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[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 11
- Subject: [Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 11
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- Date: Fri, 5 Mar 2021 08:41:01 +0100
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo"
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 11 del 5 marzo 2021
In questo numero:
1. Cristina Montagnani: Maria Corti
2. Piergiorgio Strata: Rita Levi-Montalcini
3. Alcune pubblicazioni di e su Mumia Abu-Jamal
1. MAESTRE: CRISTINA MONTAGNANI: MARIA CORTI
[Dal Dizionario biografico degli italiani (2013), nel sito www.treccani.it]
Maria Corti nacque a Milano il 7 settembre 1915, da Emilio e da Celestina Goldoni. L'infanzia fu segnata dalla perdita della madre, morta il 10 settembre 1925; il padre, che lavorava come ingegnere in Puglia (regione che poi avrebbe contato parecchio nella biografia di Corti), la fece entrare come educanda, cioe' allieva interna, presso le suore Marcelline a Milano. Furono cinque anni difficili, confortati solo dalle molte letture.
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Gli anni di formazione
Dopo gli studi liceali, durante i quali visse sempre a Milano in buona sostanza da sola, si iscrisse all'Universita' statale e consegui' due lauree: la prima in lettere, discutendo una tesi sul latino medievale con Benvenuto Terracini (poi a stampa: Studi sulla latinita' merovingia in testi agiografici minori, Messina-Milano 1939), e una seconda in filosofia, di cui fu invece relatore Antonio Banfi. Gli anni universitari furono fondamentali, dal fortissimo rapporto con Terracini alle prime, grandi amicizie (Cesare Segre, Gian Luigi Beccaria, Bice Mortara Garavelli), che rappresentarono – come amava ripetere lei stessa – molto piu' che compagni di studi e futuri colleghi la sua famiglia.
Dopo la laurea in lettere inizio' a insegnare al ginnasio (che allora equivaleva alle attuali medie) di Chiari, in provincia di Brescia; le leggi fasciste impedivano alle donne l'accesso alle cattedre del liceo, men che meno a quelle universitarie. Insegno' li' dal 1939 al 1950, e nel frattempo elaboro' la sua seconda tesi, in estetica, su Africano Spir; studiare con Banfi in quegli anni significo' anche venire a contatto con la Milano risolutamente antifascista – e quindi in sintonia con le sue idee politiche sempre progressiste – di intellettuali impegnati (basti pensare a Vittorio Sereni, Enzo Paci o Luciano Anceschi): un ambiente che, pur fra le mille difficolta' pratiche imposte dalla condizione di insegnante pendolare, Corti frequento' con entusiasmo.
Nell'aprile 1947 il ritorno di Terracini dall'esilio in Argentina, dove si era rifugiato in seguito alle leggi razziali del 1938, coincise con la ripresa dell'attivita' di ricerca di Corti: furono anche questi anni pesanti fra il lavoro a scuola, la scrittura personale e gli studi. Ma anche anni memorabili, in cui l'Italia del dopoguerra conobbe un risveglio politico, culturale ed etico oggi difficile da immaginare. A questo periodo Corti dedico' il romanzo Il treno della pazienza, pubblicato solo anni piu' tardi, rimaneggiato e con diverso titolo (Cantare nel buio, Milano 1991).
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Il cursus honorum
Nel 1950 comincio' a insegnare al liceo Alessandro Volta di Como, dove rimase sino al 1956, per passare poi al Beccaria di Milano sino al 1962 (a questa esperienza e' dedicato il romanzo Il ballo dei sapienti), anno in cui vinse la cattedra di storia della lingua italiana a Lecce, un'universita' allora giovane, dove transitarono alcuni fra i maggiori ingegni della nuova generazione. Gia' dal 1955 aveva in realta' iniziato a insegnare come incaricata presso l'Universita' di Pavia, senza poter lasciare la scuola a causa di incertezze economiche e lavorative, aggravate dalla sua condizione di donna – di donna single in un mondo maschile e spesso maschilista come quello universitario – su cui piu' di una volta ritorno' nelle lettere e nei suoi scritti. A Pavia pote' tornare da ordinario di storia della lingua italiana nell'autunno del 1964 e rimase in cattedra ancora piu' di vent'anni.
Oltre che in Italia, dal 1975 al 1978 insegno' a Ginevra, universita' che le concesse il dottorato honoris causa nel 1978, e fu visiting professor per un semestre (1984) presso la Brown University di Providence (Rhode Island).
Fondo' e diresse riviste di prestigio: Strumenti critici nel 1966, Alfabeta nel 1979, Autografo nel 1984; collaboro' assiduamente alle pagine culturali dei quotidiani, dapprima del Giorno e quindi, dal 1980, della Repubblica. Fu accademica della Crusca e dei Lincei.
Diresse due collane presso Bompiani: "Nuova corona" e "Studi Bompiani di italianistica".
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Gli interessi
La produzione scientifica e letteraria di Corti e' difficile da riassumere in forma schematica: filologa e storica della lingua italiana come formazione, e autrice di saggi fondamentali su questo versante (su Pietro Jacopo De Jennaro, sul Fiore di virtu', su Jacopo Sannazaro), fra le prime a introdurre in Italia la nuova lezione della semiologia (Principi della comunicazione letteraria e' del 1976, ma al 1966 risale, come si e' detto, la fondazione di Strumenti critici), storica della letteratura tout court (con i libri di argomento duecentesco, gli studi novecenteschi, la fondazione del Centro manoscritti a Pavia) e anche scrittrice di successo. Ciascuno di questi ambiti riempirebbe una vita intera. Impossibile, e forse inutile, tentare di separare i vari piani della sua produzione, che rispecchiano una personalita' poliedrica, in cui al rigore del metodo si accompagnarono sempre la passione e la capacita' di "narrare" anche la filologia. Meglio pertanto una esposizione condotta, in linea di massima, secondo le ragioni della cronologia.
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Il primato della filologia
Quelli dell'esilio argentino di Terracini furono per Corti anni di lavoro a scuola e di esercizio di scrittura personale e creativa (per il momento ancora in forma privata), anche se, sulla rivista salentina L'Albero, nel 1949 pubblico' un precocissimo intervento su Guido Cavalcanti, destinato a essere una delle sue grandi passioni di studiosa. Anche la sede e' importante: Corti, allora giovanissima, partecipava con entusiasmo, soprattutto durante le vacanze estive passate con il padre, all'Accademia Salentina che gravitava attorno alla casa di Lucugnano e alla figura di Girolamo Comi; organo "ufficiale" dell'Accademia era, appunto, L'Albero.
Dopo le prime ricerche negli anni della tesi e dopo il ritorno del suo maestro, i suoi interessi furono indirizzati verso la storia della lingua italiana e si tradussero in vari contributi, fra cui importanti i volumi Studi sulla sintassi della lingua poetica avanti lo Stilnovo (Firenze 1953), l'edizione di De Jennaro (Rime e lettere, Bologna 1957) e la Vita di s. Petronio (ibid. 1962): un ventennio di studi appassionati, orientati soprattutto verso il Duecento, il Quattrocento e il Novecento, che ando' a sfociare nella prima raccolta di saggi, Metodi e fantasmi, pubblicata da Feltrinelli (Milano 1969; nuova ed. ampl., Nuovi metodi e fantasmi, ibid. 2001) e destinata a restare famosa, per il rigore, appunto, della metodologia, ma anche per la seconda meta' del titolo, che evocava, in forma esplicita quanto scanzonata, la passione per autori evanescenti, difficili da ricostruire nella loro individualita' storica. "Fantasmi", appunto, da recuperare con metodi rigorosi, quasi da detective: un titolo apparentemente ossimorico, che racchiudeva invece in se' la cifra d'una singolare personalita' di studiosa. Fra i contributi del volume vanno ricordati quello sul Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, le ricerche sull'Arcadia di Sannazaro (che non si conclusero con l'edizione, ma diedero della tradizione testuale dell'opera un'immagine profondamente innovativa), cui deve essere aggiunto il saggio sul Delfilo, un poemetto in terzine di primo Cinquecento, di cui Maria Teresa Casella e Giovanni Pozzi avevano proposto la localizzazione a Treviso e una possibile attribuzione a Francesco Colonna, autore del Polifilo. Il saggio di Corti, con piglio quasi da giallo (Giorgio Petrocchi la soprannomino'"Perry Mason", Umberto Eco "Miss Marple"...), racconto' una storia diversa, lombarda, anzi piacentina, e offri' anche un nuovo autore, Marco Antonio Ceresa.
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La semiotica come metodo
Ben presto, tuttavia, la ricerca linguistico-filologica comincio' ad apparire troppo angusta ai suoi occhi, anche se, come in Le fonti del Fiore di virtu' e la teoria della nobilta' nel Duecento (Giorn. stor. della letteratura italiana, CXXXVI [1959], pp. 1-82), la ricerca letteraria si intrecciava a quella filosofica, come accadde molti anni piu' tardi per il volume La felicita' mentale. Nei primi anni Sessanta furono divulgati in Italia, soprattutto grazie alla rivista Questo e altro, i primi testi russi sulla semiotica (fra cui interventi di Vjaceslav Vsevolodovic Ivanov e Boris Uspenskij), nella traduzione di Vittorio Strada (n. 6-7, del 1964); la rivista Strumenti critici (pubblicata presso Einaudi sino al 1985, poi passata al Mulino), che Corti fondo' a Pavia con Segre, Dante Isella e d'Arco Silvio Avalle, fu la prima sede in cui la critica letteraria venisse affrontata anche con gli strumenti del nascente strutturalismo italiano. Uno strutturalismo strettamente legato ai testi e alla loro lettura, sulla linea del formalismo russo e della scuola di Praga, piu' che su quella della semiologia francese: "Ogni posizione teorica o metodologica deve girare attorno al testo letterario, ispezionarlo, tentarne approcci [...]" (Dialogo in pubblico..., 1995, p. 78). Fondamentale, per l'apertura internazionale di Strumenti critici, fu poi il rapporto privilegiato con Jurij Lotman, che gia' nel 1967 vi pubblico' un suo intervento.
L'interesse di Corti per la semiotica si sviluppo' almeno sino agli anni Ottanta: nel 1970 per le edizioni Eri di Torino pubblico' con Segre I metodi attuali della critica in Italia, in cui gia' largo – benche' non esclusivo – spazio era riservato alla semiotica. Vennero poi i Principi della comunicazione letteraria (Milano 1976; poi quasi raddoppiato in Per un'enciclopedia della comunicazione letteraria, ibid. 1997), un lavoro di taglio teorico, ma le cui radici affondano piu' nei testi letterari che non in quelli critici, e il Viaggio testuale (Torino 1978), in cui si evidenzia con assoluta chiarezza il nodo che necessariamente, per Corti, si deve stringere fra semiotica e testualita', specialmente quando si affronti il problema dei generi letterari. Piu' o meno contemporaneo fu l'intervento di Eco Lector in fabula (Milano 1979); leggendo i due volumi in parallelo, e' evidente come al centro del libro di Corti ci sia il testo, mentre in quello di Eco il lettore, nella sua interazione con l'opera letteraria.
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La parte del narratore
Agli anni Sessanta risalgono anche gli esordi pubblici della scrittrice, con L'ora di tutti (Milano 1962), romanzo "salentino" di notevole livello, ambientato alla fine del Quattrocento durante l'assedio di Otranto da parte dei turchi e rimasto forse il suo piu' famoso, dove si intrecciano le competenze di storica dell'italiano antico ("La tematica proviene da un'area di mia ricerca storica in quanto ho lavorato a lungo sulla cultura del Regno di Napoli nel Quattrocento": Dialogo in pubblico..., 1995, p. 84), ricordi personali ("Lo spunto e' nato si' dai miei frequenti soggiorni estivi a Otranto, dove sentivo parlare di tutti questi martiri [...]", ibid., p. 85), e attenta rivisitazione della letteratura contemporanea. Fu la stessa Corti a sottolineare, per esempio, la congruenza fra la struttura polifonica a cinque voci narranti (tutte d'oltretomba) con l'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Di poco successivo Il ballo dei sapienti (Milano 1966) che, apparso presso Mondadori, trasse invece origine dalla sua esperienza scolastica: il liceo Bonvesin da la Riva e' il Beccaria dove la Corti insegnava, Bobbio e' la ricostruzione metaforica della realta' culturale pavese. Due anni dopo esplose il Sessantotto, di cui questo romanzo anticipo' gli umori e le atmosfere.
Dopo una pausa ventennale, la narrativa riprese con Voci dal Nord Est: taccuino americano (ibid. 1986) e Il canto delle sirene (ibid. 1989). Il primo, in larga misura autobiografico, e' legato alla sua esperienza come visiting professor alla Brown University, mentre il secondo riflesse, a distanza di anni e sotto diverse prospettive, l'esperienza dell'Ora di tutti. Il tema delle sirene e del viaggio di Ulisse, fu per lungo tempo un feticcio degli studi di Corti, un centro irresistibile di fascinazione che tracimo' dall'ambito erudito a quello fantastico, dando vita a questo singolarissimo testo, in cui le sirene, narratrici e incantatrici, raccontano quattro vicende sul tema della seduzione intellettuale, quella cui, come sappiamo, cedette Ulisse al momento del "folle volo".
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Un'intellettuale militante
Nel 1979 Nanni Balestrini fondo' Alfabeta, della cui direzione anche Corti fece parte: rivista militante, in cui tematiche letterarie e interessi semiologici si intrecciarono col vivo dibattito sull'attualita' politica degli "anni di piombo".
In un periodo di acceso interesse semiotico, Corti non abbandono' certo la passione per la letteratura "classica": risale infatti al 1970 la pubblicazione, dapprima periodica nella Stampa, poi in volume per Bompiani nel 1972 degli inediti giovanili leopardiani, col suggestivo titolo di "Entro dipinta gabbia". Tutti gli scritti inediti, rari e editi 1809-1810 di Giacomo Leopardi, da un verso del poeta ancora bambino.
Frattanto, gia' dal 1968 aveva cominciato a raccogliere le prime carte del futuro Fondo manoscritti di autori moderni e contemporanei: all'inizio un semplice faldone con manoscritti di Eugenio Montale e Romano Bilenchi, di proprieta' di Corti stessa, cui si aggiunsero gli autografi della Madonna dei filosofi di Carlo Emilio Gadda, donati da Gian Carlo Roscioni. Il tutto era conservato alla buona in un armadietto chiuso a chiave presso l'istituto di storia della lingua italiana a Pavia. Nel 1972 il Fondo divenne un'istituzione pubblica, cui si affianco' nel 1980 un Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei, prezioso rifugio di importanti manoscritti, soprattutto novecenteschi, ma, specie in seguito, anche ottocenteschi. Al Fondo Corti dedico' moltissime energie, una rivista (Autografo), un romanzo-saggio (Ombre dal Fondo, Torino 1997): la passione di una vita.
La nascita del Fondo fu legata al crescente interesse per la letteratura novecentesca, tanto importante da dedicare anche ai manoscritti di autori recenti lo stesso rispetto e le stesse cure che si riservano da sempre ai manoscritti antichi. Tali interessi novecenteschi si concretizzarono nelle grandi edizioni da lei dirette: Opere di Elio Vittorini (in collab. con R. Rodondi, Milano 1974), Opere di Beppe Fenoglio (in collab. con J. Meddemen et al., Torino 1978; ma v. anche il volume Beppe Fenoglio. Storia di un "continuum" narrativo, Padova 1980), Opere di Ennio Flaiano (in collab. con A. Longoni, Milano 1990) e Opere di Gesualdo Bufalino (in collab. con F. Caputo, ibid. 1992).
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La passione dantesca
Entro la poliedrica personalita' di studiosa e scrittrice di Corti, sin dagli anni Settanta un posto affatto particolare riveste l'interesse per Dante, che fu inizialmente affrontato nell'ambito di un discorso semiologico: a partire dal grande libro sulla comunicazione letteraria (il De vulgari eloquentia) cui, come rievocato in Dialogo in pubblico, Corti dedico' un seminario tenuto insieme a Robert Jauss, il teorico dell'estetica della ricezione.
Tuttavia Corti riteneva che leggere Dante significasse soprattutto inserirlo nella cultura del suo tempo, anche sotto aspetti ancora sconosciuti, o in prospettive che ad alcuni specialisti parvero assai eterodosse. Nacquero cosi' tre libri: Dante a un nuovo crocevia (Firenze 1981), La felicita' mentale. Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante (Torino 1983) e Percorsi dell'invenzione. Il linguaggio poetico e Dante (ibid. 1993). Il primo prese spunto dal trattato linguistico dantesco, per metterne a fuoco le profonde implicazioni teoriche e filosofiche e fu accolto da Gianfranco Contini fra i "Quaderni" della Societa' dantesca italiana. Il secondo rimase forse il piu' celebre: Corti vi affronto' di petto il nodo della presenza della filosofia (qui dell'aristotelismo radicale) in quanto tale, non solo come repertorio di immagini metaforiche, nella cultura del Duecento, segnatamente in Cavalcanti e Dante, e si produsse in una lettura del tutto nuova della celebre canzone cavalcantiana Donna me prega. A questo secondo volume Contini dedico' una recensione assai positiva, apparsa nel Corriere della sera del 16 ottobre 1983 (poi in Id., Ultimi esercizi ed elzeviri (1968-1987), Torino 1988, pp. 205-209), un intervento che apparve subito come una notevole presa di distanza rispetto ad alcune voci critiche levatesi contro il volume del 1981 e, al tempo stesso, consacro' Corti dantista di alto lignaggio. Sul tema della lingua dantesca ritorno' poi la terza raccolta, che l'autrice volle chiudere con un capitolo sul viaggio di Ulisse, nel suo significato letterale e allegorico. La fine di Ulisse rappresenta il "perdersi" dell'uomo che e' vittima della seduzione della filosofia, di chi e' convinto che la conoscenza del vero – cioe' la "felicita' mentale" – possa raggiungersi per via di pura ragione, senza bisogno della parola divina. Postumi uscirono inoltre gli Scritti su Cavalcanti e Dante (Torino 2003), che ripresero con nuove acquisizioni i volumi del 1983 e del 1993, nonche' Un ponte tra latino e italiano (Novara 2003).
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Una scrittrice ritrovata
Gli ultimi anni furono fitti di prove narrative: in Catasto magico (Torino 1999) affronto' il tema, culturale e folklorico, della presenza nei miti siciliani dall'antichita' al mondo contemporaneo dell'Etna (un vulcano che avrebbe bisogno di un catasto, appunto, "magico" per essere descritto); la raccolta di racconti Storie (Lecce 2000, con prefaz. di R. Luperini); Le pietre verbali (Torino 2001), in cui ritorno', con lo sguardo di chi vive in un tempo diverso – e forse non migliore – sulle illusioni e le inquietudini degli anni immediatamente precedenti il Sessantotto. Postumo usci', infine, La leggenda di domani (Lecce 2007, con premessa di C. Segre e postfazione di A. Longoni), romanzo "salentino" che affonda le sue radici in un racconto del 1945-47 rimasto inedito, una sorta di premessa del futuro L'ora di tutti.
Mori' il 22 febbraio 2002.
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Fonti e bibliografia
Per avvicinarsi alla figura di Maria Corti il principale contributo rimane, senza dubbio, Dialogo in pubblico: intervista di Cristina Nesi (Milano 1995), con una puntuale (e ovviamente parziale) bibliografia dell'autrice e sull'autrice (curata dalla stessa Nesi), che riprende e prosegue quella gia' allestita nel 1989 per cura di Rosanna Saccani, in appendice alla raccolta di saggi, pubblicata per Ricciardi, Storia della lingua e storia dei testi (Milano-Napoli 1989).
Nel febbraio 2002 sulle pagine dei principali quotidiani apparvero numerosi necrologi, fra cui si ricordino almeno quelli di C. Segre (Corriere della Sera), B. Garavelli (Avvenire), F. Pusterla (Manifesto), P. Gibellini (Corriere di Brescia), M. Baudino (La Stampa), M.G. Piccaluga (La Provincia pavese). Le sono stati poi dedicati due numeri monografici di Autografo, nel 2002 (M. C. Congedi primi e ultimi, con interventi di G. Nencioni, B. Mortara Garavelli, E. Raimondi, F. Pusterla, e una selezione di appunti, materiali inediti e lettere della scrittrice) e nel 2012 (M. C. Ancora dialogando, con interventi di S. Agosti, N. Balestrini, G.L. Beccaria, S. Borutti, G. Breschi, M. Bricchi, F. Caputo, V. Coletti, L. Coveri, M. Dardano, M. Depaoli, A.G. D'Oria, G. Frasca, M.A. Grignani, G. Lavezzi, G. e A.L. Lepschy, A. Longoni, A. Modena, B. Mortara Garavelli, C. Nesi, G. Palli Baroni, G. Palmieri, F. Pusterla, P. Mauri, M. Porro, M. Pregliasco, C. Segre, A. Stella, A. Stussi, E. Testa).
Fra i volumi si ricordino: G. Guerra, M. C.: voci, canti e catasti (Novara 2000) e M. Corti, I vuoti del tempo, a cura di F. Caputo - A. Longoni (Milano 2003). Il 18 marzo 2003 le e' stata dedicata una giornata di studi fiorentina: Testimonianze per M. C., a cura di A. Dolfi (Roma 2005). Fra i numerosi contributi in rivista: G. Gorni, Ricordo di M. C., in Studi danteschi, 2002, n. 67, pp. 231-239; A. Stella, Ricordo di M. C., in Strumenti critici, XVIII (2003), n. 3, pp. 325-344; P. Laroche, Le temps et l'eternite' dans "L'ora di tutti" de M. C., in Chroniques italiennes, 2004, n. 2-3, pp. 139-150; G. Nisini, Le rivisitazioni del tempo. Note critiche sul "Ballo dei sapienti" e "Le pietre verbali" di M. C., in Moderna, 2005, n. 2, pp. 153-169; S. Agosti, "Avant che la chere ombre...", in Archivi del nuovo. Notizie di casa Moretti, 2008, n. 16-17, pp. 167-170.
2. MAESTRE: PIERGIORGIO STRATA: RITA LEVI-MONTALCINI
[Dal Dizionario biografico degli italiani (2013), nel sito www.treccani.it]
Rita Levi-Montalcini nacque a Torino il 22 aprile 1909 in una famiglia di ebrei sefarditi.
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La famiglia e la formazione
Il padre, Adamo Levi, era ingegnere elettromeccanico e matematico; la madre, Adele Montalcini, era pittrice, come poi lo furono sia la sorella gemella di Rita, Paola, sia la sorella maggiore, Anna; il primogenito Luigi (Gino) fu architetto e scultore. Rita si formo', dunque, in un ambiente nel quale la scienza e l'arte avevano un'importanza straordinaria.
Il padre, di cultura vittoriana, riteneva che per una donna la carriera professionale non fosse compatibile con il ruolo di moglie e di madre e pertanto oriento' la figlia verso il liceo femminile. Tuttavia, dopo il diploma, nonostante l'opinione del padre, Levi-Montalcini ottenne da privatista la maturita' classica in modo da potersi iscrivere, nel 1930, alla facolta' di medicina e chirurgia di Torino. Ottenne la laurea con lode nel 1936.
Assistente volontaria nella clinica delle malattie nervose e mentali dal primo gennaio 1938, fu sospesa dal servizio con decreto rettorale del 18 ottobre 1938 per effetto delle leggi razziali (Regio decreto legge 5 settembre 1938, "Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista"). La legge, che all'articolo 3 sanciva la sospensione, con decorrenza dal 16 ottobre, del personale insegnante "di razza ebraica" di ogni ordine e grado, nell'Universita' di Torino porto' all'immediata espulsione di 9 professori e 15 tra aiuti e assistenti. L'articolo 5 consentiva pero' agli studenti già iscritti di completare il corso, senza borse di studio e solo se non fuori corso. In questo modo Levi-Montalcini nel 1939 pote' ottenere il diploma di specializzazione in neuropatologia e psichiatria.
La sua attivita' scientifica era iniziata durante il secondo anno di universita' come interna nell'Istituto di anatomia diretto da Giuseppe Levi, figura dominante nella biologia dell'epoca, per la quale gli allievi nutrivano grandissimo rispetto e timore. Tra i compagni di studio molti erano destinati a carriere brillanti: fra loro vi erano Renato Dulbecco e Salvatore Luria, ai quali fu conferito il premio Nobel; Cornelio Fazio, illustre neurologo, direttore della clinica neurologica dell'Universita' di Genova e poi chiamato alla cattedra di neurologia a Roma; Rodolfo Amprino, studioso di grande rilievo che dal 1948 al 1954 fu direttore dell'Istituto di anatomia umana di Torino e successivamente dell'Istituto di anatomia umana dell'Universita' di Bari. Il fatto che in questo gruppo di studenti tre abbiano raggiunto il massimo riconoscimento scientifico, caso singolare a livello mondiale, e molti altri siano divenuti autorevoli personaggi del mondo universitario si puo' spiegare con la posizione di avanguardia tecnologica dell'Istituto di anatomia, sotto la guida di un maestro capace di infondere alti valori di vita.
Nell'Istituto Levi-Montalcini venne a contatto con tecniche innovative, come le colture cellulari allestite da Hertha Meyer, fuggita dalla Germania in seguito all'avvento al potere di Hitler, e la colorazione del tessuto nervoso con sali d'argento. La conoscenza di queste tecniche si sarebbe rivelata fondamentale nel percorso della giovane studentessa.
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La scoperta del fattore di accrescimento nervoso
A seguito delle leggi razziali Levi-Montalcini accolse l'invito di Lion Laruelle a continuare le ricerche a Bruxelles, dove giunse nel marzo 1939: si avvicino' cosi' a Giuseppe Levi, gia' emigrato all'Università di Liegi su invito di Jean Firket. La minaccia d'invasione del Belgio da parte di Hitler la indusse, nel dicembre dello stesso anno, a rientrare a Torino dove, incoraggiata da Amprino, organizzo' un laboratorio nella propria camera da letto e nel 1942, per sfuggire ai bombardamenti della citta', in una residenza in campagna. A questo nuovo laboratorio si aggrego' Levi, anch'egli rientrato dal Belgio.
Nel 1943, per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi, Levi-Montalcini, con la famiglia e sotto falso nome, fuggi' a Firenze. Quando nel 1944 la citta' fu liberata dagli Alleati, lavoro' come medico nell'ospedale militare fino al rientro a Torino, avvenuto alla fine del conflitto, nel 1945. L'anno successivo divenne assistente presso il Centro per le ricerche sull'accrescimento e la senescenza. Nel 1947 fu invitata a St. Louis, negli Stati Uniti, da Viktor Hamburger, noto embriologo e padre fondatore della neurobiologia sperimentale.
Nel 1939, nel laboratorio allestito in casa a Torino, Levi le aveva suggerito di studiare le conseguenze della rimozione di un arto nell'embrione di pollo, seguendo il modello descritto da Hamburger in un lavoro del 1934: "... leggevo distrattamente un articolo che mi era stato dato due anni prima da Levi... Lo stile limpido e l'analisi rigorosa del fenomeno, che contrastava con quella degli autori che prima di lui avevano descritto questo effetto nelle larve di anfibi, mi prospetto' in una nuova luce il problema..." (Elogio dell'imperfezione, 2011, pp. 118 s.). L'interpretazione di Hamburger non convinse i due ricercatori, che elaborarono un nuovo modello sostenuto da semplici esperimenti (Recherches quantitatives sur la marche du processus de differenciation des neurons dans les ganglions spinaux de l'embryon de poulet, in Archives de Biologie, LIV [1943], pp. 189-206; Correlazioni nello sviluppo tra varie parti del sistema nervoso, I, Consequenze della demolizione dell'abbozzo di un arto sui centri nervosi nell'embrione di pollo, in Commentationes Pontificae Accademiae Scientiarum, VIII [1944], pp. 527-575). Fu l'inizio di una ricerca che per Levi-Montalcini duro' tutta la vita.
Nel 1935 Hans Spemann, maestro di Hamburger, aveva ottenuto il Nobel grazie alla scoperta di un fattore induttivo in embriologia. Hamburger nell'embrione di pollo studio' gli effetti della rimozione di un arto sullo sviluppo delle strutture del midollo spinale, riscontrando una diminuzione del numero di cellule nei gangli spinali. L'aplasia fu spiegata con la mancanza dell'azione organizzatrice normalmente indotta negli stadi precoci della vita dal contatto con l'arto: nell'embrione di pollo l'arto, tramite i contatti con le cellule nervose che si differenziano per prime, invierebbe normalmente un segnale verso il ganglio. In questa sede, secondo Hamburger, tale fattore eserciterebbe un effetto sulla proliferazione e la differenziazione delle cellule nervose nelle vicinanze.
Levi-Montalcini e Levi osservarono direttamente le cellule nervose dei gangli mediante colorazione argentica, un vantaggio tecnologico non usato da Hamburger, e riscontrarono che anche in mancanza dell'arto i neuroni erano in grado di proliferare, differenziarsi e crescere verso la periferia dove l'arto mancava, per poi degenerare. Conclusero cosi' che il fenomeno non dipendeva da un fattore induttivo, ma dalla mancanza di un fattore, di norma liberato dalla bozza dell'arto e capace di produrre la crescita.
Nel 1946 Hamburger scrisse dunque a Levi chiedendo che Levi-Montalcini trascorresse un periodo di sei mesi alla Washington University di St. Louis per chiarire le differenti vedute su questo problema. Il soggiorno negli Stati Uniti inizio' nel 1947 e si protrasse per 26 anni, periodo che Levi-Montalcini defini' il piu' felice e produttivo della sua vita, durante i quali si susseguirono scoperte fondamentali (NGF: an uncharted route, Boston 1975, pp. 245-265).
Nel 1948 Hamburger e Levi-Montalcini ripeterono l'esperimento descritto in un lavoro pubblicato quello stesso anno da uno studente di Hamburger, Elmer Bueker, il quale aveva impiantato un frammento di sarcoma 180 sulle pareti di un embrione di pollo di tre giorni, notando dopo tre-cinque giorni come dai gangli sensoriali adiacenti aumentati di volume emergessero fibre sensitive che entravano a contatto con il tumore, a supporto dell'ipotesi di un'azione induttiva da parte di quest'ultimo sulla crescita delle fibre sensoriali. Nel ripetere l'esperimento con la tecnica della colorazione all'argento, Levi-Montalcini e Hamburger osservarono la crescita delle fibre nervose: non soltanto le fibre nervose sensitive, ma anche le fibre simpatiche risultarono estendersi all'interno del tumore senza formare sinapsi e molte di esse risultarono iperinnervare altre strutture viscerali, comprese quelle normalmente prive di innervazione simpatica. Osservarono inoltre un aumento di volume non soltanto dei gangli sensoriali, ma anche di quelli simpatici, il cui volume si accrebbe di sei volte. Gli stessi effetti si ottennero trapiantando il tumore sulla membrana corio-allantoidea che rivestiva l'embrione, evitando il contatto fra tumore e gangli. Gli autori conclusero che il tumore liberava un fattore solubile, trasportato all'embrione attraverso il circolo sanguigno con l'effetto di promuovere la crescita nervosa.
Il passo successivo fu trovare una situazione sperimentale capace di identificare la natura dell'ipotetico fattore liberato dal tumore. Si fece ricorso alla tecnica delle colture in vitro e per questo, dal settembre 1952 Levi-Montalcini instauro' un breve periodo di collaborazione con l'ex collega di Torino Hertha Meyer, che nel Biophysics Institute di Rio de Janeiro, diretto da Carlos Chagas, aveva organizzato un efficiente laboratorio di colture cellulari. La presenza di un frammento di sarcoma nelle vicinanze, senza contatto sia con i gangli sensoriali sia con i gangli simpatici, porto' entro 24 ore alla formazione di un alone di fibre emergenti dai gangli medesimi (R. Levi-Montalcini - H. Meyer - V. Hamburger, In vitro experiments on the effects of mouse sarcomas 180 and 37 on the spinal and sympathetic ganglia of the chick embryo, in Cancer Research, XIV [1954], pp. 49-57). Questi risultati, oltre a confermare il concetto di un fattore di accrescimento nervoso, fornivano una grande opportunita' per lo studio della sua natura chimica, offrendo una quantita' di materiale sperimentale enormemente superiore a quella del tessuto embrionale.
All'inizio del 1953 Hamburger invito' a St. Louis un giovane biochimico, Stanley Cohen, che avrebbe condiviso con Levi-Montalcini il premio Nobel, lui per la scoperta dell'Epidermic Growth Factor (EGF). Cohen era stato segnalato da Arthur Kornberg, premio Nobel nel 1959 per le scoperte sui meccanismi della sintesi biologica dell'acido deossiribonucleico (DNA) e professore nella stessa Universita'. Lo scopo era affidare a un esperto l'identificazione della natura chimica del fattore di accrescimento nervoso, che si rivelo' essere una proteina legata ad acidi nucleici (S. Cohen - R. Levi-Montalcini - V. Hamburger, A nerve growth-stimulating factor isolated from sarcomas 37 and 180, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, XL [1954], pp. 1014-1018).
A questo punto fu necessario separare la frazione proteica da quella nucleica e per far cio', come fece notare Levi-Montalcini nella sua lettura Nobel, "chance, rather than calculated search, signed a new, most fortunate turn of events" (The Nerve growth factor: Thirty-five years later, Nobel lecture, December 8, 1986, p. 354, http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/medicine/laureates/1986/levi-montalcini-lecture.pdf). Fu Kornberg a suggerire di sottoporre la frazione attiva del tumore all'azione del veleno di serpente, che contiene abbondanti quantita' di un enzima, la fosfodiesterasi, capace di degradare la componente nucleica. Dopo il trattamento con il veleno, sorprendentemente, la frazione attiva del tumore induceva un alone ancor piu' ricco di fibre. Inoltre, gli autori osservarono che anche il solo veleno applicato alla coltura di cellule nervose induceva un intenso alone. Dal veleno fu isolata una proteina di peso molecolare 20.000 (S. Cohen - R. Levi-Montalcini, A nerve growth-stimulating factor isolated from snake venom, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, XLII [1956], pp. 571-574). Quando questa proteina fu iniettata nell'embrione di pollo di una settimana per un periodo di 3-5 giorni, essa indusse nei gangli sensoriali e simpatici effetti identici a quelli descritti in precedenza a seguito del trapianto di sarcoma (Id., In vitro and in vivo effects of a nerve growth-stimulating agent isolated from snake venom, ibid., pp. 695-699). Questi esperimenti dimostrarono che il fattore di accrescimento nervoso era presente, in concentrazione 1000 volte superiore, anche nel veleno di serpente. Inoltre si dimostro' che lo stesso fattore, che fu chiamato Nerve Growth Factor o NGF, e' presente anche nelle ghiandole salivari del topo, dal quale Cohen trasse la forma purificata e di cui produsse un anticorpo specifico (S. Cohen, Purification of a nerve-growth promoting protein from the mouse salivary gland and its neuro-cytotoxic antiserum, ibid., XLVI [1960], pp. 302-311). Le ghiandole salivari del topo, soprattutto del maschio, misero a disposizione una sorgente ricca e facilmente reperibile della proteina facilitando le successive ricerche.
Terminata la collaborazione con Cohen nel 1959, Levi-Montalcini, che nel frattempo aveva ottenuto la posizione di full professor, con l'anticorpo specifico capace di neutralizzare l'azione del nuovo fattore apri' una nuova strada per capire meglio la sua funzione biologica con quella che fu definita "la saga del NGF" (R. Levi-Montalcini - B. Booker, Excessive growth of the sympathetic ganglia evoked by a protein isolated from mouse salivary glands, ibid., pp. 373-384). L'iniezione dell'anticorpo in roditori neonati porto' alla soppressione dello sviluppo della catena dei gangli simpatici paravertebrali, una vera immunosimpatectomia (R. Levi-Montalcini, Growth control of nerve cells by a protein factor and its antiserum: discovery of this factor may provide new leads to understanding of some neurogenetic processes, in Science, CXLIII [1964], pp. 105-110) che rappresento' la prima inattivazione di un profilo fenotipico tramite anticorpo (A. Cattaneo, Immunosympathectomy as the first phenotypic knockout with antibodies, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, CX [2013], pp. 4877-4885).
La successiva dimostrazione che il NGF veniva captato dalle terminazioni nervose dei neuroni simpatici e dalle fibre sensitive e trasportato al corpo cellulare dimostro' la sua funzione di messaggero veicolato attraverso le fibre nervose dalle cellule periferiche ai neuroni che le innervavano. Si trattava dunque di una sostanza che le cellule bersaglio inviano per via retrograda lungo le fibre nervose verso il corpo cellulare permettendo la sopravvivenza del neurone stesso. Le fibre nervose che non stabilivano contatti con una cellula bersaglio andavano incontro a degenerazione. Cosi' si appuro' un importante nuovo concetto: durante lo sviluppo del sistema nervoso vengono prodotte cellule nervose in eccesso, ma soltanto quelle che prendono contatto con un'altra cellula e captano un fattore trofico specifico sopravvivono per creare un cervello perfettamente funzionante, mentre circa la meta' muore.
Poco prima della partenza di Cohen, Levi-Montalcini aveva invitato un giovane biochimico italiano, Piero Angeletti, che lavorava alla Medical School della stessa Universita'. La collaborazione si protrasse per dodici anni e avvio' un nuovo programma orientato a scoprire non soltanto la natura del NGF, ma soprattutto la sua origine, il suo significato e il suo meccanismo d'azione.
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Il rientro in Italia
Sempre strettamente legata alla famiglia, Levi-Montalcini non aveva perduto il desiderio di rientrare in Italia e condividere la sua vita con la sorella Paola. Nel 1961 vi trascorse tre mesi per costituire un laboratorio di ricerche a Roma presso l’Istituto superiore di sanita', avendo ottenuto per questo scopo un finanziamento dalla National science foundation statunitense. Nel 1969 il laboratorio fu trasformato nel Centro di ricerche di neurobiologia, creato dal Consiglio nazionale delle ricerche presso lo stesso Istituto superiore di sanita', e Levi-Montalcini ne divenne direttore.
Con il valido aiuto di Angeletti si avvio' una lunga collaborazione con la Washington University. In quel periodo, grazie a un metodo perfezionato dallo stesso Angeletti (R. Levi-Montalcini - P.U. Angeletti, Nerve growth factor, in Physiological Review, XLVIII [1968], pp. 534-569), Ruth Hogue Angeletti e Ralph Bradshaw poterono decifrare la sequenza aminoacidica del NGF che risulto' composto da due subunita' identiche ciascuna di 118 aminoacidi (Nerve growth factor from mouse submaxillary gland: amino acid sequence, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, LXVIII [1971], pp. 2417-2420).
Non soltanto la grande importanza, ma anche l'aspetto pionieristico della scoperta di questo fattore di accrescimento, capace di promuovere la sopravvivenza di una determinata categoria di cellule nervose, risultano dal fatto che sono stati necessari 30 anni per la scoperta di altri fattori di accrescimento nel sistema nervoso, detti neurotrofine, come il Brain Derived Neurotrophic Factor (BDNF), identificato da Yves-Alain Barde nel 1989, e il Glial Derived Neurotrophic Factor (GDNF).
Nel 1979 Levi-Montalcini fu collocata a riposo per limiti di eta', ma pote' continuare le sue ricerche. Dal 1990 al 1995 lavoro' con un contratto di superesperto del CNR. Il NGF non era piu' suo territorio esclusivo e attraeva un vasto interesse a livello internazionale, ma le sue ricerche proseguirono, avvalendosi della collaborazione di molte persone, in particolare Pietro Calissano, Luigi Aloe e successivamente Antonino Cattaneo. Con una lunga serie di esperimenti si chiarirono i meccanismi molecolari dell'azione del NGF e il suo spettro d'azione. In particolare si dimostrarono gli effetti a livello metabolico (P.U. Angeletti - R. Levi-Montalcini - P. Calissano, The nerve growth factor (NGF): chemical properties and metabolic effects, in Advances in enzymology and related areas of molecular biology, XXXI [1968], pp. 51-75) e a livello ultrastrutturale si dimostro' l'azione nell'indurre la crescita di neurotubuli e di neurofilamenti (R. Levi-Montalcini - R. Revoltella - P. Calissano, Microtubule proteins in the nerve growth factor mediated response, in Interaction between the nerve growth factor and its target cells. Recent progress in hormone research, XXX [1974], pp. 635-669). Si comprese inoltre l'importante ruolo del NGF nel sistema immunitario e nel sistema endocrino e si dimostro' il suo coinvolgimento nel comportamento aggressivo, nei processi di memoria e apprendimento, nella fertilita', nel dolore e nella plasticita' del sistema nervoso.
Nel 2004 la Fondazione Santa Lucia di Roma inauguro' nuovi laboratori di ricerca, dove si trasferirono due laboratori del CNR, tra i quali quello precedentemente diretto da Levi-Montalcini. La stessa Fondazione ospito' inoltre il nuovo European Brain Research Institute, da lei fondato e presieduto, offrendo un spazio adeguato e un ambiente ricco di scienziati e di apparecchiature.
Levi-Montalcini frequentava tutti i giorni il laboratorio circondata da giovani ricercatori e con loro discuteva e pianificava progetti. Nel 2012, all'eta' di 103 anni, pubblico' con altri autori una rassegna nella quale fu riassunto il ruolo del NGF sulla funzione delle cellule cromoaffini (Chromaffin cells: the peripheral brain, in Molecular Psychiatry, XVII [2012], pp. 354-358) e un'ultima opera che descrisse come il NGF potrebbe regolare la rotazione assiale dell'embrione di pollo (Nerve growth factor regulates axial rotation during early stages of chick embryo development, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, CIX [2012], pp. 2009-2014).
Mori' il 30 dicembre 2012 nella sua casa di Roma che aveva condiviso con la sorella Paola, defunta nel 2000.
Lascio' un immenso stuolo di ammiratori italiani e stranieri: allievi, collaboratori, grandi personaggi della cultura e della politica e di gente comune. Il feretro fu esposto a Roma e visitato dalle autorita' accademiche e politiche. Al suo funerale, a Torino il 2 gennaio 2013, parteciparono, oltre alle autorita' locali, migliaia di persone non soltanto torinesi. Le sue ceneri sono collocate nella tomba di famiglia progettata dal fratello Gino.
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Il Nobel e gli altri riconoscimenti
Ricevette il premio Nobel per la fisiologia o la medicina, a Stoccolma, il 10 dicembre 1986, con la motivazione: "La scoperta del NGF all'inizio degli anni Cinquanta e' un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell'organismo". Il 25 giugno 1987 alla Casa Bianca di Washington fu insignita della National Medal of Science, con la motivazione: "Per un importante passo avanti in neurobiologia dalla sua scoperta del Nerve Growth Factor e il suo effetto sulla crescita del sistema nervoso simpatico, che pose le basi per studi condotti a livello delle molecole coinvolte nella crescita normale e maligna".
Fu socia di molte accademie e societa' scientifiche nazionali e straniere, tra le quali l'Accademia nazionale dei Lincei, l'Accademia nazionale delle scienze detta dei XL, la Pontificia academia scientiarum, la American academy of arts and sciences e la National academy of sciences degli Stati Uniti, e la Royal society inglese. Tra gli altri riconoscimenti ricevuti, figurano il premio Max Weinstein dalla United cerebral palsy association (1963); il premio Feltrinelli (1969); il William Thomson wakeman award dalla National paraplegia foundation (1974); il Lewis S. Rosentiel award dalla Brandeis University (1982); il Louisa Gross Horwitz Prize della Columbia University (1983); l'Albert Lasker basic medical research award (1986); il Wendell Krieg lifetime achievement award istituito dal Cajal Club (2009).
Le furono conferite molte lauree ad honorem, tra le altre dall'Universita' di Uppsala, dall'Istituto Weizmann (Israele), dalla Saint Mary University (Londra), dalla Constantinian University (USA), dall'Universita' Commerciale Luigi Bocconi, dal Politecnico di Torino e dalle Universita' di Urbino, Bologna, Ferrara, Universita' del Sannio e di Perugia.
Nel 2001 fu nominata senatore a vita dal presidente Carlo Azeglio Ciampi. Durante la legislatura 2006-08 fu presente con continuita' alle sedute del Senato votando sempre a favore del governo Prodi e in alcuni casi il suo voto fu determinante per evitarne la caduta.
Fu presidente dell’Istituto dell'Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani (1993-98) e presidente onorario del Comitato nazionale per la bioetica. Nel 2010 il ministro dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, Mariastella Gelmini, varo' il "Progetto Montalcini" per il rientro in Italia di giovani ricercatori. Le fu conferito il titolo di Grand'Ufficiale dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) e di Dama di Gran Croce dell'Ordine di Isabella la Cattolica (Spagna). In suo onore fu chiamato Levi-Montalcini l'asteroide 9722, scoperto nel 1981.
Da ricordare infine la sua intensa attivita' in campo sociale. Negli anni Settanta appoggio' attivamente la campagna per la regolamentazione dell'aborto. Nel 1992, con la sorella Paola, istitui' in memoria del padre la Fondazione Rita Levi-Montalcini con lo scopo di aiutare giovani donne africane, attraverso l'assegnazione di borse di studio finalizzate alla formazione di dirigenti nella vita scientifica e sociale del proprio paese. Nel 1999 fu nominata ambasciatrice della Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite (FAO) per contribuire alla campagna contro la fame nel mondo.
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Opere
Le principali opere divulgative di Levi-Montalcini sono: ll messaggio nervoso, con P. Angeletti - G. Moruzzi, Milano 1975; Elogio dell'imperfezione, ibid. 1987, 2011, ed. inglese In praise of imperfection: my Life and work, New York 1988; NGF. Apertura di una nuova frontiera nella neurobiologia, Roma-Napoli 1989; Il tuo futuro, Milano 1993; Senz'olio contro vento, ibid. 1996; L'asso nella manica a brandelli, ibid. 1998; La galassia mente, ibid. 1999; Cantico di una vita, ibid. 2000; Un universo inquieto. Vita e opere di Paola Levi Montalcini, ibid. 2001; Tempo di mutamenti, ibid. 2002; Tempo di azione, ibid. 2004; Abbi il coraggio di conoscere, ibid. 2004; Lungo le vie della conoscenza, con G. Tripodi, Brescia 2005; Eva era africana, Roma 2005; I nuovi magellani nell'era digitale, con G. Tripodi, Milano 2006; Tempo di revisione, ibid. 2006; Le tue antenate. Donne pioniere nella societa' e nella scienza dall'antichita' ai giorni nostri, con G. Tripodi - G. Ferri, Roma 2008; La clessidra della vita, con G. Tripodi, Milano 2008; Ritmi d'arte, Brescia 2008; Cronologia di una scoperta, Milano 2009; L'altra parte del mondo, con G. Tripodi, ibid. 2009.
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Fonti e bibliografia
D. Purves - J.R. Sanes, The 1986 Nobel prize in physiology or medicine, in Trends in Neurosciences, X (1987), pp. 231-235; V. Hamburger, The history of the discovery of the nerve growth factor, in Journal of Neurobiology, XXIV (1993), pp. 893-897; M.V. Chao, A conversation with R. L.-M., in Annual Review of Physiology, LXXII (2010), pp. 1-13; M.V. Chao - P. Calissano, R. L.-M.: in memoriam, in Neuron, LXXVII (2013), pp. 385-387; R.A. Bradshaw, R. L.-M. (1909-2012), in Nature, CDXCIII (2013), p. 306. Sulla collaborazione tra Levi-Montalcini e Hamburger: R. Provine, In the trenches with Viktor Hamburger and R. L.-M. (1965-1974): One student's perspective, in International Journal of Developmental Neuroscience, XIX (2001), pp. 143-149; W. Cowan, Viktor Hamburger and R. L.-M.: the path to the discovery of nerve growth factor, in Annual Review of Neuroscience, XXIV (2001), pp. 551-600.
3. SEGNALAZIONI. ALCUNE PUBBLICAZIONI DI E SU MUMIA ABU-JAMAL
- Mumia Abu-Jamal, Death Blossoms. Riflessioni di un prigioniero di coscienza, Edizioni della Battaglia - Massari editore, Palermo-Bolsena (Vt) 1999, pp. 160.
- AA. VV., Mumia Abu-Jamal. L'America dal braccio della morte, Libera Informazione editrice, Roma 1995, pp. 96.
- Edgardo Pellegrini, Un uomo da salvare. La vita di Mumia Abu-Jamal, il giornalista condannato a morte in Pennsylvania, Libera Informazione Editrice, Roma 1995, pp. 32.
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo"
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 11 del 5 marzo 2021
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