[Nonviolenza] Telegrammi. 4126



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4126 del 5 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Ripetiamo ancora una volta...
2. Il 5 giugno assemblea dei soci di "Costituzione Terra"
3. Flavio Lotti: Organizziamo assieme la marcia PerugiAssisi della pace e della fraternita' domenica 10 ottobre 2021
4. "Sulla coerenza tra i mezzi e i fini nei conflitti sociali". Un incontro di riflessione a Viterbo
5. "La cultura divorata dal consumismo: alcuni casi di studio attuali". Un incontro di studio a Viterbo con Paolo Arena
6. Paolo Bagnoli: Aldo Garosci
7. Girolamo Imbruglia: Alessandro Galante Garrone
8. Claudio Cesa: La storiografia militante: critici e sostenitori
9. Omero Dellistorti: Brevissima relazione del famoso duello di Brancaleone contro Maciste
10. Attilio Cartiglieri-Persichetti: Del Gran Teatro del Mondo. Introibo
11. Segnalazioni librarie
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

2. INCONTRI. IL 5 GIUGNO ASSEMBLEA DEI SOCI DI "COSTITUZIONE TERRA"
[Dalle persone amiche di "Costituente Terra" tramite la mailing list notizieda at costituenteterra.com riceviamo e diffondiamo]

Care amiche ed amici,
vi ricordiamo che sabato 5 giugno prossimo dalle 11 alle 13 si svolgera' l'Assemblea dei soci di Costituzione Terra per discutere insieme due emergenze concomitanti: a. la situazione che e' venuta a crearsi in Palestina, b. la situazione pandemica. Per partecipare vi sara' inviato un link di accesso.
Chi intende prendere parte all'assemblea lo puo' fare mandando una mail a notizieda at costituenteterra.com
Con i piu' cordiali saluti
www.costituenteterra.it

3. INIZIATIVE. FLAVIO LOTTI: ORGANIZZIAMO INSIERE LA MARCIA PERUGIASSISI DELLA PACE E DELLA FRATERNITA' DOMENICA 10 OTTOBRE 2021
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo]

Cara/o Presidente,
la pandemia e' ancora in pieno corso in tante parti del mondo; la crisi sociale ed economica e' molto pesante, specialmente per i piu' poveri e vulnerabili; la crisi climatica sta peggiorando; malgrado questo – ed e' scandaloso – non cessano i conflitti armati e si rafforzano gli arsenali militari.
Per affrontare queste sfide che minacciano il nostro futuro, c'e' bisogno di un nuovo, forte, impegno personale di tutte le donne e gli uomini che non hanno smesso di credere nella pace e nella giustizia. Come ci ha detto Papa Francesco il primo gennaio "dobbiamo sviluppare una mentalita' e una cultura del prendersi cura capace di sconfiggere l'indifferenza, lo scarto e la rivalita' che purtroppo prevalgono".
Con questo spirito, Le proponiamo di organizzare assieme, il prossimo 10 ottobre, una nuova Marcia PerugiAssisi della Pace e della Fraternita' all'insegna del motto di don Milani "I Care" (vedi in allegato alcune prime riflessioni e proposte).
La Marcia si svolgera' a 60 anni dalla prima edizione organizzata da Aldo Capitini, instancabile promotore della cultura della responsabilita' e della nonviolenza. Ritrovarci assieme in occasione di questo anniversario ci aiutera' a rinnovare ed estendere il nostro comune impegno per la pace e il disarmo, i diritti umani e la giustizia.
Nella speranza di ricevere quanto prima un segno della Sua adesione, restiamo a disposizione per ogni ulteriore approfondimento e Le inviamo i piu' cordiali saluti.
Flavio Lotti
Comitato promotore Marcia PerugiAssisi
Perugia, 3 giugno 2021
Comitato PerugiAssisi, via della viola 1 (06122) Perugia - tel. 0755737266 - 3356590356 - fax 0755721234 - email adesioni at perlapace.it - www.perlapace.it - www.perugiassisi.org
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Allegato. Invito alla marcia 2021
A 60 anni dalla prima Marcia per la pace Perugia-Assisi organizzata da Aldo Capitini (1961-2021)
I Care
Cura e' il nuovo nome della pace
Domenica 10 ottobre 2021 Marcia PerugiAssisi della pace e della fraternita'
Partenza ore 9 - Perugia, Giardini del Frontone
Conclusione ore 15 - Assisi, Rocca Maggiore
"Incoraggio tutti a diventare profeti e testimoni della cultura della cura per colmare tante disuguaglianze sociali" Papa Francesco, primo gennaio 2021
"I Care deve diventare il motto dell'Europa" Ursula von der Leyen, 6 maggio 2021
La pandemia e' ancora in pieno corso in tante parti del mondo; la crisi sociale ed economica e' molto pesante, specialmente per i piu' poveri e vulnerabili; la crisi climatica sta peggiorando; malgrado questo – ed e' scandaloso – non cessano i conflitti armati e si rafforzano gli arsenali militari.
E' tempo di ricominciare a lavorare per la pace!
I prossimi 10 anni saranno decisivi. Per scongiurare nuove pandemie. Per fermare il cambiamento climatico. Per mettere fine alle guerre, realizzare il disarmo e impedire una nuova guerra mondiale. Per uscire dalla crisi sociale ed economica. Per ridurre le ingiustizie e le disuguaglianze. Per promuovere l'uguaglianza e la parita' tra donne e uomini. Per effettuare la transizione ecologica. Per democratizzare la rivoluzione digitale. Per prevenire nuove grandi migrazioni...
Per vincere queste sfide, c'e' bisogno di un nuovo, forte, diffuso impegno personale di tutte le donne e gli uomini che, dentro e fuori le istituzioni, vogliono aiutare le giovani generazioni a costruire una vita e un mondo migliore.
"Dobbiamo sviluppare una mentalita' e una cultura del prendersi cura capace di sconfiggere l'indifferenza, lo scarto e la rivalita' che purtroppo prevalgono" (Papa Francesco). Cura delle giovani generazioni, cura della scuola e dell'educazione, cura degli altri, cura del pianeta, cura del bene comune e dei beni comuni, cura dei lavori di cura, cura della comunita' e della citta', cura dei diritti umani, cura dei diritti delle donne, cura della democrazia, della Repubblica e delle istituzioni democratiche dal quartiere all'Onu... C'e' bisogno di una cultura, di una politica e di un'economia della cura.
Questo e' il tempo in cui tutti e tutte dobbiamo fare come don Lorenzo Milani e dire: I Care! Io ho cura.
Cura e' il nuovo nome della pace
La pace non e' solo assenza di guerra. La pace e' vita. E la cura della vita e' pace.
Cura e' dunque il nuovo nome della pace. Aver cura vuol dire avere a cuore.
Dobbiamo educare il cuore alla cura delle persone e delle cose. Senza confini.
La cura e' un "percorso di pace" e una "bussola". Il "percorso" necessario per sanare le tante ferite aperte e la "bussola" che ci puo' guidare verso una vita e un futuro piu' umano.
Ogni atto di cura, per quanto piccolo, contribuisce alla costruzione della pace.
La cultura della cura e' la cultura della nonviolenza attiva che si fa argine alla cultura dell'indifferenza, dello scarto e dello scontro, dell'individualismo, dell'egoismo e della competizione selvaggia.
"La violenza non e' la cura per il nostro mondo frantumato. Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell'ordine mondiale, possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme" Papa Francesco
"La nonviolenza e' per l'Italia e per tutti via di uscita dalla difesa di posizioni insufficienti, strumento di liberazione, prova suprema di amore, varco a uomo, societa' e realta' migliori" Aldo Capitini
Sara' pace se ci prenderemo cura degli altri e del pianeta
In un mondo frantumato, dopo un lungo tempo di incuria e di sfruttamento dell'uomo, della donna e del pianeta, stiamo facendo i conti con un aumento spropositato del dolore del mondo che sta togliendo la pace a molta gente. C'e' il dolore angosciante di tutte le persone che sono prigioniere del mostro della guerra, della miseria, delle malattie, delle migrazioni, della devastazione ambientale, della disoccupazione, dell'oppressione, delle persecuzioni... E c'e' il dolore dell'anima, un dolore profondo che viene da un malessere diffuso: un senso comune di inquietudine, incertezza e smarrimento. Per alleviare tanto dolore e mettere fine a questa situazione insopportabile dobbiamo sviluppare la nostra capacita' di prenderci cura gli uni degli altri e del pianeta. Solo una "societa' della cura" sara' una societa' di pace.
Il 10 ottobre inauguriamo il decennio della cura!
Partecipa anche tu alla Marcia PerugiAssisi della pace e della fraternita'.
"C'e' stato chi ha detto che la Marcia Perugia-Assisi era cosi' bella che e' irripetibile. Ma come non correre il rischio di farne di meno belle se esse devono adempiere ad un compito cosi' importante?" Aldo Capitini
Queste riflessioni e proposte sono aperte al contributo di tutti e tutte!
Invia la tua adesione, le tue idee e proposte al Comitato promotore Marcia PerugiAssisi, via della viola 1 (06122) Perugia - tel. 0755737266 - 3356590356 - fax 0755721234 - email adesioni at perlapace.it - www.perlapace.it - www.perugiassisi.org

4. INCONTRI. "SULLA COERENZA TRA I MEZZI E I FINI NEI CONFLITTI SOCIALI". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO

La sera di martedi' primo giugno 2021 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" si e' tenuto un incontro di riflessione sul tema: "Sulla coerenza tra i mezzi e i fini nei conflitti sociali. Una riflessione nonviolenta, socialista e libertaria tra operatori sociali, militanti politici, sindacali e della solidarieta'".
L'incontro si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dalla normativa vigente per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
All'incontro hanno preso parte alcuni militanti da decenni impegnati nelle lotte per la giustizia sociale e i diritti umani, antimilitariste e ambientaliste nell'Alto Lazio.

5. INCONTRI. "LA CULTURA DIVORATA DAL CONSUMISMO. ALCUNI CASI DI STUDIO ATTUALI". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO CON PAOLO ARENA

La sera di giovedi' 3 giugno 2021 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" si e' tenuto un incontro di studio sul tema: "La cultura divorata dal consumismo: alcuni casi di studio attuali".
L'incontro si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dalla normativa vigente per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Una minima notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it

6. MAESTRI. PAOLO BAGNOLI: ALDO GAROSCI
[Da Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Storia e Politica (2013) nel sito www.treccani.it]

Aldo Garosci (Meana di Susa 1907 - Roma 2000), impegnato nel giornalismo, nella lotta politica e nel lavoro di storico, e' una delle figure piu' significative e originali della storia politico-civile del Novecento. Antifascista fin dagli anni universitari, si laurea presso la facolta' di Giurisprudenza di Torino con Gioele Solari. Dopo la morte di Piero Gobetti (1926), collabora a "Il Baretti" e a "Voci d'officina". Esule a Parigi dal 1932, aderisce a Giustizia e liberta' e partecipa con Carlo Rosselli alla guerra di Spagna, rimanendo ferito. Dopo la Francia, dal 1940 e' esule negli Stati Uniti. Tornato in Italia nel 1943, partecipa alla Resistenza nelle file del Partito d'azione. Giornalista e storico, dal 1953 e' docente universitario (prima di storia moderna e storia delle dottrine politiche a Roma, poi di storia del Risorgimento a Torino, infine di storia del Risorgimento e di storia moderna di nuovo a Roma).
Come storico coltiva molteplici interessi: durante l'esilio americano scrive La vita di Carlo Rosselli (che sara' pubblicata in Italia nel 1945), e alla vicenda dell'antifascismo dedica Storia dei fuorusciti (1953) e Gli intellettuali e la guerra di Spagna (1959). Studioso del Risorgimento – alla figura del mazziniano Antonio Gallenga dedica un ponderoso studio (Antonio Gallenga: avventura, politica e storia nell'Ottocento italiano, 1964) –, della Francia, del federalismo statunitense e delle liberta' sanmarinesi, con i suoi lavori storiografici e' espressione di una particolare necessita' revisionista, intesa, pero', non come meccanica rivisitazione di tesi oramai acquisite, ma come approfondimento di aspetti diversi, giuridici, sociali, economici, politici, con attenzione alla psicologia degli uomini e al ruolo delle idee. Per Garosci la revisione della storia significa, essenzialmente, avanzamento della ricerca, ossia la possibilita' di compiere ulteriori percorsi lungo nuove rotte pur non disconoscendo il lavoro dei predecessori, con attenzione anche alla storiografia straniera.
Secondo un'impostazione comune a tutti gli storici di matrice azionista, Garosci sostiene che la storia puo' essere compresa solo se non la si limita con cesure, categorie, ambiti ristretti di conoscenza, compresi quelli accademici; essa e', sostanzialmente, intelligenza di un'evoluzione ininterrotta della quale bisogna essere consapevoli. La varieta' degli interessi non e' dispersione, ma urgenza etica di ampliare lo spettro della conoscenza nella convinzione concettuale che, nel fare storia, e' fondamentale muoversi sempre tra continuita' e unita'.

7. MAESTRI. GIROLAMO IMBRUGLIA: ALESSANDRO GALANTE GARRONE
[Da Il contributo italiano alla storia del pensiero – Storia e Politica (2013) nel sito www.treccani.it]

Per Federico Chabod, Alessandro Galante Garrone (Vercelli 1909 - Torino 2003) fu un discepolo spirituale di Adolfo Omodeo: una definizione pertinente, che mette in evidenza l'affinita' tra i due intellettuali e le differenze di Galante Garrone dal suo 'maggiore'. In comune essi ebbero l'interesse per il XIX secolo. Ma Omodeo aveva sottolineato, come Benedetto Croce, la distinzione tra movimenti e istituzioni per affermare che un movimento il quale non sappia farsi istituzione e' solo l'aspirazione del machiavelliano profeta disarmato. Galante Garrone, al contrario, nella sua opera rese autonomi quei due termini, pur condividendo la visione etico-politica della storia. Non minore fu la sua divergenza dal liberalismo di Omodeo, per il quale la democrazia e i moderni partiti furono ragione di inquieta indagine, mentre per Galante Garrone tale processo determino' le coordinate della vita civile dell'Italia repubblicana.
Formatosi sotto il fascismo nella Torino antifascista, Galante Garrone storico appartiene alla seconda meta' del Novecento. Si formo' allora la sua coscienza morale e civile, che ne ispiro' l'opera di magistrato e la voce di intellettuale, nonche' la sua vocazione di storico. Il problema che egli sempre tenne presente fu quello delle ragioni dell'Unita' d'Italia e lo studio delle forme che quel processo poi prese. Il suo lavoro storico fu profondamente segnato dall'amicizia con Franco Venturi: in comune essi ebbero l'attenzione critica al documento e alla pluralita' delle fonti, la volonta' di fare una storia politica delle idee, la consapevolezza della necessita' di una visione cosmopolita dei movimenti europei.
Il doppio cognome di Galante Garrone e' testimonianza del sacrificio della sua famiglia nella Prima guerra mondiale: poiché i suoi zii materni, Giuseppe ed Eugenio Garrone, alpini volontari, erano morti sul Grappa nel 1917 ed erano stati insigniti della medaglia d'oro, a lui e ai suoi fratelli fu permesso per decreto reale di unire al cognome del padre, il latinista Luigi Galante, quello della madre, Margherita Garrone.
Laureatosi nel 1931 a Torino in storia del diritto italiano, relatore Gioele Solari, con la tesi Il problema costituzionale nei moti rivoluzionari italiani del 1831 (a cui aggiunse in appendice un opuscolo del giacobino Filippo Buonarroti) affronto' quelli che sarebbero stati i suoi temi storiografici: le origini dello Stato italiano, il liberalismo francese, la tradizione democratica.
Nel 1933 si avvio' alla carriera di magistrato (negli anni del fascismo cerco' di recuperare modi giurisdizionali di salvaguardia delle liberta' individuali), che concluse nel 1966, con il grado di consigliere di Corte d'appello. Fu anche professore universitario, e insegno', prima a Cagliari e poi a Torino, storia moderna, storia del Risorgimento e storia contemporanea.
Nel 1942 inizio' a collaborare con il Partito d'azione, ispirato dall'idea di liberta' liberatrice di Omodeo, secondo la quale la riconquista della liberta' significava per il cittadino partecipare alla vita pubblica. L'avvento della Repubblica, in lui come in tutti i suoi compagni, suscito' un convinto entusiasmo, rapidamente spento dalla delusione: il movimento non era riuscito a farsi anima delle istituzioni.
La passione politica lo spinse a cercare una piu' profonda visione della realta' attraverso la scoperta di nuovi problemi storici e di nuove ricerche, maturate nel largo e cosmopolita fermento del dopoguerra. Ebbe sempre presente la necessita' del confronto leale e approfondito con le diverse correnti storiografiche europee, fu attento a rintracciare il legame tra vita politica e impostazione storica, mentre il suo senso critico e la sua eccezionale accuratezza filologica rivelavano, oltre alla padronanza del mestiere, l'esigenza morale di rigorosa ricerca della verita'.
La sua produzione e' stata varia e molteplice; ma, come Delio Cantimori con gli Eretici italiani del Cinquecento (1939), egli e' stato per cosi' dire l'autore di un solo libro, Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell'Ottocento, 1828-1837 (1951, 1972 (2)). Attraverso la vita, le lotte, i contrasti di Buonarroti, Galante Garrone raggiunse una prospettiva che gli permise poi di intendere l'Ottocento nella sua complessa latitudine ideale, nelle sue radici settecentesche, nelle sue vicende europee e italiane, nei suoi esiti novecenteschi.

8. STORIA. CLAUDIO CESA: LA STORIOGRAFIA MILITANTE: CRITICI E SOSTENITORI
[Da Il Contributo italiano alla storia del pensiero – Storia e Politica (2013) nel sito www.treccani.it]

Nel 1929 Benedetto Croce, nel saggio Intorno alle presenti condizioni della storiografia in Italia, traeva una sorta di bilancio dell'efficacia della propria opera; constatava che l'esperienza della guerra, e delle rivoluzioni, aveva fatto accettare che la storiografia dovesse essere "militante"; ma, precisava, molti non avevano inteso che cio' significava "pensante", cioe' "idealistico-dialettica", tale da concepire la storia come perpetua vita: arricchimento etico, e non gioco di forze. Tale limitatezza egli imputava alla sordita' di molti storici nei confronti degli impulsi morali, anzi, "religiosi", o al loro adattarsi a essere supporto, inutile, del potere politico. Riconosceva, d'altro canto, che sulla strada da lui aperta si erano messi valorosi studiosi: faceva i nomi di Guido De Ruggiero, di Adolfo Omodeo (i quali avevano preso, nella "Critica", il posto prima occupato da Gentile) e di Antonio Anzilotti (1885-1924).
Accanto a questi, merita di essere ricordato Nino Cortese (Perugia 1886-Napoli 1972), che riconobbe pubblicamente di dovere a Croce gli orientamenti della sua ricerca; nel 1926, in un saggio apparso sulla "Rivista storica italiana", Cortese aveva dato piena adesione sia alla metodologia crociana sia all'applicazione che di essa era stata fatta nella Storia del Regno di Napoli; condusse, su solide basi documentarie, studi sul Mezzogiorno, dal Cinquecento all'Ottocento; accanto alle monografie su Lo studio di Napoli nell'eta' spagnola (1924), ci sono i saggi, redatti tra il 1920 e il 1942, raccolti nel volume Il Mezzogiorno ed il Risorgimento italiano (1965); curo' edizioni di opere di Vincenzo Cuoco e di Pietro Colletta; di particolare impegno il suo lavoro di editore degli scritti di Francesco De Sanctis, 15 volumi, dal 1930 al 1941, opera che fu interrotta dalla guerra.
Sino appunto alla guerra le critiche, talvolta aggressive, rivolte ai volumi storici di Croce non ne avevano limitato la fortuna; la Storia d'Italia ebbe otto edizioni dal 1928 al 1943, la Storia d'Europa cinque edizioni dal 1932 al 1942; correva la battuta che non si poteva non dirsi crociani. Le cose mutarono rapidamente dalla fine degli anni Quaranta, con l'emergere di tendenze culturali alimentate da quelle istanze di un radicale mutamento della societa' italiana che erano state elaborate sia durante la guerra partigiana sia nei movimenti e nei partiti di massa dei primi anni del dopoguerra. Dopo una breve fase nella quale parve che la concezione della storia come opera di minoranze colte potesse venir applicata alle elites rivoluzionarie (a coltivare questa posizione erano molti militanti del Partito d'azione), ad assumere un atteggiamento vivacemente critico fu la storiografia di ispirazione marxista, orientata dalla pubblicazione, che si aveva proprio in quegli anni, dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci: essa rifiutava la prospettiva etico-politica, insisteva sul conflitto delle classi, criticava risolutamente l'immagine che, della storia d'Italia, Croce aveva dato. Un altro tipo di critiche, le quali investivano piu' la teoria che l'opera storiografica, venivano dall'area che si disse neoilluminista: Croce era accusato di aver respinto in blocco la sociologia, sbarrando cosi' la strada allo sviluppo, in Italia, delle scienze sociali; e di aver avuto, inoltre, una fondamentale indifferenza per le forme istituzionali, con il risultato di fare della liberta' una nozione metafisica.
A rivendicare, contro queste critiche, la permanente validita' dell'insegnamento crociano, fu Vittorio De Caprariis (Napoli 1924-Roma 1964), che fu anche, per alcuni anni, vicedirettore dell'Istituto italiano per gli studi storici. Dopo un libro su Francesco Guicciardini. Dalla politica alla storia (1950), nel quale, staccandosi dalla famosa immagine desanctisiana del Guicciardini, che talvolta lo stesso Croce aveva ripreso, spiegava come attraverso una serie di delusioni politiche il suo personaggio avesse trovato la passione per scrivere la sua Storia d'Italia, de Caprariis pubblico' nel 1959 la sua opera maggiore, Propaganda e pensiero politico in Francia durante le guerre di religione. In essa si intrecciano vari filoni, tra i quali notevole e' l'attenzione per gli sforzi di fondare la liberta' di coscienza su basi istituzionali, giuridicamente valide, che fossero in grado di togliere alla "politica" il suo aspetto "demoniaco". Al di la' dell'espressione, che non era certo crociana, de Caprariis vedeva in questi sforzi l'inizio della politica moderna – pur continuando, sulle orme di Croce, a respingere l'idea di un "diritto naturale". Dai francesi del Cinquecento passo' ai costituzionalisti americani e a Tocqueville. Nella sua assai intensa attivita' pubblicistica propose una lettura 'democratica' del liberalismo crociano, con particolare attenzione alle istituzioni (non soltanto parlamento e governo, ma anche i partiti, che voleva regolati da norme piu' precise di quanto stabilito dall'articolo 49 della Costituzione). Alla sua sensibilita' politica non sfuggi' che, alla fine degli anni Cinquanta, la prima crisi dei partiti stava innescando una crisi istituzionale; e, quasi a continuare l'opera di Croce, si era accinto, alla vigilia della morte, a una storia d'Italia a partire dalla Prima guerra mondiale.

9. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: BREVISSIMA RELAZIONE DEL FAMOSO DUELLO DI BRANCALEONE CONTRO MACISTE

Accingendomi a narrare del famoso duello di due dei miei migliori amici e compagni di baldorie in gioventu', vorrei preliminarmente avvertire il cortese lettore che mai vi fu tra noi il menomo screzio, e che il duello, che pure ebbe si' tragica fine, fu un evento puramente sportivo e spettacolare senza acredine alcuna, ci muoveva solo l'onorevole intento di fare qualche soldarello offrendo al colto pubblico e all'inclita guarnigione uno spassetto, nulla di piu'. Chi poteva immaginare?
*
Brancaleone, chi non lo sa, aveva preso parte in gioventu' alla famosa disfida di Barletta insieme a Fanfulla da Lodi, che poi si diede al football, e ad Ettore Fieramosca, che fu dipoi ministro e senatore del regno. Piu' tardi partecipo' alle crociate ed ebbe un matrimonio infelice, come sovente accade.
Maciste era stato come tutti prima dannunziano e poi futurista, s'era innamorato di Salome' (non fu il solo, anche Erode, anche Nietzsche, anche Freud, anche Lenin quando gestiva un cabaret a Zurigo) ed aveva - ahime' - trescato con Cabiria a Hollywodd, da cui fu allontanato al tempo della lista nera in quanto marxista (anche se lui ci teneva a precisare di essere piu' engelsiano che marxista), ed aveva vinto tre, dicesi tre, campionati di culturismo finche' non successe il fattaccio di via Veneto, quando uccise un paparazzo per difendere l'onore della signora ***, vicenda che tutti ricorderanno ancora e da cui fu anche tratto un film a colori.
A quel tempo io ero poeta laureato in varie corti della Renania e della Bassa Sassonia, spostandomi in lambretta dall'una all'altra per partecipare alle serate letterarie con ricco buffet. La fame costringe ad aguzzare l'ingegno.
Con Branca e Maccio ci si conosceva dai tempi del ginnasio, che avevamo fatto tutti e tre al seminario della Signora del Tiglio, prima che venissero inventati gli autobus da Pascal.
*
C'era stata la crisi del 2008 e noi dovemmo chiudere la nostra precedente attivita'. Adesso non vi dico quale, di questo potete stare sicuri. Che magari eravate nostri clienti anche voi. Se ci pensate un po' ci arrivate, come no, ci arrivate, ci arrivate. Forza, che ci arrivate. Visto? Basta fare mente locale. E allargare l'area della coscienza.
Neppure il tempo di risalire la china che patapunfete arriva la pandemia. E adesso non c'e' bisogno di stare a spiegare a gente sveglia come lorsignori che non e' che potevamo chiedere i ristori, tanto valeva costituirci. Cosi' fu veramente un duro colpo. Bisognava inventarci qualcosa, e c'inventammo il famoso duello di Brancaleone contro Maciste.
Gia' solo con gli sponsor erano i gran soldi. Ma la diretta televisiva non vi dico.
Poi il resto fu tutta una volata.
Sia gli sponsor che le televisioni volevano che in preparazione dell'evento ("Il piu' grande duello del mondo dalla creazione del mondo e prima della fine del mondo" era lo slogan - che a me sembrava un po' lungo e un po' ripetitivo) si facesse un po' di manfrina per attirare l'attenzione del pubblico, come faceva Cassius Clay, no? Era una buona idea. Cosi' io, che ero l'intellettuale e il manager del gruppo, pensai di organizzare una conferenza stampa con annessa tenzone poetica in ottave a braccio tra Brancaccio e Macistozzo, ma gli sponsor e le televisioni dissero che questa era robetta vecchia come il cucco che non gli interessava piu' a nessuno, ci voleva ben altro: roba come staccare la testa a un pollo con un morso, minzione e defecazione in diretta, le cose che vanno di moda oggi.
Adesso, non dico che non eravamo tre ribaldi, ma certe cose no, noi non le facevamo. Perlomeno non in pubblico. Se sei della vecchia scuola sei della vecchia scuola, che se poi un giorno magari incontri per strada Aramisse o Mazzini ti tocca svicolare che ti vergogni come un cane.
E quindi mi opposi con tutte le mie forze, ma poi gli sponsor e quelli delle televisioni dissero che sono le leggi dello sciobbizze e chi non le rispetta e' fuori, fuori di testa e fuori da tutto, e se eravamo tanto schizzinosi potevamo andare ad esibirci a porta portese, o alla vucciria, o magari alle cascine (col rischio di ritrovartici col mostro di Firenze, oltretutto), e allora fu d'uopo cedere. Ancora oggi, dopo quello che e' successo, mi chiedo se non avrei dovuto resistere nel difendere il decoro nostro e della nobile arte, che se lo avessi fatto puo' darsi che sarebbe andata in un altro modo e oggi staremmo qui tutti e tre a ridercela insieme di quante ne combinavamo quand'eravamo giovani e scapestrati con la motoguzzi e tutto. Pero' va anche detto che a Brancaccio e a Macistone gli stava bene di fare qualche grulleria, e cosi' si fece come dicevano quelli, che la mediazione che si riusci' a raggiungere fu che nella conferenza stampa Maciste disse di essere un fan di Ozzy Osbourne cosi' sullo sfondo proiettavano un video dove ci si vedeva quello che ce lo sapete quello che ci si vedeva, e Brancaccio sputo' tre volte per aria in verticale e poi dovette essere svelto come la polvere - scilicet come un fulmine - per evitare l'esito che ogni gnutoniano sa a memoria. Sono le leggi dello sciobbizze, mica la ragion pritica di Chenisberga.
A ripensarci oggi io dico che gia' da li' si vedeva che l'affare cominciava male e dovevamo capirla che bisognava piantarla li'. Ma i soldi sono i soldi, e a noi erano i soldi che ci servivano, non l'oracolo manuale e l'arte di prudenza. Cosi' andammo avanti, che altro si poteva fare? Fatta la conferenza stampa non si poteva tornare indietro. E tra la conferenza e il duello ci fu tutta la trafila dei servizi fotografici coi fotomontaggi con le attrici famose e i panorami esotici, delle interviste finte con le rivelazioni scabrose che erano sempre quelle che facevano ridere i polli, insomma tutto il carnevaletto che serve a far abboccare il pubblico di bocca buona, perche' gli sponsor sganciano se il pubblico abbocca, e le televisioni, lasciatevi servire, le televisioni in confronto i coccodrilli sono benedettini buddisti missionari di clausura.
Di anticipi neanche a parlarne, ci pagavano solo l'albergo a mezza pensione e il menu da studenti e militari in trattoria, fine. E' che pensavano che magari ce la squagliavamo col malloppo se ci pagavano prima, e io al posto loro avrei pensato la stessa cosa.
In quattro giorni quattro costruirono 'st'arena di polistirolo uguale uguale al partenone messo dentro al colosseo solo per farci le fotografie e il video promozionale, che io lo dissi subito che erano soldi buttati, ma si doveva fare perche' poi la rivendevano a uno della mafia o della camorra o della 'ndrangheta che gli piaceva averci 'sta roba nella villa. Ve l'avevo detto che l'industria dello spettacolo e' tutta nelle mani della mafia, della camorra e della 'ndrangheta? Se non ve l'avevo detto ve lo dico adesso. Cosi' magari se vi viene la pensata di voler fare gli attori o i registi lasciate perdere subito, prima che vi centrifugano il cervello a forza di sfondarvi di schifezze e poi al momento dell'incasso vi tagliano pure qualche dito e lo danno da mangiare al gatto. Lasciate perdere prima che e' meglio.
Poi venne il grande giorno, anzi, la grande serata, che doveva essere al palasport ma invece si dovette trasferire tutto l'ambaradan allo stadio perche' di biglietti se ne erano venduti settanta volte sette volte tanti e dovettero mettere le sedie da campeggio pure nel campo sul pratino intorno al ring. Che in un primo momento si era pensato a un duello a cavallo, ma poi per fare posto al pubblico pagante poi ci si restrinse al ring che il pubblico pagante ci ha sempre ragione e piu' siamo e meglio stiamo. Pure Scespir doveva tenersi sul palcoscenico i signorotti che giocavano a carte mentre davano l'Amleto. Il ring, insomma, era piccolo, pero' nel cielo dello stadio con la dovuta inclinazione c'erano 18 maxischermi tenuti per aria dagli elicotteri. Che fu il motivo dell'incidente. Il secondo incidente, se li vogliamo chiamare cosi'. Oppure era tutto organizzato dall'inizio, sia la fucilata che la caduta del maxischermo. Secondo me era tutto organizzato dall'inizio, ma a noi non ci avevano detto niente. Se me lo avessero detto mi sarei opposto. Con Branchetto e Macinino eravamo proprio amici amici.
*
Il combattimento comincio' subito male: intanto il ring non era omologato e al posto delle corde c'era il filo spinato, che secondo me era proprio uno scandalo, uno scandalo che pure il marchese di Queensberry li avrebbe denunciati e via, giu' al gabbio con l'amico di Doriano e dei due Ernesti.
Poi il pubblico, a volerlo chiamare pubblico, che era l'orda d'oro, le invasioni barbariche, i babbois di Donaldo Limbroglione. Erano li' dal pomeriggio che si strafogavano di hamburger e birra e prima che lo spettacolo cominciasse ne avevano gia' dovuti ricucire diciassette e altri tredici invece neppure li ricucirono che tanto ormai non c'era piu' niente da fare.
L'arbitraggio non vi dico. Avrei dovuto capirlo subito quando si presento' al centro del quadrato quel tizio vestito tutto gomma e borchie con gli speroni, la frusta, l'elmetto prussiano col chiodo e la colonna sonora dei Village People.
Insomma, fini' come sapete.
Branca e Maccio si diedero da fare, certo non e' che se le davano proprio forte, si sfioravano quanto bastava, avevano fatto tutti e due gli stuntmen a Cinecitta', lo conoscevano il mestiere. Secondo me e secondo Diderot lo spettacolo andava bene cosi'.
Ma il pubblico rumoreggiava perche' voleva vedere il sangue, visto che nello spot televisivo il sangue avevano promesso, e i denti e i brandeli di ciccia che volavano come schegge.
Poi successe quello che successe.
Quando hanno desecretato i nastri registrati (che furono sequestrati subito, che al mercato nero e su internet si vendevano a cinquemila euro a sequenza e nei primi mesi non c'era palestrato, sadomasochista o telespettatore videodipendente ai quattro angoli del mondo - cioe' l'intera popolazione maschile del pianeta che avesse la possibilita' di spender quattro piccioli - che non se li comprava), quando hanno desecretato i nastri registrati - dicevo - a forza di vederli e rivederli quei convulsi momenti hanno rivelato come non il caos ma la ragione (cioe' il cosmo, l'ordine del mondo, Napoleone a cavallo a Jena, il Sein-zum-Tode, l'Apocalypsis cum figuris) presiedesse alla catena degli eventi.
La testaccia di Branca scoppio' in mille pezzi, ma non per il cazzottone di Maciste, che oltretutto ci aveva il guantone e non picchiava neppure con tutti i sentimenti, ma perche' gli spararono un proiettile dum-dum dalla cabina di regia.
Il pubblico ando' in estasi; Maccio si guardava intorno inebetito e disse la famosa battuta che poi e' diventato il jingle di quell'amaro in televisione, che lo avrete sentito mille volte, si', la battuta che dice l'attore della pubblicita' dell'amaro dopo che ha bevuto un bicchierino e la biondona gli zompa addosso e se lo brancica come fosse un peru'; quella battuta, si': "Ma che cribbio e' successo?" (ho scritto cribbio, ma la parola e' quell'altra, via).
Tre volte Maciste ripete' la frase magica, mentre una delle 666 telecamere gli inquadrava il capoccione in primissimo piano. Un grande momento di televisione, senza dubbio.
Allora, proprio allora, sulla tribuna Montemario cadde il maxischermo. Che era tutto preparato e' evidente dalla diretta televisiva: le telecamere inquadrarono il maxischermo ancora prima che si staccasse dall'imbragatura. Il resto fu una catena di causa-effetto, una scloschiana schidionata, come in ogni visione deterministica del mondo: la grande fuga, la lotta di tutti contro tutti come nello stato di natura, le settemilacinquecentotre' vittime senza contare i messicani, i sessantottomila tra feriti e mutilati eccetera eccetera.
Maciste fu ucciso nella calca, ma non fu per caso: fu fulminato da un colpo di fucile pure lui; la gente a terra fucili non ne aveva, molti erano armati di coltelli e di machete, di martelli e tenaglie, di picconi e trinciapolli, ma solo armi bianche. Era tutto stabilito, questa e' la verita'.
Li' per li' non lo capii, ma siccome sono uno di esperienza pensai comunque solo a svignarmela e a restare nascosto.
*
Poi sono cominciate le calunnie, che avevo venduto i miei due amici, che praticavo gli sport estremi, che ero un appassionato di snuff-movie (figurarsi, non ci ho neanche la televisione). Che la grande fuga l'avevo provocata io facendo scoppiare con una manata dopo averla gonfiata soffiandoci la busta di carta ormai vuota che dentro c'era stata la pizza con le olive che me l'ero pappata tutta da solo senza neanche fare il gesto di offrire ai vicini. Se ne sono dette tante, magari speravano che mi facessi avanti a smentire: cosi' appena mi lasciavo individuare ero la terza zucca che scoppiava e si facevano un'altro catasta di soldi pure con la carne di porco mia. Eh no. No. Io non ci casco, figli belli.
Come sono sopravvissuto? E ve lo vengo a dire a voi? Anni ed anni di svicolamenti repentini e multipli, acrobazie e trasformismo, immersione nella clandestinita' e frantumazione della personalita', piu' sette plastiche facciali e un'interminabile odissea tra i lestrigoni e i lotofagi, e adesso mi faccio pizzicare per mettermi in mostra con vossia? Ma per favore.

10. TRA LE MACERIE. ATTILIO CARTIGLIERI-PERSICHETTI: DEL GRAN TEATRO DEL MONDO. INTROIBO

"Datta. Dayadhvam. Damyata.
Shantih shantih shantih"

*

I

Occorrerebbe sapere di greco e di latino
come si innesta una vite un olivo
come si piazza un mandrino una carrucola
come si ruba il tempo alla vipera
come si dorme anche quando fa caldo
e come si veglia anche se e' freddo
fabbricare gli ombrelli e le biciclette
saper parlare ai lupi e alle nuvole
tirare in aria la moneta e far venire sempre testa
piantare i chiodi con un fazzoletto
ricordarsi le regole di tutti i giochi
sapere quando mentire e quando tacere occorrerebbe

Occorrerebbe vivere la vita
e ricordarsela quando si e' vecchi e laschi
e il mondo si sgretola e si spegne e tu con lui
finalmente

*

II

Il diavolo poi non ci ha piu' nessuna voglia
di metterci ogni volta la coda
preferirebbe restarsene al bar
a trincare con gli amici a giocare a quartiglio
a guardare le partite alla televisione

Invece gli tocca alzarsi di fretta
andare a fare quel che deve fare
che dopo tanti anni non ci ha piu' nessun gusto
e un sacco di volte ha pensato di dimettersi
di fare domanda all'Inps o al tribunale
per vedere di riavere la patente di tornare
dov'era prima che tutto cominciasse

*

III

Povero com'era
andava a cavallo di un cane
rubava le cipolle e i lacci delle scarpe
dormiva nei cassonetti da quando le cabine
del telefono non ci sono piu'

Povero com'era doveva aspettare che piovesse
pr lavarsi con tutti i vestiti addosso
che poi fumavano come l'avessero appena
tirato fuori dal forno

*

IV

Bruciavamo le gomme per strada
per tenere lontana la notte
che porta i lupi che porta i fantasmi

Mangiavamo quel che si trovava
per i campi e nelle case abbandonate
che quando arrivavamo noi la gente scappava

Non ci lasciavamo dietro anima viva
e' la legge della guerra si sa
campa solo chi ammazza per primo
campa solo chi non risparmia nessuno

*

V

Tutto quello che fai lo fai di malavoglia
piuttosto che dire un'altra parola
preferiresti troncarti la lingua coi denti e sputarla
se ti guardi indietro vedi solo un deserto
e sotto il deserto un cimitero lo sai
davanti hai solo una strada nebbiosa
che lo sai che non va da nessuna parte

*

VI

Scrivi queste parole per lavarti l'anima
scrivi queste parole per continuare a lottare
sputi via il fiele e riprendi il cammino
sputi via il fiele e continui la marcia

Non finiranno mai queste montagne
nessuno appare in queste balze in questi abissi
sei solo ormai da cosi tanto tempo
che non sai piu' se sai parlare ancora

*

VII

Dalla finestra al buio guardo per strada
e indovino chi sono le persone che passano
quel ciccione di sicuro mena la moglie
quella tizia che cammina come un treno
a qualcuno deve aver cavato un occhio
o fregato un anello o un cucchiaio d'argento
quei bambini che giocano mentre giocano
progettano uno stupro e gia' ne ridono
quel vecchio col bastone che fa pena
da giovane strappava le unghie ai prigionieri

Da dietro la finestra guardo in strada
e vedo il mondo e so cosa significa

*

VIII

Ho venduto il mantello per comprarmi
una spada

Ho venduto la cucina economica per farmi
una carabina di precisione
col visore notturno gia' installato

Ho dato via tutte le collezioni di figurine
di settant'anni
per una scimitarra e un machete
senza foderi

Adesso sono pronto
adesso e' il momento mio

*

IX

Se ne dicono tante ma quelle giuste mai
si chiacchiera si chiacchiera ma mai una parola vera
troppo rumore troppo frastuono povere orecchie
io sussurro soltanto
mentre scuoio i nemici che non vogliono parlare

*

X

Non c'e' niente da dire si scrive
solo per nascondersi

*

"Datta. Dayadhvam. Damyata.
Shantih shantih shantih"

11. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Chiara Bassis, Domenico Sereno Regis. Biografia, Beppe Grande Editore, Torino 2012, pp. XXIV + 240, euro 12.
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Riedizioni
- Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2006, 2019, pp. 352, euro 24.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4126 del 5 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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