[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 37



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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 37 del 31 marzo 2021
 
In questo numero:
1. Umberto Santino: Dallo sbarco degli Alleati alla sovranita' limitata
2. Louise Glueck: Persefone errante (I e II)
3. Grazia Villa ricorda Marianella Garcia Villas
 
1. STUDI. UMBERTO SANTINO: DALLO SBARCO DEGLI ALLEATI ALLA SOVRANITA' LIMITATA
[Dal sito del "Centro Impastato" di Palermo (www.centroimpastato.com) riprendiamo questo intervento, rielaborazione nell'aprile 2014 di una relazione al convegno del 10 luglio 2013 nella sala consiliare del Comune di Palermo.
Umberto Santino e' con Anna Puglisi il fondamentale animatore del "Centro Impastato" di Palermo, che come tutti sanno e' la testa pensante e il cuore pulsante del movimento antimafia. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000, 2010; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007; (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 2008; Breve storia della mafia e dell'antimafia, Di Girolamo Editore, Trapani 2008; Le colombe sulla rocca, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; L'altra Sicilia, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; Don Vito a Gomorra, Editori Riuniti, Roma 2011; La mafia come soggetto politico, Di Girolamo Editore, Trapani 2013; Dalla parte di Pollicino, Di Girolamo Editore, Trapani 2015. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino", da ultimo nel supplemento "Coi piedi per terra" nei nn. 421-425 del novembre 2010. Il sito del Centro Impastato e' www.centroimpastato.com]
 
Lo sbarco e le stragi dimenticate
Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 le truppe alleate sbarcarono sulle coste siciliane, gli inglesi nella parte orientale dell'isola, tra Pozzallo e Avola, gli americani nella parte occidentale, tra Gela e Licata. L'operazione denominata Husky (il cane impiegato per trainare le slitte) era la piu' imponente operazione militare svoltasi fino ad allora: 450.000 uomini, 4.000 aerei, 2.775 navi da trasporto. A dover fronteggiare questo imponente schieramento erano 450.000 uomini (315.000 italiani e 90.000 tedeschi), in gran parte male equipaggiati e senza protezione aerea e navale. Solo lo sbarco in Normandia undici mesi dopo vide l'impiego di un maggior numero di uomini delle forze alleate.
La decisione di sbarcare in Sicilia era stata presa nel corso della conferenza di Casablanca del gennaio dello stesso anno, con la partecipazione del Presidente degli Stati Uniti Roosevelt e del primo ministro britannico Churchill (Stalin era stato invitato ma non partecipo' alla conferenza).
A premere per lo sbarco in Sicilia erano stati soprattutto gli inglesi, mentre gli americani avevano qualche perplessita'.
Lo scopo dello sbarco era cominciare dalla Sicilia per avviare la campagna d'Italia, mettere in seria difficolta' il fascismo e fare uscire l'Italia dalla guerra. Un risultato pienamente conseguito: il 26 luglio il consiglio nazionale del fascismo rovescia Mussolini che viene arrestato e si forma il governo Badoglio. Il 3 settembre si firma l'armistizio di Cassibile, comunicato l'8 settembre, il governo italiano abbandona Roma e si rifugia a Brindisi e nell'ottobre l'Italia passa con gli alleati ed entra in guerra contro i tedeschi.
La Sicilia, nonostante la resistenza di italiani e tedeschi (ci furono battaglie a Gela, nella piana di Catania, ad Agira, a Troina) fu conquistata in 38 giorni: il 22 luglio gli alleati erano a Palermo, il 5 agosto a Catania, il 17 agosto a Messina. Le truppe alleate commisero delle stragi uccidendo dei prigionieri. Sono stragi dimenticate su cui solo di recente si e' cercato di fare luce. Il 14 luglio, a Biscari, dove c'era un aeroporto, dopo un duro scontro, vengono catturati 36 italiani. Un ufficiale, il capitano John Compton, ordina di ucciderli e vengono massacrati da un plotone di soldati. Lo stesso giorno vengono catturati 45 italiani e 3 tedeschi. Un sottufficiale, il sergente Horace T.West, riceve l'ordine di scortare 37 italiani nelle retrovie perche' vengano interrogati dal servizio informazioni del reggimento. Poco dopo il sergente li fa fermare e con un fucile mitragliatore li uccide. West fu processato con l'accusa di "avere fucilato con malvagita' premeditata, intenzionalmente, crudelmente e illegalmente 37 prigionieri di guerra". Si difese dicendo che avevano avuto l'ordine di non prendere prigionieri e dichiaro' che aveva fatto uso di benzedrina, uno stimolante, prima dello sbarco (anche gli altri combattenti avevano assunto droghe). West fu condannato, ma successivamente fu graziato e riammesso nell'esercito come soldato semplice. Il capitano Compton venne assolto perche' i prigionieri erano stati uccisi pochi minuti dopo lo scontro. Il generale Patton rivolgendosi ai suoi ufficiali aveva detto di non "prendere troppi prigionieri". L'ordine era: "Kill, kill, and kill some more" (Ciriacono 2004, pp.19-41).
In occasione del settantesimo dello sbarco sono usciti alcuni libri che riportano alla luce altri episodi, come il massacro di carabinieri a Passo di Piazza e la strage all'aeroporto di Comiso. 13 o 14 carabinieri che si erano arresi furono uccisi e a Comiso furono massacrati 60 prigionieri italiani e 50 prigionieri tedeschi (Augello 2013, Carloni 2013, Anfora e Pepi 2013).
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Il ruolo delle due mafie
La scelta della Sicilia era dettata dai rapporti che si erano instaurati con le mafie delle due sponde? Per anni abbiamo considerato veritiere le pagine del libro piu' noto di Michele Pantaleone, Mafia e politica, in cui racconta che la mattina del 14 luglio 1943, cinque giorni dopo lo sbarco, un aereo americano passo' a bassa quota sull'abitato di Villalba, un piccolo paese in provincia di Caltanissetta, e ai lati della carlinga recava una grande L nera. L'aereo lascio' cadere nei pressi della casa dell'arciprete Giovanni Vizzini, fratello del capomafia Calogero, una busta con dentro un fazzoletto simile al drappo dell'apparecchio. L'aereo ritorna il giorno dopo e lancia un'altra busta sempre davanti a casa Vizzini. Pantaleone continua il suo racconto: don Calo' invia un messaggio cifrato a un altro capomafia, Giuseppe Genco Russo. Nei giorni successivi una jepp americana con due militari e un civile va verso Villalba ma incontra una pattuglia italiana che spara e uccide uno dei militari. Nella borsa dell'ucciso viene trovata una busta indirizzata a don Calo'. Lo stesso giorno tre carri armati giungono a Villalba e uno di essi issava un vessillo con la L nera. Calogero Vizzini si fa avanti, mostra il fazzoletto giallo e sale sul carro. La L sta per Lucky Luciano e l'episodio proverebbe il rapporto tra il boss americano e il capomafia siciliano che avrebbe dato una mano per lo sbarco e per l'occupazione successiva (Pantaleone 1962, pp. 48 s.).
Un compaesano di Pantaleone, Luigi Lumia, sindaco comunista, da' un'altra versione: i tre carri armati giungono in paese, si fermano e un soldato chiede di chiamare il "capo del paese". I paesani vanno da Calogero Vizzini e lo conducono in processione dagli americani gridando: "Viva l'America, viva la mafia, viva don Calo'". Gli americani chiedono se ci sono truppe tedesche nella zona, la risposta e' negativa e prendono a bordo don Calo' e un interprete. I carri armati vanno in aperta campagna e i due vengono interrogati da un ufficiale sulla presenza di soldati nemici nella zona. Sono alla ricerca di chi ha ucciso il soldato sulla jeep. Vizzini dice che dopo l'uccisione del soldato le truppe italiane erano andate via; l'ufficiale si arrabbia, se la prende con don Calo', minaccia di mandarlo via a piedi. Poi gli concede di farlo accompagnare da una jeep (Lumia 1990, pp. 428 ss.). Nel primo racconto il capomafia viene elevato al rango di prezioso collaboratore degli Alleati, nel secondo e' osannato dal paese ma trattato in malo modo dalle truppe occupanti. Pero' ben presto sara' nominato sindaco.
La tesi di una collaborazione della mafia siculo-americana viene accolta dalla Commissione antimafia nella sua relazione su Mafia e politica: "Cosa nostra ricompare in Sicilia nel 1943 , alla vigilia dell'occupazione alleata. Gli Usa si avvalsero dei rapporti tra mafiosi italiani o italoamericani che erano nel loro territorio e mafiosi che erano in Sicilia per preparare il terreno dello sbarco: Il caso piu' noto fu quello di Lucky Luciano, che essendo detenuto, fu contattato dall'autorita' degli Stati Uniti per saggiare la sua disponibilita' a favorire lo sbarco alleato. Luciano si adopero' positivamente. Quindi fu espulso dagli Usa e inizio' il suo soggiorno a Napoli. Altri mafiosi detenuti negli Usa seguirono la sua sorte. Questa degli "espulsi" fu una questione posta piu' volte all'attenzione della prima Commissione antimafia, all'interno della quale si rilevo' che l'elevato numero degli espulsi dagli Usa, immediatamente dopo la fine della guerra, non poteva che corrispondere ad una ricompensa per il contributo fornito nella preparazione e nell'esecuzione dello sbarco. Dalla documentazione prodotta a quella Commissione e acquisita da questa, risulta che complessivamente i mafiosi espulsi dagli Usa nel primissimo dopoguerra furono 65" (Commissione parlamentare antimafia 1993, p. 72).
Salvatore Lucania, nato a Lercara, in provincia di Palermo, nel 1897, ed emigrato negli USA con la famiglia nel 1906, aveva cominciato il suo apprendistato criminale con le bande giovanili del Lower west side di Manhattan, dedicandosi allo spaccio di droga e nel 1916 aveva trascorso alcuni mesi in un penitenziario. Ribattezzato Lucky Luciano si era imposto nel mondo criminale, che si era enormemente arricchito nel periodo del proibizionismo degli alcolici (1920-1933) ed era dominato da feroci contrasti (negli anni 1930-31 c'era stata la cosiddetta guerra castellammarese, cosi' chiamata perche' i protagonisti erano oriundi di Castellammare del Golfo: Maranzano, Bonanno, Magaddino). Stando al suo pseudo-testamento, Luciano alla fine del 1931 avrebbe creato un'organizzazione criminale di nuovo modello, denominata "Unione siciliana", fondata sulla divisione del lavoro come una normale impresa, e governata da un organo collettivo chiamato Commissione, equivalente del consiglio di amministrazione di una corporation legittima (Lupo 2008, p. 113). L'organizzazione non era formata solo da siciliani ma era interetnica e un ruolo importante avevano criminali ebrei. Nel 1936 Luciano era stato processato per sfruttamento della prostituzione con l'uso di metodi costrittivi e condannato a una pena da 30 a 50 anni di carcere da scontare in un carcere di massima sicurezza. E viene rinchiuso, in condizioni che oggi diremmo di "carcere duro", nella prigione di Dannemora.
Nel 1942 nel porto di New York va a fuoco il piroscafo Normandie e si pensa che sia opera dei sommergibili tedeschi che in quel periodo facevano strage del naviglio mercantile americano. I sommergibili sarebbero stati riforniti da pescherecci americani. Il direttore dell'ufficio newyorkese dei servizi segreti della Marina Charles R. Haffenden indaga e viene a sapere che potrebbero aiutarlo personaggi dell'underworld. Sarebbe nato cosi' un Project underworld che mirava a coinvolgere uomini del sottomondo criminale. L'ILA (International Longshoremen's Association), il sindacato degli scaricatori di porto, era controllato da criminali e dai primi contatti venne fuori che l'uomo che poteva dare informazioni sulla rete clandestina tedesca e assicurare che non si ripetessero episodi come l'incendio della nave era Lucky Luciano. Il boss si mostra disponibile a collaborare ma cosa avra' in cambio? Viene trasferito in un "campo di lavoro" e ha la promessa della revisione del processo. In pochi giorni sarebbe stata sgominata una banda di greci che riforniva i sommergibili tedeschi (Bandini 2011, pp. 106 s.). Ma dallo pseudo-testamento di Luciano risulta che l'incendio della Normandie sarebbe stato appiccato dal boss Albert Anastasia, legato a Luciano. Saremmo quindi in presenza di un danneggiamento a fini estorsivi operato da rackeeters di professione che scambiano "protezione", cioe' sospensione della violenza, con alleggerimenti e sconti di pena. Quello che certamente assicurano Luciano e i suoi uomini sono la militarizzazione della forza lavoro, l'evitare gli scioperi, l'espulsione o l'eliminazione fisica dei sindacalisti dissidenti. Il 14 luglio 1939 scompare il sindacalista Peter Panto, dirigente di un movimento avverso all'ILA, e l'assassino viene indicato in Albert Anatasia; l'11 gennaio 1943 viene ucciso il sindacalista antifascista Carlo Tresca, a quanto pare da Vito Genovese, un altro boss che, abbandonato il fascismo, collaborera' attivamente con i comandi alleati.
Luciano o altri mafiosi hanno avuto un ruolo nel facilitare lo sbarco e l'invasione della Sicilia? Abbiamo visto cosa scriveva Pantaleone e su quella falsariga altri parlano di un rapporto tra Luciano e Vizzini che gli avrebbe fornito una lista di persone con cui prendere contatti e avrebbe organizzato attivita' di sabotaggio nel palermitano e nel trapanese alla fine del '42 e agli inizi del '43 e dato assistenza agli sbarchi clandestini di personale del servizio segreto americano, l'OSS (Costanzo 2006, pp. 102 ss.; Bandini 2011, pp. 109 s.).
Quel che e' certo e' che Luciano nel 1946 viene espulso dagli Stati Uniti e si insedia in Campania e da li' dirige il traffico di droga dall'Italia agli Stati Uniti. Va spesso in Sicilia: lo troviamo nell'isola, in provincia di Palermo, tra il 30 aprile e la fine di giugno del '47, quindi prima della strage di Portella del primo maggio e durante gli attentati del 22 giugno; secondo gli informatori del Narcotic Bureau nel 1948 incontra a Palermo Carlo Gambino (e in quel periodo si parla di un suo ruolo all'interno di un progetto anticomunista delle autorita' americane: Casarrubea 2005, p. 103 ss.), ci sara' nel 1957 al summit all'Hotel delle Palme per ridefinire la strategia del traffico internazionale di stupefacenti. Tutto questo avviene dopo lo sbarco. Ma prima dello sbarco c'e' stato un ruolo della mafia? Gli storici piu' attenti tendono a negare che ci sia stato un ruolo della mafia nello sbarco, su piano propriamente militare (Renda 1987, Mangiameli 1987, Lupo 1993, 2008, Patti 2013). Il ruolo della mafia e' soprattutto successivo allo sbarco, quando, in previsione della ripresa della vita politica occorreva trovare interlocutori dichiaratamente anticomunisti.
In un documento dell'aprile 1943 del Dipartimento della guerra di Washington, dal titolo "Piano militare per la guerra psicologica in Sicilia", a proposito delle iniziative per "organizzare e preparare gli elementi dissidenti, al fine di utilizzarli nella resistenza passiva", leggiamo: "a) stabilire contatti con gli esponenti dei nuclei separatisti, con i lavoratori disillusi, con i gruppi clandestini radicali (ad esempio la mafia), allo scopo di fornire loro tutta l'assistenza necessaria" (in Casarrubea-Cereghino 2013, p. 201). Resta da vedere se questo piano e' stato realizzato o e' rimasto sulla carta.
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L'idea di mafia dei comandi alleati
In previsione dello sbarco fu distribuito agli ufficiali una sorta di guida della Sicilia. Il titolo era Sicily Zone Handbook e come autore veniva indicato il Foreign Office.
Alcune pagine sono dedicate alla mafia. Essa viene considerata il prodotto della poverta' della popolazione, dello sfruttamento e dell'oppressione da parte dei dominatori che si sono succeduti nel tempo, della venalita' e della corruzione delle amministrazioni. Per ottenere giustizia e per il riconoscimento dei loro diritti i siciliani avevano fatto ricorso alla mafia e all'omerta'. Essi sono stati costretti a fare da se'. Vengono riportate le considerazioni di Pitre' sul primitivo significato della parola, indicante bellezza e eccellenza, e viene data la seguente definizione: "The mafia in its crudest form was co-operative brigandage blended with vendetta". La mafia organizzata vera e propria era il prodotto dei disordini conseguenti all'estromissione del re di Napoli da parte di Napoleone. Quando i borboni si rifugiarono in Sicilia c'era un gran numero di armati a servizio dei nobili siciliani, quando la "costituzione inglese" (cosi' viene chiamata la costituzione del 1812) aboli' il feudalesimo molti di questi dipendenti si diedero al brigantaggio. Il re non riusciva a reprimerli e li organizzo' in una gendarmeria rurale che stabili' un regime di terrore. La mafia era una societa' poco organizzata e con un codice non scritto: l'omerta', che viene tradotta con manliness. Se c'e' un delitto non si ricorre alla giustizia ma si pratica la vendetta. Il capo della polizia di Palermo dice che se si piantasse una croce dove e' sepolta una vittima, la Conca d'oro sarebbe un cimitero. La mafia e' presente a Palermo e nei suoi dintorni ed e' scarsamente presente nella Sicilia occidentale, le province di Messina e Siracusa sono libere e gli atti criminali sono al minimo.
La mafia non e' una associazione criminale compatta ma un fenomeno sociale. Il fascismo ha cercato di distruggere la mafia e l'azione del prefetto Mori ha causato molti arresti, ma lo stesso Mori ha dichiarato di aver colpito solo l'underground; nel 1931 il procuratore generale ha detto che la mafia e' alla fine ma nel 1932 ci sono stati 94 omicidi e 154 tentati omicidi. Non e' facile anche per un regime dittatoriale sradicare una malattia le cui radici affondano nel passato.
Come si vede il quadro e' zeppo di stereotipi e s'inquadra in un contesto in cui abbondano visioni stereotipate: un passato illustre e un misero presente, una vita sociale e politica ridotta alla dimensione folklorica. Il tutto piegato alla logica della guerra totale, in cui il nemico non dev'essere soltanto vinto ma trasformato (Mangiameli 1994).
Un documento interessante e' un rapporto del capitano americano W.E. Scotten, che faceva parte dell'Amgot (Allied Military Government of Occupied Territories) e reca la data del 29 ottobre 1943. Scotten era stato viceconsole statunitense in Sicilia e le sue informazioni provenivano dai servizi segreti alleati e dai contatti con intellettuali siciliani, tra cui il socialista Mario Mineo. La ricostruzione storica della mafia non e' particolarmente originale: anche qui la Sicilia dominata e oppressa dalle occupazioni straniere e la conseguente formazione di un sistema privato di difesa delle persone e delle proprieta', caratterizzato dall'omerta' (anche qui tradotta con manliness). Successivamente la mafia era degenerata diventando un sistema criminale dedito alle estorsioni, all'assassinio, ai sequestri di persona. Il fascismo aveva combattuto solo i livelli piu' bassi. La parte piu' interessante del documento riguarda la fase successiva allo sbarco. La mafia dava segni di ripresa ed era attiva soprattutto nel mercato nero. L'Amgot aveva le sue responsabilita'.
Agli occhi dei siciliani l'Amg si e' lasciata circondare da amici e consiglieri separatisti e ha designato per i pubblici uffici sia separatisti notori che simpatizzanti separatisti. Esempi di cio' sono dati dal prefetto della provincia di Palermo, dalla maggioranza dei membri della giunta provinciale, dal sindaco di Palermo e cosi' via. Secondo alcune fonti, almeno l'80% delle designazioni fatte dall'Amg in questa area sono di questo tipo. Nella loro opinione l'Amg non solo si e' posta in svantaggio nel trattare con la mafia, ma ha finito con il farne il gioco. Cosi' ci sono molti siciliani che fanno il seguente paragone tra Amg e fascismo: a) sotto il fascismo c'era il razionamento dei cibi e il mercato nero, ma il razionamento funzionava effettivamente e il mercato nero era parzialmente controllato, mentre oggi le razioni non si possono avere il piu' delle volte e il mercato nero degli alimenti e' completamente fuori controllo; b) sotto il fascismo la mafia, se non interamente distrutta, era almeno in scacco, mentre ora e' in crescita in modo allarmante e gode dei favori dell'Amg.
Scotten ipotizzava tre scenari:
a) un'azione diretta, stringente e pronta per mettere la mafia sotto controllo;
b) una tregua negoziata con i capimafia;
c) l'abbandono di qualsiasi tentativo di controllare la mafia in tutta l'isola e il ritiro in piccolo enclaves contenenti le aree con basi strategiche, attorno a cui erigere cordoni protettivi e dentro cui esercitare un governo militare assoluto (in Casarrubea-Cereghino 2013, pp. 253 ss.).
La prima soluzione richiedeva l'arresto di cinque o seicento capimafia, senza riguardi alle persone e ai collegamenti politici e la loro deportazione senza processo per tutta la durata della guerra.
La seconda ipotesi si articolava in una serie di punti: appoggio della mafia agli sforzi di guerra; non interferire con gli affari interni della Sicilia e ridare il governo al popolo siciliano il piu' presto possibile; gli alleati avevano il potere di distruggere la mafia ma non ritenevano di dover impegnare le loro forze militari a tale scopo; se la mafia desisteva dalle attivita' relative al mercato degli alimenti e alle altre necessita' della popolazione o ai prodotti necessari per proseguire la guerra, i trasporti e le comunicazioni, le operazioni nei porti e nelle basi e non interferiva con il personale e le operazioni dell'Amg, gli Alleati non avrebbero interferito con la mafia, tranne che per punire i crimini comuni con le attivita' ordinarie della polizia italiana e degli uffici giudiziari.
La terza ipotesi poteva significare l'abbandono della Sicilia alla mafia.
Quale delle tre soluzioni hanno scelto gli Alleati? Certo non la prima. Hanno seguito una strada a meta' tra la seconda e la terza, cioe' tra accordo e abbandono, delegando alla mafia il controllo sociale dell'isola.
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Il governo militare alleato tra separatisti e mafiosi
L'amministrazione degli alleati dura fino al 14 febbraio del 1944, quando la Sicilia torna sotto l'amministrazione italiana. A capo dell'Amg era il generale inglese Rennel of Rodd, vicecapo era l'americano brigadiere generale Mc Sherry e il comando dei Civil Affairs della Sicilia occidentale era affidato all'americano tenente colonnello Poletti, quello della Sicilia orientale a un parigrado inglese. Il personaggio piu' noto, e chiacchierato, e' certo Charles Poletti, che ha al suo fianco come traduttore-consulente il boss Vito Genovese. Il governo militare sostituisce i prefetti e al posto dei podesta' fascisti nomina i sindaci, in gran parte separatisti e mafiosi, anche se alcuni di questi vengono sostituiti dopo avere visto le loro fedine penali. Tra i sindaci mafiosi ci sono Calogero Vizzini e Genco Russo. A Palermo viene nominato l'agrario Lucio Tasca, capo dei separatisti e legato alla mafia.
Lupo, che esclude un ruolo della mafia nelle operazioni dello sbarco, scrive: "Cio' non vuol dire che gli americani non abbiano incontrato la mafia nella sua terra d'origine" e polemizza con Poletti che in un'intervista rilasciata quando era novantenne dichiarava che la mafia era una "costruzione intellettuale" e che l'Amgot non ne avrebbe mai sentito parlare (Lupo 2008, p. 141).
I mafiosi in quel periodo erano in gran parte in carcere, o al confino o emigrati, ma molti di essi si riaffacciano nella Sicilia americanizzata.
Il generale Rennel cosi' descrive la situazione: "Di fronte al popolo che tumultuava perche' fossero rimossi i podesta' fascisti, molti miei ufficiali caddero nella trappola di scegliere in sostituzione i primi venuti che si autoproponevano oppure di seguire il consiglio degli interpreti che si erano accodati a loro e che avevano imparato un po' di inglese durante qualche loro soggiorno negli Stati Uniti. Il risultato non era sempre felice, le scelte finivano per cadere in molti casi sul locale boss mafioso o su un uomo-ombra il quale in uno o due casi era cresciuto in un ambiente di gangster americani" (in Renda 1987, III, pp. 95 s.).
Nel documento del capitano americano Scotten dal titolo "Il problema della mafia in Sicilia",del 29 ottobre del 1943, si legge: "(...) dall'occupazione dell'isola e dalla caduta del fascismo, la mafia ha conosciuto un'ampia rinascita (...). Secondo i miei informatori, la mafia si sta ora dotando di armi e di equipaggiamento moderni, raccolti nei campi di battaglia". I siciliani non si fidano ne' delle forze dell'ordine locali ne' del Governo militare alleato: "carabinieri e polizia ricevono individualmente una parte di guadagni dei vari racket, nonche' intere porzioni di questi introiti. La gente si lamenta del fatto, ed e' la cosa piu' inquietante, che molti interpreti del Gma di origine siciliana provengano da ambienti mafiosi statunitensi. Sostiene inoltre che i nostri alti funzionari sono influenzati dalla nobilta' terriera, che e' strettamente legata alla mafia sia per tradizione sia per ragioni di opportunita' politica. (...) Agli occhi dei siciliani, non solo il Gma non è in grado di affrontare la mafia, ma e' arrivato addirittura al punto di esserne manipolato. Ecco perche', al giorno d'oggi, molti siciliani mettono a confronto il Gma e il fascismo. (...) Sotto il fascismo la mafia non era stata interamente debellata, ma era almeno tenuta sotto controllo. Oggi, invece, cresce con una velocita' allarmante e ha persino raggiunto una posizione di rilievo nel Gma" (in Casarrubea-Cereghino, 2013, pp. 253 ss.).
Il ricorso al separatismo e alla violenza mafiosa sono stati ritenuti espressioni della crisi del blocco agrario. A mio avviso invece si tratta di un arroccamento tattico e dell'uso strategico della risorsa violenza, legittimata dall'impunita', per contrastare la ripresa delle lotte contadine, che comincia gia' nel 1944, con il controllo dei granai del popolo e con i decreti Gullo e per ottenere un'autonomia a guida conservatrice. In quell'anno comincia la stagione di sangue, con l'assassinio a Regalbuto del segretario della Federazione comunista Santi Milisenna, durante i disordini suscitati da un raduno separatista (il 27 maggio); l'uccisione a Casteldaccia del militante comunista Andrea Raia (il 6 agosto), con l'attentato a Villalba al segretario regionale comunista Girolamo Li Causi (il 16 settembre). E la violenza si protrarra' negli anni successivi (Santino 2009). L'Italia nel quadro della nuova divisione del pianeta decisa a Yalta avra' una sovranita' limitata e l'assetto politico sara' la democrazia bloccata (Santino 1997).
In questo quadro si collocano l'installazione sul territorio italiano e in Sicilia in particolare di basi americane, da Sigonella al Muos.
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Due societa' mafiogene
La societa' in Sicilia e' mafiogena per il ruolo essenziale dell'illegalita' e della violenza nei processi di accumulazione e formazione dei rapporti di dominio e subalternita'; la societa' americana lo e' per la complessita' del melting pot etnico, con difficolta' all'integrazione per gli ultimi arrivati, per cui le attivita' illegali funzionano come accumulazione primitiva e percorso obbligato di mobilita' sociale. In entrambe le realta' gioca un ruolo fondamentale il rapporto con l'attivita' politica, in Sicilia con il sostegno ai partiti conservatori, il riciclaggio dei manutengoli di rango nel partito nazionale fascista e poi con i governi democristiani; negli States per i rapporti con Tammany Hall, l'organizzazione del partito democratico (per la Sicilia: Santino 2006; per gli Stati Uniti: Block 1980).
Gli Stati Uniti sono insieme rifugio per i delinquenti che sfuggono alla giustizia (e si sviluppa l'emigrazione clandestina), scuola e terreno di sperimentazione di nuove forme e modalita' criminali, palestra di modernizzazione criminale: estorsioni adattate al contesto metropolitano, gioco d'azzardo, prostituzione; con il proibizionismo degli alcolici (1920-1933) si ha un salto di quantita' e qualita' con il lievitare dell'accumulazione illegale e l'affermarsi della mafia-impresa mentre assume valenza strategica il ruolo delle organizzazioni criminali nel controllo dei sindacati (labour racket). In questo contesto si sviluppa la criminalita' dei colletti bianchi, i white collar crimes studiati da Sutherland (1949).
In entrambe le situazioni le campagne repressive non arrivano a smantellare la mafiogenicita' strutturale del contesto sociale.
I rapporti tra le due sponde per decenni si fondano sull'emigrazione clandestina, sull'import-export di olio e agrumi e si intensificheranno, a partire dagli anni '60-'70, con il traffico di droga. L'operazione Old Bridge del 2008 offre un quadro della situazione degli ultimi anni. Riguardo alla forma organizzativa si pone un problema: la mafia siciliana diventa Cosa nostra per contaminazione con la mafia americana? Il termine Cosa nostra appare solo negli anni '60 con le rivelazioni di Valachi e in Italia negli anni '80 con quelle di Buscetta. Prima non ci sono tracce di tale denominazione. Si tratta di una "nuova mafia", iperstrutturata (ma per gli Stati Uniti si parla piu' di organizing crime che di organized crime, cioe' di un processo e non di una struttura rigida) o vige sempre il paradigma continuita'-innovazione che ha caratterizzato la storia della mafia e ne spiega la persistenza in tempi e contesti diversi?
*
Riferimenti bibliografici (in ordine cronologico)
Pantaleone Michele, Mafia e politica 1943-1962, Einaudi, Torino 1962.
Block Alan, East Side – West Side. Organizing Crime in New York 1930-1950, University College Cardiff Press, Cardiff 1980.
H.Sutherland Edwin H., White Collar Crime, Yale University Press, New Haven – London 1982 (ed. or. 1949); trad. it.: Il crimine dei colletti bianchi, Giuffre', Milano 1987.
Renda Francesco, Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, vol. III, Sellerio, Palermo 1987.
Mangiameli Rosario, La regione in guerra (1943-50), in Aymard Maurice e Giarrizzo Giuseppe, La Sicilia, Einaudi, Torino 1987, pp. 483-600.
Lumia Luigi, Villalba. Storia e memoria, II, edizioni Lussografica, Caltanissetta 1990.
Commissione parlamentare antimafia, Mafia e politica, Laterza, Roma-Bari 1993.
Mangiameli Rosario (a cura di), Sicily Zone Handbook, 1943, Salvatore Sciascia, Caltanissetta-Roma 1994.
Santino Umberto, La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997.
Ciriacono Gianfranco, Le stragi dimenticate. Gli eccidi americani di Biscari e Piano Stella, Ragusa 2004.
Casarrubea Giuseppe, Storia segreta della Sicilia. Dallo sbarco alleato a Portella della Ginestra, Bompiani, Milano 2005.
Costanzo Ezio, Mafia & Alleati. Servizi segreti americani e sbarco in Sicilia. Da Lucky Luciano ai sindaci "uomini d'onore", Le Nove Muse Editrice, Catania 2006.
Santino Umberto, Dalla mafia alle mafie. Scienze sociali e crimine organizzato, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006.
Lupo Salvatore, Storia della mafia dalle origini ai nostri giorni, Donzelli, Roma 1993; Quando la mafia trovo' l'America, Einaudi, Torino 2008.
Santino Umberto, Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile, Editori Riuniti University Press, Roma 2009.
Bandini Franco, Lo sbarco in Sicilia, Mursia, Milano 2011.
Casarrubea Giuseppe – Cereghino Mario Jose', Operazione Husky. Guerra psicologica e intelligence nei documenti segreti inglesi e americani sullo sbarco in Sicilia, Castelvecchi, Roma 2013.
Augello Andrea, Uccidi gli italiani, Mursia, Milano 2013.
Anfora Domenico e Pepi Stefano, Obiettivo Biscari, Mursia, Milano 2013.
Carloni Fabrizio, Gela 1943, Mursia, Milano 2013.
Patti Manoela, La Sicilia e gli Alleati. Tra occupazione e liberazione, Donzelli, Roma 2013.
 
2. TESTI. LOUISE GLUECK: PERSEFONE ERRANTE (I E II)
[Dal sito www.feaciedizioni.it riprendiamo queste due poesie di Louise Glueck nella traduzione di Bianca Tarozzi. In diversa traduzione (di Massimo Bacigalupo) sono anche nel volume di Eadem, Averno, Il Saggiatore, Milano 2020, alle pp. 38-47 e 174-183.
Louise Gloueck, poetessa e docente universitaria americana, nel 2020 ha ricevuto il Premio Nobel per la letteratura.
Bianca Tarozzi e' un'illustre poetessa e docente universitaria]
 
Persefone Errante - 1
 
Nella prima versione Persefone
e' tolta alla madre
e la dea della terra
punisce la terra - questo
corrisponde a quel che sappiamo dei comportamenti umani,
 
che gli esseri umani ricavano profonda soddisfazione
dal fare il male, specialmente
il male inconsapevole:
 
possiamo chiamarlo
creazione negativa.
 
Il soggiorno iniziale
di Persefone negli inferi continua ad essere
commentato dagli studiosi che discutono
sulle sensazioni della vergine:
 
forse consenti' alla violenza,
o era stata drogata, violentata contro la propria volonta',
come accade cosi' spesso ora alle ragazze moderne.
 
Come e' ben noto, il ritorno dell'amata
non rimedia
la perdita dell'amata: Persefone
 
ritorna a casa macchiata di succo rosso come
un personaggio di Hawthorne -
 
Non sono certa di voler
mantenere questa parola: la terra
e' "casa" a Persefone? Si sente a casa propria, magari,
nel letto del dio? Si sente a casa
in un qualche luogo? E'
una vagabonda nata, in altre parole
una replica
esistenziale di sua madre, meno
storpiata dall'idea di causalita'?
 
E' possible, sapete, che non vi piaccia
nessuno. I personaggi
non sono persone.
Sono aspetti di un dilemma o di un conflitto.
 
Tre parti: proprio come e' divisa l'anima,
io, super io, id. Nello stesso modo
 
i tre livelli del mondo conosciuto,
una sorta di diagramma, che separa
il cielo dalla terra dagli inferi.
 
Devi chiederti:
dove sta nevicando?
 
Bianca di oblio,
sconsacrata -
 
Nevica sulla terra; il freddo vento dice
 
che Persefone fa sesso all'inferno.
A differenza di tutti noi, non sa
cosa sia l'inverno, soltanto che
e' lei a causarlo.
 
E' stesa sul letto di Ade.
A cosa sta pensando?
Ha paura? Qualcosa
ha cancellato l'idea
che esista la mente?
 
Sa che la terra
e' governata dalle madri, almeno questo
e' sicuro. Sa anche
di non essere piu' quel che si dice
una ragazza. Riguardo
al carcere, crede
 
di esser stata una prigioniera fin da quando e' stata una figlia.
 
Le terribili riunioni in serbo per lei
occuperanno il resto della sua vita.
Quando il desiderio di espiare
e' cronico, feroce, non si sceglie
come vivere. Non si vive;
non si ha il permesso di morire.
 
Si va alla deriva tra la terra e la morte
che sembrano, infine,
stranamente simili. Gli studiosi ci dicono
 
che non serve sapere cosa si vuole
quando le forze che si contendono al di sopra di te
potrebbero ucciderti.
 
Paura dell'oblio,
paura di essere al sicuro -
 
Dicono
che c'e' una scissione nell'anima umana
non fatta per appartenere
del tutto alla vita. La terra
 
ci chiede di negare questa scissione, una minaccia
travestita da suggerimento -
come abbiamo visto
nel racconto di Persefone
che dovrebbe leggersi
 
come disputa tra la madre e l'amante -
la figlia e' soltanto la preda.
 
Quando ha di fronte la morte, lei non ha mai visto
il prato senza le margherite.
D'un tratto non sta piu'
cantando le sue verginali canzoni
sulla bellezza
e sulla fecondita' di sua madre. Dove
e' la scissione, la' e' la rottura.
 
Canzone della terra,
canzone della mitica visione della vita eterna -
 
Anima mia
scossa dalla tensione
di tentare di appartenere alla terra -
 
Cosa farai,
quando verra' il tuo turno nel campo col dio?
 
*
 
Persefone errante - 2
 
Nella seconda versione, Persefone
e' morta. Muore, sua madre si addolora -
qui non occorre occuparsi dei problemi
della sessualita'.
 
Ossessivamente, addolorata, Demetra
fa il giro della terra. Non ci aspettiamo di sapere
cosa faccia Persefone.
E' morta, i morti sono misteri.
 
Qui abbiamo
una madre e una cifra: questo e'
conforme all'esperienza
della madre quando
 
guarda il viso della neonata. Pensa:
Mi ricordo di quando non esistevi. La neonata
e' confusa; piu' tardi, l'opinione della bambina e'
che lei e' sempre esistita, proprio come
 
sua madre e' sempre esistita
nella sua forma presente. Sua madre
e' come una figura alla fermata dell'autobus,
il pubblico che assiste all'arrivo dell'autobus. Prima,
era lei l'autobus, una casa
temporanea o un mezzo. Persefone, protetta,
guarda fisso fuori dalla finestra del carro.
 
Cosa vede? Un mattino
di giovane primavera, in aprile. Ora
 
tutta la sua vita sta cominciando - sfortunatamente,
sara' una vita
breve. Potra' conoscere, per davvero,
 
soltanto due adulti: la morte e sua madre.
Ma due e' due volte
quel che ha sua madre
 
una sola bambina, una figlia.
Essendo una divinita' lei poteva avere
un migliaio di bambini.
 
Qui cominciamo a vedere
la profonda violenza della terra
 
la cui ostilita' suggerisce
che non desidera affatto
continuare ad essere sorgente di vita.
 
E perche' questa ipotesi
non e' mai discussa? Perche'
non e' nella storia; semplicemente
crea la storia.
 
Addolorata, dopo la morte della figlia,
la madre va errando sulla terra.
Prepara la sua accusa;
come un uomo politico
ricorda tutto e non ammette
niente.
 
Per esempio, la nascita di sua figlia
era stata insopportabile, la sua bellezza
era insopportabile: questo lo ricorda.
Ricorda l'innocenza
di Persefone, com'era affettuosa -
 
Che cosa progetta, mentre cerca la figlia?
Emette
un avvertimento il cui messaggio implicito e':
cosa fai fuori dal mio corpo?
 
Ti chiedi:
perche' il corpo della madre e' rifugio sicuro?
 
La risposta e'
questa e' la domanda sbagliata, poiche'
 
il corpo della figlia
non esiste, eccetto
come ramo del corpo della madre
che deve essere
riattaccato ad ogni costo.
 
Quando un dio si addolora significa
che distrugge gli altri (come in guerra)
mentre nello stesso tempo pretende
di rovesciare i patti (come in guerra, anche qui):
 
se Zeus gliela restituira',
finira' l'inverno.
 
Finira' l'inverno, tornera' la primavera.
Le piccole fastidiose brezze
che amavo tanto, gli stupidi fiori gialli -
 
Tornera' la primavera, un sogno
basato su una falsita':
che i morti ritornano.
 
Persefone
era abituata alla morte. Ora sempre di nuovo
sua madre la diseppellisce di nuovo -
 
Devi chiederti:
i fiori sono veri? Se
 
Persefone "ritorna" sara' per una
di queste due ragioni:
 
o non era morta o
viene usata
per dare credibilita' a una finzione -
 
Credo di poter ricordare
di quando ero morta. Molte volte, in inverno,
mi avvicinai a Zeus. Dimmi, gli chiedevo,
come posso sopportare la terra?
 
E lui diceva,
tra breve sarai nuovamente qui.
E nel frattempo
 
avrai dimenticato tutto:
quei campi di ghiaccio saranno
i prati dell'Elisio.
 
3. MAESTRE. GRAZIA VITTA RICORDA MARIANELLA GARCIA VILLAS
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente apparso in "Donne Chiesa Mondo", mensile de "L'Osservatore Romano", il 14 marzo 2021 col titolo "L'eredita' di Marianella".
Grazia Villa e' avvocata per i diritti delle persone e presidente dell'associazione "Rosa Bianca" italiana.
Marianella Garcia Villas, nata nel 1949, attivista per i diritti umani salvadoregna, collaboratrice di monsignor Romero, amica della nonviolenza, "avvocato dei poveri, compagna degli oppressi, voce degli scomparsi", fu assassinata il 13 marzo del 1983 dai soldati del regime. La sua vita e' narrata nel bel libro (ampiamente basato sulla registrazione di conversazioni con lei svoltesi nel 1981 e nel 1982) di Raniero La Valle e Linda Bimbi, Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983, Icone, Roma 2007; cfr. anche il recente testo di Anselmo Palini, Marianella Garcia Villas, Ave, Roma 2014]
 
Raccontare la storia di Marianella Garcia Villas significa non solo togliere dall'oblio la vita e la morte di una giovane donna forte e coraggiosa, amante dei profumi, ma celebrarne il memoriale, una liturgia pasquale. Il pane spezzato della sua vita con i poveri, il sangue versato per le donne e gli uomini oppressi.
Trentotto anni fa i militari del suo paese la catturarono e torturarono per ore, il suo corpo fu ritrovato il 13 marzo 1983.
Marianella nasce nel 1948 in una famiglia dell'alta borghesia di El Salvador, madre salvadoregna e padre spagnolo, studia a Barcellona nel ricco e prestigioso collegio religioso Las Teresianas dove le suore, oltre all'equitazione e al violino, offrono alle allieve la possibilita' di fare catechismo ai bambini del barrio a La Torraza. Qui l'adolescente Marianella incrocia per la prima volta lo sguardo di chi ha fame e freddo, i volti di bambini di strada e di adulti segnati dalla poverta'. Da quel momento i suoi occhi non cercano altro.
Al rientro in patria, negli anni dell'Azione cattolica universitaria, comincia a lavorare a La Fosa, dove la gente vive nelle baracche, in miseria e precarieta' totale. Si interroga e chiede ragione di come in un Paese cosi' cattolico, persino nel nome, possano essere presenti e radicate forme di ingiustizia e di emarginazione. Promuove i gruppi universitari di lettura del Vangelo per comprendere la "scelta preferenziale dei poveri", attingendo ai documenti conciliari e della storica Conferenza dell'Episcopato latinoamericano di Medellin in Colombia (1968), ai testi della teologia della liberazione.
La passione per gli studi giuridici, per la filosofia del diritto, per la politica attiva la porteranno a diventare l'avvocata del Soccorso giuridico della diocesi di San Salvador, la diocesi di Oscar Arnulfo Romero, a fondare e presiedere la Commissione per i diritti umani, ad impegnarsi nella Democrazia Cristiana salvadoregna. Prima dello sdegnato addio al suo partito, a causa degli arresti e delle persecuzioni delle forze di sicurezza del potere democristiano, Marianella fonda con Maria Paula Perez il Movimiento campesino de mujeres democratas cristianas. Le due donne vanno a visitare le contadine in luoghi impervi, con loro leggono la Bibbia, celebrano la Parola, analizzano la realta', cercando di organizzare una rete di comunita' e di famiglie impegnate nella difesa dei propri diritti.
Marianella aiuta a trovare "'il nome delle parole', cioe' a identificare le cose, a riconoscerle, ad accettarle o combatterle, e poi sapere che al di la' del cancello dell'orto, o della curva della montagna, oltre il fiume e il mare, c'erano altri uomini che dicevano parole equivalenti alle loro, anche se con linguaggio diverso e che si poteva stabilire un ponte tra questi linguaggi, un canale di amicizia e solidarieta'" (Linda Bimbi, Il Margine, 1984). Vive la fede con "una vera passione quasi mistica per l'uomo, una reale incarnazione dell'amore".
Portando questo ricco bagaglio di spiritualita' incarnata nasce e cresce la speciale amicizia con l'arcivescovo, ora santo, Oscar Arnulfo Romero.
Tutte le settimane Marianella depone il suo fardello nelle mani di Romero: immagini, numeri, nomi, storie, ferite, torture, prove, dati che si trasformano, a contatto con il fuoco delle scritture, nei carboni ardenti della sua predicazione.
A lui porta quei volti, catturati con l'altro suo occhio, l'obiettivo di una macchina fotografica compagna fedele, che diventati irriconoscibili dalle percosse o violati dagli stupri, diventando strumento di denuncia e di prova della violazione dei diritti umani. "Volti di campesinos senza terra, oltraggiati dalle forze armate e dal potere. Volti di operai licenziati senza motivo, volti di anziani, volti di emarginati, di abitanti di tuguri, volti di bambini poveri che gia' dall'infanzia cominciano a sentire il morso crudele dell'ingiustizia sociale" (omelia di Romero).
Tra le mani di quel pastore depone anche il suo dolore, la fatica di continuare nella lotta dopo aver visto morire amiche e amici, la ribellione dopo i suoi arresti e il suo tragico silenzio dopo la violenza sessuale subita. Al racconto freddo e terribile del suo stupro Romero scoppia in pianto e le sue lacrime inattese riescono a placare l'odio e a trasformare il desiderio di vendetta in un'altra occasione di spietata denuncia dell'avvocata Marianella.
"Violentare una donna che si ha tra le mani e' considerato un obbligo di virilita', chi non lo fa con una donna catturata, chi la rispetta, viene messo alla berlina, deriso come impotente e sono i capi stessi che inculcano ai loro sottoposti questo misto di incultura, di maschilismo e di alienazione. Cosi' questa violenza, che e' sempre esistita, e' diventata una pratica abituale e istituzionalizzata per i corpi di sicurezza e per l'esercito" (intervista in Marianella e i suoi fratelli, di Linda Bimbi e Raniero La Valle - Feltrinelli, 1983).
Il 24 marzo del 1980 questa santa amicizia sembra interrompersi. Romero viene ucciso, come preannunciato e ordinato nelle sedi della politica nazionale, indifeso, nonostante i ricorsi ai tribunali nazionali e internazionali, le inchieste aperte dagli organismi e dalle associazioni per i diritti umani, i viaggi per denunciare da lui intrapresi a Roma, in Vaticano, e dalla stessa Marianella in Europa e in Nord America. La sentenza e' pronunciata ed eseguita: l'arcivescovo deve morire, e cosi' accade per mano di un sicario. E' solo una sospensione dell'amicizia terrena, perche' nello stesso mese di marzo, il mese delle idi e delle lotte delle donne, a distanza di tre anni Marianella raggiunge il fratello vescovo e le compagne del pesante santorale del martirio del Salvador. Il 13 marzo 1983 un comunicato stampa informa che in uno scontro a fuoco e' caduta la terrorista Marianella Garcia. Liunica arma ritrovata della guerrigliera pacifista e nonviolenta e' la macchina fotografica che l'accompagna nel suo lavoro di ricerca della verita', quella verita' "splendore della realta'" dell'amata Simone Weil. La realta' maestra di vita e di morte, con la sua durezza, la sua ingiustizia, il suo lato negativo e buio, quello che rischiara nel livido colore dei cadaveri dentro la camera oscura e che pero' si trasforma in fonte di sapienza, o come direbbe oggi la teologa Antonietta Potente, in "mistica politica".
"La grande sfida che ci viene dalla storia e' lo sforzo per divenire capaci, senza evadere dalla realta' in cui viviamo, di prendere distanza da questa stessa realta' e interrogarla, interrogare noi stessi per trovare risposte che stiano oltre la superficie delle cose. Cosi' si passa da una coscienza ingenua a una coscienza critica, cosi' si va alle radici dei fatti e la nostra visione diventa piu' completa e noi riusciamo a capire le cause e, al di la' delle contraddizioni, fare del quotidiano un evento storico. Questa e' la sapienza" scrisse nel 1981.
Questa e' l'eredita' della memoria pericolosa di una donna che ha fatto e fa ancora la storia.
 
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 37 del 31 marzo 2021
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