[Nonviolenza] Telegrammi. 4078



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4078 del 18 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
Sommario di questo numero:
1. Ramsey Clark
2. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
3. Amparo Davila
4. Henri Duparc
5. Ezia Gavazza
6. Thor Heyerdahl
7. Andrew Hill
8. Marco Leto
9. Emil Loteanu
10. Mario Pirani
11. Fulvio Roiter
12. Gert Schramm
13. Mario Tommasini
14. Valentina Bortolami presenta "La donna non esiste. E l'uomo? Sesso, genere e identita'" a cura di Nicla Vassallo
15. Annagiulia Canesso presenta "Histoire de la sexualite' 4. Les aveux de la chair" di Michel Foucault
16. Luca Lendaro presenta "A Wolf in the City. Tyranny and the Tyrant in Plato's Republic" di Cinzia Arruzza
17. Segnalazioni librarie
18. La "Carta" del Movimento Nonviolento
19. Per saperne di piu'
 
1. LUTTI. RAMSEY CLARK
 
E' deceduto Ramsey Clark, gia' procuratore generale degli Stati Uniti d'America, che denuncio' i crimini contro l'umanita' dagli Stati Uniti d'America commessi.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
2. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA
 
Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.
 
3. MEMORIA. AMPARO DAVILA
 
Il 18 aprile 2020 moriva Amparo Davila, poetessa e narratrice.
Con gratitudine la ricordiamo.
 
4. MEMORIA. HENRI DUPARC
 
Il 18 aprile 2006 moriva Henri Duparc, illustre cineasta.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
4. MEMORIA. EZIA GAVAZZA
 
Il 18 aprile 2019 moriva Ezia Gavazza, storica dell'arte.
Con gratitudine la ricordiamo.
 
5. MEMORIA. THOR HEYERDAHL
 
Il 18 aprile 2002 moriva Thor Heyerdahl, viaggiatore, scrittore, documentarista, appassionato dell'umanita'.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
6. MEMORIA. ANDREW HILL
 
Il 18 aprile 2007 moriva Andrew Hill, musicista.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
7. MEMORIA. MARCO LETO
 
Il 18 aprile 2016 moriva Marco Leto, regista d'impegno civile
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
8. MEMORIA. EMIL LOTEANU
 
Il 18 aprile 2003 moriva Emil Loteanu, regista.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
9. MEMORIA. MARIO PIRANI
 
Il 18 aprile 2015 moriva Mario Pirani, giornalista.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
10. MEMORIA. FULVIO ROITER
 
Il 18 aprile 2016 moriva Fulvio Roiter, illustre fotografo.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
11. MEMORIA. GERT SCHRAMM
 
Il 18 aprile 2016 moriva Gert Schramm, testimone della Shoah.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
12. MEMORIA. MARIO TOMMASINI
 
Il 18 aprile 2006 moriva Mario Tommasini, partigiano, militante del movimento operaio, costruttore di liberta'.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
13. LIBRI. VALENTINA BORTOLAMI PRESENTA "LA DONNA NON ESISTE. E L'UOMO? SESSO, GENERE E IDENTITA'" A CURA DI NICLA VASSALLO
[Dal sito http://universa.padovauniversitypress.it riprendiamo la seguente recensione apparsa su "Universa", vol. 7, n. 2 (2018)]
 
Nicla Vassallo (a cura di), La donna non esiste. E l'uomo? Sesso, genere e identita', Codice Edizioni, Torino 2018, pp. 142.
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La donna non esiste. E l'uomo? Sesso, genere e identita' e' un volume a cura di Nicla Vassallo che raccoglie sette interventi, firmati da specialisti di differenti discipline, sui temi richiamati nel titolo del libro. I brevi capitoli sono preceduti da una dedica a Eva Picardi e da un prologo (“Sex&Gender”) scritti da Vassallo, autrice anche dell'ultimo capitolo del libro, "La donna non esiste", e seguiti da un passo tratto dal Diario di Virginia Woolf. Il volume e' corredato da una breve bibliografia e dalle note biografiche degli autori e delle autrici. L'intento della curatrice e' quello di proporre una prospettiva multidisciplinare sui correnti dibattiti sul genere e sul sesso, inteso sia come categoria sessuale (maschile e femminile) che come sessualita' (orientamento sessuale in particolare). Gli autori e le autrici degli interventi raccolti nel volume provengono principalmente dal campo delle scienze della vita (primi due capitoli) e da quello della filosofia (capitoli terzo, quarto, sesto e settimo).
Il primo capitolo, dal titolo "La biologia non aiuta", e' di Ulrich Pfeffer, ricercatore di biologia molecolare che studia "la genomica dei tumori e la loro classificazione" (p. 137). Anche Adriana Albini, che scrive il secondo capitolo, "Medicina di genere: che genere di medicina?" e' impegnata nella ricerca oncologica. Con il terzo capitolo "Bioetica e generi. Per una riformulazione degli assetti identitari e di convivenza sociali" di Maurizio Mori, studioso di bioetica, si ritorna all'ambito piu' propriamente filosofico, all'interno del quale si collocano anche il capitolo quarto, "Sugli errori scientifici comunicativi" di Vera Tripodi, che si occupa di filosofia femminista, e il capitolo sesto, "Ingiustizia discorsiva", a firma di Claudia Bianchi, studiosa di filosofia del linguaggio. Il capitolo quinto, "Quanti sono i sessi?", scritto da Eva Cantarella, e' invece dedicato al mito dell'androgino nell'antica Grecia, mentre a chiudere il libro e' il gia' citato intervento di Nicla Vassallo.
Nel primo capitolo, "La biologia non aiuta", Pfeffer esamina l'idea che esistano nella specie umana due sessi determinabili geneticamente, e che di conseguenza la biologia possa decretare in maniera definitiva una distinzione netta in due gruppi umani, quello dei maschi e quello delle femmine. Lo scienziato rigetta questa posizione, sostenendo la tesi secondo la quale "la biologia non aiuta" a chiudere definitivamente la questione delle differenze sessuali: il biologo, dunque, "non puo' ergersi ad arbitro nella discussione tra sesso e genere" (p. 40). A sostegno di questa tesi, Pfeffer costruisce un'argomentazione che parte dalla presa in considerazione del caso dell'intersessualita', vale a dire la condizione degli esseri umani che presentano alla nascita caratteri sessuali (genetici, morfologici, ormonali, ecc.) non immediatamente riconducibili al sesso maschile o femminile. Occorre notare che Pfeffer utilizza la terminologia medica per definire l'intersessualita', da lui indicata con l'espressione "Disordine dello Sviluppo del Sesso" (DSD, Disorder of Sex Development). Secondo l'A., tale definizione sostituirebbe quelle di "intersex", "ermafroditismo", "pseudoermafroditismo", "inversione sessuale" (p. 25): per quanto questa affermazione trovi riscontro nelle prime righe dell'articolo di endocrinologia opportunamente citato da Pfeffer, Ono e Harley 2013, non puo' essere accettata in senso generale. Sebbene infatti sia auspicabile l'abbandono di espressioni come "ermafroditismo" e "inversione sessuale" per definire l'intersessualita', cio' non si puo' dire per il termine "intersex", che al momento rimane non solo il termine piu' comprensivo per indicare le persone intersessuali, ma anche quello rivendicato dalle varie associazioni in difesa dei diritti intersex. Dopo aver esaminato il caso dell'intersessualita', lo studioso offre una spiegazione del processo di determinazione del sesso nella specie umana, sottolineando che "La classificazione xx e xy rimane comunque una sovra-semplificazione biologicistica che non resiste alla maggiore conoscenza dei dettagli molecolari della determinazione del sesso" (p. 26). Viene inoltre ricordato che la ricerca scientifica si e' focalizzata principalmente sul fattore SRY, responsabile dello sviluppo dell'apparato sessuale maschile, trascurando invece lo sviluppo di quello femminile, che necessita di maggiore attenzione se si vuole comprendere l'effettiva genesi della differenza sessuale negli umani dal punto di vista biologico (p. 27). In ogni caso, il processo di determinazione del sesso e' caratterizzato da una natura complessa, "multigenica", che nel caso della nostra specie lascia spazio all'ambiguita', a differenza di quanto accade in altre specie (p. 28). Infine, Pfeffer passa da questioni legate al sesso a quelle legate al genere, ed evidenzia come le differenze di genere tra maschi e femmine della specie umana siano meglio concettualizzabili come curve gaussiane, con gruppi che in larga parte si sovrappongono, o addirittura come "nuvole nello spazio tridimensionale" (p. 35) sempre meno distinguibili tra loro man mano che aumentano i fattori presi in considerazione, piuttosto che come due gruppi chiusi, che non si intersecano tra loro o che si intersecano solo in minima parte: infatti, "l'identita' di genere presenta (...) gli stessi problemi normalmente riscontrati nella classificazione di soggetti in due o poche classi sulla base di molti parametri" (p. 37).
Il secondo contributo, di Adriana Albini, e' dedicato alla medicina di genere, la branca della medicina che indaga come gli aspetti legati al genere (dunque non solo quelli biologici, ma anche quelli ambientali, socio-culturali ed economici) influiscano sull'epidemiologia, la sintomatologia, il decorso delle varie patologie. Secondo Albini, l'approccio piu' opportuno e' quello della "medicina delle quattro p" - personalizzata, predittiva, preventiva, partecipativa - alle quale va aggiunta una quinta p, "psico-cognitiva". L'autrice parte da un'affermazione che considera paradossale: per ottenere l'uguaglianza dei diritti tra uomini e donne in salute, bisogna tenere conto della differenza di genere, ed esplicita la sua tesi affermando: "La donna non esiste finche' "e' sana", ma ammalandosi, partorendo, andando in menopausa e sopravvivendo in una longevita' selettiva e spesso patologica, esiste" (p. 42). Se e' conoscenza piuttosto diffusa che le donne vivono mediamente piu' degli uomini (circa cinque anni, p. 44), e' pero' meno risaputo che si ammalano piu' degli uomini, e che sono colpite maggiormente degli uomini da alcune patologie: malattie cardiovascolari (dopo la menopausa), tumori, dolore cronico, fibromialgia, artrite reumatoide, sindromi autoimmuni, sclerosi multipla, malattie neurodegenerative come l'Alzheimer e depressione (p. 44). A fronte di questi dati, l'autrice sostiene che la maggiore longevita' delle donne e' un dato negativo, in quanto gli anni "guadagnati" sono anni di malattia e solitudine (p. 49): per questo motivo, e' importante che vengano perseguite delle politiche a sostegno dell'invecchiamento sano che tengano conto anche della dimensione del genere, in favore sia degli uomini che delle donne (p. 50).
Nel terzo capitolo Maurizio Mori affronta i temi del volume partendo dalla prospettiva della bioetica. Secondo l'autore la bioetica puo' essere intesa in tre modi: come movimento culturale, nato in risposta ai profondi cambiamenti sociali economici e culturali verificatisi negli anni Sessanta del Novecento; come riflessione accademica, neutrale e super partes; e infine come "generale e complessiva riflessione sulla Rivoluzione biomedica", la rivoluzione che ha consentito "il controllo del mondo organico" (p. 56) ovvero la contraccezione, l'aborto sicuro e la fecondazione assistita. La tesi fondamentale del capitolo e' che il principio di inscindibilita' tra sesso e riproduzione sia crollato. Questo e' avvenuto, secondo Mori, per il convergere di due processi storici: la secolarizzazione "come disincanto del mondo e privatizzazione della religione che ha pervaso l'Occidente" (p. 58), che ha privato le funzioni corporali di significati simbolici (p. 59), e l'acquisizione della capacita' di controllo della riproduzione umana, garantita dalla "Rivoluzione biomedica" (pp. 55-56). Poiche' il legame tra sesso e riproduzione e' infranto e le funzioni del corpo non hanno piu' significato simbolico intrinseco, non e' possibile porre una normativita' forte in dibattiti concernenti questioni come l'espressione di genere e la genitorialita'.
Vera Tripodi e' autrice del quarto capitolo, "Sugli errori scientifici comunicativi". Nel breve saggio Tripodi affronta il problema del sessismo nel mondo scientifico, introducendo e spiegando il concetto di "neurosessismo" (Fine 2010), il sessismo riscontrabile nella produzione scientifica delle neuroscienze. L'autrice fa notare che esso puo' essere interno alla ricerca, compromettendone i metodi e i risultati, oppure puo' interessare la divulgazione scientifica, che comunica erroneamente la ricerca delle neuroscienze rinforzando stereotipi di genere nocivi quanto falsi. Tripodi procede smontando alcuni tra i piu' noti casi di neurosessismo (p. 77), concludendo l'articolo con alcune riflessioni volte a proporre una visione piu' complessa ed esaustiva delle differenze sessuali nella ricerca scientifica.
Il quinto capitolo, "Quanti sono i sessi?", di Eva Cantarella, e' invece un breve contributo (pp. 87-91) sulla sessualita' nell'antica Grecia, in cui la nota studiosa ripercorre in modo sintetico, e con intento spiccatamente divulgativo, la trattazione del tema nel Simposio di Platone, spiegando il mito dell'androgino e la struttura e la funzione sociale del rapporto pederastico.
"Ingiustizia discorsiva", di Claudia Bianchi, sviluppa, a partire da una prospettiva femminista, un'analisi di categorie teoriche presenti in uno specifico atteggiamento discorsivo, ovvero il fatto che "l'appartenenza a un gruppo svantaggiato (per genere, razza, orientamento sessuale e religione) rende difficile, e a volte impossibile, il compimento di certi atti linguistici" (p. 94). L'autrice affronta il caso della riduzione al silenzio, riprendendo il lavoro di Catherine MacKinnon (1987) e di Rae, Hornsby e Langton (Langton, 2013; Hornsby, 1993; Hornsby e Langton, 1998) sulla pornografia. Secondo Bianchi, la riduzione al silenzio puo' essere considerato un caso limite del fenomeno dell'"ingiustizia discorsiva", concetto elaborato da Kukla sul modello della piu' nota "ingiustizia epistemica" di Fricker (2007). Bianchi analizza criticamente la versione kukliana del concetto di recezione (uptake) di Austin (1987), mostrando come sia piu' utile invece utilizzare quello di misfire (p. 104).
Il contributo che da' il nome al volume e lo chiude e' a firma della curatrice, Nicla Vassallo. Si tratta di un intervento polemico nei confronti dell'idea che esista la donna, con l'articolo determinativo, ovvero contro una concezione essenzialista non solo della donna ma anche dell'uomo.
Il volume fornisce informazioni interessanti e contribuisce a rendere conto della complessita' dei temi trattati, traducendo in versione divulgativa e sintetica alcuni dibattiti e risultati della ricerca femminista anglo-americana, ma avrebbe beneficiato se fosse stata proposta una chiave di lettura forte, una tesi articolata capace di tenere assieme i contributi e di guidare nella lettura il/la non specialista. A una lettura specialistica rimangono aperti diversi interrogativi attorno alle premesse epistemologiche dell'opera (ad esempio, la nozione di "ricerca seria" che pare informare la selezione delle discipline interrogate) e rispetto alle scelte sia lessicali (alcune particolarmente infelici: "uominitransgender" in luogo di donne trans, p. 17; "orientamenti di genere", p. 69) che contenutistiche del volume: cio' potrebbe essere dovuto al fatto che in alcuni casi - e La donna non esiste potrebbe essere tra questi - la volonta' di proporre un'analisi "non militante", e quindi "scientifica", di tematiche socialmente sensibili puo' declinarsi nella sottovalutazione dei risultati scientifici della letteratura "militante" ad esse dedicata.
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Bibliografia
John L. Austin, Come fare cose con le parole, a c. di Carlo Penco e Marina Sbisa', Marietti, Genova 1987.
Cordelia Fine, Delusions of gender: Hw our minds, society, and neurosexism create difference, WW Norton & Company, New York 2010.
Miranda Fricker Epistemic injustice: Power and the ethics of knowing, Oxford University Press, Oxford 2007.
Jennifer Hornsby, Speech Acts and Pornography, in "Women's Philosophy Review", 10, 1993, pp. 38-45.
Jennifer Hornsby e Rae Langton, Free Speech and Illocution, in "Legal Theory", 4, 1998, pp. 21-37.
Catherine MacKinnon, Feminism Unmodified: Discourses on Life and Law, Harvard University Press, Cambridge (MA) 1987.
Langton, 2013;
Makoto Ono e Vincent R. Harley, Disorders of Sex Development: New Genes, New Concepts, in "Nature Reviews Endocrinology", 9 (2), 2013, pp. 79-91.
 
14. LIBRI. ANNAGIULIA CANESSO PRESENTA "HISTOIRE DE LA SEXUALITE' 4. LES AVEUX DE LA CHAIR" DI MICHEL FOUCAULT
[Dal sito http://universa.padovauniversitypress.it riprendiamo la seguente recensione apparsa su "Universa", vol. 7, n. 2 (2018)]
 
Michel Foucault, Histoire de la sexualite' 4. Les aveux de la chair, Editions Gallimard, 2018, pp. 448.
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Ultima bomba innescata dall'imprevedibile "artificiere" (Foucault 2007, p. 41) Michel Foucault, Les aveux de la chair costituisce il quarto e ultimo volume, dalla travagliata e inattesa vicenda editoriale e di ricerca (cfr. l'Avertissement introduttivo al testo a cura di Frederic Gros, pp. I-XI), del progetto foucaultiano sulla storia della sessualita'. Les aveux de la chair consacra ulteriormente il fondamentale passaggio in atto negli ultimi anni delle ricerche foucaultiane, entro il quale le nozioni di governo e di verita' – e il loro inestricabile intreccio: governo degli uomini attraverso la verita' – costituiscono uno spostamento e una riconfigurazione delle questioni legate all'analitica del potere e all'interrogazione sul sapere, ricentrandole attorno all'indagine genealogica delle relazioni tra la costituzione della soggettivita' e l'ingiunzione alla verita'. La sessualita', entro tale labirintico cantiere, si trova dunque mobilitata in quanto "sismografo della nostra soggettivita'" (Foucault 1998, p. 149), orientato, nello specifico, allo studio dell'esperienza cristiana della carne all'interno dei testi dei Padri della Chiesa.
In tale prospettiva, il primo capitolo e' dedicato alla misurazione del radicale mutamento verificatosi nel passaggio dall'esperienza antica a quella propriamente cristiana della sessualita'. Clemente Alessandrino diviene, per Foucault, il riferimento privilegiato per indagare il gioco sottile di prossimita' e lontananza che intreccia le due differenti etiche sessuali: alla ripresa di una codificazione classica di divieti e di obbligazioni tradizionali, risemantizzati a partire da una trama di riferimenti religiosi alla natura, al Logos e alla salvezza, si accompagna tuttavia una radicale trasformazione, attraverso la quale le relazioni sessuali non risultano piu' concepite come uno degli elementi, tra i tanti, di cui si compone l'"ethique globale des rapports entre epoux", la "regulation de la maniere de vivre ensemble quand on est marie'" (p. 23) – il regime antico degli aphrodisia, sedimentazione di "corpo, anima, piacere, desiderio, sensazione, meccanismo del corpo" (Foucault 2017, p. 287) alla cui indagine Foucault dedica L'uso dei piaceri e La cura di se' –, quanto piuttosto come una pratica – o un insieme di pratiche – che costituisce l'oggetto indipendente di un esame specifico. In altri termini, cio' che e' in corso di elaborazione in questi cruciali primi secoli del cristianesimo non e' ne' una semplice trasposizione di un codice gia' modellato, ne' tantomeno un inasprimento delle prescrizioni in termini di severita' e repressione, quanto, ben piu' drasticamente, un vero e proprio "deplacement du domaine deanalyse" (p. 49), di una forma di esperienza radicalmente altra: l'esperienza della carne e della sua irrimediabile concupiscenza. Essa diviene infatti modalita' specifica "de connaissance et de transformation de soi par soi, en fonction d'un certain rapport entre annulation du mal et manifestation de la verite'" (p. 51), operante in particolar modo attraverso le due fondamentali tecnologie di se' della disciplina penitenziale e dell'ascesi monastica. Queste si definiscono sulla base di una comune sollecitazione alla continua manifestazione della propria verita', tanto attraverso l'exomologesis, attestazione pubblica del penitente che rende immediatamente visibile alla comunita' la propria condizione di peccatore connessa, inoltre, alla limpida quanto silente manifestazione di verita' del martirio, quanto attraverso l'exagoreusis, "pratique permanente de 'l'examen-aveu'" (p. 133) – una manifestazione e una verbalizzazione costanti di se' funzionali a un regime di obbedienza continua, ancora una volta pervertendo radicalmente lo scopo dell'esperienza antica della direzione spirituale: non piu' un'azione temporanea e finalizzata all'instaurazione del dominio di se', bensi' un obbligo permanente di sottomissione a un'altra volonta'.
Sulla scorta di tali premesse, il secondo capitolo affronta l'esperienza della verginita', nella misura in cui e' nell'elaborazione di tale pratica che si e' formata, secondo Foucault, "la conception chretienne de la chair" (p. 153). La verginita' cristiana, infatti, lungi dal costituirsi come insieme generico di principi negativi di astensione, si elabora, in particolar modo a partire dal IV secolo, in quanto vera e propria tecnica, frutto di una scelta attiva, di un esercizio costante di "mise en oeuvre reflechie et appliquee du rapport a' soi" (p. 202). Principalmente in riferimento ai testi di Cassiano emerge dunque una pratica attiva della verginita' che chiama in causa un processo continuo di conoscenza di se', di scavo incessante nelle profondita' del proprio animo per individuarne le impurita' piu' nascoste e i pericoli piu' reconditi – richiedendo al soggetto, in tale prospettiva, un'incessante vigilanza su di se' implicante un processo di soggettivazione che si traduce nella ricerca e nell'elaborazione indefinita della propria verita'. Il rapporto con l'altro assume qui, secondo Foucault, un ruolo cruciale: in primo luogo, nell'identificazione di ogni traccia nascosta dell'Altro per eccellenza, del Maligno, che si annida negli abissi segreti dell'anima, cui fa seguito la necessita' di ingaggiare, al fine di estirpare la minaccia di tale Altro, una lotta spirituale instancabile, sulla scorta di un modello di stampo agonistico che riecheggia, ancora una volta, l'orizzonte pre-cristiano. In secondo luogo, tale verginita' combattente, tale castita' come battaglia continua contro le minacce insediate in se stessi implica necessariamente l'affidamento a un altro, il direttore di coscienza, in grado di guidare il soggetto nella propria lotta solamente a fronte di un'obbedienza permanente, di una "relation au pouvoir de l'autre et au regard qui marque a' la fois un assujettissement de l'individu et une objectivation de son interiorite'" (p. 215).
Infine, il terzo e ultimo capitolo, nonche' il piu' denso, e' dedicato all'esperienza della carne all'interno della vita matrimoniale, la quale comincia a delinearsi come campo di analisi specifico del mondo cristiano a partire dalla fine del IV secolo, in particolar modo a fronte dell'esigenza di definire i contorni della "signification religieuse de la vie quotidienne" (p. 250) rispetto alla vita ascetica monastica. Foucault mostra quindi come, fino a sant'Agostino e in dissonanza, questa volta, con l'etica sessuale dell'Antichita' pagana, i rapporti tra coniugi non fossero concepiti, in tale periodo, in riferimento esclusivo al potenziale e alla necessita' della procreazione. Crisostomo incarna il principale testimone di tale dissociazione, nella misura in cui inserisce il matrimonio entro la storia della caduta dell'uomo e l'economia della sua salvezza. In tale prospettiva, il matrimonio diviene fattore di limitazione, di controllo e di gestione della concupiscenza, definendo una vera e propria "economie individuelle de l'epithumia, du desir ou de la concupiscence" (p. 273), cardine – ancora una volta convocante, anche entro la dualita' del matrimonio, il fondamentale rapporto di se' a se' – attorno a cui si trovano a ruotare, cosi', tanto la vita matrimoniale quanto la battaglia per la verginita'. Ma, differentemente da quest'ultima, la quale tende a rifuggire ogni prescrittivita', il matrimonio genera un regime di obbligazioni che costituisce l'orizzonte regolatore dei rapporti sessuali all'interno della coppia sposata. La vita matrimoniale risulta cosi' impregnata, mostra Foucault, di un codice giuridico-economico: la sessualita', esattamente in quanto scardinata dal fine della procreazione e ricentrata sulla necessita' di amministrazione della concupiscenza della carne, puo' essere pensata come "devoir-dette" (p. 280) che, unitamente alle forme del divieto e della trasgressione, costituisce uno dei due poli del "dimorphisme" fondamentale che determinera', nel quadro dell'esercizio di una pastorale dei rapporti coniugali, "la maniere de reflechir et de regler les comportements sexuels en Occident: en termes de verite' [...] et en termes de droit" (p. 282).
Foucault mostra dunque come l'elaborazione di una regolamentazione della forma di vita coniugale divenga soggetto privilegiato in sant'Agostino e si traduca, in particolare, nella ricerca e nella definizione di un "bene" intrinseco al matrimonio che ne fondi il valore propriamente cristiano rispetto alla santita' della scelta di vita virginale. Tale "bene" e' identificato, assieme alla fides e al sacramentum, nella procreazione, la quale ritorna dunque a costituire il cardine essenziale dell'etica sessuale matrimoniale: essa rappresenta, a pieno titolo, uno dei fini primari del matrimonio, nonche' suo imprescindibile principio regolatore, che ne amministra "l'usage" e che permette "de definir les rapports sexuels defendus et permis" (p. 305). Se, dunque, la procreazione come bene intrinseco al matrimonio richiede una regolamentazione degli atti sessuali tra coniugi, sottolinea Foucault, l'urgenza teorica che si impone prepotentemente e' quella della formulazione di una "theorie de la concupiscence" e di un'"economie du desir" (p. 324). La nozione centrale diviene qui quella di libido, intesa non in quanto impura corruzione, passione violenta e incontrollabile, quanto piuttosto come "forme involontaire du mouvement" (p. 333). Foucault mostra come l'atto sessuale, che per sant'Agostino non e' il frutto della caduta, ma trova legittimo – e integralmente governato da una volonta' senza cedimenti – svolgimento gia' prima del peccato originale, non sia originariamente libidico. Egli parla, infatti, di una vera e propria "libidinisation du sexe" (p. 325), la quale – scindendo l'uso (usus) specifico della libido e lo specifico consenso (consensus) accordatole nel singolo atto sessuale dal male in esso irrimediabilmente iscritto – assicura la presa del governo sulle condotte. La tematica della volonta' entra dunque a pieno diritto nella determinazione dell'etica sessuale, facendo del soggetto del sesso un soggetto di desiderio – un soggetto della volonta' che su tale desiderio, incessantemente, si articola: sospetta, fallisce, si mette alla prova. Tale impostazione si traduce allora in due conseguenze fondamentali: da un lato, "l'homme comme sujet se manifeste dans la forme meme a' laquelle est soumis tout acte sexuel" (p. 347): l'atto sessuale struttura il soggetto, la forma manchevole, originariamente difettosa, cedevole della libido e' la forma stessa del soggetto, in cui si riattualizza, inesausto, il marchio del peccato originale. Dall'altro lato, Foucault sottolinea come, a tale altezza, si producano le basi per un processo di giuridificazione della condotta sessuale che investe, in particolar modo, la vita coniugale: la morale centrata sul consenso e sull'uso, nonche' il ricollocamento del tema della concupiscenza non piu' nella dinamica tra puro/impuro, tra corpo/anima, quanto piuttosto tra volontario/involontario – binomio che implica, immediatamente, il principio giuridico dell'imputabilita' – fanno del sesso un campo di giurisdizione, coestensivo a un certo rapporto di se' a se' implicante costanti allerta, analisi, veridizione. "La problematisation des conduites sexuelles", in altri termini, "devient le probleme du sujet" – soggetto di desiderio e, in quanto tale, indissolubilmente, soggetto di diritto (p. 360).
In conclusione, se il lavoro dell'artificiere e' fondamentalmente quello di un geologo, che esamina "gli strati del terreno, le pieghe, le faglie" (Foucault 2007, p. 41), Les aveux de la chair rappresenta dunque, all'interno della storia della sessualita' foucaultiana, una ricognizione sorprendente, anche se incompleta, della genealogia dell'uomo di desiderio – un desiderio che, come Foucault mette in luce, nelle pratiche cristiane non e' represso, censurato, quanto piuttosto canalizzato, amministrato, plasmato, cosi' come l'esperienza della carne non e' oggetto di radicale disprezzo o di rifiuto, bensi' di interrogazione e lavoro costante di se' su di se'. Tale genealogia si traduce in un percorso meticoloso ma mai strettamente filologico – come Foucault ci ha abituato – attraverso i testi patristici da cui sorge un'interrogazione dell'esperienza della carne e delle pratiche del primo cristianesimo in cui essa si trova mobilitata – il battesimo, la penitenza, la verginita', il matrimonio – che le strappa da una presunta e beata atemporalita' per metterne in questione, storicamente e criticamente, le precise condizioni di emergenza, nonche' le radicali conseguenze nel fondamentale studio dei rapporti tra soggettivita', pratiche di verita' e governamentalita'.
Nessuna sentenza ultima sul sesso, sulle sue pratiche e sui suoi usi, nessuna prescrizione che consegni, oggi, una risposta ai dibattiti che marcano l'attualita', in questo ultimo – e pertanto esposto al rischio di mitizzazione – cantiere di lavoro foucaultiano, quanto piuttosto l'affermazione potente della necessita' di un'ontologia storica di noi stessi in quanto soggetti della sessualita', di un'indagine dell'emergenza di quell'intreccio di sesso, verita' e diritto che domina e costituisce la nostra soggettivita', per chiedersi se sia possibile, da qui, pensarla altrimenti. "Una volta verificato tutto questo", una volta smantellate le faglie del presente, il percorso e' tutto da inventare: "restano gli esperimenti, i tentativi" (Foucault 2007, p. 41).
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Bibliografia
Michel Foucault, Sessualita' e solitudine, in Archivio Foucault 3. 1978-1985. Estetica dell'esistenza, etica, politica, Feltrinelli, Milano 1998.
Id., La cura di se'. Storia della sessualita' III, Feltrinelli, Milano 2001.
Id., L'uso dei piaceri. Storia della sessualita' II, Feltrinelli, Milano 2004.
Id., Io sono un artificiere, intervista di giugno 1975, in R.-P. Droit, Michel Foucault. Conversazioni, Mimesis, Milano 2007.
Id., Soggettivita' e verita'. Corso al College de France (1980-1981), Feltrinelli, Milano 2017.
 
15. LIBRI. LUCA LENDARO PRESENTA "A WOLF IN THE CITY. TYRANNY AND THE TYRANT IN PLATO'S REPUBLIC" DI CINZIA ARRUZZA
[Dal sito http://universa.padovauniversitypress.it riprendiamo la seguente recensione apparsa su "Universa", vol. 8, n. 1 (2019)]
 
Cinzia Arruzza, A Wolf in the City. Tyranny and the Tyrant in Plato's Republic, Oxford University Press, New York 2018, pp. 296.
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Cinzia Arruzza e' Associate Professor of Philosophy presso la New School for Social Research di New York e A Wolf in the City. Tyranny and the Tyrant in Plato's Republic e' la sua prima monografia sul pensiero di Platone. Fruibile utilmente da parte di un pubblico specialistico e non, il volume viene a colmare l'assenza nel panorama della letteratura critica di uno studio interamente dedicato all'analisi della tirannide e della figura del tiranno nella Repubblica. Seguendo in tutta l'ampiezza delle sue articolazioni un tema, o meglio un problema, che costituisce tanto uno dei maggiori fili del cui intreccio il dialogo si compone, quanto un punto di vista privilegiato per riattraversarne e comprenderne la complessita' insieme teoretica, etico-politica e letteraria, esso fornisce un contributo fondamentale al mai sopito dibattito intorno ad uno dei testi piu' importanti e controversi nella storia del pensiero occidentale.
Tenendo ferma la distinzione tra uomo tirannico e tiranno vero e proprio, vale a dire tra le figure – delineate da Platone in Repubblica VIII e IX – del singolo la cui anima e' completamente dominata da appetiti che hanno oltrepassato ogni limite e di colui che si e' impadronito violentemente del governo cittadino e ha ridotto in schiavitu' l'intera polis, il volume si suddivide simmetricamente in due sezioni, che contano ciascuna tre capitoli: la prima (Tyranny and Democracy) analizza l'argomento platonico concernente la tirannide quale regime politico, la seconda (The Tyrant's Soul) affronta invece la condizione psicologica dell'uomo tirannico. A fronte di questa bipartizione, a garantire l'unitarieta' e la coerenza del lavoro, nonche' soprattutto la sua capacita' di non lasciar offuscare mai la "tight connection between moral and political critique of tiranny" (p. 5) giustamente colta come costante dell'intero dialogo, vi sono le due cifre interpretative che fin dalle pagine introduttive sono messe in risalto: da una parte un approccio che combina sistematicamente l'esame degli argomenti filosofici con la loro contestualizzazione storica e una grande attenzione agli aspetti narrativi e drammatici del testo, e dall'altra un'opzione ermeneutica forte relativamente alla vexata quaestio di come sia da intendere il rapporto tra anima e citta' nell'economia complessiva del dialogo. Il piano "morale" non viene privilegiato a scapito di quello politico, o viceversa, bensi' l'anima e la citta' (e la questione della giustizia in entrambe) vengono assunte come intrinsecamente interrelate ed egualmente indispensabili nel determinare l'oggetto del grande dialogo platonico, il cui leitmotiv viene individuato nella "dynamic transaction between soul and city" (p. 4). Con formulazioni che richiamano il fondamentale saggio di J. Lear, Inside and Outside the Republic (1992), Arruzza sostiene che "it is not just that city and soul are 'analogous' but, rather, that they stand in a relation of reciprocal causal determination" (ibid.), dando luogo ad una circolarita' che e' sostanziale ben piu' (e ben prima) che metodologica, analitica.
Tale impostazione ermeneutica consente di restituire alla Repubblica platonica tutta la sua carica politica, anche nel senso dell'intervento "militante" nell'attualita' della vita ateniese del tempo, senza pero' ridurre ad un intento programmatico, di fazione, la sua straordinaria complessita'. L'autrice interviene cosi' nel dibattito critico opponendosi tanto alle letture depoliticizzanti, moralizzanti o impolitiche di questo dialogo, quanto a quelle volte a riconciliare Platone e la democrazia: le une e le altre, accomunate dall'intenzione di salvare il filosofo ateniese dalle critiche popperiane di proto-totalitarismo, finiscono con il provare a "salvare Platone da se stesso", poiche' – come lo stesso Popper – ipostatizzano la concezione moderna e liberale della democrazia e operano una fallace retroproiezione di essa nell'accostarsi al contesto e alle fonti della Grecia antica. Sgomberando il campo da tale errore fatale, la monografia di Arruzza contribuisce a difendere la correttezza della tradizionale immagine di un Platone critico della democrazia, arricchendola attraverso l'indagine sistematica della tesi centrale della Repubblica sull'uomo tirannico e la tirannide, vale a dire che l'uno e l'altra derivino dal regime democratico: "Plato's critique of tyranny [...] is a key part of his critique of democracy" (p. 7).
La prima parte del volume si apre con un capitolo, Tyranny in Athens: Aversion, Fascination, and Fear, che esamina diverse fonti letterarie del V e IV secolo a.C. per evidenziare i tratti fondamentali di una concezione della tirannide e del tiranno che, in particolare dopo la vittoria nelle Guerre Persiane, costituiva un elemento decisivo nell'autocomprensione ed autonarrazione dell'Atene democratica, fungendo da specchio rovesciato (cfr. p. 13) dei suoi principi fondanti. L'appropriazione da parte di un individuo della polis e dei privilegi comuni a tutti i cittadini, la riduzione di questi ultimi in schiavitu' e l'abolizione della liberta' di parola e dell'uguaglianza di fronte alla legge, l'assenza di misura, la violenza eccessiva ed arbitraria, la sovversione delle leggi, l'empieta' erano i capisaldi standardizzati di tale figura del tiranno. Essa era pero' segnata da una pericolosa ambivalenza, poiche', oltre a permettere all'Atene democratica di definirsi in negativo, poteva rappresentare anche la potenza stessa del demos ateniese o il dominio imperiale della citta' fuori dall'Attica, oppure incarnare – in un'immagine capace di esercitare insieme fascino e terrore – un ideale di liberta' assoluta e di assenza di autorita' superiore che pure plasmava l'immaginario collettivo.
Il capitolo seguente, Plato's Tyrant and the Crisis of Athenian Democracy, bolla come vano ed infruttuoso ogni tentativo di identificare in qualche tirannide storicamente esistita il bersaglio della critica platonica. Al cuore di quest'ultima vi e' invece la rappresentazione letteraria e convenzionale del tiranno, i cui tratti caratteristici sono deliberatamente mobilitati nella Repubblica e approfonditi in particolar modo quanto alla contraddittoria commistione di fascino e repulsione, al fine di sovvertirne la funzione rispetto al discorso democratico: agli occhi di Platone democrazia e tirannide non sono due opposti, bensi' l'una il frutto dell'altra. Una diagnosi questa che Arruzza non intende in senso assoluto, astorico, ma riconduce invece alla crisi della democrazia ateniese e, specialmente, alla trasformazione del rapporto tra leader politici e demos avvenuta negli ultimi decenni del V secolo.
Il terzo capitolo, Tyrannical Democracy, esamina nella sua dimensione filosofico-politica la tesi che la tirannide sia generata dalla (e nella) democrazia, restituendo accuratamente la logica interna della complessa dinamica per cui un leader democratico, campione e figlio del demos, giunge ad imporre il proprio dominio tirannico sull'intera citta'. Sono due, secondo l'autrice, le componenti decisive della critica alla democrazia che Platone articola nella parte finale di Repubblica VIII: da un lato, la critica ai suoi meccanismi istituzionali che, accordando ai molti e alle loro opinioni il sommo potere decisionale, dispiegano tutta la potenza pedagogica e corruttrice del plethos riunito in assemblea; dall'altro, la critica all'ethos democratico, al cui cuore vi e' una concezione della liberta' quale assenza di ogni autorita' superiore, che Platone interpreta nei termini di una licenza e anarchia finalizzata al soddisfacimento di appetiti edonistici. E' di tale liberta', caratteristica nella citta' democratica soltanto del demos in quanto corpo collettivo, che al culmine della sua ascesa il tiranno si appropria con la forza, rendendo privato cio' che era inteso essere comune e finendo cosi' con il mostrarne i lati piu' oscuri, patologici e distruttivi.
La caratteristica saliente della seconda parte della monografia e' quella di presentare al lettore un'analisi dell'anima tirannica che non si limita al suo aspetto dominante e piu' studiato, l'eros e gli appetiti, bensi' produce un quadro di tutte e tre le sue parti, ricostruendone la dinamica psichica complessiva. Il capitolo quarto, The Tyranny of Eros and the Tyrannical Man's Appetites, si concentra sull'elemento epithymetikon dell'anima tirannica e considera le sue componenti essenziali contestualizzandole storicamente e rilevandone la valenza fortemente politica all'interno dell'opera platonica. Secondo Arruzza nell'uomo tirannico e' da leggere infatti "the figure for a new ethos that emerged during the Peloponnesian War and the oligarchic revolutions at the end of the fifth century" (p. 142). Esso combina una sfrenata pleonexia (avidita', cupidigia) con un desiderio edonistico insaziabile, i cui appetiti sono moltiplicati ed intensificati all'estremo e inoltre qualificati come paranomoi poiche' indirizzati in modo specifico ad oggetti proibiti dalle leggi e dai costumi. Vi e' infine un eros dirompente, che esercita nell'anima un dominio analogo a quello del tiranno vero e proprio nella polis, e che, soggiogando l'intera psiche e asservendola agli appetiti, compie anche sul piano individuale il rovesciamento dell'assoluta liberta' in assoluta schiavitu'.
Il quinto capitolo, The Lion and the Wolf: The Tyrant's Spirit, dopo aver discusso in generale la natura specifica della parte thymoeides dell'anima come "fundamentally a desire for self-assertion" (p. 189) ed esaminato il significato delle metafore animali impiegate da Platone per descriverne i vari stati possibili, sostiene la tesi che, a dispetto delle scarse menzioni testuali, un thymos infiammato e totalmente asservito agli appetiti paranomici, rispetto ai quali viene meno il senso di vergogna come ultimo argine, giochi un ruolo decisivo nella psiche dell'uomo tirannico, rendendo ragione della sua "propensity to violence, brutality, and unaccountable power" (p. 213).
Nel sesto ed ultimo capitolo, Clever Villains: The Tyrant's Reason, l'autrice argomenta in favore del fatto che una forte parte razionale dell'anima debba essere considerata uno dei tratti distintivi del tiranno platonico. Sebbene anch'esso schiavo degli appetiti, e dunque corrotto ed in ultima istanza disfunzionale in rapporto a tutti i propri aspetti fondamentali (quello del calcolo e quelli della conoscenza e del desiderio del bene), il logistikon dell'uomo tirannico e' fortemente sviluppato ed in costante attivita', per quanto paranoiche possano essere le forme che assume. Le grandi risorse intellettuali di cui e' dotata contribuiscono a determinare l'eccezionalita' dell'anima tirannica, la quale manifesta in tal modo una perturbante prossimita' con l'eccezionalita' della natura filosofica: il fatto che il tiranno possa essere detto "a man with a philosophical nature gone astray" (p. 247) oppure "the philosopher's alter ego" (p. 249), mettendo in luce un'ambivalenza delle doti naturali che si decide soltanto sul terreno latu sensu pedagogico, e cioe' politico, ribadisce quanto la circolarita' tra anima e polis sia il centro del discorso nella Repubblica.
Nelle conclusioni, Arruzza rende manifesta la posta in gioco della trattazione platonica del tiranno e della tirannide quale parte integrante di una critica alla democrazia (ateniese): che sia il governo filosofico a prendere il posto di quest'ultima nell'opposizione tra liberta' e schiavitu'. "While democracy is the natural parent of tyranny, the beautiful city ruled philosophically is the genuinely free city opposed to tyrannical slavery" (p. 251). Il volume si chiude con alcune brevi note sul rapporto tra filosofia e politica, che, interpretando la ridiscesa nella caverna quale "demand of justice" (p. 257), esigenza e richiesta implicita nell'idea stessa di giustizia colta dal filosofo, aggiungono un ulteriore tassello ad un attraversamento della Repubblica tanto analiticamente ricco e stimolante, quanto capace di rendere ancora oggi questo dialogo una lettura trasformatrice.
 
16. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Letture
- Elena Lombardi, Beatrice e le altre. Dante e le figure femminili, Gedi, Roma 2021, pp. 158, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
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Riedizioni
- Gianni Paganini (a cura di), Erasmo. Pagine scelte e commentate, Rcs, Milano 2020, pp. 208 (in supplemento al "Corriere della sera").
 
17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
18. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4078 del 18 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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