[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 95



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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 95 del 28 maggio 2021

In questo numero:
1. Adriano Viarengo: Franco Venturi
2. Movimento Nonviolento: E' morto Kavilipalayam M. Natarajan: Il cordoglio delle comunita' gandhiane
3. Mao Valpiana: Obiettori interetnici per una pace giusta
4. Alcuni riferimenti utili
5. Geronte piagato

1. MAESTRI. ADRIANO VIARENGO: FRANCO VENTURI
[Da Il Contributo italiano alla storia del pensiero – Storia e Politica (2013) nel sito www.treccani.it]

Franco Venturi e' stato lo storico italiano della seconda meta' del Novecento di maggior rilievo internazionale, tanto per i suoi studi sulla Russia dell'Ottocento, tra cui, principale, Il populismo russo, quanto per i suoi studi sul Settecento, tra i quali l'imprescindibile Settecento riformatore.
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La vita
Nato a Roma il 16 maggio 1914, Franco Venturi visse a Torino, dove il padre, Lionello (1885-1961), insegnava storia dell'arte presso la locale universita'. Arrestato per un breve periodo nel gennaio 1932 perche' sospetto di attivita' antifascista, raggiunse subito dopo il padre – "dispensato dal servizio" per non aver prestato il prescritto giuramento di fedelta' al regime nel proprio insegnamento – che si trovava a Parigi. Qui concluse gli studi liceali, intraprese gli studi storici presso la Sorbona, dove fu allievo di studiosi come Pierre Renouvin, Henri Hauser, Gustave Glotz, Charles Seignobos, Daniel Mornet, Henri Bedarida, e consegui' la laurea nel 1936, anno del suo primo viaggio in Unione Sovietica.
Successivamente, si segnalo' per una serie di studi che affrontavano in modo nuovo l'Illuminismo francese, mettendone in luce il valore politico e non solamente quello filosofico o letterario. A questa visione dell'Illuminismo lo portava anche il suo appassionato antifascismo. Sin dal 1933, infatti, aveva avuto inizio la sua collaborazione con il movimento di Carlo Rosselli, il settimanale "Giustizia e Liberta'" e i suoi "Quaderni", espressione di un antifascismo nuovo, inteso a superare, nell'accordo tra la pulsione egualitaria del socialismo e quella alla liberta' del liberalismo, le debolezze dei vecchi partiti italiani, sconfitti nel 1922, e prospettando la liberazione dell'Italia dal fascismo attraverso una vera e propria rivoluzione democratica. Di "Giustizia e Liberta'" Venturi diverra' uno dei dirigenti, con specifici incarichi per quanto concerneva la stampa dell'omonimo settimanale dopo l'assassinio di Rosselli. Particolarmente importante, sul piano intellettuale e politico, fu allora per lui l'amicizia con Aldo Garosci e Leo Valiani.
Venturi non pote' discutere la sua these sull'illuminista piemontese Francesco Dalmazzo Vasco a causa dell'ingresso a Parigi delle truppe tedesche. Nel tentativo di lasciare la Francia fu arrestato al confine spagnolo mentre cercava di arrivare in Portogallo, da dove avrebbe raggiunto i genitori negli Stati Uniti. Detenuto per cinque mesi nelle durissime carceri spagnole, fu estradato in Italia nel marzo 1941, imprigionato nel campo di concentramento di Monteforte Irpino e poi confinato ad Avigliano, in Basilicata. In quegli anni ebbe anche inizio la sua collaborazione con la casa editrice Einaudi di Torino.
Lasciato il confino dopo il 25 luglio 1943, fu, nell'agosto, tra i partecipanti alla fondazione del Movimento federalista europeo. Tornato in Piemonte, a partire dal settembre 1943 partecipo' alla costituzione delle prime formazioni partigiane in Val Pellice. Prese parte a tutte le fasi della Resistenza al nazifascismo in Piemonte come membro del Comitato esecutivo del Partito d'azione, ispettore delle formazioni piemontesi Giustizia e Liberta' e responsabile della stampa azionista subalpina. Particolarmente importanti, tra le pubblicazioni da lui curate, sono "Voci di officina" e i "Nuovi Quaderni di Giustizia e Liberta'". Dopo la Liberazione diresse, sino all'aprile 1946, il quotidiano azionista torinese "Giustizia e Liberta'".
Dal 1947 al 1950 fu addetto culturale presso l'ambasciata italiana di Mosca. Al suo rientro in Italia intraprese la carriera universitaria come docente, prima, presso l'Universita' di Cagliari (1951-55), poi di Genova (1955-58) e, infine, di Torino, dove coprira' la cattedra di storia moderna sino al 1984. Nel 1959 successe a Federico Chabod nella direzione della "Rivista storica italiana". Ricchissima di contatti, in ogni parte del mondo, fu la sua vita di studioso. Tuttavia egli rimase anche fedele a un piu' ristretto circolo di relazioni intellettuali in gran parte costituitosi nella giovinezza e nella Resistenza. Lo componevano personalita' di studiosi come Garosci, Valiani, Carlo Dionisotti, Arnaldo Momigliano, Alessandro Galante Garrone, ai quali si aggiunse Giorgio Agosti. Con l'eccezione di Momigliano, un gruppo 'azionista' durato quanto la vita dei suoi componenti, anch'esso caratterizzato, pero', da un forte cosmopolitismo. La "Rivista storica italiana" (della cui direzione Momigliano e Valiani furono a lungo magna pars) costitui' per molti decenni l'ambito nel quale si concretizzarono spesso elementi di ricerca e discussione che ritroviamo negli scambi epistolari e nelle loro discussioni. Professore emerito dell'ateneo torinese, Venturi si spense a Torino il 14 dicembre 1994.
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Una ricerca cosmopolitica
"Per professione ed attitudini, Venturi era un intellettuale, ma fu anche, fin dai primissimi esordi, uomo d'azione", ha osservato Michael Confino (Franco Venturi e la Russia, 2004, p. XVI). In effetti, l'attivita' intellettuale di Venturi e' inseparabile da quella politica. Nella sua formazione, piu' che gli studi alla Sorbona, contarono i contatti, attraverso il padre, con personalita' eminenti del mondo politico e intellettuale italiano: da Benedetto Croce a Gaetano Salvemini a Francesco Saverio Nitti, a Luigi Salvatorelli e, soprattutto, a Carlo Rosselli. Con Rosselli e gli uomini di Giustizia e Liberta' egli sviluppo' la sua passione politica e per gli studi storici, intesi come costantemente collegati (mescolando la lezione crociana e quella salveminiana) alle problematiche politiche del presente. Dalle giovanili letture gobettiane gli provenne l'attenzione agli individui e, in particolare, all'intelligencija, vista come quel gruppo sociale che possedeva la capacita' di elaborare, proporre e cercare di introdurre nella vita politica e sociale dei popoli migliori condizioni per una libera esistenza. La centralita' della figura dell'intellettuale nella propria concezione della storia fa anche si' che Venturi adotti largamente nel suo lavoro la forma della biografia politico-intellettuale dei suoi personaggi.
Nell'Illuminismo egli individuo' il grande movimento modernizzatore della societa' europea e, come affermera' in un interrogatorio di polizia, l'origine delle idee democratiche moderne. Esatto opposto delle tirannidi che allora venivano prevalendo in Europa. Ne colse anche la caratteristica di religione laica e umanistica, fatta di lotta contro la Chiesa, di passione, di vitalismo immanente, di entusiasmo, di impulso morale. In contrasto con l'interpretazione filosofico-letteraria dell'Illuminismo allora prevalente in Francia (Hazard, Mornet) e in Germania (Ernst Cassirer), Venturi punto' quindi a illustrarne l'aspetto politico. Egli riprendeva si' quella histoire des idees viva tra gli storici letterari francesi degli anni Venti e Trenta, ma vi innestava un'acuta sensibilita' politica. La sua impostazione storiografica, definibile come una 'storia politica delle idee', non discendeva pero' da una teorizzazione aprioristica. Al contrario, essa non esiste in quanto definizione-descrizione del proprio operare: "fare storia delle idee era per Venturi una sfida metodologica permanente, da accogliere ad ogni nuova ricerca – ha scritto Bronislaw Baczko (Curiosita' storica e passioni repubblicane, in F. Venturi, Pagine repubblicane, 2004, p. X) – Tutto accade in concreto, nella ricerca stessa".
Diffidente rimase sempre nei confronti di troppo astratte riflessioni sulla metodologia storica, fu fortemente polemico verso le teorie marxiste della storia, il cui teleologismo gli riusciva inaccettabile e il cui economicismo vedeva all'origine della tirannide sovietica. Pur tra i primi a introdurre in Italia la lezione delle "Annales", diffido' poi delle successive evoluzioni in senso cliometrico e poi antropologico della storiografia francese, cosi' come della psicostoria e della microstoria. Dichiarera' in uno dei suoi rarissimi interventi sulla stampa quotidiana ("La Repubblica", 23 ottobre 1984): "Non appartengo a quella numerosa schiera di studiosi che, in Italia e fuori, sembrano continuamente scusarsi di essere soltanto degli storici, lasciando intendere in mille modi di essere poi in realta' dei filosofi, degli economisti, dei sociologi, degli antropologi, degli etnografi, ecc. ecc. Personalmente mi pare che la storia senza additivi sia del tutto sufficiente a riempire tutta intera una vita di ricerche e di studio".
Rivelatore della sua visione politica e' il saggio intitolato Socialismo di oggi e di domani (comparso nei "Quaderni dell'Italia libera", dicembre 1943, 17, a firma Leo Aldi). Era un attacco alla "tendenza a ripartire dalle posizioni di vent'anni fa", dal socialismo sconfitto dal fascismo o degenerato nel totalitarismo sovietico. "Il socialismo moderno – cosi' invece lo disegnava Venturi – non puo' infatti non essere profondamente antitotalitario", "non puo' non essere costruttivo" e "costruttivo – precisava – in primo luogo [in senso] politico ed istituzionale", superando il classismo marxista: "un peso schiacciante, perche' gli impedisce di porsi al centro della societa', di raggruppare intorno a se' tutto il mondo del lavoro, di porsi e risolvere i problemi di ricostruzione e di liberta', centrali oggi".
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Le opere dell'esilio e della Resistenza
Nella vasta produzione di Venturi si possono distinguere tre momenti principali, il primo dei quali e' costituito dal periodo dell'esilio e della Resistenza: centro dei suoi studi fu l'Illuminismo francese con la figura di Denis Diderot e il mondo dell'Encyclopedie. La piu' nota di queste opere e' senz'altro Jeunesse de Diderot (de 1713 a' 1753), ultimata nel 1938 e pubblicata a Parigi nel gennaio dell'anno successivo: "Per opera di Diderot e dei suoi – scriveva Venturi – l'Illuminismo prese al centro del XVIII secolo un aspetto politico che parve agli spauriti tradizionalisti un complotto, e che era invece la nascita di una nuova forza ideale e pratica" (Jeunesse de Diderot, 1939, trad. it. 1988, p. 203).
Diderot era cosi' strappato alla posizione di letterato di seconda fila, di pensatore senza sistema e restituito al piano nel quale emergeva la sua grandezza: quello politico. Il volume voleva appunto essere una "storia politica di Denis Diderot" (p. 23), "considerato come uno dei piu' notevoli tra gli uomini che seppero dare un significato politico all'illuminismo francese" (p. 22) e dar vita a un capolavoro che aveva "piu' di venti volumi in folio ed [aveva] un titolo che ha dato il nome a una scuola e ad un'epoca: l'Enciclopedia" (p. 22). Al mondo dell'Encyclopedie si riferiscono inoltre anche altri studi che avrebbero dovuto costituire una seconda parte del volume diderottiano, ma vedranno la luce solo nel dopoguerra: Le origini dell'Enciclopedia (1946) e L'antichita' svelata e l'idea di progresso in N.A. Boulanger (1722-1759) (1947), voluto da Croce per i tipi di Laterza. Il ruolo dell'URSS nell'Europa fascistizzata imponeva in quegli anni una riflessione sul comunismo. Era possibile che, andando alle sue radici settecentesche, vi si potesse cogliere una possibilita' di sviluppo anche in senso non totalitario, seguendo le suggestioni di Elie Halevy? Dagli scritti di Dom Deschamps e di Filippo Buonarroti Venturi avvio' allora la ricerca di una risposta che si prefisse di elaborare in una mai conclusa Storia del comunismo.
Di quella ricerca fa parte anche un'opera fra le sue piu' significative: lo studio su Alberto Radicati di Passerano (1954). Per quanto apparso molto piu' tardi, esso era frutto di un lavoro avviato almeno dal 1937, in parallelo con quelli su Francesco Dalmazzo Vasco, tanto che Venturi prospettava allora a Croce "una edizione degli illuministi piemontesi (raccolti intorno alle due figure principali di Radicati e di Vasco) che da molto tempo mi interessano" (Croce, Venturi, Carteggio, 6 febbraio 1938, 2008, p. 13). Un intento perseguito anche nell'immediato dopoguerra con la traduzione, mai pubblicata, di molti scritti del Radicati.
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La stagione 'russa'
Venturi parti' per l'Unione Sovietica anche con l'intento di studiare l'impero zarista nel Settecento. Un altro, pero', se ne profilo' ben presto: "vorrei scrivere – comunicava ad Agosti – un libro, magari soltanto di carattere cronachistico, sul populismo russo" (3 settembre 1948, F. Venturi, Lettere da Mosca, in Franco Venturi e la Russia, 2004, p. 105). Il risultato del suo serrato lavoro alla biblioteca Lenin di Mosca furono, al suo rientro in Italia, i due volumi pubblicati di Il populismo russo (1952) con i quali inauguro' la seconda fase dei suoi studi. In essi si ripercorreva il lungo cammino di quella che Venturi definiva "una pagina di storia del socialismo europeo", il movimento populista, appunto, dai suoi ispiratori, Aleksandr I. Herzen, Michail A. Bakunin, Nikolaj G. Cernysevskij, sino alle organizzazioni Zemlja i volja ("Terra e liberta'") e Narodnaja volja ("Volonta' popolare») e all'attentato contro Alessandro II, nel 1881. Un'opera seguita, per quasi un decennio, da altri studi, Il moto decabrista e i fratelli Poggio (1956), Esuli russi in Piemonte dopo il '48 (1959), uno studio su Herzen e, soprattutto, dal dialogo/dibattito con lo storico Nikolaj M. Druzinin e altri colleghi sovietici, al quale presero parte, con Venturi, nelle pagine della "Rivista storica italiana" del 1961-1962, Momigliano e Pietro Rossi. Tutte tappe di un'attenzione e di una volonta' di forzare le chiusure sovietiche che non rimasero senza echi nella stessa Unione Sovietica. Gliene derivo' una larga e duratura notorieta' nel campo della russistica che pure non costitui' l'ambito principale della sua attivita' storiografica. La pubblicazione della traduzione francese e dell'edizione riveduta italiana (1972) diede poi a Venturi l'opportunita' di discutere le osservazioni dei molti recensori in un'amplissima introduzione.
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Il mondo riflesso nell'Italia dei lumi
Il progetto a lungo covato di realizzare una storia dell'Europa dei lumi venne trasformandosi negli anni. Si fece maggiormente centrato, inizialmente, sulla realta' dell'Italia del XVIII secolo. Ma nel corso dei decenni, sotto il titolo di Settecento riformatore, la grande opera della maturita' venturiana, si vennero racchiudendo una pluralita' di intenti. In parte quest'opera si collega fortemente anche ai volumi di Illuministi italiani, curati da Venturi per La letteratura italiana, storia e testi, diretta da Raffaele Mattioli, Pietro Pancrazi e Alfredo Schiaffini per l'editore Ricciardi tra il 1958 e il 1965. Questi volumi antologici comprendevano ampi brani delle opere degli intellettuali riformatori italiani del Settecento, con robusti profili biografici. Per riformatori erano intesi soltanto coloro che avevano avuto un contatto diretto con il mondo dell'economia, dell'amministrazione, delle cose e, quindi, non puri teorici dell'economia o puri esecutori e amministratori: piuttosto, i progettisti e propugnatori di riforme. La questione era centrale poiche' "il moto riformatore e' il filo rosso del nostro Settecento", e "quello dobbiamo seguire se vogliamo stabilire un vivo contatto con i problemi dell'Italia di quel secolo" (Settecento riformatore, I vol., 1969, p. XV). Occorreva cioe' fare "la storia del formarsi e svilupparsi, del distinguersi e ritrovarsi di quella volonta' di riforma che animo' allora individui e gruppi, portandoli ad esplorare e capire la realta' che li circondava e a cercar di modificarla" (p. XV).
Non pero' in senso namieriano (per quanto Venturi ammirasse sir Lewis Bernstein Namier). Al centro del suo interesse stavano le peculiarita' del pensiero del singolo personaggio e non, come in Namier, le costanti, per es., di ceto. Nel primo volume, sottotitolato Da Muratori a Beccaria, si ripercorrevano del XVIII sec. italiano gli anni tra la meta' dei Trenta e la meta' dei Sessanta. Fin dall'inizio, pero', come gia' Venturi aveva prospettato nel suo intervento sulla Circolazione delle idee al Congresso di Storia del Risorgimento del 1953, nel quale molti videro l'enunciazione di un piano di lavoro che l'avrebbe impegnato per il resto della vita, il caso italiano veniva considerato solo nel generale quadro dell'Illuminismo europeo, come elaborazione autonoma nell'ambito di un fenomeno pluricentrico quale fu l'Illuminismo, cosmopolitico per la sua stessa essenza. Anche per questo egli dichiarava subito di aver volto "le spalle, fin dai primi passi, ad ogni sentiero che rischiasse di condur[lo] in Parnaso" (p. XIII). Intento al quale rimarra' fedele: invano cercheremmo, trent'anni dopo, il nome di Carlo Goldoni nell'indice dei nomi dell'ultimo volume dell'opera pubblicato, dedicato alla Repubblica di Venezia.
Dopo un secondo volume, La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti (1976), che analizzava il riaprirsi, negli anni Sessanta, del conflitto tra societa' civile e organizzazione ecclesiastica e il mutarsi del giurisdizionalismo in volonta' di riforma, il terzo segno' un mutamento profondo. Non erano piu' solamente singole personalita' di riformatori a costituire la trama dell'opera, che si spostava piuttosto sull'analisi della formazione di una moderna opinione pubblica nell'Italia della seconda meta' del Settecento. La svolta che Venturi coglieva al passaggio tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta e Ottanta non si poteva piu' seguire "continuando unicamente a descrivere lo sviluppo delle idee e dei gruppi nei diversi centri della penisola", ma solo considerandola "anche nel suo assieme, in uno spaccato che permetta di cogliere le azioni e le reazioni del paese di fronte ai problemi che dominavano tutt'intera l'Europa di quegli anni" (p. XI). Anni che segnavano, come recitava il titolo del volume, La prima crisi dell'Antico Regime (1768-1776) (1979), per la quale piu' degli archivi diplomatici contavano le gazzette, i viaggiatori, i pubblicisti, i "progettisti e economisti" (p. XV).
Settecento riformatore illustrava quindi il ritmo dello spirito riformatore del secolo nel suo misurarsi con fenomeni che lo superavano e travolgevano in misura talora definitiva. L'ampia visione dell'Illuminismo che Venturi aveva prima delineato in importanti interventi congressuali (fondamentale quello al Convegno internazionale di Stoccolma, nel 1960) e poi nelle George Macaulay Trevelyan Lectures del 1969, tenute a Cambridge e pubblicate nel 1970 con il titolo di Utopia e riforma nell'illuminismo (e nel 1971 in inglese), veniva a confluire nell'opera sua maggiore che proponeva al lettore di porsi dal punto di vista con il quale un suo simile, vivente nella penisola italiana tra gli anni Settanta e Ottanta del Settecento, poteva guardare quel grande moto che attraversava l'Europa. Moto che egli aveva indagato nelle Lectures ponendolo "sotto le luci incrociate di alcuni problemi della storia delle idee", tra i quali era centrale "il problema del valore della tradizione repubblicana nella formazione e lo sviluppo dei lumi", arrivando poi "al cuore stesso del rapporto tra utopia e riforma", sia pure "da un solo punto di vista [...], quello del diritto di punire", per concludere con "un tentativo di ripercorrere la distribuzione geografica e il ritmo differenziato di sviluppo dell'illuminismo nell'Europa settecentesca" (p. 27). Al tempo stesso, quelle lezioni segnavano l'ultima tappa nel percorso venturiano: al tema "rivoluzione" (indicata con il termine utopia), stava succedendo ormai quello di "riforme", in un nesso univoco con i "lumi". Quasi un'ideale cerniera si puo' quindi individuare nella sua edizione, nel 1965, del Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria.
Negli stessi anni Venturi scrisse anche il poderoso saggio, L'Italia fuori d'Italia (1973), inserito nel terzo volume della Storia d'Italia einaudiana, che esponeva come, dal Settecento fino all'Unita', lo spazio italiano e i suoi problemi fossero stati visti dal mondo intellettuale europeo, ribaltando quindi l'ottica assunta nell'opera maggiore.
Quella osservazione degli eventi mondiali attraverso le fonti relative alla formazione di un'opinione pubblica nella penisola, acquistera' massimo rilievo nel volume successivo di Settecento riformatore, La caduta dell'Antico Regime (1776-1789) (1984), due ampi tomi che percorrevano lo spazio tra le due rivoluzioni atlantiche, per riprendere la terminologia di Robert R. Palmer. "Anche questo – sottolineava l'autore – come gli altri volumi del Settecento riformatore, intende guardare queste realta' cosmopolitiche attraverso l'Italia [...]. L'Italia e' come un prisma attraverso il quale si e' cercato di scomporre e ricomporre, di analizzare la realta' politica che giunge d'Oltralpe e d'Oltremare" (pp. XIII-XIV). La crisi dell'antico regime vi veniva colta soprattutto nelle rivolte delle periferie, a partire da quella americana.
Venturi si volse solo allora a completare, con gli anni Settanta e Ottanta, il quadro dell'Italia riformatrice del Settecento; e anche questa seconda parte si dilato' ben oltre un solo tomo. Tre sarebbero stati, intitolati L'Italia dei Lumi, secondo quanto l'autore stesso indicava introducendo brevemente il primo di essi: La rivoluzione di Corsica. Le grandi carestie degli anni sessanta. La Lombardia delle riforme (1987). Nel secondo sarebbe stato "ripreso il problema delle arcaiche repubbliche italiane, di Venezia e Genova" (p. XII). Il terzo sarebbe partito "dal Piemonte per passare allo Stato pontificio, per trovare infine il proprio centro in quello che fu, con la Lombardia e la Toscana, l'altro polo dell'Italia settecentesca, la Napoli illuminista degli anni della crisi finale dell'Antico regime" (p. XIII). Ma quando, nel 1990, comparve il tomo successivo, La Repubblica di Venezia (1761-1797), alla Serenissima, appunto, esso si limitava. L'anno prima, in una seduta dell'American historical association, Venturi aveva ancora ribadito le costanti del suo lavoro. Ricordera' Robert Burr Litchfield: "Il suo scopo in Settecento riformatore non era solo quello di delineare le vicissitudini dei riformatori attraverso gli sviluppi politici e le crisi degli ultimi decenni dell'Antico Regime, ma anche di illustrare il carattere cosmopolita ed internazionale dell'opinione pubblica europea nell'eta' dell'Illuminismo" (The English translation of "Settecento riformatore" and its Anglo-American reception, "Rivista storica italiana", 1996, 2-3, p. 357).
Venturi non pote' completare Settecento riformatore. Il cerchio della sua operosa vita si chiuse con un ritorno a Buonarroti. Avendo trovato un curioso scritto a lui attribuibile, ne trasse un articolo e, poi, insieme con Galante Garrone, un volumetto (La riforma dell'Alcorano). Esempio, nella fase estrema della sua vita, di quella circolazione delle idee che costituiva la base dell'opera sua. Senza, pero', trascurare mai il dato concreto: "giovani e meno giovani – aveva ammonito nel suo ultimo discorso pubblico, alle soglie della morte –, pensate sempre che le radici locali e le grandi idee che spazzano il cielo dell'Europa non possono mai essere separate" ("Linea d'ombra", 1995, 101, p. 15).
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L'eco cosmopolita di un'opera cosmopolita
Amplissima fu la discussione internazionale sull'opera di Venturi, come puo' illustrare anche una brevissima rassegna, limitata alla discussione delle sue maggiori opere.
La sua Jeunesse de Diderot riscosse apprezzamenti da Lucien Febvre ("C'est le travail d'un homme vivant sur le porteur d'idees vivantes", "Annales d'histoire sociale", 1940, 2, p. 46) e da recensori sulle maggiori riviste francesi. In Italia lo elogio', nella crociana "Critica", Adolfo Omodeo, che vi intravide con favore la nascita di "una piu' adeguata interpretazione del secolo dei lumi". Arthur M. Wilson, nel "Journal of modern history", la defini' "an important contribution to the intellectual history of the eighteenth century" (1940, 12, 2, p. 246).
Ancor piu' rilevante fu l'eco internazionale del Populismo russo. Isaiah Berlin ne introdusse l'edizione inglese (1961), ma gia' ne aveva scritto a Venturi, nel 1953, come di un capolavoro. Negli Stati Uniti Alexander Gerschenkron defini' l'opera "without precedent in any language, Russian not excluded", George Hugh Nicholas Seton-Watson sottolineo' anch'egli il fatto che si trattasse del "first comprehensive study in a western European language" sul tema, auspicandone una rapida traduzione in inglese e francese (quest'ultima comparira' pero' solo nel 1972). Diversi gli echi in Unione Sovietica. A livello ufficiale, Serafim A. Pokrovskij, nell'autorevole "Voprosy istorii" (Questioni di storia), ammise "l'attento studio" e il "profondo interesse" evidenziato nell'opera. Grande colpa, pero', rimaneva l'aver "trascurato gli straordinari lavori di Lenin". In Occidente Leonard Shapiro interpreto' questo parziale riconoscimento come derivante dalla condivisione, in URSS, del giudizio negativo di Venturi sul liberalismo russo ottocentesco. Negli anni krusheviani, ha riferito Valentina A. Tvardovskaja, poco manco' che un capitolo del Populismo venturiano venisse pubblicato a Mosca ed ebbe una risonanza notevole, tra gli studiosi sovietici (ovviamente del tutto ufficiosa), anche il gia' ricordato dibattito che si accese, nelle pagine della "Rivista storica italiana" e di "Istorija SSSR", su temi come quello della liberta' nelle rivoluzioni russe e del marxismo-leninismo quale strumento conoscitivo della storia, come ha illustrato Vladimir V. Pugacev.
In Italia i volumi di Venturi riscossero grande apprezzamento, ma anche riserve significative in una discussione prevalentemente storiografica e ideologica, ben testimoniata da Giuseppe Berti che, con l'occhio dello storico marxista, sottolineo' nell'opera la mancanza di un "esame approfondito delle differenziazioni economiche e di classe" ("Rinascita", maggio-luglio 1952).
Internazionale fu anche la discussione su Utopia e riforma, favorita dalla pressoche' immediata edizione inglese. Keith M. Baker, per es., segnalo' l'opera come destinata a "surely become a classic". Il tema del repubblicanesimo nel Settecento – che avra' ampi sviluppi nella storiografia internazionale dei decenni successivi – venne subito colto come uno dei centri focali del volume e Michael Wilks rilevo' come sarebbe stato necessario meglio precisare tale concetto, mentre sottolineava come il lavoro contenesse anche "una rassegna splendidamente distruttiva della [...] vasta letteratura sull'argomento recentemente prodotta dagli studiosi" ("The English historical review", 1973, 88, p. 600), connettendolo anche con i saggi venturiani di Europe des Lumieres: recherches sur le XVIIIe siecle, comparsi contemporaneamente.
Vastissima l'eco dei volumi di Settecento riformatore. A essi vennero dedicate non solo singole recensioni, ma anche piu' ampie discussioni e tavole rotonde, come, con particolare riferimento al terzo volume, il seminario tenutosi presso la Fondazione Luigi Einaudi di Torino l'8 dicembre 1985. Negli Stati Uniti, poi, nel 1989, l'American historical association aveva tenuto una seduta – sopra ricordata – a San Francisco, organizzata da Brendan Dooley, della Harvard University, intitolata The Eighteenth century of Reform: a roundtable discussion of Franco Venturi's "Settecento riformatore", del quale era stato allora tradotto in inglese il terzo volume, poi seguito dai due tomi del quarto. Accanto agli elogi alla gigantesca opera, vennero in quegli anni delineandosi anche osservazioni che rispecchiavano bene come il mutare dei tempi rendesse piu' difficile accoglierla senza alcune riserve. In particolare, torno' quella relativa all'"isolamento" dei riformatori venturiani: nell'eta' della contestualizzazione il fatto che Venturi lasciasse pochissimo spazio alle forze conservatrici veniva sempre piu' difficilmente accettato. In una certa misura gli intenti che avevano mosso la ricerca storica di Venturi, radicati nella cultura europea e italiana dei decenni centrali del XX sec., venivano colti con sempre maggior fatica.
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Opere
Una bibliografia (con 519 titoli) delle opere di Franco Venturi, a cura di Paola Bianchi e Leonardo Casalino, si trova in Il coraggio della ragione. Franco Venturi intellettuale e storico cosmopolita, a cura di L. Guerci, G. Ricuperati, Torino 1998, pp. 441-78. Si indicano di seguito solamente le opere piu' significative:
Jeunesse de Diderot (de 1713 a' 1753), Paris 1939 (trad. it. Palermo 1988).
Francesco Dalmazzo Vasco (1732-1794), Paris 1940.
Le origini dell'Enciclopedia, Roma-Firenze-Milano 1946 (seconda ed. riveduta, Torino 1963).
L'antichita' svelata e l'idea di progresso in N.A. Boulanger (1722-1759), Bari 1947.
Jean Jaures e altri storici della Rivoluzione francese, Torino 1948.
Il populismo russo, Torino 1952 (nuova ed. con l'aggiunta di una Introduzione, Torino 1972).
La circolazione delle idee, "Rassegna storica del Risorgimento", aprile-settembre 1954, 2-3, pp. 203-22.
Saggi sull'Europa illuminista, I, Alberto Radicati di Passerano, Torino 1954 (nuova ed. con il titolo Alberto Radicati di Passerano, a cura di S. Berti, Torino 2005).
Il moto decabrista e i fratelli Poggio, Torino 1956.
Illuministi italiani, III vol., Riformatori lombardi, piemontesi e toscani, a cura di F. Venturi, Milano-Napoli 1958; V vol., Riformatori napoletani, a cura di F. Venturi, Milano-Napoli 1962; VII vol., Riformatori delle antiche repubbliche, dei ducati, dello Stato pontificio e delle isole, a cura di G. Giarrizzo, G. Torcellan, F. Venturi, Milano-Napoli 1965.
Esuli russi in Piemonte dopo il '48, Torino 1959.
C. Beccaria, Dei delitti e delle pene. Con una raccolta di lettere e documenti relativi alla nascita dell'opera e alla sua fortuna nell'Europa del Settecento, a cura di F. Venturi, Torino 1965.
Historiens du XXe siecle. Jaures, Salvemini, Namier, Maturi, Tarle et Discussion entre historiens italiens et sovietiques, Geneve 1966.
Settecento riformatore, I vol., Da Muratori a Beccaria, Torino 1969; II vol., La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti (1758-1774), Torino 1976; III vol., La prima crisi dell'Antico Regime (1768-1776), Torino 1979; IV vol., La caduta dell'Antico Regime (1776-1789), t. 1, I grandi Stati dell'Occidente, t. 2, Il patriottismo repubblicano e i grandi imperi dell'Est, Torino 1984 (trad. inglese, Princeton 1989-1991); V vol., L'Italia dei lumi (1764-1790), t. 1, La rivoluzione di Corsica. Le grandi carestie degli anni Sessanta. La Lombardia delle riforme, t. 2 La Repubblica di Venezia (1761-1797), Torino 1987-1990.
Utopia e riforma nell'illuminismo, Torino 1970 (trad. ingl., Cambridge 1971).
L'Italia fuori d'Italia, in Storia d'Italia, III vol., Dal primo Settecento all'Unita', Torino 1973, pp. 987-1481.
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Raccolte dei suoi scritti pubblicate dopo la sua scomparsa:
La lotta per la liberta'. Scritti politici, a cura di L. Casalino, Torino 1996.
Saggi preparatori per Settecento riformatore, con una nota introduttiva di E. Gabba e A. Venturi, "Atti della Accademia nazionale dei Lincei. Memorie", s. IX, 2002, 14, 2, pp. 41-183.
Pagine repubblicane, a cura di M. Albertone, Torino 2004.
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La vastissima corrispondenza di Franco Venturi e' stata parzialmente pubblicata in varie sedi. Le piu' ricche sono:
L. Valiani, F. Venturi, Lettere (1943-1979), a cura di E. Tortarolo, introduzione di G. Vaccarino, Scandicci 1999.
Il carteggio Venturi-Cantimori dal 1945 al 1955, in G. Imbruglia, Illuminismo e storicismo nella storiografia italiana. In appendice il carteggio Venturi-Cantimori dal 1945 al 1955, Napoli 2003, pp. 361-478.
F. Venturi, Lettere da Mosca [a cura di A. Viarengo], in Franco Venturi e la Russia, con documenti inediti, a cura di A. Venturi, Milano 2004, pp. 27-130.
B. Croce, F. Venturi, Carteggio, a cura di S. Berti, Napoli-Bologna 2008.
A. Galante Garrone, F. Venturi, "La logica dell'amicizia e della ricerca storica convergono". Corrispondenza, 1947-1985, in A. Galante Garrone, F. Venturi, Vivere eguali. Dialoghi inediti intorno a Filippo Buonarroti, a cura di M. Albertone, Reggio Emilia 2009, pp. 129-72.
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Bibliografia
Numerosissimi sono stati i saggi su Venturi. Molti sono raccolti negli Atti di tre significativi convegni di studio:
Il coraggio della ragione. Franco Venturi intellettuale e storico cosmopolita, a cura di L. Guerci, G. Ricuperati, Torino 1998.
Franco Venturi e la Russia, con documenti inediti, a cura di A. Venturi, Milano 2004.
Il repubblicanesimo moderno. L'idea di repubblica nella riflessione storica di Franco Venturi, a cura di M. Albertone, Napoli 2006.
A Franco Venturi. Politica e storia, e' stato dedicato il fasc. 2-3, maggio-dicembre 1996, della "Rivista storica italiana".
L'attivita' politica di Venturi e' illustrata in L. Casalino, Influire in un mondo ostile. Biografia politica di Franco Venturi (1931-1956), Aosta 2006.

2. LUTTI. MOVIMENTO NONVIOLENTO: E' MORTO KAVILIPALAYAM M. NATARAJAN. IL CORDOGLIO DELLE COMUNITA' GANDHIANE
[Dal sito del Movimento Nonviolento col titolo "Covid-19, muore K.M. Natarajan: il cordoglio delle comunita' gandhiane"]

Si e' spento nella notte per complicazioni respiratorie dovute al Covid-19. L'89enne K.M. Natarajan era il segretario del Gandhi Memorial Museum a Madurai, una colonna portante del movimento di Bhoodan e delle lotte nonviolente per i diritti dei coltivatori in Vilampatti e Valivalam. Il Movimento Nonviolento si unisce al cordoglio delle comunita' gandhiane nel mondo.
Fu nel 1952 che Natarajan decise di raccogliere l'appello del Mahatma Gandhi a boicottare i vestiti stranieri e opto' per il khadi filato a mano. Quando Vinoba Bhave chiamo' all'azione nel Tamil Nadu per il movimento Bhoodan (Land Gift Movement), Natarajan segui' la sua voce interiore. Nel 1956-57 prese a fare lunghi padyatra (lunghe marce) per undici mesi di fila in tutto lo Stato, andando da un villaggio all'altro, facendo appelli personali ai proprietari terrieri affinche' cedessero volontariamente parte delle loro terre in eccesso ai poveri delle campagne senza terra come atto di giustizia sociale.
Oltre ad essere il Direttore del Gandhi Memorial Museum di Madurai era anche l'editore di "Sarvodaya Talisman", una rivista bimestrale gandhiana, su cui ha ospitato anche contributi di Alberto L'Abate.
Per i nostri lettori italiani di lui proponiamo la riscoperta di "L'eredita' di Gandhi in India", scritto con M. Vasantha in cui illustra i programmi educativi e movimenti socio-politici di ispirazione gandhiana, presenti in India (contenuto in AA. VV., L'insegnamento di Gandhi per un futuro equo e sostenibile, Atti del convegno internazionale, Torino 30 gennaio, 1-2 febbraio 1998, a cura di L. Coppo, E. Camino, G. Barbiero).

3. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: OBIETTORI INTERETNICI PER UNA PACE GIUSTA
[Dal sito di "Azione nonviolenta" (www.azionenonviolenta.it) riprendiamo questo intervento del 15 maggio 2021.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"); attualmente e' presidente del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa per la nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del comitato scientifico e di garanzia della Fondazione Alexander Langer Stiftung; fa parte del Comitato per la difesa civile non armata e nonviolenta istituito presso L'Ufficio nazionale del servizio civile; e' socio onorario del Premio nazionale "Cultura della pace e della nonviolenza" della Citta' di Sansepolcro; ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". E' stato fondamentale ideatore, animatore e portavoce dell'"Arena di pace e disarmo" del 25 aprile 2014 e coordina la campagna "Un'altra Difesa e' possibile". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

Il 15 maggio e' la Giornata Internazionale dell'obiezione di coscienza. La dedico agli obiettori della Terrasanta, quei luoghi di Israele e Palestina dove si manifesto' uno dei primi obiettori al potere costituito, lo fece rifiutando la violenza e per questo venne condannato a morte.
Oggi in quelle terre vi sono due popoli ostaggi di una guerra fomentata da chi produce e vende le armi per combatterla. I due eserciti che si fronteggiano sono asimmetrici nella potenza di fuoco, un Davide contro Golia, ma per le vittime morire per un missile intelligente o per un razzo stupido e' la stessa cosa. La paura della notte sapendo che si puo' essere colpiti nel sonno e' la stessa. Che l'esplosivo che potrebbe ammazzare tuo figlio venga dagli Stati Uniti o dall'Iran, te ne importa poco.
Cosa sia l'obiezione di coscienza ce lo ha fatto capire bene don Lorenzo Milani, una lezione che non ho mai dimenticato: "io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro". Chi siano gli oppressi e chi gli oppressori e' molto chiaro, ma mi hanno sempre colpito quelle parole iniziali "io non ho Patria...". E proprio per questo veder sventolare troppe bandiere identitarie, o bruciare le bandiere altrui, non mi e' mai piaciuto. Si deve rifiutare la pulizia etnica senza cadere nell'autoisolamento etnico.
I gruppi misti di giovani israeliani e palestinesi, ebrei e arabi, musulmani e cristiani, sono l'antidoto alla compattezza etnica che ha creato le frontiere oggi invalicabili. I giovani israeliani obiettori al loro esercito, i giovani palestinesi obiettori alle loro milizie, sono la speranza per un futuro diverso da quello che hanno creato o subito i loro padri.
I portuali di Genova e Livorno che dichiarano di non essere disposti a caricare armi sulle navi per una guerra che e' violazione dei diritti umani fondamentali, sono i pionieri di una nuova coscienza.
Saranno gli obiettori e le obiettrici di domani a garantire una pace giusta tra Israele e Palestina, che solo allora saranno davvero, insieme, Terrasanta.

4. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

5. SCORCIATOIE. GERONTE PIAGATO

"Noi veggiam, come quei ch'ha mala luce,
le cose, disse, che ne son lontano"
(Inf., X, 100-101)

I libri che ho letto tutti li ho dimenticati
so di essere stato giovane poiche' sono vecchio
ma cosa ho fatto lo ricordo a malapena
di malavoglia saluto la gente che incontro per strada
fatico a riconoscere i volti e le voci
penso che se morissi non sarebbe un gran danno.

Col tempo la brama di vivere si sgretola
si sgretola tutto e prima di tutto
la gente.

Mi chiedo perche' vedo solo fantasmi
forse perche' sono un fantasma anch'io
mi chiedo perche' il mondo che una volta
mi pareva cosi' colmo e scintillante di promesse
adesso e' solo caligine e tosse
mi chiedo perche' il fascismo abbia vinto di nuovo
e temo che sia per colpa nostra per colpa mia
che non ho saputo contrastarlo abbastanza.

So che finche' non saro' morto
devo continuare la lotta nonviolenta
contro tutte le oppressioni e le violenze
per la condivisione del bene e dei beni
per salvare tutte le vite
perche' tutte e tutti possano vivere una vita degna
per la disperata speranza cantata in quell'antico canto
che chiamiamo l'Internazionale.

Coraggio
raddrizzati quanto puoi
appoggiati al bastone e cammina ancora
ci sara' tempo poi per riposarsi.

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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 95 del 28 maggio 2021
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