[Nonviolenza] Archivi. 428



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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Numero 428 del 25 gennaio 2021
 
In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di settembre 2020 (parte terza)
2. "Di cosa stiamo parlando quando parliamo del referendum del 20 e 21 settembre?". Una conversazione oggi a Viterbo
 
1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI SETTEMBRE 2020 (PARTE TERZA)
 
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di settembre 2020.
 
2. "DI COSA STIAMO PARLANDO QUANDO PARLIAMO DEL REFERENDUM DEL 20 E 21 SETTEMBRE?". UNA CONVERSAZIONE OGGI A VITERBO
 
La mattina di mercoledi' 9 settembre 2020 nel quartiere di Santa Barbara, a Viterbo, nel piazzale adiacente agli impianti sportivi, il responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", Peppe Sini, ha tenuto una conversazione per illustrare le ragioni del NO al referendum del 20-21 settembre.
Di seguito, ricostruita frettolosamente a memoria qualche ora dopo, una sintesi dei ragionamenti svolti (con qualche utile documento a sostegno).
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1. In un giorno di digiuno contro il razzismo assassino
Diciamo subito da quale pulpito viene la predica: sono uno di quelli che oggi digiuna per denunciare il razzismo schiavista e assassino e chiedere quattro provvedimenti necessari e urgenti:
1. riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e' l'unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani;
2. abolire la schiavitu' e l'apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto": un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza; poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'. Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente. Ogni vittima ha il volto di Abele. Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto. Salvare le vite e' il primo dovere.
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E detto questo e' detto anche il contesto del nostro ragionamento sul referendum: i messeri che hanno imposto la scellerata riforma costituzionale a cui il 20-21 settembre dobbiamo opporre il nostro NO, sono gli stessi messeri che hanno imposto le antileggi hitleriane dei cosiddetti "decreti sicurezza della razza"; sono gli stessi messeri responsabili - con gli altri governi europei - della strage degli innocenti nel Mediterraneo; sono gli stessi messeri dell'infame complicita' con i lager in Libia; sono gli stessi messeri dell'imposizione di un regime di apartheid e schiavismo in Italia.
Votando NO al referendum votiamo NO non solo ad una obbrobriosa riforma costituzionale, votiamo NO anche ai messeri che hanno voluto imporla cosi' come hanno voluto imporre un regime razzista, la persecuzione di innocenti, l'omissione di soccorso, la commissione di crimini contro l'umanita'.
Al referendum votiamo NO in difesa della democrazia; in difesa della separazione e del controllo dei poteri; in difesa della Costituzione repubblicana e antifascista; in difesa del diritto del movimento delle sfruttate e degli sfruttati, delle oppresse e degli oppressi, di essere rappresentati nelle istituzioni repubblicane; ma votiamo NO anche contro la violenza degli sfruttatori e degli oppressori, contro il razzismo, contro il fascismo, contro la barbarie.
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2. Garibaldi o Balaklava
A leggere il quesito sulla scheda referendaria tutto sembra semplice, e non lo e'.
Nella banalita' si nasconde il male.
Apparentemente si vota su una cosa stupida come la luna.
Se i parlamentari debbano essere mille come i garibaldini o seicento come quelli della carica di Balaklava.
E invece no. Tanto il quesito e' semplice, tanto sono complesse le implicazioni, le conseguenze.
Chi vota si' crede di esprimersi su una questione di  numeretti come giocasse a tombola, invece si prostituisce a chi vuole imporre la manomissione della Costituzione, la mutilazione del parlamento, l'estromissione dalle istituzioni delle minoranze rappresentative delle oppresse e degli oppressi, la negazione della separazione e del controllo dei poteri, lo svuotamento della democrazia al fine d'imporre un regime razzista e fascista.
Ripetiamolo, poiche' ne vale la pena: chi vota si' crede di esprimersi su una questione di  numeretti come giocasse a tombola, invece si prostituisce a chi vuole imporre la manomissione della Costituzione, la mutilazione del parlamento, l'estromissione dalle istituzioni delle minoranze rappresentative delle oppresse e degli oppressi, la negazione della separazione e del controllo dei poteri, lo svuotamento della democrazia al fine d'imporre un regime razzista e fascista.
A leggere il quesito sulla scheda referendaria tutto sembra semplice, e non lo e'.
Nella banalita' si nasconde il male.
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3. Il gioco delle tre carte e il trucco dei trucchi
La propaganda truffaldina e fraudolenta dei golpisti travestiti da Arlecchino ripete all'infinito tre corbellerie da gabbamondo che farebbero ridere i polli, ma il principio della pubblicita' ipnotica e' che se una cosa la ripeti all'infinito, e sia pure la scempiaggine delle scempiaggini, prima o poi qualcuno ci crede.
E vediamole queste tre corbellerie da gabbamondo.
La prima: il parlamento costa, che lo teniamo a fare visto che ormai c'e' internet e noi ci abbiamo lo smartphone?
Tradotto in lingua corrente: la democrazia costa, meglio la dittatura (condita con qualche selfie e le partite in diretta tv, naturalmente).
La seconda: troppi galli a cantare non si fa mai giorno.
Tradotto in lingua corrente: basta con tutte queste discussioni, basta con la gente che vuol metterci becco: decida tutto il capo, e a chi non e' d'accordo diamo il vecchio buon consiglio: taci, il nemico ti ascolta (e la purga e il manganello sono gia' pronti).
La terza: la politica fa schifo, votate si' per abolire la politica e diventiamo subito subito un megagalattico paese dei balocchi.
Tradotto in lingua corrente: adesso al governo ci siamo noi, e ci vogliamo restare dovessimo farvi schiattare tutti, e finche' siamo al governo noi "o Francia o Spagna, pur che se magna".
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E poi c'e' il trucco dei trucchi: far votare le persone senza che sappiano su cosa si esprimono.
Chi ha come unica fonte d'informazione la televisione, non lo sapra' mai su cosa e' il referendum.
Chi vive in una delle regioni o in uno dei comuni in cui si vota per rinnovare i consigli regionali o comunali subira' la pressione della propaganda dei gruppi dirigenti dei partiti padronali e arraffatutto che diranno che il referendum non conta niente, conta solo garantire l'assessorato allo zio che poi sara' buono con gli amici ed i parenti.
Chi vive in una delle zone in cui si vota solo per il referendum sara' indotto a credere che si tratti di una questione algebrica o contabile che non lo riguarda e che e' meglio che pensi alla salute: chi glielo fa fare ad andare a votare in un posto dove c'e' passata tanta gente e chissa' quanti agenti patogeni ci sono per aria? Esporsi all'epidemia e rischiare la pelle per meno di niente?
Se tutte le persone sapessero su cosa realmente si vota con il referendum, il NO vincerebbe a mani basse.
Ma le televisioni non glielo dicono. Ma i maggiori partiti politici non glielo dicono. E la propaganda dell'eversione dall'alto, la propaganda del popolo delle scimmie, la propaganda della rivoluzione passiva, la propaganda dell'autobiografia della nazione dilaga e devasta le nostre liberta'.
Ci vorrebbe che fosse viva Hannah Arendt, ci vorrebbe che fosse viva Tina Anselmi, ci vorrebbe che fosse vivo Lelio Basso, ci vorrebbe che fosse viva Laura Conti, ci vorrebbe che fosse vivo Piero Gobetti, ci vorrebbe che fosse vivo Antonio Gramsci, ci vorrebbe che fosse vivo Sandro Pertini, ci vorrebbe che fosse viva Simone Weil: ci fossero loro oggi a parlare, il NO vincerebbe a valanga.
Ma sembra si vada incoscienti e indifferenti verso la resa alla catastrofe.
E invece NO.
Invece NO. Falla tu la cosa giusta.
Invece NO. Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
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4. Le ragioni per cui votare NO
Le ragioni per cui votare NO sono chiare e inconfutabili.
Ma richiedono lo sforzo del ragionamento.
Ma richiedono la virtu' dell'attenzione e della comprensione.
Ma richiedono l'assunzione del dovere morale e civile di agire per il bene comune.
Lo abbiamo scritto tempo fa in una lettera che abbiamo proposto a molte persone amiche, eccola.
Al referendum del 20-21 settembre voteremo NO.
Voteremo NO al taglio del Parlamento, alla strozzatura della rappresentanza democratica, all'estromissione delle minoranze dalle Camere, al compiuto asservimento dell'organo legislativo all'esecutivo e a centri di potere extraistituzionali ed antidemocratici.
Voteremo NO alla manomissione della Costituzione e alla compressione ed imprigionamento della sovranita' popolare.
Voteremo NO alla negazione del principio su cui si fonda lo stato di diritto: la separazione, l'equilibrio ed il controllo dei poteri.
Voteremo NO al disegno di sostituire alla democrazia rappresentativa un potere oligarchico e opaco, abusivo e tracotante, effettualmente violento e tendenzialmente totalitario.
Voteremo NO condividendo l'appello degli illustri docenti di diritto costituzionale che hanno denunciato i guasti gravissimi della riforma costituzionale sottoposta a referendum.
Voteremo NO perche' la democrazia, la liberta', la giustizia, il diritto alla vita, alla salute e alla dignita' sono beni troppo preziosi per permettere che siano "tagliati per risparmiare".
Voteremo NO perche' in quanto esseri umani preferiamo essere cittadini anziche' sudditi.
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5. Chi parla chiaro e dice NO: i saggi costituzionalisti
183 costituzionalisti hanno chiarito i veri termini della questione e le ragioni per cui occorre votare NO.
Ricordiamo qui i loro ragionamenti.
- Le ragioni del nostro NO al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari
In risposta all'appello del Direttore della testata online "Huffington Post" Mattia Feltri, pubblicato lo scorso 8 agosto, le sottoscritte e i sottoscritti, docenti, studiose e studiosi di diritto costituzionale, intendono spiegare le ragioni tecniche per le quali si oppongono alla riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari, illustrando i rischi per i principi fondamentali della Costituzione che la revisione comporta.
Si precisa che il presente documento scaturisce da un'iniziativa autonoma e totalmente indipendente sia dal Coordinamento per la democrazia costituzionale (CDC), sia dal Comitato nazionale per il No al taglio del Parlamento, cosi' come da ogni altro ente, organismo e associazione, esprimendo considerazioni frutto esclusivamente dell'elaborazione collettiva dei sottoscrittori.
Il testo di legge costituzionale sottoposto alla consultazione referendaria, introducendo una riduzione drastica del numero dei parlamentari (da 945 componenti elettivi delle due Camere si passerebbe a 600), avrebbe un impatto notevole sulla forma di Stato e sulla forma di governo del nostro ordinamento. Tanti motivi inducono a un giudizio negativo sulla riforma: qui si illustrano i principali.
1) La riforma svilisce, innanzitutto, il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica.
I fautori della riforma adducono, a sostegno del "SI'" al referendum, la riduzione di spesa che la modifica della composizione delle Camere determinerebbe. Si tratta, pero', di un argomento inaccettabile non soltanto per l'entita' irrisoria dei tagli di cui si parla, ma anche perche' gli strumenti democratici basilari (come appunto l'istituzione parlamentare) non possono essere sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio.
La riduzione del numero dei parlamentari non deriverebbe, inoltre, da una riforma ragionata del bicameralismo perfetto (il vigente assetto parlamentare in base al quale le due Camere si trovano nella stessa posizione e svolgono le medesime funzioni). Tale sistema non sarebbe toccato dalla legge costituzionale oggetto del referendum.
Spesso si fa riferimento agli esempi di altri Stati ma non puo' correttamente compararsi il numero dei componenti delle Camere italiane con quello di altre assemblee parlamentari in termini astratti, senza tenere conto del numero degli elettori (e, dunque, del rapporto eletti/elettori). Si trascura, inoltre, che in molti degli ordinamenti assunti come termini di paragone si riscontrano forme di governo e tipi di Stato diversi dai nostri.
2) La riforma presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale.
I fautori della riforma sostengono ancora che la riduzione del numero dei parlamentari non arrecherebbe alcun danno alle esigenze della rappresentativita' perche' sarebbero gia' tanti gli organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, consigli comunali, ecc.) la cui formazione dipenderebbe dal voto dei cittadini. La rappresentanza nazionale, secondo questa tesi, potrebbe trovare un'espressione parcellizzata in altri luoghi istituzionali. A prescindere, pero', da ogni altra considerazione sul ruolo e sulle competenze degli organi elettivi richiamati (ad esempio, i Consigli regionali italiani non sono paragonabili ai parlamenti degli Stati membri di una federazione), si puo' ricordare che la Corte costituzionale ha chiarito che "solo il Parlamento e' sede della rappresentanza politica nazionale, la quale imprime alle sue funzioni una caratterizzazione tipica ed infungibile".
Basta leggere, del resto, le materie attribuite dalla Costituzione alla competenza esclusiva del legislatore statale (e considerare l'interpretazione estensiva che di molte di queste materie ha dato la stessa Corte costituzionale nella sua giurisprudenza) per avere un'idea dell'importanza delle Camere.
3) La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori.
Per quanto riguarda la nuova composizione del Senato, alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Cosi', ad esempio, l'Abruzzo, con un milione e trecentomila abitanti, avrebbe diritto a quattro senatori, mentre il Trentino-Alto Adige, con le sue due province autonome e con una popolazione complessiva di un milione di abitanti, avrebbe in tutto sei senatori; e ancora la Liguria, con cinque seggi, avrebbe una rappresentanza al Senato, in sostanza, della sola area genovese.
4) La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto (anche se e' spesso presentata dai suoi sostenitori come un intervento volto a raggiungere gli stessi obiettivi di precedenti progetti di riforma, diretti a rendere piu' efficiente l'istituzione parlamentare).
Come si e' gia' detto, l'attuale riforma non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui elevato numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto. Tale assetto, in teoria, potrebbe anche essere modificato senza alterare in modo cosi' incisivo il numero dei parlamentari, anche solo per il tramite di una contestuale riforma dei regolamenti parlamentari di Camera e Senato. Al contrario, se si considerano i problemi di rappresentanza di alcuni territori regionali che la riforma comporterebbe, risulta che paradossalmente la legge in questione finirebbe con l'aggravare, anziche' ridurre, i problemi del bicameralismo perfetto.
5) La riforma appare ispirata da una logica "punitiva" nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. La revisione costituzionale sembra essere espressione di un intento "punitivo" nei confronti dei parlamentari – visti come esponenti di una "casta" parassitaria da combattere con ogni mezzo – ed e' il segno di una diffusa confusione del problema della qualita' dei rappresentanti con il ruolo dell'organo parlamentare. Non e' dato riscontrare, tuttavia, un rapporto inversamente proporzionale tra il numero dei parlamentari e il livello qualitativo degli stessi. Una simile riduzione dei componenti delle Camere penalizzerebbe soltanto la rappresentanza delle minoranze e il pluralismo politico e potrebbe paradossalmente produrre un potenziamento della capacita' di controllo dei parlamentari da parte dei leader dei partiti di riferimento, facilitato dal numero ridotto degli stessi componenti delle Camere.
Non puo' trascurarsi, inoltre, lo squilibrio che si verrebbe a determinare qualora, entrata in vigore la modifica costituzionale, non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, con essa coerente, tale da assicurare – nei limiti del possibile – la rappresentativita' delle Camere e, allo stesso tempo, agevolare la formazione di una maggioranza (sia pur relativamente) stabile di governo.
E' illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l'evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non e' meglio di nessuna riforma. Semmai e' vero il contrario. Respingendo questa riforma perche' monca e destabilizzante, ci sarebbe spazio per proposte equilibrate che mantengano intatti i principi fondanti del nostro ordinamento costituzionale; al contrario sarebbe piu' difficile mettere in discussione una riforma appena avallata dal corpo elettorale. Occorrono, in definitiva, interventi idonei ad apportare miglioramenti al sistema nel rispetto della democraticita' e della rappresentativita' delle istituzioni.
Per queste ragioni i sottoscritti voteranno convintamente NO!
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6. Chi parla chiaro e dice NO: magistrati onesti e veritieri
Una prestigiosa associazione di magistrati ha chiarito  i veri termini della questione e le ragioni per cui occorre votare NO.
Ricordiamo qui i loro ragionamenti.
- Il documento di "Area democratica per la giustizia": "Il taglio dei parlamentari: un vulnus per la democrazia"
A breve i cittadini italiani saranno chiamati a pronunciarsi con referendum confermativo sulla legge di revisione costituzionale dal titolo: "Modifiche agli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari". La legge n. 249/2019 prevede un drastico taglio, pari a 36,5%, dei componenti di Camera e Senato (che passano rispettivamente da 630 a 400 e da 315 a 200), fissa a cinque il numero dei senatori a vita, riduce da sei a quattro il numero dei senatori eleggibili nella Circoscrizione Estero, abbassa a tre il numero minimo di senatori assegnato ad ogni regione, con l'eccezione del Molise e della Valle d'Aosta per le quali il numero minimo di senatori e' fissato rispettivamente a due e ad uno, mentre le province autonome di Trento e Bolzano sono equiparate alle regioni e per esse il numero minimo e' fissato a tre per ciascuna provincia.
Si tratta di un referendum confermativo per il quale non e' previsto un quorum: a prescindere dalla partecipazione al voto, se dovessero prevalere i "si'", con le prossime elezioni le rappresentanze parlamentari saranno ridotte di oltre un terzo e cio' in assenza della riforma della legge elettorale.
Secondo i sostenitori della legge, questa dovrebbe portare tre risultati: allineare il numero dei nostri rappresentati in Parlamento alle medie degli altri Parlamenti, in particolare di quelli europei, sull'assunto che quello italiano sia eccessivo; ridurre i costi della politica; assicurare maggiore efficienza al nostro Parlamento. Ma molti autorevoli costituzionalisti hanno assunto posizioni fortemente critiche, osservando che si tratta di una riforma che non realizza gli obiettivi prefissati e rischia, invece, di produrre effetti distorsivi sulla qualita' della nostra democrazia. La riforma, comportando un taglio lineare di oltre un terzo dei parlamentari, non assicura un recupero di efficienza del Parlamento, specie in assenza di riforma dei Regolamenti parlamentari e delle procedure di approvazione delle leggi; determinera', invece, un sensibile rallentamento, se non la paralisi, del lavoro parlamentare e delle Commissioni, aggravandone l'inefficienza.
Quanto ai costi, affrontando il tema senza inseguire le spinte populiste dell'antipolitica, si deve riconoscere che la democrazia ha costi che occorre sostenere per assicurare il funzionamento delle istituzioni repubblicane da cui dipende la garanzia delle liberta' fondamentali, il cui valore non e' comparabile con il declamato risparmio. Sul quale, peraltro, nessuno e' stato in grado, finora, di fornire dati affidabili: i sostenitori della legge parlano di un risparmio di 500 milioni a legislatura; i detrattori lo stimano in 50 milioni o poco piu'. Nessuno e' in grado di fornire dati certi e verificabili. Quale che sia l'entita' del risparmio, esso non incidera' realmente sui costi del Parlamento. Il taglio ridurra' solo le indennita' di mandato, ma non le spese, certo piu' cospicue, di funzionamento delle camere; soprattutto non incidera' sui costi realmente inutili della politica, sugli enti superflui, sulle spese fuori controllo, sugli sprechi e sui privilegi, sulle pratiche degenerative ed illegali.
Quanto all'allineamento del numero dei nostri parlamentari alle medie di quelli europei, le comparazioni hanno dimostrato che l'argomento e' suggestivo e demagogico; certo e' che, invece, se la riforma andra' a regime, l'Italia sara' tra i paesi europei con il minor numero di rappresentanti eletti in Parlamento.
Occorre allora, molto seriamente, domandarsi se un risparmio di spesa incerto, e scarsamente incidente sui costi della politica, costituisca un vantaggio tanto significativo da giustificare gli effetti distorsivi che la riforma rischia di determinare sulla democrazia, sulla rappresentanza politica e sul pluralismo. Effetti che rischiano di aggravarsi in assenza della riforma della legge elettorale, aumentando la distanza tra la politica e i cittadini elettori; perche' in presenza della legge elettorale attuale, nelle quale la composizione delle liste e' decisa dalle segreterie dei partiti, la riduzione del numero degli eleggibili accresce il ruolo di queste ultime, che finiranno con l'occupare ogni spazio di rappresentanza, e determina una marcata marginalizzazione delle minoranze, se non la loro espulsione dal Parlamento. Ne' potranno trovare adeguata rappresentanza tutte le differenti realta' territoriali del nostro Paese, perche' la riforma penalizza i territori piu' fragili che non potranno piu' portare in Parlamento le loro istanze e bisogni, ma anche la ricchezza di idee e visioni che le periferie del nostro Paese spesso sono capaci di esprimere.
Cio' si inserirebbe in un quadro istituzionale che gia' registra un progressivo e preoccupante svilimento del ruolo del Parlamento rispetto al Governo, attuato attraverso l'irrigidimento della disciplina di partito, fino alla sostanziale imposizione del vincolo di mandato, il costante ricorso alla decretazione d'urgenza, alla legge delega e al voto di fiducia, il sistematico accantonamento delle proposte di legge di iniziativa parlamentare per dare corso piu' rapido a quelle governative.
Il risultato sara' un Parlamento meno rappresentativo, meno efficiente, meno pluralista, perche' privo dei contributi di tanti territori e delle minoranze, ed omologato alle direttive del Governo. Un vulnus per la democrazia rappresentativa voluta dalla Costituzione che rischia di aggravare la crisi di credibilita' nella quale da tempo versano le istituzioni del nostro Parlamento, sempre piu' distanti dai cittadini.
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7. Chi parla chiaro e dice NO: i partigiani cui dobbiamo la nostra liberta'
L'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia ha chiarito  i veri termini della questione e le ragioni per cui occorre votare NO.
Ricordiamo qui i suoi ragionamenti.
- L'appello dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia: "Perche' votiamo NO"
Vademecum per il referendum del 20-21 settembre 2020
Il 20 e 21 settembre si vota per il referendum confermativo della riforma costituzionale che riduce il numero di parlamentari; contemporaneamente si vota in sette Regioni, in piu' di mille Comuni per la tornata elettorale delle amministrative, per le elezioni suppletive nei collegi Sardegna 03 e Veneto 09 del Senato.
Con la riforma costituzionale il Parlamento passera' dagli attuali 630 deputati a 400 e dagli attuali 315 senatori a 200. E' un taglio di piu' del 36%.
La scelta di accorpare il referendum e il voto in una unica data per di piu' cosi' ravvicinata, immediatamente dopo il periodo festivo, rendera' impossibile fornire ai cittadini in campagna elettorale una adeguata informazione sul tema referendario, che e' molto importante perche' comporta una rilevante modifica della Costituzione.
Inevitabilmente tanti elettori, portati alle urne dalle contemporanee elezioni amministrative e regionali, saranno costretti a votare in modo frettoloso e superficiale, non avendo su fficienti elementi di conoscenza per giudicare se il taglio dei parlamentari proposto sia una scelta giusta, opportuna e ponderata, o meno.
Dicono che in Europa l'Italia ha il numero piu' alto di parlamentari: non e' vero.
Dicono che si risparmieranno 500 milioni di euro a legislatura: non e' vero.
Dicono che ci sara' una maggiore efficienza del Parlamento: non e' vero.
Serve un Parlamento rappresentativo, forte e autorevole: e' una riforma scritta male.
Dicono che in Europa l'Italia ha il numero piu' alto di parlamentari: non e' vero.
Fra i Paesi dell'Unione Europea l'Italia, rispetto al numero di abitanti, ha un numero di deputati molto basso, poco piu' di Francia, Olanda, Spagna e Germania, e meno, spesso molto meno di tutti gli altri Paesi.
[Per insormontabili difficolta' grafiche abbiamo qui omesso la riproduzione della tabella che puo' essere consultata nel sito www.anpi.it - ndr] Dal Dossier degli uffi ci studi di Camera e Senato. Con la riforma in Italia si avrebbe un deputato ogni 151.210 abitanti; diventerebbe il Paese Ue col minor numero di deputati per abitante (0.7 per 100.000). In altre parole diminuisce la rappresentanza.
In parole povere, con la riforma un deputato non rappresenterebbe piu' come prima in media 96.006 elettori, ma ben 151.210. Percio' per il deputato sara' molto piu' diffi cile rappresentare concretamente un numero cosi' elevato di cittadini. Questo e' il limite piu' grande della riforma, perche' colpisce la funzione piu' importante che dovrebbe avere il parlamento: la rappresentanza. Sara' poi piu' diffi cile, ed in alcuni casi impossibile, rappresentare adeguatamente le minoranze linguistiche e i partiti piu' piccoli. Inoltre tagliando cosi' i parlamentari potra' essere che in questa o quella regione siano eletti solo i candidati della maggioranza. Per questo la riforma e' l'ennesimo colpo ad un parlamento gia' duramente sminuito.
Nel corso degli ultimi decenni ci hanno raccontano che andava migliorata la governabilita' e per questo hanno umiliato la rappresentanza. Che vuol dire rappresentanza? Vuol dire agire su un mandato consapevole di altri, in loro nome. In questo caso, su mandato degli elettori. Che vuol dire governabilita'? Vuol dire garantire che il governo possa fare il suo lavoro a lungo e senza intoppi. In realta' per una presunta governabilita', hanno trascurato la rappresentanza. Infatti tanta gente non si sente rappresentata e non va piu' a votare. Con l'attuale legge elettorale di fatto l'elettore non decide chi eleggere, ma lo decide il capopartito o il capocorrente. E non e' vero che e' migliorata la governabilita'. Basti pensare alla crisi dell'ultimo governo ad agosto dell'anno scorso, quando il ministro dell'Interno ha deciso di far cadere il suo stesso governo. Che c'entra il parlamento?
Dicono che si risparmieranno 500 milioni di euro a legislatura: non e' vero.
I tecnici aff ermano che la cifra esatta e' circa la meta', per l'esattezza 285 milioni di euro per legislatura, pari a 57 milioni all'anno. Si tratta dello 0,007 per cento della spesa pubblica. Una cifra insignificante.
Peraltro la riduzione dei costi come conseguenza della riduzione del numero di parlamentari e' un fatto del tutto marginale, perche' i costi di Camera e Senato sono determinati da moltissime voci e variano enormemente a parita' di numero dei parlamentari. Per esempio la Camera del Regno Unito costa molto meno di quella italiana a parita' di numero, mentre quella degli Stati Uniti costa di piu', nonostante il numero di rappresentanti (parlamentari) sia di 435, cioe' molto inferiore al numero attuale di deputati nel parlamento italiano.
Risparmiare e' giustissimo, e il primo a dare l'esempio dev'essere lo Stato. Ma un conto e' risparmiare, un altro conto e' tagliare a casaccio, senza criterio, solo per mettersi il fiore all'occhiello e dire "Abbiamo tagliato la casta!". Tutti i Paesi hanno dei costi per far funzionare le istituzioni. Ma i costi per far funzionare la democrazia sono degli investimenti perche' siano garantiti diritti e liberta'.
Dicono che ci sara' una maggiore efficienza del Parlamento: non e' vero.
Dove sta scritto che avere meno parlamentari aumenti l'e fficienza? Ma in primo luogo che vuol dire e fficienza del Parlamento? Vuol dire maggiore capacita' di realizzare i suoi compiti. I compiti stabiliti con chiarezza dalla Costituzione sono tre: rappresentare i cittadini ("Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione"), legiferare ("La funzione legislativa e' esercitata collettivamente dalle due Camere"), controllare l'operato del governo in base a un rapporto fiduciario ("Il governo deve avere la fiducia delle due Camere"). Abbiamo gia' visto che la funzione di rappresentanza sara' fortemente svuotata. La funzione legislativa e' del tutto indipendente dal numero di parlamentari. Il controllo sull'operato del governo sara' presumibilmente meno e fficace, perche' un gruppo di parlamentari molto piu' ridotto sara' meno pluralista e piu' facilmente prono alle indicazioni del capogruppo.
Per di piu' diminuendo drasticamente il loro numero, in Aula e nelle Commissioni vi saranno meno parlamentari con competenze specifiche. Bisognera' comunque riscrivere i regolamenti delle Commissioni e dei gruppi parlamentari.
In sostanza a ffermare che con meno parlamentari aumentera' l'effi cienza e' un'aff ermazione non dimostrata in alcun modo, e percio' puramente propagandistica.
Legge elettorale e elezione del Presidente della Repubblica: Scilla e Cariddi.
La riduzione del numero di parlamentari comporta necessariamente la modifica della legge elettorale.
Per salvaguardare in qualche modo la rappresentanza, ci vorrebbe una legge elettorale proporzionale che tuteli i piccoli partiti. Non c'e' ancora nulla.
Non solo: bisognera' cambiare ancora la Costituzione per l'elezione del Presidente della Repubblica. Infatti la Costituzione aff erma che "Il Presidente della Repubblica e' eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze". Ma se diminuisce di piu' di un terzo il numero dei parlamentari e si mantiene lo stesso numero di delegati regionali, si da' a questi ultimi un soverchiante potere di elezione a discapito di quello dei parlamentari. D'altra parte diminuendo il numero dei rappresentanti regionali, come necessario, c'e' il rischio di non assicurare la rappresentanza delle minoranze.
Un vero pasticcio che richiede una riformulazione dell'articolo della Costituzione per salvaguardare il potere del Parlamento senza punire le minoranze regionali.
Chi non paga le tasse, chi ha sede fiscale all'estero: la vera casta.
La polemica contro i rappresentanti delle istituzioni come "la casta" e' inquietante. Ci sono i ricchissimi, che spesso le tasse non le pagano, o che hanno la sede fiscale all'estero. Ci sono grandi patrimoni che sembrano intoccabili. La vera casta. Ma su di loro, un muro di silenzio.
Diciamoci la verita': oggi, proprio quando i ricchi sono sempre piu' ricchi e i poveri sono sempre piu' poveri – basti pensare al dramma del virus – si difende un sistema che mantiene e aumenta le diseguaglianze, si difende una casta, quella vera. E si off ende e si umilia il parlamento, cioe' il cuore della rappresentanza politica, invece di restituirgli la sua funzione costituzionale.
Serve un Parlamento rappresentativo, forte e autorevole: e' una riforma scritta male.
Questa riduzione del numero di parlamentari e' scritta male, senza alcuna seria motivazione e senza alcuna considerazione sulle conseguenze istituzionali. Non sembra progettata per migliorare il lavoro del Parlamento, ma per ridurne ancora le funzioni trasformandolo in uno strumento marginale della democrazia. Tanto minore e' il potere del Parlamento, tanto maggiore e' il potere del governo, cioe' dell'esecutivo. Ma oggi all'Italia serve proprio il contrario: una democrazia forte e' una democrazia che rappresenta fortemente i cittadini attraverso organismi autorevoli e riconosciuti a cui i cittadini rivolgono la loro fiducia. E' invece sulla sfiducia e sul qualunquismo che punta questa riforma: i continui attacchi al Parlamento – la "casta", le "poltrone" – rivelano un'avversione verso la democrazia rappresentativa molto pericolosa perche' puo' portare al successo dell'idea dell'uomo forte, idea che ha gia' portato una volta il Paese nel baratro.
Addio diritti! Addio democrazia!
Non sprechiamo le conquiste di liberta' e democrazia donateci dalla Resistenza!
Tagliare cosi' il numero dei parlamentari vuol dire tagliare il diritto di scegliere i nostri rappresentanti.
Noi votiamo NO.
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8. Chi parla chiaro e dice NO: le donne che lottano contro la violenza alle donne
Donne impegnate contro la violenza alle donne hanno chiarito  i veri termini della questione e le ragioni per cui occorre votare NO.
Tra esse l'associazione "Erinna" di Viterbo, che e' una delle piu' autorevoli voci della societa' civile viterbese.
Tra esse il "Comitato donne per il NO al referendum".
Ricordiamo qui i loro ragionamenti.
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- L'appello dell'associazione Erinna: C'e' chi dice NO
L'Associazione Erinna aderisce all'Appello del "Comitato donne per il NO al referendum".
La Costituzione e' attaccata da anni, pezzi qua e la' subiscono modifiche con risultati nefasti. Da decenni l'attitudine della politica e' quella di vendere illusioni e creare falsi miti, come qualcuno ha scritto.
Da decenni e' la politica qualunquista e populista che mette a rischio la nostra democrazia, per quanto imperfetta.
Diciamo NO alla mutilazione della rappresentanza che ci viene proposta con il taglio dei/delle parlamentari. Tutte le identita' politiche, sociali, culturali ed economiche hanno diritto di essere rappresentate; penalizzare le minoranze e abbassare il pluralismo politico e' l'obiettivo delle politiche fasciste.
Diminuire il numero dei/lle parlamentari non vuol significare avere rappresentanti piu' qualificati/e, forse potra' significare avere una cerchia piu' stretta di fedelissimi/e.
La riforma penalizzera' l'elezione delle donne, in un paese dove e' gia' ridicola la rappresentanza delle donne in Parlamento e nei luoghi apicali e decisionali.
Diciamo NO all'attacco alla democrazia.
La proposta qualunquista e populista del risparmio della spesa pubblica e' un'illusione, si tratta di risparmi irrisori (lo studio sulla legge di bilancio 2020 riporta un risparmio dello 0.01%).
Molto di piu' si risparmierebbe evitando l'acquisto di aerei bombardieri, evitando di elargire liquidazioni stratosferiche, "regalie" a manager la cui opera e' quantomeno discutibile; i denari si devono trovare ad iniziare dal recupero dell'evasione fiscale.
La democrazia ha un valore che non puo' essere sacrificato per esigenze di risparmio, concordiamo con chi lo afferma.
Per aderire scrivere a: einveceNO.alreferendum at gmail.com
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- L'appello del Comitato donne per il NO al referendum: "E invece NO"
Il referendum sul taglio dei parlamentari prevede una riduzione dei seggi in entrambe le Camere, andando a modificare gli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione.
Si passerebbe cosi' da 630 a 400 seggi alla Camera e da 315 a 200 seggi al Senato, con un taglio complessivo di 345 parlamentari, pari al 36,5%. Tra questi, verrebbero ridotti i parlamentari eletti all'estero (18 a 12).
Con il taglio dei seggi, aumenta il numero di abitanti per parlamentare. Per ciascun deputat* si passa da 96.006 a 151.210 abitanti* e per ciascun senator* da 188.424 a 302.420 abitanti*. Di conseguenza, nel caso di approvazione, sara' necessario ridefinire i collegi elettorali tramite una nuova legge che richiedera' ulteriore tempo per l'approvazione.
Dunque la riforma costituzionale, in assenza di una contestuale riforma elettorale e dei partiti, e' un salto nel buio che compromette la rappresentanza parlamentare e il ruolo stesso del Parlamento.
I vari comitati del No e il documento dei 183 costituzionalisti e costituzionaliste hanno evidenziato in via generale i rischi della riforma che qui sintetizziamo:
- La riforma svilisce il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica sia perche' si tratta di risparmi irrisori sia perche' la democrazia ha un valore che non puo' essere sacrificato per esigenze di risparmio.
- La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza dei territori con il rischio che alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Un Senato composto da 200 membri non puo' rappresentare tutte le identita' politiche, sociali, culturali ed economiche se ogni eletto dovra' rappresentare circa 300mila abitanti.
- La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto perche' non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto.
- La riforma confonde la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. Non c'e' nessuna evidenza che diminuendo il numero dei parlamentari se ne innalzi il livello qualitativo. L'unico effetto che sicuramente produce e' una penalizzazione delle minoranze e un abbassamento del pluralismo politico.
- La riforma non prevede che sia garantito un corretto ed essenziale lavoro delle Commissioni al Senato anche per dare l'opportunita' alle minoranze di rappresentare le proprie ragioni. L'eventualita' di accorpare fra loro le Commissioni esistenti non garantisce che le minoranze possano influire proficuamente sui processi decisionali del Parlamento.
- Con il taglio dei parlamentari la selezione delle candidature da parte delle dirigenze dei partiti o degli stessi leader (gia' oggi fortemente guidata non sempre da criteri di competenza ma piuttosto da quelli di fedelta') sarebbe ancor piu' determinata da considerazioni non valoriali.
- Infine se non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, si verrebbe a creare uno squilibrio circa la  rappresentativita' delle Camere tale da non permettere un'agevole formazione di una maggioranza stabile di governo.
A questi argomenti si aggiungono le perplessita' sugli effetti negativi che si avrebbero sulla rappresentanza politica delle donne.
- Mancanza di riforma elettorale e di una legge sulla democrazia interna dei partiti: in assenza di questi interventi – necessariamente correlati – si accentua il potere dei capipartito e l'importanza dei finanziamenti delle lobbies. Le donne sono ancora marginalizzate nei luoghi decisionali politici ed economici, quindi avranno minori chances di essere elette.
- Muta il rapporto con l'elettorato, e dunque con i territori: l'eliminazione di 230 deputati e 115 senatori muta il rapporto di rappresentanza e affievolisce il legame con i territori, penalizzando ad esempio le esperienze delle donne come amministratrici locali. I dati sulle competizioni elettorali mostrano minore visibilita' delle donne nei media e nelle tribune politiche. Risultera' ancora piu' esigua la possibilita' di accesso ai media (che e' decisa dai capipartito) e quindi di essere elette.
- Leadership maschile nei partiti e nei movimenti: l'entrata in Parlamento e' nominalmente aperta a tutti, ma di fatto risulta rigidamente controllata dai partiti. Questo dato mostra di avere un effetto relativamente negativo sulle chances di carriera politica delle donne. La misura prevista nella legge elettorale volta all'incremento della rappresentanza femminile non ha consentito il raggiungimento del 40% di donne elette.
- Ruoli centrali negli organi parlamentari: i dati tendono a confinare la rappresentanza femminile in aree settoriali e a ricostruire situazioni di marginalita' all'interno del Parlamento: e' significativo il fatto che le donne siano assenti in dicasteri importanti quali quelli economici e che siano prevalentemente presenti nelle commissioni parlamentari che trattano questioni tradizionalmente considerate come di pertinenza delle donne.
- Distorsioni sulla rappresentanza territoriale: minore rappresentanza delle regioni piu' piccole e dei partiti minori – se non vi e' un mutamento profondo nei partiti - concentrera' la scelta sui soli candidati uomini, come dimostrano i principali report nazionali e internazionali.
- Mancanza di una campagna informativa e uso di un linguaggio demagogico dell'antipolitica che offende la democrazia parlamentare. E' molto grave che la riforma costituzionale sia priva di un adeguato dibattito pubblico, anche all'interno dei partiti, e comunque si fondi su un linguaggio proprio dell'antipolitica. L'assunto di fondo della riforma si basa sul discredito del ruolo dei parlamentari e dell'Istituzione, ma non si preoccupa affatto di migliorare il processo di formazione delle leggi. La gran parte dei movimenti femministi che hanno promosso norme di garanzia sono mosse dalla convinzione che la democrazia parlamentare e la democrazia paritaria siano strettamente connesse.
Per queste ragioni di fatto la riforma penalizzera' l'elezione delle donne perche' meno rappresentanti significa competizione piu' dura e piu' cooptazione e piu' difficolta' per le donne di essere elette.
Anche per questo come donne e come cittadine voteremo NO al referendum del 20 e 21 settembre!
Per aderire scrivere a: einveceNO.alreferendum at gmail.com
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9. Chi parla chiaro e dice NO: le persone amiche della nonviolenza
Persone amiche della nonviolenza e significative esperienze nonviolente hanno chiarito i veri termini della questione e le ragioni per cui occorre votare NO
Ricordiamo qui i loro appelli.
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- L'appello della struttura nonviolenta viterbese
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza".
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- Il documento del Movimento Nonviolento: "Un orientamento per il voto referendario"
Il referendum impone una scelta secca: o si', o no. Non ci sono le mezze misure, i distinguo, le sfumature. La decisione cui siamo chiamati riguarda solo il numero, non la qualita', non le mansioni, non il modo di eleggere deputati e senatori. Se vuoi tagliarne circa un terzo, voti Si'; se vuoi mantenere il numero stabilito dalla Costituzione, voti No. O 945 parlamentari, o solo 600.
Noi abbiamo un'idea piu' complessa e articolata della politica, della rappresentanza, delle funzioni istituzionali, del rapporto tra elettori ed eletti. Ci piacerebbe discutere di questo nella campagna referendaria, ma la proposta di riforma costituzionale si e' concentrata solo sul taglio lineare e numerico dei parlamentari, per ridurne i costi, per snellire le camere, per sveltire i processi legislativi. Una concessione ad un diffuso sentimento antipolitico "contro la casta".
I principi costituzionali che riguardano l'ordinamento della Repubblica (articoli 55-69) a noi paiono ancora validi, anche nel rapporto numerico elettori-eletti stabilito. Sappiamo che la democrazia e' sempre perfettibile, e che molti sono i limiti che vanno superati. Per orientarci in questo dibattito, ci piace richiamare le idee-cardine del pensiero nonviolento di Aldo Capitini sui temi della democrazia, del potere di tutti, dell'omnicrazia, che costituiscono ancor oggi un riferimento fondamentale, un orizzonte ampio di ispirazione.
La necessita' di un rinnovamento era gia' presente in Capitini: "C'e' un'esigenza reale e diffusa di una nuova strutturazione del potere, sul passaggio cioe' del potere dalle mani di pochi, che oggi lo detengono, alle mani dei molti che oggi ne sono privi". Questa tensione, naturalmente, porta ad una sensibilita' estrema alla questione delle minoranze: "La democrazia attuale attribuisce alla maggioranza un potere che qualche volta e' eccessivo rispetto ai diritti delle minoranze".
Un allargamento del potere dai pochi ai molti, e poi a tutti, e' decisivo nel pensiero capitiniano, nella sua idea di ampliare la democrazia, fino a trasformarla in omnicrazia, potere di tutti, appunto: "L'omnicrazia progredisce tutte le volte che il potere di uno si esplica strettamente connesso con il potere di ogni altro". La riflessione di Capitini si e'è concentrata anche, e forse soprattutto, sugli strumenti di lavoro: "Per trasformare la democrazia in omnicrazia vi sono due elementi: le assemblee e l'opinione pubblica". Ed e' proprio sul tema dell'assemblea (dunque anche l'assemblea legislativa) che Capitini ha insistito molto: "Non sono d'accordo con i distruttori del sistema rappresentativo; bisogna essere vissuti sotto una dittatura per capire che il libero funzionamento della rappresentanza parlamentare e' qualche cosa di positivo, pur con i suoi difetti (...). Considero utile il Parlamento, ma mi preme dire che esso ha bisogno di essere integrato da moltissimi centri sociali, assemblee deliberanti o consultive in tutte le periferie. Questa integrazione e' dal basso". Infatti "Il controllo dal basso puo' essere esercitato solo da organismi democratici eletti (...) Il Parlamento viene dal basso, per la sua derivazione dall'elezione".
C'e' quindi la necessita' di rinforzare il Parlamento, non di mutilarlo: "Nell'ipotesi migliore il centro formato da chi e' persuaso dell'apertura nonviolenta si presenta come integrazione delle istituzioni". Integrare, non tagliare. Non distruggere quel che c'e' ma migliorarlo per il bene comune.
Con queste poche piste di lavoro non vogliamo far dire a Capitini quel che non ha detto. Vogliamo solo offrire alcuni spunti di riflessione, perche' ognuno, in coscienza, possa farsi un'opinione da tradurre poi in una scelta, nella ricerca della verita'.
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10. Le risorse
Per contrastare le menzogne dei potenti che hanno a disposizione enormi risorse e quasi tutti i mass-media, noi dobbiamo usare la nostra facolta' di parola, la nostra capacita' di dire la verita': parresia.
Dobbiamo usare il passaparola tra i senza potere.
E dobbiamo usare anche noi gli strumenti telematici, ma soprattutto il nostro cervello (e il nostro cuore).
Alcuni siti internet in cui si possono trovare molti materiali di riflessione utili sono i seguenti:
- Comitato nazionale per il NO al taglio del parlamento: sito: www.noaltagliodelparlamento.it
- Coordinamento per la democrazia costituzionale, sito: www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it
La nostra struttura nonviolenta viterbese redige e diffonde anche un notiziario telematico quotidiano al referendum dedicato, con la testata "No all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie". Per riceverlo scrivere all'indirizzo di posta elettronica: centropacevt at gmail.com
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11. Quid agendum
A tutte le persone sollecite del bene comune chiediamo di impegnarsi a:
- prendere pubblicamente posizione per il NO, e diffondere questa presa di posizione;
- sollecitare le esperienze collettive di cui si fa parte, o cui si riconosce un'importanza o un valore, a prendere anch'esse posizione per il NO, e a diffondere questa loro presa di posizione;
- intervenire sui mass-media e sui social media affinche' si impegnino per una corretta informazione;
- promuovere ovunque possibile comitati locali per il NO al taglio del parlamento, collegandosi anche con il Comitato nazionale: sito: www.noaltagliodelparlamento.it , e-mail: info at noaltagliodelparlamento.it , ed anche con il Coordinamento per la democrazia costituzionale, sito: www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it ;
- promuovere ovunque possibile ulteriori iniziative di informazione, documentazione, coscientizzazione, riflessione, dibattito.
Occorrono tempestivita' e perseveranza: il tempo di qui al voto del 20-21 settembre e' ben poco. Chi vuole impegnarsi deve farlo subito.
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12. Che siano i giorni dell'arcobaleno
Nessuno si arrenda. Nessuno creda che resistere sa inutile. Nessuno rinunci alla propria dignita' e alle liberta' comuni senza lottare.
Come gia' nel 2006 e nel 2016, quando ci opponemmo ad analoghi tentativi di mutilare il parlamento e d'imporre un regime oligarchico, possiamo far vincere il NO nel referendum.
Votiamo NO al piano golpista della P2.
Votiamo NO all'antiparlamentarismo, al fascismo, alla barbarie.
Il 20-21 settembre che siano i giorni dell'arcobaleno.
Il 20-21 settembre votiamo NO.
 
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 428 del 25 gennaio 2021
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