[Nonviolenza] Telegrammi. 3835



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3835 del 18 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Per il "no" al referendum del 20-21 settembre una pubblicazione quotidiana. Nonviolenta
2. Samir Amin
3. Fernanda Pivano
4. Per sostenere "A. Rivista anarchica", ricordando Paolo Finzi
5. No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
6. Ancora una volta chiediamo
7. "L'Italia aderisca al Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari". Una lettera aperta alla Presidente del Senato e al Presidente della Camera
8. Roberta Pestalozza ricorda Paolo Finzi
9. Paolo Finzi ricorda Amedeo Bertolo (2017)
10. Amedeo Bertolo: Cosi' nacque "A"
11. Amedeo Bertolo: La veridica storia della A cerchiata
12. Segnalazioni librarie
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. PER IL "NO" AL REFERENDUM DEL 20-21 SETTEMBRE UNA PUBBLICAZIONE QUOTIDIANA. NONVIOLENTA

In vista del referendum costituzionale del 20-21 settembre 2020 il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo diffondera' ogni giorno un supplemento speciale del suo notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino".
La struttura nonviolenta viterbese sostiene le ragioni del "No".
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La testata del supplemento e':
NO ALL'ANTIPARLAMENTARISMO, NO AL FASCISMO, NO ALLA BARBARIE
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum del 20-21 settembre votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie
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Di seguito l'editoriale che aprira' ogni fascicolo:
NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE CHE MUTILA LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E MIRA AD IMPORRE UN REGIME TOTALITARIO NEL NOSTRO PAESE
Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza.
*
Il testo del quesito referendario e' il seguente: "Approvate il testo della legge costituzionale concernente 'Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari', approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 240 del 12 ottobre 2019?".
Per ricevere gratuitamente il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" e' possibile abbonarsi attraverso il sito www.peacelink.it
Al referendum del 20-21 settembre votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.

2. MEMORIA. SAMIR AMIN

Due anni fa, il 18 agosto 2018, moriva Samir Amin.
Illustre economista, militante del movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita'.
Con gratitudine lo ricordiamo.

3. MEMORIA. FERNANDA PIVANO

Undici anni fa, il 18 agosto 2009, ci lasciava Fernanda Pivano, a cui un'intera generazione deve tanta parte dei suoi saperi e del suo linguaggio.
Antifascista, amica della nonviolenza, traduttrice ed introduttrice in Italia di testi fondamentali della letteratura americana novecentesca, partecipe di decisive esperienze pacifiste, antirazziste, femministe, ecologiste, nonviolente.
Con gratitudine la ricordiamo.

4. INIZIATIVE. PER SOSTENERE "A. RIVISTA ANARCHICA", RICORDANDO PAOLO FINZI

Contatti:
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5. REPETITA IUVANT. NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE CHE MUTILA LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E MIRA AD IMPORRE UN REGIME TOTALITARIO NEL NOSTRO PAESE

Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza.

6. REPETITA IUVANT. ANCORA UNA VOLTA CHIEDIAMO

Ancora una volta chiediamo che  si realizzino immediatamente quattro semplici indispensabili cose:
1. riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e' l'unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani;
2. abolire la schiavitu' e l'apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto": un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza; poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
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Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.

7. REPETITA IUVANT. "L'ITALIA ADERISCA AL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI". UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL SENATO E AL PRESIDENTE DELLA CAMERA

Gentilissima Presidente del Senato della Repubblica,
gentilissimo Presidente della Camera dei Deputati,
ricorrendo nei giorni scorsi il LXXV anniversario delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, tanto il Presidente della Repubblica, quanto Lei, Presidente del Senato, e Lei, Presidente della Camera, ha e avete diffuso messaggi di cordoglio per le vittime e di esortazione all'impegno affinche' simili orrori non abbiano a ripetersi mai piu' e si proceda quindi verso il disarmo, la pace, la cooperazione fra tutti i popoli nel riconoscimento della comune umanita' di tutti gli esseri umani; nella consapevolezza che le armi atomiche mettono in pericolo l'esistenza stessa dell'umanita' nel suo insieme.
Orbene, come e' noto, il 7 luglio 2017 una conferenza ad hoc dell'Onu ha adottato il necessario e non piu' rinviabile "Trattato per la proibizione delle armi nucleari", che entrera' in vigore dopo che almeno cinquanta Stati lo avranno sottoscritto e ratificato.
L'Italia e' tra i paesi che questo fondamentale Trattato ancora non lo hanno ne' sottoscritto, ne' ratificato.
In mancanza di questa firma ogni dichiarazione da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese di cordoglio per le vittime e di apprensione per le sorti dell'umanita', ogni appello da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese all'impegno altrui in assenza del nostro, rischia di apparire - ahinoi - come un vaniloquio, un esercizio di retorica, un atto di ipocrisia. E siamo certi che non erano questi il sentimento e l'intenzione vostra e del Presidente della Repubblica.
Come gia' innumerevoli associazioni umanitarie ed innumerevoli cittadine e cittadini, vi esortiamo pertanto anche noi ad assumere un impegno concreto, preciso e non piu' rinviabile: adoperarvi affinche' l'Italia sottoscriva e ratifichi nel piu' breve tempo possibile il Trattato Onu del 7 luglio 2017 per la proibizione delle armi nucleari.
E' in vostro potere convocare le Conferenze dei capigruppo di entrambi i rami del Parlamento affinche' l'organo legislativo del nostro ordinamento giuridico deliberi un documento in tal senso che impegni e vincoli l'esecutivo.
E' in vostro potere promuovere il pronunciamento del Parlamento italiano.
E' in vostro potere far si' che l'Italia finalmente si esprima con un atto giuridico cogente in pro del bene comune dell'umanita' aderendo al Trattato che impedisca alle armi atomiche di tenere sotto ricatto e minacciare di distruzione l'intera famiglia umana.
Le ragioni per farlo le avete enunciate voi stessi, cosi' come il Presidente della Repubblica, pochi giorni fa. A quelle vostre sentite parole date effettuale seguito, date autentico inveramento.
Ve lo chiedono tutte le associazioni umanitarie, l'intera comunita' scientifica, tutte le cittadine e tutti i cittadini di volonta' buona; ve lo chiede una lettura avvertita della nostra Costituzione, della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti umani; ve lo chiede l'umanita' intera; ve lo chiedono le generazioni future.
Augurandovi ogni bene,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 12 agosto 2020

8. MEMORIA. ROBERTA PESTALOZZA RICORDA PAOLO FINZI
[Dalla pagina Facebook di Roberta Pestalozza riportiamo il seguente testo del 27 luglio 2020 che accompagna un video]

Oggi insieme per salutare Paolo Finzi.
Durissimo colpo da accettare la sua dipartita. Un amico, un anarchico che si e' dedicato agli ultimi, ai diversi, alle persone ai margini.
Costruttore di relazioni umane come condizione necessaria per una vita di condivisioni e partecipazione politica.
Insieme con Alba Finzi, Sergio Casesi, Alessio Lega, Claudia Pinelli, Silvia Pinelli, "A - Rivista Anarchica".

9. MEMORIA. PAOLO FINZI RICORDA AMEDEO BERTOLO (2017)
[Da"A. rivista anarchica", n. 413 del febbraio 2017 col titolo "Il Galletto di Amedeo", la testatina "Ricordando Amedeo Bertolo" e il sommario "La morte di Amedeo Bertolo, uno dei fondatori di "A". L'impegno militante, dalla giovanile solidarieta' con la lotta antifranchista del popolo spagnolo alla campagna di contro-informazione sulla strage di Stato. Le molte iniziative realizzate. La scelta di un impegno editorial-culturale, senza trascurare quello politico-militante. Una mente lucida, che tanto ha dato nei termini di un'apertura mentale e culturale dell'anarchismo. E un carattere non-facile, con la socialita' di un orso. Ci lascia un patrimonio di interrogativi"]

Nei film del neo-realismo italiano, dalla fine della Resistenza agli anni '60, era spesso presente. Molti la consideravano "la moto dei preti di campagna", ma nel nostro caso uso e utilizzatore furono ben diversi. Quella moto un po' "protetta", il Galletto della Moto Guzzi, utilizzabile anche per lunghi viaggi, nel caso di Amedeo servi' per raggiungere piu' volte la Spagna, da Milano, portando agli anarchici impegnati nella lotta clandestina anti-franchista, una volta, un intero ciclostile (smontato) che poi sarebbe servito per produrre volantini.
La diffusione della parola, della parola anarchica, da quei giovanili viaggi solidali e non privi di rischi alla fondazione e gestione (con Rossella, compagna di una vita) – vent'anni dopo – di una casa editrice (Eleuthera) che ha segnato finora il piu' riuscito tentativo di diffusione delle idee anarchiche e libertarie al di fuori dei consueti "giri" del movimento anarchico e dintorni, senza mai perderne contatti e relazioni. Come si evince dal catalogo della casa editrice.
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I primi 4 anni dentro ad "A"
Amedeo Bertolo (Milano, 1941-2016) e' stato una figura significativa del movimento anarchico e del pensiero libertario dalla seconda meta' del Novecento.
E' stato anche l'ideatore di "A". Lui la racconta un po' diversa, in un piccolo scritto inserito nel nostro n. 358, quello con cui abbiamo degnamente celebrato i primi 40 anni di "A". Scritto da noi ripubblicato in coda a questo numero.
Comunque in un bel giro di compagne e compagni, in quegli anni a cavallo tra i '60 e '70, soprattutto a cavallo della strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969) e tre giorni dopo l'assassinio in questura di Giuseppe Pinelli, la figura intellettuale e militante di Amedeo si stagliava per uno spirito organizzativo particolare. Il carattere non era facile, un orso a volte molto disponibile altre appartato, discontinuo. Eppure ha spesso esercitato un'influenza forte, quasi magnetica a volte. Nella sua lucidita', a volte nella sua durezza, ci coglievano una credibilita', un chiedere molto a se' e agli altri, che tendevano a farne un "leader" naturale. Questione delicata, sopratutto tra gli anarchici, che rifiutano il potere ma poi... spesso non sanno tener alta la sensibilita' e trovare soluzioni concrete e relazionali per andare in controtendenza. E sara' poi un compito di Amedeo, negli anni '80, scrivere un saggio illuminante su potere, dominio, autorita'.
Quando muore uno – un compagno, tra noi anarchici – capita di sentir ripetere che "un altro prendera' il suo posto". Retoricamente, forse, bello. Con Amedeo non succedera' di sicuro, a mio avviso. Troppo specifico il suo ruolo. Amedeo era fortemente connotato nel pensiero, nelle relazioni.
In queste settimane, per ora in modo collettivo e non ancora ben coordinato, abbiamo cominciato a raccoglierne gli scritti, identificandoli anche per sigla, nome de plume, ecc. Sulla rivista "A" una quarantina, non tanti. Eppure nei primi quattro anni di "A" Rossella e Amedeo erano stati membri del collettivo redazionale di "A", intensamente, uscendone a fine dicembre 1974, per dedicarsi ad altri progetti editoriali e militanti. Dunque, da 42 anni Amedeo era fuori dalla redazione, eppure il dialogo tra noi due non si e' mai interrotto. Quando c'erano scelte importanti da fare, decisioni da prendere, mi rivolgevo anche a lui. A volte mi aiutava a riflettere e concordavo con lui. A volte no, non mi trovavo d'accordo con lui, ma il ragionamento che sapeva sviluppare era, anche nel dissenso, sempre utile. Perche' il suo rigore logico, la sua capacita' di vedere le cose come stavano (senza "prosciutto sugli occhi"), la sua lucidita' che a volte sembrava sconfinare nel cinismo, erano una costante e una certezza.
Davvero insostituibile uno come Amedeo. E il suo carissimo amico Roberto Ambrosoli, suo compagno al liceo classico Berchet a Milano negli anni '50, ne coglie lo spirito. "Arrangiatevi" sarebbe probabilmente la sua risposta al nostro sconforto. E queste note in memoria non le avrebbe apprezzate. Troppo, per uno schivo come lui.
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Piu' di mezzo secolo di anarchia
Ripercorriamo in breve alcune tappe della sua vita. Nato in piena Seconda guerra mondiale (1941) si avvicina all'anarchismo dopo aver letto un comunicato sul settimanale "Umanita' Nova" appeso nell'Universita' Statale. Prende contatti con il movimento anarchico spagnolo impegnato nella lotta clandestina contro il regime franchista, si reca in Spagna.
Al ritorno in Italia giunge notizia che uno di questi, Jorge Conill Valls, e' stato condannato a morte in seguito ad alcuni attentati dimostrativi contro luoghi simbolo del regime. In segno di protesta Amedeo, insieme ad altri giovani anarchici e socialisti, decide di sequestrare il vice-console spagnolo Isu Elías. E' il primo rapimento politico in Italia: il fatto ha una certa eco nell'opinione pubblica, la pena di morte viene commutata in ergastolo e il vice-console e' rilasciato. Il giorno del processo il ventunenne Bertolo, fino ad allora latitante, si costituisce in tribunale; il giudice riconosce i motivi di valore morale alla base del gesto e ordina la sospensione della pena, mentre fuori, a Milano e a Roma, si tengono manifestazioni contro la dittatura di Franco.
Redattore del foglio "Materialismo e Liberta'" nel 1963, tre anni piu' tardi e' tra gli organizzatori del convegno giovanile internazionale che si svolge a Milano, ospiti, tra gli altri, i provos olandesi e i contestatari francesi. Alla fine del convegno viene improvvisata una manifestazione nel corso della quale un garrote (lo strumento di morte utilizzato dal regime franchista) viene portato a spalle davanti al Duomo, prima che arrivi la polizia a compiere i soliti arresti. In questo contesto si rafforzano quei legami con la gioventu' contestatrice europea che continueranno negli anni successivi e che contribuiranno a portare in Italia lo spirito e le pratiche del maggio francese.
Animatore del gruppo Gioventu' Libertaria di Milano e poi del gruppo Bandiera nera, aderenti ai Gruppi Giovanili Anarchici Federati (GGAF, poi GAF) fonda insieme a Giuseppe Pinelli la Croce nera anarchica sull'esempio dell'Anarchist Black Cross di Stuart Christie. Obiettivo principale e' portare solidarieta' attiva ai militanti vittime della repressione franchista.
L'apertura del circolo "Sacco e Vanzetti" in viale Murillo (1966), poi del circolo "Ponte della Ghisolfa" (1968) in piazza Lugano, poi del circolo "Scaldasole" nell'omonima via al quartiere Ticinese (1969), poi della sede di viale Monza (1976) in condivisione con la Federazione Anarchica Milanese, poi della sede di Eleuthera in via Rovetta 27 fino al trasferimento (lo scorso anno) in via Jean Jaures. Se li e' fatti tutti i traslochi delle sedi politiche ed editoriali.
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Un vero snodo della "politica culturale" anarchica
La strage di Stato del 12 dicembre 1969 cambia la storia d'Italia, la vita dei compagni e l'attivita' della Croce nera che si concentra ora sulla necessaria attivita' di difesa e di controinformazione. Amedeo appena saputo della morte di Pinelli telefona ai suo compagni: "Hanno ucciso Pino. Andiamo in questura, per farci tacere dovranno ammazzarci tutti". Comincia quindi una intensa stagione. Celebre la conferenza stampa al Circolo Ponte della Ghisolfa del 17 dicembre 1969, in cui i giovani milanesi affermano a chiare lettere: "Valpreda e' innocente, Pinelli e' stato assassinato, la strage e' di Stato". Per il "Corriere della Sera2 si tratta di "farneticazioni", mentre il questore di Milano da subito infanga la memoria di Pinelli, accusandolo di essersi suicidato a dimostrazione della sua colpevolezza. Amedeo, che gia' stava lavorando a fondo sulle bombe scoppiate nei mesi predenti su e giu' per l'Italia, ascrivendole a un piano ordito dallo Stato per fermare la spinta della contestazione del '68/'69, e' tra coloro i quali delineano lucidamente i contorni della strategia della tensione. Il libro Le bombe dei padroni (Processo popolare allo stato italiano nelle persone degli inquirenti per la strage di Milano), centinaia di migliaia di giornali e volantini, sono solo alcuni dei segni rimasti visibili di una stagione in cui il movimento riesce a ribaltare il tavolo, dall'iniziale caccia alle streghe contro i libertari fino all'affermazione della verita': gli anarchici sono innocenti, la strage e' di Stato, Pinelli assassinato [...].
La redazione di "A Rivista Anarchica" dal 1971; l'attivita' dei Gruppi anarchici federati (dalla fondazione nel 1972 fino all'autoscioglimento nel 1978) e quella del Comitato Spagna libertaria; i convegni (su Bakunin, sui Nuovi padroni – in cui si analizza una nuova classe di dominatori, i tecnoburocrati – sull'Autogestione – vista come pratica continua di destrutturazione del potere); gli incontri internazionali come quello del 1984 a Venezia dove si ritrovano circa tremila compagni da varie parti del mondo; il lavoro redazionale nella rivista "Interrogations" fondata nel 1974 da Louis Mercier Vega, gia' combattente nella guerra civile spagnola con la Colonna Durruti; la creazione del Centro studi libertari (1976) che si affianca all'archivio Pinelli, luogo dove viene organizzato quel ricco materiale "ereditato" dalle generazioni precedenti grazie al supporto generoso di compagni come Pio Turroni; la riattivazione della casa editrice Antistato che grande ruolo ha nel portare in Italia autori da riscoprire (Bakunin, Kropotkin, Malatesta, Landauer, Armand) o che rinnovano profondamente l'orizzonte culturale del movimento (Bookchin, Ward, Goodman, Castoriadis, Mercier Vega, Lourau, Clastres, Colombo e altri, e la nuova serie della rivista "Volonta'" dal 1978); ancora, nel 1986, la nascita della case editrice Eleuthera, erede dell'Antistato, che ha sempre in Amedeo uno degli animatori e che con le sue pubblicazioni continua a fornire nuovi stimoli e ad aprire vie impreviste all'anarchismo.
E questo per restare solo ai progetti "grossi", cui si e' affiancata un'intensa e costante attivita' di incontri, seminari, iniziative varie che, insieme con una rete davvero estesa, a livello internazionale, di relazioni personali, ha fatto di Rossella e Amedeo un vero snodo della "politica culturale" (possiamo chiamarla cosi'?) di buona parte dell'anarchismo, decine, centinaia di contatti, una parte dei quali diventati "autori Eleuthera", presenti in un crescente catalogo che ora si aggira intorno a 250 libri pubblicati.
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Realizzazioni tante, progetti ancora di piu'
Personalmente, ho avuto con Amedeo un rapporto speciale. E' stato con Gianni (suo fratello), Antonella Frediani, Pino Pinelli, Umberto Del Grande, Enrico Maltini, Fausta Bizzozzero, Luciano Lanza e altri pochi, tra i primi anarchici che conobbi all'inizio del 1968. Tutti piu' vecchi di me, e per questa ragione miei "esempi". Ma Amedeo lo vissi nei miei primi anni di militanza come una figura paterna, ricordo che in alcune lettere lo definivo "papa' A. B.". Ricordo anche lunghe chiacchierate, quel suo ragionare lucido e molto determinato nell'azione: oggi lo ricordiamo per le sue doti intellettuali, ma in quegli anni '60 e '70 il "sacro fuoco" della militanza dura era patrimonio comune, ordinariamente comune, e Amedeo – per un insieme di ragioni – esercitava naturalmente un suo carisma. Era naturalmente un leader, ma gli mancava – fortunatamente – qualcosa per esserlo appieno. Non era portato al "comando".
Non era un "continuista", di quelli (come il sottoscritto) che una volta coinvolto in un'iniziativa, non la molla piu' (per mille ragioni, anche sensate). Amedeo era troppo curioso. Gli piaceva sognare, pensare, realizzare nuove "cose”, cercava di forgiarle secondo la propria sensibilita'. Una volta realizzato un progetto, in molti casi subito pensava ad altro.
E se lunga e' la lista delle cose da lui realizzate, altrettanto lo sarebbe quella dei progetti cui pensava, sempre in modo organico. Punto 1., poi sottopunti 1.1 e 1.2, uno fa questo, l'altro fa quello, assemblea generale ogni tot, parte teorica, parte operativa. Si inizia il... I fondi possono derivare da questo. Se no...
Non so se lui o Rossella abbiano conservato le molte idee che gli sono frullate per la testa, i molti progetti cui ha lavorato. In un mondo come quello anarchico in cui moltissimo si e' sempre discusso in merito all'organizzazione, ma non sempre si e' agito in conseguenza, Amedeo era affidabile e credibile. Se si imbarcava in un progetto, barra al centro e ce la metteva tutta.
Poco o niente ho detto, qui, del suo pensiero. Dei suoi scritti, alcuni dei quali a mio avviso fondamentali per un ammodernamento (diciamo cosi') dell'anarchismo, o meglio del nostro anarchismo (ivi compreso quello di "A") visto che di anarchismi ce ne sono vari in circolazione.
Ci saranno altre, prossime occasioni. Compagne e compagni ben piu' ferrati di me, di noi, so che si apprestano alla raccolta, edizione, riflessione dei suoi scritti. Lo merita Amedeo, lo merita il movimento anarchico, di cui come quasi tutti i suoi esponenti Amedeo diceva ogni male possibile, con quella esacerbazione dell'animo che e' propria degli amanti traditi.
E' dentro questo amore teorico e pratico per la liberta' individuale e collettiva che riconosco in Amedeo un punto di riferimento imprescindibile. Non un capo da venerare ne' un pensatore cui adeguarsi. Come individuo non c'e' piu', ma ci ha lasciato una cassetta degli attrezzi ricca ed aggiornata. Sta a noi non lasciarla invecchiare e tenerla aggiornata.
Amedeo, orso Amedeo, il tuo "arrangiatevi" lo sento benissimo. E non mi incazzo, non ti mando a quel paese (ci sei gia'). Prima che tu ricominci a menarmela perche' non capisci che cosa c'entri quel collaboratore su "A", perche' diamo tanto spazio a quella tematica, perche' non intervistiamo quella, ecc. lascia che ti abbracci come, tra la tua indole riservata e la tua patologia che ti presentava fragile, credo di non aver fatto da lungo tempo.
Se avessimo una bandiera, la inchineremmo al tuo passaggio, alla tua dipartita. Non avendola, ci arrangiamo e tiriamo avanti – per quanto possibile – con questa rivista che ti ha nel suo DNA. E con il tuo carisma (e la tua lucida intelligenza) so che continuerai ad esserci. Burbero e coinvolto.
Ciao Amedeo. E' appena passato in redazione un compagno. Mi ha parlato di te come un "padre" che lo ha formato e cui e' grato. Gli ho fatto leggere questo testo. Mi ha detto "bello" e ha aggiunto che dovrei sottolineare di piu' la tua contemporanea figura di militante instancabile, di fine intellettuale e di grande organizzatore. "Non ho mai conosciuto compagni che fossero tutte queste tre cose insieme", mi ha detto.

10. MEMORIA. AMEDEO BERTOLO: COSI' NACQUE "A"
[Da"A. rivista anarchica", n. 413 del febbraio 2017 nel dossier dedicato al ricordo di Amedeo Bertolo dal titolo "Lasciamo il pessimismo per tempi migliori", la testatina "Ricordando Amedeo Bertolo" e il sommario "All'eta' di 75 anni e' morto Amedeo Bertolo, militante anarchico, uno dei fondatori di questa rivista, membro del nostro collettivo redazionale nei primi quattro anni (1971-1974). Lo ricordiamo qui con uno scritto di un nostro redattore che fece parte di quel primo collettivo redazionale. Riproponiamo due scritti di Amedeo, sulla nascita della "A" cerchiata e sulla nascita di questa rivista, che scelse la "A" cerchiata come proprio logo"]

Eravamo giovani, decisamente. Il piu' vecchio ero io: avevo ventinove anni. Il piu' giovane, Paolo Finzi, ne aveva diciannove. Gli altri (Luciano Lanza, Fausta Bizzozzero, Nico Berti, Roberto Ambrosoli) avevano tra i venticinque e i ventotto anni. Sto parlando del nucleo centrale dei fondatori di "A" nell'autunno del 1970, quando nasce il progetto della rivista. Giovani e avventati: saggiamente avventati, visti i risultati.
Il progetto nasce in modo singolare, su sollecitazione esterna a quelli che saranno – che saremo – i suoi effettivi promotori. Un piccolo editore romano ci propone, tramite un suo collaboratore (Guido Montana), di dare vita a una nuova pubblicazione anarchica. Nuova, diversa. Il Montana ci suggerisce anche il titolo: "A", graficamente una A cerchiata. Perplessita' nostra iniziale sul progetto e sul titolo, poi accettazione. Mentre prepariamo il primo numero, inventandoci grafici e giornalisti, l'editore ha un ripensamento (probabilmente trovandoci troppo anarchici e dilettanteschi per i suoi gusti) e lascia il progetto. Che fare? Rinunciare? Continuare? Con quali capacita', con quali soldi? Avventatamente e saggiamente decidiamo di esserne capaci e di proseguire da soli. E decidiamo di utilizzare un gruzzolo accantonato nel corso degli ultimi due anni per un progetto – arenatosi – di comune libertaria, sufficiente a malapena a coprire i costi tipografici dei primi tre numeri della rivista. Poi si vedra'; che Bakunin ce la mandi buona.
Il vecchio Bak ce la manda buona. Tirata a diecimila copie, "A" vende da subito sette-ottomila copie, diventando di gran lunga la piu' diffusa pubblicazione anarchica. La formula che a tentoni, un po' programmaticamente un po' sperimentalmente, avevamo adottato funzionava, era adeguata ai tempi, tempi di rivolta giovanile e di intensa conflittualita' sociale (eravamo a ridosso del '68 studentesco e del '69 operaio) e di inaspettata riscoperta dell'anarchismo (effetto paradossale anche dell'affaire Piazza Fontana).
La formula? Una veste grafica attuale (attuale allora, evidentemente), un linguaggio attuale, contenuti attuali (o attualizzati). Un po' specchio delle lotte e un po' riflessione critica, con un po' di pensiero di piu' ampio respiro, un po' di proposte teoriche innovative (quelle dei Gruppi Anarchici Federati – G.A.F. – cui la rivista faceva riferimento, pur non volendone essere espressione ufficiale) e un po' di riproposizione orgogliosa di identita' anarchica...
Eravamo giovani e un tantino presuntuosi. Quel tanto di presunzione necessaria forse a farci credere capaci di ridare giovinezza a un anarchismo che percepivamo come senile, ripetitivo, stancamente e inutilmente retorico, una vulgata che tradiva le potenzialita' dell'anarchismo classico...
Ho lasciato la redazione di "A" alla fine del 1974, dopo avere pensato e realizzato il suo passaggio grafico e redazionale al nuovo format magazine, per impegnarmi in altre iniziative editoriali e culturali: la rivista internazionale di ricerche anarchiche "Interrogations", il Centro Studi Libertari G. Pinelli, le Edizioni Antistato..., perseguendo in altre forme piu' o meno lo stesso progetto identitario e insieme apertamente innovativo che aveva fatto nascere “A”.

11. MEMORIA. AMEDEO BERTOLO: LA VERIDICA STORIA DELLA A CERCHIATA
[Da"A. rivista anarchica", n. 413 del febbraio 2017 nel dossier dedicato al ricordo di Amedeo Bertolo dal titolo "Lasciamo il pessimismo per tempi migliori", la testatina "Ricordando Amedeo Bertolo" e il sommario "All'eta' di 75 anni e' morto Amedeo Bertolo, militante anarchico, uno dei fondatori di questa rivista, membro del nostro collettivo redazionale nei primi quattro anni (1971-1974). Lo ricordiamo qui con uno scritto di un nostro redattore che fece parte di quel primo collettivo redazionale. Riproponiamo due scritti di Amedeo, sulla nascita della "A" cerchiata e sulla nascita di questa rivista, che scelse la "A" cerchiata come proprio logo" e la nota "Dal bollettino del Centro Studi Libertari - Milano"]

E' ormai talmente diffusa la A cerchiata, e generalmente conosciuta e riconosciuta, che ha finito con l'essere considerata un simbolo anarchico tradizionale, con il dare l'impressione di esserci “da sempre". Cosi' ad esempio, la rivista americana "Fifth Estate" (1997) crede di vedere una A cerchiata sull'elmetto di un miliziano anarchico della rivoluzione spagnola. Addirittura qualcuno la vuol fare risalire a Proudhon (cfr. N. Baillargeon, L'ordre moins le pouvoir, Marseille 2001)...
In realta' essa e' poco piu' di una parvenue dell'iconografia libertaria: la A cerchiata nasce nel 1964 a Parigi e nel 1966 a Milano. Due date e due luoghi di nascita? Si', e vedremo come.
E' nell'aprile del 1964, infatti, che sul bollettino interno delle Jeunesses Libertaires (cioe' dei giovani anarchici francesi: quattro gatti, allora, i giovani anarchici in Francia come in Italia come dappertutto) compare la proposta di un segno grafico per l'insieme del movimento anarchico, al di la' delle differenti tendenze e dei diversi gruppi e federazioni.
Perche' questa proposta? "Due motivazioni principali ci hanno spinto: innanzitutto facilitare e rendere piu' efficaci le scritture e i manifesti murali, e poi assicurare una presenza piu' ampia del movimento anarchico agli occhi della gente e un carattere comune a tutte le espressioni dell'anarchismo nelle sue pubbliche manifestazioni. Piu' precisamente, si trattava, secondo noi, di trovare un mezzo pratico che consentisse da un lato di ridurre al minimo il tempo impiegato per firmare i nostri slogan sui muri e dall'altro di scegliere un segno sufficientemente generale da poter essere adottato da tutti gli anarchici. La sigla da noi proposta ci sembra rispondere a questi criteri. Associandola costantemente alle espressioni verbali anarchiche finira', per un noto automatismo mentale, con l'evocare da sola nella gente l'idea dell'anarchismo".
Il segno grafico proposto e' proprio una A maiuscola inscritta in un cerchio. Perche'? Forse per derivazione dal gia' diffuso simbolo antimilitarista, in cui la "zampa di gallina" viene sostituita con la lettera iniziale della parola anarchia in tutte le lingue europee. Forse per altre suggestioni. Ad esempio, il segretario della Alliance Ouvriere Anarchiste (una minuscola federazione anarchica di lingua francese), Raymond Beaulaton, mi ha scritto, nel 1984, che fin dal 1956-57, i primi membri dell'AOA usavano nella loro corrispondenza, dopo la firma, una sigla che era dapprima una A inscritta in un cerchio a sua volta inscritto in un'altra A (per l'appunto AOA), diventata poi una doppia A inscritta in una O e poi semplificata in una A inscritta in una O.
Di certo vi e' pero' che il primo uso "pubblico" della A cerchiata da parte di tale Alliance compare nel giugno 1968 sul loro bollettino ciclostilato "L'Anarchie".
Ma torniamo al 1964. La proposta delle JL non da', li' per li', alcun frutto. Nel dicembre dello stesso anno la A cerchiata ricompare nel titolo di un articolo, a firma Tomas [Ibanez], sul giornale "Action libertaire", edito da alcuni giovani anarchici perlopiù spagnoli, tra cui anche alcuni di quelli che, sul citato bollettino di otto mesi prima, avevano proposto quel segno identitario. Ma, di nuovo, nessuna rispondenza nel movimento anarchico francese (ne', tanto meno, internazionale).
Bisogna aspettare fino all'inizio del 1966 perche' il simbolo della A cerchiata, proposto dal bollettino delle JL, venga ripreso e utilizzato, in modo dapprima "sperimentale" poi regolare, dalla Gioventu' Libertaria di Milano, un gruppo di giovani anarchici (di cui facevo parte), che era in fraterni rapporti con i giovani parigini, con cui aveva costituito una effimera ma altisonante Federation Internationale des Jeunesses Libertaires. E' da allora che il segno comincia la sua vita pubblica.
Dapprima, per l'appunto, a Milano, dove diventa firma usuale sui volantini e manifesti dei giovani anarchici, e in Italia, per tornare poi in Francia e diffondersi piuttosto rapidamente nel resto del mondo. Marianne Enckell, [responsabile del CIRA di Lausanne] dice di non aver prova di un uso della A cerchiata nel maggio parigino e di aver trovato scarse tracce della sua presenza fuori dall'Italia fino al 1972-'73.
E', comunque, a mia memoria, dall'inizio degli anni Settanta che la A cerchiata "esplode" con una spontanea appropriazione mimetica da parte dei giovani anarchici, un po' in tutto il mondo: un successo strepitoso che ha fatto dire a qualcuno che, se il suo inventore avesse brevettato la A cerchiata, sarebbe oggi miliardario!
Le cause della rapida e intensa fortuna? Piu' o meno le motivazioni espresse dalle JL. Cioe', da un lato, la grande semplicita' che fa della A cerchiata uno dei segni grafici piu' immediati come la croce, la falce-martello, la svastica...? Dall'altro lato un movimento "nuovo", giovane, in rapido sviluppo, che cercava un segno unificante. Cosi', in assenza a livello internazionale di un simbolo grafico degli anarchici e in presenza talora, a livello nazionale o locale, di una simbologia tradizionale inadeguata (in Italia, ad esempio, era molto utilizzata la fiaccola), s'e' di fatto imposta la A cerchiata, senza che nessun gruppo o federazione mai si sognasse di decretarne l'applicazione.
Questa e' la veridica storia della A cerchiata, che e' fatta insieme di volonta' consapevole e di spontaneita'. Un cocktail tipicamente libertario.
P.S. Tutta la documentazione relativa a questa storia delle origini della A cerchiata si trova presso il Centro Studi Libertari / Archivio G. Pinelli di Milano e il Centre International de Recherches sur l'Anarchisme (CIRA) di Lausanne.

12. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- AA. VV., Il nostro viaggio in Italia, Touring Club Italia - Il sole 24 ore, Milano 2020, pp. 240, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore").
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Riletture
- Laurana Lajolo, Gramsci. Un uomo sconfitto, Rizzoli, Milano 1980, 1981, pp. 224.
- Marina Paladini Musitelli, Introduzione a Gramsci, Laterza, Roma-Bari 1996, pp. VI + 216.
- Mimma Paulesu Quercioli (a cura di), Gramsci vivo nelle testimonianze dei suoi contemporanei, Feltrinelli, Milano 1977, pp. 320.
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Riedizioni
- Indro Montanelli, Io e il Duce, Mondadori, Milano 2018, Rcs, Milano 2020, pp. 304, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Michele Sarfatti, Gli ebrei nell'Italia fascista. Vicende, identita', persecuzione, Einaudi, Torino 2000, 2018, Rcs, Milano 2020, pp. 464, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3835 del 18 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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