[Nonviolenza] No. 8



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NO ALL'ANTIPARLAMENTARISMO, NO AL FASCISMO, NO ALLA BARBARIE
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum del 20-21 settembre votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 8 del 21 agosto 2020

In questo numero:
1. No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
2. Il testo del quesito referendario
3. Aperta a Viterbo la campagna per il "NO" al referendum
4. Marco Damilano: Perche' bisogna dire NO al referendum sul taglio dei parlamentari
5. Gianni Cuperlo: Voto NO per difendere la Costituzione
6. Mario Tronti: Votare NO al referendum sul taglio dei parlamentari e' una obbligazione politica

1. APPELLI. NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE CHE MUTILA LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E MIRA AD IMPORRE UN REGIME TOTALITARIO NEL NOSTRO PAESE

Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza.

2. MATERIALI. IL TESTO DEL QUESITO REFERENDARIO

Il testo del quesito referendario e' il seguente: "Approvate il testo della legge costituzionale concernente 'Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari', approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 240 del 12 ottobre 2019?".

3. REPETITA IUVANT. APERTA A VITERBO LA CAMPAGNA PER IL "NO" AL REFERENDUM

La mattina di giovedi' 20 agosto, ad un mese dal voto nel referendum costituzionale del 20-21 settembre 2020, si e' aperta a Viterbo la campagna per il "NO" per iniziativa del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera".
Presso la sede della struttura nonviolenta viterbese si e' tenuto un incontro di riflessione ed organizzazione.
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Un minuto di silenzio
L'incontro si e' aperto con un minuto di silenzio per le vittime della strage degli innocenti nel Mediterraneo.
Ancora una volta e' stato ricordato che occorre riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e' l'unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani.
Ancora una volta e' stato ricordato che occorre abolire la schiavitu' e l'apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto": un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia.
Ancora una volta e' stato ricordato che occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
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Difendere la democrazia e i diritti umani
Il responsabile della struttura nonviolenta, Peppe Sini, ha poi illustrato l'appello "No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese".
Come gia' nel referendum del 2016 ci opponiamo allo scellerato intento di nuovamente colpire, ancor piu' indebolire e rendere ancor meno rappresentativa l'istituzione parlamentare; il fine di tale aggressione e' evidente: incrementare il potere dell'esecutivo che ormai da decenni e negli ultimi anni in modo sempre piu' forsennato usurpa i poteri dell'organo legislativo, facendo saltare la separazione e l'equilibrio dei poteri al fine di una svolta autoritaria che farebbe definitivamente strame della democrazia e dello stato di diritto.
Non e' casuale che forze politiche che hanno imposto e poi mantenuto sciagurate antileggi hitleriane, razziste e incostituzionali, mirino ad affossare un'articolazione decisiva dell'ordinamento democratico.
A questo osceno disegno golpista occorre opporre un fermo "NO" nel voto referendario del 20-21 settembre.
Come gia' nel referendum del 2016 ci opponiamo a chi disprezza e viola i diritti umani, gli istituti della democrazia, il concetto stesso di stato di diritto, la Costituzione della Repubblica.
Il parlamento non puo' essere ridotto a zimbello di poteri autoritari senza regole e senza controlli; la rappresentanza democratica della popolazione non puo' essere sacrificata ai deliri di cordate di potere esperte nella manipolazione pubblicitaria e caratterizzate da arrogante irresponsabilita', da ebbra protervia, da razzismo e anomia.
A questo osceno disegno golpista occorre opporre un fermo "NO" nel voto referendario del 20-21 settembre.
Noi crediamo che occorra difendere la democrazia, difendere la Costituzione, difendere lo stato di diritto e i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Per queste ragioni votiamo "NO" al referendum del 20-21 settembre.
Votiamo "NO" nel merito del quesito referendario che mutila il parlamento.
Votiamo "NO" contro il disegno autoritario e golpista di un coacervo di forze politiche ed antipolitiche che hanno gia' dato flagrante prova di razzismo ed illegalita'; che hanno gia' dato flagrante prova di abominevole violenza contro esseri umani innocenti, inermi e in pericolo di morte; che hanno gia' dato flagrante prova di improntitudine, insipienza e proterva irresponsabilita' nella tragica vicenda dell'epidemia tuttora in corso contribuendo con i loro sciagurati, enormi ritardi ed errori a far morire decine di migliaia di esseri umani che potevano essere salvati. Noi non dimentichiamo le vittime innocenti.
Votiamo "NO" contro il fascismo che torna.
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Il testo dell'appello
Di seguito il testo integrale dell'appello della struttura nonviolenta viterbese per il "NO" al referendum.
"No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza".
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Una pubblicazione quotidiana ed ulteriori iniziative
La struttura nonviolenta viterbese di qui al voto referendario pubblichera' ogni giorno un supplemento al notiziario telematico "La nonviolenza e' in cammino" dedicato all'informazione, alla documentazione e alla riflessione sul referendum. Tale foglio quotidiano avra' per testata "No all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie". E' possibile leggerlo nel sito www.peacelink.it e riceverlo gratuitamente per e-mail.
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si impegnera' inoltre a promuovere incontri di informazione, documentazione e riflessione in citta' e in provincia.

4. DOCUMENTAZIONE. MARCO DAMILANO: PERCHE' BISOGNA DIRE NO AL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI
[Dal sito del settimanale "L'Espresso" riprendiamo questo intervento del 2 luglio 2020 dal titolo "Perche' bisogna dire No al referendum sul taglio dei parlamentari" e il sommario "La crisi post-covid richiede piu' politica e piu' democrazia. Invece l'Italia va verso una consultazione col trucco, che indebolisce la rappresentanza. Resta solo la possibilita' di mobilitare una societa' civile che non si faccia prendere in giro"]

Straniante, stralunata, l'esperienza di un paesaggio conosciuto eppure all'improvviso deformato, qualcosa di familiare ma che non si mette piu' a fuoco, e' in dissolvenza. Una lenta caduta, come nei sogni. Prendo a prestito questa immagine di Leonardo Sciascia per descrivere lo stato della istituzione centrale della nostra democrazia. Il Parlamento, nella nostra Costituzione, e' il cuore del sistema democratico e infatti e' stato l'oggetto di ogni tentativo di riforma degli ultimi trenta o quarant'anni. Ora ci risiamo: se non ci fosse stato il covid avremmo gia' votato per il referendum che e' chiamato a confermare o meno la legge costituzionale di nove mesi fa che ha tagliato il numero dei parlamentari. Da 630 a 400 i deputati, da 315 a 200 i senatori.
La consultazione e' stata spostata a causa dell'epidemia e fissata per il 20 settembre. Per caso, il giorno in cui cadono i 150 dalla breccia di Porta Pia, Roma capitale che concluse la fase risorgimentale, l'unita' d'Italia. Nessuno sembra avere interesse fino a questo momento e se ne capisce il motivo. Un referendum che taglia i parlamentari, quasi senza motivo, senza accompagnare il provvedimento ad un'altra riforma, a un qualche cambiamento, e' una festa della Divisione e della Disunita', il trionfo dell'Antipolitica. Con una campagna elettorale estiva, con l'attenzione su problemi avvertiti dall'opinione pubblica come ben piu' gravi e urgenti, l'esito sembra scontato, per questo tipo di referendum non e' previsto il quorum e il risultato e' valido  a prescindere dal numero dei votanti. I sostenitori del taglio, primi fra tutti i capi del Movimento 5 Stelle, sono sicuri della vittoria. E con ottime ragioni. Della riduzione dei parlamentari si parla da decenni. In tempo di crisi economica ogni sforbiciata ai costi della politica e' benvenuta. E poi c'e' la piu' che decennale polemica contro la Casta, oggi ripresa dalla nuova Casta costituita (anche) dagli ex grillini. Gli esponenti della nuova nomenclatura che occupa, lottizza, spartisce il potere, in Rai e negli enti pubblici, nei ministeri e nelle burocrazie, famelici quanto i predecessori.
Sembra il tempo giusto per le forbici brandite da Luigi Di Maio, il taglio dei parlamentari. Ma e' un falso, questo e' il tempo sbagliato. E per questo bisogna parlarne, fin da ora. Perche' l'anno del covid ha consegnato all'Occidente e all'Italia due emergenze visibili, ferite pulsanti e sanguinose, ma anche un'emorragia nascosta e potenzialmente letale. La prima e' l'emergenza sanitaria, i nostri quasi 35.00 morti, un bilancio spaventoso in tempo di pace, cui si devono aggiungere i costi altissimi pagati dal servizio sanitario nazionale e l'onda d'urto sui pazienti delle altre patologie che nessun conteggio e' riuscito finora a misurare. La seconda si chiama emergenza economica, in cui siamo completamente immersi: il blocco dei consumi, il commercio che non riparte, le imprese costrette a chiudere, i lavoratori in cassa integrazione e in mobilita', l'allarme sociale in vista di un autunno carico di incognite.
La terza emergenza e' meno evidente ma altrettanto pericolosa. Riguarda lo stato delle nostre istituzioni e della nostra democrazia, l'aria che stiamo respirando. Asfittica e intasata dai veleni. Proviamo ad elencare. Il potere legislativo e' percorso da un senso di inutilita'. Se il Parlamento avesse davvero smesso di lavorare in questi mesi, come si e' voluto far credere, in pochi se ne sarebbero comunque accorti. Alla Camera e al senato si muovono le anime morte, i fantasmi dei legislatori senza piu' il corpo che era assicurato dal consenso popolare: anni di liste bloccate, parlamentari scelti dai capipartito nella cerchia degli amici o dei compagni di classe o dalla piattaforma Rousseau hanno eliminato alla radice l'idea della rappresentanza. Resta in piedi il potere esecutivo, il governo presieduto dall'avvocato Giuseppe Conte: piu' che decidere appare, piu' che guidare e' ossessionato dall'esigenza di dare l'impressione di farlo. Piu' che affrontare le questioni le contempla e soprattutto contempla se stesso nel ruolo di colui che ascolta e che decide.
Infine, l'ordine giudiziario e' chiamato ad affrontare una delle crisi piu' gravi della storia repubblicana. L'inchiesta della Procura di Perugia sul giudice Luca Palamara ha dato il colpo finale e ha delegittimato completamente agli occhi dei cittadini l'imparzialita' e l'autorevolezza della magistratura e dell'organo di autogoverno, il Csm. "Modestia etica", l'ha definita il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in contrasto con l'esempio luminoso dei servitori dello Stato caduti vittime del terrorismo e della criminalita' mafiosa negli scorsi decenni. Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Guido Galli, Mario Amato, Gaetano Costa, Rosario Livatino. Ripetiamoli questi nomi, impariamoli a memoria. E paragoniamoli a quelli dei mediocri faccendieri con la toga, la P2 piccola piccola quella che ruotava attorno a Palamara e che condizionava gli incarichi nelle procure, la manutenzione di carriere insignificanti nelle mani di traffichini che amministrano la giustizia. Certo, Palamara non era solo ad agire, era lo specchio di un sistema. Ma questo non fa che sottolineare la fine di un'illusione pericolosa, che i magistrati fossero un'elite scelta per moralizzare il Paese. Anche in questo: una lunga caduta.
Conclusione: la crisi post-covid richiede piu' politica e quindi, in forme del tutto nuove rispetto al Novecento, piu' Stato. In tutto l'Occidente le istituzioni sono messe alla prova: negli Stati Uniti che vanno al voto, nella Francia presidenziale e nell'Inghilterra post-brexit, nella Germania della grande coalizione e nella Spagna della coalizione inedita socialisti-Podemos. In tutto l'Occidente, di fronte alle crisi globali, la risposta va nella direzione di un rafforzamento delle istituzioni.
Solo in Italia lo Stato e' uscito smantellato, pezzo a pezzo. Nel 1970 la nascita delle Regioni rappresento' la speranza di un maggior equilibrio tra i territori e lo Stato centrale, le riforme degli ultimi vent'anni hanno distrutto l'equilibrio e aumentato il diritto di veto di ogni singolo presidente di giunta regionale, quelli che si fanno chiamare governatori, all'americana. Le riforme costituzionali che hanno toccato i poteri del Parlamento, respinte dai cittadini nel 2006 (la riforma Berlusconi) e nel 2016 (la riforma Renzi), sono servite a certificare un processo di svuotamento.
In un clima culturale che lo storico Paolo Prodi descrisse cosi' in uno dei suoi ultimi libri, "Il tramonto della rivoluzione": "Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un rovesciamento semantico per cui con rivoluzione si intende in realta' il suo contrario, la distruzione di ogni progetto, di ogni sviluppo coerente di visione del futuro. Nella nostra piccola Italia abbiamo addirittura un presidente del Consiglio che proclama di voler fare la rivoluzione utilizzando istituzioni che per loro natura sono preposte alla conservazione delle strutture, senza pensare che il loro abbattimento non porta alla costruzione di nuove realta' ma semplicemente al collasso dell'esistente".
Ogni riforma istituzionale, nel clima di emergenza che e' conseguenza dell'emergenza sanitaria ed economica, dovrebbe darsi un unico obiettivo. Restituire piu' prestigio, piu' autorevolezza, piu' peso alle istituzioni dello Stato e alle donne e agli uomini che provvisoriamente le incarnano. Invece, succede il contrario. Il Parlamento gia' estenuato è alla vigilia di un referendum che mira a sgretolare un altro pezzo di quel poco di prestigio che ancora rimane alle Camere. C'e' da dire che gli inquilini di Montecitorio e di Palazzo Madama hanno fatto di tutto per meritarsi questo risultato. Decenni di corruzione e impunita'. Risorse divorate. Seguiti dall'avvento dei politici improvvisati, tanto incapaci quanto arroganti. Per questo appare assurdo, grottesco il referendum per cui i cittadini sono chiamati a tagliare il numero de parlamentari. Perche' in questo momento servirebbe l'opposto, un di piu' di politica, di rappresentanza, di Stato, anche quando i rappresentanti sono in gran parte clamorosamente inadeguati a ricoprire questo ruolo. Una ragione in piu' per chiedere migliori meccanismi di selezione della classe dirigente. Quella che si forma in mezzo alla societa', nelle cose della vita, come successe un anno fa al sindaco Emanuele Crestini. Fu l'ultimo ad abbandonare l'edificio del comune di Rocca di Papa, alle porte di Roma, invaso da una fuga di gas. L'ultimo a lasciare la nave, mettendo in salvo tutti gli altri, perche' i capitani, gli uomini e le donne delle istituzioni fanno cosi'. Per questo semplice atto di civismo Crestini ci ha rimesso la vita, c'era una piccola folla distanziata a ricordarlo il 23 giugno, in prima fila la figlia Maria Regina con una bambola. Nel giardini di Mondo Migliore, l'edificio tutto marmi che negli anni cinquanta del Novecento doveva costituire l'avamposto della riconquista cattolica della societa' voluto da papa Pio XII e che oggi invece ospita le famiglie dei migranti, compresi i profughi arrivati sulla nave Diciotti, i bambini di religione musulmana, quasi trecento persone di diversa nazionalita', ha detto il presidente della cooperativa Auxilium Angelo Chiarato che li accoglie. C'era il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ecco un uomo delle istituzioni e della politica rimasto in ascolto della societa' civile, a esprimere l'idea di ricucitura tra Stato e societa', tra le istituzioni e quella parte di cittadini che si sentono lasciati soli, ma che in questi anni sono stati imbrogliati, ingannati dalla prospettiva che bastasse rovesciare chi stava in alto per risolvere ogni problema.
Oggi in alto ci sono loro, gli stessi che invocavano le forbici contro la casta. Il Pd ha sempre detto di puntare tutto sulla nobilta' della politica, ma in questo passaggio si sente obbligato a tenere in piedi una maggioranza di governo con M5S che non e' mai diventata una vera alleanza politica. E cosi' vengono traditi elettori, militanti, amministratori. I tre capi del centrodestra Salvini, Meloni e Berlusconi sono incapaci di impopolarita', un punto perso nei sondaggi e' una tragedia, in questo sono allineati con i 5 stelle.
Resta la possibilita' di mobilitare una societa' civile che non si fa prendere in giro. Serve un NO al taglio dei parlamentari non per difendere l'indifendibile: il Parlamento va protetto anche dai suoi inquilini, attuali e passati, perche', altrimenti, di gioco in gioco, viene giu' la democrazia. Un NO per svelare il trucco dell'antipolitica che si e' fatta occupazione del potere, con i suoi cortigiani e con la protezione dei suoi fogli di riferimento, ma che vuol tenere viva la radice originaria tagliando un pezzo delle assemblee rappresentative. Il rammendo e' l'opposto delle forbici. Per questo serve il no. Per ricucire.

5. DOCUMENTAZIONE. GIANNI CUPERLO: VOTO NO PER DIFENDERE LA COSTITUZIONE
[Dal sito del settimanale "L'Espresso" riprendiamo questo intervento del 6 agosto 2020 dal titolo "Voto no per difendere la Costituzione" e il sommario "Senza una nuova legge elettorale la rappresentanza sara' stravolta. L'esponente Pd motiva la sua scelta"]

La domanda e' relativamente semplice: si puo' stravolgere l'equilibrio della rappresentanza per evitare alle destre di conquistare Palazzo Chigi? Se vogliamo andare al merito e' giusto riconoscere che di questo stiamo parlando, di un taglio dei deputati e senatori operato con le cesoie senza un ridisegno del bicameralismo e motivato, come in anni passati e' accaduto anche a sinistra, con la propaganda sui costi della politica. Intendiamoci, costi spesso scandalosi, ma figli di gestioni opache o peggio, vedasi da ultimo la parabola sui 49 milioni rateizzati alla Lega.
A questo metodo e modo di ragionare il Pd per tre volte si e' opposto votando contro la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari avanzata a inizio legislatura dai 5 Stelle. Peraltro con ottime ragioni, spiegando che la democrazia non e' mai solamente un prezzo mentre se la logica si riduce allo spendere meno ci sara' sempre qualcuno in grado di proporre un risparmio piu' drastico.
Poi e' arrivato il Papeete, l'estate dove Salvini si e' espulso da solo e noi del Pd siamo tornati al governo un anno dopo la peggiore sconfitta di sempre anticipata da un referendum malamente condotto e peggio ancora perduto.
Al tempo l'argomento decisivo e' stata la tenuta dell'ordinamento democratico. Secondo molti andare alle urne avrebbe consegnato il paese a una destra reazionaria accreditata per la prima volta di numeri in grado di cucirsi addosso una Costituzione a misura. Un incubo.
Si e' scelta cosi' la via della difesa della democrazia e il 5 settembre un altro esecutivo giurava nelle mani del capo dello Stato. L'accordo muoveva da una premessa giudicata dai 5 Stelle pregiudiziale al resto, il varo della riforma costituzionale. In altre parole, senza quel presupposto ogni ipotesi di alleanza si spegneva prima di nascere. Da li', con una scelta di responsabilita', il nostro disco verde a un cambio di posizione espresso nel quarto passaggio parlamentare della riforma.
Domanda legittima, se avessimo tenuto il punto avremmo precipitato davvero il paese al voto? Difficile dare una risposta, forse anche no e puo' darsi che i toni alti di quei giorni fossero figli delle tensioni interne al movimento grillino. Resta che le cose hanno preso la piega che sappiamo, e aggiungo meno male alla luce di quanto e' avvenuto dopo, nei mesi angoscianti della pandemia. Non voglio immaginare quale consuntivo avremmo commentato se al posto del governo di adesso vi fossero stati gli epigoni di Johnson, Trump e Bolsonaro.
La scelta, dunque, fu di cambiare posizione sul taglio di 345 parlamentari. Confesso che all'epoca nutrivo dei dubbi, non tanto e solo per la linea seguita in precedenza, ma perche' ritenevo che l'esperienza ci avesse ammonito sul bisogno di affrontare le riforme costituzionali con un di piu' di sensibilita' alle ricadute che soluzioni parziali o sbrigative possono determinare. Come si dice, "scagli la prima pietra" chi in questo errore non e' incorso, ma tanto piu' pensavo doveroso accompagnare il dialogo coi 5 Selle a una chiarezza sul ventaglio di misure tese a garantire quell'equilibrio a tutela della rappresentanza che sino li' avevamo denunciato come assente.
In tal senso consideravo rilevanti aspetti che anticipavano persino la questione poi divenuta centrale della legge elettorale. Per dire, veniva da li' l'annuncio di altre due riforme costituzionali con l'abbassamento a 25 anni dell'elettorato passivo e a 18 di quello attivo per il Senato; il superamento della base regionale per l'elezione dello stesso; la riduzione da 3 a 2 dei delegati regionali tra i grandi elettori per il Quirinale. Aggiungo che si indicava come necessaria la modifica dei regolamenti parlamentari dal momento che diversi articoli fanno riferimento ai quorum previsti, a composizione di organi specifici e funzionamento dei lavori, alla verifica del numero legale sino alla richiesta di voto segreto e deposito delle mozioni.
A questi elementi si sommava ovviamente l'impegno per una nuova legge elettorale a tutela di interi territori altrimenti orfani di una propria rappresentanza e a garanzia che un parlamento ridotto nelle dimensioni non finisse con l'essere "nominato" da un gruppo di capi corrente e partito.
Come vogliamo definirle? Questioni marginali se rapportate al risparmio di 57 milioni l'anno, meno della famosa tazzina di caffe' per italiano? Direi tutt'altro e lo si capisce meglio ascoltando quel video rimbalzato spesso sui social dove Mino Martinazzoli descrive l'omaggio di un biglietto per l'Incompiuta di Schubert offerto da un manager al suo capo del personale. La mattina dopo, chiesto di un commento, il funzionario redige una nota dove spiega come per considerevoli periodi i quattro oboe risultino inutilizzati e dunque si potrebbero dimezzare, aggiunge che due violini suonano le medesime note quindi l'organico si dovrebbe ridurre, per altro pare inutile che gli ottoni ripetano suoni gia' eseguiti dagli archi. La conclusione era che se il compositore avesse seguito tali indicazioni non solo i costi di gestione sarebbero risultati contenuti, ma avrebbe finito l'opera senza lasciare la commessa a meta'. Naturalmente il saggio Martinazzoli si augurava di poter ascoltare ancora a lungo l'Incompiuta per come Schubert l'aveva concepita e composta.
Cosa c'entra con noi? C'entra nel senso che nessuno degli impegni sottoscritti un anno fa e' stato sinora mantenuto, il che rende assai rischioso quel taglio con le cesoie: un po' come dimezzare orchestra e spartiti della sinfonia.
Salvo controindicazioni della Consulta voteremo il 20 settembre, un secolo e mezzo dopo Porta Pia, data simbolo dell'avvenuta unificazione. Se volete, legge del contrappasso, nel senso che cancellare un terzo della rappresentanza parlamentare senza i contrappesi dovuti suona come successo della divisione o disunita'. Con l'aggravante di percentuali destinate a mutare il rapporto, almeno numerico: oggi per eleggere un deputato servono 96mila cittadini, dopo la riforma ce ne vorrebbero 151mila, il piu' basso livello di rappresentanza politica in rapporto alla popolazione dell'intera Unione Europea.
Il punto e' che ogni seria riforma dovrebbe arricchire il prestigio delle istituzioni, purtroppo a oggi l'impianto di questa riforma rischia di muovere in direzione opposta. Ecco perche' le ragioni che un anno fa rendevano giustificato l'atto di responsabilita' del Pd oggi paiono seriamente indebolite, e non per inadempienze nostre.
Senza aver completato gli altri passaggi costituzionali, senza aver ragionato sui futuri regolamenti, senza una nuova legge elettorale, i pericoli per l'equilibrio di poteri e rappresentanza sono superiori ai benefici promessi a parole.
Volendo essere piu' espliciti, temo che una pulsione antipolitica rischia una volta in piu' di prevalere mentre l'arte del rammendo e' l'opposto delle forbici, vale per il territorio e vale per la democrazia. Oggi, dunque, si tratta di impedire che la rappresentanza possa finire soppiantata dalla rappresentazione, tanto piu' dopo la tragedia della pandemia e il messaggio giunto con chiarezza sul bisogno di una revisione del Titolo V nel rapporto tra Stato centrale, Regioni e Comuni, almeno se vogliamo evitare in futuro i limiti emersi in questi mesi drammatici. Forse, nelle condizioni date, la vera emergenza da affrontare.
Dicono esponenti di punta dei 5 Stelle che la scelta del No romperebbe gli accordi, sancirebbe la fine dell'esperienza di governo e forse della legislatura. Sugli accordi penso di aver detto. Quanto all'ipotesi che cada il governo, vorrei rassicurare nei limiti del possibile: sono dell'idea che non accadrebbe. Se una riforma gestita con scarsa lungimiranza venisse bloccata credo che quanti oggi sono al governo o siedono in Parlamento sentirebbero ancor di piu' la responsabilita' di proseguire quell'azione che in questi mesi ha garantito la tenuta dell'Italia sui versanti piu' drammatici, quello sanitario e sociale.
E allora, senza drammi, il 20 settembre ognuno scegliera' in piena coscienza e liberta'. Per quanto mi riguarda e' cio' che faro' esprimendo un voto a difesa della Costituzione, di una corretta rappresentanza, di una buona politica.

6. DOCUMENTAZIONE. MARIO TRONTI: VOTARE NO AL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI E' UNA OBBLIGAZIONE POLITICA
[Dal sito del settimanale "L'Espresso" riprendiamo questo intervento del 18 agosto 2020 dal titolo "Votare no al referendum sul taglio dei parlamentari e' una obbligazione politica" e il sommario "Non c'e' alcun serio motivo per adottare una cosi' rilevante modifica costituzionale, proprio adesso e al di fuori di qualsiasi disegno di riforme istituzionali. L'analisi del filosofo"]

Una premessa secca e qualche domanda impertinente. Votare no in questo referendum sul taglio dei parlamentari e' una obbligazione politica. Non e' stato un bello spettacolo vedere quasi per intero un Parlamento del tutto subalterno a un'opinione corrente, solo perche' molto diffusa. Non c'era alcun serio motivo per adottare una cosi' rilevante modifica costituzionale, proprio adesso e al di fuori di qualsiasi disegno di riforme istituzionali. Invece di appuntare quest'altra medaglia sull'abitino ormai gia' consunto dei grillini, invece di uno stentato accordo sulla legge elettorale, sapendo che le leggi elettorali vanno e vengono, mentre le modifiche costituzionali restano, non sarebbe stato meglio tirar fuori il coraggio per un definitivo no, lanciando una grande campagna di chiarificazione nel Paese su che cos'e' realmente politica e antipolitica, che cos'e' chiacchiera populista e responsabilita' di governo, che cosa sono necessita' e urgenza, qui, adesso? Quest'ultima giravolta del Pd e' veramente imperdonabile.
E allora colgo l'occasione per richiamare un tema di fondo, che s'impone dopo questo anno da dimenticare. Il realismo politico nella contingenza va praticato a una certa altezza, al servizio di un progetto strategico. Non si puo' spendere a basso prezzo al mercatino dell'usato, maggioranze di governo con chi ci sta, chiunque esso sia, connubi trasformisti con improbabili alleati, affido per leadership di governo, e chissa' per che cos'altro, a personaggi improvvisati e sprovveduti. Questo e' pragmatismo e il pragmatismo diventa opportunismo e l'opportunismo subalternita'. Nulla di cui c'e' bisogno.
Non e' vero che c'e' una maggioranza di destra nel Paese. Sfatiamola questa leggenda. C'e' una maggioranza di persone che ha subito, nel corso degli ultimi decenni un mirato disegno di delegittimazione della politica, della sfera pubblica, del sistema parlamentare. Disegno mirato, perche' calato dall'alto, da potentati privati, da potenze mediatiche, da poteri divisi dello Stato. E disegno subito, perche' non contrastato dalle forze politiche legittimate a farlo e utilizzato da movimenti antipolitici che ne hanno tratto lucroso vantaggio di consenso. E' questo il disegno che va rovesciato. C'e' piuttosto un potenziale di massa a contestazione dello stato di cose esistente, quella rabbia e quel rancore di cui tanto si e' parlato, che e' come un treno che ha deragliato e che va rimesso sul proprio binario. Vanno riconosciute tutte quelle ragioni per dare a esse un diverso indirizzo: con un progetto alternativo e una forte volonta' di lotta per realizzarlo.
L'esempio lampante e' in questo referendum. Si prevede che molti cittadini – facciamo in modo che non siano moltissimi! – diranno si' al quesito, mossi dalla convinta intenzione di colpire alcuni privilegi. Non era il caso di andare una buona volta a sporcarsi i vestiti della domenica di governo scendendo nelle diffuse periferie del Paese – perché da li' verranno i si' – a spiegare che quei privilegi vanno certo corretti ma, attenzione, non derivano da questo i mali che vi affliggono e che ben altri consistenti e decidenti interessi sono alla radice del vostro essere disagiati, emarginati, dimenticati, in una parola del vostro malvivere? Ma che cosa deve fare un partito se non dirigere, convincere, orientare, organizzare? Sono queste elementari capacita' politiche che si sono perdute. Oggi i partiti non sono piu' forze politiche in giusta sintonia con i movimenti di opinione. Sono debolezze impolitiche ridotte a movimenti di opinione. Ne pagano il prezzo il buon funzionamento del sistema istituzionale e il buon funzionamento del conflitto sociale. Perche', si deve sapere, che senza l'uno e senza l'altro non c'e', non ci sara', sviluppo per tutti.
Da ultimo. Si e' soliti elevare inni di ringraziamento alla nostra Costituzione. C'e' da chiedersi che cosa direbbero i Padri costituenti davanti a questo pasticcio combinato dalle cosiddette Repubbliche che sono seguite a quella da loro cosi' bene pensata e realizzata.

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NO ALL'ANTIPARLAMENTARISMO, NO AL FASCISMO, NO ALLA BARBARIE
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum del 20-21 settembre votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 8 del 21 agosto 2020
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