[Nonviolenza] Telegrammi. 4018



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4018 del 17 febbraio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
Sommario di questo numero:
1. Enrico Greppi
2. Johnny Pacheco
3. Il primo provvedimento
4. Alcuni testi di Benito D'Ippolito di un ventina d'anni fa
5. Quelli che festeggiano il quattro novembre
6. Una meditazione
7. Tre antipoesie piu' una
8. Come l'Orco ti soggioga
9. Cessate il fuoco!
10. Nuove antipoesie
11. Borbottando tra se', parlando fra noi
12. Venendo da molto lontano
13. Primo frammento di una cantata degli alpini morti in terra kossovara
14. Un uomo libero
15. Ballata per una Regina morta ammazzata sulla strada tra Tuscania e Tarquinia nell'estate del duemilauno
16. Ricordi?
17. Cantata a contrasto del terrorista e dell'uomo di pace, pietrificati entrambi. Solo la nonviolenza puo' sciogliere l'incantesimo e salvare l'umanita'
18. Canzone della strada che tutti sappiamo dove va a finire
19. Chiamare una guerra "giustizia infinita"
20. Sopra un verso di Dante (Purg., VI, 32)
21. Dopo l'esecuzione (della minaccia di Mr Rumsfeld)
22. Vecchi volantini del tempo della guerra del Golfo
23. Vecchi volantini del tempo della guerra dei Balcani
24. La storia e il varco
25. Una bambina di dieci anni
26. E tu dov'eri?
27. D'improvviso
28. Una meditazione del giorno dopo
29. Cerco di non pensarci
30. Un epitaffio apocrifo attribuito a Misone
31. Alcuni improvvisati ottonari
32. Litania dei morti in preghiera
33. In memoria di Aldo Capitini, nel XXXIV anniversario della scomparsa
34. A Erasmo da Rotterdam, nell'anniversario della nascita
35. Viaggiando in treno
36. La Firenze di Giorgio La Pira
37. Ballata in memoria di Dorothy Day, approssimandosi il CV anniversario della nascita e il XXII anniversario della scomparsa
38. Ancora per Dorothy Day nel CV anniversario della nascita, un falso sonetto caudato
39. Nell'anniversario della notte dei cristalli
40. tra il settembre e il novembre del '38
41. Sette commenti a Vinoba nel XX anniversario della scomparsa
42. Un'epigrafe
43. Un sonetto improvvisato durante la commemorazione di Vinoba a Viterbo il 15 novembre 2002
44. Una preghiera a padre Angelo Cavagna, giunto al ventesimo giorno di digiuno...
45. Nell'anniversario della morte di Leone Tolstoj
46. Rileggendo Pippo Fava
47. Lungo il cammino
48. Della nonviolenza in cammino
49. Agli imprigionati per la pace, nella giornata in cui si rende loro onore
50. Epistola a Giovanni Benzoni in occasione del secondo salone dell'editoria di pace che si tiene in Venezia dal 6 all'8 dicembre 2002
51. Per Ivan Illich
52. Ai cari amici della Rete Lilliput
53. Ai partecipanti al seminario della Tavola della pace del 7 dicembre 2002
54. Tre quartine sul concetto di coscienza
55. Un'improvvisazione prosodica
56. Cantata per Danilo
57. Segnalazioni librarie
58. La "Carta" del Movimento Nonviolento
59. Per saperne di piu'
 
1. LUTTI. ENRICO GREPPI
 
E' deceduto Enrico Greppi, musicista.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
2. LUTTI. JOHNNY PACHECO
 
E' deceduto Johnny Pacheco, musicista.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
3. L'ORA. IL PRIMO PROVVEDIMENTO
 
Il primo provvedimento che un governo ragionevole dovrebbe prendere e' il disarmo.
Abolire la guerra, gli eserciti, le armi.
Rompere ogni complicita' con gli assassini.
Contrastare tutte le uccisioni.
Cessare di uccidere.
Salvare le vite.
*
Lo ripetiamo?
Lo ripetiamo.
Il primo provvedimento che un governo ragionevole dovrebbe prendere e' il disarmo.
Abolire la guerra, gli eserciti, le armi.
Rompere ogni complicita' con gli assassini.
Contrastare tutte le uccisioni.
Cessare di uccidere.
Salvare le vite.
*
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Condividere i beni ed il bene.
Cessare di uccidere.
Salvare le vite.
*
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
 
4. MEMORIA. ALCUNI TESTI DI BENITO D'IPPOLITO DI UNA VENTINA D'ANNI FA
 
Riproponiamo di seguito alcuni testi del nostro collaboratore Benito D'Ippolito apparsi su questo notiziario tra 2000 e 2002.
 
5. QUELLI CHE FESTEGGIANO IL QUATTRO NOVEMBRE
 
I.
 
Quelli che festeggiano la guerra vinta
festeggiano la guerra persa dagli altri.
 
I vivi marciano, s'abbracciano i vivi, i morti
giacciono, giacciono senza piu' risveglio.
 
Tutto cio' che e' stato distrutto
e' divenuto seme di nuove distruzioni.
Tutto cio' che e' sopravvissuto
e' l'odio che lo ha tenuto in piedi.
 
Molti i malvagi
prima della guerra
dopo la guerra
solo i malvagi.
 
A guerra finita i governanti
si stringono la mano, e dalla stretta
il sangue ancora stilla delle vittime.
A guerra finita i governati
stringono l'ultima lettera dei morti
sulle macerie in nota di cicogna.
 
L'ultima guerra sempre ne prepara
una nuova. Piu' vasta e piu' crudele.
 
II.
 
Dell'esercito l'unica utile
ragionevole riforma
e' la sua abolizione.
 
6. UNA MEDITAZIONE
 
Udii una voce che mi comandava:
che nessun uomo resti solo.
 
Lunga e fredda e' la notte, nessuno
sia abbandonato al freddo e all'orco.
 
Lungo e' il cammino e poche le provviste:
nessuno osi rubare la borraccia.
 
Chi abbandonera' il ferito verra' abbandonato,
chi irridera' lo zoppo sara' umiliato,
chi osera' colpire uno dei piccoli
sciagura a lui, mai sara' perdonato.
 
L'ombra, la fonte, i frutti del mondo
sono di tutti. Sappia l'ingordo
che cio' che lui di troppo
ha preso, a qualcun altro manchera'.
 
Udii una voce che mi domandava:
tu cosa hai fatto dinanzi al dolore?
 
7. TRE ANTIPOESIE PIU' UNA
 
In un covo di Genova otto
potentati stragisti a giorni
si riuniranno in combutta tra loro,
e il resto del mondo tenuto a distanza.
 
E' bene che questa distanza vi sia.
Cosa abbiamo in comune noi con quegli otto?
 
*
 
Nessuno deleghi nessuno; nessuno
s'illuda di essere foglia, nessuno
si lasci ridurre a pezzo di ferro, nessuno
accetti di essere meno di un essere umano
che ha scienza del bene e del male.
 
*
 
Contrastare il militarismo,
anche dentro di noi.
 
contrastare l'autoritarismo,
anche dentro di noi.
 
La violenza del potere che opprime contrastarla
anche dentro di noi.
 
Come puoi contrastare il fascismo
se non lo contrasti anche dentro di te.
 
*
 
Non moltiplicare le carte, il gioco
e' gia' cosi' difficile.
 
Non moltiplicare le grida, le grida
che assordano.
 
Non moltiplicare le merci, le pseudopersone
che assediano e spengono la vita.
 
Non moltiplicare le piaghe, al male
si puo' si deve resistere.
 
Non moltiplicare altro
che il pane, che i pesci.
 
8. COME L'ORCO TI SOGGIOGA
 
Come l'Orco ti soggioga: ti rende uguale a lui, e solo allora si fa vincere, e divorare. E tu diventi l'Orco.
 
9. CESSATE IL FUOCO!
 
A tutti diciamo: cessate il fuoco.
Lasciateci raccogliere, lavare, piangere le vittime.
All'orrore del mondo altro orrore non aggiungete.
 
 
10. NUOVE ANTIPOESIE
 
Leggo sul giornale che Solana dice no
a pietre e bastoni. Capisco
le stragi si fanno assai meglio con i bombardieri.
 
*
 
Leggo di illusi che sperano che i ricchi
possano fare qualcosa di buono per i poveri:
come potrebbero essere ricchi
se non derubassero i poveri?
 
*
 
Il volto dell'altro che nudo ti appare
e tu non divorarlo il nudo volto
dell'altro doloroso che ti appare.
 
*
 
A cosa servono le parole
se non a contrastare la morte?
 
A cosa serve il linguaggio
se non a impedire le uccisioni?
 
11. BORBOTTANDO TRA SE', PARLANDO FRA NOI
 
La mia barba rossa da anni e' sbiadita e s'imbianca
io passo i miei giorni a osservare formiche
in una enigmatica corsa furiosa ai miei piedi
apparendo scomparendo tra la ghiaia
alla base di questa assolata panchina, ahime'.
 
Sento ancora dire, io vecchio e il rimbombo
mi duole di queste parole frammiste a ricordi
gia' cupi, che sia una vittoria
un morto e centinaia di feriti. Cosi'
i generali parlano, tutti assassini.
 
Dico a voi, amici lontani con cui
il pane abbiamo talvolta diviso
(per questo diciamo che siamo compagni, con parola
antica latina), dico a voi:
la nostra lotta deve continuare
ma nessuno si macchi le mani di sangue:
nessuno organizzi una trappola suicida
nessuno ne meni vanto.
 
Vi chiede questa voce appannata
e vetrosa: rompete
le ambiguita', uscite
dalla subalternita', scegliete
la nonviolenza.
 
La resistenza oggi necessaria
deve essere ancora piu' forte, tutto
del potere oppressivo rifiutare deve,
la resistenza oggi necessaria
nonviolenta ha da essere.
 
Oggi io dico che la rivoluzione
egualitaria e libertaria deve essere
nonviolenta, o non sara' affatto.
 
12. VENENDO DA MOLTO LONTANO
 
Venendo da molto lontano
si rischia di dimenticare perche' ci si e' messi in marcia
si e' diventati vecchi senza accorgersene
si e' giunti in terre ove la nostra lingua nessuno piu' capisce
la polvere ci ha coperto e resi irriconoscibili.
 
Venendo da molto lontano
ma nel cammino quante meraviglie
ma nel cammino quanti incontri inattesi e felici
ma nel cammino ci siamo fatti saggi
ed ora siamo colmi di doni, colmi di frutti.
 
Venendo da molto lontano
si puo' divenire peggiori
si puo' divenire migliori
si puo' avere imparato ad ascoltare.
 
Venendo da molto lontano
abbiamo appreso cosa e' nonviolenza
ma essa puo' essere appresa
anche da chi non si e' mosso mai.
 
Ogni luogo e' il centro del mondo
il cammino e' dentro di te.
 
13. PRIMO FRAMMENTO DI UNA CANTATA DEGLI ALPINI MORTI IN TERRA KOSSOVARA
 
Tuscania e' una bella' citta', un'antica regina
quando vi giungi dalla strada da Vetralla
i piedi che dolgono, la fronte
che scotta, e di lontano vedi
le chiese rocciose, il tufo che vibra
ti pare sentire una musica arcana:
ecco, sto tornando a casa.
 
Giuseppe Fioretti era un ragazzo
come tutti i ragazzi ragazzo
ed era alpino in Kossovo.
 
Maledetti gli eserciti tutti
maledette tutte le guerre.
 
Di notte nel buio e' andato giu'
e lungo la strada delle tenebre ha incontrato
l'orco della morte che se lo e' divorato.
 
Maledetti gli eserciti tutti
maledette tutte le guerre.
 
Ora io vi chiedo signori:
perche' doveva morire?
Vi chiedo e vi prego signori
di rispondere a questa domanda:
perche' doveva morire?
 
Maledetti gli eserciti tutti
maledette tutte le guerre.
 
14. UN UOMO LIBERO
 
Per Libero Grassi, dieci anni dopo
 
Si chiamava Libero,
e lo era davvero.
Per questo lo uccisero, per questo
non morira' mai la sua memoria.
 
15. BALLATA PER UNA REGINA MORTA AMMAZZATA SULLA STRADA TRA TUSCANIA E TARQUINIA NELL'ESTATE DEL DUEMILAUNO
 
Ci sono cose che non sai come dirle
e allora le scrivi a righe interrotte.
 
Dilaniata dai randagi la salma
e' stata scoperta giorni addietro
di una giovane donna nigeriana
resa schiava in Italia e venduta
come carne e cavita' sulla strada
tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe
etrusche, le romaniche chiese, le ubertose
campagne che vanno alla maremma.
 
Leggo sui giornali gli impietosi
dettagli di cronaca nera, gli empi
segni di sempre da quando Caino
al campo invito' suo fratello.
 
Leggo sui giornali, i giornali locali
(non e' notizia da cronaca italiana
una persona annientata e abbandonata ai cani:
e' invece fatto
che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo
sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti
di petrolio pagine quotidiane).
 
E dunque leggo sui giornali locali:
dicono che si chiamasse Regina, venisse
dalla Nigeria, presa e recata
schiava in italia, dicono
chi l'abbia uccisa non sapersi.
 
E invece io so chi l'ha uccisa:
anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa
immota e deturpata. Io so
chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti.
 
E non solo l'eventuale fruitore di servigi
che in un raptus puo' averle torto il collo
a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi
 
e non solo il racket che fornisce
carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi
che usciti di scuola o dall'ufficio
sulle loro carcasse di ferro perlustrano
i fiumi d'asfalto alla caccia di prede
 
e non solo lo stato italiano che vede
tanto orrore per le sue strade
e non agisce per salvare le vite
concrete di esseri umani, non agisce
per far valere quella legge che vieta
nel nostro paese la schiavitu'
 
e non solo.
Io stesso mi sento le mani
sporche di sangue, io stesso che so
che a questo orrore resistere occorre
e che da anni non so fare altro
che spiegare come applicare
quell'articolo della legge 40
combinato con quell'altro articolo
del codice penale e come e qualmente
le istituzioni potrebbero salvare
la vita di tante Regine assassinate.
E nulla di piu' ho saputo fare.
 
E queste parole che ho aggiunto
avrei voluto tacerle.
 
16. RICORDI?
 
Ricordi? ci si chiedeva un tempo
in nome dell'unita' del movimento
mondiale dei lavoratori
di accettare i crimini di Stalin.
Sapevamo dire di no.
 
Ricordi? ci si chiedeva un tempo
in nome dell'unita' della nazione
di accettare la guerra dei Balcani.
Sapevamo dire di no.
 
Ricordi? ci si chiedeva un tempo
in nome dell'unita' antifascista
di accettare l'omicidio "necessario".
Sapevamo dire di no.
 
Sappiamo ancora dire di no.
 
17. CANTATA A CONTRASTO DEL TERRORISTA E DELL'UOMO DI PACE, PIETRIFICATI ENTRAMBI. SOLO LA NONVIOLENZA PUO' SCIOGLIERE L'INCANTESIMO E SALVARE L'UMANITA'
 
Ecco, mi ascolti adesso?
Lo senti adesso il mio dolore, lo senti
quanto male faceva e io urlavo ed urlavo sotto le torture e tu
eri troppo distratto per sentirmi?
Ecco, mi ascolti adesso, adesso che e' troppo tardi, che sono morto e morto
nella morte trascinando i tuoi cari?
Ecco, mi ascolti adesso?
 
Ecco, adesso ti vedo,
ti vedo e tu svanisci ed io
io non ti vedo piu'.
Ma avrei voluto fermarti, avrei voluto
fermarti e fermare la mano
che a scorpioni e frustate ti ha allevato
nell'odio e nel dolore che porta all'abisso dell'orco.
 
Ecco, fossi venuto
un poco prima, mi avessi
detto parole di pane, parole di luce
un poco prima, forse
forse in pianto mi si sarebbe sciolto
il sale dell'umiliazione che accieca i miei occhi, e forse
saremmo oggi vivi
e io e i tuoi cari. Eri tu
che dovevi salvarli salvandomi.
 
Ecco, ora che e' tardi per salvarti la vita
ora che e' tardi per salvare i miei cari
anche dai miei le scaglie cadono occhi
ora
che e' tardi.
 
Uccisi per parlarti in un sussurro
 
Ma quel gran rombo tutti rende sordi
 
Uccisi per colpire gli empi simboli
di un empio potere che disumana,
che ha disumanato anche me
 
Ma quelli che uccidesti non erano
simboli, erano
uomini e donne di carne e di osso
di pianto e di riso, ed ora sono fumo
 
Cercavo una strada da aprire alla giustizia
di furia, a tentoni, battendo la testa nel muro
 
Ma per la giustizia vi e' una sola strada
salvare tutte le vite, tutte le vite salvare
salvare
tutte le vite
salvarle tutte
le vite umane.
 
Commisi l'orrore ma tu
cosa facesti tu, cosa facesti
 
Nulla seppi fare per fermarti
del sangue che tu hai sparso anche le mie
sono lorde mani.
 
Perdonami, figlio, perdonami.
 
Perdonami, perdonami, padre.
 
18. CANZONE DELLA STRADA CHE TUTTI SAPPIAMO DOVE VA A FINIRE
 
E questa e' la strada che tutti conosciamo
e che porta a piazza della morte.
 
Il volto sfatto, gli occhi neri di pece
grida il dio televisione che ha sete di sangue
che ha sete di sangue di oceani di sangue
e cantano lieti i fedeli in processione
 
lungo la strada che tutti conosciamo
e che porta a piazza della morte.
 
L'uomo di scienza si e' molto affaticato
tra i suoi lambicchi e sopra i testi sacri
e il distillato delle sue ricerche
e' che ora basta spingere un bottone:
 
s'apre la botola che tutti conosciamo
si capitombola a piazza della morte.
 
Non e' forse il nostro un paese libero?
Esistendo paia di scarpe non abbiamo forse due piedi?
Non e' bello che all'ora di cena
il presidente parli alla nazione?
 
Ci esorta a progredire nella marcia
trionfale verso piazza della morte.
 
Forse che non abbiamo ragione di essere indignati?
Forse che non e' chiaro, diciamolo forte,
che il Signor Dio (il Vero Dio, il Nostro)
e' dalla nostra parte ed e' imbattuto?
 
E allora giu', a capofitto, per il corso conosciuto
che mena certo a piazza della morte.
 
E non e' forse dalla nostra il diritto?
E il medagliere olimpico piu' colmo?
E chi le guida le macchine da corsa?
Chi mangia piu' carne di tutti?
 
La scriviamo noi la segnaletica stradale
e tutta dice: a piazza della morte.
 
Noi, noi siamo i migliori, i nostri elenchi
del telefono sono i piu' massicci, espettorano
le nostre ciminiere piu' in alto
delle nuvole. E blindate abbiamo le porte.
 
Lungo la strada che tutti conosciamo
che porta dritti a piazza della morte.
 
Ogni casa un cortile, in ogni garage
due automobili, in ogni stanza
uno schermo, in ogni mensola
un fucile a pompa.
 
Questa e' la strada, la strada che amiamo
e proprio in fondo e' piazza della morte.
 
La carne umana si vende a un tanto al chilo
gli affari sono affari, schizzano i tassi
del colesterolo; i decreti, gli assegni, i ribassi
sono serviti alla mensa dei gangster
 
che sanno bene quale sia la strada
che ti ritrovi a piazza della morte.
 
E adesso si fa sera e sono stanco
di batter la grancassa e sventolare
eroico il vessillo della patria
ma nondimeno seguito a marciare
 
lungo la strada solita che sorte
sappiamo bene, in piazza della morte.
 
19. CHIAMARE UNA GUERRA "GIUSTIZIA INFINITA"
 
Chiamare una guerra "giustizia infinita"
vuol dire: "questa guerra
non finira' giammai".
 
Invece finira':
con il genere umano.
 
20. SOPRA UN VERSO DI DANTE (PURG., VI, 32)
 
"Sarebbe dunque loro speme vana?"
 
Migliaia, milioni di anni
per imparare a camminare eretti.
Trovare dal nulla il linguaggio, da dentro la gola
cacciar fuori parole e frasi e pensieri,
costruire case, ponti, biciclette,
inventare l'ombrello e la compassione,
scrivere libri che fanno parlare
Qohelet e Leopardi con me secoli dopo,
vincere la paura del mostro oceano,
contare e nominare le stelle,
impastare e cuocere il pane,
fare l'amore come amore e non come foia,
gli scacchi e i film di Woody Allen,
la ragione serena di Diderot, mio padre
che mi recitava Carducci tra le lacrime,
l'esistenza di persone dolci come te.
Tutto questo deve dunque finire in un cratere?
Tutto questo deve essere dunque annichilito?
 
"Sarebbe dunque loro speme vana?"
 
21. DOPO L'ESECUZIONE (DELLA MINACCIA DI Mr RUMSFELD)
[Benito D'Ippolito ci invia questo falso sonetto - o sonetto impoverito - che scarta e scade di ritmo e di metro, perche' - e' ben noto - dopo Auschwitz ed Hiroshima le composte forme classiche non reggono piu'. Si sono deteriorate, come la vita, la vita vieppiu' minacciata]
 
"Quanto sofferser l'ossa sanza polpe" (Dante, Purg., XXXII, 123)
 
Forse un giorno, tornando alla ragione
intorno a un fuoco ci rincontreremo
sapremo dirci allora ancora fremo
per la vergogna innanzi a quell'ustione.
 
Di tanto cruda rabbia cercheremo
nella gelida notte la ragione
nei ricordi nebbiosi, nelle icone
che vaniscono in acque nello stremo.
 
E riandremo traendo a fatica
le memorie sbriciolate piu' dei muri
alla vita di prima, all'amica
 
confidente vita dei puri
idioti che fummo nell'antica
quiete dei complici e dei morituri.
 
22. VECCHI VOLANTINI DEL TEMPO DELLA GUERRA DEL GOLFO
[I testi che seguono sono estratti da volantini diffusi dieci anni fa. Forse possono ancora essere di qualche interesse e, chissa', di qualche utilita']
 
Quando verranno le aquile a dirti che e' il momento
tu digli di no, che hai ancora da fare
che c'e' il caffe' sul gas, il rubinetto da aggiustare
che hai promesso a Maria che domani la portavi al cinema.
 
Quando verranno le aquile, tu digli di no.
 
*
 
Qualcuno ancora grida "viva le catene"? qualcuno
ancora s'agita a mazzate nel rigagnolo, Crono
ancora disquatra, divora, vomita esserini?
l'uomo s'arrovescia dunque in scimmia, in drago, in sasso?
 
"Agli uomini che conservano una certa lucidita'
e un certo senso dell'onesta', noi diciamo:
e' falso che si possa difendere la liberta' qui
imponendo la servitu' altrove".
 
Diciamo anche: che e' falso
si possa difendere la liberta' altrove
imponendo qui la servitu'.
 
*
 
Notizie della depressione
 
Dalla televisione
parlano gli assassini.
 
Miei cari, io sto bene
non fossero questi draghi che nuotano sui muri
mi tengono sveglio, un po' m'infastidiscono
mi fissano, mi ridono
spariscono se entra qualcuno.
 
*
 
Sotto le bombe intelligenti, stupidi
uomini tirano
le cuoia, vacui
guardano il cielo gli occhi dei superstiti.
 
*
 
Da un tazebao
 
Il dito coltello del padrone
trancia il cuore in petto ai contadini
col solo crescere dell'unghia. C'e' modo
di uccidere senza un sussulto.
 
"Come potrebbe esservi un uomo ricco
se non vi fossero migliaia di poveri?"
 
23. VECCHI VOLANTINI DEL TEMPO DELLA GUERRA DEI BALCANI
[I testi seguenti sono estratti da volantini diffusi due anni fa. Forse possono ancora interessare, e - chissa' - essere utili]
 
I morti del Cermis
 
I morti del Cermis dormono male
murati nelle fosse senza luce
carne che fu di uomo e fu straziata.
 
I morti del Cermis non hanno voce
nei tribunali americani, loro
non fanno parte della razza eletta.
 
I morti del Cermis dal fondovalle
guardano i falchi che vanno in Jugoslavia
dicono cose che non posso scrivere.
 
I morti del Cermis guardano attoniti
ci chiedono un'offerta di pieta'
che cessi il gioco alato della morte.
 
*
 
Il pio presidente santifica le feste
 
Quest'anno il ramadan degli iracheni
fiorisce in pustole, di notte viene
il parto, il pasto, dei panciuti neri
lupi volanti gravidi di fiamma,
letame gittano che ammorba, che uccide
fetida manna dei signori degli assegni, e della guerra.
 
Quest'anno la pasqua in Jugoslavia
candisce di lampi e di detriti
mandrie di disperati sotto il fuoco
delle belve di cielo e di terra.
 
Il Presidente
ama i bambini, sa giocare a golf
sorride sempre alla televisione.
E' timorato di Dio
talvolta srotola gravi sermoni
condanna questo mondo che e' niente.
Quando amministra la morte lo fa
con intenzione pia, e' commovente.
 
*
 
Gli statisti linguisti
 
La guerra e' un intervento umanitario
le stragi sono difesa dei diritti umani
i bombardamenti si chiamano difesa integrata
le vittime effetti collaterali.
 
Ha fatto scuola Stalin, l'occidente
lo riverisce dottore in utroque:
in scienza dello stato e della lingua.
 
E dunque il suo nome e' legione.
 
Presto, che gli si innalzino piramidi
gli si sacrifichino orde di schiavi
che non si dica che dal Pacifico
all'Atlantico, al Mediterraneo,
i suoi discepoli siano ingrati al maestro.
 
24. LA STORIA E IL VARCO
 
- Ecco, guarda, questo e' il tuo mondo, questa e' la tua storia
 
Ruggiscono i lupi volanti
spargono gemme di fiamma e di sangue.
E questa e' la storia di ieri e di oggi.
 
- Ecco, lo vedi, questo e' il tuo mondo, e questa e' la tua storia
 
Nelle loro impeccabili marsine
invitano al ballo, alla macabra danza
i signori dei libri, dei libretti
degli assegni, delle bombe, delle forti
dentature al riso ratte ed al morso.
E questa e' la storia di oggi, la storia di stanotte.
 
- Eccolo, eccolo il tuo mondo, la tua storia, li riconosci?
 
Schiere infinite di donne e di uomini
che sembrano stracci, che sembrano larve diafane
tanto la fame, le frustate, gli scorpioni
li hanno corrosi, le schiere infinite
in questo lucente, algente, rovente, tenebroso deserto.
 
- Li riconosci, ti riconosci dunque?
 
E nella cittadella degli oppressori
i complici degli oppressori, la servitu'
degli oppressori, degli oppressori
gli armigeri e i parassiti.
 
- Capisci cosa dico, tu che sbraiti, lo vedi
che questo ancipite mostro e' uno specchio?
 
Ma ho sentito di uno che al fascismo
infinito seppe opporre il suo diniego
non di rabbia ma di amore infinito.
In cammino so che lo ritrovero'
oggi qui come volto e parola.
E questo e' il varco, il varco della storia.
 
- Ecco, lo vedi, il varco, il varco e' qui
 
25. UNA BAMBINA DI DIECI ANNI
 
Saggi gli amici mi dicono, caro
rinuncia al volto aggrottato, se vuoi
altri persuadere all'impegno, all'impegno di pace
sii piu' sereno fin nei lineamenti: un volto
addolorato addolora.
 
Ma io che tanti anni fa un bambino in Palestina
ebbi in affidamento e cosi' da lontano, e che ogni giorno
che leggo sui giornali di nuove straziate
vittime mi chiedo se il nostro Muatez
ancora sia vivo o se le sue carni
rodano i viventi piu' piccini, e tremo
io che sono un omone che non ha avuto paura neppure della Paura
nascosta in agguato nei pressi del casolare dei miei nonni
ebbene, io tremo, come una foglia: mio povero figlio lontano.
 
E leggo oggi sul giornale "per vendetta
uccisa una bambina di dieci anni". Per vendetta
di che? per vendetta di chi? Una bambina
di dieci anni, figlia di Palestina, figlia di uomo e di donna, una
bambina.
 
Dell'antico maestro le antiche parole ricordo
dopo Sabra e Chatila, levo' la sua voce
ferma di testimone, ferma di giudice, terribile
perche' era un uomo benigno, chiese
le dimissioni di Begin, le dimissioni di Sharon.
Era la voce di Primo Levi, sembrava
di udire parlare Mose'.
 
Gli chiedeva il giornalista: "dottor Levi,
che cosa manda a dire ai governanti israeliani?".
E rispondeva Primo Levi, il saggio, il testimone, l'uomo
tra le cui braccia tutti ci siamo rifugiati quando il male
veniva come un'onda furiosa; l'uomo benevolo,
la persona buona Primo Levi rispondeva:
"Che si dimettano. Non ho altro messaggio, visto
che e' impossibile cambiar loro la testa.
Certo, so bene
che in un momento come questo anche chiedergli
di dimettersi e' velleitario. Pero',
se gli e' rimasto un barlume di ragione,
Sharon deve dimettersi". Era l'anno
millenovecentottantadue.
 
Una bambina di dieci anni, figliuolo mio Muatez, Primo
Levi da cui tutto ho imparato quello che so. Di dieci anni
una bambina ancora e' stata assassinata.
 
26. E TU DOV'ERI?
 
E tu dov'eri, e tu cosa facevi?
Mi grida il cane guardiano
che trovo ogni notte nei sogni.
 
Non ero, non ero, no,
delle truppe degli aguzzini,
il mio coltello vedi
non ha quella ruggine rossa
ma solo le tracce del pane.
 
Ma tu dov'eri, ma tu cosa facevi?
Mi chiede da sul predellino
del treno che parte nel fumo
l'anima di mio padre
che incontro ogni notte nei sogni.
 
Non ero, non ero tra quanti
votarono fosse la strage,
non ero di quelli, lo vedi
ero tra quelli che dissero no.
 
Ma tu dov'eri, ma tu cos'hai fatto
nell'ora che resistere occorreva,
nell'ora che occorreva contrastare
la furia e fermarla, dov'eri?
Mi grida la voce che all'alba
mi toglie il respiro del sonno
del fragile sonno e mi chiama
sirena, tamburo, percossa.
 
Nella citta' dei confettieri vivo
amando la vita, odiando
il privilegio che mi rende complice
degli assassini. Dov'ero,
cosa facevo?
 
27. D'IMPROVVISO
 
L'uomo solo che d'improvviso la pioggia
coglie furiosa in un giorno scolorito
di freddo, nel fango che subito stende
il suo tappeto di botole e l'ombrello
non vale a ripararlo.
 
L'uomo solo che ha molto camminato
soffiandosi parole smozzicate
per allentare la fatica, la presa
a morsi nel petto della fatica, e la pioggia
come un'ombra infinita.
 
L'uomo solo che sente di lontano
il brontolio degli uccelli alto lucenti
che sul capo gli defecano la morte
e si chiede qualcosa che anch'io sento
ma non so dire se non come urlo e strazio.
 
L'uomo solo, le bombe dal cielo
il grande gioco delle folgori e del nulla
che odora di carne, di carne bruciata e la pioggia
la pioggia che stende quest'ombra infinita.
 
28. UNA MEDITAZIONE DEL GIORNO DOPO
 
Udii una voce che mi comandava:
che nessun uomo resti solo.
 
Lunga e fredda e' la notte, nessuno
sia abbandonato al freddo e all'orco.
 
Lungo e' il cammino e poche le provviste:
nessuno osi rubare la borraccia.
 
Chi abbandonera' il ferito verra' abbandonato,
chi irridera' lo zoppo sara' umiliato,
chi osera' colpire uno dei piccoli
sciagura a lui, mai sara' perdonato.
 
L'ombra, la fonte, i frutti del mondo
sono di tutti. Sappia l'ingordo
che cio' che lui di troppo
ha preso, a qualcun altro manchera'.
 
Udii una voce che mi domandava:
tu cosa hai fatto dinanzi al dolore?
 
29. CERCO DI NON PENSARCI
 
"L'ultima illusione fu rompere gli specchi"
(Mario de Sa-Carneiro, Il riscatto)
 
Cerco di non pensarci.
Mi dico: pensa
alla musica di Schoenberg
pensa alla pittura
di Goya, mi dico, al cinema
di Dreyer.
Cerco di non pensarci.
 
E non ci riesco. E mi dico
pensa a quanto cielo era ieri nel lago, pensa
a quanta luce era nella notte, mi dico, la notte
fredda ed immota tempesta di stelle
mi dico, e pensa al piacere
dell'olio e del sale sul pane, cerco
di non pensarci.
 
E non ci riesco. E cerco di pensare
alla persona che fui, alle colme
antiche attese, alle ore in cammino nei campi
al silenzio di cui e' consistita
la parte maggiore e migliore
della mia vita, e mi dico
sono ancora quello, e cerco
di ricordare, di ricordarmi, per non pensarci.
E non ci riesco.
 
Nei libri che ho letto mi dico cerca scampo:
i due sordidi assistenti di K., le quartine
di Omar, il nero pozzo dell'uomo Tommaso
e il sogno che riscatta Michele dal braccio leso,
la fanciulla di Mitilene che ogni volta ti toglie il respiro.
E cerco di non pensarci, senza riuscirvi giammai.
 
Mi dico quali abissi di sventura
quante sorsate di umiliazione e sofferenza
quante cataste di barattoli di orrore in offerta speciale
quali montagne oceani labirinti di sabbia
rovente occorsero per dare questo frutto
di fiamma e di porpora densa, mi chiedo
perche' non siamo capaci
di fermare la strage.
 
E mi ci divoro l'animo, gli occhi
feriti dal mondo smangiato dal male.
 
Cerco di non pensarci e non posso non pensarci: vi chiedo
ancora una volta amici
cosa dobbiamo fare perche' cessi la strage
e venga il tempo in cui l'uomo un aiuto sia all'uomo.
 
Di non pensarci cerco, e non riesco.
 
30. UN EPITAFFIO APOCRIFO ATTRIBUITO A MISONE
["In un altro luogo B. menziona un saggio greco di nome Misone, e dice che egli gode della rara fortuna d'essere annoverato tra i Sette Sapienti, qualora il numero di questi venga portato a quattordici", cosi' Victor Eremita nell'avvertenza che apre Enten-Eller]
 
Soave Dafne, dolce pulcettina
Aminta tuo giammai non trovo' pace
ma non amor lo strusse, e se qui giace
causa ne fu chi semino' la mina.
 
31. ALCUNI IMPROVVISATI OTTONARI
 
Viene il giorno, viene l'ora
che il silenzio ti divora.
Tu perscruti a destra e a manca
e la morte tutto imbianca.
 
Il governo di Israele
pianta e miete salme e fiele,
e la Banca mondiale
incrementa il capitale.
 
Il governo americano
scanna l'indio e il musulmano,
e la Banca mondiale
incrementa il capitale.
 
L'islamista col coltello
trancia gole e fa un macello,
e la Banca mondiale
incrementa il capitale.
 
La potenza vecchia e nuova
schiaccia gente come uova,
e la Banca mondiale
incrementa il capitale.
 
Tu seduto alla finestra
ti trangugi la minestra,
e ripeti: che fortuna
che io viva sulla luna.
 
32. LITANIA DEI MORTI IN PREGHIERA
 
Leggo sul giornale la notizia assente
lungo una strada una discarica abusiva
sulla discarica deposti, scaricati
morti asfissiati sei giovani migranti:
sei clandestini, leggo sul giornale
che aggiunge: il tir
partendo in fretta e furia
con una ruota ha calcato il capo spento
di uno dei morti, schiacciandolo
facendone scempio.
 
Vedo
la scena tutta: la strada, il grande camion
il cumulo maleodorante dei rifiuti
la fretta di sgravare a terra il carico
inerte, lo sguardo da lupo il fiato affannoso
le bestemmie masticate in gola
di chi scaglia tra i residui i residui
corpi. Vedo
il camion pesante macigno, il fumo
dei gas di scappamento, il crocchiare
orribile che non posso, non posso dire.
E vedo ancora
come sacchi quei corpi rotti
che attendono l'alba, il giorno, il passaggio
delle automobili, il sole
che alto si leva, il tempo
che passa e che fermenta, finche' viene
qualcuno e si ferma
ed e' tardi.
Poi vedo che arrivano uomini molti,
si fermano auto e furgoni, ed e' tardi.
Vengono le telecamere, le macchine
fotografiche, un momento ancora,
ancora un momento prima di gettare
un velo pietoso, il pubblico cannibale
vuole vedere il sangue, lo scempio.
Poi tutto si avvolge. Tutto torna nero.
Tutto resta nero, e nel nero un piu' cupo
nero che sembra quasi rosso. E un silenzio
tumescente.
 
Leggo il giornale, uno dei poveri
cristi ammazzati cosi' dalle leggi di Schengen e dalle mafie
transnazionali cui lo stato ha appaltato
il mercato del diritto a fuggire
dalla morte altra morte trovando,
leggo il giornale uno dei cristi poveri
stringeva ancora in mano una piccola, una piccola coroncina
da preghiera.
 
Mentre affogavano tra le balle di cotone
pregavano, pregavano i miseri clandestini.
 
Ascoltala tu la loro pia preghiera.
Ascoltala tu, che leggi queste righe.
Tu poni mano a far cessar la strage.
 
Ipocrita lettore, mio simile, mio frate.
Ascoltala tu la voce dei morti
e poni mano tu, poniamo mano insieme, a far cessar la strage.
 
33. IN MEMORIA DI ALDO CAPITINI, NEL XXXIV ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA
 
In fervido silenzio alleluiando
moveva in fiera ascesi e in soave ascesa
la' verso Assisi di Perugia andando
lieve viandante a niun recando offesa.
 
Diceva la sua nascita esser quando
diceva un tu, e che l'anima in attesa
gia' si tendeva inver l'altrui dimando
tutta gioiosa, a comunione intesa.
 
Dell'umanita' intera era fratello,
dei morti e dei viventi la vitale
sentiva compresenza, e il buono e il bello
 
sapeva essere nel dir corale
e nel corale agire, impegno e appello
che costruisce il bene e vince il male.
 
34. A ERASMO DA ROTTERDAM, NELL'ANNIVERSARIO DELLA NASCITA
 
Nel secolo che uccidere era il primo
mestiere, un uomo sorse, fiero e fermo
a dire no alla guerra, e in tanto limo
di concave retoriche, il suo sermo
 
fu chiaro e saldo: no alla guerra, fimo
dei vizi tutti e divorator vermo,
fomento a tutti i vizi e manto opimo
sol di carnefici e ai malvagi schermo.
 
Ah, Desiderio Erasmo, la parola
che fu piu' tua, il motto no alla guerra
ancora e' nostra, ancora in alto vola
 
chiama a raccolta ovunque sulla terra
chi no alla guerra dice, e fa che fola
la pace non sia piu', ma man che afferra.
 
35. VIAGGIANDO IN TRENO
 
Un ragazzino in canottiera nera
e sulla canottiera una scritta
che non riesco a leggere, e una croce
celtica.
 
E' biondo, roseo, ha gli occhiali
lo sguardo da miope, gentili
i lineamenti del volto.
 
Lo guardo e mi chiedo se sa
che quella maglietta che indossa mi dice
che mi destinerebbe ai forni ancora.
 
Suadente la voce che risuona
dall'alto per tutto il vagone
(voce da commesso di grandi magazzini)
ci avverte della prossima fermata.
 
36. LA FIRENZE DI GIORGIO LA PIRA
 
C'e' una Firenze di Giorgio La Pira
citta' benigna, forte costruttrice
di pace e di dialogo, che aspira
a unire in un concento d'ogni altrice
 
cultura tutte le voci, e la lira
appende ai salici quando non lice
cantare perche' gente illira o assira
e' vittima di guerra, ria matrice
 
di strazio e lutto all'umanita' intera.
Questa Firenze saggia e confidente
citta' ospitale per l'afflitto, e austera
 
nell'opposizion netta e intransigente
alla violenza, all'oppressione nera,
citta' di pace fiera ed accogliente.
 
37. BALLATA IN MEMORIA DI DOROTHY DAY, APPROSSIMANDOSI IL CV ANNIVERSARIO DELLA NASCITA E IL XXII ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA
 
Dorothy Day, persona amica
all'oppressione si ribello'
conobbe il carcere e la fatica
ma alla sua lotta non rinuncio'.
 
Dorothy Day, persona viva
con chi soffriva fu solidale
alla menzogna non fu mai corriva
e mai si arrese dinanzi al male.
 
Dorothy Day, nostra sorella
fu religiosa e fu libertaria
a questo mondo la cosa piu' bella
e' condivider la sorte dei paria.
 
Dorothy Day, nostra compagna
tanto era dolce quanto era forte
non ammetteva la fuga o la lagna
e combatteva il male e la morte.
 
Dorothy Day, acuta coscienza
tenace agire, sguardo profondo:
fu la sua scelta la nonviolenza
per rovesciare e per salvare il mondo.
 
38. ANCORA PER DOROTHY DAY NEL CV ANNIVERSARIO DELLA NASCITA, UN FALSO SONETTO CAUDATO
 
"Sentir tudo de todas as maneiras"
(Fernando Pessoa)
 
Si puo' essere anarchici e cattolici
la gioia condividere e il dolore
si puo' essere concreti e anche simbolici
si puo' esser tutto insieme, se ne hai il cuore.
 
Si puo' esser libertari ed apostolici
condividere le tenebre e le aurore
si puo' essere inurbati e ancor bucolici
si puo' esser tutti insieme, se hai l'amore.
 
Condividere la fame, e lo spauro,
nella notte greve e gelida il giaciglio,
la prigione condividere e l'oscuro
 
faticare per un sorso di vermiglio
poco vino e per un tozzo di pan duro:
esser fuoco che divampa, ed albo giglio
 
che non ve n'e' il simiglio:
compagna degli oppressi, seguace all'agnus dei
"di Dio il dono" Dorotea Day.
 
39. NELL'ANNIVERSARIO DELLA NOTTE DEI CRISTALLI
 
Nella notte tra il nove ed il dieci novembre
dell'anno millenovecentotrentotto, nella Germania
che fu di Goethe e di Heine, di Hegel e di Beethoven
caduta in pugno alla ciurma hitleriana
fu scatenata la strage che reca
questo nome orribile di notte dei cristalli.
 
E tu che leggi queste spente righe
fermati a considerare
e accendi una lampada ancora
a fare luce, a far memoria delle vittime,
a tener sveglia l'umanita' sempre.
 
40. TRA IL SETTEMBRE E IL NOVEMBRE DEL '38
 
Tra il settembre e il novembre del '38 la barbarie
razzista fu eretta a legge in Italia
dall'infame regime fascista e con l'avallo
di scienziati, ma non sapienti,
che la parte di loro oltracotata
al servizio del male miseri misero.
 
Oggi che su quell'orrore si pretende
l'oblio, e che nuove leggi razziste
deturpano il nostro paese e la vita di tutti minacciano,
ricordati tu di quell'infamia, e ricorda
le vittime di allora e di oggi, e chi allora
disse di no, e oggi.
 
Tra esse vittime, tra essi resistenti,
anche la tua tenda decidi di piantare.
 
41. SETTE COMMENTI A VINOBA NEL XX ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA
 
"Vinoba e' un fuoco che brucia e una lampada accesa"
(Lanza del Vasto, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Jaca Book, Milano 1980, p. 212)
 
I. Disse Vinoba: "Quando parla un re si muovono gli eserciti. Quando parla un fakir si muove soltanto la sua barba" (in Shriman Narayan, Vinoba, Cittadella, Assisi 1974, p. 267).
 
Felice colui la cui parola
solo muove una barba, felice
colui la cui parola e' solo balsamo
ed agli eserciti tutti si oppone.
*
II. Disse Vinoba: "In democrazia la pistola e' stata sostituita dal voto" (in Shriman Narayan, Vinoba, cit., p. 163).
 
Lo sciopero e il voto, diceva il priore
di Barbiana; e per stringere ancora:
l'esempio, e null'altro.
*
III. Disse Vinoba: "si deve agire: 1) civilmente, cioe' entro i limiti che ci si e' posti; 2) in una forma ordinata, non ammettendo alcuna infrazione di disciplina da alcuna parte; 3) apertamente, cioe' senza nascondere nulla e senza alcuna simulazione o inganno; 4) con fermezza, presentando le proprie richieste minime in relazione alla questione controversa e non cedendo finche' non sono state soddisfatte. Qualunque punizione venga inferta per una tale infrazione all'ordinamento giuridico dovrebbe venire subita con animo lieto e senza alcun sentimento di odio. Una formazione di questo tipo dovrebbe entrare nel cuore della gente e a questo fine dovrebbe trovare un posto stabile nella pedagogia e nei codici etici della nazione" (in Shriman Narayan, Vinoba, cit., p. 115; ed anche in Lanza del Vasto, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Jaca Book, Milano 1980, p. 218).
 
La scienza dell'attaccamento alla verita'
(ma anche: del contatto con l'essere,
dell'adesione al buono che e' vero, la forza
dell'amore) questo richiede, e non altro:
responsabilita'
il rispondere al volto muto e sofferente
dell'altro, il rispondere della sofferenza
altrui, che diviene la tua:
il sentire che tutti siamo uno
(che una e' la carne, diceva Danilo).
*
IV. Disse Vinoba: "Sto cercando di camminare sulle orme del Budda e di Cristo. Voglio soltanto che il fiume di compassione - oggi asciutto - torni a scorrere" (in Shriman Narayan, Vinoba, cit., p. 222).
 
Lo appresi da Sancho, ed ero ancora giovane:
la misericordia e' quella giustizia
che invera la giustizia
ed oltre la giustizia apre una via
e lungo questa via si puo' salvare il mondo.
*
V. Disse Vinoba: "Che cosa e' il satyagraha? Senza rimanere scossi da piacere e dolore cerchiamo di portare alla luce cio' che vi e' di buono nell'avversario. Questo e' il senso di cercare il buono in ogni essere umano, questa e' la base del satyagraha. Tutti i programmi di dono sono basati su questa fede. L'intero programma del sarvodaya (elevazione di tutti) e' basato sul vedere il buono in ogni essere umano (Vinoba, Gandhi. La via del maestro, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1991, p. 36).
 
In ogni essere umano la favilla
ancora arde dell'umanita'
la nostra lotta e' questo riscattare
l'umanita' di tutti, ed in ognuno.
*
VI. Disse Vinoba: "Gandhiji ha spiegato la differenza tra 'resistenza passiva' e satyagraha nei termini seguenti: 1) l'amore non ha posto nella resistenza passiva. La malevolenza non ha posto nel satyagraha. 2) La resistenza passiva sovente precede la resistenza armata. Il satyagraha preclude la resistenza armata. 3) Non si puo' opporre resistenza passiva ai propri amici e parenti. Si puo' rivolgere il satyagraha anche verso chi si ama. 4) L'idea soggiacente alla resistenza passiva e' di preoccupare e mettere in imbarazzo l'avversario. Il satyagraha preclude idee di questo genere" (Vinoba, Gandhi. La via del maestro, cit., pp. 60-61)
 
La nonviolenza e' attiva
e' lotta e contemplazione a un tempo
e' riconoscimento e suscitamento del conflitto, e via
a piu' alte e fraterne e sororali
contraddizioni, a piu' profondi
sororali e fraterni incontri.
*
VII. Disse Vinoba: "Se verro' a sapere che un uomo ha dato cedendo alla minaccia o a qualche altra costrizione, gli rendero' subito cio' che e' suo" (in Lanza del Vasto, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, cit., p. 102).
 
Il dono vince la violenza
la generosita' sconfigge la paura.
Lo vedi da te, la nostra lotta
convincere vuole, che e' vincere insieme.
 
42. UN'EPIGRAFE
 
"Ah, che tristezza esser quelli che siamo,
gli antichi archivisti fin dai tempi di Adamo"
(Ireneo Funes, Opera omnia, Suppl. I, 1890)
 
43. UN SONETTO IMPROVVISATO DURANTE LA COMMEMORAZIONE DI VINOBA A VITERBO IL 15 NOVEMBRE 2002
 
Tre cose di Vinoba reco incise
- un motto, un movimento, una campagna -
nel cuore, e voglio che mi sian divise
stemma e cartiglio, antiche qual montagna.
 
Vittoria al mondo, il motto che conquise
ingenti masse a lottar senza lagna
perche' sia pace a tutti  in chiare guise;
tirandoli su' per la cuticagna
 
il movimento per l'elevazione
di tutti, amore che ogni cosa ingloba;
e il dono della terra, forte azione.
 
Lo sguardo limpido, la vita proba
il camminar persona in comunione:
l'eredita' feconda di Vinoba.
 
44. UNA PREGHIERA A PADRE ANGELO CAVAGNA, GIUNTO AL VENTESIMO GIORNO DI DIGIUNO PER UNA FINANZIARIA DI PACE E LA DIFESA POPOLARE NONVIOLENTA. IN FORMA DI SONETTO CAUDATO CON UN VERSO DANTESCO IN CHIUSA
 
Si', angelo vuol dire messaggero
e Angelo Cavagna da molti anni
e' annunziatore e costruttore fiero
e mite di giustizia e pace. Sganni
 
la sua testimonianza chi del nero
mortifero potere gli empi inganni
subisce ancora; e sveli il nudo vero:
la guerra reca solo morte e affanni
 
all'umanita' intera, e avere armi
e' gia' la guerra, e' gia' preparar stragi.
Dei laudatori della morte i carmi
 
nessuno ascolti, e gli atti dei malvagi
contrasti ognuno. Solo se disarmi
l'umanita' la salvi dai naufragi.
 
Accogli i miei suffragi
ed interrompi, Angelo, il digiuno
"ch'ad ogni merto sara' giusto muno".
 
45. NELL'ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI LEONE TOLSTOJ
 
Con quell'aspetto fiero di leone
nell'animo il tormento dell'asceta
che si vuol Lazzaro e si sa Epulone
in lotta contro se', la dura pieta
 
con fermo sostenendo di profeta
cuore, e con sguardo senza remissione,
e voce alta e fonda di poeta,
di Astapovo arriva alla stazione
 
un vecchio. Gia' la morte lo sogguarda
e aspetta che si spenga la coscienza
per trarselo nel nulla la beffarda
 
nera signora, ma nella sua essenza
vive Leone ancora e sempre arda
di luce il suo messaggio: nonviolenza.
 
46. RILEGGENDO PIPPO FAVA
 
E' una frase retorica bella
e trita e bugiarda, la frase che dice
che quando muore una persona buona
cento altri sorgono a prendere il suo posto.
 
Quegli occhi che videro la luce
sono spenti per sempre.
Quelle mani, quella voce, per sempre
ridotte a nulla.
Quell'inesausta voglia di vivere
divorata per sempre dall'orco.
 
Restano le opere, frutto dei giorni
e dell'orgoglio di essere vivi.
Restano queste parole che adesso rileggo
e che prolungano la lotta di un giusto.
 
Quel che non muore e' solo quel che lasci,
quello che agli altri doni,
la decisione presa, una volta per sempre.
 
47. LUNGO IL CAMMINO
 
Per narcisismo o per disperazione
si lotta un giorno o forse per dieci anni
ma quella lotta non arriva all'orlo
del pozzo e non ne trae l'acqua per tutti.
 
Spinti dall'ira e spinti dallo studio
molte gesta si compiono, le grandi
gesta si compiono, ma non si apre
via alla salvezza, di tutti, per tutti.
 
Altro bisogna, e quell'altro e' l'amore
che scava pozzi e costruisce strade
alla sete, all'andare di tutti
verso quel luogo che e' il luogo ove tutti
abbiano il loro luogo, e il buon cammino
e il sorso d'acqua e la gioia dell'ombra.
 
48. DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
 
Le cose difficili diventano facili.
La strada lunghissima, a ogni passo
diventa piu' corta. Tu
migliori ogni volta che fai la cosa giusta.
 
La nonviolenza e' questo cammino.
Che invece di stancarti ti fortifica.
 
49. AGLI IMPRIGIONATI PER LA PACE, NELLA GIORNATA IN CUI SI RENDE LORO ONORE
 
Fedeli alla coscienza, salvatori
del mondo che l'orrore della guerra
minaccia, nella cella che li serra
stanno sereni e forti gli obiettori
 
imprigionati perche' costruttori
di pace e di giustizia, e sulla terra
sono i piu' liberi perche' non erra
chi ha dato piu' che incensi e piu' che ori
 
in dono splendido alle genti tutte:
se stesso ha dato, ed un esempio forte;
li' tra le sbarre, le pupille asciutte,
 
nulla curando i ceppi e le ritorte,
si oppone a che altre vite sian distrutte
e sbarra il passo alle stragi e alla morte.
 
50. EPISTOLA A GIOVANNI BENZONI IN OCCASIONE DEL SECONDO SALONE DELL'EDITORIA DI PACE CHE SI TIENE IN VENEZIA DAL 6 ALL'8 DICEMBRE 2002
 
Caro Giovanni, rullano i tamburi
di guerra, dalle piste di decollo
ruggiscono di gia' dei bombardieri
le voci soverchianti, e dagli schermi
delle televisioni la menzogna
gia' eccita alle stragi. Noi sappiamo
che e' l'ora di resistere, di essere
lucidi e onesti con noi stessi e il mondo.
 
A questa resistenza che si fonda
sulle ragioni dell'umanita'
(del cuore e della mente le ragioni)
noi diamo un nome, e il nome e' nonviolenza.
 
A questa resistenza costruttrice
di pace e dignita', senza quartiere
in lotta contro il male e la menzogna
noi diamo un nome, e il nome e' nonviolenza.
 
A questa resistenza apporta grandi
strumenti, esempi, voci ed esperienze
questo in Venezia secondo salone
di libri per la pace e la giustizia.
 
Anch'io di lungi te ne sono grato.
 
51. PER IVAN ILLICH
 
"Vivere? Vivere come? chiese la voce dell'anima"
(Lev Tolstoj, La morte di Ivan Il'ic)
 
Giace Ivan Illich, mondo come invecchi
e muori foglia a foglia, stella a stella
ti estingui e questo estinguersi e' la vita.
 
Ma questa vita pure e' luminosa
di stelle, foglie, vento dalle mille
e mille voci, e in questo vento tratti
 
noi siamo, in scaglie di esso consistiamo.
E insieme siamo questa unica impresa
dell'umanita' intera: la tenace
azione che giustifica e che salva
il mondo, e che chiamiamo
con la parola tenera di pace.
 
E non e' morto allora Ivan Illich
dite piuttosto: Illich e' vissuto
e nell'umanita' non morira'.
 
Alla tua tomba questo reco grano
di pia memoria, d'ima gratitudine.
 
52. AI CARI AMICI DELLA RETE LILLIPUT RIUNITI IN QUESTI GIORNI A VICO EQUENSE
 
Abbiate pace, abbiate forza e gioia.
 
Ci attendono, amici, tempi assai duri
di tutta la vostra bonta', di tutto l'ingegno
di ognuno di voi, avremo bisogno.
 
Tenaci e pazienti, rendere gli oscuri
eventi infine chiari, e' il primo impegno
e rendere realta' quel che ora e' sogno.
 
La guerra che gli spirti mali e furi
van preparando, trovi nel convegno
vostro la resistenza che io agogno.
 
La resistenza di saldi e sicuri
amici della nonviolenza, segno
di verita' e di speme, fabbisogno
 
forte di cuori puri,
e venga infine il regno
di libere e di liberi ed eguali, antico sogno,
 
quell'utopia concreta che e' in cammino
coi vostri passi, tenero ed audace
il vostro essere e fare un mondo nuovo.
Che molto approvo, e vi sono vicino
e ancora abbiate gioia, forza, pace.
 
53. AI PARTECIPANTI AL SEMINARIO DELLA TAVOLA DELLA PACE DEL 7 DICEMBRE 2002
 
Fermare la guerra e' oggi per tutti
il primo dovere, la prima esigenza
fermare la guerra, con scienza e coscienza,
fermare la guerra, che non sian distrutti
interi paesi, umana semenza,
speranza di vita, di pace i bei frutti:
fermare la guerra, impedire altri lutti.
Vi e' un modo soltanto: e' la nonviolenza.
 
54. TRE QUARTINE SUL CONCETTO DI COSCIENZA
 
E' la coscienza scienza dell'insieme
e insieme e' riconoscersi cosciente
dialogo dell'io e del tu, e al niente
opporre l'esserci e l'aprirsi seme.
 
Di Antigone la scuola dura e chiara
ti convoca a sapere che sei tu
il responsabile di cio' che piu'
ti preme: la tua azione non sia avara.
 
Nell'ora della scelta, che non cessa,
per buffo paradosso l'obiezione
netta della coscienza e' affermazione
della coscienza netta, in pace espressa.
 
55. UN'IMPROVVISAZIONE PROSODICA
 
Accadde in Grecia, accadde nella fosca
citta' in cui la famiglia dei regnanti
sbranava se' e rivelava al mondo
cosa si cela anche nella famiglia,
di che consista l'arte di governo.
Accadde a Tebe, sorse una fanciulla:
Antigone, che in faccia al re, al parente
al maschio, al suocero veniente, e al mondo
oso' dire di no al comando dato.
E fece nascere, un lampo dal suo petto
questa idea nuova, questa idea splendente
con cui l'umanita' non e' piu' serva
ma lotta infine per la vita vera:
coscienza.
 
Secoli corsero e ancora e ancora secoli
sempre re sempre capi sempre maschi
ordinavano il mondo e ordinavano alle genti
l'arte sublime di sfracellarsi i corpi
a maggior gloria del potere loro.
Secoli corsero e sorsero sovente
persone buone che all'ordine infame
seppero opporsi, e fecero sovente
di Antigone il cammino fino all'orco
della coscienza in nome.
 
Secoli corsero e giunse infine il secolo
della Shoah e della bomba atomica,
d'Hiroshima di Nagasaki di Auschwitz
il secolo, contratto in un momento: kairos
l'ora di verita', rivelazione
apocalypsis della potenza tecnica
di far cessare l'umanita' e il mondo.
 
E per salvare il mondo e per salvare
l'umanita' quella sola risorsa
di Antigone ci resta, la coscienza.
 
Trent'anni fa la legge del paese
dove il si' suona e in cui malvivo vivo
infine rese onore a quanti vollero
pensosi i propri passi e lenti mettere
alla sequela della saggia Antigone:
da allora e' legge anche dello stato
quella che sempre di coscienza e' stata
legge nei cuori incisa: non uccidere,
non fare scempio della vita altrui,
i corpi che son vivi o sono stati
tu non ridurli a cosa, non trattarli
come fu in sorte alla salma di Achab.
 
Trent'anni fa giungeva a una vittoria
in questa terra almeno
la lotta che costo' il carcere a molti
(e ancora costa e a molti anche la vita
in tante terre dell'unico mondo).
La legge dello stato dichiarava
che giusto e' opporsi alla guerra e agli eserciti
poiche' ogni guerra e' massa di omicidi,
messe di vittime, irredimibil colpa,
poiche' ogni esercito e' scuola di assassinii.
 
Ma quella lotta deve proseguire:
ancora eserciti vi sono, e guerre
che possono portare alla catastrofe
dell'umanita' intera, all'estinzione
della comune impresa che chiamiamo
la civilta' delle donne e degli uomini.
 
E occorre allora ancora e ancora e ancora
lottare perche' sia abolita infine
la guerra, e gli strumenti suoi aboliti
anch'essi siano: eserciti, armi, imperi.
 
Molto e' da fare, alcune strade vedi
gia' chiare: la difesa popolare
nonviolenta, e nonviolente molte
azioni costruttive ed esperienze
storiche, le esperienze che ci insegnano
che puo' l'umanita' esser salvata
da un impegno comune che impedisca
le guerre e che sconfigga le oppressioni.
E' la speranza ed il messaggio grande
del movimento delle donne, il cuore
di quella - di ora e sempre - Resistenza.
 
Trent'anni fa, e pare quasi un soffio.
Che non si spenga il lume che da Tebe
accese Antigone e ancora ci rischiara.
 
56. CANTATA PER DANILO
 
Giunse Danilo da molto lontano
in questo paese senza speranza
ma la speranza c'era, solo mancava
Danilo per trovarcela nel cuore.
 
Giunse Danilo armato di niente
per vincere i signori potentissimi
ma non cosi' potenti erano poi,
solo occorreva che venisse Danilo.
 
Giunse Danilo e volle essere uno
di noi, come noi, senza apparecchi
ma ci voleva di essere Danilo
per averne la tenacia, che rompe la pietra.
 
Giunse Danilo e le conobbe tutte
le nostre sventure, la fame e la galera.
Ma fu cosi' che Danilo ci raggiunse
e resuscito' in noi la nostra forza.
 
Giunse Danilo inventando cose nuove
che erano quelle che sempre erano nostre:
il digiuno, la pazienza, l'ascolto per consiglio
e dopo la verifica in comune, il comune deliberare e il fare.
 
Giunse Danilo, e piu' non se ne ando'.
Quando mori' resto' con noi per sempre.
 
57. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Letture
- Marco Belpoliti, Primo Levi di fronte e di profilo, Guanda, Milano 2015, 2016, pp. 736, euro 38.
 
58. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
59. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4018 del 17 febbraio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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