[Nonviolenza] Telegrammi. 3732
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 3732
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- Date: Wed, 6 May 2020 19:10:34 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3732 del 7 maggio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Non solo sanatoria, ma abolizione della schiavitu' e dell'apartheid
2. Dal governo razzista al governo mezzo-razzista: quando si tornera' al rispetto della Costituzione repubblicana?
3. Proposta di una lettera da inviare al governo
4. Proposta di una lettera da inviare ai Comuni
5. Siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019
6. Abrogare gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza"
7. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
8. Aldo Capitini: La mia opposizione al fascismo
9. Omero Dellistorti: Frustino
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'
1. L'ORA. NON SOLO SANATORIA, MA ABOLIZIONE DELLA SCHIAVITU' E DELL'APARTHEID
A chi solo oggi ha aperto gli occhi diciamo che occorre non solo una sanatoria per regolarizzare tutte le persone vittime del lavoro nero, ma che occorre finalmente abolire la schiavitu' e l'apartheid nel nostro paese.
Che siano riconosciuti tutti i diritti sociali, civili, politici, umani a tutti gli esseri umani.
Che siano abrogate tutte le scellerate misure razziste e fasciste tuttora presenti nel nostro paese.
Che si riconosca ad ogni essere umano il diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Che si contrasti e si sconfigga la schiavitu', la segregazione, il razzismo e tutte le persecuzioni.
Che si riconosca ad ogni persona l'eguale diritto a partecipare alle decisioni che tutte le persone riguardano. "Una persona, un voto" e' il fondamento della democrazia.
2. L'ORA. DAL GOVERNO RAZZISTA AL GOVERNO MEZZO-RAZZISTA: QUANDO SI TORNERA' AL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA?
Ce lo chiediamo.
Quando verranno processati i membri e i complici del governo razzista che nel 2018-2019 ha commesso flagranti, abominevoli crimini contro l'umanita'?
Quando verranno allontanati dal governo attuale e dall'attuale parlamento i figuri che di quei crimini furono responsabili?
Quando verranno allontanati per sempre da tutti i pubblici uffici?
Un governo mezzo-razzista e' certo meno razzista del precedente governo tutto razzista, ma ancora non e' un governo democratico, ancora non e' un governo fedele alla Costituzione della repubblica italiana, ancora non e' un governo antifascista.
Che la parte antifascista, democratica e fedele alla Costituzione repubblicana del governo, del parlamento e del paese apra gli occhi, rinsavisca, e decida di battersi contro il razzismo e il fascismo, in difesa della legalita' che salva le vite, per inverare la Costituzione repubblicana.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
3. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO
Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.
4. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI
Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.
5. REPETITA IUVANT. SIANO FINALMENTE PROCESSATI I MINISTRI DEL GOVERNO RAZZISTA PER I CRIMINI CONTRO L'UMANITA' COMMESSI NEL 2018-2019
Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019.
Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per le flagranti violazioni del diritto internazionale e della legalita' costituzionale commesse nel 2018-2019.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
La strage degli innocenti nel Mediterraneo e' un crimine contro l'umanita'.
La schiavitu', le persecuzioni e l'apartheid in Italia sono un crimine contro l'umanita'.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
6. REPETITA IUVANT. ABROGARE GLI SCELLERATI ED INCOSTITUZIONALI "DECRETI SICUREZZA DELLA RAZZA"
Nonostante che il governo razzista sia caduto ormai dalla scorsa estate, restano assurdamente, scandalosamente, obbrobriosamente ancora in vigore alcune delle sue scellerate ed incostituzionali misure razziste che violano fondamentali diritti umani, il diritto internazionale e la stessa Costituzione della Repubblica italiana.
Come ad esempio le misure razziste contenute negli infami "decreti sicurezza della razza".
Cosi' come e' giusto, necessario e urgente che finalmente tutti i ministri di allora siano tratti in tribunale a rispondere dei reati razzisti commessi, ugualmente e' giusto, necessario e urgente che quelle misure razziste ed incostituzionali siano abrogate.
*
E' evidente che essendo restato al governo uno dei due partiti che diedero vita al criminale governo razzista nel 2018-2019, e che anzi lo stesso presidente del consiglio dei ministri attuale e' ancora quello che presiedette quel gabinetto razzista, ancora non e' stata pienamente ripristinata la democrazia e la legalita' costituzionale.
Ma e' altrettanto evidente che la democrazia e la legalita' costituzionale devono essere infine ripristinate; che deve cessare la violenza razzista; che quelle misure disumane devono essere abolite, e quei disumani ministri ed i complici loro devono essere allontanati dalle istituzioni democratiche.
*
Contrastare il razzismo e il fascismo, ripristinare la vigenza dei diritti umani e della legalita' democratica, non sono compiti da subordinare a calcoli tattici e a giochi di palazzo, sono invece obbligo morale e civile, dovere fondativo dell'ordinamento democratico e della civile convivenza, sono indispensabile inveramento della Costituzione, sono la politica prima che si oppone alla folle barbarie, che si oppone alle stragi degli innocenti.
Cosicche' non si perda piu' tempo: siano immediatamente abrogati gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza".
*
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Sia soccorsa, accolta e assistita ogni persona bisognosa di aiuto.
Siano rispettati tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
7. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA
Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.
8. MAESTRI. ALDO CAPITINI: LA MIA OPPOSIZIONE AL FASCISMO
[Nuovamente riproponiamo il seguente articolo di Aldo Capitini originariamente apparso su "Il ponte", anno XVI, n. 1, gennaio 1960, disponibile anche nel sito www.aldocapitini.it e nel sito www.nonviolenti.org
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Tra le opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra]
Non e' facile elevarsi su quel patriottismo scolastico che ci coglie proprio nel momento, dai dieci ai quindici anni, in cui cerchiamo un impiego esaltante delle nostre energie, una tensione attiva e appoggiata a miti ed eroi.
Quaranta anni successivi di esperienza in mezzo ad una storia movimentatissima ci hanno ben insegnato due cose: che la devozione alla patria deve essere messa in rapporto e mediata con ideali piu' alti e universali; che la nazione e' una vera societa' solo in quanto risolve i problemi delle moltitudini lavoratrici nei diritti e nei doveri, nel potere, nella cultura, in tutte le liberta' concretamente e responsabilmente utilizzabili.
Quella "patria" che la scuola ci insegno', che era del Foscolo e del Carducci, e diventava del D'Annunzio e del Marinetti, non poteva essere il centro di tutti gli interessi; e percio' potei essere nazionalista tra i dieci e i quindici anni, ma non poi restarlo quando vidi la guerra in rapporto, meno con la nazione, e piu' con l'umanita' sofferente e divisa; quando dalla letteratura vociana e di avaguardia salii (da autodidatta e piu' tardi che i coetanei) alla piu' strenua, vigorosa, e anche filologica classicita', vista nei testi latini, greci e biblici, come valori originali; quando portai la riflessione politica, precoce ma intorbidata dall'attivismo nazionalistico, ad apprezzare i diritti della liberta' e l'apertura al socialismo come cose fondamentali, insopprimibili per qualsiasi motivo.
Umanitario e moralista, tutto preso dalla ricostruzione della mia cultura (eseguita tardi ma con consapevolezza) e anche dal dolore fisico, il dopoguerra 1918-'22 mi trovo' del tutto estraneo al fascismo, anche se avevo coetanei che vi erano attivissimi: non sentii affatto l'impulso ad accompagnarmi con loro. Anzi, mi permettevo nella mia indipendenza, di leggere la "Rivoluzione liberale", di offrire lieto il mio letto ad un assessore socialista cercato dagli squadristi, e la mattina della "Marcia su Roma" sentii bene che non dovevo andarci, perche' era contro la liberta'.
Certo, per chi e' stato, purtroppo (e purtroppo dura ancora), educato a quel tal patriottismo scolastico, per chi non ha potuto nell'adolescenza non assorbire del dannunzianesimo e del marinettismo, qualche volta il fascismo poteva sembrare un qualche cosa di energico, di impegnato a far qualche cosa; e comprendo percio' le esitazioni e le cadute di tanti miei coetanei, che hanno come me press'a poco gli anni del secolo.
Se io fui preservato e salvato per opera di quell'evangelismo umanitario-moralistico e indipendente, per cui non ero diventato ne' cattolico (pur essendo teista) ne' fascista, e preferii rinunciare alla politica attiva, a cui pur da ragazzo tendevo, scegliendo un lavoro di studio, di poesia, di filosofia, di ricerca religiosa; tanti altri, anche per il fatto di essere stati in guerra (io ero stato escluso perche' riformato), lungo il binario del patriottismo, del combattentismo, dello squadrismo, videro nel fascismo la realizzazione di tutto.
Queste mie parole sono percio' un invito a diffidare del patriottismo scolastico, che puo' portare a tanto e a giustificare tanti delitti, e un proposito di lavorare per un'educazione ben diversa. Questa e' dunque la prima esperienza che ho vissuto in pieno: ho potuto contrastare al fascismo fin dal principio perche' mi ero venuto liberando (se non perfettamente) dal patriottismo scolastico; esso fu uno degli elementi principalmente responsabili dell'adesione di tanti al fascismo.
*
Ed ora vengo alla seconda esperienza fondamentale. Si capisce che mentre il fascismo si svolgeva, quasi insensibile com'ero alla soddisfazione "patriottica", mi trovavo contrario alla politica estera ed interna. Per l'estero io ero press'a poco un federalista, e mi pareva che un'unione dell'Italia, Francia, Germania (circa centocinquanta milioni di persone) avrebbe costituito una forza viva e civile, anche se l'Inghilterra fosse voluta rimanere per suo conto; ma ci voleva uno spirito comune, che, invece, il nazionalismo fece rovinare. Ebbi sempre un certo rispetto per la Societa' delle Nazioni; e mi pareva che l'Italia avesse avuto molto col Trattato di Versailles, malgrado le strida dei nazionalisti. Approvavo il lavoro di Amendola e degli altri per un patto con gli Jugoslavi, che ci avrebbe risparmiato tante tragedie e tante vergogne.
Per la politica interna la Milizia in mano a Mussolini, il delitto Matteotti, la dittatura e il fastidio, a me lettore e raccoglitore di vari giornali, che dava la lettura di giornali eguali, l'avversione che sentivo per il saccheggio e la distruzione e l'abolizione di tutto cio' che era stata la vita politica di una volta, le Camere del lavoro, le varie sedi dei partiti, le logge massoniche; mi tenevano staccato dal fascismo.
Sapevo degli arresti, delle persecuzioni. Dov'era piu' quel bel fermento di idee, quella vivacita' di spirito di riforme che avevo vissuto dal '18 al '24? Quanti libri liberi, riviste ("Conscientia" per esempio, che conservavo come preziosa), erano finiti! L'Italia che avrebbe dovuto riformarsi in tutto, era ora affidata ad un governo reazionario e militarista! E io ricordavo il mio entusiasmo per le amministrazioni socialiste: come seguivo quella di Milano, quella di Perugia, mia citta'!
Non ero iscritto a nessun partito, non partecipavo nemmeno, preso da altro, alla dialettica politica, ma le amministrazioni socialiste mi parevano una cosa preziosa, con quegli uomini presi da un ideale, umili di condizione, e "diversi", la' impegnati ad amministrare per tutti.
Sicche' ero contrario al regime, e la seconda esperienza fondamentale lo confermo': fu la Conciliazione del febbraio del '29.
Non ero piu' cattolico dall'eta' di tredici anni, ma ero tornato ad un sentimento religioso sul finire della guerra, e lo studio successivo, anche filosofico e storico sulle origini del cristianesimo, di la' dalle leggende e dai dogmi mi aveva concretato un teismo di tipo morale.
Guardando il fascismo, vedevo che lo avevano sostenuto in modo decisivo due forze: la monarchia che aveva portato con se' (piu' o meno) l'esercito e la burocrazia; l'alta cultura (quella parte vittima del patriottismo scolastico) che aveva portato con se' molto della scuola. C'era una terza forza: la Chiesa di Roma. Se essa avesse voluto, avrebbe fatto cadere, dispiegando una ferma non collaborazione, il fascismo in una settimana. Invece aveva dato aiuti continui. Si venne alla Conciliazione tra il governo fascista e il Vaticano.
La religione tradizionale istituzionale cattolica, che aveva educato gli italiani per secoli, non li aveva affatto preparati a capire, dal '19 al '24, quanto male fosse nel fascismo; ed ora si alleava in un modo profondo, visibile, perfino con frasi grottesche, con prestazione di favori disgustose, con reciproci omaggi di potenti, che deridevano alla " scuola liberale " e ai "conati socialisti", come cose oramai vinte! Se c'e' una cosa che noi dobbiamo al periodo fascista, e' di aver chiarito per sempre che la religione e' una cosa diversa dall'istituzione romana.
Perche' noi abbiamo avuto da fanciulli un certo imbevimento di idee e di riti cattolici, che sono rimasti la', nel fondo nostro; ed anche se si e' studiato, e si sanno bene le ragioni storiche, filosofiche, sociali, anche religiose, per cui non si puo' essere cattolici, tuttavia ascoltando suonare le campane, vedendo l'edificio chiesa, incontrando il sacerdote, uno potrebbe sempre sentire un certo fascino.
Ebbene, se si pensa che quelle campane, quell'edificio, quell'uomo possono significare una cerimonia, un'espressione di adesione al fascismo, basta questo per insegnare che bisogna controllare le proprie emozioni, non farsi prendere da quei fatti che sono "esteriori" rispetto alla doverosita' e purezza della coscienza.
La Chiesa romana credette di ottenere cose positive nel sostenere il fascismo, realmente le ottenne. Ma per me quello fu un insegnamento intimo che vale piu' di ogni altra cosa. Non aver visto il male che c'era nel fascismo, non aver capito a quale tragedia conduceva l'Italia e l'Europa, aver ottenuto da un potere brigantesco sorto uccidendo la liberta', la giustizia, il controllo civico, la correttezza internazionale; non sono errori che ad individui si possono perdonare, come si deve perdonare tutto, ma sono segni precisi di inadeguatezza di un'istituzione, ancora una volta alleata di tiranni.
Fu li', su questa esperienza che l'opposizione al fascismo si fece piu' profonda, e divenne in me religiosa; sia nel senso che cercai piu' radicale forza per l'opposizione negli spiriti religiosi-puri, in Cristo, Buddha, S. Francesco, Gandhi, di la' dall'istituzionalismo tradizionale che tradiva quell'autenticita'; sia nel senso che mi apparve chiarissimo che la liberazione vera dal fascismo stesse in una riforma religiosa, riprendendo e portando al culmine i tentativi che erano stati spenti dall'autoritarismo ecclesiastico congiunto con l'indifferenza generale italiana per tali cose.
Vidi chiaro che tutto era collegato nel negativo, e tutto poteva essere collegato nel positivo. Mi approfondii nella nonviolenza. Imparai il valore della noncollaborazione (anzi lo acquistai pagandolo, perche' rifiutai l'iscrizione al partito, e persi il posto che avevo); feci il sogno che gli italiani si liberassero dal fascismo noncollaborando, senza odio e strage dei fascisti, secondo il metodo di Gandhi, rivoluzione di sacrificio che li avrebbe purificati di tante scorie, e li avrebbe rinnovati, resi degni d'essere, cosi' si', tra i primi popoli nel nuovo orizzonte del secolo ventesimo.
Divenni vegetariano, perche' vedevo che Mussolini portava gli italiani alla guerra, e pensai che se si imparava a non uccidere nemmeno gli animali, si sarebbe sentita maggiore avversione nell'uccidere gli uomini.
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Nel lavoro di suscitamento e collegamento antifascista, svolto da me dal 1932 al 1942, sta la terza esperienza fondamentale: il ritrovamento del popolo e la saldatura con lui per la lotta contro il fascismo. Figlio di persone del popolo, vissuto in poverta' e in disagi, con parenti tutti operai o contadini, i miei studi (vincendo un posto gratuito universitario nella Scuola normale superiore di Pisa) ed anche i primi amici non mi avevano veramente messo a contatto con la classe lavoratrice nella sua qualita' sociale e politica.
Anche se da ragazzo ascoltavo con commozione le musiche di campagna che il primo maggio sonavano di lontano l'Inno dei lavoratori, di la' dal velo della pioggia primaverile, non conoscevo bene il socialismo. Avevo visto dal mio libraio le edizione delle opere di Marx e di Engels annerite dagli incendi devastatori dei fascisti milanesi alla redazione dell'"Avanti!", ma, preso da altro lavoro, non le avevo studiate.
Accertai veramente la profondita' e l'ampiezza del mondo socialista nel periodo fascista, quando le possibilita' di trovare documentazioni e libri (lo sappiano i giovani di ora, che se vogliono possono andare da un libraio e acquistare cio' che cercano) erano di tanto diminuite, ma c'era, insieme, il modo di ritrovare i vecchi socialisti e comunisti, che erano rimasti saldi nella loro fede, veramente "fede" "sostanza di cose sperate ed argomento delle non parventi", malgrado le botte, gli sfregi, la poverta', le prigioni, le derisioni degli ideali e dei loro rappresentanti uccisi ("con Matteotti faremo i salsicciotti") e sebbene vedessero che le persone "dotte" erano per Mussolini e il regime.
Ritrovare queste persone, unirsi con loro di la' dalle differenze su un punto o l'altro dell'ideologia, festeggiare insieme il primo maggio magari in una soffitta o in un magazzino di legname, andare insieme in campagna una domenica (che per il popolo e' sempre qualche cosa di bello), e talvolta anche in prigione: nella lotta contro il fascismo si formo' questa unione, che non fu soltanto di persone e di aiuto reciproco, ma fu studio, approfondimento, constatazione degli interessi comuni dei lavoratori e degli intellettuali contro i padroni del denaro e del potere: si apriva cosi l'orizzonte del mondo, l'incontro di Occidente e Oriente in nome di una civilta' nuova, non piu' individualistica ne' totalitaria.
*
Questo io debbo al fascismo, ma in quanto ebbi, direi la Grazia, o interni scrupoli o ideali che mi portarono all'opposizione. Opponendomi al fascismo, non per cose di superficie o di persone o di barzellette, ma pensando seriamente nelle sue ragioni, nella sua sostanza, nel suo esperimento e impegno, non solo me ne purificavo completamente per cio' che potesse essercene in me, ma accertavo le direzioni di un lavoro positivo e di una persuasione interiore che dovevo continuare a svolgere anche dopo.
Il fascismo aveva unito in un insieme tutto cio' contro cui dovevo lottare per profonda convinzione, e non per caso, per un un male che mi avesse fatto, per un'avversione o invidia verso persone, o perche' avessi trovato in casa o presso maestri autorevoli un impulso antifascista. Nulla di questo ebbi, ed anche percio' ad un'attiva opposizione con propaganda non passai che lentamente e dopo circa un decennio.
Posso assicurare i giovani di oggi che il mio rifiuto fu dopo aver sentito le premesse del fascismo proprio nell'animo adolescente, e dopo averle consumate; sicche' i fascisti mi apparvero dei ritardatari. Ero arrivato al punto in cui non potevo accettare:
1, il nazionalismo che esasperava un riferimento nazionale e guerriero a tutti i valori, proprio quando ero convinto che la guerra avrebbe indebolito l'Europa, e che la nazione dovesse trovare precisi nessi con le altre;
2, l'imperialismo colonialistico, che, oltre a portare l'Italia fuori dalla sua influenza in Europa, nei Balcani e a freno della Germania, era un metodo arretrato, per la fine del colonialismo nel mondo;
3, il centralismo assolutistico e burocratico con quel far discendere tutto dall'alto (per giunta corrotto), mentre io ero decentralista, regionalista, per l'educazione democratica di tutti all'amministrazione e al controllo;
4, il totalitarismo, con la soppressione di ogni apporto di idee e di correnti diverse, si' che quando parlavo ai giovanissimi della vecchia possibilita' di scegliersi a vent'anni un partito, che aveva sue sedi e sua stampa, sembrava che parlassi di un sogno, di un regno felice sconosciuto;
5, il prepotere poliziesco, per cui uno doveva sempre temere parlando ad alta voce, conversando con ignoti, scrivendo una lettera, facendo un telefonata;
6, quel gusto dannunziano e quell'esaltazione della violenza, del manganello come argomento, dello spaccare le teste, del pugnale, delle bombe a mano, e, infine, l'orribile persecuzione contro gli ebrei;
7, quel finto rivoluzionarismo attivista e irrazionale sopra un sostanziale conservatorismo, difesa dei proprietari, di cio' che era vecchio e perfino anteriore alla rivoluzione francese;
8, quell'alleanza con il conservatorismo della chiesa, della parrocchia, delle gerarchie ecclesiastiche, prendendo della religione i riti e il lato reazionario, affratellandosi con i gesuiti, perseguitando gli ex-sacerdoti;
9, quel corporativismo con una insostenibile parita' tra capitale e lavoro che si risolveva in una prigione per moltitudini lavoratrici alla merce' dei padroni in gambali ed orbace;
10, quel rilievo forzato e malsano di un solo tipo di cultura e di educazione, quella fascista, e il traviamento degli adolescenti, mentre ero convinto che della libera produzione e circolazione delle varie forme di cultura una societa' nazionale ha bisogno come del pane;
11, quell'ostentazione di Littoria e altre poche cose fatte, dilapidando immensi capitali, invece di affrontare il rinnovamento del Mezzogiorno e delle Isole;
12, l'onnipotenza di un uomo, di cui era facile vedere quotidianamente la grossolanita', la mutevolezza, l'egotismo, l'iniziativa brigantesca, la leggerezza nell'affrontare cose serie, gli errori e la irragionevolezza impersuadibile, mentre ero convinto che il governo di un paese deve il piu' possibile lasciare operare le altre forze e trarne consigli e collaborazione, ed essere anonimo, grigio anche, perche' lo splendore stia nei valori puri della liberta', della giustizia, dell'onesta', della produzione culturale e religiosa, non nelle persone, che in uniforme o no, nel governo o a capo dello Stato, sono semplicemente al servizio di quei valori.
*
Percio' il fascismo, nel problema dell'Italia di educarsi a popolo onesto, libero, competente, corretto, collaborante, mi parve un potenziamento del peggio e del fondo della nostra storia infelice, una malattia latente nell'organismo e venuta fuori, l'ostacolo che doveva, per il bene comune, essere rimosso, non in un modo semplicemente materiale, ma prendendo precisa e attiva coscienza delle ragioni per cui era sbagliato, e trasformando in questo lavoro se' e persuadendo gli altri italiani.
9. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: FRUSTINO
Lo chiamavano Frustino ma il nome vero era Attanasio. Ve lo immaginate? E chi ci avrebbe creduto? Invece Frustino gli calzava a pennello.
Era alto e secco come la fame, con un paio di baffetti sottili arricciati all'insu' che non ho mai capito che schifezza ci mettesse per reggerli, sempre con gli stivali e i calzoni a sbuffo da cavallerizzo, una camicia color cachi con due saccoccioni sul petto e altre due sulle maniche, un fazzolettone da caubboi al collo e i capelli a spazzola che parevano aghi piantati sulla zucca, e il frustino che si portava sempre dietro.
Che poi nessuno capiva che se lo portava dietro a fare, ma tanto non gli dava fastidio perche' ci aveva un laccetto che lo fissava inotorno al polso e cosi' non c'era pericolo che se lo perdeva.
Stava al bar tutto il giorno, leggeva il giornale a sbafo, e teneva udienza quando qualche poveraccio era cosi' disperato che non trovava altra via di scampo che andare da Frustino. E lui ascoltava tutti e mentre li ascoltava teneva le gambe accavallate e batteva il tempo col frustino sulo stivale. Sempre la stessa cadenza. Qualunque cosa gli dicessero lui sempre lo stesso ritmo col frustino. Altre espressioni non aveva. Poi il poveraccio finiva di dire i suoi guai e allora e solo allora Frustino diceva: "Sicuro?". E se quello diceva di si' era cosa fatta.
Non contrattava, non chiedeva nessun compenso, ma chi aveva chiesto il suo intervento sapeva che sarebbe stato suo debitore finche' campava.
*
A quel tempo al paese di solito si campava poco se non si stava attenti. Lavoro c'era, ma c'erano pure le schioppettate a pallettoni che ti portavano via la capoccia quando meno te l'aspettavi.
Bisognava stare attenti, e non esagerare mai. Perche' se esageravi c'era sempre il rischio che la vittima poi andava da Frustino.
Uno si chiede perche' a Frustino non lo toccava mai nessuno. Secondo me era perche' un po' tutti pensavamo che alla fine uno come Frustino ci voleva. Serviva a ristabilire l'equilibrio quando serviva. E serviva spesso, perche' l'equilibrio si sa che e' sempre instabile.
Ce lo so pure io che per questo ci sono i rigori della legge e la forza dello stato, ma al paese la legge e lo stato era la caserma dei carabinieri che se provavano a ficcare il naso dove non dovevano la notte stessa la caserma bruciava, chi era dentro finiva arrosto e chi provava a scappare non faceva piu' di due passi prima di finire fulminato. Dopo un po' di focaroni lo stato la capi' e i carabinieri si regolarono. Non dico che non servissero a niente, pure loro dovevano guadagnarsi la mesata, e cosi' si occupavano degli oggetti smarriti, di mettere paura ai regazzini che tiravano le buste col letame alle finestre dei maestri e dei bidelli, di sparare ai cani randagi, roba cosi'. Ma per le cose serie c'era Frustino. E di cose serie al paese ce n'erano sempre.
Se ci ripenso adesso quasi non ci credo. Adesso mi sembra che non era possibile che fosse com'era, perche' alla fine il paese era piccolo e a estinguere la popolazione ci voleva poco. Non lo so, magari era che eravamo gente prolifica. Perche' il paese comunque e' ancora li'. Io no, io me ne sono andato. E se l'ho fatto ci avro' avuto le mie ragioni, penso. Che comunque sono affari miei e non vedo perche' le dovrei raccontare.
*
Io pure stavo al bar tutto il giorno, insieme a Ciampicone e Picciafoco. Pero' stavamo sempre per conto nostro, in fondo, dove e' quasi buio. Fumavamo, giocavamo a carte e pianificavamo. Era Ciampicone che era fissato che bisognava pianificare. Poi col favore delle tenebre si agiva, ma sempre fuori del paese, parecchio fuori del paese, cioe' neppure nei paesi vicini ma direttamente in citta'. Era una saggia politica, perche' cosi' evitavamo di aver rogne con Frustino.
Ce ne erano tre di citta' dove lavoravamo. Una a una trentina di chilometri, una a un centinaio che ci si andava col treno, e una che dovevi cambiare treno due volte per arrivarci. Erano belle citta', con un sacco di divertimenti. Ma noi ci andavamo solo per lavorare, perche' Ciampicone diceva che non bisognava commettere imprudenze. Che poi invece una volta Picciafoco ne commise una e la societa' fini'. Fini' pure Picciafoco. Ciampicone non lo so, non l'ho piu' rivisto dopo quella notte. Non ho piu' rivisto nessuno dopo quella notte, avro' fatto mille chilometri in motocicletta quella notte e nei giorni appresso senza fermarmi mai e non sono piu' tornato indietro. Per questo ancora la racconto.
*
E' che a Picciafoco gli piaceva spendere. E siccome si guadagnava bene, i soldarelli ce li aveva. Pure io e Ciampicotto, pero' noi non li spendevamo ma li mettevamo da parte, che era la regola. Adesso non mi ricordo perche' c'era 'sta regola, pero' c'era. E pure questa mi pare una cosa strana, perche' se non li spendevi, che ce li avevi a fare? Da giovani si fanno un mucchio di cose buffe, dico io.
Pero' a Picciafoco gli piaceva spendere e spandere. E siccone quando uno ci ha i soldi gli pare che si puo' comprare tutto, che ti combina quell'imbecille? Che s'impecia della Luciardoletta, ecco che ti combina. Me lo ricordo come fosse ieri. La Luciardoletta, che era le sette bellezze, era una che parlava e si muoveva tutta a scatti e che non ci metteva niente a darti un mozzico su una mano o su una guancia, un mozzico vero che ti strappava via un pezzo di ciccia. E' che gli stava dietro tutto il paese e allora era dovuta diventare selvatica per difendersi, si sa come vanno le cose. Pero' a Picciafoco gli piaceva troppo e allora si convinse che doveva sposarsela. Ma alla Luciardoletta Picciafoco non gli piaceva per niente, e piu' lui le faceva regaletti e piu' lei ci sputava sopra e sputa oggi e sputa domani si sa che succede agli innamorati respinti. E cosi' successe a Picciafoco. Prima lo fece e poi l'ammazzo'.
Al paese alla Luciardoletta le volevano bene tutti, i maschi perche' la desideravano e le femmine perche' era una gagliarda che resisteva. Pero' ci avevano pure tutti paura di Ciampicone, e Picciafoco era uno della banda di Ciampicone, come me. Cosi' abbozzavano tutti. Ma la madre della Luciardoletta no.
Era vedova e tutti la chiamavano Lavedova. Ce ne erano altre al paese di vedove ma solo a lei la chiamavano Lavedova. Il marito era stato partigiano e l'avevano ammazzato i fascisti o i tedeschi, ma prima di morire ne aveva ammazzati non si sa quanti, a schioppettate, col coltello, e alla fine a cazzotti, che ci aveva la forza di un toro Gasperone. Cosi' Lavedova aveva tirato su i figli da sola che Gasperone gliene aveva fatti fare sette e quattro erano morti quando in paese arrivarono i tedeschi a dare fuoco a tutte le casa per rappresaglia di tutti quelli che Gasperone aveva fatto in tempo a mandare all'altro mondo prima che riuscissero ad ammazzarlo che quando lo riportarono era tutto sforacchato come una sacchettaccia vecchia. Ma quando arrivarono al paese i tedeschi ci trovarono i figli di Gasperone pronti che li aspettavano e alla fine solo perche' portarono un carro armato riuscirono ad ammazzarne quattro. Gli altre tre i due maschi poi erano finiti in galera e in galera li avevano fatti secchi, e in paese si diceva che li avevano arrestati apposta per farli ammazzare una volta dentro, che a farli finire in galera era stato l'avvocatone che era pure stato podesta' e che Gasperone e la famiglia sua non li aveva mai potuti vedere perche' erano comunisti.
Cosi' a Lavedova era restata viva solo la Luciardoletta che era le sette bellezze. E quando Picciafoco fece quel che fece lei non ci penso' neanche cinque minuti e si presento' da Frustino.
Noi la vedemmo da in fondo al bar, eravamo io e Ciampicone da soli perche' quel fesso di Picciafoco dopo che aveva fatto quello che aveva fatto si era nascosto l'imbecille, che invece ce lo sanno tutti che e' proprio l'errore che non si deve fare. Appena Lavedova fu uscita ci alzammo, uscimmo dal bar, e dove ando' Ciampicone non lo so, ma io zompai sulla motoguzzi e partii senza fermarmi piu' per tre giorni di fila.
*
Quanti anni saranno passati? Trenta? Quaranta? Cinquanta? E chi se lo ricorda piu'.
Poi ieri ero al caffe' della stazione e c'e' uno che mi guarda. E mi guardava con tanta insistenza che me ne accorsi. E non e' una buona idea guardarmi fisso e farsene accorgere. Pero' era pieno di gente cosi' feci finta di non essermene accorto. Finii quello che avevo davanti sul bancone e uscii. E quello dietro. Fuori dalla stazione a destra del piazzale c'e' uno stradone che subito subito c'e' un deposito abbandonato che pare fatto apposta per fare bene uno di quei lavoretti che si fanno spicci spicci e vanno fatti bene. E gia' con la mano ancora in saccoccia mi ero messo il tirapugni e stavo per rallentare il passo per farmelo arrivare alla distanza giusta come una pera cotta, che quello fa: "Sono il figlio del sor Otello, Bastianaccio, m'avete riconosciuto?". No che non l'avevo riconosciuto. Con tutto il tempo che era passato. Pero' me lo ricordavo Bastianaccio, che faceva il garzone nel bar. Cosi' mi girai lento lento e dissi solamente: "E allora?". "Allora siete il sor Amilcare, no?". "E allora?". "Niente, non mi aspettavo d'incontrarvi qui, anzi, non mi aspettavo di rivedervi piu'". "E allora?". "Niente, se do' fastidio me ne vo". "Come m'hai trovato?". "Come che?". "Come m'hai trovato". "Cosi', per caso". "Per caso?". "Per caso". "E che vorresti?". "Niente, che dovrei volere?". "Non lo so, lo dovresti sapere tu". "No. Non voglio niente. M'ha fatto piacere rivedervi, tutto qui". "Tutto qui?". "Tutto qui". "E che ci fai qui?". "Qui dove?". "Qui". "Qui a Milano?". "Visto che siamo a Milano". "Ci abito". "E se ci abiti che ci facevi alla stazione?". "Perche' lavoro fuori. Prendo il treno". "Tornavi dal lavoro?". "Eh". "Tornavi dal lavoro, si' o no?". "Si'". "Allora va bene". "Abitate pure voi qui a Milano?". "Perche'?". "Cosi', per sapere". "E perche' lo dovresti sapere?". "No, tanto per dire". "E che c'e' da dire?". C'era qualche cosa che puzzava. Me ne accorgevo ma non riuscivo a capire che. "Niente, niente. Non volevo mica disturbare". "Bene, allora buonasera". "Buonasera, buonasera". Pero' non si girava per tornare indietro. Cosi' siamo restati fermi a guardarci. Cominciavo a pensare che non era affare da tirapugni e basta.
"Forse c'e' una cosa che ci avrei da dirvi". "Ah si'?". "Eh si'". "E allora dilla, no?". "Mo' ve la dico". "Forza, che la giornata e' un mozzico". "Vi ricordate quando ve ne andaste dal paese?". "Si' e no. E allora?". "L'avete saputo quello ch'e' successo dopo?". "No". "Frustino fece quello che doveva fare". "E allora?". "Mo' Frustino e' morto, saranno vent'anni che e' morto". "Pace all'anima sua". "Amen". "Amen". "C'e' altro?". "Ci aveva un fratello Picciafoco". "Lo so". "Mo' e' morto pure lui". "Allora e' vizio". "E' morto di cancro. Ma prima di morire ci aveva un desiderio". "E lo poteva dire a Frustino, no?". ""Ma Frustino era gia' morto". "E allora sono morti tutti e cosi' sia". "Pero' c'e' uno che ha preso il posto di Frustino". "Ma Frustino non chiacchierava tanto" urlai mentre tiravo fuori il ferro - che lo tengo sempre col silenziatore gia' messo in una saccoccia bella lunga del cappotto che mi sono fatto fare apposta dal sarto - e cominciai a sparare mirando in mezzo alle palle degli occhi.
Prima che toccasse terra l'avevo gia' afferrato e trascinato in una rientranza del muro del capannone. Era gia' morto. Lo frugai e non ci aveva armi, e niente che lasciasse pensare che fosse lui quello che avevo pensato che fosse: e so per esperienza che quando nulla lascia pensare una cosa vuole dire che e' proprio quella cosa.
Era ora di lasciare pure Milano.
10. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Marinella Colummi Camerino, Introduzione a Nievo, Laterza, Roma-Bari 1991, pp. IV + 156.
- Alessandra Briganti, Introduzione a De Marchi, Laterza, Roma-Bari 1992, pp. IV + 220.
- Anna Storti Abate, Introduzione a Capuana, Laterza, Roma-Bari 1989, pp. IV + 172.
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Riedizioni
- Edoardo Albinati, La scuola cattolica, Rcs, Milano 2016, Mondadori, Milano 2018, Il sole 24 ore, Milano 20202, pp. 1300, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore).
- Gianni Rodari, A sbagliare le storie, Rcs, Milano 2020, pp. 32, euro 5,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Georges Simenon, Le campane di Bicetre, Adelphi, Milano 2009, Gedi, Roma 2020, pp. 270, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica" e a varie altre testate).
11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
12. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3732 del 7 maggio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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