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[Nonviolenza] Archivi. 450
- Subject: [Nonviolenza] Archivi. 450
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Tue, 16 Feb 2021 07:19:09 +0100
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Numero 450 del 16 febbraio 2021
In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di novembre 2020 (parte quarta)
2. Ricordando Aldo Natoli e Luciano Gallino
3. Il generale ai suoi prodi
4. Miriam Makeba e le sue sorelle
5. Marco Santagata
6. Una cosa da fare subito: ridurre drasticamente il trasporto aereo
1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI NOVEMBRE 2020 (PARTE QUARTA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di novembre 2020.
2. RICORDANDO ALDO NATOLI E LUCIANO GALLINO
Ricorre quest'oggi, 8 novembre 2020, il decimo anniversario della scomparsa di Aldo Natoli ed il quinto anniversario della scomparsa di Luciano Gallino, che entrambi annoveriamo tra i nostri maestri.
Alla scuola delle loro scelte, all'ascolto delle loro esperienze e riflessioni, leggendone le opere di studiosi e militanti, abbiamo appreso e confermato verita' necessarie, preso decisioni impegnative ed irrevocabili, siamo entrati e restati anche noi nella lotta contro tutte le oppressioni, contro tutte le ingiustizie, in difesa dell'eguaglianza di diritti di tutti gli esseri umani, per contrastare la barbarie dei poteri dominanti e costruire una societa' libera, giusta e solidale in cui da ciascuna persona sia dato secondo le sue capacita' ed a ciascuna persona sia dato secondo i suoi bisogni.
La nonviolenza in cammino si nutre di molte radici, conosce molte compagne e molti compagni, s'invera in molteplici vicende di resistenza all'inumano, convoca a riconoscere e contrastare la violenza, a recare soccorso a chi soffre, a costruire la liberazione comune, a condividere il bene ed i beni.
Tra i molti maestri e compagni alla cui sequela ci siamo posti anche Aldo Natoli e Luciano Gallino ricordiamo, con gratitudine che non si estingue.
*
Un ritratto di Aldo Natoli scritto da Rossana Rossanda (2003)
Su Aldo Natoli riproponiamo ancora una volta il seguente profilo scritto da Rossana Rossanda e pubblicato sul quotidiano "Il manifesto" del 20 settembre 2003 in occasione del suo novantesimo compleanno.
Rossana Rossanda: Un amico
Aldo Natoli e' un bellissimo uomo che compie oggi novanta anni. Asciutto, scattante, elegante - mi si permetta di cominciare in questo modo poco canonico.
Lo conobbi verso la meta' degli anni cinquanta, e mi colpi' quanto poco somigliasse al comunista popolano anzi plebeo cantato da Pasolini e che i "romani" opponevano con ironia a noi milanesi cultori del poco pittoresco proletariato di fabbrica.
Aldo Natoli non era certo un'anima semplice, e aveva un passato favoloso: era stato un cospiratore antifascista, condannato da uno degli ultimi processi del regime, aveva fatto la Resistenza e poi, primo segretario della federazione, aveva costruito il partito comunista a Roma. Dal Campidoglio aveva lanciato con "L'Espresso" la campagna "Capitale corrotta, nazione infetta", era deputato, era medico, sapeva di letteratura francese quasi quanto il fratello Glauco, e tutto di storia e politica del Novecento. E sempre senza scomporsi parlava al microfono d'una piazza, della Camera, in borgata o si appartava a leggersi i lirici tedeschi. Insomma un compagno importante, non molto piu' grande ma quanto bastava per impormi rispetto.
Lo trovavo al comitato centrale, dove arrivavo assai dopo di lui e alla Camera e a "Rinascita" - nel breve periodo in cui Togliatti la cambio'. Ci riconoscevamo presto come coloro fra i compagni cui la fine degli anni cinquanta poneva molti interrogativi. Non quelli sull'Urss, che ci avevano angosciato nel 1956 e avrebbero indotto Natoli a lavorare sullo stalinismo; ma una domanda sul Pci davanti alla prima grande modernizzazione del paese, che ne cambiava lo scenario sociale. Un giorno che ero calata da Milano per non so quale riunione, mi invita a colazione come niente fosse in via Veneto (il poverismo del 1968 non era ancora di moda, si era poveri davvero) e al momento di pagare scopri' di non avere il portafoglio. Un gentiluomo assai confuso e io deliziata della sua confusione, da quel momento diventammo amici.
Assieme o da vicino e da lontano, formavamo con altri quella sinistra ingraiana, che Ingrao non si sogno' mai di organizzare - e non si organizzo' mai come frazione; erano comuni le domande, i dubbi, il confronto delle diverse esperienze -, l'Italia cambiava, l'economia era partita nel boom, mutavano le soggettivita' operaie, specie degli immigrati dal sud al nord, mutavano i costumi e i valori privati. L'estate del 1960 vide i ragazzi in maglietta a striscie scendere in strada a Genova e, assieme ai portuali, cacciare i fascisti del Msi. La Cgil, dove aveva preso un grande ruolo Trentin alla testa della Fiom, cresceva. Alle elezioni del maggio 1963 il Pci fece un balzo in avanti, la Democrazia cristiana prese un colpo solenne e Aldo Moro pianse a San Pellegrino. Insomma andavamo forte, ma andavamo giusto?
Con Aldo si compartiva un dubbio di fondo: il gruppo dirigente era persuaso che il capitale fosse incapace di fare il suo mestiere e che l'apertura della Dc ai socialisti avrebbe trascinato anche noi al governo. Noi dubitavamo e degli effetti della modernizzazione capitalista e del centrosinistra.
Io ero ormai a Roma, responsabile degli intellettuali a Botteghe Oscure dove demolivo coscienziosamente le commissioni dei pittori, cinematografari, scrittori, scienziati comunisti che venivano a prendere la linea, convinta che su questi terreni il Pci non dovesse metter becco, occupandosi invece sul serio degli apparati ideologici dello stato, impostando una ricerca non "marxista leninista" o "nazional popolare" ma marxista, cosa poco praticata e anzi sospetta.
Natoli lo incontravo nel Comitato centrale, dove avanzavamo le prime sortite - il mondo si muoveva, l'Algeria si liberava, cominciava l'agitazione nei campus americani sui diritti civili, contro la guerra al Vietnam. Della quale Natoli si occupava specialmente e con cui tesse' rapporti che durarono a lungo. Non ci persuadeva la pacifica coesistenza mentre gli Usa compivano l'escalation militare. E si era aperta la falla tra Urss e Cina.
Molti di noi volevano andare a fondo in quello spaccarsi della terra e delle idee. E neppure ci rendemmo conto quanto fastidio dessimo. Con la morte di Togliatti si era aperta la successione, era una battaglia di linea fra Amendola e Ingrao. Nel 1966 all'XI congresso Berlinguer si alleo' ad Amendola e si passo' allo sterminio degli ingraiani. Io ero gia' stata liquidata nel 1965, e non pianse nessuno. Natoli restava un outsider a Roma, mentre Pintor, Magri, Castellina furono tutti emarginati.
Col risultato che - esplosione del 1968 e invasione della Cecoslovacchia aiutando - quello che sarebbe stato "Il manifesto" dette battaglia da tutte le parti: esprimevamo inquietudini e bisogni comuni. Al XII congresso nel 1969 arrivammo solo in tre con diritto di parola, Natoli, Pintor ed io, e solo io con diritto di voto: il meccanismo delle recinzioni era perfetto. Parlammo per tre mattine di fila, ascoltati da una immensa sala che si riempiva presto per assistere al torneo, giornalisti inclusi - i comunisti adoravano il dissenso di sinistra purche' alla fine rientrasse.
Natoli, Pintor ed io fummo riproposti al comitato centrale. Ma non avemmo piu' nessun incarico - ammessi ma all'indice. Cosi' nacque l'idea di dare alle nostre idee una continuita', un laboratorio - una rivista.
Aldo Natoli, Lucio Magri, Luigi Pintor, Luciana Castellina, Ninetta Zandegiacomi, Valentino Parlato ed io pensammo che stavamo sfidando il partito e imponendo un dibattito. Il dibattito dilago' ma, in capo a tre comitati centrali, il Pci ci mise fuori. Proprio ad Aldo, Paolo Bufalini doveva dire che i sovietici avevano messo in riscossione la cambiale - che forse Berlinguer aveva simbolicamente firmato riproponendoci in comitato centrale dopo i forti attacchi all'Urss. Nella seduta del Comitato centrale del 24 novembre 1969 ci tenevamo vicini, Natoli, Pintor ed io, quando si aprirono le porte, sempre sbarrate, ai fotografi perche' fotografassero liberamente i reietti. Fu Aldo a fare la dichiarazione finale e non gli perdonarono di avere detto, con l'abituale nettezza, che si poteva essere comunisti senza la tessera del Pci.
Aldo scrisse sul "Manifesto" mensile fin dal primo numero - discutevamo assieme tutto piu' volte alla settimana. A lui interessava naturalmente di batter la linea di Amendola e la voglia di entrare al governo, ma il suo lavoro piu' profondo era sul Vietnam e la controversia fra Urss e Cina, che investiva la natura stessa d'una transizione e l'idea del socialismo.
Sul "Manifesto" la rivoluzione culturale cinese fu approfondita con documenti e analisi come in nessun'altra parte d'Europa, con l'aiuto di Lisa Foa e Maria Regis.
Ma Aldo fu anche d'accordo con l'avventura del quotidiano proposta da Luigi Pintor, se pur la famosa grafica di Trevisani non lo entusiasmo'. Lo irritava supremamente il dover attenersi non alla dimensione del ragionamento ma a quella della messa in pagina. Ma lavorammo felici, Lisa Foa, lui ed io ed un solo giornalista vero, Luca Trevisani. Eravamo tutto il giorno in via Tomacelli a pesare fra le avare agenzie, e a commentare il mondo, come allora nessun giornale faceva e da noi imparo' a fare. Solo che Aldo non si divertiva affatto nel casino che imperversava in un quotidiano povero, militante, pieno di ragazzi che aborrivano ogni disciplina e piu' inclini allo slogan che alla riflessione, e che in piu' si doveva fare e chiudere in fretta. Eternamente un semilavorato, non c'era mai tempo di discutere a fondo qualcosa. Ma questa era una questione di metodo, che bruciava alla sua cultura esigente.
Piu' grave fu il suo dissenso sul fare del "Manifesto", che era ormai una societa' diffusa, un vero e proprio partito. Tutta l'ondata del sessantotto tendeva a coagularsi in gruppi, che ci annusavano, diffidando peraltro di noi ex comunisti, quindi sospetti di non farla facile e di eccessi di prudenza. Natoli preferiva un lavorio alla base che una organizzazione verticalizzata e il confronto con gruppi leaderisti e tendenti all'estremismo. Ma anche la maggior parte di quella che stava diventando la nostra base premeva per darsi una organizzazione, un nome, un peso nelle citta' dove operava, non le bastava leggere e diffondere "Il manifesto", premeva per una accelerazione.
Su questo la pensavamo diversamente e la divisione avvenne sulle elezioni del 1972: essere presenti o no? Assenti, dicemmo Natoli ed io. Presenti, dissero Pintor e Parlato e quasi tutto il "Manifesto" periferico. Presenti disse, dopo una esitazione, Magri che dirigeva la rete centrale e periferica. La gente accorse in grandiosi comizi, ci applaudi' e voto' per il Pci, scatto' il voto utile. Disperdemmo un milione di suffragi. Natoli si dimise dal gruppo dirigente.
Continuo' a scrivere sul giornale, ma allora fini' la storia comune con "Il manifesto", che avrebbe conosciuto altre separazioni, speranze e delusioni.
Aldo continuo' a lavorare con alcuni circoli di Roma, e si deve anche a lui se furono a lungo attivi e riflessivi.
Ma in lui si faceva sempre piu' forte il bisogno di interrogarsi sulla storia del movimento comunista - e a questo si dedica da allora, spesso in collaborazione con l'Universita' di Urbino.
Negli archivi dell'Istituto Gramsci avrebbe incontrato il carteggio di Gramsci con Tatiana Schucht, sul quale nessuno s'era ancora soffermato. Gramsci fra partito in carcere e partito a Mosca, Gramsci e la sua famiglia, una storia straziante e decisiva per capire molte cose. Natoli fu il primo a inoltrarvisi, con scrupolo da filologo e intelligenza di mezzo secolo di milizia comunista. Non fu accolto con grande entusiasmo ne' dall'Istituto Gramsci ne' dagli storici di professione, che non amano le incursioni dei non addetti ai lavori. E' una ricerca che continua.
C'e' un carattere "natoliano", qualcosa di indelebilmente suo? Si', c'e'. E' il rigore nel metodo, la capacita' di guardare ai processi in tempi lunghi, la diffidenza dallo scommettere sul breve termine. Sulla sua linea "Il manifesto" si sarebbe radicato di piu' nella societa', sarebbe riuscito a impedire la deriva che oggi sta portando alla fine di quella che era stata la piu' forte sinistra d'Europa? Non saprei affermarlo. Forse era tardi, le culture della sinistra erano spezzate e non componibili. Forse si soffoca nei tempi lunghi come nella stretta dei tempi brevi.
Tutte le domande che ci facemmo nella seconda meta' del secolo sono aperte. Non hanno vinto le idee in cui credevamo, e vediamo i piu' andarsene come pecore matte verso un futuro crudele pensando che eravamo noi a esser pazzi.
Pazzi? Non credo. Et s'il etait a' refaire, je referais ce chemin, ebbe a scrivere Eluard. Si', se fosse da rifare, Aldo Natoli rifarebbe questa strada. Non c'e' neppur bisogno di augurargli di essere ancora a lungo quel che e'. La storia non e' finita e gli uomini come lui hanno piantato dei semi che germineranno.
*
Una ricordo di Luciano Gallino scritto da Marco Revelli (2015)
Su Luciano Gallino riproponiamo il seguente ricordo scritto da Marco Revelli ed apparso sul quotidiano "Il manifesto" l'11 novembre 2015.
Marco Revelli: Luciano Gallino, intellettuale di fabbrica
Luciano Gallino ha scritto fino all'ultimo, fino a pochi giorni fa, quando le forze sono venute meno.
Perche' sentiva l'importanza – forse anche l'angoscia – di cio' che aveva da dire. E cioe' che il mondo non e' "come ce lo raccontano". Che il meccanismo che le oligarchie finanziarie e politiche dominanti stanno costruendo e difendendo con ogni mezzo – quello che in un suo celebre libro ha definito il Finanz-capitalismo – e' una follia, "insostenibile" dal punto di vista economico e da quello sociale. Che l'Europa stessa – l'Unione Europea, con la sua architettura arrogantemente imposta – e' segnata da un'insostenibilita' strutturale. E che il dovere di chi sa e vede – e lui sapeva e vedeva, per il culto dei dati e dell'analisi dei fatti e dei numeri che l'ha sempre caratterizzato -, e' di dirlo. A tutti, ma in particolare ai giovani. A quelli che di quella rovina pagheranno il prezzo piu' amaro.
Non per niente il suo ultimo volume (Il denaro, il debito e la doppia crisi) e' dedicato "ai nostri nipoti". E reca come exergo una frase di Rosa Luxemburg: "Dire cio' che e' rimane l'atto piu' rivoluzionario".
Eppure Gallino non era stato, nella sua lunga vita di studio e di impegno, un rivoluzionario. E neppure quello che gramscianamente si potrebbe definire un "intellettuale organico".
La sua formazione primaria era avvenuta in quella Camelot moderna che era l'Ivrea di Adriano Olivetti, all'insegna di un "umanesimo industriale" che ovunque avrebbe costituito un ossimoro tranne che li', dove in una finestra temporale eccezionale dovuta agli enormi vantaggi competitivi di quel prodotto e di quel modello produttivo, fu possibile sperimentare una sorta di "fordismo smart", intelligente e comunitario, in cui si provo' a coniugare industria e cultura, produzione e arte, con l'obiettivo, neppur tanto utopico, di suturare la frattura tra persona e lavoro. E in cui poteva capitare che il capo del personale fosse il Paolo Volponi che poi scrivera' Le mosche del capitale, e che alla pubblicita' lavorasse uno come Franco Fortini, mentre a pensare la "citta' dell'uomo" c'erano uomini come Gallino, appunto, e Pizzorno, Rozzi, Novara... il fior fiore di una sociologia critica e di una psicologia del lavoro dal volto umano.
Intellettuale di fabbrica, dunque. E poi grande sociologo, uno dei "padri" della nostra sociologia, a cui si deve, fra l'altro, il fondamentale Dizionario di sociologia Utet. Straordinario studioso della societa' italiana, nella sua parabola dall'esplosione industrialista fino al declino attuale. E infine intellettuale impegnato – potremmo dire "intellettuale militante" – quando il degrado dei tempi l'ha costretto a un ruolo piu' diretto, e piu' esposto.
Gallino in realta', negli ultimi decenni, ci ha camminato costantemente accanto, anzi davanti, anticipando di volta in volta, con i suoi libri, quello che poi avremmo dovuto constatare. E' lui che ci ha ricordato, alla fine degli anni '90, quando ancora frizzavano nell'aria le bollicine della Milano da bere, il dramma della disoccupazione con Se tre milioni vi sembran pochi, segnalandolo come la vera emergenza nazionale; e poco dopo, nel 2003 – cinque anni prima dell'esplodere della crisi! – ci ha aperto gli occhi sulla dissoluzione del nostro tessuto produttivo, con La scomparsa dell'Italia industriale, quando ancora si celebravano le magnifiche sorti e progressive della new economy e del "piccolo e' bello".
E' toccato ancora a lui, con un libro folgorante, ammonirci che Il lavoro non e' una merce, per il semplice fatto che non e' separabile dal corpo e dalla vita degli uomini e delle donne che lavorano, proprio mentre tra gli ex cultori delle teorie marxiane dell'alienazione si faceva a gara per mettere a punto quelle riforme del mercato del lavoro che poi sarebbero sboccate nell'orrore del Jobs act, vero e proprio trionfo della mercificazione del lavoro.
Poi, la grande trilogia – Con i soldi degli altri, Finanzcapitalismo, Il colpo di Stato di banche e governi -, in cui Gallino ci ha spiegato, praticamente in tempo reale, con la sua argomentazione razionale e lineare, le ragioni e le dimensioni della crisi attuale: la doppia voragine della crisi economica e della crisi ecologica che affondano entrambi le radici nella smisurata dilatazione della ricchezza finanziaria da parte di banche e di privati, al di fuori di ogni limite o controllo, senza riguardo per le condizioni del lavoro, anzi "a prescindere" dal lavoro: produzione di denaro per mezzo di denaro, incuranti del paradosso che l'esigenza di crescita illimitata dei consumi da parte di questo capitalismo predatorio urta contro la riduzione del potere d'acquisto delle masse lavoratrici, mentre la spogliazione del pianeta da parte di una massa di capitale alla perenne ricerca d'impiego distrugge l'ambiente e le condizioni stesse della sopravvivenza.
E intanto, nelle stanze del potere, si mettono a punto "terapie" che sono veleno per le societa' malate, cancellando anche la traccia di quelle ricette che permisero l'uscita dalla Grande crisi del '29.
E' per questo che l'ultimo Gallino, quello del suo libro piu' recente, aggiunge ai caratteri piu' noti della crisi, anche un altro aspetto, persino piu' profondo, e "finale".
Rivolgendosi ai nipoti, accennando alla storia che vorrebbe "provare a raccontarvi", parla di una sconfitta, personale e collettiva. Una sconfitta – cosi' scrive – "politica, sociale, morale". E aggiunge, poco oltre, che la misura di quella sconfitta sta nella scomparsa di due "idee" – e relative "pratiche" – che "ritenevamo fondamentali: l'idea di uguaglianza e quella di pensiero critico".
Con un'ultima parola, in piu'. Imprevista: "Stupidita'". La denuncia della "vittoria della stupidita'" – scrive proprio cosi' – delle attuali classi dominanti.
Credo che sia questo scenario di estrema inquietudine scientifica e umana, il fattore nuovo che ha spinto Luciano Gallino a quella forma di militanza intellettuale (e anche politica) che ha segnato i suoi ultimi anni.
Lo ricordiamo come il piu' autorevole dei "garanti" della lista L'Altra Europa con Tsipras, presente agli appuntamenti piu' importanti, sempre rigoroso e insieme intransigente, darci lezione di fermezza e combattivita'. E ancora a luglio, e poi a settembre, continuammo a discutere – e lui a scrivere un testo – per un seminario, da tenere in autunno, o in inverno, sull'Europa e le sue contraddizioni, per dare battaglia. E non arrendersi a un esistente insostenibile...
*
Anche nel ricordo di Aldo Natoli e di Luciano Gallino continuiamo nell'impegno nonviolento in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Anche nel ricordo di Aldo Natoli e di Luciano Gallino continuiamo nell'impegno nonviolento in difesa dell'intero mondo vivente, casa comune dell'umanita'.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Alla barbarie onnidistruttiva dei poteri dominanti opponiamo la lotta nonviolenta liberatrice.
Salvare le vite e' il primo dovere.
3. IL GENERALE AI SUOI PRODI
Signori
vi abbiamo vestito di stoffe e di ferro
vi abbiamo messo in mano l'arnese che morte dispensa
vi abbiamo schierato come birilli
fate il dovere vostro
Signori
voi siete soldati e soldati significa avere accettato
il soldo con cui abbiamo comprato
il vostro uccidere e il vostro morire
fate il vostro dovere
uccidete e morite
Signori
sul campo di battaglia
sul campo dell'onore
fate che possano corvi e avvoltoi
a sera banchettare delle vostre carni
Signori
cosa c'e' di piu' stupido che ammazzarsi
cosa c'e' di piu' scellerato che ammazzarsi
cosa c'e' di piu' infame che ammazzarsi
cosa c'e' di piu' superumano che ammazzarsi
dimostrate che nulla e' impossibile
date prova del vostro valore
Signori
per il re per la patria per dio
fate a pezzi quei porci e quei cani
che non credano di essere anch'essi
come noi veri esseri umani
Signori
il primo che uccide un nemico
il vostro generale gli regala
un sigaro e un terno da giocare al lotto
Signori
chi mi centra cinque teste va in licenza
nel paese del sole e del mare
Signori
e' una bella giornata il cielo e' sereno
tutto e' pronto per la mattanza
approfittiamo della luce del giorno
cominci continui la danza
4. MIRIAM MAKEBA E LE SUE SORELLE
Il 9 novembre 2008 moriva in Italia Miriam Makeba, che fu per il mondo intero la voce della lotta contro l'apartheid.
La ricordiamo con gratitudine che non si estingue. E qui di seguito riproponiamo alcune righe che un nostro amico volle scrivere alla notizia della sua scomparsa.
Lacrime per Miriam Makeba
Stava sul palco come su una barricata
la nostra sorella Miriam Makeba
con la sua voce combatteva il fascismo.
Contro il fascismo aveva combattuto
in Sud Africa, aveva combattuto
in America, aveva combattuto
ovunque nel mondo il fascismo assassino.
La nostra compagna Miriam Makeba
con la sua voce che resuscitava i morti.
Venne infine qui tra noi dove il fascismo
col nome di camorra col nome di governo
perseguita e assassina.
La nostra sorella Miriam Makeba
la nostra compagna Miriam Makeba.
Contro i poteri criminali tutti
lottava Miriam Makeba
per l'umanita' che e' una soltanto
lottava Miriam Makeba.
Stava sul palco come su una barricata
la nostra sorella Miriam Makeba
con la sua voce combatteva il fascismo.
E la sua lotta tu portala avanti.
*
Ma il 9 novembre e' anche il giorno in cui, nel 2010, moriva Elena Varossova', illustre filosofa slovacca la cui opera ancora attende una traduzione italiana.
Ed e' il giorno in cui, nel 2007, moriva Giglia Tedesco, antifascista, militante e dirigente del movimento delle donne e del movimento operaio, per piu' legislature senatrice comunista.
E il 9 novembre e' anche il giorno in cui, nel 2006, moriva Ellen Willis, militante femminista libertaria, critica musicale, acuminata giornalista e saggista.
Ed e' anche il giorno in cui, nel 2004, si toglieva la vita Iris Chang, giornalista, saggista, storica, autrice di libri dolorosi e necessari.
Qui tutte le ricordiamo come maestre e compagne; militanti contro il fascismo, il razzismo, il maschilismo; impegnate dalla parte delle vittime, in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani; testimoni di una storia comune d'impegno per la verita' e per la liberazione dell'umanita' da tutte le violenze e le oppressioni.
Con voce e con volto di donna la nonviolenza e' in cammino.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
5. MARCO SANTAGATA
E' deceduto Marco Santagata, critico e scrittore, curatore di edizioni di Dante e Petrarca.
Con gratitudine lo ricordiamo.
6. REPETITA IUVANT. UNA COSA DA FARE SUBITO: RIDURRE DRASTICAMENTE IL TRASPORTO AEREO
Mentre la catastrofe e' gia' in corso, occorre che l'umanita' decida di fare subito tutto cio' che e' necessario per salvare le vite umane e la biosfera.
Ridurre drasticamente il trasporto aereo e' una delle cose da fare subito.
Il trasporto aereo andrebbe riservato solo ai servizi di pubblica utilita' di comprovata e assoluta necessita', solo alle attivita' il cui scopo immediato e' salvare le vite umane in pericolo e difendere e promuovere il bene comune dell'umanita'.
Che ogni persona sollecita del bene comune rinunci ad usare gli aerei.
Che le istituzioni cessino di sperperare cospicue risorse del pubblico erario per favoreggiare lo sciagurato abuso del trasporto aereo.
Che si legiferi la necessaria e urgente drastica riduzione del trasporto aereo.
E' l'ora della responsabilita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
In calce a questa breve considerazione mi permetto di riproporre un testo di alcuni anni fa, spero non disutile.
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 17 giugno 2020
* * *
Per ricondurre il trasporto aereo a servizio di pubblica utilita'. Una lettera (e quattro postille) del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Il nocciolo della questione
Il trasporto aereo non e' una questione tecnica che riguarda i tecnici.
E' una questione politica che riguarda l'umanita'.
*
Un'evidente verita'
Occorre impegnarsi per l'immediata drastica riduzione del trasporto aereo non solo per le ovvie ragioni scientifiche, che confermano ad abundantiam l'evidente verita' che il trasporto aereo nuoce gravemente all'ambiente, alla salute delle persone e alla sicurezza delle comunita', ma anche per le seguenti ulteriori ragioni.
Cosi' come attualmente e' gestito il trasporto aereo e' incompatibile con la dignita' umana e con la democrazia. Se tutti gli esseri umani fruissero del trasporto aereo nei modi e nella misura delle classi dominanti e dei paesi ricchi il cielo sarebbe oscurato, l'atmosfera irrespirabile. Hic et nunc il trasporto aereo e' costitutivamente legato alla societa' della diseguaglianza in cui il privilegio dei pochi e' pagato dalla sofferenza dei molti.
Gli esseri umani, come ogni altra forma di vita, come la biosfera nel suo insieme, hanno dei limiti determinati dal loro statuto biologico. L'ideologia dell'onnipotenza e' una droga potente che come tutte le droghe altera la percezione della realta' e finisce col distruggere chi ne abusa. Cosi' come e' necessario e urgente rispettare i limiti della biosfera, e' parimenti necessario e urgente rispettare i limiti fisici e psichici delle persone, e quindi recedere da consumi e stili di vita insostenibili e distruttivi. Il mero fatto che delle cose siano disponibili, non implica che si debba necessariamente farne uso.
*
Volare fa male alla salute. Sette tesi
1. Volare fa male alla salute
E innanzitutto alla salute di chi non vola.
Fa male alla salute dell'intera umanita' che subisce gli effetti del surriscaldamento del clima - la principale emergenza globale odierna - cui il trasporto aereo contribuisce in misura rilevantissima.
Fa male alla salute delle popolazioni che vivono nei pressi degli aeroporti che subiscono il pesantissimo inquinamento atmosferico e il non meno pesante inquinamento acustico.
Fa male alla salute dei cittadini dei Paesi come l'Italia (e come molti altri) che vedono lo Stato regalare immensi capitali alle compagnie aeree (sia elargendo giganteschi contributi diretti, sia concedendo scandalose ed incredibili esenzioni ed agevolazioni fiscali); lo stesso Stato che taglia spietatamente i servizi pubblici e il diritto alla salute e all'assistenza.
E fa male alla salute di chi vola, visto che e' una modalita' di trasporto non coerente con la stessa costituzione psicofisica ed esistenzial-culturale dell'essere umano.
Infine fa male anche alla salute degli altri animali: che anch'essi sono esseri viventi e provano sofferenza. Ma come volete che si preoccupino degli altri animali quei potenti rapinatori che non si preoccupano neppure delle sofferenze che - per arricchirsi e sperperare, per appropriarsi privatamente ed egoisticamente consumare cio' che e' di tutti, a tutti rubandolo - infliggono tanti e tali danni agli altri esseri umani?
2. Volare fa male all'ambiente
Il trasporto aereo danneggia enormemente l'ecosistema planetario nella sua globalita'.
Danneggia enormemente gli ecosistemi locali.
Impedisce la realizzazione di modelli di mobilita' coerenti con modelli di sviluppo autocentrati, con tecnologie appropriate, ecologicamente sostenibili, economicamente adeguati ai bisogni e alle culture delle popolazioni, e democraticamente controllabili.
3. Volare e' antieconomico
Perche' e' estremamente energivoro, mentre l'umanita' ha bisogno di un'economia della sobrieta' e della condivisione che consideri il dato di fatto dei limiti della biosfera e della scarsita' delle risorse.
Perche' e' il modo di trasporto piu' costoso: non ve ne e' una adeguata percezione pubblica perche' i costi vengono esternalizzati: gli Stati sovvenzionano le compagnie aeree con fiumi di denaro ed agevolazioni; i costi ambientali e sociali vengono pagati dalle popolazioni; i lavoratori sono spesso precari e quindi costantemente sotto minaccia. La maggior parte della popolazione e' tenuta del tutto all'oscuro del fatto che ingenti risorse pubbliche che vengono sottratte ai diritti e al benessere delle persone, vengono sperperate a profitto delle compagnie aeree e dei prominenti che ruotano intorno al grande affare.
Perche' danneggia le economie locali, imponendo nocivita', costi, relazioni sociali insostenibili.
4. Volare e' pericoloso
Il trasporto aereo e' pericoloso per il pianeta.
Il trasporto aereo e' pericoloso per l'ambiente naturale e per i beni storici e culturali.
Il trasporto aereo e' pericoloso per le persone: danni certi alla salute, estrema pericolosita' degli incidenti, degrado della qualita' della vita.
Il trasporto aereo e' pericoloso per le liberta' civili: specialmente dopo la tragedia dell'11 settembre 2001 esso implica un enorme incremento dei controlli e quindi una crescente militarizzazione degli impianti, sui territori, nei confronti delle comunita' locali e della vita quotidiana delle persone.
5. Volare e' alienante
Volare fa male alla percezione di se' e del mondo.
Aeroporti ed aerei sono cio' che l'antropologia contemporanea chiama "nonluoghi": in cui decisive esperienze umane, sia percettive che conoscitive nel senso piu' ampio e profondo, vengono inibite e represse; in cui vige e viene imposto un modello di presenza al mondo, di essere nel mondo (l'in-der-welt-sein di heideggeriana memoria) tendenzialmente dereistico, pesantemente deresponsabilizzante, fortemente eterodiretto.
Quell'esperienza decisiva della cultura umana che e' il viaggio, come iniziazione e scoperta, come ricerca di se' e dialogo con l'altro da se', qui si annienta nel vuoto di ambienti tutti uguali in una logica che si modella su schemi di condotta coatti e tendenzialmente totalitari.
6. Finanziare il trasporto aereo significa togliere risorse dove sono necessarie
Il trasporto aereo toglie risorse alla mobilita' sostenibile.
Il trasporto aereo toglie risorse al turismo responsabile.
Il trasporto aereo toglie risorse ai servizi pubblici a beneficio delle persone bisognose.
Il trasporto aereo toglie risorse a politiche di giustizia e di solidarieta'.
Il trasporto aereo toglie risorse alle possibilita' di un'occupazione sicura e dignitosa.
7. Della virtu' del limite
Il volo lasciamolo agli uccelli.
Il cielo lasciamolo alle stelle.
Cessiamo di volere tutto e tutto distruggere.
E' l'unica Terra che abbiamo.
Vi e' una sola umanita'.
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Contro il mito della velocita', la scelta della lentezza
La velocita' e' l'arma e la bandiera dei poteri economici globalizzati (e dei loro spietati apparati burocratici, politici, ideologici, militari) che stanno irreversibilmente devastando la biosfera, schiavizzando gran parte dell'umanita' e provocando la catastrofe della civilta'.
Solo opponendosi alla velocita' (alla sua ideologia e alla sua tecnologia; alla sua prassi e alla sua idolatria; al suo sistema di potere e alla sua scala di valori), si puo' difendere l'umanita' e la biosfera.
Poiche' costitutivi della vita e della civilta' umana sono il limite, la lentezza, il consistere, il ricordare, il tramandare, il prendersi cura, la fedelta'.
Solo fermandosi si conosce, solo restando si ama.
La corsa e' sempre la corsa verso la morte.
Chi vuole lottare per la liberazione dell'umanita', per la difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, per preservare la biosfera, deve necessariamente fare la scelta nonviolenta della virtu' della lentezza.
Devi fermarti ad ascoltare. Devi rallentare il passo. Devi attendere e non forzare i movimenti. Lunga e' l'attesa e quell'attesa e' la vita che scorre. Se sai fermarti ascolti. Se sai ascoltare ti fermi. Li', in quel silenzio e in quel guatarsi, in quell'immobilita' che trema e palpita, li' si da' umano un incontro ancora, e li' il mondo, il mobile mondo delle cose fluttuanti, si manifesta in un'epifania struggente e luminosa.
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Quid agendum
Una politica del trasporto aereo ragionevole e democratica dovrebbe:
a) proibire l'uso degli aeromobili (cosi' come di ogni altro strumento) per uccidere;
b) proibire l'uso del trasporto aereo a fini di divertimento;
c) limitare l'uso del trasporto aereo di merci e persone secondo criteri di effettiva necessita', pubblica utilita' e non sostituibilita';
d) consentire il trasporto aereo per fini di pubblica utilita', ed in particolare per soccorrere popolazioni e persone in pericolo, salvare vite umane, impedire o contrastare catastrofi, difendere la natura, i beni culturali, le infrastrutture civili.
Valgono per il trasporto aereo gli stessi criteri che valgono per ogni umana attivita'. Anche l'ambito del trasporto aereo e' sussunto ai valori morali, ai civili principi e alle norme giuridiche della Dichiarazione universale dei diritti umani e della Costituzione della Repubblica italiana.
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Postilla prima: Occorre studiare
Non si conduce un'azione efficace in difesa del bene comune se non si studia. Non solo del cuore ma anche dell'intelligenza delle persone abbiamo bisogno. Tutti gli esseri umani hanno la capacita' di capire: sia questo il loro primo impegno. E quindi studiare devono tutti: finche' si delega la conoscenza agli specialisti l'umanita' e sconfitta.
Ma quando diciamo a chi vuole impegnarsi per ricondurre il trasporto aereo a servizio di pubblica utilita' che deve innanzitutto studiare non intendiamo solo e tanto le leggi, i testi tecnici ed amministrativi, i lavori scientifici, la manualistica; intendiamo anche e innanzitutto le letture formative, intendiamo i classici, i libri nutrienti come il pane, i libri che ti aiutano a pensare i tuoi stessi pensieri.
Ci sono alcuni libri che occorre aver letto; se non si riesce a farlo personalmente, ebbene, allora il comitato, il movimento, l'associazione, l'istituzione, il gruppo di persone amiche impegnato nell'iniziativa per il bene comune promuova degli incontri di lettura e riflessione con persone che quei temi e quei testi possano illustrare in dialogo con tutte le persone partecipi; poi viene piu' facilmente il desiderio di leggere personalmente quei libri.
Diciamone ventiquattro soltanto:
- Guenther Anders, L'uomo e' antiquato;
- Hannah Arendt, Vita activa;
- Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente;
- Lester Brown, Il ventinovesimo giorno;
- Barry Commoner, Chiudere il cerchio;
- Laura Conti, Che cos'e' l'ecologia;
- Francesco Gesualdi, Guida al consumo critico;
- Carol Gilligan, Con voce di donna;
- Jean Giono, L'uomo che piantava gli alberi;
- Bianca Guidetti Serra, Bianca la rossa;
- Ivan Illich, La convivalita';
- Hans Jonas, Il principio responsabilita';
- Martha C. Nussbaum, La fragilita' del bene;
- Franca Ongaro Basaglia, Salute/malattia;
- Dario Paccino, L'imbroglio ecologico;
- Giuliano Pontara, Etica e generazioni future;
- Carla Ravaioli, Il pianeta degli economisti;
- Adrienne Rich, Nato di donna;
- Stefano Rodota', La vita e le regole;
- Vandana Shiva, Il bene comune della Terra;
- Enzo Tiezzi, Tempi storici, tempi biologici;
- Silvia Vegetti Finzi, Il bambino della notte;
- Simone Weil, Quaderni;
- Virginia Woolf, Le tre ghinee.
Per chi non ha mai letto un libro (nessuna vergogna, non ha mai letto un libro per intero la meta' degli studenti delle ultime classi delle scuole superiori) segnaliamo un testo che puo' suggerire molte altre utili letture: Umberto Galimberti, Psiche e techne.
Per chi volesse ragionarci sopra c'e' un breve scritto di Italo Calvino, "Perche' leggere i classici", nel volume dello stesso autore dalla stesso titolo.
Chi scrive queste righe ha proposto in altre circostanze dei percorsi di lettura che potrebbero tornare utili. Sono disponibili anche nella rete telematica, e s'intitolano "Venti letture per una cultura della pace" e "Cento letture per un accostamento alla pace".
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Postilla seconda: Alcune questioni di metodo
Non si difende il bene comune con atteggiamenti arroganti: occorre saper ascoltare le persone, saper comunicare onestamente, e saper cooperare.
Un movimento di lotta per il bene comune deve saper informare, coscientizzare ed unire le persone e realizzare un rapporto adeguato tra movimento ed istituzioni.
Deve saper ascoltare chi la pensa diversamente; deve rispettare i suoi oppositori, prendere sul serio le loro argomentazioni e discuterle correttamente.
Deve saper prendere le sue decisioni col metodo del consenso, facendo solo quello su cui vi e' il convinto accordo di tutte le persone partecipanti; il metodo del consenso e' una tecnica deliberativa nonviolenta sperimentata in molte lotte, a nostro parere la sua efficacia e' immensa.
Deve saper lavorare possibilmente per gruppi di affinita' (per evitare le dinamiche autoritarie e di delega, che possono alimentare sentimenti e atteggiamenti di sfiducia, di sospetto, di delusione, letali per un movimento di lotta che deve avere il "passo da montagna" di un impegno di lungo periodo); la modalita' nonviolenta dei gruppi di affinita' e' una metodologia organizzativa e una tecnica operativa nonviolenta sperimentata in molte lotte, a nostro parere di straordinaria efficacia.
Deve porsi alla scuola del femminismo, che e' il movimento di solidarieta' e di liberazione, l'esperienza storica nonviolenta, che piu' e meglio ha saputo rendere coerenti mezzi e fini ed agire nel vivo del conflitto una pratica di cura, di accoglienza, di riconoscimento che comprende, educa e umanizza.
Per chi volesse approfondire i temi del comunicare una lettura fondamentale e' il libro di AA. VV., Pragmatica della comunicazione umana.
Nella rete telematica sono disponibili vari materiali sulla comunicazione che abbiamo elaborato e utilizzato in occasione di incontri di formazione dei partecipanti a campagne nonviolente per il bene comune: segnaliamo in particolare le seguenti schede: "Come si parla in pubblico senza farsi del male", "Come scrivere un comunicato-stampa che abbia qualche possibilita' di essere letto", "Una questione di democrazia, ovvero di giustizia e liberta'".
Per chi volesse saperne di piu' sulle tecniche deliberative ed operative nonviolente assai utili sono Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza; Alberto L'Abate, Addestramento alla nonviolenza; Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta; e naturalmente Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza; l'ottima introduzione di Giuliano Pontara alla classica antologia gandhiana da lui curata che abbiamo appena citato e' stata successivamente ripubblicata ampliata in Giuliano Pontara, L'antibarbarie. Nella rete telematica e' disponibile il manuale a cura di Maria G. Di Rienzo, "Manuale per l'azione diretta nonviolenta"; ed anche - a cura di chi scrive queste righe - alcuni brevi testi di sintesi: "Contro la guerra la nonviolenza", e "Da Orte una proposta nonviolenta. Quasi un minimo vademecum". Sempre nella rete telematica sono disponibili ampi estratti dall'opuscolo "Guida pratica all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace con cui boccare i decolli dei bombardieri".
Quando occorre lottare in difesa del bene comune, due condizioni sono infatti preliminari: la scelta di cercare e rispettare la verita', e quindi la consapevolezza di essere fallibili; e la scelta della nonviolenza, e quindi la consapevolezza che chi usa la violenza non difende il bene comune.
Occorre saper valorizzare le buone leggi: in primis le leggi per la tutela della salute; le leggi per la tutela dell'ambiente; le leggi sui diritti sociali e la partecipazione democratica; le leggi sull'accesso e sulla partecipazione al - e sulla trasparenza del - procedimento amministrativo.
Occorre saper interloquire con le istituzioni: con i Sindaci e i Comuni, con le Regioni, con le Asl, con le Agenzie regionali di protezione dell'ambiente, con il Parlamento e i Ministeri.
Occorre saper rivolgersi, nelle forme adeguate e quando ve ne siano le condizioni e la necessita', alla magistratura (amministrativa, civile e penale).
Occorre saper costruire alleanze e sostegni: la popolazione locale, ma anche l'opinione pubblica a livello nazionale ed internazionale, coinvolgendo autorita' morali, intellettuali ed artisti, scienziati ed esperti, rappresentanti istituzionali, movimenti affini ed altre esperienze analoghe, sindacati dei lavoratori, partiti democratici, associazioni.
Occorre sapere che non fare una cosa dannosa e' gia' una cosa buona; rispetto a un male gia' il semplice non commetterlo - ovvero impedirlo - e' un bene; e nelle situazioni incerte tener conto del principio di precauzione.
Nelle mobilitazioni per il bene comune vincono la lealta' e la tenacia: non ci sono scorciatoie, i trucchi non funzionano, chi ha fretta di vedere i risultati o s'illude che si diano decisioni definitive perde sempre.
Nelle lotte nonviolente per il bene comune non vale mai il rozzo e pericolosissimo criterio "chi non e' con noi, e' contro di noi"; vale invece il criterio "chi non e' contro di noi, e' o puo' essere con noi", ed anche "chi e' oggi contro di noi, puo' essere con noi domani": la chiave della lotta nonviolenta e' la capacita' di comunicare, di rispettare sempre l'altrui umanita', di includere tutte le persone nella valutazione morale del bene da perseguire. La nonviolenza e' insieme conflitto e cooperazione, coerenza tra i mezzi e i fini, condivisione e umanizzazione. Una lotta per il bene comune o e' nonviolenta o non e'.
Occorre saper tenere insieme la concretezza della situazione locale con le sue peculiarita' e la dimensione globale dei problemi. Non dimenticare che la logica egoistica e' sempre perdente; e non dimenticare che il bene realizzato in un luogo si riverbera su tutti gli altri luoghi.
Occorre sapere che tutto si tiene: nessuna lotta per il bene comune e' inutile, l'azione buona che fai tu qui ed ora sostiene tutte le altre azioni buone che degli esseri umani stanno facendo in ogni parte del mondo. Etica della convinzione ed etica della responsabilita' si compongono nella pratica concreta.
Sii tu il cambiamento che vorresti vedere nel mondo.
Segnaliamo infine che nella rete telematica e' disponibile un brevissimo testo di Vandana Shiva, "Principi costitutivi di una democrazia della comunita' terrena", che puo' essere un utile avvio alla riflessione che qui ci interessa.
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Postilla terza: Per una mobilita' - e una societa' - equa, solidale, sostenibile. Alcune letture utili
Ovviamente la questione del trasporto aereo e' anche parte della piu' generale questione del trasporto e della mobilita', cosi' come della pianificazione territoriale, cosi' come del nesso ecologia-economia-diritti sociali, cosi' come del rapporto tra scienza, tecnologia e democrazia. Sara' quindi opportuno conoscere anche alcune riflessioni su queste piu' complessive tematiche. La letteratura e' ovviamente sterminata; qui ci limitiamo a segnalare venticinque testi.
- AA. VV., L'ape e l'architetto;
- Ernesto Balducci, La terra del tramonto;
- Lelio Basso, Socialismo e rivoluzione;
- Zygmunt Bauman, Modernita' liquida;
- Simone de Beauvoir, Il secondo sesso;
- Murray Bookchin, L'ecologia della liberta';
- Marcello Cini, Un paradiso perduto;
- Alessandro Dal Lago, Non-persone;
- Guy Debord, La societa' dello spettacolo;
- Danilo Dolci, Esperienze e riflessioni;
- Ivan Illich, Elogio della bicicletta;
- Pietro Ingrao, Rossana Rossanda, Appuntamenti di fine secolo;
- Luce Irigaray, Speculum;
- Robert Jungk, Gli apprendisti stregoni;
- Serge Latouche, La megamacchina;
- Alexander Langer, Il viaggiatore leggero;
- Giulio A. Maccacaro, Per una medicina da rinnovare;
- Donella e Dennis Meadows, Jorgen Randers, I nuovi limiti dello sviluppo;
- Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo;
- Jose' Ramos Regidor, Natura e giustizia;
- Sheila Rowbotham, Donne, resistenza e rivoluzione;
- Francesco Tonucci, La citta' dei bambini;
- Guido Viale, Vita e morte dell'automobile;
- Colin Ward, Dopo l'automobile;
- Wuppertal Institut, Futuro sostenibile.
Ma fondamentale per chi vuole impegnarsi per ricondurre il trasporto aereo a servizio di pubblica utilita' sono anche la riflessione contro la guerra, quella contro il razzismo, quella contro il maschilismo.
Un'utile antologia per un avvio alla conoscenza del pensiero pacifista e' quella a cura di Ernesto Balducci e Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia.
Per un'introduzione allo studio del razzismo (e all'impegno antirazzista) cfr. almeno Albert Memmi, Il razzismo; Renate Siebert, Il razzismo; Pierre-Andre' Taguieff, Il razzismo; Michel Wieviorka, Il razzismo. Ma e' indispensabile aver letto Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo; Elias Canetti, Massa e potere; Primo Levi, I sommersi e i salvati.
Un'utile antologia per un avvio alla conoscenza del pensiero femminista e' quella a cura di Adriana Cavarero e Franco Restaino, Le filosofie femministe. Ma cfr. almeno anche Pieranna Garavaso e Nicla Vassallo, Filosofia delle donne; Wanda Tommasi, I filosofi e le donne; Chiara Zamboni, La filosofia donna. E specificamente su femminismo e nonviolenza: Monica Lanfranco e Maria G. Di Rienzo, Donne disarmanti; Giovanna Providenti, La nonviolenza delle donne. Pressoche' tutti i libri di Vandana Shiva (l'illustre scienziata indiana ecologista, femminista, pacifista, anticolonialista e antirazzista) sono di grande utilita'. Sulla decisivita' dell'impegno contro il maschilismo affinche' qualsiasi altra lotta per il bene comune possa vincere (la violenza maschile essendo infatti la prima radice e il primo paradigma di tutte le altre violenza), cfr. nella rete telematica i materiali recentemente riproposti negli "Archivi della nonviolenza in cammino" n. 275. Sempre nella rete telematica due utilissimi siti sono quello della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) e quello della Libera universita' delle donne (www.universitadelledonne.it).
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Postilla quarta. Alcune esperienze specifiche
Molte sono le iniziative in corso per ricondurre il trasporto aereo a servizio di pubblica utilita'; quasi in ogni citta' in cui e' collocato un sedime aeroportuale e nel relativo circondario esistono comitati che s'impegnano per la riduzione del trasporto aereo e dei danni da esso provocati; ed e' crescente il numero delle associazioni che si occupano di salute, di ambiente, di giustizia sociale, di pace e diritti umani, che si stanno impegnando in questo ambito.
Un documento significativo e' quello che fu approvato all'unanimita' dal Congresso del Movimento Nonviolento nel 2007; lo riportiamo integralmente.
"Mozione per la riduzione del trasporto aereo approvata all'unanimita' dal congresso nazionale del Movimento Nonviolento tenutosi a Verona dal primo al 3 novembre 2007
Il Congresso del Movimento Nonviolento
- impegnato nella difesa della biosfera fortemente minacciata dal surriscaldamento del clima;
- consapevole del pesante contributo che al surriscaldamento del clima da' il trasporto aereo;
- cosciente altresi' che il trasporto aereo costituisce una forma di mobilita' altamente inquinante e devastante per l'ambiente e dannosa per la salute e il benessere delle persone, fortemente energivora, interna ad un modello di sviluppo ecologicamente insostenibile, assai costosa per l'intera collettivita' locale e l'intera umanita' vivente che in larghissima parte neppure ne fruisce;
esprime sostegno ai movimenti che si impegnano per la drastica riduzione del trasporto aereo;
ed in tal ambito sostiene i movimenti e le iniziative che con la scelta della nonviolenza e la forza della democrazia, in difesa della legalita' e dei diritti umani di tutti gli esseri umani:
a) si oppongono alla realizzazione di nuovi aeroporti (e all'ampliamento degli aeroporti esistenti) laddove non ve ne sia una vera necessita' ma essi siano realizzati per promuovere forme di turismo "mordi e fuggi" legate a una fruizione consumista, alienata, usurante e mercificata dei beni ambientali e culturali, e ad un'esperienza del viaggiare che non sia arricchimento di conoscenza ma asservimento agli imperativi delle agenzie della narcosi pubblicitaria;
b) si impegnano per la riduzione drastica ed immediata del carico di voli dei sedimi aeroportuali collocati a ridosso di centri abitati gia' pesantemente gravati e fin soffocati dall'attivita' aeroportuale;
c) chiedono la cessazione dello sperpero di pubblico denaro per finanziare le compagnie aeree;
d) chiedono che cessino le agevolazioni e le esenzioni fiscali alle compagnie aeree;
e) si oppongono alle condotte gravemente antisindacali e violatrici dei diritti dei lavoratori messe in atto da eminenti compagnie aeree;
f) difendono il diritto alla salute, i beni culturali e ambientali, gli ecosistemi locali e l'ecosistema planetario, i diritti dell'umanita' presente e delle generazioni future, minacciati dal dissennato incremento del trasporto aereo;
g) si impegnano per il rigoroso rispetto della legislazione in materia di difesa dell'ambiente, della salute, dei beni comuni;
h) chiedono che tutte le strutture aeroportuali realizzate e realizzande siano sottoposte senza eccezioni alla dirimente verifica della compatibilita' con quanto disposto dalla vigente legislazione italiana ed europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale (Via) e di Valutazione ambientale strategica (Vas);
i) si oppongono alle attivita' militari che violano l'art. 11 della Costituzione e ad ogni ampliamento delle basi aeronautiche militari, e particolarmente alla presenza e all'ampliamento di basi aeronautiche militari di stati stranieri e di coalizioni intese a, o impegnate in, attivita' belliche che la Costituzione ripudia;
l) promuovono forme di mobilita' sostenibile, modelli di sviluppo autocentrati con tecnologie appropriate, scelte economiche ecocompatibili, eque e solidali;
m) promuovono una cultura della mobilita' e del viaggio sostenibile, conviviale, solidale, aperta all'incontro e all'ascolto reciproco, rispettosa delle persone e dell'ambiente;
n) si impegnano per la riduzione del surriscaldamento climatico e per la difesa della biosfera".
Segnaliamo anche che da anni e' attiva una campagna europea che ha promosso varie rilevanti iniziative.
In occasione della "Prima giornata nazionale di studio sugli effetti sanitari e ambientali del trasporto aereo" promossa dall'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde Italia a Firenze il 29 ottobre 2016 si e' costituito un coordinamento dei comitati italiani.
Recentemente le riviste "Terra nuova" e "L'ecologist" hanno promosso una nuova campagna, denominata "Gas in the air", per la riduzione del trasporto aereo.
Ovviamente non tutte le iniziative e non tutte le campagne sono adeguate. Se ci e' concesso dirlo, l'esperienza a nostro avviso piu' rilevante resta quella del movimento che a Viterbo con una lotta di anni riusci' ad impedire la realizzazione di un illecito ed insensato mega-aeroporto per voli low cost nella preziosa area naturalistica, archeologica e termale del Bulicame di dantesca memoria. Tutti i materiali di quell'esperienza sono stati pubblicati via via nel notiziario telematico "La nonviolenza e' in cammino" (che realizzo' e diffuse anche un supplemento specificamente dedicato all'iniziativa con la testata "Coi piedi per terra", supplemento di cui sono stati pubblicati finora 829 numeri) e sono quindi reperibili nella rete telematica.
Ad Alfio Pannega, che fu tra i protagonisti di quella lotta, e che ci ha lasciato nel 2010, sono dedicate queste righe.
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 450 del 16 febbraio 2021
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