[Nonviolenza] Telegrammi. 4034



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4034 del 5 marzo 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
Sommario di questo numero:
1. "Giornalismo ed impegno civile nell'America del secondo Novecento". Un incontro di riflessione a Viterbo con Paolo Arena
2. Verso l'otto marzo
3. Alcuni riferimenti utili
4. Lucia Strappini: Rina Faccio (Sibilla Aleramo)
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
 
1. INCONTRI. "GIORNALISMO ED IMPEGNO CIVILE NELL'AMERICA DEL SECONDO NOVECENTO". UN INCONTRO DI RILESSIONE A VITERBO CON PAOLO ARENA
 
Giovedi' 4 marzo 2021 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" si e' tenuto un incontro di riflessione sul tema: "Giornalismo ed impegno civile nell'America del secondo Novecento".
L'incontro si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dalla normativa vigente per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
*
Una minima notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it
 
2. INIZIATIVE. VERSO L'OTTO MARZO
 
Per l'otto marzo, Giornata internazionale di lotta delle donne per la liberazione dell'umanita' dalla violenza maschilista, ovunque possibile si promuovano iniziative di riflessione e di azione.
 
3. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
 
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
 
4. MAESTRE. LUCIA STRAPPINI: RINA FACCIO (SIBILLA ALERAMO)
[Dal Dizionario biografico degli italiani (1994), nel sito www.treccani.it]
 
Rina (Marta Felicina) Faccio, pseud. Sibilla Aleramo, nacque il 14 ag. 1876 ad Alessandria, primogenita di Ambrogio e Ernesta Cottino, seguita da due sorelle (Cora, Jolanda) e un fratello (Aldo). Dopo un anno dalla nascita della F. il padre, ingegnere, trasferi' la famiglia a Vercelli, dove insegno' chimica, quindi a Milano (1881), per tentare un'attivita' commerciale che non ebbe pero' felici risultati. Qui la F. frequento' le scuole elementari, interrompendo gli studi quando si realizzo' (1888) un nuovo trasferimento a Porto Civitanova Marche, sede di uno stabilimento industriale (di proprieta' del marchese Sesto Ciccolini di Macerata), del quale era stata offerta al padre la direzione. Fu lui a spingere la figlia, vivace ed esuberante, ad accettare un impiego come contabile presso la stessa fabbrica, lavoro che la F. ricopri' con entusiasmo, soprattutto per amore del padre al quale era legata da profondo affetto e sconfinata ammirazione.
I tratti salienti della "educazione sentimentale" della F. sono delineati nel suo libro piu' celebre, Una donna, a cominciare dalla fisionomia intellettuale e morale dei genitori: il padre "scienziato ed ateo" che "aveva ereditato da mio nonno, mazziniano, alcuni concetti morali, sincerita', lealta', onesta', liberta', quelli che oggi si chiamano ideologie ottocentesche. E ad essi uniformava rigidamente la propria esistenza" (Un amore insolito; p. 43); la madre, temperamento debole, ipersensibile e malinconico, con la quale la figlia non riusci' mai, rammaricandosene, a consolidare un vero legame affettivo (Una donna, p. 22), anche quando si manifestarono i primi segni di crisi che la condussero a un tentativo di suicidio (1889) e quindi alla caduta progressiva nella malattia mentale, con ricovero nel manicomio di Macerata, da cui non usci' piu' fino alla morte (1917).
Quando la F. aveva quindici anni, contemporaneamente all'accentuarsi della crisi dei rapporti tra i genitori, si verifico' il fatto che impresse il segno indelebile alla sua esistenza, ossia la seduzione ad opera di un impiegato della fabbrica, Ulderico Pierangeli, e conseguente matrimonio riparatore (1893).
La ricostruzione autobiografica di Una donna indugia, nella parte centrale, su questa vicenda, sull'interruzione violenta e definitiva della sua adolescenza, sull'andamento oppressivo e frustrante del rapporto coniugale, sulla meschinita' e lo squallore della vita impostale dal marito, condotta peraltro nell'ambiente sociale e culturale della cittadina, percepito dalla protagonista come una cappa soffocante e opprimente di provincialismo e di grettezza; fino, poi, all'illusione di liberazione maturata in seguito alla nascita del figlio (1895) e alla gioia della maternita', anch'essa ben presto rivelatasi non sufficiente a compensare la repulsione per l'esistenza trascinata. Dopo un tentativo di suicidio, si cominciarono a concretizzare le vaghe aspirazioni umanitarie e socialistiche che si erano gia' delineate negli anni precedenti; ma fu soprattutto nella lettura e nei primi abbozzi di scrittura che si riversarono le energie compresse della Faccio. Comincio' dunque a scrivere racconti (inediti) e articoli pubblicati sulla Gazzetta letteraria e L'Indipendente di Trieste, a collaborare a Vita moderna, giornale femminista, e Vita internazionale, quindicinale politico-culturale sul quale comparivano molte firme rappresentative del positivismo italiano di quegli anni (E. Morselli, C. Lombroso, G. Ferrero, M. Nordau, G. Sergi) e quelle di scrittori come E. De Marchi, A. Negri, Neera (Anna Radius Zuccari), ecc. Sono gli anni dell'impegno femminista militante della F. che coprono il periodo 1898-1910, dal quale prendera', poi, decisamente le distanze.
In una prosa datata in calce 1911 (Apologia dello spirito femminile, compresa nel volume Andando e stando) ella scriveva: "Il femminismo, movimento sociale, e' stato una breve avventura, eroica all'inizio, grottesca sul finire, un'avventura da adolescenti, inevitabile ed ormai superata" (p. 64). L'istanza femministica si era spostata ora per la F. sul versante letterario e spirituale, nella rivendicazione della "diversita'" femminile e della necessita' della "libera estrinsecazione dell'energia femminile" (ibid.). "Se siamo persuasi d'una profonda differenziazione spirituale fra l'uomo e la donna dobbiamo persuaderci che essa implica una profonda diversita' espressiva... Il mondo femmineo dell'intuizione, questo piu' rapido contatto dello spirito umano con l'universale, se la donna perverra' a renderlo, sara', certo, con movenze nuove, con scatti, con brividi, con pause, con trapassi, con vortici sconosciuti alla poesia maschile" (pp. 65 s.; un brano ripetuto con minime varianti in una conferenza tenuta in Grecia nel 1937 con il titolo Spiritualita' femminile). Negli anni del suo apprendistato, tuttavia, la F. era stata attiva nel movimento per l'emancipazione della donna, collaborando a riviste e giornali, tentando la costituzione di sezioni del movimento nelle Marche e partecipando alle campagne piu' significative, su questo terreno, come quelle per il voto alle donne e per la pace, contro l'alcoolismo, la prostituzione, la tratta delle bianche (articoli raccolti, postumi, in La donna e il femminismo 1897-1910, Roma 1978).Nel 1899 si era trasferita a Milano con il marito, licenziato dal suo impiego e impegnato nell'avvio di un'attivita' commerciale che non dette i risultati sperati; la F. aveva accolto l'offerta di dirigere L'Italia femminile, un settimanale, fondato dalla socialista Emilia Mariani, a cui gia' aveva collaborato. Nei pochi mesi della sua direzione (novembre 1899 - gennaio 1900), impresse alla rivista un carattere piu' marcatamente politico e d'attualita', firmando una rubrica In salotto in cui, in forma di colloquio con le lettrici, interveniva sulle questioni piu' dibattute.
In questo periodo iniziarono a collaborare alla rivista, per sua iniziativa, A. Ferrero, Maria Montessori, P. Schiff, P. Mantegazza, G. Cena, F. Damiani, Matilde Serao, Ada Negri. Entro' anche in contatto con gli esponenti del socialismo milanese (F. Turati, C. Treves, Anna Kuliscioff) e con molte militanti di spicco del movimento femminista tra le quali emerge, per l'influenza che esercito' su di lei, Alessandrina Ravizza, ricordata in seguito in Una donna e in un profilo pubblicato nel volume Andando e stando.
Il soggiorno milanese si interruppe in seguito al rientro a Porto Civitanova, dove al marito era stato offerta la direzione della fabbrica gia' tenuta dal padre della F., costretto alle dimissioni per l'incapacita' di governare le rivendicazioni operaie; contemporaneamente il dissenso con l'editore dell'Italia femminile, Lamberto Mondaini, l'aveva spinta ad abbandonare la direzione della rivista, senza peraltro farle trascurare l'attivita' giornalistica che, anzi, in questo periodo si intensifico' ulteriormente. Avvertito ormai irrimediabilmente soffocante il clima della cittadina e della vita coniugale, la F., che si era intanto legata al poeta F. Damiani, maturo' la decisione di abbandonare la famiglia per trasferirsi a Roma (febbraio 1902), dove stabili' un nuovo rapporto con G. Cena, direttore della Nuova Antologia e attivo animatore di iniziative democratiche e umanitarie.
Nel periodo della convivenza con il Cena la F., che pubblico' tra l'altro recensioni sulla Nuova Antologia con lo pseudonimo Nemi, entro' in contatto con l'ambiente intellettuale ed artistico della capitale (A. Panzini, Grazia Deledda, L. Pirandello. G. Salvemini, M. Gor'kij, G. Balla, U. Ojetti, S. Benelli, A. Conti, ecc.). Su consiglio del medesimo Cena, comincio' (1902) a rielaborare ed esporre in forma autobiografica la sua storia dalla prima infanzia fino alla scelta dell'abbandono del marito e del figlio, scelta sofferta e tormentata ma sostenuta dalla consapevolezza della inutilita' individuale e sociale di una dimensione di vita basata sulla rinuncia e sul sacrificio di se'. Una donna usci' nel 1906 (Roma-Torino; ristampato piu' volte fino alla XVII ed. del 1986, Milano) e ottenne subito grande successo in mezzo a molte polemiche che attraversarono anche il movimento femminista.
Tra le recensioni piu' interessanti si possono ricordare quelle di Ojetti, Pirandello, A. Graf, Lombroso, M. Bontempelli che, pure nella diversita' di posizioni e di valutazioni, espressero generale apprezzamento per l'opera e per la sua autrice. Valga per tutti questo giudizio del Bontempelli (su Il Grido del popolo, 29 dic. 1907): "Qualunque convinzione taluno possa essersi fatto sulla indifferenza, necessaria all'arte, cade di fronte alla sincerita' grande dell'autrice, sincerita' che subito si rivela, e diviene tosto un elemento di vitalita' estetica e la traduce in espressione viva". L'insistenza sulla sincerita' e la vitalita' e' rimasto uno dei fili conduttori nella valutazione dell'opera, di cui fu colta fin dall'inizio, e a ragione, la capacita', del tutto inedita per la cultura italiana (ma anche nella cornice europea), di far scattare dalla narrazione autobiografica di una specifica storia individuale la molla di considerazioni e riflessioni, ad essa strettamente connesse, su aspetti dolorosamente tipici della condizione femminile.
Se si pensa che, negli anni dell'apparizione del libro, la vita e la cultura letteraria italiana erano gia' dominate dalla figura di D'Annunzio e da quel suo modo di intendere e fare letteratura che Croce aveva collocato sotto l'insegna della "insincerita'", si puo' ben capire la distanza ancora grandissima che separava la F. dai gusti e dalle mode della societa' letteraria, quegli stessi gusti che scoprira' qualche anno piu' tardi, insieme con la frequentazione assidua della stessa elite mondano-letteraria che piu' ne apprezzo', in Italia e a Parigi, la nuova espressivita'.
In Una donna siamo ancora in una cultura intrisa di positivismo e di ideologie socialiste, umanitarie, femministe; qui ancora opera il modello che tanto aveva colpito la protagonista di Una donna, quello di Nora della ibseniana Casa di bambola, a cui si sovrapporranno poi molti altri richiami e suggestioni, a cominciare proprio da quella dannunziana. L'originalita' del romanzo sta nell'aver saputo l'autrice rendere con efficacia, in modo asciutto ed essenziale, il percorso sentimentale ed intellettuale, difficile e tormentato, compiuto dalla protagonista per liberarsi da un giogo di umiliazione e di sopraffazione. Ma l'attenzione e', gia' qui, tutta rivolta al processo di riflessione e di autoriflessione, ai dolorosi passaggi attraverso i quali si va realizzando la scelta liberatoria. E' assente qualunque istanza ideologica profondamente introiettata, e anche quando appaiono i segni esteriori del movimento socialista, delle battaglie femministe e progressiste, il lettore e' portato pur sempre ad incontrarsi con i sensi piu' intimi e riposti di un'individualita' sofferente, concentrata su se stessa e sui propri moti di reazione e di azione. L'io narrante di Una donna sostanzia la memoria dei fatti, dei sentimenti e delle sensazioni con la coscienza, prima, di se stessa e della propria dignita' ("Nulla piu' mi veniva nascosto da veli fallaci. Umiliandomi, io non potevo neppure avere il conforto di scusare chi mi opprimeva. Nulla stava sopra di me, condannata a camminare curva", p. 101); poi, di dover operare la scelta giusta e necessaria per affermarsi compiutamente e autonomamente. Una delle ultime frasi del romanzo e': "In cielo e in terra, un perenne passaggio. E tutto si sovrappone, si confonde, e una cosa sola, su tutto splende: la pace mia interiore, la mia sensazione costante d'essere nell'ordine, di potere in qualunque istante chiudere senza rimorso gli occhi per l'ultima volta. In pace con me stessa" (p. 202). Traspaiono anche qui, nella prima prova letteraria della F., i modi e le attitudini liricheggianti e a volte enfatici che nelle opere successive diventeranno spesso soverchianti. Ma il tono e' in generale distaccato e oggettivo, quasi freddo, cosi' come le figure che compaiono a popolare la storia, figure rilevate nei loro specifici tratti individuali, mai deformati dalla soggettivita' sentimentale della narratrice, ne' conformati a stereotipi letterari. Tanto questa tonalita' realistica, documentaria per molti versi, risulta isolata nella produzione della F. che, molti anni piu' tardi, rievocando nel Passaggio, suo secondo romanzo, tutto intriso di lirismo, l'esperienza dell'esordio letterario, cosi' lo avverte: "povero umile attestato di resistenza umana; cosa rigida, senza benedizione, senza sorridente divinita'" (p. 88).
Certo e' che sullo stile e sulla struttura dell'opera esercito' una certa influenza il Cena, che aveva pubblicato da poco un romanzo Gli ammonitori (Roma 1904) che presenta qualche affinita' tematica con Una donna e che, ci informa la stessa F., intervenne a correggere il manoscritto: "Asporto' egli dal mio libro le pagine dove io diceva il mio amore per Felice. Ed io lasciai amputare cosi' quello che voleva, che gridava essere opera di verita'. Come un altro qualunque dei tagli operati sul manoscritto, come su un qualunque lavoro letterario. Uncino' i margini con parole sue" (Il passaggio, p. 90). Del resto era stato lo stesso Cena a imporle il nome Sibilla (le dedico' con questo nome un sonetto, pubblicato in Homo, Roma 1907) che con il cognome Aleramo (tratto da una poesia del Carducci, Piemonte, in cui e' evocata la contesa tra le famiglie Savoia e Aleramo attorno all'anno 1000) si trasformo' da pseudonimo, com'era inizialmente (adottato tra l'altro per sfuggire alle pretese anche legali del marito), in un vero e proprio nome.
Tuttavia, al di la' di influenze tutto sommato esteriori, Una donna rappresenta un concentrato di tutti i modi, positivi e negativi, che la F. modulera' in forme diverse nel corso della sua carriera letteraria; a cominciare naturalmente dall'autobiografismo, intriso di una carica di autocontemplazione vivamente operante, che rimarra' cifra costante di ogni suo testo, poetico, narrativo e saggistico, e che qui trova il suo momento espressivo piu' felice. Ma ancora temi e motivi cari alla F. sono gia' qui presenti: la profonda vitalita' a cui e' informata ogni scelta di vita, la tensione costante verso il sapere, verso la letteratura e i suoi cultori, la assoluta predilezione per la giovinezza. Accanto ai temi alcuni tratti espressivi che qui, si e' detto, sono uniformati a una tonalita' di narrazione dolorosa, tesa ma per lo piu' pacata, sfociando tuttavia a tratti in una sorta di autoesaltazione, di concitazione verbale e declamatoria che smorza, anziche' accentuare, i passaggi drammatici del racconto. Il grande successo di Una donna, dovuto naturalmente anche all'alone scandaloso da cui era (e rimase) circondata la autrice-protagonista, e' testimoniato efficacemente, oltre che dalla numerosissime recensioni che ottenne in Italia, da un'altrettanto fervida accoglienza riservata al libro quando, negli anni immediatamente successivi, fu pubblicato all'estero (1907 in Spagna, 1908 in Francia, negli Stati Uniti, in Svezia, in Germania, in Inghilterra; quindi Russia, Olanda, Polonia, ecc.).
Anche sull'onda di questo successo la F. intensifico' il suo impegno nel movimento femminista e nelle iniziative umanitarie, dalla creazione delle scuole nell'Agro romano, insieme al Cena e ai coniugi Celli, alla partecipazione al Comitato per promuovere l'istruzione nel Mezzogiorno, sorto in seguito ai disastri provocati dal terremoto del 1908 in Calabria e in Sicilia. Fu presente al I congresso femminile nazionale indetto dal Consiglio nazionale delle donne italiane. Prosegui' l'attivita' giornalistica pubblicando sulla Tribuna diversi articoli concernenti il movimento femminista, collaborando al Resto del carlino (dal 1912), al Marzocco (dallo stesso anno) e alla Grande Illustrazione (dal 1913) che, di fatto, diresse tra il gennaio 1914 e l'aprile '15. Sempre curiosa e attenta alle figure e alle manifestazioni intellettuali e culturali di rilievo, quando era a Firenze entro' in contatto con l'ambiente della Voce (1910), conobbe E. Cecchi, con il quale manterra' una lunga amicizia nonostante le riserve anche pubbliche che il critico aveva espresso su alcune sue opere; a Milano, conosciuto nel 1913 F. T. Marinetti, dichiaro' la propria simpatia per il futurismo: sempre nel '13, a Parigi, incontro' per la prima volta il D'Annunzio e rimase affascinata (come racconto' anni dopo in Andando e stando) dalla sua persona come gia' lo era dalla sua opera: continuo' a scrivergli spesso, inviandogli anche tutte le sue opere con dedica.
Alla relazione con il Cena seguirono legami piu' o meno lunghi nel tempo, molti dei quali intrecciati con intellettuali e artisti attivi nella cultura italiana di quegli anni. Tra gli altri: G. Papini, U. Boccioni. G. Boine, V. Cardarelli, M. Cascella, C . Rebora, R. Franchi; particolarmente intensa e drammatica la relazione con Dino Campana, iniziata nel '16 e conclusa nel gennaio '18 quando il poeta verra' ricoverato al manicomio di Castel Pulci, dove rimase fino alla morte (1932). Altri amori occuperanno la F. negli anni successivi (C. Sforza, G. Parise, E. Emanuelli, S. Quasimodo, ecc.) fino al rapporto piu' duraturo, ma molto tormentato anch'esso, con il giovanissimo Franco Matacotta, a cui rimarra' legata dal '36 al '46.
Molte di queste figure furono ridisegnate dalla F. nelle sue opere, nelle poesie come nei romanzi, ma sempre come proiezioni del duplice impulso che la governava: la convinzione, non solo teorizzata ma attivamente praticata, della unione inscindibile tra vita e letteratura e, insieme, la ribadita centralita' di se stessa, del proprio vissuto autobiografico come nucleo significante delle diverse sue esperienze umane e letterarie. La figura intellettuale della F. e' stata sempre inestricabilmente connessa con la sua immagine privata, da lei medesima pubblicizzata, coprendo un ruolo, in questa doppia veste, del tutto singolare e inedito nella societa' della mondanita' letteraria italiana, in particolare nel periodo tra le due guerre. In tutti questi anni (fino al '26 quando si stabili' definitivamente a Roma) visse spostandosi continuamente tra l'Italia (torno' in piu' occasioni a Milano, ma soggiorno' anche a Roma, Firenze, Napoli, ecc.) e Parigi, dove si reco' la prima volta, tra il novembre 1913 e l'aprile 1914, ospite della scrittrice Aurel (Aurore Mortier) tramite la quale conobbe molti degli intellettuali piu' in vista della comunita' parigina (tra gli altri G. Apollinaire, Ch-P. Peguy, Colette, R. Rolland, B. Cremieux, A. Rodin, A. France), stabilendo spesso intensi rapporti epistolari, cosi' come avveniva con diversi letterati italiani (A. Panzini, G. Prezzolini, M. Moretti, P. M. Rosso di San Secondo, S. Slataper, ecc. oltre a quelli citati sopra).
Nel 1929 venne pubblicato il secondo romanzo della F., Il passaggio (Milano; ed. piu' recente, ibid. 1985), che aveva iniziato a scrivere nel 1912, durante un soggiorno in Corsica, da cui ebbe inizio la sua "terza vita" (Gioie d'occasione, p. 13), insieme con le prime poesie, pubblicate in parte su La Grande Illustrazione tra il 1914 e il '15.
E' un romanzo anche questo di impianto autobiografico che ritorna su alcune vicende gia' raccontate in Una donna (l'abbandono della famiglia, il rapporto con Damiani e Cena, ecc.) e prosegue poi nella narrazione delle successive esperienze amorose (con Lina Poletti, Cardarelli, Papini, Boccioni, Boine, Campana), ma la distanza dal primo romanzo e' molto grande ed e' dovuta all'andamento propriamente lirico del procedimento ("autobiografia lirica" l'ha definita R. Guerricchio, p. 193) che allude a fatti e persone, ma solo come pretesto per esprimere le piu' profonde sensazioni e percezioni della narratrice ("pagine immolatrici, pagine di lucido delirio" scrisse la F. nel 1947 in Amo dunque sono, p. 120).
L'ottica e' decisamente schiacciata sull'io liricizzante che percorre attraverso cose ed eventi un cammino fatto di moti dell'animo e riflessi dello spirito ("Nelle acque ferme laggiu' tra i giunchi, le stelle riposano. / Perche' debbo crederti, o mio fedele? / Tu che delle inutili domande tanto ripetute fra i singhiozzi facevi entro il mio petto improvvisi guizzi di melodia... / E' l'ora mistica, o mio fedele, ferma come le acque la' tra i giunchi dove le stelle riposano", pp. 2 s.). Gli incontri, i rapporti con la natura e con gli uomini sono al centro del dipanarsi della narrazione che procede attraverso illuminazioni e meditazioni che rimandano sempre al suo senso della vita: "Ho contemplato l'agitato mistero del mio spirito, e il lucido aspetto dell'universo. Uomini e donne sono sul mio cammino perch'io li ami. Li amo, li sento vivere, la loro vita si aggiunge alla mia. Che cosa io sarei senza questi incontri, senza le strade che ho percorso?" (p. 15). La scelta della "prosa lirica" corrisponde esattamente alle istanze espressive della F., che affida al linguaggio elaborato e, a volte, concitato la vicenda del passaggio appunto da una vita ad un'altra; segnata questa dalla scoperta dell'amore come "ragione della mia esistenza e quella del mondo" (p. 39), un amore cantato nella dimensione spirituale come in quella fisica (come nelle poesie di Momenti): "Squillanti incontri di bei volti maschi, ferma bellezza di fisionomie imprevedute, sussulto segreto all'istantaneo avvertimento del desiderio virile, sussulto cosi' simile al brivido mortale della volutta', istinto di fuga, ansito d'esser rincorsa, stupita violenza di magia, uomo e donna, piante di foresta a un sol vento sorprese e squassate" (p. 176).
Quasi unanimemente negativo fu il giudizio della critica su questa opera della F., che ne rimase profondamente colpita e ancora a distanza di molti anni lamentava tanta ostilita', confermando di considerare Il passaggio il suo lavoro migliore. Indubbiamente qui si esprime la distanza realizzata dall'autrice di Una donna, la femminista militante, la progressista battagliera, la narratrice essenziale e oggettiva, rispetto a questa nuova scrittrice che riflette perfettamente il percorso realizzato nella variazione di segno della sua immaginazione intellettuale e letteraria. E' evidente l'influenza dannunziana nell'artificiosita' del linguaggio, nella ricercatezza del lessico e della struttura verbale, un'influenza molto piu' decisa di quell'ascendenza vociana che qualcuno ha voluto riconoscere; ma cio' che conta di piu' e' che in questo libro si delinea compiutamente la nuova fisionomia della F., i cui tratti permarranno pressoche' immutati nei decenni successivi. "Certo, io non sono quella che si chiamerebbe 'narratrice nata'. Sono irrimediabilmente lirica. Soltanto in Una donna, quando il gorgo lirico ancora in me non s'era sciolto, potei raccontare, e anche li' quel che c'e' di meglio non e' l'esposizione della vicenda, ma il riflesso di essa sull'anima dell'autrice" (dal Diario di una donna, p. 273).
Su questo registro lirico si dispone dunque generalmente, quando non faccia prevalere l'istanza retorica, artificiosa, soverchiante ogni altro modo di espressione. E' il caso quest'ultimo di Trasfigurazione, pubblicata a Firenze in volume nel 1922 (poi Roma 1987; usciva lo stesso anno in francese, in appendice alla traduzione del Passaggio), ma gia' comparsa su La Grande Illustrazione nell'ottobre 1914.
Si tratta di una "lettera non spedita", indirizzata alla moglie di Papini per convincerla della necessita' di non ostacolare la relazione iniziata tra il marito e la stessa Faccio. A uno di quei casi in cui "scarsamente sviluppata e' la componente lirica e prevale quella pesantemente retorica, persuasiva che ingenera spesso fastidio e qualche perplessita' sulla sincerita' di alcune dichiarazioni" (Pozzato, p. 80).
Di genere diverso le prose raccolte in Andando e stando (Firenze 1920, pubbl. insieme alla ristampa di Una donna e de Il passaggio). Il volume raccoglie diversi pezzi gia' comparsi sui giornali tra il 1911 e il '20; mantenendo lo stesso titolo ne usci' una ristampa nel 1942 (Milano), che aggiungeva parecchi altri scritti gia' apparsi sulla stampa in quegli anni: sono ritratti (A. Ravizza, S. Slataper, G. Pezzana, D'Annunzio, ecc.), recensioni, interventi ideologici (come Apologia dello spirito femminile, cit.), note di viaggio.
E. Cecchi, che aveva stroncato Il passaggio ("un po' di Ibsen e un po' di Nietzsche capiti male", in La Tribuna, 27 genn. 1921, p. 3), giudico' quella di questi brani "la vostra prosa piu' bella" (lett. del 31 dic. 1920 in Sibilla Aleramo e il suo tempo, a cura di B. Conti - A. Morino, Milano 1981, p. 168), auspicando che continuasse su questa strada, a suo parere la piu' congeniale, come ebbe a ripetere anche in seguito.
Nello stesso anno e presso lo stesso editore (Bemporad) usciva il primo volume di poesie, Momenti, aperto dalla lirica Ritmo gia' compresa nel Passaggio, indizio scoperto di un rapporto molto stretto tra i due testi; a conferma di quel "lirismo della prosa, prosaicita' della lirica" (M. Federzoni, p. 89) che pare "la chiave stilistica della maggior parte dell'opera della F. e il fondamento linguistico del suo 'tono medio'" (ibid.) che poggia, qui, innanzitutto sulla scelta della "libera versificazione" (Gioie d'occasione, p. 324). Una scelta praticata senza alcuna intenzione di innovazione letteraria, ma piuttosto come forma squisitamente soggettiva di dar conto di se stessa e della propria interiorita', qualche volta con una certa felicita' di risultato, piu' spesso ferma a una elaborazione troppo scarsa dei materiali tematici e linguistici, sempre comunque sotto il segno chiaramente avvertibile dell'impronta dannunziana, del "D'Annunzio piu' facile e orecchiabile, fuori da magnificenze verbali come da magie compositive" (Guericchio, p. 217). La medesima ascendenza si avverte nel poema drammatico in tre atti Endimione (rappr. il 9 marzo 1923 a Parigi, il 6 giugno 1924 al teatro Carignano di Torino e pubbl. in volume Roma 1923), nel quale la F. traveste con figure ed evocazioni mitiche la relazione intrecciata con il giovane Tullio Bozza, tra il 1920 e il '22, a Napoli, e troncata tragicamente dalla morte di lui. Il debito nei confronti del D'Annunzio e' dichiarato dalla stessa autrice nella dedica dell'opera al poeta.
Nonostante il successo riscosso a Parigi, Endimione fu stroncato in Italia dal pubblico e da buona parte della critica, che avverti' la patina di artificioso estetismo stesa su una composizione pretenziosa e priva di senso drammatico, orientata piuttosto verso la celebrazione liricheggiante e misterica dell'amore come manifestazione preziosa degli esseri eccezionali che governano la vicenda. Altre liriche furono raccolte nel volume Poesie (1912-28), edito a Milano nel 1929, che comprende tutte quelle di Momenti (meno una) ed altre successive, ancora sulla linea dell'autobiografia lirica gia' praticata, in poesia come in prosa, ma con una maggiore tenuta del registro stilistico che andava affinandosi, rafforzando quel tipico sentimento della vita che sosteneva il suo fare letterario "Poemi che non scrissi ma vissi. / Fremiti che lasciai innotati, / ed oggi, son dieci son vent'anni, / e' immisurata teoria di tempo, / tornano ad illuminar rapidi di se' / una pagina una riga un accento / dell'unico mio volume!"). Segui' Si' alla terra. Nuove poesie 1928-34 (Milano 1935), ritenuto in genere dalla critica la sua prova piu' matura sul terreno poetico, in cui tornano temi e motivi gia' tratteggiati, qui composti in una cornice intellettuale e letteraria piu' meditata e assorta, senza che mutino sostanzialmente le corde della sua espressivita'. Selva d'amore (Milano 1947, nella collana "I poeti dello Specchio", rist. Roma 1980) propone di nuovo le liriche di Momenti (meno due) e di Si' alla terra (meno otto) con l'aggiunta di inediti e di una sezione nuova di poesie dedicate a Matacotta, scritte tra il 1936 e il '42.
Il titolo e' pensato per alludere al "senso classico di raccolta ma anche di bosco e di labirinto" e "riassume tre decenni di quel mio andar per il mondo, in cio' che ebbe di piu' intenso e insieme di piu' lieve, in cio' che divenne aereo, o per lo meno aspiro' col mezzo del verso a divenirlo, a riscatto d'ogni terrestre gravame" (Gioie d'occasione e altre ancora, p. 326). Fu l'occasione anche per la critica di fare il punto su una poetessa che, come scrisse il Cecchi, era rimasta sostanzialmente estranea ai "cambiamenti e rinnovamenti stilistici e tecnici, intervenuti con tanta abbondanza durante il secolo" (Di giorno in giorno, p. 65).
Un qualche spostamento tematico e stilistico impronta invece le composizioni poetiche di Aiutatemi a dire. Nuove poesie 1948-51 (Roma 1951), orientate dall'adesione nel dopoguerra al Partito comunista italiano e ispirate alla sensibilita' sociale e politica sollecitata da questo nuovo impegno, che viene reso con la consueta entusiasta carica vitalistica e con modi, per lo piu', enfatici ed oratori. Altre poesie, su questa linea, furono pubblicate nel volume Russia alto paese (Roma 1953), che comprende anche prose, scritte le une e le altre dopo un viaggio in Unione Sovietica. Nel 1956 con il titolo Luci della mia sera. Poesie (1941-46) vennero riproposte (con la pref. di S. Solmi; Roma) le poesie dell'esperienza russa, quelle di Aiutatemi a dire e altre divise in due sezioni, 1941-50 la prima, 1952-56 l'altra.
Sul versante narrativo a Il passaggio erano seguiti nel 1927 Amo dunque sono (Milano) e nel 1932 Il frustino (Verona). Il primo racconta la storia dell'amore tra la protagonista e "Luciano" (G. Parise), attraverso le lettere, non spedite, che gli aveva scritto durante il mese in cui, per volonta' di lui, erano stati separati. A giudizio di P. Pancrazi (Corriere della sera, 19 apr. 1927). "troppi e contrastanti elementi ella ha voluto riunire e fondere: un epistolario d'amore, un diario di vita, una polemica letteraria. Non c'e' fuoco di crogiolo che basti a tanta fusione". Si possono aggiungere le annotazioni da taccuino su personaggi e situazioni della piu' nota societa' intellettuale che la F. ben conosceva, per avere un'idea del libro e della sua sostanziale incapacita' di rendere, come l'autrice avrebbe voluto, la "sincerita'" di un brano di vita raccontato senza mediazioni ("l'unica mia opera di getto", Diario di una donna, p. 353) e senza infingimenti. Di carattere ancora piu' marcatamente autobiografico Il frustino che la F. riteneva "una delle mie opere piu' significative, piu' rivelatrici di alcuni lati della mia biografia, sebbene io appaia li' sotto le spoglie di Caris di Rosia" (Diario di una donna, p. 262).
E' la storia della sua relazione con Boine in cui compaiono le altre figure che avevano popolato quella vicenda diciotto anni prima (Rebora, Parise, Cascella), restituite come sempre sotto il segno dell'"autocelebrazione" (Pozzato, p. 80): "in nessun altro, certo, ho rivelato l'alta e tragica realta' della mia sorte di donna-poeta" (Diario di una donna, p. 431), della concentrazione su se stessa, in una costruzione narrativa che, pure concedendo molto alla propensione per la "bella pagina" alla maniera della prosa d'arte, riesce piu' convincente delle sue altre prove romanzesche, dopo Una donna.
Com'e' testimoniato da molti passi di Amo dunque sono (e naturalmente dai Diari), era gia' iniziata da anni per la F. una stagione che duro' poi, piu' o meno, per tutta la sua vita, di difficolta' finanziarie e di ricerca continua di mezzi di sostentamento. Dal 1921 comincio' a collaborare al Tempo con Note di taccuino (raccolte poi in Gioie d'occasione), dal '25 alla Fiera letteraria, al Giornale d'Italia e L'Italia che scrive; tento' a lungo di farsi accettare al Corriere della sera, sollecitando presentazioni e raccomandazioni, ma la sua adesione al manifesto degli intellettuali antifascisti del 1925 (che aveva firmato su richiesta di Giovanni Amendola e A. Tilgher) le precludeva quella e altre vie di lavoro, a maggior ragione quando ebbe a subire l'arresto e il fermo (una giornata), in seguito all'attentato contro Mussolini di T. Zaniboni che aveva frequentato assiduamente proprio in quel periodo. Spinta dalla necessita', si rivolse per iscritto allo stesso Mussolini ('28) chiedendogli un colloquio (raccontato poi in Un amore insolito, pp. 213-15), ottenuto il quale, ricevette un sussidio che le venne rinnovato periodicamente durante il ventennio. Ricevette nel 1929 anche un premio di L. 50.000 per il volume Poesie dall'Accademia d'Italia, su proposta dell'accademico Arturo Farinelli; allargo' la cerchia delle collaborazioni giornalistiche a Novelle ottocentesche, Il Piccolo, Il Popolo di Roma, Pegaso.
Nel 1933 si iscrisse all'Associazione nazionale fascista donne artiste e laureate; nello stesso anno ottenne il premio Latinite' per il volume Gioie d'occasione, appena pubblicato in Francia e uscito in Italia tre anni prima (Milano 1930), un libro che comprendeva le Note di taccuino, gia' citate, ossia appunti e schizzi su personaggi conosciuti e apprezzati (Eleonora Duse, A. France, A. Onofri, M. Gorkij, V. Larbaud ecc.) e altri scritti occasionali che prendevano spunto da luoghi, persone e avvenimenti che in qualche modo avevano suscitato l'interesse della F., dalle letture dell'infanzia e della giovinezza alle esperienze letterarie, agli incontri, alle suggestioni della natura e degli uomini. Ad una linea molto simile di frammenti della memoria autobiografica rifratti su luoghi e persone sono riconducibili i brani di Orsa minore. Note di taccuino (Milano 1938), "parole appuntate rapidamente, piu' che altro pro-memoria, nel sottinteso, spesso, d'ulteriori sviluppi" (p. 13). Con una operazione analoga a quella di Selva d'amore, realizzo', nel 1954, una selezione e una raccolta delle prose dei volumi precedenti che sotto il titolo Gioie d'occasione e altre ancora (Milano) riproponeva la tipica scrittura occasionale della F., le annotazioni e gli spunti con cui aveva fissato un percorso di memorie di molti decenni.
Le difficolta' economiche divennero sempre piu' pressanti negli anni della guerra, nonostante continuasse a ricevere dal governo un sussidio mensile. Finita la guerra, si iscrisse, nel 1946, al PCI ("tutta la mia opera di quarant'anni e' stata ispirata dalla fede in un piu' giusto e piu' umano avvenire della nostra specie... Ed io, poeta e donna, desidero di fare parte di questa grande comunita', che mi conferma la mia visione antica di un mondo in cui ogni persona viva e operosa sara' in grado di sentire l'esistenza e lo stesso lavoro sotto specie di poesia", Diario di una donna, pp. 74 s.).
Inizio' cosi' una intensissima attivita' di conferenze, letture di poesie, congressi, articoli pubblicati soprattutto sugli organi di stampa comunisti; molti di questi ultimi usciti sull'Unita' e Noi donne furono riproposti in Il mondo e' adolescente (Milano 1949), dove esprimeva la sua fiducia e il suo impegno per il miglioramento delle sorti dell'umanita'. Nel 1948 aveva vinto il premio Versilia per la poesia; continuo' l'impegno politico e propagandistico affiancato costantemente dalla cura dei Diari, usciti postumi con il titolo Diario di una donna. Inediti 1945-60 (Milano 1978) e Un amore insolito. Diario 1940-44 (Milano 1979). Ella stessa aveva pubblicato a Roma nel 1945 una scelta Dal mio diario (1940-44), che e', come gli altri due, una fonte preziosa di notizie, ma soprattutto permette di cogliere di lei aspetti, toni, riflessioni e giudizi che si sovrappongono, quando non si oppongono, all'immagine di se' che ha voluto dare nelle opere piu' letterariamente costruite.
La F. mori' a Roma il 13 genn. 1960 dopo una lunga malattia.
*
Fonti e bibliografia: Roma, Fondazione A. Gramsci, Fondo Aleramo; S. Slataper, Lettere a S. Aleramo, in Epistolario, a cura di G. Stuparich, Milano 1950, ad Indicem; D. Campana - S. Aleramo, Lettere, a cura di N. Gallo, Firenze 1958; L. Bartolini, Lettere di S. Aleramo, in L'Osservatore politico letterario, VI (1960), 4, pp. 31-38; V. Cardarelli, Lettere d'amore a Sibilla, a cura di G. Cibotto - B. Blasi, Roma 1974; C. Rebora, Lettere, I, a cura di M. Marchione, Roma 1976, ad Indicem; G. Boine, Carteggio, IV, a cura di M. Marchione - S.E. Scalia, Roma 1979, ad Indicem; J.-J. Marchand, Eduard Rod et les ecrivains italiens. Correspondance inedite avec S. Aleramo, L. Capuana, G. Cena, G. Deledda, A. Fogazzaro..., Geneve 1980; S. Aleramo, Lettere d'amore a Lina, a cura di A. Cenni, Roma 1982; Trentotto lettere a Vittoria Contini Bonacossi, a cura di V. Contini, in Paradigma, n. 4, febbr. 1982, pp. 375-401; Quarantuno lettere a Vittoria Contini Bonacossi, a cura di V. Contini, ibid., n. 5, maggio 1983, pp. 311-337; M. L. Belleli, Lettere inedite di Sibilla Aleramo, in L'Osservatore politico letterario, XXVIII (1982), 7, pp. 63-70; S. Quasimodo, Aleramo Sibilla, a cura di G. Vigorelli, Milano 1983; C. Rebora, Per veemente amore lucente. Lettere a S. Aleramo, a cura di A. Folli, Milano 1986; S. Aleramo-D. Campana, Quel viaggio chiamato amore. Lettere 1916-1918, a cura di B. Conti, Roma 1987; V. Cardarelli, Epistolario, I (1907-15), a cura di B. Blasi, s. 1. 1987, ad Indicem.
A. Graf, rec. a Una donna, in Nuova Antologia, 16 dic. 1906, pp. 720-24; L. Pirandello, rec. a Una donna, in La Gazzetta del Popolo, 26 apr. 1907; M. Bontempelli, Una donna, in Il Grido del popolo, 29 dic. 1907; G. De Robertis, Lirica chic. S. Aleramo: Liriche, in La Voce, VII (1915), 12, pp. 778 ss.; P. Pancrazi, Amori sibillini, in Il Resto del carlino, 18 maggio 1919; C. Rebora, Un romanzo di S. Aleramo: Il passaggio, in L'Illustr. ital., II maggio 1919, p. 485; M. Serao, S. Aleramo: Momenti, in Il Giorno, 23-24 dic. 1920; P. Gobetti, Sibilla, in Il Lavoro, 12 luglio 1924 (poi in Scritti storici, letterari e filosofici, a cura di P. Spriano, Torino 1969, pp. 583-87); P. Pancrazi, Sincerita' allo specchio, in Corriere della sera, 19 apr. 1927; E. Cecchi, Movimento intellettuale in Italia. Amori e altri labirinti, in Il Secolo XX, XXVI (1927), 4, pp. 275 ss.; G. A. Borgese, Poesie d'amore, in Corriere della sera, 19 maggio 1929; G. Prezzolini, Gli amori di Sibilla, in Corriere mercantile, 10 maggio 1927; E. Cecchi, rec. a Poesie, in Pegaso, dic. 1929, pp. 755 ss.; G. Debenedetti, Il diario di S. Aleramo, in L'Unita', 13 e 27 ott. 1946; C. Bo, Poesie di Sibilla, in Omnibus, 10 nov. 1947, p. 10; E. Cecchi, pref. a Una donna, Milano 1950; C. Salinari, La strada di Sibilla, in L'Unita', 17 apr. 1952; N. Sapegno, rec. a Una donna e Aiutatemi a dire, in Rinascita, IX (1952), 4, pp. 251 s.; E. Cecchi, Sibilla incoronata, in Di giorno in giorno, Milano 1954, pp. 63-67; S. Solmi, pref. a Luci della mia sera, Roma 1956; E. Montale, La forza e il segreto di S. Aleramo, in Corriere della sera, 14 genn. 1960; A. Mazzotti, S. Aleramo, in Letteratura italiana. I contemporanei, I, a cura di G. Grana, Milano 1963, pp. 211-235; P. Nardi, Un capitolo nella biografia di Sibilla, Vicenza 1965; E. Falqui, S. Aleramo, in Novecento letterario italiano. Narratori e prosatori da D'Annunzio a C. E. Gadda, Firenze 1970, pp. 383-86; R. Guerricchio, Storia di Sibilla, Pisa 1974; L. Caretti, Aleramo-Campana e "codicillo", in Sul Novecento, Pisa 1976, pp. 167-72; B. Conti, pref. a La donna e il femminismo, Roma 1978; A. Nozzoli, Tabu' e coscienza. La condizione femminile nella letteratura italiana del Novecento, Firenze 1978, pp. 36-40; O. Lombardi, S. Aleramo, in Letteratura italiana. Il Novecento. Gli scrittori e la cultura letteraria nella societa' italiana, I, Milano 1979, pp. 735-764; A. Bocelli, Ricordo di Sibilla, in Letteratura del Novecento, Caltanissetta-Roma 1980, pp. 26-31; B. Conti, pref. a Selva d'amore, Roma 1980; M. Federzoni-I. Pazzini-M. P. Pozzato, S. Aleramo, Firenze 1980; M. Corti, pref. a Una donna, Milano 1982; G. Finzi, pref. a Amo dunque sono, Milano 1982, pp. 5-20; L. Melandri, La spudoratezza. Vita e opere di S. Aleramo, in Memoria, n. 8, 1983, pp. 5-23; B. Conti, pref. a Il passaggio, Milano 1985; P. Zambon, S. Aleramo, in Diz. critico della letter. italiana, Torino 1986, pp. 19 s.; S. Aleramo. Coscienza e scrittura, a cura di F. Contorbia-L. Melandri-A. Morino, Milano 1986; M. Zancan, La donna, in Letter. italiana (Einaudi), V, Le questioni, Torino 1986, pp. 824 ss.; M. Angelone, L'apprendistato letterario di S. Aleramo, Napoli 1987; B. Conti, pref. a Quel viaggio chiamato amore, Roma 1987; M. Zancan, La donna, la cultura, la scrittura. Un caso esemplare: S. Aleramo, in Il filo di Arianna. Letture della differenza sessuale, Roma 1987; Svelamento. S. Aleramo Biografia-/Frammenti, a cura di L. Melandri-A. Morino, Milano 1988; Svelamento. S. Aleramo: una biografia intellettuale, a cura di A. Buttafuoco - M. Zancan, Milano 1988.
 
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Riletture
- Mario Rossi, Cultura e rivoluzione. Funzionalismo storico e umanismo operativo, Editori Riuniti, Roma 1974, pp. 672.
*
Classici
- Dante Alighieri, Rime, Mondadori, Milano 2014, 2018, pp. CXXX + 682, euro 14.
 
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
7. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4034 del 5 marzo 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario, invece, l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com