[Nonviolenza] Telegrammi. 3740
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- Date: Thu, 14 May 2020 19:10:20 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3740 del 15 maggio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Per la Giornata internazionale dell'obiezione di coscienza al servizio militare
2. Paolo Pombeni: Giuseppe Dossetti (2012)
3. Segnalazioni librarie
4. La "Carta" del Movimento Nonviolento
5. Per saperne di piu'
1. L'ORA. PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELL'OBIEZIONE DI COSCIENZA AL SERVIZIO MILITARE
Ricorre il 15 maggio la Giornata internazionale dell'obiezione di coscienza al servizio militare.
Ed anche se in Italia da molti anni non vi e' piu' il servizio militare di leva obbligatorio, esso persiste in molti altri paesi del mondo.
E quindi innanzitutto ogni persona sollecita del bene comune dell'umanita' si adoperi con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, contro la guerra e contro le dittature, contro tutte le armi assassine, contro tutti i poteri uccisori, in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Si adoperi affinche' sia riconosciuto ad ogni persona il diritto di negare la propria disponibilita' ad uccidere. Uccidere e' il male piu' grande. Chi rifuta di uccidere con questo stesso gesto sta gia' salvando delle vite innnocenti, sta gia' adempiendo al primo dovere di ogni essere umano: salvare le vite.
Occorre pertanto sostenere le persone che in qualunque parte del mondo si oppongono alle armi ed alle strutture armate, si oppongono alla guerra e a tutte le uccisioni, lottano nonviolentemente per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
*
Non solo: anche nel nostro paese persiste tuttora una estesa ed articolata struttura armata e una relativa politica i cui fini e i cui costi sono palesemente in conflitto con i principi costituzionali del ripudio della guerra, della difesa del paese e del suo ordinamento giuridico democratico ed antifascista, del riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
La politica militare, che si fonda sull'esistenza di un'organizzazione armata, gerarchica e addestrata ad uccidere, confligge con l'imperativo della pace e del rispetto della vita umana.
Le alleanze militari di cui l'Italia fa parte sono coinvolte in guerre criminali.
La produzione e il commercio di armi rendono l'Italia complice di regimi dittatoriali e stragisti.
Si sperperano ingentissime risorse del pubblico erario a fini di morte, mentre si negano risorse adeguate alle attivita' necessarie a salvare le vite.
Nessuno puo' chiudere gli occhi dinanzi a questa tragica realta'.
Cosi' l'opposizione alla guerra, ai suoi strumenti ed ai suoi apparati, e' dovere morale e civile di ogni persona senziente e ragionante, di ogni persona che pensa il pensiero che ogni tradizione culturale orientata al rispetto della vita, al bene comune dell'umanita', proclama e condivide: tu non uccidere; tu salva le vite; tu agisci nei confronti degli altri esseri umani cosi' come vorresti che gli altri esseri umani agissero verso di te; tu riconosciti parte dell'unica umana famiglia e sappi quindi che ogni essere umano ti e' fratello o sorella.
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Quell'obiezione di coscienza che alcuni di noi dichiararono nella nostra ormai lontana gioventu' deve rinnovarsi ogni giorno nell'impegno comune di ogni persona cosciente di essere parte dell'unica umanita' contro tutte le armi, contro tutte le organizzazioni armate, contro tutte le guerre e le uccisioni.
L'impegno comune affinche' tutte le fabbriche di armi siano riconvertite a produzioni civili.
L'impegno comune affinche' tutte le strutture militari siano disarmate, smilitarizzate e riconvertite in difesa civile non armata e nonviolenta.
L'impegno comune affinche' il nostro paese cessi di sperperare ingenti risorse a fini di morte e le investa invece a promuovere e garantire la vita, la pace, la salute e l'assistenza, la civile convivenza, il soccorso umanitario, la cooperazione internazionale, la difesa della biosfera, il bene comune dell'umanita'.
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Le armi sono nemiche dell'umanita', poiche' sempre esse minacciano e uccidono, minacciano e uccidono gli esseri viventi, minacciano e uccidono gli esseri umani.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
Solo facendo il bene si contrasta il male.
Solo la nonviolenza si oppone alla violenza.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
2. MAESTRI. PAOLO POMBENI: GIUSEPPE DOSSETTI (2012)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani]
Giuseppe Dossetti nacque a Genova il 13 febbraio 1913 da Luigi, farmacista, e da Ines Ligabue.
Il padre era piemontese e la madre di Reggio Emilia e si trovavano a Genova solo per il lavoro del padre. Gia' nel giugno di quell'anno la famiglia si trasferi' a Cavriago, un piccolo paese del Reggiano, dove Luigi aveva rilevato la locale farmacia. La madre aveva una fortissima spiritualita' che trasmise ai figli, il secondo dei quali, Ermanno, nacque il 16 marzo 1915. I fratelli frequentarono le scuole superiori a Reggio Emilia, dove Dossetti consegui' brillantemente la maturita' classica nel 1930.
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Nasce l'impegno politico
Quegli anni furono formativi e assai importanti per lo sviluppo della forte personalita' di Dossetti. Il clima culturale del liceo era quello della provincia colta italiana sotto il fascismo, con docenti qualificati e di ampi interessi culturali. L'aura dominante era la tipica versione ibrida del fascismo/nazionalismo, che portava a seguire le scansioni piu' o meno liturgiche imposte dal regime. A dispetto di affermazioni autobiografiche sulla maturazione di un irriducibile antifascismo (Ho imparato a guardare lontano, 2008), esiste documentazione (Galavotti, 2006) che testimonia una sua partecipazione da giovanissimo a qualche evento della cultura locale fascista. Il fatto e' meno contraddittorio di quanto a volte si e' sostenuto. Come moltissimi della sua generazione, nella prima giovinezza egli segui', sia pure marginalmente, il flusso del conformismo lealista senza farsi coinvolgere in una vera e propria adesione all'ideologia fascista. Piu' maturava e piu' cambiava pelle lo stesso fascismo, che dopo il 1936 ando' accentuando un certo radicalismo identitario, piu' Dossetti si allontanava anche da quella adesione superficiale, giungendo alla fine a una severa condanna di quell'ideologia e di quel regime.
La politica costituiva a quel tempo un interesse del tutto marginale. La sua concentrazione riguardava piuttosto il settore della vita spirituale e religiosa. La svolta avvenne nel 1930, quando inizio' il suo intenso impegno nelle file dell'Azione Cattolica, soprattutto sotto la direzione di Dino Torreggiani, una figura carismatica di sacerdote molto impegnato nel sociale ma anche attento a promuovere un impegno di ascesi personale. Con lui Dossetti lavoro' lungo tutto il suo percorso universitario all'oratorio S. Rocco, in un'azione che faceva convivere l'attenzione agli emarginati con una ricerca di severa perfezione interiore. In parallelo sviluppo' interessi verso lo studio della Bibbia, godendo della presenza a Reggio Emilia di Leone Tondelli, biblista di un certo spessore che fu tra il collaboratori dell'Enciclopedia Italiana.
Nell'ottobre 1930 si iscrisse alla facolta' di giurisprudenza dell'Universita' di Bologna. I risultati dei suoi studi universitari furono brillanti, ma fu pochissimo coinvolto nella vita dell'ateneo: per nulla sul versante studentesco, poco anche su quello del contatto con i docenti (il solo che lo colpi' profondamente fu il civilista Antonio Cicu). Scelse una tesi in diritto canonico con Arturo Carlo Jemolo, che fu chiamato all'Universita' di Roma, dove insegno' dal primo novembre 1933, e dunque per la laurea ebbe come relatore il successore di Jemolo, Cesare Magni. Si laureo' con lode il 16 novembre 1934 con la tesi La violenza nel matrimonio canonico. Svolgimento storico e disciplina vigente: un'indagine sul canone 1087 del Codex Juris Canonici pio-benedettino, che stabilisce l'invalidita' del matrimonio celebrato sotto il ricatto della violenza o di un timore grave ("ob vim vel metum gravem"). Il testo, molto complesso e gia' ricco di un ben costruito storico sull'evoluzione della dottrina in materia, divenne fondamentale nella sua produzione di giurista. E' probabile che il tema scelto fosse una via per elaborare la questione del primato della sostanza e della coscienza sulla forma istituzionale (il sacramento del matrimonio non e' un fatto magico, ma un atto di adesione dell'animo a una forma, per quanto particolare, di consacrazione). Al tempo stesso e' proprio il diritto che, nella formulazione del Codex e prima nella elaborazione dottrinale, conferisce forza sociale a quel primato.
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L'esperienza dell'Universita' Cattolica e dei laici consacrati
L'esperienza di quella ricerca convinse Dossetti a proseguire sulla via degli studi. Nel novembre 1934 si presento' ad Agostino Gemelli chiedendo di essere accolto presso l'Universita' cattolica del Sacro Cuore. La decisione fu forse presa anche con la mediazione del suo amico Sergio Pignedoli (nato nel 1910, era stato dal 1933 al 1934 vicerettore del seminario di Reggio Emilia, quando venne chiamato come cappellano all'Universita' cattolica). Gemelli lo accolse come perfezionando in diritto romano sotto la direzione di Biondo Biondi, che gli affido' una ricerca sul senatoconsulto di Nerone. In Cattolica – alloggiava presso il collegio Augustinianum – trovo' un ambiente intellettuale stimolante e strinse rapporti duraturi con Antonio Amorth, assistente di diritto amministrativo, e con Giuseppe Lazzati, assistente al seminario di filologia classica, ma soprattutto dirigente della Gioventu' Italiana di Azione Cattolica (Giac) milanese.
In quell'ambiente sembro' esservi il contesto favorevole per un'esperienza per lui molto attraente, quella dei laici consacrati. Gemelli aveva fondato, con Francesco Olgiati, il sodalizio dei Missionari della regalita' di Nostro Signore Gesu' Cristo, i cui membri laici, divisi in un ramo maschile e uno femminile, si consacravano in segreto facendo voto di castita' e promessa di poverta', obbedienza e apostolato. Dossetti vi fu ammesso nel 1936, quando a Reggio Emilia questo tipo di movimenti era in crisi: l'Opera del Divino Amore di Angelo Spadoni fu sciolta per sospetti verso le sue pratiche mistiche; la riorganizzazione dell'universo ecclesiastico che ne segui' mise fine anche all'esperienza di Dino Torreggiani e dell'oratorio di S. Rocco.
Nello stesso 1936 Gemelli consenti' a Dossetti di passare come assistente volontario alla cattedra di diritto canonico retta da Vincenzo Del Giudice. La nuova collocazione gli permetteva di riprendere il tema della tesi di laurea; fu un lavoro lentissimo, come gli rimproverava continuamente Gemelli: solo nel 1942 approdo' a un'edizione provvisoria come monografia per la libera docenza, che consegui' con lusinghiero giudizio, e l'anno seguente come libro per le edizioni di Vita e Pensiero.
Non era pero' quello il centro dell'attivita' di Dossetti. Non lo soddisfaceva l'esperienza della consacrazione nel sodalizio dei Missionari, che nel 1937-38 visse una crisi interna, quando il responsabile maschile, Giovanni Spagnolli, ruppe il voto di castita' per sposare una ragazza dello stesso sodalizio e Gemelli nomino' al vertice Luigi Gedda, presidente nazionale della Giac. Il movimentismo di quest'ultimo a scapito di una solida formazione interiore lo mise in conflitto con Lazzati, presidente della Giac milanese, che usci' dal sodalizio, presto seguito dallo stesso Dossetti. Nonostante cio', continuo' la collaborazione col rettore della Cattolica, che lo coinvolse in importanti iniziative. Innanzitutto gli fece scrivere, nel 1939, una memoria poi inviata come opera dello stesso Gemelli all'appena eletto papa Pio XII, sulla specificita' delle "associazioni di laici consacrati a Dio nel mondo". Si tratta di un contributo doppiamente importante, sia perche' fu alla base delle decisioni di Pio XII a favore del riconoscimento degli Istituti secolari, sia perche' sviluppo' come fattore caratteristico di quel tipo di sodalizi i concetti di donazione e di olocausto che tanta importanza avrebbero avuto nel pensiero di Dossetti. In quella fase maturo' il suo giudizio radicalmente negativo sul fascismo.
Nel 1940, anno dell'entrata in guerra dell'Italia, Dossetti vinse il concorso per assistente di ruolo alla cattedra di diritto canonico, ma inizio' anche, sia pure inizialmente in sordina, una riflessione sul significato della guerra che stava sconvolgendo il mondo. Nell'ottobre 1941 un gruppo di persone, moderate da Dossetti, tra le quali Amintore Fanfani, Amorth, Lazzati, il gesuita Carlo Giacon, Sofia Vanni Rovighi, poi Carlo Colombo, occasionalmente Giorgio La Pira e altri, inizio' a radunarsi tutti i venerdi' in casa di Umberto Padovani, docente di filosofia alla Cattolica, per riflettere sulla crisi indotta dalla guerra e sulla inevitabilita', e sulla auspicabilita', di un regime democratico a cui i cattolici avrebbero dovuto dare il loro apporto convinto. Da queste discussioni Dossetti registro' una serie di posizioni in un documento che ando' perduto durante la sua azione nella resistenza. Quel lavoro ottenne una sorta di validazione nel radiomessaggio per il Natale 1942, in cui il pontefice, discutendo su "l'ordine interno degli stati", si espresse in maniera criptica sulla democrazia come migliore forma della vita politica. La necessita' di capire gli obiettivi di Pio XII non sfuggi' a Gemelli, che mise al lavoro un'equipe della sua universita', in cui incluse Dossetti, per un'interpretazione del testo. La tesi di Dossetti, secondo cui Pio XII si apprestava a superare la tradizionale dottrina di Leone XIII della "indifferenza" della Chiesa per le varie forme politiche a favore di un riconoscimento del sistema democratico come il piu' aderente alla dottrina cattolica, fu riservatamente sottoposta al papa, la cui sibillina risposta fu che per il momento la questione era sospesa, facendo cosi' intendere che si coglieva nel segno, sia pure in prospettiva, cosa confermata dai successivi pronunciamenti pontifici.
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L'azione partigiana e il ruolo nella Costituente
Dossetti, che sempre nel 1942 ebbe un primo incarico in diritto ecclesiastico e canonico all'Universita' di Modena (su quella cattedra fu ordinario dal 1947), dovette confrontarsi con l'evoluzione della situazione italiana dopo la caduta del regime fascista e l'armistizio dell'8 settembre 1943. Del movimento di resistenza armata, rapidamente sviluppatosi in Emilia, fecero parte anche giovani cattolici, come fu il caso, nel modenese, del gruppo capeggiato da Ermanno Gorrieri, che si rivolse a Dossetti come a un riferimento politico-ideale. In un primo momento Dossetti ritenne che i cattolici, di fronte a una guerra civile, avrebbero dovuto schierarsi certamente a favore di un regime democratico ma non partecipare alla lotta armata. Presto pero' si rese conto della difficile pratica di questa scelta e si lascio' coinvolgere, insieme con il fratello Ermanno, nel movimento di resistenza: entro' prima nel Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) della sua Cavriago e poi, nel dicembre 1944, nel Cln provinciale di Reggio Emilia, di cui fu eletto presidente.
La scelta di essere un "partigiano disarmato" derivava semplicemente dalla sua personale posizione di uomo "consacrato" (era terziario francescano), ma dal febbraio 1945 fu in montagna con le formazioni armate partigiane e partecipo' ad azioni militari come la battaglia di Ca' Marastoni (primo aprile 1945) da lui rievocata nel suo discorso alla Costituente del 21 marzo 1947. Nell'azione partigiana Dossetti si impegno' a dare contenuto politico alla presenza cattolica, inquadrandola nel nuovo partito in formazione della Democrazia Cristiana e sottraendola alle tentazioni di un vago movimentismo legato a impulsi provenienti da alcuni settori del clero; opero' inoltre allo scopo di coinvolgere nella direzione della lotta partigiana elementi di comune fiducia in un futuro sviluppo democratico dello Stato espungendo conati ribellistici e giustizialismi giacobini.
A conclusione della lotta di liberazione, nell'aprile 1945, fu confermato presidente del Cln di Reggio Emilia, a riprova del prestigio che si era guadagnato nonostante la predominanza politica del Partito Comunista Italiano (PCI) tra le forze partigiane. In quel ruolo agi' per contenere gli eccessi vendicativi presenti in una provincia esacerbata non solo dai lunghi mesi di guerra civile, ma dai ricordi della violenza fascista nel ventennio precedente. Sempre nell'aprile 1945, col secondo decreto di costituzione della Consulta nazionale fu nominato tra i membri di quell'organismo in quota Cln.
L'attivita' di Dossetti alla Consulta fu scarsa, mentre cresceva la considerazione di cui godeva nella DC. Il 12-15 maggio 1945 presiedette il convegno nazionale dei gruppi giovanili DC ad Assisi e nel Consiglio nazionale del partito, tenutosi il 3 agosto e che era indirizzato all'apertura nei confronti delle forze del Nord liberato, fu cooptato insieme con Giulio Andreotti come secondo esponente del movimento giovanile. Nella contestuale elezione della nuova direzione fu eletto vicesegretario insieme con Attilio Piccioni e Bernardo Mattarella. Con questa nomina Dossetti si trasferi' a Roma per lavorare alla direzione del partito, e chiamo' a collaborare con lui il suo collega in Cattolica Fanfani, a cui affido' la direzione dell'ufficio Studi Propaganda e Stampa (Spes). Intanto, il primo settembre 1945, partecipò al congresso del Cln Alta Italia (Clnai) al Teatro Lirico di Milano e si pronuncio' per lo scioglimento dei Cln come responsabili a livello locale della direzione politica postbellica, che doveva tornare ai normali organi dello Stato.
La sua attivita' nel partito punto' su due obiettivi: fornire alla DC una base ideologica all'altezza delle sfide dei tempi e indirizzarla verso una scelta repubblicana in vista della decisione sul regime politico che si imponeva con la fine delle ostilita'. Su questo punto entro' in contrasto con Alcide De Gasperi, che invece puntava alla scelta cosiddetta "agnostica": il partito non si schiero' ne' per la monarchia ne' per la repubblica, lasciando liberta' di scelta ai suoi elettori. Dossetti interpreto' questa tattica come una decisione favorevole alla monarchia e ostile all'impegno filorepubblicano espresso dalla grande maggioranza dei quadri. Pertanto indirizzo' una dura lettera a De Gasperi (consegnata il 7 marzo 1946) in cui gli contestava la decisione e si dimise dalla vicesegreteria e dalla direzione del partito. Nonostante questo, al primo congresso nazionale della DC (24-27 aprile 1946) risulto' quarto fra gli eletti al Consiglio nazionale.
Continuo' pertanto la sua propaganda repubblicana in vista del referendum del 2 giugno e delle connesse elezioni per l'assemblea costituente, nelle quali fu eletto nel collegio Parma-Modena-Piacenza-Reggio Emilia con 29.793 preferenze. In quella fondamentale assemblea Dossetti giunse rapidamente a una posizione di guida non conferitagli dal partito (il capogruppo della DC era Umberto Tupini), ma guadagnata sul campo sia per la sua abilita' nella conduzione dei lavori, sia per la sinergia che stabili' con il suo gruppo di giovani amici (La Pira, Fanfani, Lazzati, Aldo Moro, ben presto soprannominati "i professorini"), sia, non da ultimo, per un certo favore con cui alcuni ambienti vaticani lo guardavano in quanto capace di imporsi naturalmente come punto di riferimento in un contesto cosi' difficile.
Il contributo di Dossetti e del suo gruppo alla Costituente fu notevole. Si deve a lui l'orientamento del lavoro della Commissione incaricata di preparare la bozza di Costituzione (la Commissione dei 75 presieduta da Meuccio Ruini) per un lavoro su tre sottocommissioni: sui diritti e i doveri dei cittadini; sull'organizzazione costituzionale dello Stato; sui diritti e i doveri in campo economico e sociale. I dossettiani (Dossetti, La Pira, Moro) si concentrarono sulla prima, che in realta' si occupo' di disegnare il sistema di valori a cui si ispirava il nuovo testo. Fanfani agi' solitario nella terza ottenendovi pero' una posizione centrale, mentre nella seconda Dossetti stabili' un buon rapporto con il costituzionalista Costantino Mortati, che si fece propugnatore di alcune istanze molto sentite dal gruppo.
Accanto agli interventi personali, costanti in sede di prima sottocommissione, Dossetti si dedico' a un delicato ma importantissimo lavoro di regia degli interventi nel suo gruppo, lasciando una forte impronta sulla scrittura della Carta: l'impostazione personalistica del riconoscimento dei diritti di cittadinanza, la definizione della Repubblica come "fondata sul lavoro", i limiti costituzionali al potere dello Stato, il rilievo dato ai moderni partiti come pilastri del sistema democratico.
Si fece carico del lavoro piu' delicato: come dar corso alla richiesta perentoria del Vaticano di un riconoscimento costituzionale dei Patti Lateranensi, e in specie del Concordato del 1929, aggirando l'ostilita' verso un accordo ritenuto strumento di consolidamento del fascismo e dal contenuto illiberale in alcune norme del Concordato. Su questo terreno gioco' una partita quasi spericolata. Come oggi e' noto, il Vaticano non sentiva ragioni su quel terreno e premeva sui dossettiani, che apparentemente si dichiaravano pronti a prendere in considerazione i "suggerimenti" dei vertici ecclesiastici, ma in realta' li piegavano alle loro intenzioni (una tattica che Dossetti segui' piu' volte). In sede di sottocommissione tento' di risolvere la questione inserendo la ricezione degli accordi tra Stato e Chiesa in un vasto quadro di riconoscimento dei rapporti dello Stato con gli altri ordinamenti internazionali. Fu sconfitto sia per l'incomprensione da parte delle sinistre sia per la pronta reazione dei rappresentanti della maggioranza DC, ben contenti di scalzare il giovane professore dalla posizione di interlocutore privilegiato del Vaticano; Dossetti tento' in extremis di interpretare comunque in quel senso il testo che sarebbe diventato l'articolo 7 della Costituzione. Nel gia' citato discorso in aula del 21 marzo 1947 sostenne che la costituzione ratificava il metodo concordatario e solo come conseguenza relativa il Concordato del 1929; che vi era stata una renovatio di quel patto originario perche' ora erano diversi i contraenti, il primo essendo il nuovo Stato democratico, il secondo una Chiesa che si era scoperta teologicamente "Chiesa del verbo incarnato" (tesi che certo non suscitava le gioie della teologia romana); che quel passaggio era necessario perche' i cattolici, rimasti a lungo ai margini della nuova Italia per la questione romana, potessero ora a pieno titolo essere protagonisti della ricostruzione democratica.
Nessuna di questi tesi ebbe molta fortuna sul momento, ma tutte sono importanti per capire l'evoluzione del pensiero dossettiano. Dossetti aveva infatti ripreso il cammino sul tema della presenza dei cattolici nella societa' civile. Nel settembre del 1946 fondo' un movimento dal nome significativo di Civitas Humana, una sorta di secolarizzazione del sistema delle associazioni dei laici consacrati. Si trattava infatti di formare una nuova classe dirigente di cattolici impegnati a partire da un assioma che sarebbe diventato fondamentale nel lungo percorso di Dossetti: "ad ogni grande rinnovamento della struttura di una civilta' corrisponde e presiede (deve corrispondere e presiedere) un rinnovamento della Chiesa" (Scritti politici, 1995, p. 311). Per rispondere alla domanda che individuava nella crisi di civilta' culminata nella seconda guerra mondiale, era necessario che il cattolicesimo desse una testimonianza rigorosa e senza compromessi della fede nella necessita' di un radicale rinnovamento.
Cio' lo portava inevitabilmente in rotta di collisione col progetto politico di De Gasperi, che nella DC vedeva non un movimento di testimonianza del radicalismo evangelico, ma un partito politico il cui fine era la conquista della maggioranza di governo per la gestione di una difficile transizione che andava realizzata tenendo conto della normalita' delle regole della politica. Cosi' il 4 settembre 1946, con una lettera a De Gasperi, Dossetti si dimise nuovamente dal Consiglio nazionale. In quel momento era quasi interamente assorbito dai lavori della Costituente, a cui si dedicava con tutto il suo gruppo (che nel frattempo aveva trovato una sede comune in via della Chiesa nuova 14 presso le sorelle Portoghesi, divenuta nota come "comunita' del porcellino").
Tuttavia il lavoro alla Costituente andava verso la conclusione, cosa che rilanciava il problema dell'azione nel partito. A questo fine Dossetti e i suoi amici fondarono una rivista quindicinale di presenza intellettuale che, scartato l'ambizioso ma criptico titolo di Metodo nuovo, assunse la testata Cronache sociali con il primo numero, del 5 maggio 1947. La rivista voleva rivitalizzare la presenza politica dei cattolici in un'ottica diversa da quella del partito guidato da De Gasperi. Ne e' testimonianza il celebre articolo Fine del tripartito? pubblicato sul secondo numero a commento della rottura dell'alleanza governativa fra la DC e le Sinistre: criticando duramente l'ambiguita' politica del PCI e dunque sostenendo l'impossibilita' di proseguire in quella collaborazione, Dossetti auspicava che la DC si assumesse da sola l'eredita' degli orientamenti politici che avevano animato l'esperimento dell'alleanza fra i grandi partiti popolari. De Gasperi, al contrario, puntava ad avviare un'alleanza con i partiti centristi, eredi sostanzialmente degli equilibri espressi dalla classe dirigente prefascista.
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La proposta politica: affermazioni e contrasti
Nonostante la presa di distanza dalla dirigenza della DC, nel II Congresso nazionale del partito (Napoli, 15-19 novembre 1947) Dossetti fu rieletto in Consiglio nazionale e poi nella Direzione. Tuttavia l'esperienza politica, concludendosi ormai la fase della Costituente, non era piu' al centro della sua attenzione. Nel febbraio 1948 chiese alla Segreteria di Stato in Vaticano, con un documento scritto, di essere esentato dalla candidatura alle successive elezioni politiche. Pochi giorni dopo Pio XII gli fece comunicare dal sostituto presso la Segreteria di Stato Angelo Dell'Acqua il desiderio che continuasse la sua attivita' politica.
Accettata la candidatura nelle liste della DC, nella tornata del 18 aprile 1948 fu eletto con 44.677 voti di preferenza. Torno' a battersi per la sua idea della missione del partito cattolico: in forza della chiara maggioranza allora ricevuta avrebbe dovuto governare da solo per realizzare un programma radicalmente innovatore senza sottostare ai compromessi imposti dai partiti moderati. Cio' lo riporto' in rotta di collisione con De Gasperi, tanto che non solo non ne sostenne il candidato alla presidenza della Repubblica (Carlo Sforza), ma fu per tanti versi il deus ex machina nel determinare l'elezione a quella carica di Luigi Einaudi, tagliando fuori dalle trattative il PCI.
Un altro punto di rottura con la politica del presidente del Consiglio fu nel dibattito sull'adesione al Patto atlantico. Dossetti riteneva che l'Italia dovesse star fuori dallo schieramento bipolare uscito dalla guerra per poter operare come ponte fra Ovest ed Est, ma fini' sconfitto e isolato nel partito: nel marzo 1949 in sede di gruppi parlamentari voto' contro, con altri membri del suo gruppo, ma agli inizi di aprile nel voto in aula si espresse, con i suoi, a favore della ratifica.
Si giunse cosi' al momento culminante di verifica della proposta politica dossettiana, che ora si muoveva verso l'affermazione del "partito programmatico", contro le visioni dell'unita' confessionale a tutti i costi (l'ipotesi di Gedda con la sua visione di un'Azione Cattolica dominante sulla DC attraverso i Comitati civici) e del "partito nazionale" sulla base del cattolicesimo come collante culturale, visione che era in fondo quella di De Gasperi. Nel III Congresso nazionale del partito (Venezia, 2-6 giugno 1949), Dossetti diede battaglia per ottenere una pronuncia a favore del "terzo tempo sociale", cioe' di un vasto e radicale progetto di riforme. Ottenne una piccola affermazione personale, ma politicamente il congresso fu vinto da De Gasperi, che finse di accettare una mediazione con i dossettiani, ma li divise attirando Fanfani nell'area governativa e lasciando Dossetti nel limbo di un suo incerto ruolo di guida spirituale sulle correnti progressiste del movimento cattolico.
Dossetti appariva emarginato. Lo richiamo' sulla scena politica la grave crisi sociale tra la fine del 1949 e l'inizio del 1950, che comporto' una forte presenza ideologica capace di mobilitare (e nobilitare) la politica nazionale degasperiana. Era l'esigenza di dare risposta a quella che La Pira defini' in un famoso articolo L'attesa della povera gente (Cronache sociali, 15 aprile 1950): una politica di impronta in senso lato keynesiana, che superasse l'egemonia esercitata dagli economisti liberali devoti al monetarismo classico.
Nel Consiglio nazionale del 16-19 aprile 1950 Dossetti fu eletto vicesegretario accanto al nuovo segretario, Guido Gonella, anche con una certa apertura di De Gasperi che plaudi', non e' chiaro quanto strumentalmente, alla sua forza di animatore. In quella nuova fase Dossetti si impegno' con passione sia per sostenere un vasto programma di riforme (furono realizzate la legge stralcio sulla Sila e fu avviata la Cassa per il Mezzogiorno) sia per rianimare il partito come centro di elaborazione politica e non semplice supporto organizzativo del consenso al governo. Il secondo punto riapri' presto la frattura con De Gasperi, mentre la situazione internazionale si inaspriva con lo scoppio, nel giugno 1950, della guerra di Corea, e sul piano interno al partito la corrente maggioritaria degasperiana si organizzava per emarginare la componente dossettiana.
Dossetti torno' a essere preso dalle sue riflessioni di natura religiosa su quella che gli appariva nuovamente come una crisi storica decisiva. Nell'ottobre 1950 era tornato a una piu' intensa presenza nella vita consacrata, entrando nell'Istituto secolare dei Milites Christi fondato da Lazzati.
Fra il marzo e l'aprile 1951 si apri' uno scontro interno alla DC, che culmino' nel Consiglio nazionale di Grottaferrata (29 giugno - 3 luglio), dove avvenne un primo confronto, non ancora risolutivo, fra le correnti. Il 12 luglio il gruppo parlamentare votò una censura alla linea economica del ministro Giuseppe Pella, dalla quale derivo' una crisi di governo.
Dal 4 al 5 agosto e dal primo al 2 settembre 1951 Dossetti raccolse al castello di Rossena, presso Reggio Emilia, un ampio gruppo di persone con le quali aveva condiviso l'avventura politica e le prospettive culturali che l'avevano ispirata e annuncio' la decisione di ritirarsi dalla vita politica. La spiegazione insisteva, ancora una volta, sulla crisi storica che si viveva e sull'inadeguatezza degli strumenti politici tradizionali per rispondervi, a cominciare dal partito. Su queste premesse si dimise dal Consiglio nazionale e dalla direzione della DC. Nel luglio 1952 seguirono le dimissioni dal Parlamento.
Il 12 novembre 1951 aveva pronunciato al convegno dell'Unione dei giuristi cattolici a Camaldoli un impegnativo discorso su Funzioni e ordinamento dello Stato moderno, una definizione delle sue riflessioni sul contesto dell'azione politica nel mondo contemporaneo. Da quel momento Dossetti lavoro' alla creazione di un'istituzione dedicata alla ricerca storico-teologica: sullo sfondo, come si preciso' sempre meglio, il problema di quella riforma della Chiesa che fin dal 1946 aveva giudicato incapace di affrontare la sfida della crisi storica. A questo scopo nell'autunno del 1952 fondo' a Bologna, nella sede in via S. Vitale 114, un centro di documentazione; la scelta della citta' fu dovuta all'insediamento, avvenuto a giugno, del vescovo Giacomo Lercaro, con cui aveva gia' stabilito un rapporto. Attorno al "Centro" Dossetti creo' un gruppo di giovani ricercatori, sempre sotto la spinta del discorso su quella che aveva chiamato "la catastrofe civile e la crisi della Chiesa": apri' un filone di ricerca sui concili e in particolare sul Concilio di Trento, prendendo contatti, dal dicembre 1954 ,con Delio Cantimori e soprattutto con Hubert Jedin, la cui tesi dell'eta' del Concilio di Trento come "riforma cattolica" piuttosto che come "controriforma" si adattava bene all'interpretazione dossettiana del momento storico.
Da quell'impegno Dossetti fu presto distratto dalla decisione del cardinale Lercaro di volerlo candidato, nel 1956, a sindaco di Bologna. Non riteneva fondata la convinzione del cardinale, secondo il quale Bologna era una citta' favorevole al PCI prevalentemente a causa dell'assenza di una guida cattolica aperta ai problemi sociali e carismatica, ma accetto' la candidatura per obbedienza. Accolto dalla DC bolognese come capolista, imposto' la sua azione su due direttrici: un programma nettamente politico-riformatore, steso con un gruppo di tecnici e pubblicato come Libro bianco su Bologna; una campagna elettorale con una connotazione nettamente di sinistra, attaccando il PCI come partito in fondo moderato, partito rosa piu' che rosso, e rifiutando un qualsiasi coordinamento con i partiti anticomunisti del centro-destra. Il risultato elettorale confermo' la sua analisi: fu sconfitto e la maggioranza rimase nelle mani del PCI e del sindaco Giuseppe Dozza. A dispetto delle dichiarazioni di uno stizzito Lercaro, secondo il quale Bologna era corsa "a sbattezzarsi", egli aveva raggiunto in un certo senso il suo obiettivo politico: dimostrare che era finita l'era della cristianita', che i cattolici erano ormai minoranza (come affermo' in un discorso in Consiglio comunale il 30 luglio 1956) e che dunque non aveva piu' senso parlare di una presenza politica in senso proprio cattolica e determinante nel quadro italiano.
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Da politico a riformatore cristiano
Si chiudeva cosi' la fase del Dossetti politico e si apriva quella del riformatore cristiano. Gia' alla fine del 1955 aveva fondato una sua comunita' monastica, la Piccola famiglia dell'Annunziata, e aveva manifestato il desiderio di essere ordinato prete. Per sottolineare la radicalita' della svolta lascio', alla fine del 1956, il ruolo di professore universitario e, il 25 marzo 1958, il Consiglio comunale di Bologna, ai lavori del quale aveva nel frattempo regolarmente partecipato con impegno. Il 6 gennaio 1959 fu ordinato sacerdote.
Quasi contemporaneamente, il 25 gennaio 1959, Giovanni XXIII indisse il Concilio ecumenico. Dossetti mise al lavoro un gruppo di studiosi per produrre una raccolta dei decreti dei concili: usci' in volume col titolo Conciliorum Oecumenicorum Decreta e fu consegnato in udienza al pontefice, il 2 ottobre 1962, da Dossetti stesso e dai curatori (Giuseppe Alberigo, Paolo Prodi, Boris Ulianich, Jedin, Claudio Leonardi, Perikles P. Joannou). Dal 31 agosto 1961 il Centro di documentazione di Dossetti si strutturo' come Istituto per le scienze religiose, emanazione dell'Associazione per lo sviluppo delle scienze religiose in Italia di cui Dossetti assunse la presidenza.
Il lavoro di animazione della fase preparatoria del Concilio era stato intenso: Dossetti aveva organizzato a Bologna presso il suo istituto incontri e confronti con molti dei grandi protagonisti della cultura teologica riformatrice, cooperando anche con il cardinale Lercaro alla preparazione della grande assise. Tuttavia, quando il Concilio si apri' (11 ottobre 1962), egli non fu direttamente coinvolto. Solo il 5 novembre 1962 il vescovo di Bologna lo chiamo' a Roma per lavorare come suo perito esterno. Dall'estate del 1963 inizio' un coinvolgimento piu' intenso.
Il Concilio era in affanno per una farraginosa organizzazione dei lavori e per i contrasti fra la Curia romana e i padri conciliari riformatori: la Curia riteneva che il Concilio dovesse semplicemente ratificare i documenti che da essa provenivano. A Dossetti, data la sua esperienza di costituente, si chiese l'elaborazione di un regolamento dei lavori dell'assemblea: nel testo che preparo', la direzione dei lavori era affidata a quattro moderatori (sarebbero stati i cardinali Gregorio P. Agagianian, Leon-Joseph Suenens, Julius A. Doepfner e Lercaro). Paolo VI approvo' l'impianto e Dossetti fu chiamato come segretario dei quattro moderatori senza tuttavia essere nominato perito conciliare (sebbene vi fossero oltre 600 persone che si fregiavano di quel titolo).
Il 30 ottobre 1963 ottenne dai moderatori e, non senza fatica, da Paolo VI che l'assemblea si esprimesse preventivamente su alcuni nodi ecclesiologici, come la sacramentalita' della consacrazione episcopale, la collegialita', il diaconato. Il 4 dicembre 1963 il papa licenzio' solennemente il decreto De Liturgia in cui sanciva "unitamente ai padri conciliari quanto e' stato sinodalmente approvato", utilizzando la formula, elaborata da Dossetti con la collaborazione di Jedin e di Carlo Colombo, che sembra segnare la vittoria della tradizione conciliarista contro il centralismo curiale romano.
L'impegno nell'officina del Concilio prosegui' intensamente con il consueto lavoro, piu' o meno dietro le quinte, a sostegno delle battaglie piu' difficili, come quella sulle relazioni fra la Chiesa e il popolo ebraico o la preparazione, nel febbraio 1965, del discorso del vescovo Luigi Bettazzi per la canonizzazione in Concilio di Giovanni XXIII (un'iniziativa non gradita a Paolo VI). Intanto il 30 settembre 1964 Dossetti era stato nominato formalmente perito del Concilio.
Chiusasi la vicenda conciliare, l'8 dicembre 1965, rientro' a Bologna per collaborare col vescovo alla riorganizzazione della diocesi secondo i dettami conciliari. A questo fine il 2 gennaio 1967 Lercaro lo nomino' provicario della diocesi: avrebbe voluto conferirgli un diritto di successione all'episcopato, ma il Vaticano si oppose.
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La vita monastica
Il 6 gennaio 1968, nel discorso per la celebrazione della prima giornata della pace indetta da Paolo VI, Lercaro condanno' duramente i bombardamenti americani sul Nord Vietnam, cosa che irrito' il pontefice, convinto che cio' potesse far naufragare un confuso piano di mediazione vaticana nel conflitto. In conseguenza, il 2 febbraio Lercaro fu rimosso dalla diocesi di Bologna. L'11 febbraio Dossetti abbandono' tutti gli incarichi diocesani e inizio' un'ulteriore fase della sua esperienza, concentrandosi totalmente sul problema della vita monastica. Nell'estate del 1972 si stabili' a Gerico, nei territori occupati da Israele, con un gruppo di fratelli della sua comunita'. Questa scelta di una migrazione in Oriente alla ricerca delle radici profonde del cristianesimo, da indagarsi anche nella mistica di altre religioni orientali, sembro' un addio definitivo all'Italia, ma in realta' i rapporti non si interruppero mai.
Una serie di avvenimenti riporto' all'attenzione la sua vicenda e iniziarono a uscire studi sulla sua esperienza politica. Frutto di questa nuova attenzione pubblica fu, il 22 febbraio 1986, il conferimento a Dossetti dell'"Archiginnasio d'Oro" da parte del Comune di Bologna, in occasione del quale pronuncio' un importante discorso autobiografico. Gli eventi internazionali e nazionali lo riportarono a esercitare quella lettura profetica della storia che aveva connotato tutta la sua presenza intellettuale.
Le elezioni del marzo 1994, con la vittoria di una nuova maggioranza politica che faceva perno su Silvio Berlusconi e le ventilate proposte di una piu' o meno radicale revisione dei principi fondanti della Costituzione, allarmarono Dossetti, che rispondendo il 16 aprile a un invito del sindaco di Bologna, Walter Vitali, a partecipare alla celebrazione della ricorrenza del 25 aprile, propose la costituzione di "comitati impegnati e organicamente collegati per una difesa dei valori fondamentali espressi dalla nostra Costituzione" (Sentinella, quanto resta della notte?, Roma 1994, p. 51).
L'invito fu accolto e Dossetti impegno' gli ultimi due anni della sua vita in ripetuti interventi pubblici contro l'ipotesi di una riscrittura radicale della Carta costituzionale, che ammetteva potesse essere rivista in alcune parti, ma respingendo quella che definiva una "mitologia sostitutiva" (I valori della Costituzione, 2005).
Mori' a Monteveglio (Bologna) il 15 dicembre 1996.
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Opere
La violenza nel matrimonio in diritto canonico, Milano 1943 (ed. anastatica 1998); La formazione progressiva del negozio nel matrimonio canonico. Contributo alla dottrina degli sponsali e del matrimonio condizionale, Bologna 1954; il volume Grandezza e miseria del diritto della Chiesa, Bologna 1996, raccoglie suoi interventi nell'ambito dell'attivita' di canonista. Le altre pubblicazioni – discorsi, collazioni di contributi e articoli, epistolari, pubblicati per iniziativa di altri e in genere non rivisti da Dossetti – sono circa un centinaio, e generalmente edite in diverse versioni. Le piu' significative sono: fra i discorsi autobiografici, Con Dio e con la Storia. Una vicenda di cristiano e di uomo, Genova 1987; Ho imparato a guardare lontano, Cavriago 2008; fra gli scritti politici, D. giovane: scritti reggiani 1944-1948, Roma 1982; La ricerca costituente 1945-1952, Bologna 1994; Scritti politici 1943-1951, Genova 1995; La costituzione: le radici, i valori, la riforma, Roma 1996; Due anni a Palazzo d'Accursio: discorsi a Bologna 1956-58, Reggio Emilia 2004; I valori della Costituzione, Napoli 2005; Costituzione e Resistenza, Roma 2007; fra gli scritti relativi al Concilio Vaticano II, Il Concilio Ecumenico Vaticano II, Reggio Emilia 1996; Il Vaticano II: frammenti di una riflessione, Bologna 1996; Per una Chiesa eucaristica: lezioni del 1965, ibid. 2002; fra gli scritti religiosi e spirituali, Eucarestia e citta', Roma 1997; L'identita' del cristiano: esercizi spirituali, Bologna 2000; Un solo signore: esercizi spirituali, ibid. 2001; La parola di Dio seme di vita e di fede incorruttibile, ibid. 2002; Omelie del tempo di Natale, Milano 2004; La parola e il silenzio: discorsi e scritti 1996-1995, ibid. 2005; Omelie e istruzioni Pasquali 1968-1971, ibid. 2005; Lettere alla Comunita' 1964-1971, ibid. 2006; Omelie del tempo di Pasqua, ibid. 2007; Per avere la vita: letture dal Vangelo di Giovanni, Reggio Emilia 2008; Omelie e istruzioni pasquali 1975-1978, Milano 2009; La coscienza della fine: appunti spirituali 1939-1955, ibid. 2010.
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Fonti e bibliografia
Sulla vicenda politica: G. Baget Bozzo, Il partito cristiano al potere. La DC di De Gasperi e di D.: 1945/52, Firenze 1974; P. Pombeni, Le Cronache Sociali di D.: Geografia di un movimento di opinione, ibid. 1976; Id., Il gruppo dossettiano e la fondazione della democrazia italiana, Bologna 1978; G. Trotta, G. D. La rivoluzione nello Stato, Firenze 1996; E. Galavotti, Il giovane D.: 1913-1939, Bologna 2006; L. Giorgi, G. D.: una vicenda politica 1943-1958, Milano 2007. Sulla fondazione e le vicende della sua comunita' monastica: La Piccola famiglia dell'Annunziata: le origini e i testi fondativi 1953-1986, Milano 2004. Sulla partecipazione al Concilio Vaticano II: G. Alberigo, G. D. al Concilio Vaticano II, in appendice a G. Dossetti, Per una Chiesa eucaristica, cit., pp. 139-247. Per una valutazione complessiva dell'opera di D.: G. D.: la fede e la storia. Studi nel decennale della morte, a cura di A. Melloni, Bologna 2007; F. Mandreoli, G. D., Trento 2012.
3. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- AA. VV., Marx vivo, Mondadori, Milano 1969, 1977, 2 voll. di pp. 432 + 416.
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Riedizioni
- Gianfranco Ravasi, Il profeta Geremia, Mondadori, Milano 2020, pp. 138, euro 5,90.
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Maestre
- Rosemary Lynch, Il deserto fiorira'. Scritti e testimonianze sulla pace, Icone Edizioni, Roma 2011, pp. 176.
4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
5. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3740 del 15 maggio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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