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[Nonviolenza] Archivi. 449
- Subject: [Nonviolenza] Archivi. 449
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Mon, 15 Feb 2021 07:40:48 +0100
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Numero 449 del 15 febbraio 2021
In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di novembre 2020 (parte terza)
2. Omero Dellistorti: La strega
3. Omero Dellistorti: Sporco e pulito
4. Alcune parole dette il 4 novembre 2020 a Viterbo
5. Omero Dellistorti: Come inventai l'arma fine di mondo
6. Omero Dellistorti: Enea
7. Omero Dellistorti: La vocazione
8. Omero Dellistorti: L'untore
9. Omero Dellistorti: Una partitella
10. Omero Dellistorti: Uno bravo
11. Tre minime descrizioni della nonviolenza
12. Benito D'Ippolito: Corta cantata di quelle e quelli che chi governa neppure li vede
1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI NOVEMBRE 2020 (PARTE TERZA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di novembre 2020.
2. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: LA STREGA
Come m'e' venuta l'idea? Guardavo la televisione che io la guardo sempre tutta la notte perche' fo il guardiano notturno qui al cantiere e bisogna che resto sveglio tutta la notte e ogni tanto dovrei pure fare un giro d'ispezione ma io il giro non lo fo che fa freddo e tanto c'e' il cane che se succede qualche cosa abbaia e il malandrino scappa. Cosi' io mi guardo la televisione in santa pace. La volete sapere la verita'? Non c'e' un cavolo di niente da vedere la notte in televisione. Le partite sono quelle di prima dell'anno del cucco, i film tutti in bianco e nero, e gli spogliarelli sono certe trucide che se le incontri scappi. Pero' l'altra notte c'era un film di streghe, cioe' di una che uno diceva che era una strega perche' non c'era stata con lui e alla fine la bruciavano viva.
Ma pensa, mi sono detto.
*
Cosi' il giorno dopo prima dell'ora di pranzo sono andato alla posta con la scusa di comprare un francobollo per spedire una cartolina. Allo sportello c'era la Ninetta che lavora li' e che a me m'e' sempre piaciuta e che invece lei non mi puo' vedere non lo so perche', magari per quella volta che eravamo ragazzi e le feci quello scherzo. Se una non sa stare agli scherzi, dico io. M'avvicino alo sportello e le dico che vorrei un francobollo per spedire una cartolina, e sottovoce aggiungo: ti devo parlare, Nine'. E lei: E di che? E io: Adesso qui non te lo posso dire, ma se alle due ci vediamo al casaletto vedi che e' una cosa che t'interessa. Te lo sogni che ci vediamo al casaletto, dice lei. Vigliacca. Vigliacca e cagna. E m'era costata pure un francobollo.
Io di pomeriggio di solito dormo che poi devo fare la notte al cantiere, ma quel pomeriggio ho aspettato che la posta chiudesse e quando lei e' uscita mentre andava a casa sua che abita li' vicino l'ho affiancata per strada e mentre camminavamo e le ho detto quello che le dovevo dire.
- Ah, Nine', guarda che sei in pericolo.
- E di che?
- Rischi che fai una finaccia, per fortuna che ci sono qua io.
- Ma che ti sei bevuto? Vedi di andartene prima che ti denuncio.
- Si tratta proprio di questo, lo vedi? E' che c'e' uno che ti vuole denunciare.
- A me?
- A te, si'.
- E che avrei fatto?
- Eh, e' una cosa delicata, mica ne possiamo perlare qui per strada. Magari ci potremmo vedere tra mezz'ora al casaletto.
- Ancora intigni? ma vedi di andartene.
- Io sto cercando di aiutarti, certo che tu non me lo rendi facile di fare questa buona azione, eh.
- Ma chi ti conosce, ma chi lo vuole l'aiuto tuo, ma vedi di andartene.
- Guarda che stai per passare un guaio, eh, io t'ho avvisata.
- Ma sparisci, che mo' chiamo le guardie.
- Ti volevo fare una cortesia perche' io t'ho sempre voluto bene.
- Si', come quella volta.
- Ancora? Ancora fai l'offesa? ma se era uno scherzo. E poi, via, magari t'e' pure piaciuto, eh?
- Guarda che se non la smetti stavolta ti denuncio, che lo dovevo aver fatto gia' allora.
- E denunciavi che? Per fare la figura della svergognata? Ah Nine', basta mo', eh.
- Ma te ne vai o no? Guarda che mo' strillo.
- E che strilli? Che strilli? E piantala di fare la matta, piantala, che ti sto facendo un favore a dirti che ti stanno per denunciare, e invece di dirmi grazie ecco come sei fatta. Ci hanno ragione quelli che dicono quello che dicono.
- E che dicono?
- Ah, adesso lo vorresti sapere, eh? Qui e' gia' pronta la denuncia penale, Ninetta bella, la denuncia penale e ti si bevono con tutte le scarpe. Io ti volevo aiutare, ti voglio aiutare, ma tu non vuoi.
- Ma quale denuncia penale? Ma vedi di farla finita e di levarti di torno.
- Ah, la metti cosi', eh?
- Si', la metto cosi'.
- E non ci hai paura della condanna? Perche' ce lo dovresti sapere che e' condanna sicura.
- Ma condanna di che?
- Come di che, ce lo sai di che.
- Io non so niente.
- Per questo sono venuto a dirtelo, per aiutarti, ma tu l'aiuto dell'unico amico che ti vuole aiutare non lo vuoi, e poi succede quello che succede.
- E che succede?
- Ce lo sai che succede. Il gabbio. E fosse solo il gabbio. No, c'e' pure tutto quello che succede a una bella ragazza come te quando sta al gabbio. Lo sai che succede.
- Io proprio non ti capisco.
- E invece dovresti capirmi. Ti sto offrendo la salvezza e tu la rifiuti.
- Insomma, se mi devi dire qualche cosa dimmela qui e poi smamma.
- Qui in mezzo alla strada? Sono cose delicate, stiamo parlando di penale, di condanna sicura. Sarebbe meglio al casaletto.
- Te lo scordi il casaletto.
- Allora magari stanotte nella baracca mia giu' al cantiere?
- Ma tu sei fuori di testa.
- Allora dimmelo tu un posto sicuro, che a me mi sta bene qualunque posto dove si possa parlare tranquilli che e' cosa delicata, delicatissima, te l'ho detto.
- Guarda che se e' un trucco...
- Ma che trucco, ti sto salvando la pelle e tu m'insulti pure. Vuoi scommettere che dopo che abbiamo parlato mi ringrazi? Che dopo mi ci dai pure un bacetto, eh?
- Tu sei malato.
- Malato? Malato, si'. Malato d'amore per te.
- Cerca di essere malato d'amore per la moglie tua.
- E che ho detto che a lei non le voglio bene? Pero' lo sai che sono pure innamorato di te, lo sai.
- Infatti ancora me lo ricordo da quella volta.
- Ma se era uno scherzo. E poi tu sei troppo permalosa, eh. E comunque ti sto facendo un favore che dopo mi ringrazi, mi straringrazi, fidati.
- Va bene, basta che la fai finita. Tra un'ora ai giardinetti.
- Davanti a tutti?
- Ah, io da sola con te non ci resto.
- Ma come te lo devo dire. C'e' la denuncia gia' pronta. Io potrei ancora fermare tutto, ma se tu non mi permetti di aiutarti come faccio?
- Ma dici davvero?
- Davvero si'.
- Una denuncia contro di me?
- Proprio.
- E che avrei fatto?
- Te l'ho detto che non te lo posso dire qui per strada, ma e' una cosa brutta, e pericolosa, pericolosa parecchio.
- Io non ho fatto niente.
- Ma ci sono i testimoni.
- I testimoni di che?
- Come di che? Del delitto.
- Io avrei fatto un delitto?
- Se parte la denuncia, ma se io fermo la denuncia, niente denuncia, niente processo, niente condanna e quindi niente delitto.
- E tu come faresti a fermare 'sta denuncia.
- Posso, posso.
- Non ci credo.
- Faresti bene a crederci, il tempo e' poco.
- Il tempo e' poco?
- E' poco si', la denuncia e' gia' pronta, domani o al massimo dopodomani parte, e poi non c'e' piu' salvezza. E' condanna sicura.
- Non e' vero niente.
- Se ci pensi lo sai che e' vero.
- Non e' vero niente.
- Ma perche' ti vuoi rovinare, solo per ripicca di quella storia di vent'anni fa? Qui ti rovini la vita, dammi retta.
- Non e' vero niente.
- E tre. S'e' rotto il disco?
- Se c'e' qualche cosa me lo puoi dire qui.
- No, qui per strada non te lo posso dire.
- E allora dove?
- Finalmente. Al casaletto tra mezz'ora.
- Al casaletto no.
- Al casaletto si'.
- Allora a casa mia.
- Ma scherzi? Davanti a tua madre.
- Tanto e' sorda.
- Lo dice lei che e' sorda, secondo me non e' sorda per niente.
- Allora al negozio di mia sorella.
- Nel negozio? Ma dico, ti sei bevuta il cervello?
- Non nel negozio, nel magazzino dietro.
- Ah, nel magazzino.
- Si', nel magazzino.
- Nel magazzino dietro.
- Si'.
- E allora va bene, giusto perche' ti voglio bene.
- Tra un'ora.
- Non si potrebbe fare prima?
- Tra un'ora.
- Va bene, giusto perche' ti voglio bene.
- Smettila di dirlo o chiamo le guardie.
- Ma tu sei proprio fissata.
- Tra un'ora.
- Tra un'ora, si', si'.
*
- Eccoti. Entra.
- Entro, entro. Mica ci sara' pure la Franca?
- Sta al negozio.
- Pero' il negozio e' attaccato, magari ci sente.
- No che non ci sente, e poi in mezzo c'e' la porta.
- E' meglio che la chiudiamo a chiave.
- Te lo sogni.
- Guarda che lo dico per te.
- Te lo sogni.
- E vabbe'. Bisogna fare sempre come dici tu.
- Ah si'?
- Eh si'.
- Ma pensa.
- E gia'.
- E allora?
- E allora che?
- Come che? quello che mi dovevi dire.
- Ah, ecco. Ti stanno per denunciare. Anzi, la denuncia e' gia' pronta, scritta e tutto. Manca solo che la portano ai carabinieri. Pero' io posso ancora fermare tutto.
- Ah si'?
- Eh si'.
- E chi sarebbe che mi denuncia.
- Questo non te lo posso dire.
- E che avrei fatto, questo me lo puoi dire?
- Questo si'.
- E allora dimmelo.
- E' una denuncia per stregoneria.
- Che?
- Una denuncia per stregoneria.
- Lo dicevo che era uno scherzo.
- Ma quale scherzo, e' una cosa seria. Ci finisci al gabbio, Nine'.
- Io?
- Tu, si'.
- Perche' sarei una strega?
- La denuncia e' per stregoneria, si'.
- Vabbe', mo' basta.
- Guarda che e' una cosa seria, Nine'. E ti posso salvare solo io.
- E perche' potresti salvarmi solo tu?
- Perche' la denuncia ce l'ho io, quello che ti denuncia l'ha data a me e m'ha detto di decidere io se andare avanti o no.
- Adesso ho capito, e' tutta un'invenzione tua.
- No, no, io sono quello che ti puo' salvare dalla gente che ti vuole male.
- E perche' mi vorresti salvare?
- Perche' ti voglio bene, Nine'.
- Ma io non ci ho bisogno di essere salvata, perche' le stregonerie non le ho mai fatte.
- E no, Nine', non mi dire cosi', che allora si vede che non hai capito niente. Qui c'e' la denuncia, ci sono i testimoni, c'e' il processo e c'e' la condanna sicura come una messa.
- Ti stai inventando tutto tu.
- No. Io sto cercando di salvarti.
- Perche' mi vuoi bene.
- Precisamente, perche' ti voglio bene.
- Vabbe', se mo' non te ne vai vedi tu se non ti do' due pizze.
- Allora preferisci la galera.
- Ma piantala.
- Guarda che e' galera sicura, io l'ho letta la denuncia.
- Ma quale denuncia.
- per stregoneria.
- Vabbe', allora fammela vedere.
- Non ce l'ho mica qui, mica me la posso portare dietro, e' un documento che scotta.
- E dove ce l'hai?
- Non te lo posso dire, lo capisci.
- Io non capisco un bel niente, pero' se veramente c'e' una denuncia e se veramente ce l'hai tu e se veramente devi decidere tu che farci, allora e' meglio che la bruci.
- Lo potrei pure fare, per te lo potrei pure fare.
- E allora fallo e piantala di scocciarmi.
- Tu dammi un segno di gratitudine e io lo fo.
- Come?
- Se stanotte vieni alla baracca al cantiere vedrai che ci divertiamo.
- Come?
- Come ci divertiamo? Lo sai come. Come quella volta, meglio di quella volta.
- Ma tu sei fuori di testa, brutto maiale schifoso.
- E adesso che parole sarebbero queste?
- Ma io ti cavo gli occhi.
- Al tuo salvatore? Non ti conviene. Ti conviene essere carina, invece.
- Adesso chiamo mia sorella e le racconto tutto.
- Io non lo farei. Proprio non lo farei se fossi in te. Pure per tua sorella c'e' la denuncia pronta. Pero' lei a letto non ce la voglio, a me mi piaci tu, Ninetta bella.
- Va' via. Va' via prima che faccio uno sproposito.
- Vado, vado, ma tu ricordati: stanotte alla baracca. Perche' senno' domattina parte la denuncia eh. Se avessi studiato la storia lo sapresti che le streghe fanno una brutta fine.
*
Come e' andata a finire? Lo sapevo che me lo chiedevate.
Lei s'impicco' in galera.
La sorella la gente del paese, che e' brava gente, le brucio' il negozio che da noi le streghe non ce le vogliamo. Le brucio' il negozio con lei dentro. Della sorella a me non me ne fregava niente, ma che la Ninetta s'e' ammazzata m'e' dispiaciuto che a me m'era sempre piaciuta e magari quando usciva di galera era piu' remissiva, no?
3. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: SPORCO E PULITO
Dicono tutti cosi', che e' uno sporco lavoro.
E perche' sporco? Io dico che e' un lavoro pulito.
E lo sapro' meglio di loro, no? Io 'sto lavoro lo fo.
*
Intendiamoci, neppure a me mi piace che c'e' quello che sta li' a casa sua con la piscina e tutto e lui decide a chi fare la pelle e pero' a fargli la pelle ci devo andare io. Sarebbe giusto che ci andasse lui, no? Ma siccome a lui i soldi gli escono dalle orecchie allora ci devo andare io. Io dico che non e' giusto, pero' e' cosi' che va.
Dice: e allora perche' lo fai se non e' giusto?
Bravo: e me lo passi tu lo stipendiuccio? me li paghi tu gli sfizietti? no? e allora stattene zitto.
*
No, a me non me ne frega niente delle patacche, i nastrini, gli encomi. Sono tutte fesserie. A me non me ne frega niente di niente. Io fo il lavoro mio e basta. Per i soldi e basta, si'.
La patria, la civilta', il petrolio, ma che me ne frega a me? Io penso ai soldi e a essere quello dal lato giusto del mirino.
Ci ho pensato un sacco di volte: le divise, i gradi, gli elicotteri, le ricetrasmittenti, le televisioni, sono solo fumo negli occhi, per non vedere quello che veramente si fa. E quello che veramente si fa e' semplice: ammazzare cristiani. Cristiani, cristiani, che pure i mussulmani che altro sono? cristiani pure loro, pure i comunisti, pure i negri e i cinesi. Tutti sono cristiani. Finche' li ammazzi, poi sono solo carcasse.
*
A me di ammazzare la gente non e' che mi piace, mica sono un mostro.
Pero' neppure mi dispiace, visto che mi pagano.
Mi paga lo stato: come gli uscieri, i maestri, gli scopini e tutti quelli che li paga lo stato. Se mi capita che mi chiedono che mestiere fo io rispondo sempre che sto nel pubblico impiego. Che non e' vero?
*
La cosa bella e' che quando qualcuno lo ammazzo io non e' reato.
E' reato se lo ammazzi tu. E perche'? Perche' non ci hai la divisa.
A pensarci bene, non e' una scemenza? Decide un pezzo di stoffa.
*
Una volta ho sentito di uno che diceva che la guerra e' la sola igienizzazione del mondo.
Ecco, quello si' che aveva capito tutto.
Ci vorrebbe una bella guerra mondiale con un miliardo di bombe atomiche tutte insieme cosi' si disinfetta tutto e la facciamo finita con tutto questo schifo.
4. ALCUNE PAROLE DETTE IL 4 NOVEMBRE 2020 A VITERBO
Di tutte le persone uccise gli occhi ci guardano.
Ci chiedono perche' le abbiamo uccise, perche' abbiamo lasciato che le uccidessero.
Ci chiedono perche' non le salvammo.
Dal fondo del Mediterraneo ci guardano.
Da dietro ogni filo spinato ci guardano.
Dai crateri di tutte le bombe ci guardano.
Dall'umido buio di tutte le tombe.
Da tutte le discariche di corpi umani della storia.
Da tutti i cortei incatenati di ogni vittoria, che e' sempre e solo la vittoria di chi uccide.
Fatte cenere fumo ombra, fatte sasso sale niente, ancora ci guardano spente.
Ridotte a mummie di legno, a vento freddo di spettri, a ricordo che non cicatrizza, a vuoto che pulsa e che preme, ancora ci guardano orbate di ogni luce, e di ogni speme.
Ci chiedono conto di quel che abbiamo fatto e di quello che non abbiamo fatto ed avremmo dovuto.
Ci chiedono conto di quello che faremo adesso, e domani. Guardano i nostri volti, le nostre mani.
Ci chiedono conto e rispondere dobbiamo. Ci chiedono e ci offrono aiuto.
*
Se non si aboliscono le guerre come si puo' pensare di fermare le stragi?
Se non si proibiscono tutte le armi come si puo' credere di far cessare le uccisioni?
Tutte le organizzazioni armate, tutte le ideologie armate, tutte le societa' e le persone armate, per il solo fatto di essere armate sono gia' pronte a farsi assassine.
Chi fabbrica, chi smercia, chi acquista, chi possiede un'arma, quell'arma gia' lo possiede e lo trasforma in sicario.
*
In questa giornata di lutto non venga a recare offesa a chi la guerra ha distrutto chi ancora alle guerre si addestra, chi ancora le guerre prepara, chi ancora le guerre continua, chi ancora le guerre delibera, approva, accetta e consente e cova.
Si faccia silenzio e si ascolti la voce delle vittime, la voce rotta, la voce muta delle vittime, che chiede che cessino tutte le uccisioni. Che convoca alla pace, al reciproco rispetto ed aiuto, all'eguale diritto e dignita', alla fraternita' e sororita' fra tutte le donne e tutti gli uomini di buona e di cattiva volonta'.
Si ascolti la voce dei morti che chiama ad agire per la salvezza dei vivi e dei venturi.
Si ascolti la voce dei morti che convoca alla scelta della nonviolenza che ogni violenza contrasta, che a tutte le morti si oppone, che sa che ci basta il soffrire inerente al nostro essere fragili e mortali senza che vi si aggiungano altri mali.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Abolire le guerre, gli eserciti, le armi.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Condividere il bene ed i beni.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
* * *
Allegato: il testo integrale dell'appello "Ogni vittima ha il volto di Abele" promosso dal Movimento Nonviolento, da Peacelink, da altre esperienze nonviolente
4 novembre 2020: non festa ma lutto. Ogni vittima ha il volto di Abele
Meno armi piu' salute, ridurre drasticamente le spese militari e devolvere i fondi a sanita', assistenza, ricerca e servizi pubblici
Proponiamo che il 4 novembre (nel rispetto delle norme per il contenimento della pandemia) si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.
Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'inutile strage della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.
Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.
Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.
Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.
Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.
A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.
Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Per questo sosteniamo la richiesta che l'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017 entrato in vigore dopo la cinquantesima ratifica nei giorni scorsi.
Per questo chiediamo una drastica riduzione delle spese militari che gravano sul bilancio dello stato italiano per l'enorme importo di decine e decine di milioni di euro al giorno. Riteniamo essenziale l'avvio di una politica di disarmo, poiche' le armi sempre e solo uccidono gli esseri umani. I fondi pubblici oggi destinati a strutture e strumenti di morte siano invece utilizzati in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e del mondo vivente. La pandemia ha dimostrato quanto sia importante, preziosa e vitale la sanita' pubblica, la tutela e la salubrita' dell'ambiente, la difesa e il sostegno dei piu' fragili e indifesi, dei piu' sfruttati e impoveriti, dei piu' emarginati ed oppressi della societa', ovvero il riconoscimento dell'eguaglianza di dignita' e diritti di tutti gli esseri umani. Abolire le guerre e garantire piu' salute e diritti per tutte e tutti. Meno armi – strumenti di morte – e piu' risorse per sanita' e assistenza, previdenza e protezione sociale, servizi pubblici per tutte e tutti. Siano drasticamente ridotte le spese militari, e i fondi pubblici cosi' risparmiati siano utilizzati per la sanita', l'assistenza, la ricerca scientifica orientata al bene comune dell'umanita', la difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutte e tutti, la condivisione del bene e dei beni. Per questo sosteniamo la Campagna "Un'altra difesa e' possibile", che prevede l'istituzione di un Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta.
Pace, disarmo, smilitarizzazione. Tutela della salute di tutte e tutti.
Solo la pace salva le vite. Salvare le vite e' il primo dovere.
Movimento Nonviolento
per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax: 0458009803, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it
PeaceLink
Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo
per contatti: e-mail: centropacevt at gmail.com web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
5. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: COME INVENTAI L'ARMA FINE DI MONDO
L'idea mi venne da quel film, si', quello. Ci ho pure preso il nome: l'arma fine di mondo, che e' un nome divertente. Un po' di umorismo ci vuole. Nel mestiere che faccio sono tutte persone tristi e insopportabili, o malinconiche fino alla catatonia o irascibili come mortaretti, chi non ti annoia ti fa schizzare la bile, si credono tutti di essere chissacchi', invidiosi e rancorosi come l'ortica, perennemente afflitti da non sanno neppure cosa. Io invece, non faccio per vantarmi, sono un cuorcontento. Lo sapete come si dice, no? Cuorcontento, il ciel l'aiuta. E a me il cielo m'ha aiutato perche' mentre ero li' che mi scervellavo a leggere 'sto Aistai che non ci si capiva una mazza, di botto mi venne 'st'idea. E se... magari ci vinciamo la guerra. Che poi ce l'abbiamo vinta davvero. Pero' l'obiettivo mio, cioe' l'ispirazione quando ci ho avuto l'idea, non era mica solo di vincere la guerra. Era di farla finita col mondo. per questo l'ho chiamata cosi', l'arma fine di mondo, come in quel film. Pero' c'era un problema, il solito problema: che per ottenere il risultato grosso occorreva farla grossa. Ora, come si fa a costruire un'arma fine di mondo grossa abbastanza, cioe' grossa - per dire - quanto la Svizzera, o l'Australia? E' un'impresa attualmente impossibile, intendo dire allo stato attuale delle tecnologie, che la scienza si sa va avanti veloce ma la tecnologia arranca sempre col fiato grosso e la lingua di fuori, te la raccomando la tecnologia, roba da ingegneri, da geometri, da ragionieri. E quindi si era in un vicolo cieco, un cul de sac, un'impasse. Allora si deve passare al piano B, che sarebbe di farne invece di una sola grossa, una milionata normali, anzi, meglio una miliardata normali, che c'e' il rischio che pero' neppure bastano. Per questo ho presentato al governo il progetto di farne otto miliardi, una per ogni cristiano che c'e' oggi sul pianeta (e qualcuna di riserva); e' un'impresa titanica, non dico di no, ma al Presidente l'idea gli e' piaciuta e mi ha detto che si puo' fare e ha stanziato subito subito il conquibus che il pubblico erario a questo serve. Poi si tratta di distribuirle, una a ogni abitante del pianeta, che pure questa e' un'impresa ciclopica, ma se si fa una convenzione con Amazon dice che entro una settimana ci si riesce. Poi il resto e' facile: dalla televisione si dice a che ora farle scoppiare tutte insieme, e via. Pure se c'e' qualche defezione - che i disfattisti ci sono sempre, si sa - i sondaggi dicono che il 90% se glielo dice la televisione obbediscono sempre. E cosi il progetto ha la sua verifica sperimentale.
Ho scritto questo report casomai ci fosse qualche civilta' aliena che un giorno capitasse da queste parti. L'ho inventata io, che se non finiva tutto era premio Nobel sicuro e finalmente mi sistemavo.
6. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: ENEA
Ho capito, ho capito, c'e' da fondare Roma, ho capito.
Pero' non e' che se ci fermiamo qui a Cartagine un altro po' chissa' che succede, no? Roma la fondiamo lo stesso, un po' piu' tardi, che non muore nessuno per dieci minuti o dieci giorni di ritardo. Siamo stati dieci anni a fare quella cavolo di guerra che io lo dicevo che finiva male che si vedeva subito, dieci anni ci siamo stati e poi con quel bel risultato, e adesso si deve fare tutto di corsa? Neanche una pausa? Neanche una vacanzetta che ce la saremmo pure meritata, no? No, adesso si deve correre a Roma, a Roma, neanche fosse una commedia di Cechov. E basta sempre con tutta 'sta prescia, che a fare le cose sempre di prescia poi si sa che non ne viene bene mai una.
7. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: LA VOCAZIONE
Dalla palestra m'avevano cacciato. "Qui gli spacciatori non ci mettono piede".
Dal bar m'avevano cacciato. "Se ti rivedo da queste parti dico a Filippone e Carciostruzzo di pensarci loro, a buon intenditor...".
M'avevano cacciato pure dalla banda. "A forza di spararti monnezza nelle vene e' sicuro che finisci per fare la spia, e allora smamma adesso senza che ti dobbiamo rompere le ossa, okay?".
Amici non ce ne avevo piu' neppure uno, con tutte le fregature che avevo mollato in giro.
Mio padre m'aveva detto che se mi vedeva vicino a casa o alla bottega prima mi sparava colla doppietta e dopo s'avvicinava per vedere se ero proprio io e darmi il colpo di grazia.
Ridotto com'ero ridotto mi sono arruolato nell'esercito del bene. Il coltello da sub gia' ce l'avevo.
8. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: L'UNTORE
Secondo me e' un mestiere come un altro. Ci ha i suoi rischi e i suoi inconvenienti, non dico di no. Ma anche le sue soddisfazioni. Per esempio quando stermini un'intera famiglia di ricconi. Si credevano che sarebbe stato sempre rose e fiori, eh? latte e miele, eh? E adesso beccati la peste bubbonica, con questo schifo di bubboni che e' per questo che la chiamano la peste bubbonica. A me, quando stermino una famiglia di ricconi, ci godo proprio. E mi pare di svolgere, come posso dire, una funzione, una missione, un ufficio, ecco, un ufficio sacro. Non vorrei bestemmiare, no, pero' sento che e' un atto di giustizia, un atto della mano di domineddio, si'. E io sono quella mano. Insomma, uno ci ha bisogno di qualche gratificazione, no? Specialmente di questi tempi.
Poi, certo, ci sono pure tutti quegli altri che ricconi non erano e che crepano a cataste, a cataste crepano. Se mi dispiace? E perche'? Tanto, con la vita che facevano pure prima non e' che stavano meglio, e cosi' se non altro sono testimoni, anzi, piu' che testimoni, partecipi; anzi, no: protagonisti, ecco, protagonisti di un evento storico. Dico: la peste a Milano. Se non e' un evento storico questo.
9. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: UNA PARTITELLA
- Ci facciamo una partitella?
- Come dice, scusi?
- Dico: ci facciamo una partitina a carte?
- A carte?
- Si', a carte. Per ingannnare il tempo. Il viaggio e' lungo...
- Ma come si fa? servirebbero le carte, e un tavolo...
- E che problema c'e'? Le carte le ho io, e come tavolo possiamo usare la sua cartella, scusi se mi permetto, eh...
- In effetti il viaggio e' lungo. Pero' sa, senza offesa, io preferirei farmi una dormitina.
- Ah, in questo caso chiedo scusa, se preferisce un sonnellino, come darle torto?
- Sa, io prendo sempre questo treno delle sei, e siccome abito un po' lontano mi alzo alle quattro, quattro e mezza, cosi' sul treno recupero un po' del sonno perduto.
- Troppo giusto, troppo giusto. E poi, se non la capisco io che sono un pendolare come lei...
- Ah si'? Non l'avevo mai notata, eppure prendo questo treno da almeno vent'anni.
- Ah, io no, questo treno e' la prima volta che lo prendo.
- Ah, ecco. E come mai oggi ha preso questo treno, cosi' presto intendo dire...
- Eh, ho dovuto, ho dovuto. Sa, il lavoro.
- Certo, il lavoro e' lavoro.
- Ecco, appunto.
- Io sto al ministero dell'interno.
- Ah, congratulazioni.
- Grazie. E lei?
- Ah, no, io non sono un ministriale. Senza offesa, eh, che un bel posticino ministeriale, come si dice, e' il sogno di ogni italiano perbene.
- Si dice cosi'? Non l'avevo mai sentito.
- Si dice, si dice cosi'. Lo vede? Lei e' proprio fortunato.
- Fortunato?
- Ad avere un posto al ministero.
- Ah, allora si'.
- Ma adesso la lascio al suo pisolino.
- Veramente adesso mi sarei svegliato e non lo so piu' se mi va di provare a dormicchiare ancora un po'. Magari leggo, che ci ho qui nella cartella un Maigret che me lo porto da un po' di giorni e non riesco a finirlo, con tutto che mi appassiona proprio.
- Eh, Simenon e' Simenon.
- Altroche'. Solo che la mattina all'andata preferisco schiacciare un pisolino, e la sera al ritorno sono stanco e non mi va di leggere, cosi' non lo finisco mai. Pero' me lo porto, non si sa mai.
- La capisco, la capisco, anche a me piace leggere.
- Io leggo poco, veramente, e mi dispiace, perche se ci avessi il tempo leggerei molto di piu'.
- Anch'io, anch'io, e' proprio cosi' anche per me, se ci avessi il tempo... ma come si fa?
- Gia', come si fa?
- Il lavoro...
- Il lavoro e poi la casa.
- La casa, si'.
- Mai che uno possa starsene in santa pace.
- Esatto, esatto.
- Quasi quasi adesso, se l'invito vale ancora, me la farei questa partitina.
- Vale, vale, una partitella e' il modo migliore per passare un paio d'ore mentre il treno ci porta a destinazione, eh?
- E allora prendo la cartella, l'appoggio sulle mie ginocchia...
- Anche sulle mie, se preferisce.
- No, no, non serve. Cioe', se per lei e' troppo lontana...
- No, no, e che ci vuole, mi chino un po'...
- No, no, ha ragione, mi scusi sa, l'appoggiamo sulle mie e sulle sue, proprio in mezzo tra i sedili, cosi', eh, che ne dice?
- Perfetto, perfetto. Prendo il mazzo delle carte.
*
- Ramino o poker?
- Preferirei ramino, lei che dice?
- Ramino, ramino. Lo avrei scelto anch'io.
- E' una vita che non gioco a carte.
- Non mi dica.
- E' che non ci ho l'occasione, sa, torno a casa tardi, gli amici li frequento poco. E poi mi devo alzare presto la mattina, verso le quattro, le quattro e mezza. Da giovane no.
- Non me lo dica, non me lo dica, da giovani si' che la vita era vita.
- E' proprio cosi', invece poi gli anni passano, e s'invecchia.
- S'invecchia si', eccome se si invecchia. Non mi faccia parlare non mi faccia.
- Gli acciacchi, eh?
- Acciacchi, acciacchi, altro che acciacchi.
- Non me lo dica.
- Vero?
- Eh.
- Eh.
- Eh. Chi alza la carta piu' alta da' le carte?
- Come no, prego.
- Sette.
- Tre. A lei.
- Grazie.
- Ah, dimenticavo...
- Cosa?
- Cosa ci giochiamo.
- Non e' necessario giocarci qualcosa.
- Ma qualcosa bisogna pur giocarsi, altrimenti che partita e'?
- Cosi', per svago.
- Si', ma lo svago per essere completo richiede anche l'attenzione, l'impegno, senno' e' pura perdita di tempo.
- Ma e' un passatempo.
- Lo e', lo e'. E insieme e' anche qualche altra cosa, no?
- E cos'altro e' oltre che un passatempo? Si gioca per distrarsi, no?
- Esatto, appunto. E' proprio cosi', per distrarsi, cioe' per trarsi fuori dalla noia della ripetizione meccanica dei gesti.
- E' un punto di vista interessante, lo sa?
- Per questo ci vuole una posta, senza una posta si perde tutto il sapore del gioco.
- D'accordo allora, e cosa propone di giocarci?
- Le nostre vite.
- Come, scusi?
- Le nostre vite.
- Temo di non capire.
- Le nostre vite. Chi vince si prende la vita di chi perde.
- Lei e' proprio un burlone, lo sa?
- No. Non scherzo mai quando gioco. Avanti, dia le carte.
- Guardi, forse...
- Dia le carte, le ho detto.
- Insomma, non e' questo il tono.
- Dai le carte, ha accettato di fare la partita, no? Adesso non puo' tornare indietro.
- Veramente non capisco.
- Non c'e' niente da capire, giochiamo questa partita e vediamo chi vince e chi muore.
- Allora no, mi scusi ma...
- Sta' zitto e da' le carte.
- Ma come si permette?
- Gioca e basta. vediamo chi vince e chi muore.
- Ma chi si crede di essere?
- Vuoi veramente che te lo dica? Ancora non l'hai capito?
10. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: UNO BRAVO
Il problema di essere uno bravo e' che devi essere bravo sempre.
Per esempio: metti che sei Omero, no? Che ce lo sanno tutti che sei il piu' sapiente di tutti, con tutto che sei pure cieco. E allora te ne stai sulla spiaggia a prendere il sole in santa pace e arrivano quei pescatori che si erano strafatti di crack e ti dicono quella scemenza d'indovinello dei pidocchi, che - forza, diciamo la verita' - non era facile per niente azzeccarla. E ti scoppia il cuore. Cosi', per quella scemenza dei pidocchi, che piu' tardi a quei babbei gli e' pure dispiaciuto che senza rendersene neppure conto, e senza intenzione che non ci avevano nessun motivo che lo conoscevano solo di vista e non gli aveva fatto niente a nessuno, avevano fatto morire Omero, che era il piu' sapiente dei sette sapienti di Grecia, i magnifici sette; che era il primo e il principe di tutti i poeti.
Oppure Rambo: che se gli fanno uno sgarro, che ne so, metti per esempio che si sono sbagliati a dargli il resto del cappuccino col cornetto alla cassa del bar. E lui, poveraccio, che deve fare? Siccome e' Rambo, deve distruggere tutto il bar con chi c'e' dentro (che poi la cassiera gli piaceva pure e se non era troppo timido cento volte aveva pensato di chiederle se poteva invitarla a cena), e mica solo il bar gli tocca distruggere: pure il parcheggio davanti al bar con tutte le macchine e i camion deve demolire, e poi bruciare il paese e cospargere le macerie di sale. Solo perche' e' Rambo e la gente se lo aspetta e non puoi deludere il pubblico.
Essere uno bravo e' un affaraccio, ve lo dico io.
11. REPETITA IUVANT. TRE MINIME DESCRIZIONI DELLA NONVIOLENZA
I. La nonviolenza non indossa il frac
La nonviolenza non la trovi al ristorante.
Non la incontri al circolo dei nobili.
Non frequenta la scuola di buone maniere.
E' sempre fuori dall'inquadratura delle telecamere delle televisioni.
La nonviolenza non fa spettacolo.
La nonviolenza non vende consolazioni.
La nonviolenza non guarda la partita.
E' nel conflitto che la nonviolenza agisce.
Dove vi e' chi soffre, li' interviene la nonviolenza.
Dove vi e' ingiustizia, li' interviene la nonviolenza.
Non la trovi nei salotti e nelle aule.
Non la trovi tra chi veste buoni panni.
Non la trovi dove e' lustra l'epidermide e non brontola giammai lo stomaco.
La nonviolenza e' dove c'e' la lotta per far cessare tutte le violenze.
La nonviolenza e' l'umanita' in cammino per abolire ogni sopraffazione.
Non siede nel consiglio di amministrazione.
Non si abbuffa coi signori eccellentissimi.
Non ha l'automobile, non ha gli occhiali da sole, non ha il costume da bagno.
Condivide la sorte delle oppresse e degli oppressi.
Quando vince rinuncia a ogni potere.
Non esiste nella solitudine.
Sempre pensa alla liberta' del prossimo, sempre pensa al riscatto del vinto,
sempre pensa ad abbattere i regimi e di poi a riconciliare gli animi.
Sa che il male e' nella ricchezza, sa che il bene e' la condivisione;
sa che si puo' e si deve liberare ogni persona e quindi questo vuole:
la liberta' di tutte, la giustizia, la misericordia.
La nonviolenza e' l'antibarbarie.
La nonviolenza e' il riconoscimento della dignita' di ogni essere vivente.
La nonviolenza e' questa compassione: sentire insieme, voler essere insieme,
dialogo infinito, colloquio corale, miracolo dell'incontro e della nascita;
l'intera umanita' unita contro il male e la morte;
si', se possiamo dirlo in un soffio e in un sorriso: tutti per uno, uno per tutti.
La nonviolenza e' la lotta che salva.
Ha volto e voce di donna, sa mettere al mondo il mondo,
il suo tocco risana le ferite, i suoi gesti sono limpida acqua, i suoi atti recano luce;
sempre lotta per la verita' ed il bene, usa solo mezzi coerenti
con il fine della verita' e del bene.
Sa che il mondo e' gremito di persone, cosi' fragili, smarrite e sofferenti.
Sa che la sua lotta deve esser la piu' ferma; e deve essere la piu' delicata.
Quando la plebe all'opra china si rialza: li' e' la nonviolenza.
Quando lo schiavo dice adesso basta, li' e' la nonviolenza.
Quando le oppresse e gli oppressi cominciano a lottare
per un'umanita' di persone tutte libere ed eguali in diritti,
li', li' e' la nonviolenza.
Quando ti svegli ed entri nella lotta, la nonviolenza gia' ti viene incontro.
La nonviolenza e' una buona cosa.
E' questa buona cosa che fai tu quando fai la cosa giusta e necessaria.
*
II. Breve litania della nonviolenza
La nonviolenza non e' la luna nel pozzo.
La nonviolenza non e' la pappa nel piatto.
La nonviolenza non e' il galateo del pappagallo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la ciancia dei rassegnati.
La nonviolenza non e' il bignami degli ignoranti.
La nonviolenza non e' il giocattolo degli intellettuali.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il cappotto di Gogol.
La nonviolenza non e' il cavallo a dondolo dei generali falliti.
La nonviolenza non e' la Danimarca senza il marcio.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' l'ascensore senza bottoni.
La nonviolenza non e' il colpo di carambola.
La nonviolenza non e' l'applauso alla fine dell'atto terzo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il museo dell'esotismo.
La nonviolenza non e' il salotto dei perdigiorno.
La nonviolenza non e' il barbiere di Siviglia.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la spiritosaggine degli impotenti.
La nonviolenza non e' la sala dei professori.
La nonviolenza non e' il capello senza diavoli.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il ricettario di Mamma Oca.
La nonviolenza non e' l'albero senza serpente.
La nonviolenza non e' il piagnisteo di chi si e' arreso.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la quiete dopo la tempesta.
La nonviolenza non e' il bicchiere della staffa.
La nonviolenza non e' il vestito di gala.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il sapone con gli gnocchi.
La nonviolenza non e' il film al rallentatore.
La nonviolenza non e' il semaforo sempre verde.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il jolly pescato nel mazzo.
La nonviolenza non e' il buco senza la rete.
La nonviolenza non e' il fiume dove ti bagni due volte.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' l'abracadabra degli stenterelli.
La nonviolenza non e' il cilindro estratto dal coniglio.
La nonviolenza non e' il coro delle mummie del gabinetto.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' niente che si veda in televisione.
La nonviolenza non e' niente che si insegni dalle cattedre.
La nonviolenza non e' niente che si serva al bar.
La nonviolenza e' solo la lotta contro la violenza.
*
III. Della nonviolenza dispiegata al sole ad asciugare
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza la politica necessaria.
Chiamiamo nonviolenza l'occhio che vede e piange.
Chiamiamo nonviolenza la lotta per l'abolizione di tutte le guerre.
Chiamiamo nonviolenza la lotta che abroga ogni servitu'.
Chiamiamo nonviolenza questo accampamento notturno nel deserto.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'amicizia che non tradisce.
Chiamiamo nonviolenza il ponte di corda teso sull'abisso.
Chiamiamo nonviolenza la fine della paura della morte.
Chiamiamo nonviolenza la fine della minaccia della morte.
Chiamiamo nonviolenza aver visto e alba e tramonto con limpido cuore.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il tappeto volante.
Chiamiamo nonviolenza il voto unanime per la salvezza degli assenti.
Chiamiamo nonviolenza il cielo stellato.
Chiamiamo nonviolenza il rispetto della vita altrui.
Chiamiamo nonviolenza il sonno dei giusti e dei giusti la veglia.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il silenzio che non spaventa.
Chiamiamo nonviolenza la telefonata che ferma l'esecuzione.
Chiamiamo nonviolenza il libro che ti fa ridere e piangere.
Chiamiamo nonviolenza il viaggio senza bagagli.
Chiamiamo nonviolenza il suono dell'arcobaleno.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il pasto in comune.
Chiamiamo nonviolenza il miracolo della nascita.
Chiamiamo nonviolenza la voce che risponde.
Chiamiamo nonviolenza la porta che si apre allo straniero.
Chiamiamo nonviolenza la lotta contro la violenza.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il dono e la rinuncia.
Chiamiamo nonviolenza la leggerezza sui corpi.
Chiamiamo nonviolenza la parola che suscita le praterie.
Chiamiamo nonviolenza il soffio che estingue gli incendi.
Chiamiamo nonviolenza l'infinito respiro del mare.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'umanita' come dovrebbe essere.
Chiamiamo nonviolenza la coscienza del limite.
Chiamiamo nonviolenza il ritrovamento dell'anello di Salomone.
Chiamiamo nonviolenza gl'immortali principi dell'Ottantanove.
Chiamiamo nonviolenza l'ironia e la pazienza.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il riconoscimento della pluralita' delle persone e dei mondi.
Chiamiamo nonviolenza la distruzione di tutte le armi assassine.
Chiamiamo nonviolenza non nascondere la nostra ignoranza.
Chiamiamo nonviolenza rifiutarsi di mentire.
Chiamiamo nonviolenza la scelta di fare la cosa che salva le vite.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza una giornata di sole sulla strada.
Chiamiamo nonviolenza la scuola di Spartaco e della Rosa Rossa.
Chiamiamo nonviolenza la certezza morale del figlio della levatrice.
Chiamiamo nonviolenza la legge nuova del figlio del falegname.
Chiamiamo nonviolenza le tre ghinee di Virginia.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza questo atto di riconoscimento e di riconoscenza.
Chiamiamo nonviolenza il giro della borraccia.
Chiamiamo nonviolenza questo colloquio corale.
Chiamiamo nonviolenza la Resistenza antifascista.
Chiamiamo nonviolenza l'uscita dallo stato di minorita'.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza parlare e ascoltare.
Chiamiamo nonviolenza la stazione sempre aperta.
Chiamiamo nonviolenza lo specchio e la sorgente.
Chiamiamo nonviolenza sentire il dolore degli altri.
Chiamiamo nonviolenza prendersi cura del mondo.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
12. BENITO D'IPPOLITO: CORTA CANTATA DI QUELLE E QUELLI CHE CHI GOVERNA NEPPURE LI VEDE
Lo so che frequento le persone sbagliate
quelle che quando non stanno morendo di malattia
stanno morendo di schiavitu' e di fame
Come A. che non riesce neppure a farsi ascoltare
da nessun ufficio pubblico
da nessuna istituzione assistenziale
e che ha deciso di restare chiuso nella sua baracca
e lasciarsi morire che tanto
vivere cosi' e morire non vede piu' la differenza
Come B. che ha ripreso a farsi che tanto
erano tutte chiacchiere e gli dispiace per me
che se ero riuscito a fare il comunismo
lui ci stava e ci starebbe ancora
invece hanno vinto i fascisti
e allora chi se ne frega
Come C. che tira avanti a psicofarmaci
e ogni volta si chiede se non e' arrivato il momento
di smetterla di gonfiarsi come un pallone
e di non riuscire a pensare i suoi pensieri
e magari e' arrivato il momento
di vendicarsi una volta per tutte
Come D. che regge l'anima coi denti
quei pochi che gli restano e che per fortuna
che non ci ha la televisione
che se li vedesse tutti quelli che si vedono in televisione
andrebbe a riprendere il mitra che sotterro' nel '45
e stavolta la giustizia la fa lui
Come E. che e' venuto da tanto lontano
che ha attraverso il deserto e il mare
che e' stato nel lager in Libia
e che adesso fa lo schiavo a cinque chilometri da qui
e se non fosse l'uomo piu' buono del mondo
avrebbe gia' preso il marraccio e avrebbe
cominciato a colpire a casaccio chiunque incontra per strada
Come F. che non ci ha piu' un amico
neppure a pagarlo e che continua a cercarmi
sperando che io possa dargli
due baiocchi o un po' di pane e cacio
per cenare stasera la dritta buona
accompagnarlo al Comune
alla Asl all'Inps da un avvocato
all'Arci alla Caritas alla Comune di Parigi
che proprio non ce la fa piu'
ed era forte come un toro
che ha lavorato al mattatoio e ai cantieri
Come G. che lavava le scale
e non gliele fanno lavare piu' perche' ci ha il velo
e ci ha due figli piccoli e il marito chissa' dove
Come H. che ha fatto l'operaio il bracciante il cavallo il mulo
che e' stato piu' dentro che fuori e adesso e' tutto bianco
e prima mi chiama e poi non si presenta
che si vergogna di farsi vedere ridotto cosi'
che era un compagno pure lui
e aveva un cuore grande come il mare oceano
Come I. che m'incontra per strada e mi chiede ancora se ci ho cento lire
che gli dico che adesso c'e' l'euro e lui mi risponde
che la fame pero' e' la stessa di prima e' la stessa di sempre
e si ricorda di quando eravamo in piazza per il Cile
che adesso quel Cile li' e' pure qui e' dappertutto
Come L. che mi dice M. che l'ha visto davanti al supermercato
che chiedeva la carita'
e quando ha visto che M. l'ha visto e' scappato
Come M. che ieri e' venuta a trovarmi
solo per piangere solo per piangere scusa
Come N. che era riuscita a tirarsi su dalla strada
che ci aveva creduto che ci aveva provato
e adesso ci ha un brutto male e dice che aveva fatto meglio
a farla finita quella volta tanti anni fa ti ricordi
Come O. che un po' chiede e un po' ruba
e nessuno lo puo' piu' vedere che e' ladro e insieme spia
ma io lo vidi tanti anni fa
essere benigno e generoso e adesso
neppure se lo ricorda piu'
Come P. che ha chiuso il negozio e adesso spaccia
e la domenica mattina va alla prima messa
che a quella piu' tardi d'incontrare chi lo conosce non se la sente
Come Q. che ha pagato il fatto di essere onesta e coraggiosa
con la miseria con la miseria nera
e adesso e' sola come un cane in una grotta
Come R. che andavamo a scuola insieme
e quando c'incontriamo contiamo gli amici di allora
che sono quasi tutti morti e morti male
e pure noi non stiamo messi tanto bene
Come S. che mi telefona a tutte le ore
e non mi deve dire niente
Come T. che litigavamo sempre
e adesso sappiamo di essere uguali
Come U. che ha venduto ogni suo bene
per aiutare gli altri e adesso e' solo
e nessuno lo aiuta nessuno
Come V. che faceva l'infermiera
e militava nel partito il sindacato il collettivo femminista
e adesso e' vecchia ha l'alzheimer senza parenti e senza un soldo
Come Z. che faceva un lavoro che se lo scrivo non ci credete
e stanotte s'e' impiccato.
Lo so che frequento le persone sbagliate
quelle che solo la liberazione di tutte e di tutti
salvera' e liberera' pure loro
Ed e' perche' frequento le persone sbagliate
che vedo quello che i privilegiati non vedono
che so quello che i sapienti non sanno
che voglio quello che i potenti aborrono
Solo la lotta delle oppresse e degli oppressi
puo' salvare l'umanita' che e' una
solo la condivisione del bene e dei beni
puo' sconfiggere l'orrore presente
solo la nonviolenza
puo' abolire l'ingiustizia
solo la misericordia che lotta e che a tutti gli abusi si oppone
puo' contrastare la morte
puo' far cessare l'epidemia
Salvare le vite e' il primo dovere
soccorrere accogliere assistere ogni persona bisognosa d'aiuto
opporsi al male facendo il bene
combattere il fascismo con la nonviolenza
sii tu l'umanita' come dovrebbe essere
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 449 del 15 febbraio 2021
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