[Nonviolenza] Telegrammi. 3862



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3862 del 14 settembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. A Gaspare, a Melchiorre, a Baldassarre. Tre lettere
2. L'appello del Comitato donne per il NO al referendum: "E invece NO"
3. Comitato Nepi per la pace: A sostegno delle ragioni del NO al referendum del 20 e 21 settembre 2020
4. Miguel Gotor: Ogni voto conta, e la partita non e' chiusa
5. Alessandro Monicelli: Buttare il bambino con l'acqua sporca. La politica al tempo del populismo
6. Antonio Pileggi: Sei questioni per il quarto referendum in venti anni
7. Ancora una volta chiediamo
8. "L'Italia aderisca al Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari". Una lettera aperta alla Presidente del Senato e al Presidente della Camera
9. Per sostenere "A. Rivista anarchica", ricordando Paolo Finzi
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. L'ORA. A GASPARE, A MELCHIORRE, A BALDASSARRE. TRE LETTERE

Ritenendo di far cosa non disutile, copia di queste tre lettere private e' diffusa pubblicamente (naturalmente omettendo il vero nome dei diretti destinatari) dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo.
Il 20 e 21 settembre votiamo NO al referendum.
*
Carissimo Gaspare,
da quanto ci conosciamo? Saranno cinquant'anni.
E da quanto siamo compagni di lotte? Se non e' mezzo secolo poco ci manca.
Cosi' mi ha sconcertato sentirti dire che a te del referendum che c'e' fra una settimana non te ne frega niente, e pensi di non andare a votare.
Eravamo insieme in piazza nel 2006 quando ci battemmo per il NO alla riforma costituzionale ammazzaparlamento e ammazzademocrazia di Berlusconi, e fortunatamente vincemmo.
Ed eravamo insieme in piazza nel 2016 quando ci battemmo per il NO alla riforma costituzionale ammazzaparlamento e ammazzademocrazia di Renzi, e fortunatamente vincemmo.
Speravo saremmo stati insieme in piazza anche oggi a batterci per il NO alla riforma costituzionale ammazzaparlamento e ammazzademocrazia di Conte-Salvini-Di Maio (e Zingaretti al seguito).
Perche' in buona sostanza, diciamoci la verita', e' ancora una volta la stessa riforma costituzionale ammazzaparlamento e ammazzademocrazia, che si prefigge la mutilazione del parlamento e la sua prostituzione all'esecutivo e ai suoi padroni e burattinai.
E' la stessa riforma costituzionale ammazzaparlamento e ammazzademocrazia, che si prefigge la cancellazione della separazione e del controllo dei poteri.
E' la stessa riforma costituzionale ammazzaparlamento e ammazzademocrazia, che si prefigge di impedire che possano entrare nelle istituzioni repubblicane le ed i rappresentanti del movimento delle oppresse e degli oppressi.
E' la stessa riforma costituzionale ammazzaparlamento e ammazzademocrazia, che si prefigge il passaggio dalla democrazia all'oligarchia e poi al totalitarismo.
E' la stessa riforma costituzionale ammazzaparlamento e ammazzademocrazia, che si prefigge la demolizione, picconata dopo picconata, della Costituzione repubblicana, democratica ed antifascista.
Tu lo sai che c'e' un solo modo per impedire che questo disegno golpista si realizzi: e questo solo modo e' votare NO al referendum.
Chi non vota NO al referendum, avalla la decisione golpista gia' presa dai barbari oggi al potere.
Astenersi e' essere complici.
Tu non sei mai stato complice della violenza dei potenti: non esserlo adesso.
In nome della nostra vecchia amicizia: ripensaci, e vota NO. No all'antiparlamentarismo, NO al fascismo, NO alla barbarie.
Un forte abbraccio,
Peppe
*
Carissimo Melchiorre,
la lettera di insulti che mi ha scritto l'ha mandata alla persona sbagliata.
E' evidente che lei non mi conosce, e quindi quel turpiloquio e quelle offese cadono da se'.
Ma entriamo nel merito delle sue - diciamo cosi' - argomentazioni.
Mi scrive che votando NO sarei un membro della "casta": ahime', vivo poveramente e non ho alcun potere; invece i membri della "casta", come la chiama lei, stanno al governo e in parlamento e sono proprio quelli che vogliono imporci la scellerata riforma costituzionale ammazzaparlamento e ammazzademocrazia a cui io opporro' il mio NO nel referendum.
Mi scrive che votando NO vorrei continuare a sprecare i soldi degli italiani: ahime', io sono invece uno di quelli che da molto prima che lei nascesse si batte contro il mostruoso sperpero delle spese per le armi e per le guerre, contro il famelico regime della corruzione, contro le ruberie e le devastazioni; criminali dilapidatori sono invece proprio i messeri che stanno al governo e in parlamento, che hanno sperperato immense risorse pubbliche per le armi, per le guerre, per la complicita' con regimi violatori dei diritti umani, per attuare persecuzioni razziste, per favoreggiare grassatori e malfattori; gli stessi messeri che vogliono imporci la scellerata riforma costituzionale ammazzaparlamento e ammazzademocrazia a cui io opporro' il mio NO nel referendum.
Mi scrive che votando NO cercherei di impedire il cambiamento che la fara' finita con il vecchiume e sostituira' "un parlamento che non serve a niente" (e' cosi' che ha l'amabilita' di scrivere) con internet per tutti: ebbene, e' vero, mi oppongo a chi vuole fare "tabula rasa" delle istituzioni democratiche, della rappresentanza popolare, dell'eguaglianza di diritti, della politica come impegno comune per il bene comune, della democrazia come metodo e come sistema; e' vero, mi oppongo alla dittatura degli avidi tracotanti oligarchi e dei loro mercenari e caudatari ipnotizzati dalle tecnologie della comunicazione veloce che offusca la capacita' di ascoltare, di capire, di discutere, di esercitare costruttivamente il conflitto e la mediazione, di confrontarsi e di deliberare insieme; e' vero, mi oppongo all'antiparlamentarismo, al fascismo e alla barbarie; e per questo voto NO nel referendum.
Lei e' giovane, evidentemente si e' lasciato sedurre e traviare dal turpiloquio che e' sempre fascista, si e' lasciato ubriacare e abbrutire da slogan roboanti che lei crede nuovi ed invece sono gli stessi del "Voelkischer Beobachter". Ma lei puo' liberarsi da queste catene e riconquistare la sua piena umanita'. Glielo auguro con tutto il cuore.
Augurandole ogni bene,
Peppe Sini
*
Carissimo Baldassarre,
grazie di avermi detto che votera' NO al referendum, e per aver aggiunto che lo fara' per motivi diversi dai miei.
So bene che si puo' votare NO muovendo da opinioni, riflessioni, collocazioni diverse. E' il bello della democrazia, della razionalita', della civilta'.
Su un punto pero' vorrei risponderle: quando lei sostiene che la situazione non e' poi cosi' drammatica come io la descrivo.
Mi dispiace, ma a me sembra drammatica.
Mi sembra drammatico che chi governa perseveri nelle folli spese per gli armamenti, quando e' del tutto evidente che la guerra e' nemica dell'umanita'; e dopo Hiroshima sappiamo che o l'umanita' abolira' la guerra o la guerra annientera' l'umanita'.
Mi sembra drammatico che chi governa perseveri nelle abominevoli persecuzioni razziste (addirittura ancora non sono stati abrogati i mostruosi "decreti sicurezza della razza" di Conte, Salvini e Di Maio), negando il diritto alla vita e alla dignita' di esseri umani innocenti, violando la Costituzione, violando il diritto internazionale, violando il sentire morale condiviso dall'umanita' intera.
Mi sembra drammatico che chi governa pretenda un potere assoluto, ed a tal fine s'adoperi per mutilare ed asservire il parlamento, s'adoperi per annullare la separazione e il controllo dei poteri, s'adoperi per impedire che nelle istituzioni elettive possano essere presenti anche rappresentanti delle oppresse e degli oppressi, s'adoperi per erodere la democrazia e sostituirla con l'oligarchia, s'adoperi per fare strame della Costituzione repubblicana e antifascista.
Forse conduciamo vite diverse e frequentiamo persone diverse: io frequento pressoche' solo persone povere e poverissime; e se volessi essere piu' chiaro e piu' preciso: persone sfruttate, rapinate, emarginate e ridotte allo stremo dalla violenza dei poteri dominanti.
Lo vede, giunto alla vecchiaia sono ancora un militante del movimento operaio e contadino, e sono ancora un amico della nonviolenza. L'ideologia dominante, che e' l'ideologia della classe dominante, puo' occupare totalitariamente tutti i mass-media e i social-media, ma basta scendere in strada ed aprire gli occhi per vedere l'orrore.
Ma naturalmente di tutto cio' potremo discutere un'altra volta. Adesso sia lei che io sappiamo che il poco tempo libero che abbiamo di qui al 20 e 21 settembre dobbiamo dedicarlo a spiegare a quante piu' persone sia possibile perche' e' importante andare a votare NO al referendum.
Un cordiale saluto dal suo
Peppe Sini

2. REPETITA IUVANT. L'APPELLO DEL COMITATO DONNE PER IL NO AL REFERENDUM: "E INVECE NO"

Il referendum sul taglio dei parlamentari prevede una riduzione dei seggi in entrambe le Camere, andando a modificare gli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione.
Si passerebbe cosi' da 630 a 400 seggi alla Camera e da 315 a 200 seggi al Senato, con un taglio complessivo di 345 parlamentari, pari al 36,5%. Tra questi, verrebbero ridotti i parlamentari eletti all'estero (18 a 12).
Con il taglio dei seggi, aumenta il numero di abitanti per parlamentare. Per ciascun deputat* si passa da 96.006 a 151.210 abitanti* e per ciascun senator* da 188.424 a 302.420 abitanti*. Di conseguenza, nel caso di approvazione, sara' necessario ridefinire i collegi elettorali tramite una nuova legge che richiedera' ulteriore tempo per l'approvazione.
Dunque la riforma costituzionale, in assenza di una contestuale riforma elettorale e dei partiti, e' un salto nel buio che compromette la rappresentanza parlamentare e il ruolo stesso del Parlamento.
I vari comitati del No e il documento dei 183 costituzionalisti e costituzionaliste hanno evidenziato in via generale i rischi della riforma che qui sintetizziamo:
- La riforma svilisce il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica sia perche' si tratta di risparmi irrisori sia perche' la democrazia ha un valore che non puo' essere sacrificato per esigenze di risparmio.
- La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza dei territori con il rischio che alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Un Senato composto da 200 membri non puo' rappresentare tutte le identita' politiche, sociali, culturali ed economiche se ogni eletto dovra' rappresentare circa 300mila abitanti.
- La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto perche' non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto.
- La riforma confonde la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. Non c'e' nessuna evidenza che diminuendo il numero dei parlamentari se ne innalzi il livello qualitativo. L'unico effetto che sicuramente produce e' una penalizzazione delle minoranze e un abbassamento del pluralismo politico.
- La riforma non prevede che sia garantito un corretto ed essenziale lavoro delle Commissioni al Senato anche per dare l'opportunita' alle minoranze di rappresentare le proprie ragioni. L'eventualita' di accorpare fra loro le Commissioni esistenti non garantisce che le minoranze possano influire proficuamente sui processi decisionali del Parlamento.
- Con il taglio dei parlamentari la selezione delle candidature da parte delle dirigenze dei partiti o degli stessi leader (gia' oggi fortemente guidata non sempre da criteri di competenza ma piuttosto da quelli di fedelta') sarebbe ancor piu' determinata da considerazioni non valoriali.
- Infine se non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, si verrebbe a creare uno squilibrio circa la  rappresentativita' delle Camere tale da non permettere un'agevole formazione di una maggioranza stabile di governo.
A questi argomenti si aggiungono le perplessita' sugli effetti negativi che si avrebbero sulla rappresentanza politica delle donne.
- Mancanza di riforma elettorale e di una legge sulla democrazia interna dei partiti: in assenza di questi interventi – necessariamente correlati – si accentua il potere dei capipartito e l'importanza dei finanziamenti delle lobbies. Le donne sono ancora marginalizzate nei luoghi decisionali politici ed economici, quindi avranno minori chances di essere elette.
- Muta il rapporto con l'elettorato, e dunque con i territori: l'eliminazione di 230 deputati e 115 senatori muta il rapporto di rappresentanza e affievolisce il legame con i territori, penalizzando ad esempio le esperienze delle donne come amministratrici locali. I dati sulle competizioni elettorali mostrano minore visibilita' delle donne nei media e nelle tribune politiche. Risultera' ancora piu' esigua la possibilita' di accesso ai media (che e' decisa dai capipartito) e quindi di essere elette.
- Leadership maschile nei partiti e nei movimenti: l'entrata in Parlamento e' nominalmente aperta a tutti, ma di fatto risulta rigidamente controllata dai partiti. Questo dato mostra di avere un effetto relativamente negativo sulle chances di carriera politica delle donne. La misura prevista nella legge elettorale volta all'incremento della rappresentanza femminile non ha consentito il raggiungimento del 40% di donne elette.
- Ruoli centrali negli organi parlamentari: i dati tendono a confinare la rappresentanza femminile in aree settoriali e a ricostruire situazioni di marginalita' all'interno del Parlamento: e' significativo il fatto che le donne siano assenti in dicasteri importanti quali quelli economici e che siano prevalentemente presenti nelle commissioni parlamentari che trattano questioni tradizionalmente considerate come di pertinenza delle donne.
- Distorsioni sulla rappresentanza territoriale: minore rappresentanza delle regioni piu' piccole e dei partiti minori – se non vi e' un mutamento profondo nei partiti - concentrera' la scelta sui soli candidati uomini, come dimostrano i principali report nazionali e internazionali.
- Mancanza di una campagna informativa e uso di un linguaggio demagogico dell'antipolitica che offende la democrazia parlamentare. E' molto grave che la riforma costituzionale sia priva di un adeguato dibattito pubblico, anche all'interno dei partiti, e comunque si fondi su un linguaggio proprio dell'antipolitica. L'assunto di fondo della riforma si basa sul discredito del ruolo dei parlamentari e dell'Istituzione, ma non si preoccupa affatto di migliorare il processo di formazione delle leggi. La gran parte dei movimenti femministi che hanno promosso norme di garanzia sono mosse dalla convinzione che la democrazia parlamentare e la democrazia paritaria siano strettamente connesse.
Per queste ragioni di fatto la riforma penalizzera' l'elezione delle donne perche' meno rappresentanti significa competizione piu' dura e piu' cooptazione e piu' difficolta' per le donne di essere elette.
Anche per questo come donne e come cittadine voteremo NO al referendum del 20 e 21 settembre!
Prime firmatarie
Antonella Anselmo, Fulvia Astolfi, Paola Manfroni, Laura Onofri, Mia Caielli, Marina Calamo Specchia, Paola Bocci, Michela Marzano, Daniela Colombo, Marcella Corsi, Giovanna Badalassi, Francesca Romana Guarnieri, Carla Marina Lendaro, Stefania Cavagnoli, Giorgia Serughetti, Giovanna Martelli, Lella Palladino, Maura Cossutta, Norma De Piccoli, Anna Maria Buzzetti, Anna Lisa Maccari, Paola d'Orsi , Paola Mereu, Marina Gennari, Orsa Pellion di Persano, Francesca Ricardi, Annalisa Ricardi, Marina Cosi, Michela Quagliano, Cinzia Ballesio, Manuela Ghinaglia, Nadia Mazzardis, Concetta Contini, Simonetta Luciani, Paola Alessandri, Ilaria Boiano, Silvana Appiano, Mirella Ferlazzo, Anna Ruocco, Fernanda Penasso, Beatrice Pizzini, Giusi Fasano, Paola Guazzo, Daniela Aragno, Stefania Graziani, Eleonora Data, Rosanna Paradiso, Maria Luisa Dall'Armi, Micaela Cappellini, Manuela Manera, Marina Ponzetto, Roberta Giangrande, Anna Santarello, Maria Luisa Dodero, Claudia Apostolo, Donatella Caione, Paola Berzano, Sonia Martino, Enrica Guglielmotti, Sofia Massia, Stefanella Campana, Enrica Baricco, Maria Elvira Renzetti, Mariangela Marengo, Vilma Nicolini, Luisella Zanin, Carmen Belloni, Giuliana Brega, Patrizia de Michelis, Maria Letizia Spasari, Patrizia Soldini, Gabriella Anselmi, Susanna Panzieri, Anna Sburlati, Sandra Basaglia, Paola Ferrero...
Per aderire scrivere a: einveceNO.alreferendum at gmail.com

3. DOCUMENTAZIONE. COMITATO NEPI PER LA PACE: A SOSTEGNO DELLE RAGIONI DEL NO AL REFERENDUM DEL 20 E 21 SETTEMBRE 2020
[Riceviamo e volentieri diffondiamo]

Il Comitato Nepi per la pace esprime pieno sostegno alle ragioni del voto per il No al referendum del 20 e 21 settembre 2020.
Numerosissime associazioni, comitati, l'Anpi (Associazione nazionale partigiani d'Italia), illustri magistrati, costituzionalisti e rappresentanti delle Istituzioni, come pure una miriade di semplici cittadine e cittadini, in tutta Italia si sono gia' espressi e si stanno esprimendo a sostegno delle ragioni per votare No al referendum del 20 e 21 settembre.
Le ragioni per noi sono semplici e limpide: per ridurre i privilegi e gli eccessivi costi della politica non serve ridurre il numero dei parlamentari ma basta semplicemente ridurre, con provvedimenti ad hoc, i loro compensi attuali portandoli in linea con quelli dei parlamentari dell'Unione europea.
Se si vogliono trovare maggiori risorse da destinare alla scuola, alla sanita' e al welfare perche' non pensare a provvedimenti piu' incisivi ed equi a livello fiscale, a una piu' efficace lotta alla corruzione e all'evasione fiscale, e soprattutto ad una netta riduzione della spese militari (ogni giorno circa 70 milioni di euro sono spesi per armi e conflitti)?
La verità e' semplice.
Con la scusa, gridata ai quattro venti sui media e i social, spesso senza alcun contraddittorio, di combattere sprechi e risparmiare qualche piccola briciola della spesa statale (stiamo parlando di 99 centesimi l'anno per ogni cittadino!) di fatto si riduce la rappresentanza parlamentare e di conseguenza l'assetto democratico della Repubblica italiana.
Meno parlamentari significa meno democrazia e meno rappresentanza ma di sicuro sempre piu' potere nelle mani di pochi. Nei fatti siamo di fronte ad una vera e propria truffa: se prevarranno i Si' diventera' ancora piu' forte la tendenza ad accentrare il potere decisionale nelle mani di pochi. Si passerebbe da una democrazia, con ancora tutti i suoi limiti e incompiutezze, ad una vera oligarchia. Una tendenza questa che si va sempre piu' affermando non solo in Italia ma in tutto il mondo e che va contrastata anche votando No al referendum. Una tendenza, quella di pochi e poi di "un uomo  solo al comando", che anche nella recente storia europea ha generato guerre, dittature e totalitarismi e di cui non sentiamo alcuna nostalgia.
Il Comitato Nepi per la pace invita quindi tutte le persone che hanno a cuore pace, democrazia e diritti ad impegnarsi perche' vinca il No.
Comitato Nepi per la Pace
Nepi, 13 settembre 2020

4. DOCUMENTAZIONE. MIGUEL GOTOR: OGNI VOTO CONTA, E LA PARTITA NON E' CHIUSA
[Dal sito noiperilno.it]

Saro' sfortunato io, ma non conosco un solo elettore o dirigente del campo del centrosinistra e dell'area progressista, il quale abbia oggi espresso la sua preferenza per il si' al referendum sul taglio dei parlamentari, che avrebbe confermato il suo voto nel caso in cui fosse ancora in carica il governo giallo-verde, quello che ha coerentemente varato la proposta costituzionale Di Maio-Salvini-Meloni o, per meglio dire, 5Stelle-Lega-Fratelli d'Italia. Anzi, avrebbe giudicato questo referendum, nel migliore dei casi, "un'inaccettabile cedimento all'antipolitica e all'antiparlamentarismo" e, nei peggiori, "un'emergenza democratica". Non mi sembra esserci una riprova migliore del fatto che quanti oggi votano si' e appartengono a quell'area stanno legando in modo indebito il referendum al governo e, dunque, la Costituzione all'esecutivo contraddicendo la storia e i valori da cui provengono, senza che peraltro cio' sia politicamente necessario.
Cosi' anche non mi convince l'uso plebiscitario ed elettoralistico che viene nuovamente fatto dello strumento referendario confermativo, un errore gia' compiuto da Matteo Renzi nel 2016 in forme ancora piu' smaccate e che i padri costituenti non avevano previsto. Cio' e' frutto del fatto che la Costituzione viene cambiata a maggioranza semplice, senza cioe' ricercare quell'alleanza larga tra forze politiche diverse secondo quanto e' auspicato dallo spirito della Carta stessa.
Nel merito, ossia a prescindere dalla variabilita' delle motivazioni addotte dai sostenitori del si', alcune invero inaccettabili sul piano politico, culturale e civile, il taglio dei parlamentari e' un'amputazione inutile della rappresentanza perche' il problema non riguarda il numero dei deputati e dei senatori, ma il modo con cui vengono eletti dal 2006 in poi, ossia mediante cooptazione.
Inoltre, gli ipotetici vantaggi che deriverebbero dal taglio dei parlamentari in termini di funzionamento delle assemblee e di risparmio (del tutto risibile) non mi sembrano compensati dai certi squilibri nella rappresentanza che saranno introdotti e i cui correttivi non sono ancora definiti.
Infine, sul piano simbolico e metaforico questo referendum costituzionale mi sembra l'atto culminante e forse definitivo di celebrazione della cosiddetta "Repubblica dell'antipolitica", nata nel 1994 sulle ceneri della "Repubblica dei partiti": non desidero offrire il mio personale consenso a questo festeggiamento, ossia contribuire, con un'ulteriore incisione, a tagliare il ramo sul quale siamo tutti seduti come cittadini italiani. Per questo, mai come oggi, ogni voto conta e la partita non e' chiusa.

5. DOCUMENTAZIONE. ALESSANDRO MONICELLI: BUTTARE IL BAMBINO CON L'ACQUA SPORCA. LA POLITICA AL TEMPO DEL POPULISMO
[Dal sito www.libertaegiustizia.it riprendiamo il seguente intervento originariamente apparso su "La Gazzetta di Mantova" il 25 agosto 2020]

Il prossimo referendum di riforma costituzionale per la diminuzione del numero dei parlamentari probabilmente non avra' altro risultato che diminuire ulteriormente la nostra voce di cittadini ed aumentare il potere gia' da tempo in mano alle segreterie di partiti che sono sempre piu' slegati dal loro elettorato e dai territori. E' l'ennesimo inganno di questa classe politica auto-delegittimatasi per pochezza culturale, mancanza di etica valoriale e quindi di un progetto politico-sociale (quando non collusa con corruzione e malaffare), di una partitocrazia costituita da consorterie di nominati fedeli al capotribu' e protervamente appiattita sulle proprie logiche conservative.
Ma quando la politica gioca cosi' spudoratamente a fare l'antipolitica e vince, significa che la "polis" e' gia' stata adeguatamente ed opportunamente destrutturata e puo' passare facilmente, senza resistenze, la lettura manipolata delle problematiche istituzionali, politiche, sociali ed economiche esistenti. Le cause delle difficolta' sono fatte risalire immancabilmente a rigidezze ed inadeguatezze costituzionali, alla lentezze della dialettica democratica, ad un eccessivo potere di controllo reciproco degli organismi istituzionali ed in modo particolare dell'esecutivo da parte del Parlamento (per le leggi) e della magistratura (per i reati). Mai alla pochezza degli attori in scena!
Da una parte quindi si opera la delegittimazione delle istituzioni, dall'altra si insinua la paura mediante l'individuazione di un nemico (ai migranti si aggiunge ora il coronavirus) ed il gioco sporco e' fatto. Su questi due versanti hanno operato il nascente fascismo degli anni '20 ed il nazismo, le dittature sudamericane degli anni '70 e le odierne nuove pseudo-democrazie dell'est europeo, Russia in testa (in questi giorni la Bielorussia di Lukascenko insegna), la Cina, la Turchia ed i tanti paesi arabi ed africani (ultimo il Mali).
Non essendo piu' di moda il colpo di stato violento, almeno nella nostra Europa, oggi si opera in altro modo, ma con lo stesso risultato, sgretolando pian piano la democrazia sostanziale riducendola a pura formalita': rendendo piu' debole ed insignificante la voce del popolo (in nome del quale si dice pero' di agire) e piu' forte la voce delle élite al potere.
Ci sono momenti nella storia (e temo che questo lo sia gia' o lo stia diventando sempre di piu') nei quali questo processo di erosione della democrazia avviene senza che alcuno, capace di un'analisi profonda e di un pensiero "altro", sia in grado di avere abbastanza voce da farsi sentire; senza che il popolo abbia una corrispondente capacità di ascolto e di riflessione risucchiato in questo gorgo informe fatto di pericolosissimi rigurgiti nazionalistici, di fallaci illusioni identitarie, di paure ancestrali del diverso, da egoismi ed individualismi personali e collettivi che aprono a nuovi razzismi e xenofobie che di fatto chiudono a speranze di orizzonti ampi e diversi e ad un futuro dialogico di tolleranza e cooperazione.
Votero' NO non perche' questa classe politica sia in qualche modo difendibile, ma perche' non voglio diventare suo complice nell'ennesimo tentativo di autoblindarsi cosi' come fece in tutti i passati tentativi di stravolgere la Costituzione. Non voglio dare ulteriore mano libera a partiti che non sono piu' da tempo lo strumento del cittadino per partecipare alla vita politica (art.49 della Costituzione), ma che sono sempre piu' ristrette consorterie legate a qualche interesse di parte e non al bene comune; a narcisistici giochi di potere di piccoli capetti sorretti dal proprio smisurato ego ed attenti solo alla propria botteguccia. La democrazia e' sempre piu' malmessa. Attenzione a non buttare via - con l'acqua sporca della cattiva politica - il bambino della democrazia. Si puo' e si dovrebbe fare altro.

6. DOCUMENTAZIONE. ANTONIO PILEGGI: SEI QUESTIONI PER IL QUARTO REFERENDUM IN VENTI ANNI
[Dal sito www.noaltagliodelparlamento.it]

Quello del 20 settembre 2020, l'anno della pandemia e del centocinquantesimo anniversario della Breccia di Porta Pia, e' il quarto referendum che, in venti anni (2001-2006-2016-2020), chiama i cittadini a votare per modificare la giovane Costituzione della altrettanto giovane Repubblica italiana. Poco piu' di 70 anni fa c'era ancora la Monarchia e vigeva lo Statuto Albertino.
E' notorio che anche la semplice modifica di una virgola ad una legge potrebbe comportare conseguenze di varia natura. Cambiare la Costituzione, che e' la Legge delle leggi scritta in particolari momenti della storia di una nazione, e' una cosa seria. I cittadini, in occasione del referendum, non dovrebbero lavarsene le mani come Ponzio Pilato. E non dovrebbero decidere sbrigativamente assecondando le proprie o le altrui passioni, emozioni, simpatie e antipatie del momento. In proposito, viene subito in mente il metodo suggerito da Luigi Einaudi: "conoscere, discutere e deliberare". La citazione appare opportuna anche perche' Einaudi e' stato uno dei Padri Costituenti, e' stato eletto a svolgere il compito di Presidente della Repubblica ed e' stato definito "esemplare custode" della Costituzione.
Ecco perche', anche alla luce delle esperienze e dei risultati caratterizzanti i tre referendum che hanno preceduto quello del 20 settembre, prima di votare bisognerebbe tenere presente:
1) l'esistenza, nel contenuto della proposta di riforma costituzionale, di un ampliamento o di un restringimento dei diritti e delle liberta' del singolo cittadino chiamato a votare "si'" o "no";
2) i motivi e le finalita' visibili e sottostanti che abbiano indotto l'attuale Parlamento a formulare le proposte di modifiche costituzionali;
3) quali e quanti siano gli interessi a modificare la Costituzione da parte dei governanti di turno che, per come ci ha insegnato Calamandrei, dovrebbero essere impegnati a governare rimanendo lontani dai processi di formazione della volonta' del Parlamento in materia costituzionale;
4) le conseguenze delle modifiche relativamente alla possibilita' che la riforma oggetto di referendum possa essere destinata (o preordinata) a dare la stura ad altre successive modifiche costituzionali con esiti del tutto incerti al momento in cui il cittadino viene chiamato a rispondere con un semplice "si'" o con un semplice "no";
5) il filo rosso (o multicolore) del "potere" che congiunge i quattro referendum, "potere" inteso come "concentrazione del potere" in contrasto col diritto del cittadino alla "partecipazione";
6) l'esistenza della liberta' di coscienza, ai sensi dell'art. 67 della Costituzione, nella determinazione della volonta' dei singoli parlamentari che hanno posto in essere le modifiche costituzionali, atteso che in Italia, specialmente dal porcellum in poi, molti parlamentari non sono stati scelti dai cittadini, ma dai loro capipartito, e atteso che in Italia non e' stato attuato l'art. 49 della Costituzione che prevede il "metodo democratico" nella formazione della volonta' dei partiti.
In piena liberta' di coscienza, come cittadino teso a rispettare entrambe le opinioni, quella a favore e quella contraria alle modifiche, ho provato a dare le risposte alle sei questioni che ho appena accennato.
Mi rendo conto che ho posto alcune "domande retoriche" perche' le relative risposte, se non completamente evidenti nella stessa domanda, mettono a nudo una vicenda da considerare in un contesto rivolto a cambiare, pezzo per pezzo, i connotati dell'architettura costituzionale disegnata dai Padri Costituenti. Pertanto posso omettere di dilungarmi punto per punto sulle singole questioni e mi limitero' a sintetizzare gli aspetti piu' significativi della vicenda referendaria.
Il taglio di parlamentari, previsto nella proposta di riforma, non allarga ne' i diritti ne' le liberta' dei cittadini, come ha ben spiegato Massimo Villone, Presidente del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale e del Comitato del "no". Villone parla di un "danno" alla rappresentativita' dei cittadini nel Parlamento. "In Senato, con la riforma, solo due o tre forze politiche riuscirebbero ad avere propri eletti, lasciando senza voce percentuali molto significative del corpo elettorale. Tra l'altro diversificando la composizione tra Camera e Senato, perche' alcune forze politiche riuscirebbero ad avere deputati, ma non senatori". C'e' da aggiungere che la riduzione del numero dei parlamentari pone il rapporto elettori-eletto molto lontano dai numeri indicati dai Padri Costituenti.
Domenico Gallo, dell'Esecutivo dello stesso Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, ha spiegato con scrupolosa puntualita' la questione dei numeri in riferimento al rapporto eletto-elettori ed ha concluso il suo studio affermando che "Attualmente il rapporto fra abitanti e Parlamentari e' di un seggio di deputato ogni 96.000 abitanti ed un seggio di Senatore ogni 192.000 abitanti. Con la riforma avremo un Deputato ogni 151.000 abitanti ed un Senatore ogni 303.000 abitanti. Se si fa il raffronto fra il numero dei deputati e la popolazione negli Stati membri dell'Unione Europea, l'Italia, con un rapporto di 0,7 ogni centomila abitanti finisce all'ultimo posto, superando la Spagna, che prevede un seggio ogni 133.000 abitanti (0,8)".
Gallo, numeri alla mano, ha anche messo in evidenza il fatto che il voto dei cittadini non sarebbe di eguale peso nelle differenti regioni. Per esempio c'e' la Calabria che, con popolazione doppia di quella del Trentino avrebbe lo stesso numero di parlamentari.
Peraltro la riduzione crea una vera sproporzione tra peso politico del Parlamento, con numeri ridotti, e rappresentanti delle Regioni in occasione della elezione del Presidente della Repubblica.
La riforma favorirebbe l'allargamento e la "concentrazione" di potere in capo alle Regioni, che non sono il massimo della credibilita' politico-istituzionale specialmente dopo la errata e improvvida riforma del Titolo V del 2001. Fu, quella riforma, oggetto del primo dei quattro referendum dell'ultimo ventennio. Prevalse il "si'" e molti cittadini, me compreso, siamo pentiti di quel "si'" ad una riforma che ha favorito le rivendicazioni di "accentramento" di poteri a livello delle Regioni.
Le recenti vicende concernenti le rivendicazioni di piu' potere da parte delle Regioni attraverso la cosiddetta "autonomia regionale differenziata", corrispondono sostanzialmente agli obiettivi della "secessione" compresa nel progetto politico di un partito nato e nutrito con lo scopo di frantumare l'unita' d'Italia realizzata 150 anni fa. L'unita' dell'Italia e' molto recente rispetto alle grandi nazioni europee.
Mi preme sottolineare che c'e' un filo non rosso, ma multicolore che collega la "tendenza" ad affievolire (se non indebolire) il potere di tutte le assemblee elettive (Parlamento, Consiglio Regionale, Consiglio Comunale) titolari del potere-funzione di indirizzo e di controllo nei confronti del Governo, del Governatore e del Sindaco. Questa "tendenza" risulta chiara e dichiarata da molti "riformatori" che pretendono di realizzare un'architettura costituzionale sotto la guida del "Sindaco d'Italia". Si tenga presente, al riguardo, che ai Sindaci dei nostri tempi sono stati conferiti piu' poteri di quanti non ne avessero i Podesta' di epoca fascista.
Il filo rosso (o multicolore) che congiunge i quattro referendum dell'ultimo ventennio, non ha mai avuto il connotato dell'allargamento dei diritti e delle liberta' dei cittadini. Ha una caratteristica precisa che si puo' definire con una locuzione: "rivendicazione della concentrazione del potere".
E' stata la rivendicazione della concentrazione del potere in capo alle Regioni la errata riforma del Titolo V (anno 2001).
La medesima "rivendicazione" di una specie di "premierato assoluto" (piu' potere al Governo) e' stato il tentativo di riforma del 2006 ad opera del Governo Berlusconi.
Similmente il Governo Renzi ha provato, tra l'altro, a sopprimere il Senato per sostituirlo con un Senato eletto dai consiglieri regionali e non direttamente dai cittadini.
Per ragioni di sintesi non mi dilungo sui tentativi di riforma dei Governi Berlusconi e Renzi che gli italiani hanno respinto con un "no" chiaro e forte.
Osservo, infine, che le attuali proposte di modifiche costituzionali sono state oggetto di un accordo di governo. Addirittura con un accordo che ha costretto (o indotto) a votare si' alla riforma alcune forze politiche che, prima di entrare nell'attuale governo, avevano votato piu' volte no alla medesima riforma.
La questione e' gravissima perche' si "allinea" ad una prassi contraria a diversi principi e a diverse caratteristiche della Costituzione, che e' una Costituzione rigida, quindi non flessibile e non oggetto di cambiamenti con l'avvicendamento dei governi.
Oltre agli insegnamenti di Calamandrei, ci sono da ricordare le parole scritte in molte lingue, anche in lingua italiana, sulle vetrate dell'edificio dove e' custodita la famosa e secolare Campana di Philadelphia che spiega come: "Un governo giusto si basa su una Costituzione scritta e non dipende dai capricci dei singoli governanti". Queste parole scritte nel luogo dove e' nata la prima democrazia moderna e dove e' stata concepita la Costituzione con quasi tre secoli di vita, dovrebbero fare arrossire di vergogna i governanti italiani che, da un ventennio, sottraggono al tempo del loro compito governativo tantissimo tempo in attivita' finalizzate al cambiamento della Costituzione.
Da quanto affermato da alcuni sostenitori del "si'", sembra emergere l'idea secondo cui ogni riforma dovrebbe essere valutata per quello che e' e che appare al momento del voto referendario, senza eccessivi timori per le modifiche ulteriori che fossero necessarie a dare senso compiuto alla riforma oggetto del quesito referendario. Sta di fatto che gli stessi sostenitori del "si'", che sono forze di governo, preannunciano altre riforme costituzionali. Con cio' confermano di avere l'intenzione di aprire un infinito processo di cambiamenti il cui esito e' del tutto incerto al momento in cui il cittadino si vede costretto a decidere con un semplice "si'" o con un semplice "no". Infatti, se l'attuale maggioranza governativa dovesse cadere, le preannunciate ulteriori modifiche finirebbero per avere caratteristiche imprevedibili.
Al riguardo, mi pare doveroso citare la recente opinione espressa da un attento e raffinato analista politico, Rino Formica, secondo cui "Se passa il si' passa l'avventura di modifiche costituzionali al vento di tutte le possibili maggioranze politiche. Chi ha la maggioranza politica cambia le leggi elettorali e la Costituzione a suo uso e consumo".
Concludo queste mie riflessioni ricordando la lunga notte della democrazia causata da leggi elettorali riconosciute incostituzionali dalla Corte Costituzionale. Le sentenze della Corte sono intervenute grazie ai ricorsi presentati, in via giurisdizionale, da semplici cittadini impegnati a contrastare le ineffabili scelte di decisori politici che, in spregio all'etica della responsabilita', continuano ad imperversare sulla scena politica italiana.
Per i motivi sinteticamente esposti, considerato il mio errore del "si'" alla errata riforma del Titolo V del 2001 e tenuto presente il mio coerente "NO" ad entrambi i tentativi di riforma costituzionale dei Governi Berlusconi e Renzi, rispettivamente nel 2006 e nel 2016, ritengo giusto votare "NO" al referendum del 20 settembre 2020.

7. REPETITA IUVANT. ANCORA UNA VOLTA CHIEDIAMO

Ancora una volta chiediamo che  si realizzino immediatamente quattro semplici indispensabili cose:
1. riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e' l'unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani;
2. abolire la schiavitu' e l'apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto": un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza; poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
*
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.

8. REPETITA IUVANT. "L'ITALIA ADERISCA AL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI". UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL SENATO E AL PRESIDENTE DELLA CAMERA

Gentilissima Presidente del Senato della Repubblica,
gentilissimo Presidente della Camera dei Deputati,
ricorrendo nei giorni scorsi il LXXV anniversario delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, tanto il Presidente della Repubblica, quanto Lei, Presidente del Senato, e Lei, Presidente della Camera, ha e avete diffuso messaggi di cordoglio per le vittime e di esortazione all'impegno affinche' simili orrori non abbiano a ripetersi mai piu' e si proceda quindi verso il disarmo, la pace, la cooperazione fra tutti i popoli nel riconoscimento della comune umanita' di tutti gli esseri umani; nella consapevolezza che le armi atomiche mettono in pericolo l'esistenza stessa dell'umanita' nel suo insieme.
Orbene, come e' noto, il 7 luglio 2017 una conferenza ad hoc dell'Onu ha adottato il necessario e non piu' rinviabile "Trattato per la proibizione delle armi nucleari", che entrera' in vigore dopo che almeno cinquanta Stati lo avranno sottoscritto e ratificato.
L'Italia e' tra i paesi che questo fondamentale Trattato ancora non lo hanno ne' sottoscritto, ne' ratificato.
In mancanza di questa firma ogni dichiarazione da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese di cordoglio per le vittime e di apprensione per le sorti dell'umanita', ogni appello da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese all'impegno altrui in assenza del nostro, rischia di apparire - ahinoi - come un vaniloquio, un esercizio di retorica, un atto di ipocrisia. E siamo certi che non erano questi il sentimento e l'intenzione vostra e del Presidente della Repubblica.
Come gia' innumerevoli associazioni umanitarie ed innumerevoli cittadine e cittadini, vi esortiamo pertanto anche noi ad assumere un impegno concreto, preciso e non piu' rinviabile: adoperarvi affinche' l'Italia sottoscriva e ratifichi nel piu' breve tempo possibile il Trattato Onu del 7 luglio 2017 per la proibizione delle armi nucleari.
E' in vostro potere convocare le Conferenze dei capigruppo di entrambi i rami del Parlamento affinche' l'organo legislativo del nostro ordinamento giuridico deliberi un documento in tal senso che impegni e vincoli l'esecutivo.
E' in vostro potere promuovere il pronunciamento del Parlamento italiano.
E' in vostro potere far si' che l'Italia finalmente si esprima con un atto giuridico cogente in pro del bene comune dell'umanita' aderendo al Trattato che impedisca alle armi atomiche di tenere sotto ricatto e minacciare di distruzione l'intera famiglia umana.
Le ragioni per farlo le avete enunciate voi stessi, cosi' come il Presidente della Repubblica, pochi giorni fa. A quelle vostre sentite parole date effettuale seguito, date autentico inveramento.
Ve lo chiedono tutte le associazioni umanitarie, l'intera comunita' scientifica, tutte le cittadine e tutti i cittadini di volonta' buona; ve lo chiede una lettura avvertita della nostra Costituzione, della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti umani; ve lo chiede l'umanita' intera; ve lo chiedono le generazioni future.
Augurandovi ogni bene,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 12 agosto 2020

9. INIZIATIVE. PER SOSTENERE "A. RIVISTA ANARCHICA", RICORDANDO PAOLO FINZI

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10. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Comitato per il no all'inceneritore di Scarlino, La lotta per la legalita' negata, Stampa alternativa, s.i.t., pp. 64.
*
Riletture
- Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985, 1996, pp. 268.
- Etty Hillesum, Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, 2001, pp. 158.
- Sheila Rowbotham, Donne, resistenza e rivoluzione, Einaudi, Torino 1976, 1977, pp. VIII + 336.
- Sheila Rowbotham, Esclusa dalla storia, Editori Riuniti, Roma 1977, pp. 272.
*
Riedizioni
- Lukas Thommen, L'ambiente nel mondo antico, Il Mulino, Bologna 2014, Rcs, Milano 2020, pp. 192, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
*
Fantascienza
- Arthur C. Clarke, Gentry Lee, Il giardino di Rama, Mondadori, Milano 2020, pp. 464, euro 9,90.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3862 del 14 settembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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