[Nonviolenza] Telegrammi. 4137



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4137 del 16 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Per don Roberto Burla, quattro anni dopo
2. La Nato
3. L'epidemia
4. Omero Dellistorti: Con un piccolo aiuto
5. Ballata per una Regina morta ammazzata sulla strada tra Tuscania e Tarquinia nell'estate del duemilauno
6. La rosa
7. Istruzioni per sopprimere le zingarelle
8. Istruzioni per sopprimere le donne usate e in esubero
9. La bambina
10. Caterina, o della resistenza necessaria
11. Una vecchia fotografia
12. Uomini che bruciano le donne
13. Storia di Gelsomina
14. Della nonviolenza dispiegata al sole ad asciugare
15. A Roma in un cassonetto
16. Magari le belve
17. Il nostro stupro quotidiano
18. La carne macerata
19. Segnalazioni librarie
20. La "Carta" del Movimento Nonviolento
21. Per saperne di piu'

1. AMICIZIE. PER DON ROBERTO BURLA, QUATTRO ANNI DOPO

Tra un paio di giorni, il 17 giugno 2021, ricorre il quarto anniversario della morte di don Roberto Burla, un uomo buono.
Chi lo ha conosciuto ne serba un ricordo che non si estingue, e serbarne memoria significa sentirne ancora l'appello all'agire in aiuto di chiunque di aiuto abbia bisogno.
E' un fiore e una spina quel ricordo: il persistere della bellezza del bene e lo sprone incessante a continuare nell'opera della solidarieta' e della condivisione del bene e dei beni; nella lotta nonviolenta contro il male, l'ingiustizia, la violenza e la morte.
Era un amico generoso e gentile che insegnava con l'esempio; era l'umanita' come dovrebbe essere; era la persona che si era posta all'ascolto del discorso della montagna e ne aveva fatto la sua via e la sua vita, alla sequela dell'uomo semplice e puro di cuore che predico' l'amore e lo testimonio' fino alla morte.
Ogni persona oppressa sa che le catene devono spezzarsi: e sara' solo la forza dell'amore, la forza della verita', la forza della solidarieta' a spezzarle.
Ogni persona oppressa sa di avere diritto a una vita degna, e sara' solo la misericordia che si fa forza sociale e politica, coscienza e azione storica concreta e coerente, a realizzare un mondo in cui si possa vivere umanamente.
Ogni persona oppressa sa che chiunque si sia impegnato per lenire la sofferenza, per contrastare la violenza, per prestare ascolto e soccorso e conforto, illumina e riscalda il cuore dell'umanita' intera.
Roberto Burla era uno di questi innumerevoli, umili, alacri, invincibili costruttori di pace la cui esistenza salva il mondo dall'orrore e dal vuoto.
Che viva gioia averlo conosciuto.
*
Una minima notizia su don Roberto Burla
In luogo di alcune scarne notizie biografiche (era nato a Montefiascone il 15 settembre 1945 ed e' deceduto a Viterbo il 17 giugno 2017; e' stato sacerdote della diocesi di Viterbo e della Caritas diocesana direttore) ripropongo qui una sintesi delle parole che dissi nel corso della commemorazione che tenemmo con alcuni amici alcuni giorni dopo il decesso; la verita' di una persona non essendo nei dati cronologici e statistici, ma in cio' che nella e della sua vita volle e seppe concretamente fare per il bene comune dell'umanita' intera.
"Don Roberto Burla e' stato un testimone dell'amore che ogni essere umano riconosce e raggiunge; una persona mite e generosa postasi all'ascolto del discorso della montagna e alla sequela di chi lo pronuncio'; un uomo che dinanzi al dolore degli altri mai resto' inerte, ma sempre volle e seppe agire per recare soccorso, salvare le vite, curare le ferite, lenire le sofferenze, confortare e riconciliare; ed insieme denunciare e contrastare tutte le violenze, adoperandosi allo stesso tempo sia nell'aiuto immediato a chi di aiuto immediato ha bisogno, sia a promuovere quei mutamenti culturali negli animi e strutturali nella societa' che aboliscano le concrezioni di violenza, le pratiche di sopraffazione, i poteri criminali.
Amico della nonviolenza, portatore del dono di saper donare senza riserve, di saper parlare senza menzogne, di saper chiedere e suscitare l'altrui aiuto quando per aiutare altri altri ancora occorre coinvolgere nell'impegno, di saper essere insieme forte e gentile, umile e tenace, profondo nell'empatia e deciso nell'agire, don Roberto resta per tutti coloro che lo hanno conosciuto un esempio di come l'umanita' potrebbe essere, di come l'umanita' dovrebbe essere, di come l'umanita' sara' quando avra' piena coscienza di se'.
Un amico, un maestro, un compagno ci ha lasciato. Che noi si sappia essere capaci di proseguirne l'impegno.
Vi e' una sola umanita', e tutti gli esseri umani ne fanno parte.
Vi e' una sola umanita', in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera, un unico mondo vivente di cui l'umanita' e' parte e deve prendersi cura.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Ogni essere umano e' responsabile del bene comune.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Opporsi a tutte le uccisioni.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Con tutti, a tutti, per tutti, in tutti sia la pace".
*
Anche nel ricordo di don Roberto Burla ancora una volta qui e adesso ripetere voglio questa persuasione, questa esortazione: che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
*
Allego in calce altri due ricordi dello scorso anno e due anni fa.
La nonviolenza e' in cammino. La nonviolenza e' il cammino.
* * *
Un ricordo di un anno fa
"Quis horum trium videtur tibi proximus fuisse illi, qui incidit in latrones? At ille dixit: Qui fecit misericordiam in illum. Et ait illi Iesus: Vade et tu fac similiter"
(Lc, 10, 36-37)
Il 17 giugno ricorre il terzo anniversario della morte di don Roberto Burla, per anni direttore della Caritas diocesana di Viterbo, amico della nonviolenza, diuturnamente sollecito nel soccorrere - con il braccio e con il cuore - chiunque avesse bisogno di aiuto, misericordioso come il buon samaritano.
Lo ricordo come un indimenticabile amico di animo insieme soave e saldo, candido e forte; e nell'azione concreto e tempestivo, rigoroso e accudente. Tutto comprendeva, tutte le persone amava, ad ogni violenza e ingiustizia e oppressione opponendo la forza dell'amore, la forza della verita' che libera e salva, la forza della solidarieta' che tutto il bene e tutti i beni condivide, che nessuna persona abbandona all'abuso e alla paura, alla sofferenza e alla solitudine, allo schianto e alla disperazione. Era il prossimo di tutti e di ciascuno, il mio, il tuo, il nostro prossimo.
In questi ultimi anni, in questi ultimi mesi, in questi ultimi giorni di scellerata furia razzista e assassina, di epidemia mostruosamente aggravata dalla tracotante improntitudine e dalla cieca irresponsabilita' di governanti solipsisti e razzisti che con la loro barbara incoscienza e insipienza, intempestivita' e inadeguatezza, hanno provocato innumerevoli morti che potevano essere evitate; di abominevoli stragi nel Mediterraneo; di orribile schiavitu' e di funesti roghi nelle nostre campagne; di effettuale criminale apartheid; molte volte ho pensato a don Roberto, e mi sono detto che avremmo dovuto cercare di fare quello che lui avrebbe fatto per soccorrere tutte le vittime, per salvare tante vite innocenti, per contrastare il male e la morte.
Credo che tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di essere stati suoi amici abbiamo sentito questo dovere: di continuare nell'impegno che e' stato anche il suo, per quanto possibile cercando di sopperire al vuoto lasciato dalla sua scomparsa.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Ogni essere umano ed ogni umano istituto ha il dovere di soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Siamo una sola umanita'.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Nel ricordo di don Roberto Burla continuiamo in cio' che e' giusto.
* * *
Un ricordo di due anni fa
Due anni fa, il 17 giugno 2017, ci lasciava don Roberto Burla, direttore della Caritas diocesana di Viterbo, una persona buona come il pane, un autentico costruttore di pace, un infaticabile soccorritore di ogni persona che di aiuto avesse bisogno, uno strenuo lottatore nonviolento per la verita' che consiste nel salvare le vite, e un amico fraterno indimenticabile.
In questi due anni ho sovente pensato a lui, e dinanzi alle atrocita' che non solo miserabili teppisti di strada ma anche e soprattutto avidissimi sfruttatori e potentissimi governanti malvagi commettono ogni giorno con violenza inaudita e quasi oscenamente inebriandosi delle sofferenze inflitte ad esseri umani innocenti ed inermi, tante volte mi sono detto: cosa avrebbe detto, cosa avrebbe fatto don Roberto? Ed ho cercato - da ultimo degli ultimi - di dirle io le cose che credo avrebbe detto anche lui, e nei limiti delle mie limitatissime risorse e capacita' ho cercato di continuare a fare le cose che so lui condivideva.
Perche' don Roberto e' stato per tutta la vita un luminoso testimone del bene, un gandhiano satyagrahi, un coraggioso generoso soccorritore fino all'ultimo respiro.
E ci lascia in dono quindi non solo il bene fatto, ma anche un esempio e una memoria che continuera' a dare frutti preziosi; un'eredita', un legato, un appello ineludibile: proseguire nell'azione nonviolenta di pace  e di solidarieta' che e' stata anche la sua, alla sequela di quel mite che rifiuto' ogni potere, che assunse fraternamente su di se' il dolore di tutti gli umiliati e offesi, che invero' quell'antica massima della sapienza umana - "diliges... proximum tuum sicut teipsum" - inobliabilmente narrata in figure nella parabola del buon samaritano.
Ed a chi e' prostrato e piagato da troppe ingiuste sofferenze, a chi e' scandalizzato e quasi annichilito dal diluvio di male nel mondo, e vorrebbe - e non puo', e non deve - rassegnarsi all'orrore, e vorrebbe - e non puo', e non deve - arrendersi alla disperazione, a chi si sente cedere in ogni sua fibra sotto il peso dell'iniquita' che schiaccia ed annienta, questa parola sia concesso ripetere: che solo quando l'ultima persona buona si sara' arresa, solo allora l'umanita' si sara' estinta; ed allora sii tu quell'ultima persona buona che resiste alla violenza, e si oppone al male, e soccorre l'oppresso, il sofferente, il bisognoso; che soccorre la persona nell'estremo dolore e nell'estremo pericolo; che condivide il bene ed i beni con chiunque ne abbia urgente necessita'; sii tu l'umanita' come dovrebbe essere; sii tu don Roberto Burla.

2. MINIMA MORALIA. LA NATO

Gia', la Nato. E che altro si puo' fare di ragionevole e benefico se non scioglierla e denunciarne, processarne e condannarne i vertici per crimini di guerra e crimini contro l'umanita'?

3. MINIMA MORALIA. L'EPIDEMIA

Anche persone solitamente ragionevoli hanno dato cattiva prova dinanzi all'epidemia.
Ma pessima prova nel nostro paese (come in molti altri, del resto) ha dato il ceto dei prominenti al governo delo stato e delle regioni che con la loro irresponsabilita', stoltezza e improntitudine nel corso di un anno e mezzo hanno fatto morire oltre centomila persone che in grandissima parte potevano essere salvate se solo si fossero adottati per tempo e sulla scala necessaria i provvedimenti possibili e adeguati che ogni persona di buon senso capiva e capisce essere indispensabili ed urgenti.
Ma il ceto politico italiano attuale e' pressoche' tutto figlio del berlusconismo (di cui il grillismo e' l'ultima e piu' laida manifestazione nell'inabissamento nel delirio, nella barbarie e nel fascismo), e cosi' oltre centomila innocenti sono morti. Cosi' prosegue la strage degli innocenti nel Mediterraneo. Cosi' proseguono l'apartheid, la schiavitu', i campi di concentramento in Italia. Cosi' prosegue il traffico di armi assassine e la complicita' con le guerre.
E questo per dir solo dell'Italia, ma ovviamente e' sull'intero pianeta che occorre volgere l'attenzione.
Se non si coglie che la pandemia va affrontata a livelo mondiale non se ne potra' uscire, e innumerevoli esseri umani moriranno ancora non solo per la letalita' del covid, ma soprattutto per la mancanza di volonta' dei governanti a decidere di fare quello che occorre fare.
E quello che occorre innanzitutto fare, detto in due parole e alla brava, e': vaccinare l'intera umanita'. Semplicemente: vaccinare l'intera umanita'. Necessariamente: vaccinare l'intera umanita'.
E per vaccinare l'intera umanita' occorre abolire i brevetti e consentire a tutti i paesi del mondo di produrre i vaccini e distribuirli gratuitamente a tutte le persone.
Cosi' come occorre rendere obbligatoria - ripetiamolo: obbligatoria - la vaccinazione di tutte - ripetiamolo: tutte - le persone che non abbiano patologie specifiche ovvero si trovino in condizioni peculiari che lo impediscano.
Il resto e' silenzio.

4. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: CON UN PICCOLO AIUTO

Un piccolo aiuto ci vuole.
Ti alzi presto con questo freddo cane, un goccettino, un goccettino appena, io dico che e' quello che ci vuole per riscaldarsi un po' prima di lavarsi e vestirsi.
Non so com'e', ma di prima mattina il tempo passa in un lampo e il treno non e' che ti aspetta. Cosi' a casa mia non faccio mai in tempo a fare una colazione come si deve. Allora finisce che bevo un bicchierino e via. Un bicchierino solo, pieno fino all'orlo, giu' in un colpo solo. E via. Lo so che sarebbe meglio farsi il caffellatte con i biscotti, ma chi ci ha tempo? Quando fai il pendolare, e io lo faccio da piu' di cinquant'anni che gia' alle scuole medie prendevo il pullman, insomma bisogna sempre scapicollarsi e arrivi giusto in tempo. Allora un bicchierino per tenersi su e darti lo sprint ci vuole proprio, no?
Oltretutto vivo solo. Che magari se era ancora viva mia moglie allora la colazione me la preparava lei. E faceva pure le faccende di casa, che invece mi tocca fare tutto da me che e' una sfacchinata che non vi dico. Un uomo che e' un uomo non e' fatto per certe sfacchinate che non finiscono mai; sono lavori da donne. certe volte mi dico che era bello quando una donna ce l'avevo, chi me l'ha fatto fare di fare quello che ho fatto... quando ci penso bisogna che butto giu' subito subito un mezzo bicchiere, un mezzo bicchiere di quelli grossi che io pero' non li uso per l'acqua, non li uso per il vino, non li uso per quelle schifezze di bibite che ce lo sanno tutti che fanno male alla salute e all'ambiente, io ci verso solo la roba buona, quella che ti mette il fuoco dentro, e ti consola di tutte le amarezze in un lampo. La roba buona, che se per caso starnutisci e davanti ci hai uno con la sigaretta accesa lo arrostisci come facevano gli americani col napalm dov'era che lo facevano? In Corea? In Vietnam? in Iraq? In Afghanistan? in Jugoslavia? E che ne so, gli americani gli piace di andare ad arrostire la gente dappertutto. Poi ci fanno i film. Cosi' fanno i soldi pure con i superstiti, mica sono scemi gli americani, io se non ero italiano quasi quasi mi piaceva di fare l'americano, come diceva quello. Ecco, ti fermi un attimo a pensare e gia' sei in ritardo. La mogliaccia mia, che mica me lo ricordo piu' se la volevo proprio ammazzare o se e' stato un incidente. Dopo qualche anno le cose si fanno tutte confuse, vi capita pure a voi? Io, per non pensarci, lo sapete gia' che fo per non pensarci. E' la medicina universale, date retta a uno stupido.
Mi scapicollo per le scale che l'ascensore e' sempre rotto, mi scapicollo per strada che il marciapiedi e' sempre zozzo, mi scapicollo alla stazione e zompo sul treno. Giddap.
Sul treno sono sempre tutti stravolti. E' naturale, a quest'ora. Io prendo il treno delle sei meno un quarto che ancora e' buio, la gente e' piu' morta che viva, sembra il treno degli zombi. Dormire non ci si riesce con tutti gli scossoni e tutte le fermate e quella vocina registrata infame che prima e dopo di ogni fermata ti dice dove stai andando e ti fa l'elenco di tutte le fermate che mancano, che questo e' un treno di pendolari e le sappiamo tutti a memoria ma quella vocina intigna, intigna, intigna a farti l'elenco e non ti lascia dormire, cosi' l'unica e' mandare giu' una sorsata o due dalla fiaschetta che ci ho nella tasca interna della giacca, una sorsata o due, quattro o cinque volte, anche sei o sette (che veramente ce ne ho due di fiaschette, quell'altra la tengo nella cartella, dove ci ho pure le bottiglie), che il viaggio e' lungo, sono piu' di due ore. E quella vocina e' peggio del trapano di un dentista. E allora per sentirla almeno un po' attutita non c'e' altro modo. La seconda fiaschetta me la porto nella cartella, con le bottiglie, che ci ho la mia bella cartella da ministeriale anche se invece faccio il commesso in un negozio di scarpe, ma sul treno mi piace far pensare che lavoro al ministero, e' una cosa che da' un tono, e io ci tengo al tono, un uomo che non ci tiene al tono che uomo e'? Si vede subito che e' uno straccione, e prima o poi fa una brutta fine, lo sanno tutti. Io, invece, con tutto che i buffi mi si magnano con tutte le scarpe, ci tengo a fare buona impressione, non voglio sembrare un pezzente, io voglio sembrare un signore; l'ho letto pure su una rivista una volta che per avere successo la prima cosa e' sembrare dei signori. Cosi' ci ho il mio completo con tanto di cravatta e borsalino, un borsalino vero, o almeno pare vero, che ne so. Poi al lavoro mi metto il grembiule, non mi va di rischiare di sporcare il completo. Oltretutto al lavoro e' obbligatorio mettere il grembiule e lo sapete come si dice, no? che si deve attaccare l'asino dove dice il padrone. Che vuol dire? Vuol dire che devi fare quello che ti comandano di fare, ecco quello che significa. Se lavori sotto padrone e' cosi'. A me di lavorare sotto padrone m'ha sempre fatto schifo, pero' quella volta che m'ero messo in proprio poi m'hanno arrestato e sono stato al gabbio tutto il tempo che ci sono stato che non lo vengo certo a dire a voi quanto. Quanto di quella volta, non di quell'altra per quell'incidente familiare che tanto neppure di quella ve lo dico quanto. Ci vuole discrezione nella vita. Cosi' quando sono uscito ho ripreso a lavorare sotto padrone, pero' mi fa schifo lo stesso, solo che il lavoro autonomo non lo posso fare piu' che non ci ho piu' l'agilita' e la sveltezza di una volta e poi non  mi va piu' di trovarmi nella situazione di dover ammazzare un altro cristiano e per che? per una manciata di gioielli che magari sono pure finti che queli veri li tengono nascosti chissa' dove. E allora lavoro sotto padrone. Al negozio di calzature al corso. Ma a me lavorare sotto padrone mi fa venire l'acidita' di stomaco e cosi' ogni dieci minuti ci ho bisogno della terapia. Che quando proprio mi sento che sto per scoppiare allora un salto nel ripostiglio o nel magazzino o nel gabinetto e giu' un goccetto, anzi: una bella sorsata, anche piu' d'una. Che lavorare sotto padrone non e' una cosa da esseri umani, e io sono un essere umano. Cosi' mi devo aiutare per riuscire a sopportare. E' la vita, si sa. Io dico che fa proprio schifo la vita e che basterebbe cosi' poco per campare bene tutti, no? pero' alla gente non gli va di campare bene tutti, alla gente gli va di fare schifo. E poi mettono al gabbio a me, ditemi voi se e' giustizia questa, a me che cercavo solo di migliorarmi e di elevarmi spiritualmente e materialmente (perche' se non ti elevi materialmente come fai ad elevarti spiritualmente, eh? me lo sapete dire come fai, eh? Non si puo'. E' l'ingiustizia del mondo, il Mister Niquitatis. Morammazzati tutti.
La mattina quando arrivo in citta' e scendo dal treno sono gia' cosi' stanco che mi pare di avere gia' faticato tutto il giorno le sette camicie di Tantalo e invece ancora devo cominciare. Cosi' mi fermo al bar della stazione e ne mando giu' un paio. Non mangio niente, ci tengo alla linea. Un uomo della mia eta' ci deve tenere alla linea senno' sembri un vecchio e se sembri un vecchio chi ti fa lavorare? E poi come campo? Da giovane puoi anche fare le rapine, le estorsioni e le altre cose avventurose, ma alla mia eta' non ci ho piu' il fisico per certe cose, e cosi' l'unica e' tenermi in forma per non ingrassare, e allora niente cappuccio e brioscia, niente di niente, solo un paio di botte di calore che fluisce per tutto il corpo fino all'anima attraverso la ghiandola pineale, per tenermi su, per sentirmi vivo e in sintonia col mondo delle cose fluttuanti. E certo che mi tingo i capelli, se li tingono tutti, solo che non lo dicono, morammazzati loro.
Cosi' esco dal bar della stazione e poi via con la metro che e' la schifezza delle schifezze, tutta quella gente appiccicata come sulla carta moschicida, che ti toccano dappertutto e sudano come - con rispetto parlando - suini, come suini sudano, che non puoi neanche tirare fuori la fiaschetta per farti forza tanto e' lo schifo del verminaio che pare di essere in un romanzo di quello li', di Zola'. Una puzza che ti fanno vomitare: ma come fanno a resistere? Io mi chiedo com'e' possibile che non ci sia una strage al giorno. Perche' se non fosse che portarmi un fucile d'assalto da casa mi pare troppa fatica, da quel di' che l'avevo fatto: se vivevo in citta' e non mi dovevo fare due ore di treno gia' da prima, io ci uscivo di casa col kalashnikov gia' caricato, entravo nella metro e fuoco ad alzo zero e a chi tocca tocca, l'angelo sterminatore facevo. Sette fermate, dico, sette: uno che regge una tratta di sette fermate senza sbranare trenta o quaranta di quell'ammucchiata di locupletori e miserandi stretti in un unico fascio che pare il kamasutra al formicaio, senza fare la macelleria messicana e la setta giapponese con una botta sola, io dico che gli dovrebbero dare il premio nobel alla pazienza o al sadomaso, gli dovrebbero dare il titolo di dalai lama, di semelabbassemperabbas. Quando scendo per fortuna c'e' il baretto all'angolo dell'uscita che dietro il bancone c'e' un bravo ragazzo sveglio che devi solo schioccare le dita mentre entri e lui ti fa il tuo cocktail preferito: tre me ne ingollo, tre. E gli faccio rimboccare le fiaschette. Sono spese, si', ma sono spese benedette, dico io.
Il lavoro e' quello che e': devi sempre far finta che va tutto bene, devi sempre sorridere, e piu' la gente dice scemenze e piu' tu devi annuire, piu' t'insultano e piu' devi ringraziare. La gente fa tutta schifo, e sono tutti presuntuosi, piu' sono imbecilli e piu' sono presuntuosi. E puzzano tutti, tutti. Pure le signore. Ma io sto li' che sorrido e gli faccio il valletto, lo scudiero, il paggio fernando, il paguro bernardo, lo schiavetto loro, che ditemi voi se uno che ci ha piu' di sessant'anni deve ancora fare lo scemo e lo schiavo e il lacche'. Trecentosessantacinque volte al giorno ci penso di comprarmi una pistola o un machete e un giorno fare una strage come si deve, trecentosessantacinque volte al giorno. Pure trecentosessantasei, per non far torto agli anni bisestili. Come faccio a non farlo? E' semplice: ogni quarto d'ora, magari pure ogni dieci minuti, mi ritiro al magazzino o al gabinetto o al ripostiglio e trinco, trinco di brutto, che e' l'unico  modo per non scoppiare come una bomba atomica, come l'apollo di bikini, come i quattro cavalleggeri dell'apocalisse. Morammazzati.
Io gli sparerei a tutti. Mica solo ai clienti. A tutti. Tutti. No, che c'entra, mica a voi; quando si dice a tutti s'intende esclusi i presenti, e' chiaro. Ma a tutti gli altri si'. Che tanto se lo meritano. Non e' vero che se lo meritano? Se lo meritano, se lo meritano, morammazzati tutti.
Quando proprio non ce la faccio piu' prendo la scusa di andare in magazzino per prendere un altro paio di scarpe di una mezza misura piu' grandi che e' proprio quello che ci vuole per l'egregio cliente, per la gentile signora, per il caro ragazzo, per quell'amore di bimbetto, e in magazzino (ma pure al cesso, e nel ripostiglio, e c'e' bisogno di dirlo che pure nell'armadietto mio nello spogliatoio dei dipendenti?) ci ho il mio nascondiglio segreto dove ci tengo la riserva reale: e la mattinata ancora non e' finita che gia' ho fatto fuori un bottiglia o due di cognac (nel mio bar segreto - oportunamente disseminato e occultato in vari punti strategici del luogo di lavoro, prova insigne della possa dell'alto ingegno umano - ci tengo solo cognac, lo stile e' l'uomo) poi torno trionfante al pubblico sfoderando il solito sorriso, il garbo di sempre, gli occhi sbrilluccichini e il ricciolino tirabaci. Morammazzati tutti, lo stivaletto malese vi ci vorrebbe, la vergine di norimberga, la ballata dei penduti.
Poi finalmente c'e' la pausa pranzo, che invece si deve rimettere a posto tutto il casino che hai dovuto fare per accontentare gli incontentabili che se non si misurano ottanta paia di scarpe di seguito non sono contenti, ma tanto io non pranzo, che me ne frega, che non ci ho nessuna voglia di stare con tutti quei caproni puzzolenti, quei capponi di renzo, quei trischeri degli altri commessi a chiacchierare di scemenze come il pallone e le macchine e le ferie che mi fanno solo che schifo, e poi neppure ci ho fame; me ne vo al gabinetto col mio necessaire. Io lo chiamo "il mio necessaire", e' una borsa tipo borsone della palestra pero' un po' piu' piccola che la tengo nell'armadietto dello spogliatoio, pero' bella piena di elisir di lunga vita, e fino all'ultima goccia, e - ci credereste? - chi se ne frega se sto dentro un cesso, basta che l'elisir non finisca troppo presto. Mi porto pure qualche rivista illustrata, anche l'occhio vuole la sua parte, e la mascolinita' il suo sfogo. Un'ora passa presto. E poi forza, sotto col pomeriggio che si ricomincia, ancora un sorso e via.
Il pomeriggio e' come la mattina, anzi, peggio: clienti che meriterebbero la forca dopo avergli cavato le unghie una ad una, e le solite pause strategiche per andare in ripostiglio, in magazzino, al gabinetto, e lubrificare l'ugola d'oro. Il pomeriggio e' anche peggio della mattina: la gente parla a voce piu' bassa che non si riesce a capire che cavolo dicono, e sono tutti appannati. Non lo so perche' di pomeriggio la gente e' tutta appannata, deve essere che in citta' c'e' sempre la nebbia. E' per via dello smog, dei cambiamenti climatici, del picco del petrolio. le citta' sono troppo piene di gente e di immondizia che fermenta e allora tutto si appanna. Per resistere c'e' un modo solo. A meno di non chiamare Pol Pot, che certe volte io me lo chiedo se non ci avesse ragione lui, eh. Svuoti tutto e si ricomincia la storia da zero. Dalle caverne, gli antropoidi, l'osso che vola per aria e diventa il bel danubio blu. Morammazzati tutti quanti.
Finalmente arriva la sera, si chiude la bottega e crepassero tutti, pure per oggi e' andata. Morammazzati loro e chi gli da' retta.
Adesso un po' di tempo ce l'ho prima del treno, e per fortuna qui vicino c'e' un supermercato che io ormai sono cliente abituale e mi preparano da prima il pacco-valigia con dodici bottiglie dodici cosi' vado direttamente alla cassa, pago, ritiro e via col vento.
Il fatto che abbia gia' fatto rifornimento non significa che non mi fermo al bar fuori della metro e poi a quello della stazione del treno. Sono un avventore abituale, lo so che ci tengono a vedermi, come quel professore di Chenisberga che ci rimettevano gli orologi.
E sul treno e' la solita solfa: la gente e' stracca, stralinca, puzzolente, sembrano tutti piu' morti che vivi, e quella vocetta ladra e spia, quella vocetta fetente e buggiarona che ti ridice due volte tutte le fermate. Non lo so com'e', ma tutte le sere devo correre al cesso del treno e vomitarmi giu' pure l'anima. L'anima, l'anima, che poi quando tiri lo sciacquone finisce tutta spalmata su qualche centinaio di metri tra i binari, morammazzata pure l'animaccia mia. Devo averci qualche malattia, ma col cavolo che ci vo dal dottore, io i dottori non li voglio vedere manco in cartolina che sono tutti nazisti, lo sanno tutti che i dottori sono tutti nazisti, e a me i nazisti mi fanno schifo tutti.
Arrivato al paese, dove alla stazione il bar non c'e', di corsa a casa, accendo la televisione, piazzo sul tavolino lo scatolone da dodici e finalmente e' tutta vita. Alla faccia di chi ci vuole male.
Io dico che la vita e' una cosa meravigliosa, ragazzi.

5. REPETITA IUVANT. BALLATA PER UNA REGINA MORTA AMMAZZATA SULLA STRADA TRA TUSCANIA E TARQUINIA NELL'ESTATE DEL DUEMILAUNO

Ci sono cose che non sai come dirle
e allora le scrivi a righe interrotte.

Dilaniata dai randagi la salma
e' stata scoperta giorni addietro
di una giovane donna nigeriana
resa schiava in Italia e venduta
come carne e cavita' sulla strada
tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe
etrusche, le romaniche chiese, le ubertose
campagne che vanno alla maremma.

Leggo sui giornali gli impietosi
dettagli di cronaca nera, gli empi
segni di sempre da quando Caino
al campo invito' suo fratello.

Leggo sui giornali, i giornali locali
(non e' notizia da cronaca italiana
una persona annientata e abbandonata ai cani:
e' invece fatto
che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo
sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti
di petrolio pagine quotidiane).

E dunque leggo sui giornali locali:
dicono che si chiamasse Regina, venisse
dalla Nigeria, presa e recata
schiava in italia, dicono
chi l'abbia uccisa non sapersi.

E invece io so chi l'ha uccisa:
anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa
immota e deturpata. Io so
chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti.

E non solo l'eventuale fruitore di servigi
che in un raptus puo' averle torto il collo
a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi

e non solo il racket che fornisce
carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi
che usciti di scuola o dall'ufficio
sulle loro carcasse di ferro perlustrano
i fiumi d'asfalto alla caccia di prede

e non solo lo stato italiano che vede
tanto orrore per le sue strade
e non agisce per salvare le vite
concrete di esseri umani, non agisce
per far valere quella legge che vieta
nel nostro paese la schiavitu'

e non solo.
Io stesso mi sento le mani
sporche di sangue, io stesso che so
che a questo orrore resistere occorre
e che da anni non so fare altro
che spiegare come applicare
quell'articolo della legge 40
combinato con quell'altro articolo
del codice penale e come e qualmente
le istituzioni potrebbero salvare
la vita di tante Regine assassinate.
E nulla di piu' ho saputo fare.

E queste parole che ho aggiunto
avrei voluto tacerle.

6. REPETITA IUVANT. LA ROSA

Quando il partito del proletariato
voto' la guerra, Rosa non si arrese:
organizzo' la lotta per la pace
per il pane, il diritto, l'internazionale
futura umanita' e presente.

Quando i governi decretarono i corpi
degli esseri umani non altro fossero
che carne da cannone, allora Rosa
non si arrese: continuo' la lotta
per la dignita' e i diritti di ogni essere umano,
per la liberazione di tutti gli oppressi,
perche' l'unico mondo che abbiamo cessasse di essere
vulcano, fornace, inferno
e fosse invece un luogo in cui abitare
libere, liberi, tutti.

Quando molti si arresero alla menzogna che uccide
allora resisteva Rosa Luxemburg:
nella sua cella soltanto vi era liberta'
tutta la verita' serbava nel suo cuore
tutta l'umanita' quella donna salvava.

Quando la uccisero e nel canale la gettarono
da quel canale la sua voce, il suo volto
tutti i mari raggiunse e tutti i cieli:
ci convoca ancora alla lotta la Rosa rossa
per la pace, la liberazione
la responsabilita' che di ogni persona
si prende cura ed ogni oppressione contrasta.

Questo chiamiamo nonviolenza in cammino.

7. REPETITA IUVANT. ISTRUZIONI PER SOPPRIMERE LE ZINGARELLE

Si prenda uno specchio, uno specchio lucente.
Dal sacchetto di sabbia che avete alla finestra
versate in un cucchiaio pochi grani.
Dieci bottiglie d'acqua minerale
basilico, cipolla e un ombrellone.
Aggiungete una folla di bagnanti, un giorno
di festa, afa quanto basta. Dite a tutti
di guardare per un po' da un'altra parte, il tempo
di prendere le impronte digitali, di scrivere
sul telefonino gli auguri alla morosa, di stringere
bene
il cappio
al collo.
Di diventare ministri. Di varare
le leggi speciali in difesa della razza.
Di riaffermare, giurabacco, la virilita' ariana.
E' cosi' facile, e' cosi' igienico.

8. REPETITA IUVANT. ISTRUZIONI PER SOPPRIMERE LE DONNE USATE E IN ESUBERO

Avete una donna in esubero? Una schiava
che si ribella, una soffocante
parlatrice? Una squinzia, una di quelle,
una povera e goffa femmina, e non sapete
come sbarazzarvene, il servizio a richiesta
dei rifiuti ingombranti non risponde al telefono?

Fate da soli quello che lo stato
e' troppo torpido per fare presto e bene.
Comprate una mazza da baseball, un ferro
da golf, un completo da tennis.
Oppure trovate nel cassetto in cucina
la lama affilata, il fucile da caccia,
la dentiera da lupo. O nel garage
il crick con le tacche sul calcio
il trapano con la fiocina, l'accetta
a uranio impoverito.
Ma per fare prima bastano i pugni.

Il segreto e' colpire con decisione
e' la decisione che uccide, il resto segue.

Possibilmente disponete prima
un telo di plastica sul pavimento:
quanto tempo si risparmia e quanto invece
e' noioso dover ripulire dal sangue
il parquet immacolato o i mattoni
gia' rotti e porosi.

Abbiate l'avvertenza di scegliere
un cassonetto che non sia stracolmo.
Poi fatevi una birra con gli amici
e candidatevi pure al parlamento.

9. REPETITA IUVANT. LA BAMBINA

La bambina
che in Afghanistan
la nostra guerra, i nostri soldati
hanno ucciso.

La bambina
che in Afghanistan
la nostra Costituzione, la nostra nonviolenza
non ha salvato.

La bambina
che in Afghanistan
mi guarda ancora negli occhi stupefatta
mi chiede perche' l'ho lasciata ammazzare.

10. REPETITA IUVANT. CATERINA, O DELLA RESISTENZA NECESSARIA

I.
Alessandria e' antica citta', biblioteca del mondo.
L'Egitto e' paese di antica sapienza.
L'impero romano lo sa.
Giunge da Roma il nuovo governatore
pretende l'ossequio, onori e sacrifici,
l'adorazione del potere e dell'ideologia imperiale.
Si genuflettono i pavidi, si genuflettono gli indifferenti
sgozzano le povere bestie agli altari.
Caterina no.

II.
L'impero e' potente: il suo cinema, i suoi droni,
la musica pop, i social network, non puo' tollerare
che una donna dica di no.
Una donna di buona famiglia, una donna sapiente, una donna
di si' luminosa bellezza che Raffaello dipingera'.
Convincerla occorre a piegarsi
a rendere omaggio al potere
al potere imperialista, al potere
maschilista e patriarcale, al potere
consumista e postmoderno, liquido,
militarista, mafioso, totalitario.
Le inviano i migliori agenti, i migliori
produttori, i migliori
specialisti della comunicazione
di Hollywood e di Wall Street
per convertirla. Invece
lei converte loro.
Li converte all'eguaglianza di diritti
di tutti gli esseri umani, li converte
al rispetto per la vita, la dignita', i diritti
di tutte e tutti, del mondo vivente.
L'imperatore non puo' tollerarlo: tutti
li condanna a morte, tutti
a Guantanamo, nella Kolyma, a Bhopal
vengono ghigliottinati.

III.
Resta la donna. Per essa non basta la sedia che frigge,
la camera a gas, l'iniezione letale.
Prima la si vuol fare schiava di un uomo: essa rifiuta.
Allora la tortura: la ruota dentata. Si rompe la ruota.
Infine: la decapitazione. Bisogna impedire
- dice il dittatore - a questo cervello di pensare ancora.
Cosi' ne spezzano in due il corpo
non l'anima, che integra resta.

IV.
Cosi' questa storia finisce, cosi' ricomincia.
Cosi' Caterina fini', cosi' rinasce e resta
nostra compagna di lotte
contro il potere imperiale che uccide
contro l'ideologia della violenza
contro ogni oppressione
ancora e sempre negando il consenso
alla menzogna e al male,
ad ogni potere assassino.

Figura
dell'internazionale futura umanita',
della nonviolenza in cammino
voce e volto.
Sorella della Rosa bianca. Sorella
della Rosa rossa. Sorella
d'Ipazia.

11. REPETITA IUVANT. UNA VECCHIA FOTOGRAFIA

Sembra camminino sul selciato
di una citta' che e' tutte le citta'
la punta di una scarpa che sporge dalle lunghe gonne
Clara con un berretto che pare una frittella
Rosa con una paglietta da guappo
intorno degli uomini che non le vedono
tranne forse uno poco dietro
che guarda verso la macchina fotografica.

La bocca di Rosa socchiusa sembra che parli
quella di Clara forse sorride.
L'immagine sgranata, la mia presbiopia
non mi consentono di cogliere lo sguardo.

Vedono forse il fotografo, e forse
guardano oltre e in quell'oltre
c'e' anche la nostra lotta di oggi
le donne insorte danzando il 14 febbraio
questo nostro otto marzo del duemilaquindici
l'internazionale futura umanita'.

12. REPETITA IUVANT. UOMINI CHE BRUCIANO LE DONNE

Uomini bruciano le donne
ci vuole un po' di ordine nel mondo
Babbo Natale entra in discoteca
brandendo il kalashnikov
il Tir diventa schiacciacorpi
nel mezzo della festa
all'aeroporto il soldatino estrae la rivoltella
ed ogni colpo un centro
e macinano i bombardieri
le antiche citta' e chi vi abita
la morte non ama il chiasso
la morte non ama il disordine
la morte non ama la folla
la morte ama il silenzio dei cadaveri.

Uomini bruciano le donne
per fare un po' di luce e riscaldarsi
dalla televisione giovani vampiri
ammiccano ed arruolano
in ogni androne le camicie brune
fanno collane di filo spinato
nascono infanti che all'osso del tallone
hanno saldato uno sperone di ferro
la scuola del signore delle mosche
trionfa a mani basse in tutti i campionati
di quelli che erano esseri umani
restano scorze di vetro senza midolla
piovono sassi che quando si spaccano
ne escono draghi.

Uomini bruciano le donne
e cantano canzoni sorde e allegre
prima a cazzotti chiudono quegli occhi
rompono i denti nella bocca che parlava
pronta la tanica e l'accendino
e mentre frigge e grida la carne
ancora un selfie col telefonino
ed un profondo profondo sospiro
suggella il lavoro ben fatto
cosi' si sa chi comanda
cosi' s'impara la lezione
poi verso la selva a perdifiato
con la roncola e la carabina
sgozzato il cane fedele
bevuto caldo il suo sangue.

Uomini bruciano le donne
ti guardano stupiti tu non sia
solidale con loro.

13. REPETITA IUVANT. STORIA DI GELSOMINA

La ferma luna il silenzioso mare
colmo il gommone di occhi di respiri
e di ricordi che dimenticare
e' necessario se a scampare miri

poi giungi qui e trovi il lupanare
sul ciglio della strada altri martiri
la schiavitu' nei campi le erbe amare
di Babilonia ancora gli empi giri

la bestia che ti stringe nelle chele
la gerarchia fascista ed assassina
le vesti di catene e ragnatele

nel pianto il tremolar della marina
la zuppa di scorpioni il vin di fiele
la coltellata che via ti trascina.

14. REPETITA IUVANT. DELLA NONVIOLENZA DISPIEGATA AL SOLE AD ASCIUGARE

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza la politica necessaria.
Chiamiamo nonviolenza l'occhio che vede e piange.
Chiamiamo nonviolenza la lotta per l'abolizione di tutte le guerre.
Chiamiamo nonviolenza la lotta che abroga ogni servitu'.
Chiamiamo nonviolenza questo accampamento notturno nel deserto.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'amicizia che non tradisce.
Chiamiamo nonviolenza il ponte di corda teso sull'abisso.
Chiamiamo nonviolenza la fine della paura della morte.
Chiamiamo nonviolenza la fine della minaccia della morte.
Chiamiamo nonviolenza aver visto e alba e tramonto con limpido cuore.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il tappeto volante.
Chiamiamo nonviolenza il voto unanime per la salvezza degli assenti.
Chiamiamo nonviolenza il cielo stellato.
Chiamiamo nonviolenza il rispetto della vita altrui.
Chiamiamo nonviolenza il sonno dei giusti e dei giusti la veglia.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il silenzio che non spaventa.
Chiamiamo nonviolenza la telefonata che ferma l'esecuzione.
Chiamiamo nonviolenza il libro che ti fa ridere e piangere.
Chiamiamo nonviolenza il viaggio senza bagagli.
Chiamiamo nonviolenza il suono dell'arcobaleno.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il pasto in comune.
Chiamiamo nonviolenza il miracolo della nascita.
Chiamiamo nonviolenza la voce che risponde.
Chiamiamo nonviolenza la porta che si apre allo straniero.
Chiamiamo nonviolenza la lotta contro la violenza.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il dono e la rinuncia.
Chiamiamo nonviolenza la leggerezza sui corpi.
Chiamiamo nonviolenza la parola che suscita le praterie.
Chiamiamo nonviolenza il soffio che estingue gli incendi.
Chiamiamo nonviolenza l'infinito respiro del mare.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'umanita' come dovrebbe essere.
Chiamiamo nonviolenza la coscienza del limite.
Chiamiamo nonviolenza il ritrovamento dell'anello di Salomone.
Chiamiamo nonviolenza gl'immortali principi dell'Ottantanove.
Chiamiamo nonviolenza l'ironia e la pazienza.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il riconoscimento della pluralita' delle persone e dei mondi.
Chiamiamo nonviolenza la distruzione di tutte le armi assassine.
Chiamiamo nonviolenza non nascondere la nostra ignoranza.
Chiamiamo nonviolenza rifiutarsi di mentire.
Chiamiamo nonviolenza la scelta di fare la cosa che salva le vite.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza una giornata di sole sulla strada.
Chiamiamo nonviolenza la scuola di Spartaco e della Rosa Rossa.
Chiamiamo nonviolenza la certezza morale del figlio della levatrice.
Chiamiamo nonviolenza la legge nuova del figlio del falegname.
Chiamiamo nonviolenza le tre ghinee di Virginia.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza questo atto di riconoscimento e di riconoscenza.
Chiamiamo nonviolenza il giro della borraccia.
Chiamiamo nonviolenza questo colloquio corale.
Chiamiamo nonviolenza la Resistenza antifascista.
Chiamiamo nonviolenza l'uscita dallo stato di minorita'.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza parlare e ascoltare.
Chiamiamo nonviolenza la stazione sempre aperta.
Chiamiamo nonviolenza lo specchio e la sorgente.
Chiamiamo nonviolenza sentire il dolore degli altri.
Chiamiamo nonviolenza prendersi cura del mondo.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.

15. REPETITA IUVANT. A ROMA IN UN CASSONETTO

A Roma in un cassonetto
in via maresciallo Pilsudski
hanno trovato i resti di una donna
uccisa e smembrata.

Dei mille pensieri che ho in testa
non uno riesco piu' a dire.

Eppure tacere non devi
eppure tacere non puoi.

Il primo dovere e' salvare le vite
il primo dovere e' l'insurrezione nonviolenta
che sola puo' salvare l'umanita' dall'estinzione.

16. REPETITA IUVANT. MAGARI LE BELVE

Magari le belve fossero belve
invece anche le belve sono esseri umani
pensano il male che poi faranno
sono state educate all'orrore
lungo molti anni si preparano e studiano
con ogni diligenza dove colpire
per fare piu' male.

Magari la colpa fosse dell'alcool
o delle altre schifezze che lo stomaco o le vene
ricevono, ed invece
sono le persone che decidono e agiscono
l'immondizia assorbita serve solo
da abito di scena. Magari
ci fosse la persona sobria e virtuosa
e la pozione che invasa e annulla
il ben dell'intelletto e rende automi.
Invece il picchiatore e l'assassino
sa quel che fa, sceglie di farlo, e gode
del male fatto non come in un sogno
ma con chiara nozione e con tutti i sentimenti.

Il pater familias nascosto nell'encefalo
per cui mille anni sono un sol minuto
che riemerge ruggendo e stritola la donna
che non si piega al rauco grido "t'amo"
mentre il bastone le frantuma le ossa.

La squadra fascista che stupra
tutto quello che incontra che respira.

Il giovane emulatore
che con la lama in mano ti comanda
di dire Scibbolet.

L'adoratore della tecnica che avendo costruito
l'arma piu' scintillante enorme fallo
ansima nell'attesa di provarla
e di contare quante vite ha estinto.

E quello che avvelena l'ultimo pozzo
che all'ultima foresta appicca il fuoco
che adora gli dei assetati di sangue
e fa filosofia col manganello.

E quello che dimenticare vuole
quante frustate gli segnano la schiena
quanti scorpioni ha dovuto mangiar vivi
che sempre sara' schiavo e allora uccide.
E quello attratto e insieme rifiutato
dalla societa' degli allevatori di serpenti.
E quello che non sa di non sapere
e vuole che confessi il suo potere.

Questa storia di fiumi di sangue
questa storia di pire infinite
solo la nonviolenza puo' fermarla.

La nonviolenza che solo e' la lotta
la piu' nitida e la piu' intransigente
per la liberazione dell'umanita' intera
per la difesa di quest'unico mondo che vive.

La nonviolenza che ha volto ed ha voce di donna
la nonviolenza che e' la forza delle vittime
la nonviolenza ultima risorsa
del movimento delle oppresse e degli oppressi
per affermare il diritto di tutti
alla vita, alla dignita', all'aiuto
per rovesciare ogni potere
prima che chi comanda il mondo annienti.

Ogni vittima ha il volto di Abele
salvare le vite e' il primo dovere
abolire la guerra gli eserciti le armi
soccorrere accogliere assistere ogni persona bisognosa di aiuto
non permettere che il mondo vivente sia distrutto
sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.

17. REPETITA IUVANT. IL NOSTRO STUPRO QUOTIDIANO

In ogni citta', in ogni borgo, in ogni campo
uomini rapiscono donne, uomini feriscono donne, uomini uccidono donne.

Di mattina, di sera, di notte
armati di mitra, armati di coltello, armati di mani che serrano e rompono.

Vive una vita di terrore e sgomento meta' dell'umanita'
e una vita di odio e disprezzo - di se' e dell'altro da se' - la massima parte dell'altra.

Non si fermeranno le guerre, non si abbatteranno le dittature,
non si abolira' la schiavitu', non cesseranno le persecuzioni
finche' non sara' sconfitto il maschilismo.

18. REPETITA IUVANT. LA CARNE MACERATA

I. Un corpo di donna

Tu te lo immagini in un antro gotico
con Boris Karloff e il sosia cattivo di Perry Mason
topi squittiscono e nella penombra
strumenti arcani di sordide torture
gli sguardi allucinati dall'assenzio

e invece e' col grembiule della rigovernatura
col set di coltelli da cucina
comprati a rate da una televendita
mentre al telefonino in viva voce
si ciarla di calcetto e di automobili

tu te lo immagini come un orrore
e invece e' come passare l'aspirapolvere
o fare due tiri a biliardo
e mandare giu' un cognac
per ammazzare il tempo.

II. Il fascismo che torna

Quel professore coi suoi studenti in nero
cosi' distinti compunti severi
che aprono corpi
come fossero scatole come fossero fogli
del breviario che in poche facili lezioni
spiega come si prepara
la bomba di Hiroshima
come si organizza
il campo ad Oswiecim
come si gestisce
l'immensa piantagione di cotone
e la casa da buon pater familias

quel forsennato che dalla tivu'
al posto della lingua uno sperone
l'occhio grifagno la voce tutta artigli
convoca al pogrom
e al pogrom
e al pogrom
giorno dopo giorno
incessantemente
spargendo un diluvio di gocce di veleno
finche' ogni zolla di terra ne e' impregnata
e dalla semina di denti di drago
scaturiscono catafratti automi
bramosi di sangue bramosi di morte

e il piu' meschino dei meschini
che afferra il volante e la bandiera e il ferro
e spara
e spara
e spara
per ucciderli tutti.

III. Apocalypsis cum figuris

Quello che reca a Samo due valigie
quello che Wendy sono tornato a casa
quello che decide chi e' diva e chi e' melma
questa e quella per me pari sono

e quello che in nome di dio ti fa e si fa scoppiare
come una camera d'aria
quello che la camera oscura che la camera a gas
a scorpioni e frustate
gli ordini sono ordini
nel motel nella risaia per le strade
nella stanza dei bottoni il bottone piu' grosso.

IV. La Rosa Bianca, la Rosa Rossa, le Tre Ghinee

Io dico che solo la nonviolenza
puo' salvare l'umanita'
dal militarismo dal razzismo dal maschilismo
dal sistema di dominio del capitale che tutto riduce a nulla
dal fascismo che torna

io dico che solo la nonviolenza
la lotta socialista e libertaria
delle oppresse e degli oppressi
con volto e con voce di donna
puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

19. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Aldo Bergamaschi, Primo Mazzolari - una voce terapeutica, Il segno, Loc. Negarine di San Pietro in Cariano (Vr) 1992, pp. 96.
*
Riedizioni
- Niccolo' Ammaniti, Fango, Einaudi, Torino 2014, Gedi, Roma 2021, pp. 320, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
- Sosuke Natsukawa, Il gatto che voleva salvare i libri, Mondadori, Milano 2020, Rcs, Milano 2021, pp. 192, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

20. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

21. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4137 del 16 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario, invece, l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com