[Nonviolenza] Telegrammi. 3838
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 3838
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Thu, 20 Aug 2020 20:01:38 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3838 del 21 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. La strage nel Mediterraneo
2. Aperta a Viterbo la campagna per il "NO" al referendum
3. Paolo Finzi: Insuscettibili di ravvedimento (2010)
4. Paolo Finzi: I cavalieri erranti (2010)
5. Paolo Finzi: Coatti e baldi (2010)
6. Paolo Finzi: Spagna 1936 (2010)
7. Paolo Finzi: Anarchici a Carrara (2010)
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
1. L'ORA. LA STRAGE NEL MEDITERRANEO
Continua continua la strage
degli innocenti nel Mediterraneo.
I governi europei
ne sono gli assassini.
2. INIZATIVE. APERTA A VITERBO LA CAMPAGNA PER IL "NO" AL REFERENDUM
La mattina di giovedi' 20 agosto, ad un mese dal voto nel referendum costituzionale del 20-21 settembre 2020, si e' aperta a Viterbo la campagna per il "NO" per iniziativa del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera".
Presso la sede della struttura nonviolenta viterbese si e' tenuto un incontro di riflessione ed organizzazione.
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Un minuto di silenzio
L'incontro si e' aperto con un minuto di silenzio per le vittime della strage degli innocenti nel Mediterraneo.
Ancora una volta e' stato ricordato che occorre riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e' l'unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani.
Ancora una volta e' stato ricordato che occorre abolire la schiavitu' e l'apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto": un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia.
Ancora una volta e' stato ricordato che occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
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Difendere la democrazia e i diritti umani
Il responsabile della struttura nonviolenta, Peppe Sini, ha poi illustrato l'appello "No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese".
Come gia' nel referendum del 2016 ci opponiamo allo scellerato intento di nuovamente colpire, ancor piu' indebolire e rendere ancor meno rappresentativa l'istituzione parlamentare; il fine di tale aggressione e' evidente: incrementare il potere dell'esecutivo che ormai da decenni e negli ultimi anni in modo sempre piu' forsennato usurpa i poteri dell'organo legislativo, facendo saltare la separazione e l'equilibrio dei poteri al fine di una svolta autoritaria che farebbe definitivamente strame della democrazia e dello stato di diritto.
Non e' casuale che forze politiche che hanno imposto e poi mantenuto sciagurate antileggi hitleriane, razziste e incostituzionali, mirino ad affossare un'articolazione decisiva dell'ordinamento democratico.
A questo osceno disegno golpista occorre opporre un fermo "NO" nel voto referendario del 20-21 settembre.
Come gia' nel referendum del 2016 ci opponiamo a chi disprezza e viola i diritti umani, gli istituti della democrazia, il concetto stesso di stato di diritto, la Costituzione della Repubblica.
Il parlamento non puo' essere ridotto a zimbello di poteri autoritari senza regole e senza controlli; la rappresentanza democratica della popolazione non puo' essere sacrificata ai deliri di cordate di potere esperte nella manipolazione pubblicitaria e caratterizzate da arrogante irresponsabilita', da ebbra protervia, da razzismo e anomia.
A questo osceno disegno golpista occorre opporre un fermo "NO" nel voto referendario del 20-21 settembre.
Noi crediamo che occorra difendere la democrazia, difendere la Costituzione, difendere lo stato di diritto e i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Per queste ragioni votiamo "NO" al referendum del 20-21 settembre.
Votiamo "NO" nel merito del quesito referendario che mutila il parlamento.
Votiamo "NO" contro il disegno autoritario e golpista di un coacervo di forze politiche ed antipolitiche che hanno gia' dato flagrante prova di razzismo ed illegalita'; che hanno gia' dato flagrante prova di abominevole violenza contro esseri umani innocenti, inermi e in pericolo di morte; che hanno gia' dato flagrante prova di improntitudine, insipienza e proterva irresponsabilita' nella tragica vicenda dell'epidemia tuttora in corso contribuendo con i loro sciagurati, enormi ritardi ed errori a far morire decine di migliaia di esseri umani che potevano essere salvati. Noi non dimentichiamo le vittime innocenti.
Votiamo "NO" contro il fascismo che torna.
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Il testo dell'appello
Di seguito il testo integrale dell'appello della struttura nonviolenta viterbese per il "NO" al referendum.
"No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza".
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Una pubblicazione quotidiana ed ulteriori iniziative
La struttura nonviolenta viterbese di qui al voto referendario pubblichera' ogni giorno un supplemento al notiziario telematico "La nonviolenza e' in cammino" dedicato all'informazione, alla documentazione e alla riflessione sul referendum. Tale foglio quotidiano avra' per testata "No all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie". E' possibile leggerlo nel sito www.peacelink.it e riceverlo gratuitamente per e-mail.
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si impegnera' inoltre a promuovere incontri di informazione, documentazione e riflessione in citta' e in provincia.
3. MEMORIA. PAOLO FINZI: INSUSCETTIBILI DI RAVVEDIMENTO (2010)
[Da "A. Rivista anarchica" n. 357 del novembre 2010, nel dossier "Gli Anarchici contro il fascismo", con il titolo "Insuscettibili di ravvedimento" e il sommario "L'opposizione degli anarchici al fascismo e' stata istintiva e immediata fin dal primo manifestarsi dei fasci di combattimento. La controversa esperienza degli Arditi del Popolo. Il confino, le carceri, l'esilio, la partecipazione alla rivoluzione spagnola del '36, la Resistenza armata contro i nazifascisti: queste le tappe principali dell'impegno antifascista libertario. I rapporti con le altre componenti dell'antifascismo organizzato"]
Nel '20 gli anarchici in Italia erano una forza rivoluzionaria con cui si dovevano fare i conti, una forza con cui dovevano fare i conti padroni, governo e fascisti. Essi avevano un quotidiano, "Umanita' Nova", che tirava cinquantamila copie e numerosi periodici. L'USI, il sindacato rivoluzionario influenzato dagli anarchici (segretario ne era l'anarchico Armando Borghi), contava centinaia di migliaia di iscritti.
Dopo il fallimento dell'occupazione delle fabbriche, gli anarchici, riconoscendo nel fascismo la "controrivoluzione preventiva" (come la defini' bene Luigi Fabbri) con cui i padroni avrebbero cercato di impedire il ripetersi di una situazione prerivoluzionaria, gettarono tutte le loro energie nella mischia contro il giovane ma gia' robusto figlio del capitalismo. La volonta' ed il coraggio degli anarchici non poteva pero' bastare di fronte allo squadrismo, potentemente dotato di mezzi e di armi e spalleggiato dagli organi repressivi dello stato.
Tanto piu' che anarchici ed anarcosindacalisti erano presenti in modo determinante solo in alcune localita' ed in alcuni settori produttivi.
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Politica disfattista
Purtroppo la politica disfattista del Partito Socialista e della CGL che gia' aveva ostacolato lo sviluppo rivoluzionario e dunque contribuito al fallimento dell'occupazione delle fabbriche, semino' confusione ed incertezza nel movimento operaio in un momento che gia' era per molti aspetti di riflusso delle lotte. E questo proprio di fronte al moltiplicarsi ed aggravarsi delle violenze fasciste, soprattutto dopo il '21.
Ovunque in Italia le squadracce di Mussolini assaltavano le sedi politiche, le redazioni, i militanti piu' attivi, tutto quanto "puzzasse" di "sovversivo". Lo stato liberale fu diretto complice sia delle attivita' criminali sia dell'intera strategia politica del fascismo nella comune lotta contro la combattivita' dei lavoratori.
Pur essendo essi stessi vittime delle violenze squadriste, i socialisti si limitarono a denunciare le "illegalita'" fasciste, senza dedicare tutte le loro energie alla lotta popolare rivoluzionaria contro il terrorismo padronale. Non solo, ma il PSI giunse al punto di stipulare con i fascisti un Patto di Pacificazione (agosto 1921) che contribui' a disarmare il movimento operaio sia psicologicamente sia materialmente, nel momento stesso in cui si intensificavano le violenze squadriste (che continuarono a crescere... in barba al patto!).
Quello che ci interessa sottolineare e' che, mentre i vertici politici e sindacali invitavano alla "calma" e alla non violenza, furono gli stessi lavoratori, organizzatisi autonomamente, a dare alcune storiche lezioni ai fascisti. Le insurrezioni di Sarzana (luglio '21) e di Parma (agosto '22) sono due esempi della validita' della linea politica sostenuta dagli anarchici, allora, sulla stampa e nelle lotte: contro il disfattismo delle burocrazie politico-sindacali, gli anarchici sostenevano infatti l'urgente necessita' di battere con la lotta il movimento fascista, stimolando la combattivita' dei lavoratori.
Coerentemente con questo programma gli anarchici si batterono sino in fondo senza quei tentennamenti e quella ricerca di compromessi che caratterizzarono l'attivita' dei socialisti. Significativa al riguardo la differente posizione assunta da socialisti e comunisti da una parte ed anarchici dall'altra, di fronte al movimento degli Arditi del Popolo.
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Gli Arditi del popolo
Questo movimento, sorto nel 1920 per iniziativa di elementi eterogenei, si sviluppo' rapidamente assumendo caratteristiche marcatamente antifasciste ed antiborghesi, e fu caratterizzato da un marcato decentramento autonomo delle organizzazioni locali. Gli Arditi del Popolo assunsero quindi colorazioni politiche talvolta differenti da un posto all'altro, ma sempre li accomuno' la coscienza della necessita' di organizzare il popolo per resistere violentemente alla violenza delle camicie nere. Gli anarchici aderirono entusiasticamente alle formazioni degli Arditi e spesso ne furono i promotori individualmente o collettivamente; per restare ai due episodi gia' accennati basti pensare che in maggioranza anarchici furono i difensori di Sarzana e che a Parma, fra le famose barricate erette per resistere agli assalti delle squadracce di Balbo e Farinacci, ve n'era una tenuta dagli anarchici.
Completamente diverso fu l'atteggiamento sia dei socialisti sia dei comunisti (questi ultimi costituitisi in partito nel gennaio 1921). Nonostante la vasta e spontanea adesione di molti loro militanti agli Arditi del Popolo, entrambe le burocrazie partitiche presero le distanze e cercarono di sabotare lo sviluppo di quel movimento. Gli organi centrali del neonato PCd'I giunsero al punto di imporre ai propri iscritti di evitare qualsiasi contatto con gli Arditi, contro i quali fu imbastita anche una campagna di stampa a base di falsita' e di calunnie. Intervistato negli anni settanta alla televisione il comunista Umberto Terracini cercava ancora di giustificare quella scelta politica. E ancora oggi noi, come gia' ottant'anni fa i nostri compagni, vediamo proprio in quella scelta un esempio tipico della volonta' comunista di subordinare la lotta antifascista alla coincidenza con le proprie mire di egemonia sul movimento operaio. E' evidente che questa dura critica alla politica dei vertici dei partiti di sinistra di fronte alle violenze fasciste non coinvolge i militanti di base, che – anche se su posizioni da noi molto differenti – dettero il loro contributo di lotta e di sangue alla lotta contro il fascismo.
Il disfattismo socialista ed il settarismo comunista resero impossibile una opposizione armata generalizzata e percio' efficace al fascismo ed i singoli episodi di resistenza popolare non poterono unificarsi in una strategia vincente.
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Il confino e l'esilio
Gli anarchici che, in prima fila nella resistenza al fascismo, si erano esposti generosamente senza calcoli personali o di partito, subirono piu' duramente degli altri antifascisti (in proporzione alle forze) le violenze squadriste prima e quelle legali poi. All'incendio delle sedi anarchiche e delle sezioni USI, alle devastazioni di tipografie e redazioni, agli ammazzamenti, seguirono i sequestri, gli arresti, il confino... Ai superstiti, perseguitati, disoccupati, provocati, spiati, non restava che la via dell'esilio. Si puo' dire che nel ventennio fascista ben pochi militanti anarchici (esclusi gli incarcerati ed i confinati) rimasero in Italia e quei pochi guardati a vista ed impossibilitati per lo piu' anche a svolgere attivita' clandestina.
Continuano singoli episodi di ribellione a testimoniare, nonostante tutto, l'indomabilita' dello spirito libertario. Bastano alcuni esempi.
Il 21 ottobre 1928, l'anarchico Pasquale Bulzamini, a Viareggio, mentre rincasa, viene aggredito da un gruppo di fascisti e ferocemente bastonato. In un caffe', aveva poco prima, deplorato la fucilazione dell'antifascista Della Maggiora. Muore tre giorni dopo, all'ospedale.
Il 7 ottobre 1930, il compagno Giovanni Covolcoli spara contro il Podesta' e il segretario del suo paese – Villasanta (Milano) – che lo hanno a lungo perseguitato fino a farlo internare nel manicomio. Riconosciuto sano di mente e rilasciato in liberta', ha voluto vendicarsi contro i suoi tenaci persecutori.
Nell'aprile del 1931, a La Spezia, il giovane anarchico Doro Raspolini spara alcuni colpi di rivoltella contro l'industriale fascista De Biasi per vendicarsi contro uno dei maggiori responsabili dell'assassinio di suo padre, Dante, attivo anarchico, massacrato nel 1921 a Sarzana colpito da innumerevoli revolverate e da dodici colpi di pugnale e quindi – legato ancor prima che morisse ad un'automobile – cosi' trascinato per diversi chilometri). Doro Raspolini muore nelle carceri di Sarzana in conseguenza delle sofferenze e torture inflittegli dai fascisti.
Il 16 aprile 1931, i compagni Schicchi, Renda e Gramignano vengono condannati dal Tribunale Speciale, a Roma, rispettivamente ad anni 10, 8 e 6 di reclusione. Erano imputati di essere rientrati dall'estero per svolgere attivita' contro il fascismo.
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La Resistenza
Il '43 vede dunque gli anarchici della generazione prefascista sparsi tra esilio, confino e galere. Poche tracce sono rimaste dell'influenza anarchica ed anarcosindacalista. I pochi militanti liberi dapprima e gli ex confinati poi riprendono con immutato vigore i loro posti di combattimento, chi nella lotta armata, chi nell'organizzazione della resistenza operaia, chi nella propaganda clandestina al nord e semiclandestina al sud nelle zone "liberate" (si fa per dire), dove gli alleati non concedono la liberta' di stampa agli anarchici, preoccupati (giustamente dal loro punto di vista) che la lotta antitedesca ed antifascista potesse diventare rivoluzione sociale.
Per quanto riguarda la partecipazione degli anarchici alla lotta armata partigiana, essa avvenne per lo piu' all'interno di formazioni politicamente miste. Solo in quelle poche localita' in cui la presenza di anarchici e simpatizzanti era nonostante tutto sufficientemente numerosa, i compagni organizzarono formazioni proprie, inquadrate pero' anch'esse, spesso a seconda della situazione locale, nelle divisioni Garibaldi (controllate dai comunisti) Matteotti (socialiste) e Giustizia e Liberta' (espressione dei "liberalsocialisti" del Partito d'Azione).
La mancata autonomia (che quasi sempre, dati i rapporti di forza, significo' dipendenza) dalle formazioni partigiane partitiche fu dovuta non solo alla quasi generale esiguita' numerica del superstite movimento anarchico, ma anche al fatto che gli alleati si rifiutavano (sempre giustamente, dal loro punto di vista) di rifornire di armi e munizioni le formazioni anarchiche.
In questo contesto il valore e spesso l'estremo sacrificio di tanti anarchici furono sfruttati da altre forze politiche e poterono cosi' servire ben poco alla radicalizzazione rivoluzionaria del movimento partigiano. Scarsa risulto' in definitiva l'influenza politica anarchica nella Resistenza, che venne incanalata dai partiti antifascisti (dai liberali ai comunisti) verso quella restaurazione "democratica borghese" che e' ancora oggi sotto i nostri occhi.
4. MEMORIA. PAOLO FINZI: I CAVALIERI ERRANTI (2010)
[Da "A. Rivista anarchica" n. 357 del novembre 2010, nel dossier "Gli Anarchici contro il fascismo", articolo non firmato, con il titolo "I cavalieri erranti" e il sommario "'Abituati' all'esilio, gli anarchici di lingua italiana vissero numerosissimi una vera e propria diaspora, durante il nero ventennio. I piu' si rifugiarono in Francia, ma anche in Usa, Svizzera, Belgio, Inghilterra, ecc. La tragica sorte di quanti cercarono rifugio nella Russia dei soviet e si ritrovarono perseguitati dal regime comunista"]
Primissimo pensiero degli anarchici nell'esilio fu la stampa per continuare anche dall'estero gli attacchi al regime fascista.
Il primo maggio del '23 esce a Parigi "La voce del profugo", ed il 3 giugno il quindicinale "Il profugo".
Cominciarono intanto le provocazioni criminali dei fascisti: il 3 settembre sempre a Parigi il giovane anarchico Mario Castagna viene aggredito da una banda di fascisti e nella colluttazione contro i suoi aggressori ne uccide uno.
Pochi mesi dopo, il 20 febbraio 1924, il giovane anarchico Ernesto Bonomini uccide, in un ristorante di Parigi, con alcuni colpi di rivoltella, il gerarca fascista Nicola Bonservizi, segretario dei fasci all'estero, corrispondente del "Popolo d'Italia" e redattore del giornale fascista di Parigi "L'Italie Nouvelle". Il nostro compagno dichiarera' di aver voluto protestare contro i delitti impuniti dei fascisti e dei loro complici. Verra' condannato ad otto anni di galera. Un altro giornale vedra' la luce il primo maggio, sempre a Parigi, a cura di compagni italiani: "L'Iconoclasta"; inoltre sempre in quell'anno alcuni anarchici danno vita ad un giornale clandestino intitolato "Compagno, ascolta!" dove vengono date indicazioni per una lotta energica e spietata, nell'eventualita' di una insurrezione in Italia.
Dopo pochi giorni dal delitto Matteotti si costituisce a Parigi un comitato animato dagli anarchici e che dara' vita in seguito ad un altro giornale dal titolo "Campane a stormo", la cui redazione verra' affidata al compagno Alberto Meschi. Per il delitto Matteotti gli anarchici italiani in Francia danno inizio anche ad una campagna nazionale generale che culmina nella distribuzione di migliaia e migliaia di volantini in cui venivano denunciati i crimini dei fasci (luglio 1924).
Durante l'anno 1925 gli anarchici italiani continuano la loro attivita' antifascista, mentre prosegue la pubblicazione di giornali e riviste; bastera' qui ricordare "La tempra" e "Il monito".
In questi anni le persecuzioni, le privazioni di ogni genere, le piu' vili angherie nei confronti degli anarchici continuano da parte di agenti fascisti in Francia.
Comunque essi non piegarono. Proprio in quei giorni (11 ottobre 1927) Luigi Fabbri, insegnante, dopo essersi rifiutato di prestare giuramento al fascismo ed essere riuscito a rifugiarsi in Francia, pubblica a Parigi, con Berneri e Gobbi, il giornale "Lotta umana".
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Via individuale
Continuano intanto le persecuzioni e gli arresti e le espulsioni. Nel marzo del 1928 a Parigi viene arrestato il compagno Pietro Bruzzi; altri due compagni, Carlotti e Centrone (che morira' valorosamente in Spagna) vengono prima arrestati e dopo espulsi.
La risposta il piu' delle volte e' opera di coraggiosi militanti che agiscono sempre in via individuale. Il 22 agosto a Saint Raphael (Francia) il console, noto fascista, marchese Di Mauro viene fatto segno di un attentato. Pochi mesi dopo novembre, il giovane anarchico Angelo Bartolomei, con un colpo di rivoltella, uccide il prete fascista don Cesare Cavaradossi. Questi, vice console, gli aveva proposto, per evitare l'espulsione dalla Francia, di tradire i compagni e di diventare suo confidente. Il Bartolomei riesce a fuggire da Nancy e a rifugiarsi in Belgio, dove pero' verra' arrestato nel gennaio del 1929.
Anche in altri paesi gli anarchici italiani continuano a subire persecuzioni ed arresti per la loro attivita' antifascista. Nel luglio del 1928 in Belgio l'anarchico Gasperini ricorre allo sciopero della fame per ribellarsi all'estradizione chiesta dal governo italiano (aveva ferito, assieme ad altri compagni, alcuni fascisti nel 1921). Il governo belga concedera' invece l'estradizione del compagno Carlo Locati.
L'espulsione e' una sorte che colpira' moltissimi compagni. Infatti pochi mesi dopo, il 13 agosto, a Liegi, il compagno Gigi Damiani viene prima arrestato e poi espulso (Tunisia). A questa ondata di persecuzioni che vede gli anarchici italiani colpiti sempre in prima fila, il movimento cerca di rispondere come puo'.
Ormai, pero', diventa difficile anche la pura sopravvivenza, per le continue espulsioni che colpiscono chiunque faccia una energica attivita' antifascista: nel gennaio del '29 i compagni Gobbi, Berneri, Fabbri e Fedeli, in seguito alle forti pressioni del governo italiano, vengono arrestati a Parigi e condotti alla frontiera con il Belgio. E' questo l'inizio della odissea di Berneri e di tanti altri compagni. Arrestati in una parte ed espulsi, non resta che cambiar nome e attivita', attraverso la Francia, il Belgio, il Lussemburgo, la Svizzera, sempre braccati e senza posa.
Nel settembre del 1929 a Saarbruecken (Germania) il giovane anarchico Enrico Manzoli (Morano), aggredito da un gruppo di fascisti appartenenti ai "caschi di acciaio", si difende e ne uccide uno. Altri anarchici, pero', cadranno sotto i colpi dei fascisti: nel gennaio del 1930, a Nizza, e' ucciso da un ex carabiniere il compagno Vittorio Diana, a causa del suo intransigente atteggiamento in occasione delle manifestazioni fasciste per l'inaugurazione di un gagliardetto. Pochi mesi prima era morto in seguito ai patimenti e privazioni, presso Parigi, il giovane anarchico Malaspina, braccato senza posa dalle polizie di vari paesi. Era stato imputato di aver lanciato una bomba contro la Casa del fascio di Juan-les-pins. Assolto per insufficienza di prove, era stato in prigione e piu' volte torturato.
Il 1929 vede gli anarchici ancora in prima fila nella lotta al fascismo, anche se tale lotta e' affidata, data la scarsita' pressoche' totale di mezzi, alla sola volonta' e al solo coraggio. Nel giugno del 1929 i compagni raccolti attorno alla redazione della rivista "Lotta Anarchica", fanno arrivare in Italia, clandestinamente, un giornale di piccolo formato e stampato su carta velina.
Si tenta anche di passare all'azione: nell'agosto dello stesso anno l'anarchico Paolo Schicchi (compie in quell'anno 65 anni!) si imbarca dalla Francia e poi in Tunisia per la Sicilia, dove vuole suscitare con il proprio esempio un movimento di ribellione contro il fascismo; ma al suo arrivo a Palermo viene immediatamente arrestato assieme al compagno Gramignano. Vennero condannati rispettivamente a 10 e a 6 anni di galera. Il compagno Renda, anch'egli partecipante all'impresa, venne condannato a 8 anni.
Nel gennaio del 1931 a Parigi si tiene un convegno di anarchici per intensificare la lotta clandestina in Italia, lotta che portera' molti compagni ad essere arrestati e deportati al confino. Questo non impedi' di continuare a spedire materiale in Italia portato da vari compagni. Gli anarchici comunque in quegli anni collaborarono anche con altre formazioni antifasciste, soprattutto con Giustizia e Liberta', senza interrompere la serie di continue azioni individuali.
Anche in America gli anarchici svilupparono una forte attivita' antifascista. Gia' il 16 giugno del '23 il governo fascista premeva su quello americano per far chiudere il foglio anarchico "l'Adunata dei Refrattari". La risposta degli anarchici non si fece attendere: il 24 novembre scoppia una bomba al consolato italiano mandandolo completamente in rovina. Tutto l'anno 1924 segna una serie continua di manifestazioni antifasciste organizzate ed animate dagli anarchici. A Cuba, per esempio, gli anarchici organizzarono uno sciopero generale in occasione dell'arrivo di una nave italiana (27 settembre 1924).
Non si contano le provocazioni fasciste di quegli anni, sebbene il piu' delle volte i fascisti ricevano delle lezioni durissime, come nel caso di una provocazione fascista ad un comizio anarchico (16 agosto 1925) a New York. Certo gli anarchici, sebbene pochi e sempre perseguitati e soprattutto senza nessun appoggio esterno, furono in quegli anni una spina non indifferente per il governo americano. Non passava giorno che alle provocazioni fasciste, appoggiate e protette, certe volte dalle autorita' americane, gli anarchici non rispondessero per le rime. Il '26 e il '27 sono due anni infuocati per il movimento anarchico negli Stati Uniti. Infatti, in quegli anni, alla protesta contro il fascismo, si assomma la protesta contro la criminale condanna a morte di Sacco e Vanzetti.
E' praticamente impossibile enumerare qui tutte le manifestazioni, gli attentati, e gli scontri sia contro le autorita' americane che contro i fascisti. Son gli anni in cui gli anarchici venivano presi molte volte a pistolettate sulla pubblica via, sia da poliziotti americani che da agenti fascisti.
Anche negli anni seguenti, fino al '36, continuarono da parte degli anarchici manifestazioni e attivita' antifasciste che culminarono in arresti e deportazioni in Italia. Molti compagni, come Armando Borghi, vissero lunghi anni clandestinamente, a causa di tali persecuzioni. Altri, sfuggiti miracolosamente a tante peripezie, morirono valorosamente in Spagna, o fatti prigionieri, vennero poi deportati in Italia.
5. MEMORIA. PAOLO FINZI: COATTI E BALDI (2010)
[Da "A. Rivista anarchica" n. 357 del novembre 2010, nel dossier "Gli Anarchici contro il fascismo", firmato con lo pseudonimo Camillo Levi, con il titolo "Coatti e baldi" e il sommario "Nelle varie isole di confino gli anarchici costituirono una vivace comunita', secondi per numero solo ai comunisti"]
L'8 novembre 1926 fu pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" il decreto che istituiva il "Tribunale Speciale per la difesa dello Stato" e le "Commssioni provinciali per l'assegnazione al Confino di Polizia". Ma fin da prima di quel decreto molti anarchici furono relegati su quelle isole sperdute nel Mediterraneo che gia' erano state utilizzate alla fine dell'800 per tenervi raccolti (ed isolati dal mondo esterno) i sovversivi.
Al confino, gli anarchici costituirono sempre un gruppo compatto e battagliero, e seppero combattere la dittatura fascista anche in quelle dure condizioni. Basti pensare alle condanne al carcere subite da 152 confinati politici che nel 1933 organizzarono a Ponza le proteste contro i continui soprusi della direzione della Colonia; numerosi, fra questi condannati, gli anarchici (Failla, Grossuti, Bidoli, Dettori, ecc.). L'anno successivo l'anarchico Messinese, confinato ad Ustica, prese a schiaffi il direttore della Colonia che voleva obbligarlo a fare il saluto romano. La ribellione contro simili soprusi si estese progressivamente ad altre isole, in particolare a Ventotene ed a Tremiti, portando a nuove condanne contro compagni nostri.
Uniti da stretti vincoli di solidarieta', gli anarchici riuscirono a far giungere e circolare clandestinamente fra i compagni alcuni testi anarchici e sostennero nel contempo vivaci polemiche con gli altri confinati. Particolarmente tesi furono sempre i rapporti fra confinati comunisti ed anarchici poiche' i primi, ligi alle direttive politiche provenienti dal Partito e da Mosca, fecero sempre di tutto per ostacolare l'attivita' politica dei libertari. Ad acutizzare questa polemica giunsero, a partire dal 1936, le notizie dal fronte spagnolo, che, seppur senza precisione, riferivano di scontri armati fra anarchici e stalinisti.
Ribelli ad ogni autorita', gli anarchici tennero costantemente un comportamento fiero e deciso, e furono sempre ritenuti i piu' pericolosi e sediziosi dalle autorita' del confino; questa pessima (e meritata) fama presso le alte gerarchie fasciste fu causa di nuove persecuzioni e condanne e spesso dell'allungamento della pena di confino senza neppure una parvenza di processo. Accadde cosi' che alcuni compagni, pur condannati inizialmente a pochi anni, dovettero restare sulle isole fino al 1943, quando, con la caduta del fascismo in luglio, esse furono "smobilitate".
Significativa al riguardo la liquidazione del confino di Ventotene, dove era stato concentrato un numero elevato di anarchici. Quando giunse la notizia della caduta del fascismo i primi ad esser liberati furono i militanti di Giustizia e Liberta', cattolici, repubblicani e testimoni di Geova; per cui in un primo tempo rimasero a Ventotene solo comunisti, socialisti e anarchici. Quando pero' il maresciallo Badoglio chiamo' al governo Roveda per i comunisti e Buozzi per i socialisti, questi pretesero ed ottennero la liberazione dei carcerati comunisti e socialisti, trascurando gli anarchici ed i nazionalisti sloveni. Si ruppe cosi' quel vincolo di solidarieta' che, al di la' delle accese polemiche, aveva pur sempre legato le varie comunita' politiche di confinati di fronte al comune nemico fascista. Nonostante alcuni militanti dei partiti di sinistra cercassero di rifiutarsi di partire per non lasciar soli gli anarchici, il grosso dei confinati se ne ando' libero, noncurante di quelli che erano costretti a restare sull'isola. Gli anarchici, dopo una decina di giorni dalla partenza degli altri, furono trasportati, per nave e poi in treno, fino al campo di concentramento di Renicci d'Anghiari (Arezzo). Durante questo lungo viaggio di trasferimento molti compagni cercarono di fuggire, eludendo la stretta vigilanza di poliziotti e carabinieri, ma solo uno riusci' nel suo intento. Appena giunti nel campo gli anarchici ebbero a scontrarsi con le autorita' e due compagni nostri furono immediatamente segregati in cella; questo diede l'avvio alle proteste ed alla continua agitazione degli anarchici (fra i quali ricordiamo Alfonso Failla, la cui testimonianza riportiamo qui di seguito) che giunsero a scontrarsi violentemente con le forze dell'ordine del campo. Successivamente, comunque, alcuni riuscirono a fuggire ed andarono a costituire le prime bande partigiane delle zone circostanti. Solo nel settembre le guardie se la squagliarono ed i compagni lasciarono il campo, appena prima che arrivassero i tedeschi.
6. MEMORIA. PAOLO FINZI: SPAGNA 1936 (2010)
[Da "A. Rivista anarchica" n. 357 del novembre 2010, nel dossier "Gli Anarchici contro il fascismo", articolo non firmato, con il titolo "Spagna 1936" e il sommario "Tra i primi ad accorrere in Catalogna all'indomani del golpe del generale Franco, gli anarchici italiani costituirono uno dei gruppi piu' impegnati al fronte. E soprattutto furono tra i piu' decisi oppositori della politica staliniana sostenuta dai vari Togliatti, Vidali, ecc. La tragica e simbolica vicenda di Camillo Berneri"]
La notizia che in Spagna era scoppiata la rivolta popolare contro il "golpe" di Franco fu come lo scoppio di una bomba, negli ambienti dell'emigrazione antifascista italiana a Parigi. Gli esuli, da anni costretti a lottare sulla difensiva, videro subito che in terra di Spagna si osava finalmente dire chiaramente no al fascismo, e si impugnavano le armi per impedirne il trionfo.
Mentre alcuni compagni partirono immediatamente per andare a combattere a Barcellona, molti altri si preparavano a partire e si riunivano frequentemente per decidere il da farsi. Ad un convegno appositamente indetto, di tutte le forze politiche antifasciste italiane a Parigi, sia Longo per i comunisti sia Buozzi per i socialisti dichiararono che i loro partiti erano disposti ad inviare aiuti sanitari e a dare un appoggio morale al popolo spagnolo, ma non erano d'accordo per un intervento armato. Il rappresentante dei repubblicani resto' sulle generali, evitando qualsiasi impegno, per cui gli anarchici ed i "giellisti" (militanti del movimento Giustizia e Liberta') furono gli unici a sostenere la necessita' di un'immediata partenza per la Spagna. E cosi' fecero.
Il 18 agosto 1936, infatti, meno di un mese dopo l'insurrezione popolare (19 luglio), parti' per il fronte d'Aragona un primo scaglione di antifascisti italiani, arruolatisi volontariamente nella sezione italiana della colonna Ascaso, organizzata e formata da militanti anarchici della FAI e anarcosindacalisti della CNT. La maggior parte di questi primi volontari italiani erano anarchici (un centinaio).
Altri anarchici italiani, giunti in Spagna successivamente, si aggregarono alla colonna Durruti (CNT-FAI), alla colonna Tierra y Libertad (CNT-FAI), alla colonna Ortiz (CNT-FAI) e ad altre formazioni. Secondo una stima documentata dai registri di arruolamento della sezione italiana, depositati presso la CNT-FAI, gli anarchici italiani combattenti in Spagna furono seicentocinquantatre.
Nei primissimi mesi dell'inizio della rivoluzione moltissimi compagni italiani furono trascinati da un entusiasmo rivoluzionario che li porto' sempre in prima fila: e' in questo periodo che morirono e rimasero feriti la maggior parte di essi. Molti compagni feriti ritornarono al fronte a combattere nuovamente. Questo, per esempio, e' il caso del compagno Pio Turroni, che ferito una prima volta in ottobre ritorno' dopo pochi mesi al fronte, dove rimase nuovamente ferito; rientro' quindi a Barcellona, dove fu commissario politico per gli italiani, nella caserma Spartacus.
Gli anarchici italiani mantennero sempre una posizione coerente, soprattutto di fronte alla controrivoluzione comunista, come nelle giornate del maggio '37 a Barcellona. Non e' un caso che gli stalinisti in quei giorni assassinarono gli anarchici italiani Camillo Berneri (che redigeva a Barcellona il periodico in lingua italiana "Guerra di classe") e Francesco Barbieri.
Anche di fronte al processo di militarizzazione la loro posizione intransigentemente rivoluzionaria fu espressa in modo pressoche' unanime. Gia' il 10 ottobre prima, e il 13 novembre poi, stilarono rispettivamente due documenti in cui denunciavano il pericolo di involuzione controrivoluzionaria, se fosse passato, come poi passo', il processo di militarizzazione (documenti firmati, per la sezione italiana della colonna Ascaso, da Rabitti, Mioli, Buleghin, Petacchi, Puntoni, Serra, Segata). Anche se durante le tragiche giornate della controrivoluzione comunista essi si trovarono in disaccordo con la "dirigenza" della FAI e della CNT e nonostante avessero ormai compreso che le sorti della rivoluzione volgevano al peggio, essi continuarono a combattere e a morire.
Sono circa sessanta gli anarchici italiani morti in Spagna e centocinquanta i feriti, di cui molti morirono piu' tardi a causa delle privazioni sopportate nei campi di concentramento in Francia.
7. MEMORIA. PAOLO FINZI: ANARCHICI A CARRARA (2010)
[Da "A. Rivista anarchica" n. 357 del novembre 2010, nel dossier "Gli Anarchici contro il fascismo", articolo non firmato, con il titolo "Anarchici a Carrara" e il sommario "In nessun'altra localita' come a Carrara, l'antifascismo anarchico ha avuto simili radici popolari e tanta influenza sociale"]
Fin dal suo sorgere, il movimento operaio locale era stato fortemente influenzato dal socialismo libertario, a tal punto che Carrara divenne fin dai primi anni del secolo un importante centro di propaganda anarchica.
Furono soprattutto le lotte anarcosindacaliste dei lavoratori delle cave – che organizzati dall'anarchico Alberto Meschi ottennero per primi in Italia le sei ore e mezza di lavoro – ad indicare ai lavoratori la validita' dell'attivita' politica degli anarchici: e cosi' Carrara fu sempre in prima linea nelle lotte di popolo contro il militarismo, contro la tracotanza padronale, contro la repressione di stato e quindi oppose fin dall'inizio decisa resistenza al fascismo. L'intera provincia del carrarino con quelle vicine di La Spezia, Pisa e Livorno, fu uno degli epicentri del terrorismo squadrista. Basti ricordare la sparatoria contro un gruppo di anarchici da parte di una squadraccia fascista appoggiata dai carabinieri, a Carrara (giugno 1921). E poi lo sciopero generale nella stessa citta' in risposta all'aggressione fascista contro il compagno Alberto Meschi, allora segretario della Camera del Lavoro (18 ottobre 1921), ed il ferimento sempre da parte delle camice nere dell'anarchico Bonnelli a Bedizzano (Carrara). Tanti simili episodi costellano l'opposizione antifascista dei lavoratori della zona, che sempre portarono il loro aiuto anche agli altri centri vicini assaliti dai fascisti, come durante i fatti di Sarzana, in seguito ai quali una cinquantina di anarchici furono processati sotto l'imputazione di "associazione a delinquere" (19 gennaio 1922).
Durante il ventennio della dittatura fascista l'opposizione popolare al fascismo si mantenne viva, anche se non vi furono episodi clamorosi a testimoniarla (a parte il fallito attentato al duce degli anarchici carraresi Lucetti e Vatteroni.
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La formazione Lucetti
Quando, all'indomani dell'8 settembre 1943 seppero che i tedeschi stavano disarmando i soldati italiani nella caserma Dogali di Carrara, molti anarchici (fra cui Del Papa, Galeotti, Pelliccia, ecc.) si recarono sul posto e riuscirono ad impossessarsi di molte armi, formando squadre di partigiani.
La partecipazione degli anarchici alla Resistenza propriamente detta assunse proporzioni determinanti nel carrarino, piu' che in qualsiasi altra zona d'Italia. Non si tratto infatti ne' della presenza di singole individualita' ne' fu caratterizzata dall'adesione degli anarchici a formazioni partigiane non anarchiche, in maniera disorganica. Fu veramente un fenomeno di massa, che coinvolse la grande maggioranza della popolazione e che vide in prima fila sempre formazioni anarchiche.
Dal settembre 1943 i compagni stesero una valida rete di contatti che comprendeva anche Sarzana ed altri centri, ed il primo rastrellamento operato dai carabinieri e dalla milizia fu appunto attuato contro i primi tentativi organizzati di resistenza anarchica. Ma l'azione repressiva non sorti' l'effetto sperato, poiche' il movimento di resistenza era saldamente radicato; furono compiuti alcuni arresti fra gli anarchici. Dopo meno di due mesi comunque fu rapito il figlio del direttore delle carceri di Massa, ed in cambio della sua liberazione fu ottenuta la scarcerazione dei compagni arrestati.
Ricostituita la sua piena organicita', il movimento anarchico si sviluppo ulteriormente sia in citta' sia nei piccoli centri, prendendo contatti con gli altri raggruppamenti antifascisti. La formazione anarchica Gino Lucetti si trovo' ad operare nella stessa zona di altre formazioni; si stabili' di costituire un comando unificato della Brigata Apuana pur lasciando autonomia alle singole componenti politiche (anarchici, comunisti, ecc.). Questa decisione fu conseguente alla necessita', fortemente sentita, di coordinare tecnicamente le operazioni belliche contro i nazifascisti, che – con il progressivo stabilizzarsi della Linea Gotica – si erano fatti ancora piu' numerosi e piu' spietati nel reprimere il movimento partigiano. In generale i rapporti fra la Lucetti e le altre formazioni erano buoni, anche se la recente traumatizzante esperienza della guerra di Spagna spingeva ad una grande diffidenza nei confronti dei comunisti, ed in particolare della loro formazione Giacomo Ulivi.
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L'episodio di Casette
Quanto questa diffidenza non fosse infondata lo dimostra l'episodio di Casette, finora assolutamente inedito, e sconosciuto al di fuori della cerchia di coloro che vi parteciparono. Si avvicinava l'inverno del '44, e la situazione era veramente difficile sia a causa della crescente repressione nazifascista sia per il mancato arrivo degli aiuti alleati. In compenso Radio Londra continuava a trasmettere inviti ai partigiani a tornarsene a casa, per trascorrervi l'inverno. Ma le vendette nazifasciste attendevano chi fosse tornato a casa dai monti e dalle valli, per cui i partigiani preferirono restare alla macchia, preparandosi alla prossima primavera. Fu stabilito di cercare di superare la linea Gotica attraverso i monti, e di cercare di riparare a Lucca, citta' tenuta dagli alleati.
In un'unica colonna si trovarono a marciare partigiani della Lucetti e quelli comunisti della formazione Giacomo Ulivi, con i rispettivi comandanti Ugo Mazzucchelli (che ci ha narrato questo episodio di Casette) e Guglielmo Brucellaria. Quando giunsero nei pressi di un ponte che, vicino al paesino di Casette, congiunge due vallate, i comandanti comunisti chiesero con insistenza agli anarchici di prendere la testa della colonna, e di passare per primi sul ponte. Era notte fonda, e quando Ugo Mazzucchelli per primo si accinse ad attraversare il ponte, il cupo silenzio dell'oscurita' fu rotto dal crepitare infernale di una mitraglia, che, posta in una casamatta antistante il ponte, poteva fortunatamente colpire solo una parte del ponte.
Cosi' il nostro compagno, e altri anarchici, poterono mettersi in salvo, contrariamente a quelle che certamente erano le speranze dei comunisti. La loro precedente insistenza fece subito sorgere gravissimi interrogativi fra gli anarchici, che stesero un duro rapporto al comando unificato della Brigata Apuana: questi interrogativi ebbero una precisa risposta quando si venne a sapere con certezza che i dirigenti comunisti sapevano con anticipo della presenza di una mitraglia in quella casamatta, ma sul tutto venne subito steso il silenzio piu' assoluto, con la solita giustificazione della necessita' dell'unita' (sic!) antifascista.
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La difesa di Carrara
Oltre alla Lucetti, operarono nel carrarino la formazione anarchica Michele Schirru, parallela alla Lucetti, la divisione Garibaldi Lunense, formata soprattutto da anarchici e la formazione Elio Wockievic, il cui vicecomandante, l'anarchico Giovanni Mariga, fu talmente valoroso da vedersi concessa la medaglia d'oro al valor militare, che naturalmente rifiuto' per restare coerente alle idee anarchiche.
Sia sulle Apuane sia nella pianura costiera operarono costantemente numerosi raggruppamenti anarchici, che ovunque si trovarono ad affrontare la criminale repressione nazifascista. Il carrarino fu infatti teatro di alcune delle stragi piu' efferate commesse dai tedeschi e dai loro servi repubblichini: basti pensare ai massacri delle popolazioni del paesino di Sant'Anna di Stazzena (560 morti, 12 agosto 1944), di Vinca (173 morti, 24 agosto 1944) e di San Terenzo Monti (163 morti, 19 agosto 1944). E l'elenco non finisce certo qui. In questa tragica realta' di guerra, distruzioni e rappresaglie, gli anarchici del carrarino ebbero il grande merito di organizzare e di difendere la vita della popolazione nella citta' di Carrara. Soprattutto i compagni si incaricarono di assicurare il regolare flusso degli approvvigionamenti, e di far funzionare l'Ospedale, continuando nel contempo la lotta armata contro il nemico.
Indispensabili erano i fondi, ed il loro reperimento resta una delle pagine piu' belle scritte dagli anarchici carraresi. Il metodo adottato fu quello di convocare i ricchi possidenti, e di obbligarli a versare ingenti somme ai partigiani, sotto la minaccia delle armi e dietro regolare... ricevuta di versamento! Di questa anzi venivano stilate tre copie una per il versatore, una per il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) ed una per il compagno Ugo Mazzucchelli, comandante della Lucetti, presso la cui sede avvenivano queste convocazioni.
Cosi' fu possibile aiutare le famiglie piu' bisognose, finanziare le formazioni partigiane e l'Ospedale, rinsaldando quella forte unita fra popolo e partigiani anarchici, che resta la lezione piu' importante della resistenza anarchica nel carrarino.
8. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Biancamaria Frabotta (a cura di), Femminismo e lotta di classe in Italia (1970-1973), Savelli, Roma 1973, 1975, pp. 256.
- Rosalba Spagnoletti (a cura di), I movimenti femministi in Italia, Savelli, Roma 1971, 1978, pp. 176.
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
10. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3838 del 21 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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