendenza del negativo". Ma poiche', come homines fabri, siamo capaci di tanto (siamo in grado di produrre il nulla totale), la capacita' limitata della nostra immaginazione (la nostra "ottusita'") non deve imbarazzarci. Dobbiamo (almeno) tentare di rappresentarci anche il nulla.
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Utopisti a rovescio. Ecco quindi il dilemma fondamentale della nostra epoca: "Noi siamo inferiori a noi stessi", siamo incapaci di farci un'immagine di cio' che noi stessi abbiamo fatto. In questo senso siamo "utopisti a rovescio": mentre gli utopisti non sanno produrre cio' che concepiscono, noi non sappiamo immaginare cio' che abbiamo prodotto.
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Lo "scarto prometeico". Non e' questo un fatto fra gli altri; esso definisce, invece, la situazione morale dell'uomo odierno: la frattura che divide l'uomo (o l'umanita') non passa, oggi, fra lo spirito e la carne, fra il dovere e l'inclinazione, ma fra la nostra capacita' produttiva e la nostra capacita' immaginativa. Lo "scarto prometeico".
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Il "sopraliminare". Questo "scarto" non divide solo immaginazione e produzione, ma anche sentimento e produzione, responsabilita' e produzione. Si puo' forse immaginare, sentire, o ci si puo' assumere la responsabilita', dell'uccisione di una persona singola; ma non di quella di centomila. Quanto piu' grande e' l'effetto possibile dell'agire, e tanto piu' e' difficile concepirlo, sentirlo e poterne rispondere; quanto piu' grande lo "scarto", tanto piu' debole il meccanismo inibitorio. Liquidare centomila persone premendo un tasto, e' infinitamente piu' facile che ammazzare una sola persona. Al "subliminare", noto dalla psicologia (lo stimolo troppo piccolo per provocare gia' una reazione), corrisponde il "sopraliminare": cio' che e' troppo grande per provocare ancora una reazione (per esempio un meccanismo inibitorio).
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La sensibilita' deforma, la fantasia e' realistica. Poiche' il nostro orizzonte vitale (l'orizzonte entro cui possiamo colpire ed essere colpiti) e l'orizzonte dei nostri effetti e' ormai illimitato, siamo tenuti, anche se questo tentativo contraddice alla "naturale ottusita'" della nostra immaginazione, a immaginare questo orizzonte illimitato. Nonostante la sua naturale insufficienza, e' solo l'immaginazione che puo' fungere da organo della verita'. In ogni caso, non e' certo la percezione. Che e' una "falsa testimone": molto, ma molto piu' falsa di quanto avesse inteso ammonire la filosofia greca. Poiche' la sensibilita' e' - per principio - miope e limitata e il suo orizzonte assurdamente ristretto. La terra promessa degli "escapisti" di oggi non e' la fantasia, ma la percezione.
Di qui il nostro (legittimo) disagio e la nostra diffidenza verso i quadri normali (dipinti, cioe', secondo la prospettiva normale): benche' realistici in senso tradizionale, sono (proprio loro) irrealistici, perche' sono in contrasto con la realta' del nostro mondo dagli orizzonti infinitamente dilatati.
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Il coraggio di aver paura. La viva "rappresentazione del nulla" non si identifica con cio' che si intende in psicologia per "rappresentazione"; ma si realizza in concreto come angoscia. Ad essere troppo piccolo, e a non corrispondere alla realta' e al grado della minaccia, e' quindi il grado della nostra angoscia. - Nulla di piu' falso della frase cara alle persone di mezza cultura, per cui vivremmo gia' nell'"epoca dell'angoscia". Questa tesi ci e' inculcata dagli agenti ideologici di coloro che temono solo che noi si possa realizzare sul serio la vera paura, adeguata al pericolo. Noi viviamo piuttosto nell'epoca della minimizzazione e dell'inettitudine all'angoscia. L'imperativo di allargare la nostra immaginazione significa quindi in concreto che dobbiamo estendere e allargare la nostra paura. Postulato: "Non aver paura della paura, abbi coraggio di aver paura. E anche quello di far paura. Fa' paura al tuo vicino come a te stesso". Va da se' che questa nostra angoscia deve essere di un tipo affatto speciale: 1) Un'angoscia senza timore, poiche' esclude la paura di quelli che potrebbero schernirci come paurosi. 2) Un'angoscia vivificante, poiche' invece di rinchiuderci nelle nostre stanze ci fa uscire sulle piazze. 3) Un'angoscia amante, che ha paura per il mondo, e non solo di cio' che potrebbe capitarci.
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Fallimento produttivo. L'imperativo di allargare la portata della nostra immaginazione e della nostra angoscia finche' corrispondano a quella di cio' che possiamo produrre e provocare, si rivelera' continuamente irrealizzabile. Non e' nemmeno detto che questi tentativi ci consentano di fare qualche passo in avanti. Ma anche in questo caso non dobbiamo lasciarci spaventare; il fallimento ripetuto non depone contro la ripetizione del tentativo. Anzi, ogni nuovo insuccesso e' salutare, poiche' ci mette in guardia contro il pericolo di continuare a produrre cio' che non possiamo immaginare.
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Trasferimento della distanza. Riassumendo cio' che si e' detto sulla "fine delle distanze" e sullo "scarto" tra le varie facolta' (e solo cosi' ci si puo' fare un'idea completa della situazione), risulta che le distanze spaziali e temporali sono state bensi' "soppresse"; ma questa soppressione e' stata pagata a caro prezzo con una nuova specie di "distanza": quella, che diventa ogni giorno piu' grande, fra la produzione e la capacita' di immaginare cio' che si produce.
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Fine del comparativo. I nostri prodotti e i loro effetti non sono solo diventati maggiori di cio' che possiamo concepire (sentire, o di cui possiamo assumerci la responsabilita'), ma anche maggiori di cio' che possiamo utilizzare sensatamente. E' noto che la nostra produzione e la nostra offerta superano spesso la nostra domanda (e ci costringono a produrre appositamente nuovi bisogni e richieste); ma la nostra offerta trascende addirittura il nostro bisogno, consiste di cose di cui non possiamo avere bisogno: cose troppo grandi in senso assoluto. Cosi' ci siamo messi nella situazione paradossale di dover addomesticare i nostri stessi prodotti; di doverli addomesticare come abbiamo addomesticato finora le forze della natura. I nostri tentativi di produrre armi cosiddette "pulite", sono senza precedenti nel loro genere: poiche' con essi cerchiamo di migliorare certi prodotti peggiorandoli, e cioe' diminuendo i loro effetti.
L'aumento dei prodotti non ha quindi piu' senso. Se il numero e gli effetti delle armi gia' oggi esistenti bastano a raggiungere il fine assurdo della distruzione del genere umano, l'aumento e miglioramento della produzione, che continuano ancora su larghissima scala, sono ancora piu' assurdi; e dimostrano che i produttori non si rendono conto, in definitiva, di che cosa hanno prodotto. Il comparativo - principio del progresso e della concorrenza - ha perduto ogni senso. Piu' morto che morto non e' possibile diventare. Distruggere meglio di quanto gia' si possa, non sara' possibile neppure in seguito.
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Richiamarsi alla competenza e' prova d'incompetenza morale. Sarebbe una leggerezza pensare (come fa, per esempio, Jaspers) che i "signori dell'apocalissi", quelli che sono responsabili delle decisioni, grazie a posizioni di potere politico o militare comunque acquisite, siano piu' di noi all'altezza di queste esigenze schiaccianti, o che sappiano immaginare l'inaudito meglio di noi, semplici "morituri"; o anche solo che siano consapevoli di doverlo fare. Assai piu' legittimo e' il sospetto: che ne siano affatto inconsapevoli. Ed essi lo provano dicendo che noi siamo incompetenti nel "campo dei problemi atomici e del riarmo", e invitandoci a non "immischiarci". L'uso di questi termini e' addirittura la prova della loro incompetenza morale: poiche' in tal modo essi mostrano di credere che la loro posizione dia loro il monopolio e la competenza per decidere del "to be or not to be" dell'umanita'; e di considerare l'apocalissi come un "ramo specifico". E' vero che molti di loro si appellano alla "competenza" solo per mascherare il carattere antidemocratico del loro monopolio. Se la parola "democrazia" ha un senso, e' proprio quello che abbiamo il diritto e il dovere di partecipare alle decisioni che concernono la "res publica", che vanno, cioe', al di la' della nostra competenza professionale e non ci riguardano come professionisti, ma come cittadini o come uomini. E non si puo' dire che cosi' facendo ci "immischiamo" di nulla, poiche' come cittadini e come uomini siamo "immischiati" da sempre, perche' anche noi siamo la "res publica". E un problema piu' "pubblico" dell'attuale decisione sulla nostra sopravvivenza non c'e' mai stato e non ci sara' mai. Rinunciando a "immischiarci", mancheremmo anche al nostro dovere democratico.
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Liquidazione dell'"agire". La distruzione possibile dell'umanita' appare come un'"azione"; e chi collabora ad essa come un individuo che agisce. E' giusto? Si' e no. Perche' no?
Perche' l'"agire"" in senso behavioristico non esiste pressoche' piu'. E cioe': poiche' cio' che un tempo accadeva come agire, ed era inteso come tale dall'agente, e' stato sostituito da processi di altro tipo: 1) dal lavorare; 2) dall'azionare.
1) Lavoro come surrogato dell'azione. Gia' quelli che erano impiegati negli impianti di liquidazione hitleriani non avevano "fatto nulla", credevano di non aver fatto nulla perche' si erano limitati a "lavorare". Per questo "lavorare" intendo quel tipo di prestazione (naturale e dominante, nella fase attuale della rivoluzione industriale) in cui l'eidos del lavoro rimane invisibile per chi lo esegue, anzi, non lo riguarda piu', e non puo' ne' deve piu' riguardarlo. Caratteristica del lavoro odierno e' che esso resta moralmente neutrale: "non olet", nessuno scopo (per quanto cattivo) del suo lavoro puo' macchiare chi lo esegue. A questo tipo dominante di prestazione sono oggi assimilate quasi tutte le azioni affidate agli uomini. Lavoro come mimetizzamento. Questo mimetizzamento evita all'autore di un eccidio di sentirsi colpevole, poiche' non solo non occorre rispondere del lavoro che si fa, ma esso - in teoria - non puo' rendere colpevoli. Stando cosi' le cose, dobbiamo rovesciare l'equazione attuale ("ogni agire e' lavorare") nell'altra: "ogni lavorare e' un agire".
2) Azionare come surrogato del lavoro. Cio' che vale per il lavoro, vale a maggior ragione per l'azionare, poiche' l'azionare e' il lavoro in cui e' abolito anche il carattere specifico del lavoro: lo sforzo e il senso dello sforzo. Azionare come mimetizzamento. Oggi, in realta', si puo' fare in tal modo pressoche' tutto, si puo' avviare una serie di azionamenti successivi schiacciando un solo bottone; compreso, quindi, il massacro di milioni. In questo caso (dal punto di vista behavioristico) questo intervento non e' piu' un lavoro (per non parlare di un'azione). Propriamente parlando non si fa nulla (anche se l'effetto di questo non-far-nulla e' il nulla e l'annientamento). L'uomo che schiaccia il tasto (ammesso che sia ancora necessario) non si accorge piu' nemmeno di fare qualcosa; e poiche' il luogo dell'azione e quello che la subisce non coincidono piu', poiche' la causa e l'effetto sono dissociati, non puo' vedere che cosa fa. "Schizotopia", in analogia a "schizofrenia". E' chiaro che solo chi arriva a immaginare l'effetto ha la possibilita' della verita'; la percezione non serve a nulla. Questo genere di mimetizzamento e' senza precedenti: mentre prima i mimetizzamenti miravano a impedire alla vittima designata dell'azione, e cioe' al nemico, di scorgere il pericolo imminente (o a proteggere gli autori dal nemico), oggi il mimetizzamento mira solo a impedire all'autore di sapere quello che fa. In questo senso anche l'autore e' una vittima; in questo senso Eatherly e' una delle vittime della sua azione.
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Le forme menzognere della menzogna attuale. Gli esempi di mascheramento ci istruiscono sul carattere della menzogna attuale. Poiche' oggi le menzogne non hanno piu' bisogno di figurare come asserzioni ("fine delle ideologie"). La loro astuzia consiste proprio nello scegliere forme di travestimento davanti a cui non puo' piu' sorgere il sospetto che possa trattarsi di menzogne; e cio' perche' questi travestimenti non sono piu' asserzioni. Mentre le menzogne, finora, si erano camuffate ingenuamente da verita', ora si camuffano in altre guise:
1) Al posto di false asserzioni subentrano parole singole, che danno l'impressione di non affermare ancora nulla, anche se, in realta', hanno gia' in se' il loro (bugiardo) predicato. Cosi', per esempio, l'espressione "armi atomiche" e' gia' un'asserzione menzognera, poiche' sottintende, poiche' da' per scontato, che si tratta di armi.
2) Al posto di false asserzioni sulla realta' subentrano (e siamo al punto che abbiamo appena trattato) realta' falsificate. Cosi' determinate azioni, presentandosi come "lavori", sono rese diverse e irriconoscibili; cose' irriconoscibili, e diverse da un'azione, che non rivelano piu' (neppure all'agente) quello che sono (e cioe' azioni); e gli permettono, purche' lavori "coscienziosamente', di essere un criminale con la miglior coscienza del mondo.
3) Al posto di false asserzioni subentrano cose. Finche' l'agire si traveste ancora da "lavorare", e' pur sempre l'uomo ad essere attivo; anche se non sa che cosa fa lavorando, e cioe' che agisce. La menzogna celebra il suo trionfo solo quando liquida anche quest'ultimo residuo: il che e' gia' accaduto. Poiche' l'agire si e' trasferito (naturalmente in seguito all'agire degli uomini) dalle mani dell'uomo in tutt'altra sfera: in quella dei prodotti. Essi sono, per cosi' dire, "azioni incarnate". La bomba atomica (per il semplice fatto di esistere) e' un ricatto costante: e nessuno potra' negare che il ricatto e' un'azione. Qui la menzogna ha trovato la sua forma piu' menzognera: non ne sappiamo nulla, abbiamo le mani pulite, non c'entriamo. Assurdita' della situazione: nell'atto stesso in cui siamo capaci dell'azione piu' enorme - la distruzione del mondo - l'"agire", in apparenza, e' completamente scomparso. Poiche' la semplice esistenza dei nostri prodotti e' gia' un "agire", la domanda consueta: che cosa dobbiamo "fare" dei nostri prodotti (se, ad esempio, dobbiamo usarli solo come "deterrent"), e' una questione secondaria, anzi fallace, in quanto omette che le cose, per il fatto stesso di esistere, hanno sempre agito.
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Non reificazione, ma pseudopersonalizzazione. Con l'espressione "reificazione" non si coglie il fatto che i prodotti sono, per cosi' dire, "agire incarnato", poiche' essa indica esclusivamente il fatto che l'uomo e' ridotto qui alla funzione di cosa; ma si tratta invece dell'altro lato (trascurato, finora, dalla filosofia) dello stesso processo: e cioe' del fatto che cio' che e' sottratto all'uomo dalla reificazione, si aggiunge ai prodotti: i quali, facendo qualcosa gia' per il semplice fatto di esistere, diventano pseudopersone.
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Le massime delle pseudopersone. Queste pseudopersone hanno i loro rigidi principii. Cosi', per esempio, il principio delle "armi atomiche" e' affatto nichilistico, poiche' per esse "tutto e' uguale". In esse il nichilismo ha toccato il suo culmine, dando luogo all'"annichilismo" piu' totale.
Poiche' il nostro agire si e' trasferito nel lavoro e nei prodotti, un esame di coscienza non puo' consistere oggi soltanto nell'ascoltare la voce nel nostro petto, ma anche nel captare i principii e le massime mute dei nostri lavori e dei nostri prodotti; e nel revocare e rendere inoperante quel trasferimento: e cioe' nel compiere solo quei lavori dei cui effetti potremmo rispondere anche se fossero effetti del nostro agire diretto; e nell'avere solo quei prodotti la cui presenza "incarna" un agire che potremmo assumerci come agire personale.
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Macabra liquidazione dell'ostilita'. Se il luogo dell'azione e quello che la subisce sono, come si e' detto, dissociati, e non si soffre piu' nel luogo dell'azione, l'agire diventa agire senza effetto visibile, e il subire subire senza causa riconoscibile. Si determina cosi' un'assenza d'ostilita', peraltro affatto fallace.
La guerra atomica possibile sara' la piu' priva d'odio che si sia mai vista. Chi colpisce non odiera' il nemico, poiche' non potra' vederlo; e la vittima non odiera' chi lo colpisce, poiche' questi non sara' reperibile. Nulla di piu' macabro di questa mitezza (che non ha nulla a che fare con l'amore positivo). Cio' che piu' sorprende nei racconti delle vittime di Hiroshima, e' quanto poco (e con che poco odio) vi siano ricordati gli autori del colpo.
Certo l'odio sara' ritenuto indispensabile anche in questa guerra, e sara' quindi prodotto come articolo a se'. Per alimentarlo, si indicheranno (e, al caso, s'inventeranno) oggetti d'odio ben visibili e identificabili, "ebrei" di ogni tipo; in ogni caso nemici interni: poiche' per poter odiare veramente occorre qualcosa che possa cadere in mano. Ma quest'odio non potra' entrare minimamente in rapporto con le azioni di guerra vere e proprie: e la schizofrenia della situazione si rivelera' anche in cio', che odiare e colpire saranno rivolti a oggetti completamente diversi.
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Non solo per quest'ultima tesi, ma per tutte quelle qui formulate, bisogna aggiungere che sono state scritte perche' non risultino vere. Poiche' esse potranno non avverarsi solo se terremo continuamente presente la loro alta probabilita', e se agiremo in conseguenza. Nulla di piu' terribile che aver ragione. Ma a quelli che, paralizzati dalla fosca probabilita' della catastrofe, si perdono di coraggio, non resta altro che seguire, per amore degli uomini, la massima cinica: "Se siamo disperati, che ce ne importa? Continuiamo come se non lo fossimo!".
3. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
4. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
5. LUTTI- JAMES LOVELOCK
E' deceduto James Lovelock, scienzato e saggista.
Con gratitudine lo ricordiamo.
6. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Pietro Citati, Kafka, Rizzoli, Milano 1987, 1992, pp. 304.
- Pietro Citati, Tolstoj, Longanesi, Milano 1983, Adelphi, Milano 1996, 2007, pp. 332.
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Riedizioni
- Emmanuel Carrere, Yoga, Adelphi, Milano 2021, Gedi, Torino 2022, pp. 316, euro 10,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
- James Nestor, L'arte di respirare, Aboca, Sansepocro (Ar) 2021, Gedi, Torino 2022, pp. 346, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
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Maestre
- Gilbert Badia, Clara Zetkin, Erre Emme, Roma 1994, pp. 320.
- Lelio Basso (a cura di), Per conoscere Rosa Luxemburg, Mondadori, Milano 1977, pp. LXXII + 352.
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Classici
- Albert Memmi, Il razzismo, Costa & Nolan, Genova 1989, pp. 176.
- Albert Memmi, La statua di sale, Costa & Nolan, Genova 1991, pp. 320.
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Voci
- Giuliana Morandini, ... e allora mi hanno rinchiusa, Bompiani, Milano 1977, 1985, pp. XVIII + 242.
- Giuliana Morandini, La voce che e' in lei. Antologia della narrativa femminile italiana tra '800 e '900, Bompiani, Milano 1980, pp. 402.
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
8. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4550 del 2 agosto 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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