[Nonviolenza] Telegrammi. 3898



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3898 del 20 ottobre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. In memoria di Alberto L'Abate, a tre anni dalla scomparsa
2. Enrico Peyretti: San Francesco
3. Benito D'Ippolito: Oggi i governanti raccontano
4. Omero Dellistorti: A cena dal dottore
5. Omero Dellistorti: Invece. Un compendio a edificazione della negletta umanita' (istruttivo e ritwittabile)
6. Omero Dellistorti: La verita'
7. Omero Dellistorti: Si vende?
8. Omero Dellistorti: Tattamello e Chiacchiarone
9. Omero Dellistorti: Uno sceneggiatore
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. MAESTRI E COMPAGNI. IN MEMORIA DI ALBERTO L'ABATE, A TRE ANNI DALLA SCOMPARSA

Tre anni fa, il 19 ottobre 2017, nello stesso giorno dell'anno in cui nel 1968 era deceduto Aldo Capitini di cui era stato amico e collaboratore, moriva Alberto L'Abate, una delle figure piu' vive della nonviolenza.
Era un maestro generoso, un amico e un compagno di lotte la cui parola e il cui braccio oggi ci mancano come non mai.
Lo abbiamo ricordato questa mattina a Viterbo, con profonda commozione e nostalgia.
*
Una minima notizia su Alberto l'Abate
Alberto L'Abate e' stato una delle figure piu' illustri della nonviolenza e della peace-research a livello internazionale; era nato a Brindisi il 6 agosto 1931, docente universitario di sociologia dei conflitti e ricerca per la pace, promotore del corso di laurea in "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti" dell'Universita' di Firenze, e' stato impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Peace Research, nell'attivita' di addestramento alla nonviolenza, nelle attivita' della diplomazia non ufficiale per prevenire i conflitti; amico e collaboratore di Aldo Capitini, ha collaborato alle iniziative di Danilo Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente; come ricercatore e programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto dell'Onu, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'; ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a Pristina, e si e' impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione"; portavoce dei "Berretti Bianchi", promotore dei Corpi civili di pace e di numerose altre rilevanti iniziative. E' deceduto a Firenze il 19 ottobre 2017.
Tra le opere di Alberto L'Abate: segnaliamo almeno Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana, Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999; Giovani e pace, Pangea, Torino 2001; Per un futuro senza guerre, Liguori, Napoli 2008; Metodi di analisi nelle scienze sociali e ricerca per la pace: una introduzione, Multimage e Trascend University Press, Firenze 2013; L'arte della pace, Centro Gandhi Edizioni, Pisa 2014.
Opere su Alberto L'Abate: AA. VV., Memoria di Alberto L'Abate, fascicolo monografico di "Azione nonviolenta", n. 5/2018.
*
Anche nel ricordo e alla scuola di Alberto L'Abate continui la lotta contro la guerra e tutte le uccisioni.
Anche nel ricordo e alla scuola di Alberto L'Abate continui la lotta contro il razzismo e tutte le persecuzioni.
Anche nel ricordo e alla scuola di Alberto L'Abate continui la lotta contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Anche nel ricordo e alla scuola di Alberto L'Abate continui la lotta contro tutte le violenze.
Anche nel ricordo e alla scuola di Alberto L'Abate continui l'impegno nonviolento in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, in difesa dell'intero mondo vivente.
Anche nel ricordo e alla scuola di Alberto L'Abate continui l'impegno nonviolento per la realizzazione di una societa' mondiale di persone libere ed eguali in diritti, responsabili e solidali, in cui da ciascuna persona sia dato secondo le sue capacita' ed a ciascuna persona sia dato secondo i suoi bisogni.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Condividere il bene ed i beni.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e per la salvezza dell'intera umanita' e dell'intero mondo vivente.
Solo la nonviolenza contrasta la violenza.
Solo facendo il bene si puo' sconfiggere il male.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.

2. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: SAN FRANCESCO
[Riceviamo e volentieri diffondiamo.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, di seguito riprodotta, che e' stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]

Ho scritto il 17 ottobre alle 15,01 ai Francescani di Assisi:
Cari fratelli di Francesco, Assisi. Mi pregano di mandare anche a voi questa mia semplice riflessione nella discussione in corso sull'episodio delle frecce tricolore passate su Assisi il giorno della festa di san Francesco, l'indomani dell'enciclica di papa Francesco. Mando il testo anche a Rocca, di cui sono collaboratore da circa 30 anni, e ai quotidiani Avvenire e il manifesto. Poi non  controllo chi pubblica.
Spero che non vi dispiaccia. Aiutiamoci sempre tutti, gli uni gli altri, a vedere chiaro.
C'e' ben di piu' del pericolo fisico di queste esibizioni, per i piloti e per la gente a terra (come e' gia' avvenuto gravemente);  c'e' ben di piu' dell'inquinamento grave; c'e' ben di piu' del costo economico pazzesco e offensivo dei poveri. C'e' il simbolo. I simboli sono superiori alle cose. Le cose e le azioni dicono significati. Il simbolo delle frecce tricolori e' militare, uno strumento di guerra, anche se in quel momento e' disarmato, ma retoricamente inneggiante alla forza militare, cioe' omicida. Capirei la distrazione o sbadataggine dei fratelli di san Francesco: puo' accadere a tutti sotto la pressione delle mentalita' ufficiali e della ricerca di visibilita' irriflessa. Ma non riesco a capire in loro la giustificazione di un imponente messaggio militarista entro una festa di pace nonviolenta e francescana. Capitini, il Movimento Nonviolento, don Tonino Bello, non avrebbero mai immaginato  una bravata simile, cosi' fuori luogo, e sgradevole. Comunque, siamo tutti fallibili, facciamo chiarezza, e non condanna. Tutti abbiamo fatto errrori. L'importante e' schiarirci gli occhi e la mente, insieme, sempre insieme. E stare piu' attenti e vigilanti. E chiedere a san Francesco cosa avrebbe fatto lui. E fare la Perugia-Assisi col suo significato autentico, non per farsi notare. Fratelli tutti (anche i piloti)!
Ciao, Enrico
*
Regalo a tutti una bella poesia di Luca Sassetti del febbraio 2006: Io lo maledico.
Quando passa un aereo da guerra
io lo maledico.
Il pilota no, che fa il mestiere
piu' infelice del mondo
peggio di pubblicani e prostitute.
Vorrei che gli nascessero due ali
d'angelo o di gabbiano
e scendesse sorridendo
nel giardino di casa sua
o nel cortile della scuola
per far ridere i bimbi.
Ma l'aereo
scheletro di mostro antidiluviano
che si schianti presto
sulle rocce piu' brulle del mondo
senza uccidere nemmeno
una lucertola.
E l'ingegnere che l'aveva pensato
si metta a fabbricare caffettiere
macchine da cucire, arnesi da falegname
o, se preferisce, giostre e ottovolanti.

3. CRONACHE DI NUSMUNDIA. BENITO D'IPPOLITO: OGGI I GOVERNANTI RACCONTANO

Oggi i governanti di questo paese raccontano come fosse una favola antica di quanto siano stati impreparati, irresponsabili e incapaci negli scorsi mesi.
Decine di migliaia di morti ci sono costate la loro impreparazione, irresponsabilita', incapacita'.
Tra qualche mese faranno lo stesso racconto riferito a questi giorni.
Non so se saro' ancora vivo.
*
No al fascismo, no al razzismo, no al maschilismo, no ai poteri criminali, no al regime della corruzione, no alla barbarie che dilaga.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi unitevi nella lotta per la liberazione e la salvezza comune.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

4. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: A CENA DAL DOTTORE

Io neppure lo so perche' ci vado. Che tutte le volte mi dico che e' l'ultima perche' non li sopporto, nessuno li sopporto. Preferirei cenare insieme a un coccodrillo.
Pero' come si fa? Quando sei un dipendente e un soprastante ti invita non e' che puoi mandarlo a quel paese come sarebbe giusto, no, devi fare buon viso a cattivo gioco, e dire di si'.
Che io proprio non ne posso piu' di dire sempre di si', pero' come si fa? Bisogna pur campare, no?
*
Per esempio ieri in ufficio. Io avevo fatto il lavoro mio, e lo avevo fatto bene. Quando il capufficio mi chiama e mi dice che c'e' da rifare il lavoro del geometra Mancollo che non ne azzecca una neanche per sbaglio; io gli dico che lo dovrebbe rifare il geometra Mancollo il lavoraccio suo che io ci ho gia' da fare il lavoraccio mio; allora quello che siccome e' il capufficio gli pare di essere il re delle due Sicilie e delle due Sardegne messe insieme comincia a strillare che lo decide lui chi fa questo e chi fa quello e che se non la pianto di fare il piantagrane e il sindacalista dei suoi stivali lui mi caccia con un calcio, e aggiunge un'espressione irriferibile, irriferibile. Insomma, io ci ho la mia dignita', e sentirmi dire che mi si prende a calci nel didietro e' una cosa che un uomo che ci ha una sua dignita' non la puo' mandare giu'. Io non e' che sono comunista, eh, ho sempre votato per lo scudocrociato, ma certe volte, certe volte mi viene da pensare che i comunisti ci hanno proprio ragione a dare fuoco al Louvre, porca paletta. E mi immagino di farne certe, ma certe, che e' meglio che non vi dico.
Ma il lavoro e' il lavoro, prima quando ero disoccupato ho fatto la fame vera, e poi e' successo pure quel fattaccio che io non c'entravo niente che neanche c'ero e pero' m'arrestarono lo stesso perche' dicevano che ci avevo la fragranza, e insomma devo restare calmo e buono e zitto e abbozzare perche' gli sbirri gia' mi stanno col fiato sul collo e allora bisogna che faccio il sottomarino come dice lo zio Nino, il sottomarino che sarebbe che tengo la bocca chiusa senno' si riempie di acqua perche' il sottomarino sta sempre zitto zitto sott'acqua e quando meno te l'aspetti colpisce, come lo squalo e il mostro di Loch Ness. E allora sto zitto che ce lo so che gli sbirri mi tengono d'occhio. E mi tiene d'occhio pure lo zio Nino che mi ha detto che la devo fare finita di fare le stupidate che se la faccio finita e mi dimostro affidabile quando gli pare che sia il momento giusto ci pensa lui a darmi la spintarella che ci serve e allora mi sistemo e smetto di lavorare e di dire signorsi', cioe' lo dico solo allo zio Nino, che poi manco te lo chiede di dire signorsi', ti chiede solo di fare quello che ti dice di fare, che poi manco te lo dice lui, te lo fa dire da uno che neppure te lo dice che l'ha detto lo zio Nino che la prudenza non e' mai troppa e un uomo che e' un uomo ce lo sa che non si deve mai dire niente, per questo ci abbiamo le braccia con attaccate le mani, perche' fare e' meglio che dire.
Se non c'era lo zio Nino io ancora stavo dove stavo che come minimo mi davano vent'anni invece lui mi mise l'avvocato buono e l'avvocato buono la prima cosa che mi disse fu che io dovevo stare ztto che doveva parlare solo lui che ce lo sapeva lui quello che doveva dire e dopo tre anni ero fuori. L'avvocato e' un bel mestiere. Tutto sta a saperle sparare grosse senza che ti viene da ridere.
Pero' ha detto lo zio Nino che devo aspettare che me lo dice lui quando mi passa di grado e per adesso devo stare qui all'ufficio tecnico del Comune a disposizione a mettere a posto le carte come dice lui.
Cosi' abbozzo, pero' rosico. Ci avro' diritto di rosicare visto che abbozzo, no?
*
Pure a casa: io cerco di starci poco a casa con tutto che al bar m'annoio, ma a casa mi scoccio di piu' che ci stanno mia madre e mia moglie che gia' una non la sopporterebbe neppure un santo, figurarsi tutte e due insieme. Non faccio in tempo a mettere piede dentro casa che una dice che c'e' da cambiare la lampadina, quell'altra dice che e' arrivata la bolletta, e la prima ricomincia che Giggetto le ha fregato i soldi dal borsellino per comprarcisi la droga che Giggetto ci ha sette anni e semmai ci si sara' comprato le caramelle, e la seconda continua che Nuccia bisogna comprarle le scarpe nuove che i figli crescono, e insomma non si stanno zitte un minuto che uno non fa in tempo a entrare a casa sua che e' sempre 'sto pinghete e ponghete, e basta, no? Poi dice che uno mena la moglie, e ci credo, mica posso menare mia madre, no? E quattro sventole mi tocca darle pure a Nuccia che ci ha dodici anni e gia' si trucca come una di quelle, e pure a Giggetto perche' senno' ci resta male. Poi ci credo che uno passa le giornate al bar. A casa e' un inferno, con tutto che dovrebbe essere il tuo regno dove sei signore e padrone come un pascia'. Per fortuna che c'e' la televisione che fanno le partite.
*
Poi arriva la campagna elettorale, che a me m'hanno proprio stufato tutte 'st'elezioni, non era meglio la dittatura? Lo dice sempre lo zio Nino che e' tutta una perdita di tempo, e pero' bisogna perdercelo 'sto tempo. E allora i santini, le telefonate (che io le fo dall'ufficio, che magari il telefono di casa me lo controllano quei puzzoni degli sbirri che non ci hanno rispetto della privacy), il giro a attacchinare i manifesti e menare i comunisti, le cene da organizzare, e tutti quei progetti e quelle concessioni che qui all'ufficio tecnico sotto elezioni si lavora per tre, per trenta, per trecento. A me le elezioni non mi piacciono per niente, che tanto a che servono? Non cambia mai niente, l'umanita' siamo fatti cosi', dovremmo riconoscerlo ed accettarci per quello che siamo, no? Invece no, tutte 'ste chiacchiere di migliorare il mondo che se veramente ma dico veramente volessimo migliorare il mondo dovremmo fare una cosa sola che sarebbe di togliergli il disturbo al mondo, tutta la razza umana dico.
E invece ogni giorno che passa l'appestiamo di piu'. Ingordi, ingordi e ladri. E zozzoni. Io non ci ho paura di dire la verita', quando ci vuole ci vuole.
*
E come se non bastassero tutte 'ste torture pure questa mi tocca: che ogni tanto il dottore c'invita a cena. Che a me i dottori mi fanno schifo. Ma che mestiere e'? Gli paice vedere la gente ignuda e mettergli le mani addosso, che se fossero belle figliuole lo capirei che gli va di vederle ignude e toccarla qui e li'e su e giu', ma a loro gli piace di vedere ignude le persone malate, e che schifo.
Pero' il dottore c'invita a cena che io mi chiedevo che gli diceva la capoccia a invitarci a cena pure a noi che poi l'ho capito che e' perche' pensa che poi magari ci metto una buona parola con lo zio Nino, che e' l'unico motivo per cui la gente m'ossequia che si credono che lo zio Nino darebbe retta a uno come me solo perche' sono il nipote, che invece lo zio Nino non darebbe retta neppure all'arcangelo Gabriele se gli si presentasse davanti con tutte le ali. Allo zio Nino gli piace di comandare e basta. Che lo sapete come si dice, no? Che comandare e' meglio di quell'altra cosa li' che e' la meglio del meglio del mondo; a parte comandare, si sa.
Io me ne fregherei pure di andarci a cena dal dottore, che pero' mai moglie mi dice che sei matto, brutto cafone? Ci si deve andare, ci si deve andare, che se non ci andiamo allora lo dico allo zio Nino. E allora ci dobbiamo andare. Magari ci ha pure ragione mia moglie. Che dice che il dottore bisogna tenerlo buono perche' intanto e' il medico condotto e se ti serve una medicina o una visita da chi vai? Devi per forza andare da lui, e allora se lo offendi poi si vendica che si sa come sono fatti i dottori, ne ammazzano piu' loro che le guerre mondiali. E poi e' pure il sindaco, che ce l'ha messo lo zio Nino; e quindi davanti allo zio Nino si mette sull'attenti, ma con tutti gli altri gli pare di essere il duce. E siccome io lavoro all'ufficio tecnico del Comune sarebbe come se fosse il capoccia mio, che io i capoccia non li sopporto.
Pero' che devo fare? Non e' che posso fare dispiacere alo zio Nino che magari quella matta di mia moglie se non vado a cena dal dottore quando c'invita e' capace di dirglielo e allora quando mi promuove lo zio Nino? L'anno del cucco mi promuove, per la festa di San Giammai mi promuove.
Allore abbozzo un'altra volta, che ce lo so che mi fa male al fegato pero' abbozzo. Pero' a dire di si' oggi  e a dire di si' domani prima o poi uno scoppia, che mica siamo macchine di ferro, siamo esseri umani che ci abbiamo il nostro orgoglio e i nostri sentimenti, no?
E io di andare a cena dal dottore, con tutto che sara' si' e no due volte all'anno, mi ero stufato, e allora ho detto e mo' basta. L'ho detto nel pensiero: e mo' basta. L'ho detto solo nel pensiero perche non si deve dire mai niente.
Non ci avevo niente di personale contro il dottore, e non dico neppure che si mangiava male a casa sua. M'ero stufato e basta.
*
Per questo, solo per questo, ho portato quella torta che ci avevo messo il veleno per i topi.

5. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: INVECE. UN COMPENDIO In DUE RIGHE A EDIFICAZIONE DELLA NEGLETTA UMANITA' (ISTRUTTIVO E RITWITTABILE)

Invece di fare la fame mi parve piu' logico rubare.
Invece di ammazzarmi decisi che era meglio ammazzare qualcun altro.
Qualcuno potrebbe darmi torto?

6. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: LA VERITA'

Per come la vedo io, diciamocelo, la verita' e' sempre stata un bel po' sopravvalutata, proprio un bel po'. E dico poco.
Non dico che non abbia la sua utilita', lo sappiamo tutti che ce l'ha, e chi glielo nega? Se per esempio chiedo a uno per strada che ora e', insomma, spero che mi dica se non l'ora precisa, almeno una sufficiente approssimazione, diciamo con un margine di cinque minuti, no? Altrimenti perdo il treno di sicuro. Lo stesso se chiedo a uno dove sta una certa strada o una certa piazza, che come faccio a saperlo io che non sono del posto dove sta via Mazzini che e' dove ci ha lo studio l'avvocato che bisogna proprio che lo vedo di corsa che domani mi processano per quella stupidaggine, che magari via Mazzini e' proprio dietro l'angolo, no? Ma io come fo a saperlo se non lo chiedo a qualcuno?
Solo per dire che pure la verita' ci ha i suoi meriti, che a me mi piace riconoscere le cose come sono, quello che e' giusto e' giusto e non ci piove. Che magari piove a catinelle, pero' su quello che e' giusto non ci piove lo stesso. E' un modo di dire. Pure piove a catinelle e' un modo di dire. Uno quando parla come niente rischia di confondersi perche' se ne dicono tante che se ti metti a pensarci ti fuma la zucca, che e' un modo di dire pure queste, anzi: doppio, per via del fumo e della zucca. Ma del fumo m'ha detto l'avvocato che e' meglio che non ne parlo, e la zucca sarebbe un modo per dire la testa, no?
Pero' poi ci sono tutte quelle volte che la verita' e' meglio lasciarla perdere, no?
Per esempio: quando ti chiamano sul banco dei testimoni tu che vorresti dire, che mi hai visto? Lo so che mi hai visto, c'ero, t'ho pure salutato dopo. Ma tu devi dire che non mi hai visto, e' chiaro? E perche' devi dire che non mi hai visto? Perche' la verita' certe volte fa male: per esempio fa male a te, e pure alla moglie tua che resta vedova e indifesa, e ai piccirilli tuoi che restano orfani se dici la veritaccia morammazzata. M'hai capito bene? Che dici allora domattina?
Bravo, lo vedi quanto e' facile.
Come come? Ma, dico, e che scherziamo? Dovresti essere tu che paghi a me che non t'ammazzo adesso e cosi' sono sicuro che domani non fai scemenze.

7. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: SI VENDE?

- Si vende bene?
- Eccome se si vende, si vende a rotta di collo, a tutto spiano, piu' delle caramelle, piu' delle figurine, piu' delle sigarette, piu' della sgnappa.
- Lo dicevo io.
- Gliene ordino quattro volte tanto se me lo porta in settimana, che qui va via come niente e fra un paio di giorni l'ho finito.
- Certo che glielo porto. Dopodomani e' qui. Serve altro? Latte, zucchero, ci abbiamo la pasta di marca con lo sconto, lunga e corta. Casalinghi? Detersivi? Ci abbiamo pure i lenzuoli in offerta, singoli e matrimoniali.
- No, no, mi pare che ci ho gia' tutto, magari un barattolo grosso di tonno e una forma di parmigiano, e se gia' ce li avete uno stock di panettoni che Natale s'avvicina e la gente comincia a chiederli sempre in anticipo.
- Cinquanta panettoni, eh? Ci abbiamo pure i panettoncini, che adesso vanno di moda pure quelli.
- Allora cinquanta e cinquanta.
- E il torrone? Il pandoro? Il pampepato?
- No, ancora non c'e' richiesta, magari vediamo la prossima settimana.
- Allora a posto, ho segnato tutto.
- Mi porta tutto dopodomani, si'?
- Sicuro come una messa.
- Mi raccomando soprattutto le confezioni di male, eh, che per dopodomani rischio di restare senza.
- Stia tranquillo, stia tranquillo che sara' servito. Eh, se non lo so io che oggi come oggi il male si smercia come niente, neppure servirebbe di fargli la pubblicita' in televisione da quanto tira, e' un articolo che si vende da solo, piu' del pane, piu' della coca.
- La gente non vuole altro.
- Eh, quando un prodotto incontra, incontra.
- Eccome se piace.
- Piace, piace, e che non ce lo so? Fo il rappresentante, ce lo so, no?
- Allora siamo d'accordo. Ci si vede dopodomani, ci faccio conto, eh?
- Dopodomani, sicuro. Buona giornata e buon lavoro.

8. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: TATTAMELLO E CHIACCHIARONE

Perche' ando' a finire cosi' non lo seppe mai nessuno. A parte io. Che pero' non l'ho mai raccontato a nessuno. Pero' l'ho scritto, in questo quaderno qui, che se adesso lo leggete vuole dire che sono morto perche' se ero vivo non lo facevo leggere a nessuno. Ma se adesso sono morto non me ne frega piu' niente. Quando che uno e' morto e' morto e cosi' sia.
Ma se qualcuno leggera' queste righe a questo punto si chiedera': e perche' le ha scritte se non voleva farle leggere? E' semplice: perche' se tu sai una cosa che nessuno la sa non e' che te la puoi tenere per te per sempre. L'umanita' un bel giorno ci ha il diritto di sapere. Io la vedo cosi'. Si chiama storia, che e' come la spiegazione del mistero del film. Che pero' al cinema la dicono prima che finisce, invece qui, in questa specie di cinema che noi ci stiamo dentro, la spiegazione arriva sempre dopo, quando ormai non serve piu' a niente. Che magari se arrivava prima non andava come e' andata. Invece va sempre male. E va male pure per colpa dell'ignoranza nostra, che se le cose le sapessimo prima magari tante fesserie non le facevamo. Sentite questa, per dirne una.
Tattamello e Chiacchiarone non si potevano vedere, non e' che avessero litigato perche' non s'erano praticati mai, e' che il padre di Tattamello e il padre di Chiacchiarone loro si' che avevano baccagliato parecchi anni prima, che i figli neanche erano nati, e poi i figli avevano ereditato l'ostilita'. Qualche cosa si deve pure ereditare, mica solo il materasso con le pulci.
Perche' i padri avessero litigato i figli non lo sapevano, forse non se lo ricordavano neppure i padri, che comunque tanto erano morti e pace all'animaccia loro.
Cosi' i figli si odiavano e siccome lo sapevano di essere gente che scattava subito, che al paese tutti scattavano subito, cercavano di evitarsi perche' senno' finiva che a uno gli toccava di ammazzare quell'altro. E nessuno ci ha gusto di ammazzare la gente senza motivo, se ammazzi uno almeno un buon motivo ce lo devi avere visto che ammazzare uno e' una cosa che di solito poi sono un sacco di rogne. Ammazzare in se' e' niente, ma il seguito ti puo' rovinare la vita, per questo prima di ammazzare uno ci si deve pensare e ci deve essere almeno un motivo valido, un motivo che ne vale la pena.
Pero' alla gente si sa che gli piace averci qualche spassetto, qualche divertimento, e allora li attizzava. "Tattame', ha detto Chiacchiarone che ti puzzano le fette". "Chiacchiaro', ha detto Tattamello che ci hai piu' corna tu che un secchio di lumache". Che mica era vero niente, la gente inventava 'ste cose cosi', per divertimento e per vedere che sarebbe successo. La gente inventa sempre un sacco di cose, siamo un popolo d'inventori.
Adesso Tattamello e Chiacchiarone ci avevano i difettacci loro ma non erano cosi' fessi. Lo sapevano che la gente chacchierava a vanvera, che cercavano di farli scornare, e facevano finta di niente. Pero' puoi fare finta di niente oggi, finta di niente domani, ma viene il giorno che non puoi piu' fare finta di niente. E' cosi' che va, e non ci si puo' fare niente.
"Tattame', ha detto Chiacchiarone che t'hanno visto che facevi gli atti impuri nel gallinaro", "Chiacchiaro', ha detto Tattamello che t'hanno visto che magnavi i lombrichi". La gente, quando ci si mette, e'come un rullo compressore, e' come un caterpillar, quando ci si mette.
Finche' uno non puo' piu' fare finta di niente che se continua a fare finta di niente ci perde la faccia, e se ci perdi la faccia e' finita. Al paese funziona cosi', non lo so da voi, da noi e' cosi'. La faccia e' tutto.
*
Tattamello ci aveva una figlia che era le sette bellezze, che la gente si chiedeva come era possibile che la Ninettaccia l'avesse partorita a Tattamelo che invece era brutto come la fame, e tutti dicevano che si sa che apposta si dice che la madre e' nota e il padre no. Mo' 'sta figlia era la luce degli occhi del padre, che le portava l'acqua con le orecchie le portava. Come una principessa la tirava su, e tutti gli sfizi erano per lei.
Era uno che lavorava, Tattamello, ci aveva il meglio podere come minimo della provincia, con la vigna, le olive, il fieno, l'orto, le vacche, i maiali, il trattore, i conigli, le galline e tutto. E lavorava come una bestia dalla mattina alla sera. E una bestia era, che era alto due metri e sara' pesato due quintali.
Com'e', come non e', inizio' a girare la voce che la Fiammetta, la figlia della Ninettaccia e di Tattamello, se la faceva con Orestino, il figlio piu' grande di Chiacchiarone. Chiacchiarone ci aveva cinque figli, tutti maschi, invece Tattamello ci aveva quella figlia sola. E cosi' come Tattamello lavorava come una bestia e gli affari gli andavano bene, invece Chiacchiarone nessuno sapeva come faceva a campare che non aveva lavorato mai e stava tutto il giorno al bar a chiacchierare e a giocare a carte o a fare a cazzotti o a coltellate o tutte e due le cose insieme, che mentre giocava a carte o faceva a cazzotti o a coltellate continuava a chiacchierare della nazionale, d'automobilismo, del papa e del presidente dell'America e di ogni genere di scemenza, di tutto. Apposta lo chiamavano Chiacchiarone. Tattamello invece lo chiamavano Tattamello perche' non parlava mai, e uno che non parla mai qui da noi e' considerato stupido finche' non dimostra d'essere uno di valore spanzando qualcuno, e Tattamelo se aveva seccato qualcuno non l'aveva mai fatto sapere a nessuno. Io pero' lo sapevo. Di quello che succede al paese io so tutto, nessuno lo sa come faccio a saperlo, ma so tutto. Uno che sa tutto ci vuole. Puoi pure non piacergli alla gente, pero' lo sanno tutti che ci deve essere uno che sa tutto. E che sa risolvere i problemi.
*
Ed e' perche' io lo sapevo che sapevo come sarebbe andata a finire.
Perche' l'idea che il figlio di Chiacchiarone si portasse a letto o magari addirittura si sposasse la figlia sua, a Tattamello lo mandava al manicomio. Cosi' dovette decidersi a fare quello che doveva fare.
La gente parla, parla, parla, e non se ne accorge di quello che combina. Per questo si dice che ne uccide piu' la lingua che la spada.
Io lo sapevo perche' c'ero pure io la volta che Tattamello aveva ammazzato il padre, che tutti si credettero che era stato un incidente che era cascato da cavallo e poi il cavallo lo aveva strascicato che gli era restato un piede incastrato nella staffa. Ma mica era andata cosi': io a quel tempo ero giovane giovane, e pensate un po' ero cosi' fesso che facevo il bracciante, e quando capitava lavoravo pure per il padre di Tattamello, che mezzo paese lavorava per il padre di Tattamello quando era la stagione che si lavorava forte in campagna; con Tattamello poi ero amico perche' eravamo andati a scuola insieme. Successe cosi', che avevo preso una mezza sacchettata di persiche, giuro: una mezza sacchettata di persiche e basta, e me la stavo portando a casa quando il padre di Tattamello mi vede e m'insegue a cavallo che io ero a piedi e in due minuti m'aveva raggiunto e col fucile puntato avevo dovuto lasciare la sacchetta, e poi pretendeva di frustarmi. Era sera e non c'era nessuno in giro, ma Tattamello si'. Non lo so perche', ma disse al padre che non si puo' frustare un cristiano per aver preso una mezza sacchettata di persiche. Allora il padre gli disse che se non stava zitto frustava pure a lui, e per far vedere che diceva sul serio gli diede una frustata che gli lascio' il segno sulla guancia, una striscia bianca che ce l'ha ancora anche se sotto la barba non si vede bene. Allora Tattamello gli si avvento' addosso e lo fece cascare da cavallo, che il piede manco per niente che gli si impiglio' nella staffa. Allora il padre disse che adesso prima avrebbe ammazzato a me con una schioppettata per aver fatto rivoltare un figlio contro il padre, poi avrebbe frustato il figlio fino a che la faccia non si riconosceva piu'. Io lo so che a Tattamello della faccia sua non gliene fregava nente, ma che il padre gli ammazzasse un amico suo no, quello non poteva sopportarlo. Neppure tiro' fuori il coltello, con due salti gli fu sopra e lo strozzo', cosi', a mani nude. Intanto si faceva buio che gia' era sera e ci ritrovammo li' col cadavere e lui mi guardo' e disse: E mo'. E io: Intanto grazie che m'hai salvato la pelle. E lui: Pero' ho ammazzato mio padre, che non e' una bella cosa. E io: No che non e' una bella cosa, ma l'hai fatto per un nobile motivo, e e' il motivo che conta. E lui: Pero' l'ergastolo non me lo leva nessuno. E io: E quale ergastolo? Tu non hai fatto niente. Il padraccio tuo e' cascata da cavallo e e' morto da solo, e' stato un incidente. E lui: Ma che stai a di'? E io gli spiegai per filo e per segno quello che si doveva fare, e poi lo facemmo. Incastrammo un piede del padre morto in una staffa, che ce lo legammo con un pezzo di corda, e poi facemmo correre il cavallo di qua e di la'; e quando il piede si sfilava lo stesso, allora fermavamo il cavallo, rincastravamo il piede nella staffa, lo rilegavamo un'altra volta, e via un altro giro di giostra. Poi li lasciammo, il cavallo e il morto attaccato (ma dopo aver levato la corda che legava il piede alla staffa, eh), parecchio lontano, in un pezzo di terra che era ancora da spietrare e dove l'avevamo fatto galoppare un bel po'. Il cadavere ormai con tutto che era calzato e vestito era un grumo di sangue che metteva paura. Ci disse bene che attacco' pure a piovere. A nessuno gli venne mai in mente che non fosse stato un incidente. La mezza sacchettata di persiche le buttammo in un burrone, con la sacchetta mi ci coprii mentre andavo a casa che l'ombrello non ce l'avevo. L'amicizia e' tutto.
*
E adesso racconto come ando' a finire con Chiacchiarone.
Tattamello chiese alla Ninettaccia se era vero, e la Ninettaccia gli disse che era vero. Un uomo certi dolori non li puo' sopportare.
Cosi' ammazzo' la Ninettaccia li' per li'. Con una coltellata sola, precisa nel cuore. E la nascose nella stalla. Alla figlia quando torno' da scuola non le disse niente, lei chiese com'era che la madre non c'era e lui invento' una scusa, passo' il resto del pomeriggio che lei prima fece i compiti e poi fece quel che c'era da fare nell'orto che sono lavori leggeri mentre lui s'occupava delle bestie grosse; poi si fece l'ora di cena e la figlia gli chiese di nuovo dov'era la madre e lui le disse che tornava tardi e che era meglio se la cena la preparava lei; poi cenarono senza dire una parola, la figlia guardava il telefonino, lui guardava la televisione, e cosi' fu l'ultima cena. Poi la figlia ando' a dormire, lui aspetto' che si fosse addormentata, poi entro' nella camera al buio che non ci aveva coraggio di vederla in faccia che era le sette bellezze e la soffoco' con un cuscino, poi per essere sicuro le ruppe l'osso del collo. E porto' pure lei nella stalla.
Poi venne a casa mia, a quell'ora di notte.
"Mi serve un favore, Ciampico'". "Pure due". "Devi venire col camion a casa mia e caricare due fagotti". Lo sapevo che significava, non dissi niente, salimmo sul camion e andammo alla stalla del casale suo, che da casa mia saranno neppure cinque chilometri. Le aveva chiuse in due sacchi di plastica dell'immondizia, le caricammo sul camion, erano leggere come se fossero fatte di piume. Sul camion mi racconto' che aveva fatto. "E mo'", dissi. "Mo' c'e' la parte piu' facile, pero' e' piu' lunga. Tu aspettami sul camion", disse. Ma io gli dissi: "Guarda che sono sei, senza contare la Mariannona. Una mano io dico che ti serve". "No, faccio da me, devo fare tutto da solo, lo capisci, no?". Io lo capivo, pero' mi pareva che da solo non ce la poteva fare.
Arrivammo al casale di Chiacchiarone che saranno state gia' le tre o le quattro, che e' un'ora che in campagna c'e' gia' qualcuno che s'alza perche' si comincia a lavorare presto, ma figurarsi se Chiacchiarone s'alzava alle quattro, che passava le giornate e le nottate al bar, e non ci aveva ne' piante ne' bestie ne' terra e campavano con la pensione della moglie invalida, la Mariannona, che l'aveva sposata apposta e con tutto che non ci stava con la testa le aveva fatto fare cinque figli tutti maschi che ancora andavano tutti a scuola e che gia' da regazzetti avevano imparato che dovevano arrangiarsi da soli se volevano mettere insieme il pranzo con la cena e allora la mattina andavano a scuola e la sera si procacciavano il reddito.
Dormivano tutti quando arrivammo, che il camion lo fermammo a mezzo chilometro dal casale. "Vengo con te", dico. "No, devo farlo da solo", dice. Comunque scesi pure io dal camion, gli diedi un po' di vantaggio e poi mi misi dietro, non si sa mai. Non ci avevano neanche un cane, quei fessi. Almeno un cane potevano tenerlo, no? Invece no. Cosi' non ci fu nessun allarme e a Tattamello gli basto' una spallatella per aprire la porta. E fu dentro.
I casali sono tutti uguali, al pianterreno c'e' la cucina e dove si lavora, sopra ci sono le camere da letto e sopra c'e' il tetto e fine. Tattamello sali' le scale al buio che ci aveva la lampadina tascabile ma se non serviva non l'accendeva, e trovo' la camera dove dormivano Chiacchiarone e la Mariannona. Apri' la gola a Chiacchiarone con una rasoiata sola, poi con una mano gli teneva tappata la bocca e con quell'altra spingeva giu' il coltello come una mitragliatrice a sforacchiarlo fra le costole per spaccargli il cuore e farla finita.
La Mariannona si sveglio', si mise seduta sul letto, e invece di mettersi a strillare stava ferma ferma e lo guardava con la testa mezza storta che con tutto il buio che c'era si capiva lo stesso quello che succedeva. Finito con Chiacchiarone Tattamello si giro' verso di lei e le disse "E' per via della Fiammetta e di Orestino". Lei non disse niente, ma a me che li guardavo dalla soglia della camera mi parve che muovesse la testa a fare segno di si'. Poi lui le fu sopra con un cuscino sulla faccia e la spinse giu', poi lei resto' ferma, poi comincio' a scuotersi come se sentisse la scossa della corrente, a intermittenza, poi resto' ferma. Allora lui tiro' su il cuscino e col coltello le sego' il collo. Lei non si mosse nel letto allagato di sangue, che gia' lo aveva allagato il marito.
Tattamello mi vide e disse "T'avevo detto di aspettarmi al camion". "Invece sono venuto, magari ti serve una mano". "Non mi serve niente". "E allora guardo e basta". Poi si mosse, ed entro' in un'altra stanza, che pero' era vuota. Ne restava solo una di camera, tutta la prole doveva essere ammucchiata li', non sarebbe stata una cosa facile. Entro' e subito la luce si accese: almeno uno doveva essere sveglio e pronto a lottare, ma che voleva lottare un ragazzetto come uno scricciolo con Tattamello che era grosso come un bufalo? Lo tramorti' subito con uno sganassone, poi gli pianto' la lama nel petto. Poi si giro' verso un altro figlio e stessa ricetta, gli sfondo' la faccia con le nocche e poi gli apri' il cuore col coltello. Un altro che era ancora tutto insonnolito gli pianto' il coltello in gola e ce lo tiro' su dal letto e lo butto' per terra che schizzava sangue come una fontana, ma gli altri due erano svegli e cercavano di scappare, ne afferro' uno per i capelli e gli sfracello' la faccia sul muro, l'altro pero' aveva fatto in tempo ad aprire la finestra e si stava per lanciare di sotto cosi' dovetti sparargli prima che riuscisse a fuggire, che se toccava terra e non si rompeva niente con quel buio chi lo trovava piu', e magari era proprio Orestino. Tattamello mi guardo'. Io gli dissi "Scusa, ma stava per scappare, l'hai visto". E lui "L'ho visto, l'ho visto, grazie". Poi gli fu sopra e gli diede il colpo di grazia.
*
Quando tutto fu finito prendemmo un po' di lenzuola dall'armadio della camera da letto di Chiacchiarone e della Mariannona e li incartocciammo tutti e sette uno per uno, poi portai il camion proprio sotto casa e li caricammo. Poi andammo al casale di Tattamello e caricammo quatro taniche da cinquanta litri di nafta. Poi andammo alla grotta del somaro di Gnagnarella, e li' scaricammo i due sacchi dell'immondizia con dentro la Ninettaccia e Fiammetta sua. Fui io ad aprire i sacchi e ad inzupparle di nafta, che Tattamelo non se la sentiva di guardare. Le bruciammo li', poi con la pala che avevo sul camion ruppi le ossa carbonizzate. Invece Chiacchiarone e i suoi li portammo alla discarica che dietro c'e' il vascone dove bruciano tutto e gli demmo fuoco nel vascone con cento libri di nafta. Quando finimmo, con la pala e una sbarra di ferro frantumammo tutto quello che restava duro e avesse ancora una qualche forma. Poi ci buttammo un po' d'immondizia varia, cartonaccio, sacchi di spazzatura, pezzi di legno, robaccia d'ogni genere che trovammo nella discarica. E con gli ultimi cinquanta litri di nafta demmo fuoco pure a quello.
Era fatta. Olivieretto, che era il guardiano della discarica, gli avevo telefonato prima che era meglio se non si svegliava e lui non si sveglio'. La gente mi rispetta nel paese, da parecchio non faccio piu' il bracciante come quando ero regazzetto, sono uno che la gente lo rispetta.
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Il fatto che non si trovarono mai i cadaveri di Chiacchiarone, della moglie e dei figli convinse tutto il paese che era meglio starsene zitti una volta tanto, perche' se qualcuno sapeva far sparire sette cristiani in una botta sola allora era capace di fare otto, e nove, e dieci, e tutti pensavano che al paese c'era solo uno capace di farlo, ed ero io.
Di me la gente ci ha paura, e fa bene.
Pure le autorita' ci hanno paura e infatti non si impicciano. Oltretutto Chiacchiarone era un morto di fame che campava di qualche lavoretto che gli facevo fare io a lui e ai figli, che c'era pure qualcuno che poteva venire su bene, ma l'amicizia viene prima.
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Della scomparsa della Ninettaccia e della Fiammetta la gente se ne accorse parecchio tempo dopo, che la Ninettaccia al paese non ci veniva mai e la spesa a casa la portava Tattamello; e la figlia quando telefono' la scuola Tattamello disse che adesso stava in collegio dalle suore e quando venne l'estate disse che l'aveva mandata in vacanza chissa' dove, nei posti dove va la gente ricca.
Passarono mesi prima che la gente cominciasse a chiedersi che fine avevano fatto, e dissero che la Ninettaccia era scappata di casa e si era portata la figlia e adesso facevano la vita a Parigi, e perche' proprio a Parigi non l'ho mai capito, la gente e' fatta cosi'.
Passo' altro tempo, un anno o due, e Tattamello comincio' a stare male, a dimagrire, si vedeva che stava male; la gente diceva che era perche' gli mancava Chiacchiarone, che sembra strano pero' certe volte succede che se non ci hai piu' uno da odiare t'avvilisci e alla fine t'ammali e poi muori.
E difatti poi Tattamello mori'. E' che ormai era diventato troppo strano, parlava da solo, e magari finiva che raccontava quello che non doveva raccontare a chi non lo doveva raccontare. Fu necessario prendere provvedimenti.
La gente diceva che Tattamello era morto di crepacuore perche' la moglie e la figlia erano scappate, prima dicevano che s'era ammalato perche' non c'era piu' Chiacchiarone, la gente direbbe qualunque fesseria. E farebbe pure qualunque fesseria se non ci fosse qualcuno che ogni tanto ci pensa a dargli una strattonata e a rimetterla in riga. Qui al paese sono io quello che ci pensa.

9. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: UNO SCENEGGIATORE

E'il mestiere mio, questo fo. Scrivo le sceneggiature dei film. Li vedete i film? Io sono quello che scrive le storie.
Non ho detto di tutti i film, mica sono l'unico che fa 'sto lavoro. Ce ne sono parecchi di sceneggiatori.
No, quello e' un film americano.
No, non parlano italiano, li hanno doppiati, cioe' c'e' uno italiano che ci mette dopo la voce sua, ma il film e' americano e quelli che vedete nel film loro parlano americano, ma la voce loro non la sentite perche' c'e' uno che parla italiano che parla al posto loro, che nel film non si vede ma c'e', credeteci. Dopo, quando il film e' finito, non e' che sta li' dove fanno il film, il film lo fanno in America.
Ci potete credere o non credere, che me ne frega a me? pero' e' un film americano e le voci non sono quelle vere degli attori.
Attori, attori, che vi credevate che succedevano veramente quelle cose?

10. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Valentina Colombo (a cura di), Basta! Musulmani contro l'estremismo islamico, Mondadori, Milano 2007, pp. LXII + 386.
- Valentina Colombo (a cura di), Non ho peccato abbastanza. Antologia di poetesse arabe contemporanee, Mondadori, Milano 2007, pp. XXXVIII + 298.
- Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo, La Tartaruga, Milano 1998, 2003, pp. 250.
- Sylvia Plath, Diari, Adelphi, Milano 1998, 2004, pp. 438.
*
Riedizioni
- Murakami Haruki, Gli assalti alle panetterie, Einaudi, Torino 2016, Rcs, Milano 2020, pp. IV + 60, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3898 del 20 ottobre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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