[Nonviolenza] Telegrammi. 3848



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3848 del 31 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Severino Vardacampi: Per tre ragioni votero' NO al referendum del 20-21 settembre 2020
2. Comitato donne per il NO al referendum: "E invece NO"
3. Pasquale Pugliese: Al referendum sul taglio del Parlamento votare NO
4. Ancora una volta chiediamo
5. "L'Italia aderisca al Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari". Una lettera aperta alla Presidente del Senato e al Presidente della Camera
6. Per sostenere "A. Rivista anarchica", ricordando Paolo Finzi
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. HIC ET NUNC. SEVERINO VARDACAMPI: PER TRE RAGIONI VOTERO' NO AL REFERENDUM DEL 20-21 SETTEMBRE 2020

In questi giorni un numero crescente di persone, e di prestigiose associazioni, stanno prendendo posizione per il NO al referendum che si terra' fra tre settimane. Da don Luigi Ciotti a padre Alex Zanotelli, da Romano Prodi a Massimo Cacciari, dalle Acli all'Arci, dall'Associazione nazionale partigiani d'Italia fino a 183 illustri costituzionalisti che hanno sottoscritto un appello la cui lettura convincerebbe a votare NO chiunque abbia il dono della ragione.
Ovviamente tutte queste persone condividono alcuni motivi comuni, poi ciascuna ne propone anche altri, diversi e fin peculiari.
Anche io votero' NO alla mutilazione del parlamento italiano imposta da Conte, Di Maio e Salvini, per le stesse ragioni per cui votai NO alla mutilazione del parlamento italiano imposta da Berlusconi nel 2006, e per le stesse ragioni per cui votai NO alla mutilazione del parlamento italiano imposta da Renzi nel 2016. Contro l'aggressione alla Costituzione e alla democrazia rappresentativa da parte di Berlusconi prima, e di Renzi poi, vincemmo. Possiamo, dobbiamo vincere anche contro l'aggressione alla Costituzione e alla democrazia rappresentativa da parte di Conte, Di Maio e Salvini.
Da semplice "quidam de popolo" enuncio qui di seguito le tre ragioni che ritengo decisive per votare NO.
*
La prima ragione: perche' preferisco la democrazia alla dittatura; perche' preferisco il Parlamento allo squadrismo; perche' preferisco la separazione (e quindi il bilanciamento e il reciproco controllo) dei poteri al fascismo.
Chi vuole mutilare il parlamento preferisce invece l'arbitrio del piu' forte, del piu' selvaggio, del piu' brutale.
*
La seconda ragione: perche' preferisco che le leggi siano fatte attraverso una pubblica discussione ascoltando tutte le opinioni e tutte le critiche con tutto il tempo che ci vuole, e in un luogo in cui sia rappresentata la maggior parte possibile della popolazione con criterio proporzionale e quindi senza esclusione delle minoranze, poiche' la democrazia in questo consiste: nel conflitto civilmente espresso e nella mediazione razionalmente raggiunta nel rispetto dei diritti fondamentali di tutti gli esseri umani garantiti per legge.
Chi vuole mutilare il parlamento preferisce invece che decidano tutto quattro criminali razzisti nelle segrete stanze dei bottoni nel disprezzo e a danno dell'intera umanita'.
*
La terza ragione: perche' provo disgusto ed orrore di ogni violenza e soprattutto della violenza dei potenti, e preferisco vivere in un paese in cui la legalita' salvi le vite, in cui ogni essere umano bisognoso di aiuto sia aiutato, in cui ogni persona abbia il diritto di far valere il suo voto, in cui si possano correggere gli errori prima che abbiano conseguenze nefaste e irreversibili.
Chi vuole mutilare il parlamento preferisce invece risparmiarsi la fatica del pensiero, della comprensione, del dialogo, del riconoscimento e del rispetto delle altre persone, ed imporre la barbarie che e' sempre distruttiva, che e' sempre assassina.
*
Per queste tre ragioni votero' NO al referendum del 20-21 settembre 2020.
NO all'antiparlamentarismo, NO al fascismo, NO alla barbarie.
*
In calce a questa dichiarazione allego l'"appello nonviolento per il NO" promosso dalla struttura nonviolenta viterbese e il testo integrale dell'appello dei 183 costituzionalisti, materiali che mi sembrano utili per l'autonoma riflessione di chi vorra' leggere queste righe.
* * *
Allegato primo: Un appello nonviolento per il NO al referendum
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza".
* * *
Allegato secondo: L'appello di 183 costituzionalisti per il NO al referendum
Le ragioni del nostro NO al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari
In risposta all'appello del Direttore della testata online "Huffington Post" Mattia Feltri, pubblicato lo scorso 8 agosto, le sottoscritte e i sottoscritti, docenti, studiose e studiosi di diritto costituzionale, intendono spiegare le ragioni tecniche per le quali si oppongono alla riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari, illustrando i rischi per i principi fondamentali della Costituzione che la revisione comporta.
Si precisa che il presente documento scaturisce da un'iniziativa autonoma e totalmente indipendente sia dal Coordinamento per la democrazia costituzionale (CDC), sia dal Comitato nazionale per il No al taglio del Parlamento, cosi' come da ogni altro ente, organismo e associazione, esprimendo considerazioni frutto esclusivamente dell'elaborazione collettiva dei sottoscrittori.
Il testo di legge costituzionale sottoposto alla consultazione referendaria, introducendo una riduzione drastica del numero dei parlamentari (da 945 componenti elettivi delle due Camere si passerebbe a 600), avrebbe un impatto notevole sulla forma di Stato e sulla forma di governo del nostro ordinamento. Tanti motivi inducono a un giudizio negativo sulla riforma: qui si illustrano i principali.
1) La riforma svilisce, innanzitutto, il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica.
I fautori della riforma adducono, a sostegno del "SI'" al referendum, la riduzione di spesa che la modifica della composizione delle Camere determinerebbe. Si tratta, pero', di un argomento inaccettabile non soltanto per l'entita' irrisoria dei tagli di cui si parla, ma anche perche' gli strumenti democratici basilari (come appunto l'istituzione parlamentare) non possono essere sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio.
La riduzione del numero dei parlamentari non deriverebbe, inoltre, da una riforma ragionata del bicameralismo perfetto (il vigente assetto parlamentare in base al quale le due Camere si trovano nella stessa posizione e svolgono le medesime funzioni). Tale sistema non sarebbe toccato dalla legge costituzionale oggetto del referendum.
Spesso si fa riferimento agli esempi di altri Stati ma non puo' correttamente compararsi il numero dei componenti delle Camere italiane con quello di altre assemblee parlamentari in termini astratti, senza tenere conto del numero degli elettori (e, dunque, del rapporto eletti/elettori). Si trascura, inoltre, che in molti degli ordinamenti assunti come termini di paragone si riscontrano forme di governo e tipi di Stato diversi dai nostri.
2) La riforma presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale.
I fautori della riforma sostengono ancora che la riduzione del numero dei parlamentari non arrecherebbe alcun danno alle esigenze della rappresentativita' perche' sarebbero gia' tanti gli organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, consigli comunali, ecc.) la cui formazione dipenderebbe dal voto dei cittadini. La rappresentanza nazionale, secondo questa tesi, potrebbe trovare un'espressione parcellizzata in altri luoghi istituzionali. A prescindere, pero', da ogni altra considerazione sul ruolo e sulle competenze degli organi elettivi richiamati (ad esempio, i Consigli regionali italiani non sono paragonabili ai parlamenti degli Stati membri di una federazione), si puo' ricordare che la Corte costituzionale ha chiarito che "solo il Parlamento e' sede della rappresentanza politica nazionale, la quale imprime alle sue funzioni una caratterizzazione tipica ed infungibile".
Basta leggere, del resto, le materie attribuite dalla Costituzione alla competenza esclusiva del legislatore statale (e considerare l'interpretazione estensiva che di molte di queste materie ha dato la stessa Corte costituzionale nella sua giurisprudenza) per avere un'idea dell'importanza delle Camere.
3) La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori.
Per quanto riguarda la nuova composizione del Senato, alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Cosi', ad esempio, l'Abruzzo, con un milione e trecentomila abitanti, avrebbe diritto a quattro senatori, mentre il Trentino-Alto Adige, con le sue due province autonome e con una popolazione complessiva di un milione di abitanti, avrebbe in tutto sei senatori; e ancora la Liguria, con cinque seggi, avrebbe una rappresentanza al Senato, in sostanza, della sola area genovese.
4) La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto (anche se e' spesso presentata dai suoi sostenitori come un intervento volto a raggiungere gli stessi obiettivi di precedenti progetti di riforma, diretti a rendere piu' efficiente l'istituzione parlamentare).
Come si e' gia' detto, l'attuale riforma non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui elevato numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto. Tale assetto, in teoria, potrebbe anche essere modificato senza alterare in modo cosi' incisivo il numero dei parlamentari, anche solo per il tramite di una contestuale riforma dei regolamenti parlamentari di Camera e Senato. Al contrario, se si considerano i problemi di rappresentanza di alcuni territori regionali che la riforma comporterebbe, risulta che paradossalmente la legge in questione finirebbe con l'aggravare, anziche' ridurre, i problemi del bicameralismo perfetto.
5) La riforma appare ispirata da una logica "punitiva" nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. La revisione costituzionale sembra essere espressione di un intento "punitivo" nei confronti dei parlamentari – visti come esponenti di una "casta" parassitaria da combattere con ogni mezzo – ed e' il segno di una diffusa confusione del problema della qualita' dei rappresentanti con il ruolo dell'organo parlamentare. Non e' dato riscontrare, tuttavia, un rapporto inversamente proporzionale tra il numero dei parlamentari e il livello qualitativo degli stessi. Una simile riduzione dei componenti delle Camere penalizzerebbe soltanto la rappresentanza delle minoranze e il pluralismo politico e potrebbe paradossalmente produrre un potenziamento della capacita' di controllo dei parlamentari da parte dei leader dei partiti di riferimento, facilitato dal numero ridotto degli stessi componenti delle Camere.
Non puo' trascurarsi, inoltre, lo squilibrio che si verrebbe a determinare qualora, entrata in vigore la modifica costituzionale, non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, con essa coerente, tale da assicurare – nei limiti del possibile – la rappresentativita' delle Camere e, allo stesso tempo, agevolare la formazione di una maggioranza (sia pur relativamente) stabile di governo.
E' illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l'evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non e' meglio di nessuna riforma. Semmai e' vero il contrario. Respingendo questa riforma perche' monca e destabilizzante, ci sarebbe spazio per proposte equilibrate che mantengano intatti i principi fondanti del nostro ordinamento costituzionale; al contrario sarebbe piu' difficile mettere in discussione una riforma appena avallata dal corpo elettorale. Occorrono, in definitiva, interventi idonei ad apportare miglioramenti al sistema nel rispetto della democraticita' e della rappresentativita' delle istituzioni.
Per queste ragioni i sottoscritti voteranno convintamente "NO"!

2. APPELLI. COMITATO DONNE PER IL NO AL REFERENDUM: "E INVECE NO"
[Riceviamo e volentieri diffondiamo]

Il referendum sul taglio dei parlamentari prevede una riduzione dei seggi in entrambe le Camere, andando a modificare gli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione.
Si passerebbe cosi' da 630 a 400 seggi alla Camera e da 315 a 200 seggi al Senato, con un taglio complessivo di 345 parlamentari, pari al 36,5%. Tra questi, verrebbero ridotti i parlamentari eletti all'estero (18 a 12).
Con il taglio dei seggi, aumenta il numero di abitanti per parlamentare. Per ciascun deputat* si passa da 96.006 a 151.210 abitanti* e per ciascun senator* da 188.424 a 302.420 abitanti*. Di conseguenza, nel caso di approvazione, sara' necessario ridefinire i collegi elettorali tramite una nuova legge che richiedera' ulteriore tempo per l'approvazione.
Dunque la riforma costituzionale, in assenza di una contestuale riforma elettorale e dei partiti, e' un salto nel buio che compromette la rappresentanza parlamentare e il ruolo stesso del Parlamento.
I vari comitati del No e il documento dei 183 costituzionalisti e costituzionaliste hanno evidenziato in via generale i rischi della riforma che qui sintetizziamo:
- La riforma svilisce il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica sia perche' si tratta di risparmi irrisori sia perche' la democrazia ha un valore che non puo' essere sacrificato per esigenze di risparmio.
- La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza dei territori con il rischio che alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Un Senato composto da 200 membri non puo' rappresentare tutte le identita' politiche, sociali, culturali ed economiche se ogni eletto dovra' rappresentare circa 300mila abitanti.
- La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto perche' non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto.
- La riforma confonde la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. Non c'e' nessuna evidenza che diminuendo il numero dei parlamentari se ne innalzi il livello qualitativo. L'unico effetto che sicuramente produce e' una penalizzazione delle minoranze e un abbassamento del pluralismo politico.
- La riforma non prevede che sia garantito un corretto ed essenziale lavoro delle Commissioni al Senato anche per dare l'opportunita' alle minoranze di rappresentare le proprie ragioni. L'eventualita' di accorpare fra loro le Commissioni esistenti non garantisce che le minoranze possano influire proficuamente sui processi decisionali del Parlamento.
- Con il taglio dei parlamentari la selezione delle candidature da parte delle dirigenze dei partiti o degli stessi leader (gia' oggi fortemente guidata non sempre da criteri di competenza ma piuttosto da quelli di fedelta') sarebbe ancor piu' determinata da considerazioni non valoriali.
- Infine se non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, si verrebbe a creare uno squilibrio circa la  rappresentativita' delle Camere tale da non permettere un'agevole formazione di una maggioranza stabile di governo.
A questi argomenti si aggiungono le perplessita' sugli effetti negativi che si avrebbero sulla rappresentanza politica delle donne.
- Mancanza di riforma elettorale e di una legge sulla democrazia interna dei partiti: in assenza di questi interventi – necessariamente correlati – si accentua il potere dei capipartito e l'importanza dei finanziamenti delle lobbies. Le donne sono ancora marginalizzate nei luoghi decisionali politici ed economici, quindi avranno minori chances di essere elette.
- Muta il rapporto con l'elettorato, e dunque con i territori: l'eliminazione di 230 deputati e 115 senatori muta il rapporto di rappresentanza e affievolisce il legame con i territori, penalizzando ad esempio le esperienze delle donne come amministratrici locali. I dati sulle competizioni elettorali mostrano minore visibilita' delle donne nei media e nelle tribune politiche. Risultera' ancora piu' esigua la possibilita' di accesso ai media (che e' decisa dai capipartito) e quindi di essere elette.
- Leadership maschile nei partiti e nei movimenti: l'entrata in Parlamento e' nominalmente aperta a tutti, ma di fatto risulta rigidamente controllata dai partiti. Questo dato mostra di avere un effetto relativamente negativo sulle chances di carriera politica delle donne. La misura prevista nella legge elettorale volta all'incremento della rappresentanza femminile non ha consentito il raggiungimento del 40% di donne elette.
- Ruoli centrali negli organi parlamentari: i dati tendono a confinare la rappresentanza femminile in aree settoriali e a ricostruire situazioni di marginalita' all'interno del Parlamento: e' significativo il fatto che le donne siano assenti in dicasteri importanti quali quelli economici e che siano prevalentemente presenti nelle commissioni parlamentari che trattano questioni tradizionalmente considerate come di pertinenza delle donne.
- Distorsioni sulla rappresentanza territoriale: minore rappresentanza delle regioni piu' piccole e dei partiti minori – se non vi e' un mutamento profondo nei partiti - concentrera' la scelta sui soli candidati uomini, come dimostrano i principali report nazionali e internazionali.
- Mancanza di una campagna informativa e uso di un linguaggio demagogico dell'antipolitica che offende la democrazia parlamentare. E' molto grave che la riforma costituzionale sia priva di un adeguato dibattito pubblico, anche all'interno dei partiti, e comunque si fondi su un linguaggio proprio dell'antipolitica. L'assunto di fondo della riforma si basa sul discredito del ruolo dei parlamentari e dell'Istituzione, ma non si preoccupa affatto di migliorare il processo di formazione delle leggi. La gran parte dei movimenti femministi che hanno promosso norme di garanzia sono mosse dalla convinzione che la democrazia parlamentare e la democrazia paritaria siano strettamente connesse.
Per queste ragioni di fatto la riforma penalizzera' l'elezione delle donne perche' meno rappresentanti significa competizione piu' dura e piu' cooptazione e piu' difficolta' per le donne di essere elette.
Anche per questo come donne e come cittadine voteremo NO al referendum del 20 e 21 settembre!
Prime firmatarie
Antonella Anselmo, Fulvia Astolfi, Paola Manfroni, Laura Onofri, Mia Caielli, Marina Calamo Specchia, Paola Bocci, Michela Marzano, Daniela Colombo, Marcella Corsi, Giovanna Badalassi, Francesca Romana Guarnieri, Carla Marina Lendaro, Stefania Cavagnoli, Giorgia Serughetti, Giovanna Martelli, Lella Palladino, Maura Cossutta, Norma De Piccoli, Anna Maria Buzzetti, Anna Lisa Maccari, Paola d'Orsi , Paola Mereu, Marina Gennari, Orsa Pellion di Persano, Francesca Ricardi, Annalisa Ricardi, Marina Cosi, Michela Quagliano, Cinzia Ballesio, Manuela Ghinaglia, Nadia Mazzardis, Concetta Contini, Simonetta Luciani, Paola Alessandri, Ilaria Boiano, Silvana Appiano, Mirella Ferlazzo, Anna Ruocco, Fernanda Penasso, Beatrice Pizzini, Giusi Fasano, Paola Guazzo, Daniela Aragno, Stefania Graziani, Eleonora Data, Rosanna Paradiso, Maria Luisa Dall'Armi, Micaela Cappellini, Manuela Manera, Marina Ponzetto, Roberta Giangrande, Anna Santarello, Maria Luisa Dodero, Claudia Apostolo, Donatella Caione, Paola Berzano, Sonia Martino, Enrica Guglielmotti, Sofia Massia, Stefanella Campana, Enrica Baricco, Maria Elvira Renzetti, Mariangela Marengo, Vilma Nicolini, Luisella Zanin, Carmen Belloni, Giuliana Brega, Patrizia de Michelis, Maria Letizia Spasari, Patrizia Soldini, Gabriella Anselmi, Susanna Panzieri, Anna Sburlati, Sandra Basaglia, Paola Ferrero...
Per aderire scrivere a: einveceNO.alreferendum at gmail.com

3. RIFLESSIONE. PASQUALE PUGLIESE: AL REFERENDUM SUL TAGLIO DEL PARLAMENTO VOTARE NO
[Dal sito www.azionenonviolenta.it col titolo "Referendum sul taglio del Parlamento: esercitare la partecipazione consapevole anziche' arrendersi alla demagogia"]

"Quando si vuole diminuire l'importanza di un organo rappresentativo
s'incomincia sempre col limitarne il numero dei componenti, oltre che le funzioni"
(Umberto Terracini, presidente dell'Assemblea Costituente)
 
Uno degli aspetti piu' pervasivi e pericolosi del populismo e' quello di convincere il "popolo" – considerato come una massa indifferenziata – di scelte e decisioni che in realta' vanno contro gli interessi generali dei cittadini, specie delle classi popolari, identificando capri espiatori semplici ("gli immigrati" e "la casta" vanno per la maggiore) contro i quali scatenare la rabbia in risposta a situazioni complesse, soprattutto in momenti di crisi. E' quell'atteggiamento politico che fin dall'antica Grecia e' stato definito dai filosofi "demagogia", ossia la corruzione della democrazia. Ora che il populismo si sta facendo strada ovunque nel mondo, il referendum italiano sul taglio del numero dei parlamentari del 20 e 21 settembre e' una grande occasione per separare e distinguere tra demagogia e democrazia. Ossia tra populismo e partecipazione consapevole.
Il confronto in Assemblea Costituente per fissare il numero dei parlamentari fu particolarmente approfondito (come ricostruisce anche Carlo Corsetti per Left) alla ricerca del miglior punto di equilibrio tra rappresentanza dei cittadini, per portare nelle istituzioni i loro bisogni e diritti, e funzionalita' dell'organo fondamentale, legislativo, della nascente Repubblica parlamentare. Iniziato il 4 settembre del 1946 nella sottocommissione della Commissione per il progetto di Costituzione si concluse l'8 ottobre in Assemblea generale con un voto che non indicava un numero fisso di deputati e senatori, ma il rapporto numerico da rispettare tra rappresentanti e rappresentati: "un deputato per ottantamila abitanti o per frazione superiore a quarantamila" e "un senatore per duecentomila abitanti o per frazione superiore a centomila" (su base regionale).
Di fronte alle proposte che gia' allora volevano allargare questo rapporto, portandolo per la Camera dei Deputati ad un parlamentare ogni 100.000 o addirittura 150.000 cittadini, sostanzialmente per le stesse ragioni di "risparmio economico" che risuonano anche oggi, il presidente dell'Assemblea Costituente Umberto Terracini cosi' argomentava: "la diminuzione del numero dei componenti [per] la prima Camera repubblicana sarebbe in Italia interpretata come un atteggiamento antidemocratico, visto che, in effetti, quando si vuole diminuire l'importanza di un organo rappresentativo s'incomincia sempre col limitarne il numero dei componenti, oltre che le funzioni" (18 settembre 1946); [queste proposte] "sembra che riflettano certi sentimenti di ostilita', non preconcetta, ma abilmente suscitata fra le masse popolari contro gli organi rappresentativi nel corso delle esperienze che non risalgono soltanto al fascismo, ma assai prima, quando lo scopo fondamentale delle forze antiprogressive era l'esautorazione degli organi rappresentativi. Quanto alle spese, ancora oggi non v'e' giornale conservatore o reazionario che non tratti questo argomento cosi' debole e facilone. Anche se i rappresentanti eletti nelle varie Camere dovessero costare qualche centinaio di milioni di piu', si tenga conto che di fronte ad un bilancio statale che e' di centinaia di miliardi, l'inconveniente non sarebbe tale da rinunziare ai vantaggi della rappresentanza" (27 gennaio 1947).
Quando nel gennaio del 1948 entro' in vigore la Costituzione della Repubblica italiana la popolazione era di circa 46.210.000 cittadini. Solo nel 1963 quando, attraverso una costante crescita demografica, il Paese giunse a contare circa 51.600.0000 cittadini, il numero dei parlamentari fu fissato con Legge costituzionale in 630 deputati e 315 senatori, con un rapporto di rappresentanza di un deputato ogni 81.904 cittadini e un senatore ogni 163.209. Sostanzialmente confermando il rapporto inizialmente indicato dall'Assemblea Costituente per la Camera dei Deputati e addirittura riducendo quello relativo al Senato della Repubblica.
Nel 2020 la popolazione italiana e' di circa 60.302.000, con un rapporto di rappresentanza di un deputato ogni 95.717 cittadini e un senatore ogni 191.434. Ossia ogni parlamentare oggi rappresenta – bene o male, ma questo e' un altro tema – nella Camera dei Deputati circa 15.000 cittadini in piu' sia rispetto al 1948 che al 1963, mentre rappresenta al Senato circa 30.000 cittadini in piu' rispetto al 1963 (ed e' sostanzialmente in linea con il rapporto del 1948). Quindi se c'e' un problema di rapporto numerico di rappresentanza nella nostra repubblica parlamentare, questo riguarderebbe semmai una riparametrazione in riferimento all’aumento della popolazione. Non un taglio del numero dei rappresentanti, che non avrebbe altra ragione se non quel "sentimento di ostilita' abilmente suscitato fra le masse popolari contro gli organi rappresentativi", come spiegava Terracini. Ossia ne' piu' ne' meno che un'operazione di demagogia populista contro il luogo centrale della democrazia italiana dove – attraverso i rappresentanti eletti dai cittadini – si agiscono e si ricompongono i conflitti che attraversano la societa' italiana. Un colpo micidiale ad un Parlamento che e' gia' sempre piu' svilito nel ruolo di mero ratificatore delle decisioni dei governi. Insomma, un attacco grave alla democrazia parlamentare disegnata dalla Costituzione.
Del resto non si tratta neanche di un problema di risorse visto che – come ha calcolato l'Osservatorio dei conti pubblici guidato da Carlo Cottarelli – il taglio di 345 parlamentari porterebbe ad un risparmio di massimo 57 milioni di euro all’anno. Quindi, se l'obiettivo del taglio fosse davvero quello di risparmiare soldi pubblici – come dichiarano le forze che sostengono il SI, usando un argomento che gia' Terracini definiva "debole e facilone" – basterebbe tagliare il costo di un giorno di spese militari – ossia 73 milioni (per un costo complessivo di 26,3 miliardi all'anno) – per risparmiare ben di piu' di un anno di taglio del Parlamento. Senza dover ridurre gli spazi e i "vantaggi" della rappresentanza democratica. Senza indebolire ancora il Parlamento, che e' il luogo del confronto democratico. Senza allontanare ancora di piu' gli eletti dagli elettori. Senza populismo, senza demagogia. Facendo anche una scelta minima di civilta'.
Per questo il 20 e 21 settembre nel nostro Paese c'e' una grande occasione per separare il populismo dalla democrazia e per esercitare la partecipazione consapevole, anziche' arrendersi alla demagogia dell'antipolitica: votare NO.

4. REPETITA IUVANT. ANCORA UNA VOLTA CHIEDIAMO

Ancora una volta chiediamo che  si realizzino immediatamente quattro semplici indispensabili cose:
1. riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e' l'unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani;
2. abolire la schiavitu' e l'apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto": un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza; poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
*
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.

5. REPETITA IUVANT. "L'ITALIA ADERISCA AL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI". UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL SENATO E AL PRESIDENTE DELLA CAMERA

Gentilissima Presidente del Senato della Repubblica,
gentilissimo Presidente della Camera dei Deputati,
ricorrendo nei giorni scorsi il LXXV anniversario delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, tanto il Presidente della Repubblica, quanto Lei, Presidente del Senato, e Lei, Presidente della Camera, ha e avete diffuso messaggi di cordoglio per le vittime e di esortazione all'impegno affinche' simili orrori non abbiano a ripetersi mai piu' e si proceda quindi verso il disarmo, la pace, la cooperazione fra tutti i popoli nel riconoscimento della comune umanita' di tutti gli esseri umani; nella consapevolezza che le armi atomiche mettono in pericolo l'esistenza stessa dell'umanita' nel suo insieme.
Orbene, come e' noto, il 7 luglio 2017 una conferenza ad hoc dell'Onu ha adottato il necessario e non piu' rinviabile "Trattato per la proibizione delle armi nucleari", che entrera' in vigore dopo che almeno cinquanta Stati lo avranno sottoscritto e ratificato.
L'Italia e' tra i paesi che questo fondamentale Trattato ancora non lo hanno ne' sottoscritto, ne' ratificato.
In mancanza di questa firma ogni dichiarazione da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese di cordoglio per le vittime e di apprensione per le sorti dell'umanita', ogni appello da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese all'impegno altrui in assenza del nostro, rischia di apparire - ahinoi - come un vaniloquio, un esercizio di retorica, un atto di ipocrisia. E siamo certi che non erano questi il sentimento e l'intenzione vostra e del Presidente della Repubblica.
Come gia' innumerevoli associazioni umanitarie ed innumerevoli cittadine e cittadini, vi esortiamo pertanto anche noi ad assumere un impegno concreto, preciso e non piu' rinviabile: adoperarvi affinche' l'Italia sottoscriva e ratifichi nel piu' breve tempo possibile il Trattato Onu del 7 luglio 2017 per la proibizione delle armi nucleari.
E' in vostro potere convocare le Conferenze dei capigruppo di entrambi i rami del Parlamento affinche' l'organo legislativo del nostro ordinamento giuridico deliberi un documento in tal senso che impegni e vincoli l'esecutivo.
E' in vostro potere promuovere il pronunciamento del Parlamento italiano.
E' in vostro potere far si' che l'Italia finalmente si esprima con un atto giuridico cogente in pro del bene comune dell'umanita' aderendo al Trattato che impedisca alle armi atomiche di tenere sotto ricatto e minacciare di distruzione l'intera famiglia umana.
Le ragioni per farlo le avete enunciate voi stessi, cosi' come il Presidente della Repubblica, pochi giorni fa. A quelle vostre sentite parole date effettuale seguito, date autentico inveramento.
Ve lo chiedono tutte le associazioni umanitarie, l'intera comunita' scientifica, tutte le cittadine e tutti i cittadini di volonta' buona; ve lo chiede una lettura avvertita della nostra Costituzione, della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti umani; ve lo chiede l'umanita' intera; ve lo chiedono le generazioni future.
Augurandovi ogni bene,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 12 agosto 2020

6. INIZIATIVE. PER SOSTENERE "A. RIVISTA ANARCHICA", RICORDANDO PAOLO FINZI

Contatti:
Editrice A, via Rovetta 27, 20127 Milano
*
Indirizzo postale:
Editrice A, cas. post. 17120 - Milano 67, 20128 Milano Mi
*
tel: (+39) 022896627
fax: (+39) 0228001271
e-mail: arivista at arivista.org
facebook: A-Rivista Anarchica
twitter: A_rivista_anarc
sito: www.arivista.org
*
Conto corrente bancario:
Banca Popolare Etica
Filiale di Milano
IBAN: IT55A0501801600000011073970
BIC/SWIFT: CCRTIT2T84A
intestato a: Editrice A Societa' Cooperativa
*
Conto corrente postale N.12552204
IBAN: IT63M0760101600000012552204
CODICE BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX
intestato a: Editrice A
CAS. POST. 17120 Mi 67 - 20128 Milano MI, Italia
*
Pagamenti PayPal:
La mail di riferimento per i pagamenti PayPal e' michela at arivista.org

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Vandana Shiva, Il pianeta di tutti, Feltrinelli, Milano 2019, 2020, pp. 206, euro 9,50.
*
Riletture
- Salwa Salem, Con il vento nei capelli. Una palestinese racconta, Giunti, Firenze 1993, 2001, pp. 190.
- Renate Siebert, Le donne, la mafia, Il saggiatore, Milano 1994, Est, Milano 1997, pp. 464.
*
Riedizioni
- Eva Cantarella, Secondo natura. La bisessualita' nel mondo antico, Feltrinelli, Milano 2016, 2017, Rcs, Milano 2020, pp. 320, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Alberto Vigevani, I compagni di settembre, Endemunde Edizioni, Milano 2013, Gedi, Roma 2020, pp. 142, euro 7,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3848 del 31 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario, invece, l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com