[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 433



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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 433 del 2 maggio 2022

In questo numero:
1. Tutta la retorica del mondo
2. Poche parole dette la mattina del primo maggio 2022 tra vecchi amici in ricordo di Alfio Pannega
3. "Presidente, apra gli occhi. Il piano del governo russo e di quello americano e' ridurre l'Ucraina in macerie e l'intera Europa in miseria". Una lettera aperta al Quirinale
4. Carol Gokee: Rise Up For Peltier Call to Action Toolkit
5. Alcune poesie di Adrienne Rich

1. L'ORA. TUTTA LA RETORICA DEL MONDO

Tutta la retorica del mondo non puo' riuscire a nascondere il fatto che la guerra uccide gli esseri umani.
Ogni governo che fa la guerra uccide gli esseri umani.
Ogni esercito che fa la guerra uccide gli esseri umani.
Ogni produttore e fornitore di armi uccide gli esseri umani.
Ogni propagandista della guerra uccide gli esseri umani.
Tutta la retorica del mondo non puo' riuscire a nascondere il fatto che la guerra uccide gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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Tutta la retorica del mondo non puo' riuscire a nascondere il fatto che la guerra uccide gli esseri umani.
In nome dell'umanita': cessate di uccidere.
In nome dell'umanita': abolite la guerra.
In nome dell'umanita': sciogliete gli eserciti.
In nome dell'umanita': distruggete le armi.
Tutta la retorica del mondo non puo' riuscire a nascondere il fatto che la guerra uccide gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Tutta la retorica del mondo non puo' riuscire a nascondere il fatto che la guerra uccide gli esseri umani.
Occorre insorgere nonviolentemente contro tutte le stragi.
Occorre insorgere nonviolentemente contro tutte le guerre.
Occorre insorgere nonviolentemente contro tutte le uccisioni.
Occorre insorgere nonviolentemente contro tutti gli eserciti.
Occorre insorgere nonviolentemente contro tutte le armi.
Tutta la retorica del mondo non puo' riuscire a nascondere il fatto che la guerra uccide gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Tutta la retorica del mondo non puo' riuscire a nascondere il fatto che la guerra uccide gli esseri umani.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Tutta la retorica del mondo non puo' riuscire a nascondere il fatto che la guerra uccide gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.

2. REPETITA IUVANT. POCHE PAROLE DETTE LA MATTINA DEL PRIMO MAGGIO 2022 TRA VECCHI AMICI IN RICORDO DI ALFIO PANNEGA

"Ancora una volta spiego' che 'compagno' e' una parola di origine latina
il cui significato e' 'la persona che condivide il suo pane con gli altri'"
(Annibale Scarpante, Breve commento alle Etimologie di Isidoro di Siviglia)

Ricorreva ieri il dodicesimo anniversario della morte di Alfio Pannega.
In questo primo maggio lo ricordiamo ancora, cosi' come lo salutammo il primo maggio di dodici anni fa al cimitero di Viterbo.
Lo ricordiamo uomo buono e forte, allegro e gentile, saggio e virtuoso.
Lo ricordiamo compagno di lotte necessarie.
Lo ricordiamo esempio dell'umanita' come dovrebbe essere.
Sempre visse la poverta' dei giusti. Sempre visse senza opprimere nessuno. Sempre lotto' contro tutte le oppressioni.
Fu poeta e militante, operaio e contadino, comunista e libertario, consapevole amico della nonviolenza, soave e fiero combattente nonviolento.
Tutti i suoi beni sempre condivise. Alla sua sobria mensa sempre tutti accolse. Si prese sempre cura di chi chiedeva aiuto. Si prese sempre cura di animali e piante. Amava il mondo di un sapiente amore, con cuore appassionato e mente limpida.
Lo ricordiamo oggi, in questo giorno di lotta e di memoria del dolore, in questo giorno in cui il movimento delle lavoratrici e dei lavoratori, il movimento delle oppresse e degli oppressi, rinnova il ricordo delle vittime uccise da rapina e sfruttamento, uccise da miseria e schiavitu', uccise dal fascismo quotidiano del sistema del profitto disumano, che degli esseri umani spezza e nega la dignita' per trasformarli in merci, in macchine, in oggetti, in scarti, in fumo.
Lo ricordiamo oggi, proletario in lotta contro guerra e sfruttamento, in lotta contro tutte le ingiustizie, in lotta contro tutte le violenze.
Lo ricordiamo oggi, e lo portiamo ancora e ancora nelle nostre lotte di oggi e nelle lotte di domani, le lotte necessarie per far si' che ogni essere umano possa vivere un'esistenza degna e solidale, condividendo tutto il bene e tutti i beni.
E ricordando Alfio proseguiamo nell'impegno per la pace e la giustizia, contro tutte le guerre e le oppressioni che fanno scempio dell'umanita'.
E ricordando Alfio proseguiamo nella lotta nonviolenta affinche' cessi della violenza il regno e della fame.
E ricordando Alfio proseguiamo nel movimento di liberazione che l'umanita' intera porti in salvo.
E ricordando Alfio proseguiamo nella certezza che l'umanita' merita di essere libera e felice.
Compagne e compagni, nessuno si arrenda alla paura, all'odio, alla violenza.
Compagne e compagni, continui la lotta per il lavoro, per la pace e il pane.
Compagne e compagni, difendere occorre tutti i diritti di tutte le persone, cosi' delle viventi come delle venture.
Compagne e compagni, difendere occorre quest'unico mondo vivente di cui siamo insieme parte e custodi.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Abolire la guerra, gli eserciti, le armi; abolire per sempre le uccisioni.
Nessuna vittima sia dimenticata.
Nessuna persona sia abbandonata.
Spezzare le catene, condividere il pane.
Sia la misericordia la legge condivisa.
La generosita' sia norma della vita.
Da ciascuno sia dato secondo le sue capacita', a ciascuno secondo i suoi bisogni sia donato.
E' qui, e' ora, nella nostra lotta, l'internazionale futura umanita'.
In questa lotta nonviolenta e' ancora vivo il nostro compagno Alfio Pannega.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
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Una minima notizia su Alfio Pannega
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti.
Molte fotografie di Alfio scattate da Mario Onofri, artista visivo profondo e generoso compagno di lotte che gli fu amico e che anche lui ci ha lasciato anni fa, sono disperse tra vari amici di entrambi, ed altre ancora restano inedite nell'immenso, prezioso archivio fotografico di Mario, che tuttora attende curatela e pubblicazione.
Negli ultimi anni il regista ed attore Pietro Benedetti, che gli fu amico, ha sovente con forte empatia rappresentato - sulle scene teatrali, ma soprattutto nelle scuole e nelle piazze, nei luoghi di aggregazione sociale e di impegno politico, di memoria resistente all'ingiuria del tempo e alla violenza dei potenti - un monologo dal titolo "Allora ero giovane pure io" dalle memorie di Alfio ricavato, personalmente interpretandone e facendone cosi' rivivere drammaturgicamente la figura.
La proposta di costituire un "Archivio Alfio Pannega" per raccogliere, preservare e mettere a disposizione della collettivita' le tracce della sua vita e delle sue lotte, e' restata fin qui disattesa.
Alcuni testi commemorativi sono stati piu' volte pubblicati sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino", ad esempio negli "Archivi della nonviolenza in cammino" nn. 56, 57, 58, 60; cfr. anche il fascicolo monografico dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 265 ed ancora i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" nn. 907-909, 1172, 1260, 1261, 1272, 1401, 1622-1624, 1763, 1971, 2108-2113, 2115, 2329, 2331, 2334-2335, 2476-2477, 2479, 2694, 2833, 3049, 3051-3052, 3369-3373, 3448, 3453, 3515-3517, 3725, 4089-4091, 4235-4236, 4452, 4455-4457, i fascicoli di "Coi piedi per terra" n. 546 e 548-552, e "Voci e volti della nonviolenza" nn. 687-691, 754-755, 881, il fascicolo di "Ogni vittima ha il volto di Abele" n. 170, i fascicoli di "Una persona, un voto" nn. 88-90, 206, 209, i fascicoli de "La domenica della nonviolenza" nn. 420 e 511, i fascicoli de "La nonviolenza contro il razzismo" nn. 202-206, 213, 437-438, 445-446.

3. REPETITA IUVANT. "PRESIDENTE, APRA GLI OCCHI. IL PIANO DEL GOVERNO RUSSO E DI QUELLO AMERICANO E' RIDURRE L'UCRAINA IN MACERIE E L'INTERA EUROPA IN MISERIA". UNA LETTERA APERTA AL QUIRINALE

"Perche' la morte mai non rende cio' che ha tolto"
(Vincenzo Cornaro, Erotocrito, IV, 2106)

Egregio Presidente della Repubblica,
apra gli occhi: dopo oltre due mesi di orrori, la guerra scatenata contro la popolazione ucraina inerme e innocente dal folle e criminale governo russo prosegue e si estende, ogni giorno aggiungendo stragi a stragi, distruzioni a distruzioni, orrori a orrori.
L'intera umanita' e' inorridita, l'intera umanita' chiede pace e rispetto per la vita, l'intera umanita' chiede che cessi il massacro.
Ma pressoche' nessun governo sembra interessato a fermare la guerra; pressoche' nessun governo si sta adoperando per la pace.
Neanche il governo italiano, che anzi scelleratamente, oscenamente, mostruosamente coopera alla guerra, e quindi alle stragi di cui la guerra sempre e solo consiste.
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Egregio Presidente della Repubblica,
apra gli occhi: e' evidente che il piano del governo russo e di quello americano e' ridurre l'Ucraina in macerie e l'intera Europa in miseria.
E i vertici dell'Unione Europea, e molti governi europei, invece di adoperarsi per la pace, invece di impegnarsi per salvare tutte le vite che e' possibile salvare, invece di sostenere il "cessate il fuoco" e la fine delle uccisioni, invece di sostenere i negoziati che fermino le stragi e le devastazioni, stanno cooperando alla distruzione dell'Ucraina e al collasso dell'Europa.
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Egregio Presidente della Repubblica,
apra gli occhi: innumerevoli persone sono gia' state assassinate in Ucraina.
Milioni di persone hanno gia' perso ogni loro avere e sono costrette a una fuga disperata.
Ma i governi russo, americano ed europei continuano la guerra, vogliono sempre piu' morti, sempre piu' stragi, sempre piu' distruzioni, sempre piu' poverta', sempre piu' disperazione, odio, lutti, sempre piu' vittime di un'insensata orgia di sangue.
I governi russo, americano ed europei stanno agendo come pazzi assassini.
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Egregio Presidente della Repubblica,
apra gli occhi: mentre prosegue il massacro della popolazione ucraina inerme, la guerra da un momento all'altro puo' estendersi e diventare mondiale e nucleare, e distruggere l'umanita'.
E' in pericolo l'intera umanita', l'intero mondo vivente.
Ma i governi russo, americano ed europei continuano la guerra, vogliono sempre piu' morti, sempre piu' stragi, sempre piu' distruzioni, sempre piu' poverta', sempre piu' disperazione, odio, lutti, sempre piu' vittime di un'insensata orgia di sangue.
I governi russo, americano ed europei stanno agendo come pazzi assassini.
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Egregio Presidente della Repubblica,
apra gli occhi: occorre fermare la guerra prima che la guerra annienti l'umanita'.
Richiami il governo italiano al rispetto dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana che ripudia la guerra.
Non avalli piu' insensate e scellerate decisioni che favoreggiano la guerra e le stragi.
Non avalli piu' insensate e scellerate decisioni che incrementano la strage degli innocenti in Ucraina ed impoveriscono sempre di piu' la stessa popolazione italiana.
Non avalli piu' insensate e scellerate decisioni che mettono in pericolo l'intera umanita'.
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Egregio Presidente della Repubblica,
apra gli occhi: occorre fermare la guerra prima che la guerra annienti l'umanita'.
Richiami il governo italiano al rispetto dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana che ripudia la guerra.
Il governo italiano revochi la folle e criminale decisione di inviare armi assassine in Ucraina il cui effetto e' favoreggiare la guerra e le stragi.
Il governo italiano revochi la folle e criminale decisione delle cosiddette "sanzioni" il cui effetto e' favoreggiare la guerra e le stragi in Ucraina ed impoverire le classi popolari italiane.
Il governo italiano cessi di avallare le sciaguratissime decisioni dell'Unione Europea il cui effetto e' favoreggiare la guerra e le stragi in Ucraina ed impoverire le persone gia' sfruttate ed oppresse, rapinate ed impoverite, nell'intera Europa.
Il governo italiano cessi di avallare l'azione della Nato, ed anzi si adoperi per lo scioglimento della Nato, un'organizzazione terrorista e stragista che nel corso del tempo ha commesso innumerevoli crimini di guerra e contro l'umanita'.
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Egregio Presidente della Repubblica,
apra gli occhi: occorre soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone vittime della guerra, in Ucraina come ovunque.
Occorre inviare aiuti umanitari alla popolazione inerme vittima della guerra, in Ucraina come ovunque.
Occorre inviare forze di interposizione nonarmata e nonviolenta sotto la guida dell'Onu per fermare la guerra, in Ucraina come ovunque.
Occorre adoperarsi per il negoziato che ponga termine alla guerra, in Ucraina come ovunque.
Occorre opporsi alla guerra e alle stragi con il disarmo, con la smilitarizzazione, con la pace realizzata con mezzi di pace, con la scelta nitida e intransigente del rispetto per la vita, con la scelta della nonviolenza che invera la democrazia e i diritti umani di tutti gli esseri umani.
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Egregio Presidente della Repubblica,
apra gli occhi: ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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Augurandole ogni bene,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 29 aprile 2022

4. REPETITA IUVANT. CAROL GOKEE: RISE UP FOR PELTIER CALL TO ACTION TOOLKIT
[Dal comitato internazionale di difesa di Leonard Peltier ("International Leonard Peltier Defense Committee", 428-A8 Farnham St. Marshall, WI. 53559, 715.209.4453, sito: www.whoisleonardpeltier.info, e-mail: Contact at whoisleonardpeltier.info) riceviamo e diffondiamo]

Ask President Biden for the Immediate Release of Leonard Peltier!
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Call to Action Briefing
There is no doubt that our criminal justice system is imperfect, and Mr. Peltier knows firsthand just how imperfect it can be.
"I call on President Biden to commute Mr. Peltier's sentence expeditiously. It is the right thing to do." - Senator Patrick Leahy (D-Vt), longest serving member of the U.S. Senate
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Call to Action
Contact President Biden today!
202.456.1111
Ask for the immediate release of Leonard Peliter
Call President Biden Today! 202.456.1111
Please note: The White House comment line is open from 11 a.m. to 3 p.m.
Eastern, Tuesday through Thursday.
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Important Links:
Change.org Petition: https://bit.ly/3refswl
Contact your local Representatives: https://bit.ly/housereplp
New York Times Article : Clemency for Peltier:
https://docs.google.com/document/d/1zpHhgTsR0cOQkqxlCJ-7fKoW2qJzTx9SbdoqaldBJlg/edit
Guardian Article Calling for Clemency:
https://amp.theguardian.com/commentisfree/2022/feb/02/leonard-peltier-is-americas-longest-held-indigenous-prisoner-he-should-be-freed
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Graphics:
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Please use these graphics to post on social media outlets.
RISEUpForPeltier Signs & Banner Art link here
Use images in this link above for signs and banners for art builds.
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Official Hashtags
#RiseUpForPeltier
#FreeLeonardPeltier
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Account to Tag
@POTUS
@whitehouse
@OfficialFBOP (Bureau of Prisons)
@PeltierHQ (International Leonard Peltier Defense Committee)
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Sample Facebook and Instagram Post (Copy and Paste)
Call-to-Action
Leonard Peltier, Anishinaabe and Dakota, has spent over 4 decades of his life behind bars, and recently, the prison system has failed to provide him adequate care and protection against COVID-19. His story is the epitome of the systemic abuse that continues to target Indigenous people and Movement Leaders.
We call upon President Biden to show proof of his efforts toward justice and equity by granting Executive Clemency to elder movement leader Leonard Peltier.
Call the White House and demand the release of Leonard Peltier. (202) 456-1111. Say
you support the commutation of #LeonardPeltier's sentence. He's held at USP-Coleman I in FL. Register number 89637-132
Sign the online petition: https://bit.ly/3refswl
Contact your reps. Find them here: https://bit.ly/35raR
#RiseUpForPeltier
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Here's what you need to know to #RiseUpForPeltier
On March 26, 2020 the Office of the Attorney General issued guidelines for the "Prioritization of Home Confinement as Appropriate in Response to COVID-19 Pandemic." A release to home confinement can be an immediate measure to ensure that Mr. Peltier gets the health care that he requires while the ILPDC continues to push for the commutation of his sentence.
*
Mr. Peltier's home community on the Turtle Mountain Reservation in North Dakota continues to plead for his return, confirming that they do not see his release as a threat to his community. Read the full letter here.
*
The International Leonard Peltier Defense Committee (ILPDC) is calling on the public to contact the White House and urge President Biden to take immediate action. Next, contact members of Congress and ask them to call upon the Warden at USP Coleman-1 and Bureau of Prisons Director Michael Carvajal, urging the immediate release of Leonard Peltier to home confinement.
It is time for Leonard Peltier to go home and be taken care of by his people. He has suffered for far too long and time is running out. Enough is enough!
*
Senator Patrick Leahy (D-Vt), the longest serving member of the U.S. Senate issued a statement urging President Biden to commute Leonard Peltier's sentence stating that, "His trial was so riddled with flaws that even one of the prosecutors trying him has acknowledged that Peltier was wrongfully convicted... He is exactly the kind of individual who should be considered for clemency... I have long believed that pardons and commutations are vital tools to offer clemency and relief, particularly when our criminal justice system has been contorted to propagate injustices. I call on President Biden to commute Mr. Peltier.s sentence expeditiously. It is the right thing to do."
Read the full statement here:
https://www.leahy.senate.gov/press/comment-urging-president-biden-to-commute-leonard-peltiers-sentence
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Sample Tweets (Copy and Paste)
Mr. Peltier's home community on the Turtle Mountain Reservation in North Dakota continues to plead for his return, confirming that they do not see his release as a threat to his community. Read the full letter here:
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The IPLDC is calling on the public to contact the White House and urge President Biden to take immediate action. Next, contact members of Congress and ask them to call upon the Warden at USP Coleman-1 and Bureau of Prisons Director Michal Carvajal, urging the immediate release of Leonard Peltier to home confinement.
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It is time for Leonard Peltier to go home and be taken care of by his people. He has suffered for far too long and time is running out. Enough is enough.
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Carol Gokee, International Leonard Peltier Defense Committee, 715-209-4453
Jean Roach, International Leonard Peltier Defense Committee, 605-415-3127
Kevin Sharp, former Federal District Court Judge & Peltier's lead attorney, 615-434-7001

5. TESTI. ALCUNE POESIE DI ADRIENNE RICH
[Riproponiamo ancora una volta questa scelta di versi di Adrienne Rich, dal volume Esplorando il relitto, Savelli, Milano 1979 (edizione originale: Diving into the Wreck, W. W. Norton, New York 1973, premiato con il National Book Award nel 1974), nella traduzione di Liana Borghi (che di Adrienne Rich e' traduttrice e studiosa acutissima).
Adrienne Rich (Baltimora, 16 maggio 1929 - Santa Cruz, 27 marzo 2012) e' stata una grandissima poetessa e saggista femminista americana di straordinaria intensita' e profondita', di forte impegno civile, militante per la pace e la dignita' umana. Presentando alcuni suoi versi anni fa scrivevamo che "Adrienne Rich e' l'autrice di Nato di donna, un libro la cui lettura e' ineludibile. Ma e' anche una poetessa che ha scritto versi che ti tolgono il respiro, ovvero te lo restituiscono. Ed una militante per la pace e i diritti umani di grande rigore e nitore". Dal sito www.crocettieditore.com riprendiamo la seguente scheda di alcuni anni fa: "Adrienne Rich e' nata il 16 maggio 1929 a Baltimora. Poetessa, saggista e militante femminista, a ventun anni ha vinto il Premio Yale per giovani poeti con A change of world (1951, Un mutamento di mondo). Ha, inoltre, pubblicato le raccolte poetiche Gli intagliatori di diamanti (1955, The diamond cutters), Necessita' del vivere (1966, Necessities of life), Esplorando il relitto (1973, Diving into the wreck), Il sogno di una lingua comune (1978, The dream of a common language), Atlante del mondo difficile (1991, Atlas of the difficult world); e i saggi Nato di donna (1976, Born of woman), Segreti silenzi bugie (1966-78, On lies, secrets and silence), Sangue, pane e poesia (1986, Blood, bread and poetry); e la raccolta Oscuri campi della repubblica (1991-95, Dark fields of the republic), che comprende anche numerose sequenze narrative". Tra le opere di Adrienne Rich: Nato di donna, Garzanti, Milano 1977, 2000; Esplorando il relitto, Savelli, Milano 1979; Segreti silenzi bugie, La Tartaruga, Milano 1982; Lo spacco alla radice, Estro, Firenze 1985; Come la tela del ragno, La Goliardica, Roma 1985; Cartografie del silenzio, Crocetti, Milano 2000]

Cercando di parlare con un uomo

In questo deserto collaudiamo bombe,

ecco perche' siamo venuti qui.

Talvolta sento un fiume sotterraneo
premere tra due scogliere deformi
un angolo acuto di comprensione
spostarsi come un loco del sole
in questo paesaggio condannato.

A cosa abbiamo rinunciato per arrivare fin qui -
intere collezioni di Lp, film recitati da noi
ormai in terza visione, vetrine di fornai
piene di biscotti ebraici secchi, alla cioccolata
il linguaggio delle lettere d'amore, dei suicidi,
pomeriggi sul greto del fiume
fingendo di essere bambini

Venendo in questo deserto
di cui volevamo cambiare il volto
guidando tra cactacee verde spento
camminando a mezzogiorno nelle citta' morte
circondati da un silenzio
che sembra il silenzio di questo luogo
solo che e' venuto con noi
ed e' familiare
e tutte le cose finora dette
erano uno sforzo per cancellarlo -
Venendo qui siamo al confronto

Qui mi sento piu' indifesa
con te che senza te
Tu accenni al pericolo
elenchi l'equipaggiamento
parliamo di persone che si aiutano
in casi di emergenza - lacerazione, sete -
ma tu guardi me come un caso d'emergenza

Il tuo calore secco e' potere
i tuoi occhi sono stelle di una grandezza diversa
riflettono luci che dicono: uscita
quando ti alzi e misuri coi passi il pavimento

parlando del pericolo
come se non fossimo noi
come se collaudassimo qualcos'altro.

1971

*

Quando noi morti ci destiamo

Per E. Y.

1. Cercando di dirti come
l'anatomia del parco
attraverso i vetri macchiati, il modo
in cui i guerriglieri avanzano
sui campi minati, l'immondizia
che brucia senza fine nel cumulo
per tornarsene in cielo come macchia -
ogni cosa fuori della nostra pelle e' un'immagine
di questa afflizione:
pietre sulla mia tavola, portate a mano
da scene di cui mi fidavo
ricordi di quel che un tempo descrissi
come felicita'
ogni cosa fuori della mia pelle
parla del difetto che mi fa zoppicare
persino le cicatrici delle mie decisioni
persino lo sprazzo di sole nella vena di mica
persino tu, compagna creatura, sorella,
che mi siedi di fronte, scura d'amore,
lavorando come me a disfare
lavorando come me a rifare
questo strascico di maglia, questo panno di oscurita',
questo indumento di donna, cercando di salvar la matassa.

2. Il fatto di essere una persona separata
entra nella tua esistenza come un mobile
- un cassone di legno del Seicento
di qualche parte del Nord.
Ha una serratura enorme modellata a testa di donna
ma la chiave non s'e' trovata.
Negli scompartimenti ci sono altre chiavi
di porte smarrite, un occhio di vetro.
Piano cominci ad aggiungere
cose tue.
Vai e vieni riflessa nei pannelli.
Smetti di ricordare gli anniversari,
cominci a scrivere nei tuoi diari
piu' onestamente che mai.

3. L'incantevole paesaggio del Sud Ohio
tradito dalle miniere a cielo aperto, la
grossa fede d'oro al dito dell'adultero
i programmi indistinti della radio pirata vicino alla costa
sono motivi di esitazione.
Qui nella matrice del bisogno e della rabbia, la
confutazione di quanto ritenemmo possibile
fallimento di cure
dubbi sull'esistenza dell'altro
- dillo e ripetilo, le parole
si addensano di non senso -
eppure mai siamo stati piu' vicini alla verita'
delle menzogne che vivevamo, ascoltami:
la fedelta' che so immaginare sarebbe un'erbaccia
che fiorisce nel catrame, un'energia blu che buca
gli atomi ammassati di una roccia d'incredulita'.

1971

*

Svegliandosi nel buio

1. La cosa che mi arresta e'

come siamo composti di molecole

(mi mostro' il disegno del selciato)

disposte senza nostro consenso e consapevolezza

come la telefoto composta
di milioni di puntini

nella quale l'uomo del Bangladesh
cammina affamato

sulla prima pagina
senza saperne niente

e questa e' la sua presenza per il mondo.

2. Stavamo in fila fuori di qualcosa
due a due, o da soli a coppia, o solamente soli,
guardando vetrine piene di forbici,
vetrine piene di scarpe. La strada chiudeva,
la citta' chiudeva, avremmo avuto noi la fortuna
di farcela? Esponevano
in una teca, l'Uomo senza patria.
Gli alzammo i passaporti in faccia, piangemmo per lui.

Scaricano sangue animale nel mare
per attirare i pescecani. Talvolta ogni
aperura del mio corpo
perde sangue. Non so se
far finta che sia naturale.
C'e' una legge per questo, una legge di natura?
Tu adori il sangue
lo chiami perdita isterica
lo vuoi bere come latte
vi immergi il dito e scrivi
svieni all'odore
sogni di scaricarmi in mare.

3. La tragedia del sesso
e' intorno a noi, un lotto di bosco
per cui si affilano le asce.
I vecchi ripari e capanni
fissano dalla radura con una certa risolutezza
- la capanna dell'eremita', il rifugio dei cacciatori -
scene di masturbazione
e barzellette sporche.
Un mondo di uomini. Ma finito.
Loro stessi l'hanno venduto alle macchine.
Cammino nella foresta ignara
una donna nella vecchia uniforme da corve'
che si e' ristretta per starle, sono persa
a momenti, mi sento stordita
dal sole che muove le zampe tra gli alberi,
ho freddo nell'umido lichene del folto.
Niente si salvera'. Sono sola,
a calciare gli ultimi tronchi marci
con il loro strano odore di vita, non di morte,
a chiedermi cosa mai avrebbe potuto diventare tutto questo.

4. Chiarezza,
spruzzo

che acceca e purga

strali di sole che battono l'acqua

i corpi filano nell'aria

come alianti

i corpi al rallentatore

cadono
nella piscina
alle Olimpiadi di Berlino

controllo; perdita di controllo

i corpi risalgono
ritornano arcuati alla torre
il tempo si riavvolge su se stesso

chiarezza di aria aperta
dinanzi alle camere oscure
con le teste di doccia

i corpi ricadono ancora
a piombo
piu' veloci della luce
l'acqua si apre
come aria
come percezione

Una donna ha fatto questo film
contro
la legge
di gravita'.

5. Tutta la notte ho sognato un corpo
sul quale lo spazio pesa diversamente che sul mio
Facciamo l'amore per strada
il traffico rifluisce da noi
si rovescia come un lenzuolo
l'asfalto freme di tenerezza
non c'e' sgomento
ci muoviamo insieme come piante sott'acqua

Ancora e ancora, sul punto di svegliarmi
mi rituffo a scoprirti
che ancora bisbigli, toccami, continuiamo
a fluire per la lenta
foresta-oceano di luci di citta'
che ci smuove i peli del corpo

Ma questo e' il sogno che parla
svegliandomi
vorrei ci fosse un dove
reale su cui stare
e passarci il cannocchiale
e guardare la terra, il bosco selvaggio
dove lo spacco si apri'

1971

*

Incipienza

1. Vivere, giacere svegli
sotto l'intonaco scrostato
mentre si forma il ghiaccio sulla terra
a un'ora in cui niente si puo' fare
per affrettare le decisioni

sapere che il filo si compone
nel corpo del ragno
primi atomi della tela
visibile domani

sentire il futuro infuocato
di ogni fiammifero in cucina

Niente si puo' fare
se non a gradi. Scrivo la mia vita
ora per ora, parola per parola
guardando la rabbia delle vecchie sull'autobus
numerando le striature
d'aria nel cubetto di ghiaccio
immaginando l'esistenza
di qualcosa non ancora creato
questa poesia
le nostre vite

2. Un uomo dorme nella stanza accanto
Noi siamo i suoi sogni
Abbiamo testa e seni di donne
corpi di uccelli da preda
Talvolta ci tramutiamo in serpenti d'argento
Mentre vegliamo fumando e parlando di come vivere
lui si gira nel letto e mormora

Un uomo dorme nella stanza accanto
Un neurochirurgo entra nel suo sogno
e comincia a sezionargli il cervello
Lei non sembra un'infermiera
e' assorta nel suo lavoro
ha un volto severo, delicato come Marie Curie
Non e' / potrebbe essere una di noi due

Un uomo dorme nella stanza accanto
Ha passato tutto un giorno
in piedi, a tirare sassi nello stagno nero
che si mantiene nero
fuori del suo sogno noi saliamo incerte su per la collina
mano nella mano, saliamo incerte su per la collina
sopra la roccia vulcanica sfregiata.

1971

*

Dopo vent'anni

Per A. P. C.

Due donne siedono a un tavolo vicino a una finestra, ognuna colpita
diversamente dalla stessa luce.
Parlando sprizzano scintille
che i passanti per strada osservano
come un riflesso sul vetro di quella finestra.
Due donne nel fiore della vita.
I loro figli sono tanto grandi da avere figli.
La solitudine e' parte della loro storia da vent'anni,
il bordo scuro della pronta lingua,
il risvolto cupo dell'immaginazione.
C'e' neve e tuono nella strada.
Mentre parlano il lampo balena viola.
E' strano essere cosi' tante donne,
che mangiano e bevono alla stessa tavola,
che hanno lavato i bambini nello stesso lavabo
che hanno nascosto segreti l'una all'altra
hanno camiminato sul pavimento della loro vita in camere separate
e confluiscono ora nella storia come la donna del loro tempo
che vive nel fiore della vita
come in una citta' dove niente e' proibito
e niente permane.

1971

*

Lo specchio in cui due si vedono come una

1. E' lei che chiami sorella.
Il suo atto piu' semplice affascina,
come quando squama un pesce il coltello
la balena fra le lunghe dita
senza spreco di movimento o quando
rapida parlando d'amore
forbisce con la paglietta
il bollitore ammaccato

I pomi d'oro ti torcono il fianco
con improvviso vuoto
i cereali ti gonfiano, ogni grano
di spiga matura raccolto a  mano
Amore: il frigorifero
spalancato
le bistecce frollate si dissanguano
nella pellicola di plastica
il burro montato, le albicocche
gli avanzi acidi

Una cesta aspetta nel frutteto
che tu la riempia
le tue mani si scorticano contro
la ruvida corteccia,
le spine di questa pianta succulenta
Cogli, cogli, cogli
questo raccolto e' un fallimento
il succo ti scorre sugli zigomi
come sudore o lacrime

2. E' lei che chiami sorella
tu sfolgori come lampo per la stanza
le guizzi attorno come fiamma
ti abbagli nei suoi grandi occhi
enumerando le necessita' che non sente
spingendo i principi della tua vita
fra le sue mani

Lei si muove in un mondo di stoffa indiana
il corpo morbido
di ombre, il casimiro gonfio sui fianchi
mentre cammina per la strada con la camicetta di cotone
a comprare fichi freschi perche' tu li adori
a fotografare il ghetto perche' ce l'hai portata tu

Perche' piangi asciugati le lacrime
siamo sorelle
ti mancano le parole al suo sguardo affamato
le porgi un altro libro
segnato dalla tua matita
le porgi un disco
di due flauti che in India recitano

3. Tardi nella notte d'estate gli insetti
sfrigolano nel globo ingiallito
la tua pelle brucia dorata alla luce
In questo specchio, chi sei? Sogni del convento
con la sua disciplina, della stanza dei bambini
con la bambinaia, dell'ospedale
dove tutti i potenti sono mascherati
del cimitero dove siedi sulle tombe
di donne che morirono di parto
di donne che morirono nascendo
Sogni della nascita di tua sorella
tua madre che muore e muore e muore di parto
senza sapere come fermarsi
partorendoti ancora e ancora

tua madre morta e tu non ancora nata
le tue due mani ti afferrano la testa
tirandola giu' contro la lama della vita
i tuoi nervi i nervi di una levatrice
che impara il mestiere

1971

*

Canzone

Ti domandi se mi sento sola:
Ok allora, si', mi sento sola
come un aereo vola solo e orizzontale
sulla sua onda radio, puntando
oltre le Montagne Rocciose
verso le piste recinte di blu
di un aeroporto sull'oceano

Mi vuoi chiedere, mi sento sola?
Bene, certo, sola
come una donna che attraversa il paese guidando
giorno dopo giorno, lasciandosi dietro
miglio dopo miglio
piccole citta' dove avrebbe potuto fermarsi
a vivere e morire, da sola

Se mi sento sola
dev'essere la solitudine
di svegliarsi per prima, di respirare
il primo respiro freddo dell'alba sulla citta'
di essere l'unica che e' sveglia
in una casa avvolta nel sonno

Se mi sento sola
e' come la barca chiusa nel ghiaccio della riva
nell'ultima luce rossa dell'anno
che sa che cos'e', che sa che non e'
ghiaccio ne' fango ne' luce d'inverno
ma legno, con quel dono di poter bruciare

1971

*

A tuffo nel relitto

Avendo prima letto il libro dei miti
e caricato la macchina fotografica,
e tastato la lama del coltello,
mi misi
l'armatura di gomma nera
le pinne assurde
la maschera seria e ingombrante.
Mi tocca far questo
non come Cousteau con la sua
equipe assidua
a bordo della goletta inondata di sole
ma qui da sola.

C'e' una scala.
La scala c'e' sempre
pende innocente
al fianco della goletta.
Sappiamo a che serve,
noi che l'abbiamo usata.
Altrimenti
e' un pezzo di filamento marino
un attrezzo qualsiasi.

Scendo.
Piolo dopo piolo e ancora
l'ossigeno mi immerge
la luce azzurra
gli atomi chiari
della nostra aria umana.
Scendo.
Le pinne mi paralizzano,
striscio come un insetto giu' per la scala
e non c'e' nessuno
a dirmi quando l'oceano
comincia.

Prima l'aria e' azzurra e poi
e' piu' azzurra e poi verde e poi
nera vedo tutto nero eppure
la maschera e' buona
pompa forza al mio sangue
il mare e' un'altra storia
il mare non e' questione di forza
devo imparare da sola
a muovere il corpo senza sforzo
nel profondo dell'elemento.

E ora: e' facile dimenticare
perche' sono venuta
in mezzo a chi e' sempre
vissuto qui
agitando ventagli smerlati
fra le scogliere
E inoltre
si respira in modo diverso quaggiu'.

Sono venuta a esplorare il relitto.
Le parole sono propositi.
Le parole sono mappe.
Sono venuta a vedere il danno che e' stato fatto
e i tesori che sono rimasti.
Carezzo il raggio della mia lampada
lentamente lungo il fianco
di qualcosa piu' duraturo
dei pesci o le alghe

La cosa per cui venni:
il relitto e non la storia del relitto
la cosa stessa e non il mito
il volto annegato che sempre guarda
verso il sole
la prova del danno
erosa dal sale e dai flutti a questa bellezza consunta
le costole del disastro
che curvano la loro asserzione
fra i cauti fantasmi.

Questo e' il posto.
E sono qui, la sirena i cui capelli scuri
fluttuano neri, il tritone dal corpo corazzato
Giriamo in silenzio
attorno al relitto
ci tuffiamo nella stiva.
Io sono lei: io sono lui

il cui volto annegato dorme a occhi aperti
I cui seni ancora portano il peso
Il cui carico d'argento, rame, vermeil giace
oscuro nei barili
semi-incastrati e lasciati a marcire
noi siamo gli strumenti semi-distrutti
che un tempo tennero la rotta
il solcometro corroso dall'acqua
la bussola impazzita

Siamo, sono sei
per vilta' o per coraggio
quell'uno che torna sempre
a questa scena
portando un coltello, una macchina fotografica
un libro di miti
nel quale
i nostri nomi non compaiono.

1972

*

Struggendosi di fuoco

In una libreria dell'East Side
ho letto la testimonianza di un veterano:

hanno investito senza ragione
una vecchia nel Sud Vietnam
con un camion dell'Esercito Usa

L'ondata di caldo e' finita
inerte, assolata, l'East Side
riposa sotto le pensiline

Un'altra estate
le fiamme continuano a nutrirsi

e un caldo afoso permea il terreno
della mente, la bruciatura ha fatto presa
come se non avese piu' dubbi

sul suo diritto a divorare
il resto di una vita
il resto della storia

Stralci di notizie, come questa
soffiano sul mucchio

lo nutrono, che si voglia o no,
un'altra estate, e un'altra ancora
di sofferenza quieta

nelle librerie, nei parchi
per questo noi gridiamo, noi
soffriamo in silenzio

1972

*

Distruggendosi di fuoco

Per E. K.

Guardiamo nella stufa stasera
come in uno specchio, si',

il ciocco corrugato, il nucleo
gassoso giallo-blu

la cenere grigia screziata di rosso, si',
li conosco dentro le palpebre
e sotto la pelle

Il tempo ci afferra come una corrente
che sale, succhiando i calori
del ventre, del cervello

Mi dicesti di aver posto la mano
sull'orma di un indiano morto da molto tempo
e per un attimo conobbi quella mano,

quell'orma, quella roccia,
quel sole che produce vividi sogni
Una parola puo' far questo

o, come stasera, lo specchio del fuoco
della mia mente, che brucia come se potesse continuare
a bruciare se stesso, bruciando appena

divorando tutto
finche' non c'e' niente nella vita
che non ha nutrito quel fuoco

1972

*

Per una sorella

Per Natalya Gorbanevskaya, incarcerata per due anni in un manicomio
sovietico per attivismo politico; e altri

Non mi fido di nessuno di loro. Solo della mia esistenza
gettata nel mondo come una catena da traino
sbattuta e contorta da molti collegamenti casuali
tirata di qua, tirando di la'.

Devo rubare la sensazione di polvere sul pavimento,
di latte inacidito nella dispensa
dopo che vennero a prenderti.
Sono costretta a immaginare lo sguardo che hai lanciato dietro di te.

Pochi paragrafi sui giornali,
tenendo conto degli errori di stampa, le omissioni volute,
la violenza specializzata dei medici.
Non mi fido di loro, ma sto imparando a usarli.

Poco a poco dalle congetture sfocate
emerge il tuo viso, un marmo sommerso
issato lentamente dal profondo.
Sento le corde irrigidirsi sotto il peso della disperazione.

Ti hanno perquisito per contrabbando, hanno preso delle annotazioni.
Uno sguardo d'intelligenza potrebbe costarti vent'anni.
Meglio tracciare cerchi inesistenti con il dito,
cercare di imitare il sorriso di chi e' per sempre ottuso.

Immagini mie. Questa metafora per cio' che succede.
Un geranio in fiamme su una tovaglia verde
diventa tuo. Tu, tornando a casa dopo
per accendere la stufa, prendi la macchina da scrivere e ricominci. La tua
storia.

1972

*

Per chi e' morto

Ho sognato che ti chiamavo al telefono
per dire: Sii piu' dolce con te stesso
ma tu stavi male e non hai risposto

Lo spreco del mio amore continua cosi'
cercando di salvarti da te stesso

Mi ha sempre dato da pensare l'energia
residua, acqua che scorre giu' per la collina
molto dopo che le piogge sono cessate

o il fuoco che devi abbandonare per andare a letto
ma che non puoi lasciare, quasi ma non del tutto spento
i carboni rossi piu' vivi, piu' curiosi
nelle vampate di fiamma e nel morire
di quanto vorresti tu
seduta la' assai dopo la mezzanotte

1972

*

Da un sopravvissuto

Il patto che facemmo era il solito patto
di uomini e donne di allora

Non so chi credevamo di essere
che la nostra personalita'
potesse resistere al fallimento generale

Per fortuna o sfortuna, non sapevamo
che la razza umana fosse in fallimento
e che vi saremmo stati coinvolti

Come chiunque altro, pensavamo di essere speciali

Il tuo corpo per me e' vivido
come lo e' sempre stato; anche di piu'

perche' e' piu' chiaro cio' che sento
so cosa poteva e cosa non poteva fare

non e' piu'
il corpo di un dio
o qualcosa che ha potere sulla mia vita

L'anno prossimo sarebbero stati venti anni
e tu sei morto con spreco
tu che avresti potuto fare quel salto
che parlammo, troppo tardi, di fare

che io vivo ancora
non come un salto
ma un susseguirsi di brevi movimenti sorprendenti
ognuno dei quali rende possibile il seguente

1972

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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 433 del 2 maggio 2022
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